La filosofia della scienza e il circolo di Vienna Dal confronto tra la tradizione dell’empirismo logico, che con Carnap si propone di fondare rigorosamente, attraverso l’induzione, le leggi scientifiche e il falsificazionismo di Popper, nel corso del ‘900 viene in luce un nuovo aspetto della riflessione sulla scienza. Constatata l’impossibilita’ di procedere alla verifica oggettiva di una teoria generale, l’attenzione si volge verso i criteri con cui, nella sua evoluzione, la scienza valuta teorie alternative, e seleziona quelle che garantiscono un processo conoscitivo. Da quest’orientamento trae profitto la storia della scienza, che indaga l’evoluzione passata dei modelli d’interpretazione della realtà cercando di ricavarne indicazioni metodologiche; ma anche la riflessione epistemologica si concentra sul compito di elaborare e discutere ampie strategie di ricerca, rinunciando all’ambizione di offrirne una fondazione unitaria. Carnap e la logica induttiva Secondo Carnap va lasciata cadere la speranza di poter individuare una metodologia che consenta di trovare la verità di una legge scientifica a partire da evidenze empiriche, e bisogna accontentarsi di parlare di probabilità o di grado di conferma di una certa ipotesi da parte di una evidenza empirica. Compito prioritario della filosofia, per questo, è quello di costruire una logica induttiva, ossia una teoria formalizzata, rigorosa che consenta di stabilire quali rapporti logici legano tra loro una certa ipotesi, quale evidenze empiriche sono in suo favore e quale grado di probabilità l’ipotesi ha d’essere vera, sulla base delle evidenze date.Un grave problema incontrato da Carnap in questo lavoro consiste nella circostanza che, in tutte le formule escogitate, all’aumentare del numero d’evidenze empiriche favorevoli, le ipotesi che rappresentano leggi di natura hanno un grado di conferma che non cresce, anzi rimane invariabilmente nullo. Schlick: il principio di verificazione Schlick accettò, ben presto, il punto di vista di Wittgenstein e di Carnap difendendolo e sviluppandolo in numerosi articoli e riviste. Il suo punto di partenza è che la filosofia non è una scienza, ma un’attività intrinseca all’esercizio stesso della ricerca scientifica (Wittgenstein). Questa è, infatti, condizionata dal rigoroso accertamento dei termini di cui fa uso e quest’accertamento è proprio il compito della filosofia. L’importanza del suo pensiero sta nella messa a punto del principio di verificazione o di verificabilità: <<Una questione è in principio risolvibile se possiamo immaginare l’esperienze che dovremmo avere per darle una risposta>>. Lo “slogan” della prima fase del Circolo di Vienna è coerentemente con il suo principio, così, enunciata da lui: <<Il significato di una proposizione è il metodo della sua verifica>>. Con essa Schlick vuole affermare che una proposizione risulta sensata, soltanto quando esistono procedure empiriche atte a verificarne o a falsificarne la validità. In caso contrario, ci troviamo nel regno della metafisica, la quale, non offrendo un metodo, per la verifica empirica dei proprio asserti, risulta senza senso. L’epistemologia falsificazionista di Popper Opponendosi al verificazionismo all’induttivismo dei neopositivisti, Popper prima della guerra aveva proposto una visione della scienza che si caratterizzava per un forte atteggiamento critico. Lo scienziato rigoroso, è quello che mette alla prova le proprie congetture nella maniera più severa possibile e tenta di falsificarle, colpendole nei punti più deboli. La storia della scienza è dunque storia di congetture e di falsificazioni; è esclusa la possibilità di dimostrare la verità di una teoria; quel che si può imparare dall’esperienza è la falsità di un’ipotesi. La falsificazione di una teoria avviene solamente per opera di un’altra teoria migliore della precedente, questo è quello che si può rilevare dall’esperienza. L’epistemologia dei paradigmi di Kuhn Thomas Kuhn critica l’impostazione popperiana distinguendo due tipi differenti di scienza: la scienza normale e la scienza rivoluzionaria. Nei periodi di scienza normale, le ricerche avvengono sotto la guida di una teoria particolarmente forte (il paradigma) che individua problemi e metodi di soluzione. Solo quando si presentano delle anomalie, dei problemi irrisolti, che si accumulano e si aggravano, il paradigma entra in crisi. Se compare sulla scena una teoria rivale può avvenire una rivoluzione scientifica: il vecchio paradigma viene abbandonato e al suo posto si afferma e si impone un nuovo paradigma.Tra le due teorie differenti non si possono stabilire termini di confronto, per cui risulta impossibile decidere i modi chiari e definitivi quale delle due sia la migliore (incommensurabilità delle teorie). L’anarchismo epistemologico di Feyerabend Paul Karl Feyerabend ha sottoposto a critica serrata i vari modelli di razionalità scientifica che la filosofia delle scienze del ‘900 ha proposto. Secondo costui tutte le epistemologie normative, che hanno cercato di individuare norme di comportamento che gli scienziati sono tenuti a rispettare sono falsificate sul piano teorico e storico. Non esiste regola che non sia stata violata dagli scienziati più importanti, non esiste norma di comportamento che abbia validità universale, non esiste un metodo scientifico buono per tutte le occasioni. Ogni strategia può essere utile all’affermazione di una teoria, anche strategie che implicano il ricorso alla propaganda, alla retorica, alla mistificazione intellettuale, l’unica regola che rimane in piedi per l’anarchico epistemologico è “tutto può andar bene”. L’epistemologia dei “programmi di ricerca” di Lakatos Per salvare il popperismo di fronte agli attacchi degli studiosi ispirati da Kuhn e Feyerabend, l’ungherese Imre Lakatos ha proposto una rielaborazione del pensiero di Popper incentrata sulla nozione di “programma di ricerca”. Ogni scienziato lavora non su una teoria ma su un programma di ricerca, che è costituito da una strategia di ricerca. Esso, dunque, è caratterizzato da un insieme d’ipotesi scientifiche di grande importanza che non è possibile abbandonare senza sconvolgere da capo a fondo l’intero programma (il nucleo). Esso inoltre conferisce continuità e razionalità alla storia della scienza, anche se essa non è mai puramente razionale. POPPER (Vienna 1902 - Londra 1994) Frequentò l'Università di Vienna, lavorando nel frattempo come volontario presso la clinica di consulenza per l'infanzia dello psicanalista Alfred Adler. Nel 1928 si laureò in filosofia. Nell'anno seguente conseguì l'abilitazione all'insegnamento della matematica e della fisica. Formatosi nell'ambito della cultura austriaca negli anni del crollo asburgico e della conseguente crisi culturale e sociale, Popper entrò in contatto col Circolo di Vienna, senza però farne mai veramente parte. Nel 1934 pubblicò la sua prima e principale opera, Logica della scoperta scientifica, che suscitò nei decenni successivi un dibattito a livello mondiale. Invitato a tenere conferenze in tutta Europa, Popper ebbe modo di incontrare il fisico Erwin Schrödinger e il filosofo Bertrand Russell e di ottenere un incarico di insegnamento di filosofia all'Università della Nuova Zelanda, dove si trasferì nel 1937 per sfuggire all'avanzata nazista (era di famiglia ebrea). Qui scrisse, alla notizia dell'occupazione dell'Austria da parte di Hitler, Miseria dello storicismo e i due volumi de La società aperta e i suoi nemici (1938), quasi una risposta epistemologicamente fondata alla violenza del totalitarismo. Alla fine della guerra Popper lasciò la Nuova Zelanda per assumere la cattedra di logica alla "London School of Economics" di Londra. Iniziò un intenso periodo di ricerche filosofiche ed epistemologiche, lezioni, conferenze, dibattiti (per esempio con Wittgenstein, Russell, Einstein) oltre che di numerosissime pubblicazioni. Tra queste, le più importanti sono i saggi contenuti in Congetture e confutazioni. Lo sviluppo della conoscenza scientifica (1963), Autobiografia intellettuale, Repliche ai miei critici (1974), Poscritto alla Logica della scoperta scientifica (che risale agli anni 1951-1956, ma che è stato pubblicato solo nel 1983) e il volume L'io e il suo cervello (scritto in collaborazione con il neurofisiologo John C. Eccles e pubblicato nel 1977). Acuto critico del neopositivismo del Circolo di Vienna e del suo "principio di verificazione", per il quale risultano sensati solo gli enunciati verificati dall'esperienza, Popper prende le mosse dalla critica di Hume al procedimento induttivo. L'induzione non è infatti un processo che possa essere giustificato razionalmente, anzi, essa è per Popper addirittura impossibile: «teorie universali non sono mai deducibili da asserzioni singolari, da descrizioni di fatti osservabili» (da Logica della scoperta scientifica). Questo significa che, per quanto grande sia il numero delle osservazioni empiriche che noi possiamo effettuare nel tentativo di verificare una teoria, non riusciremo mai a giungere a una sua verifica definitiva, in quanto, essendo costituita da un'asserzione di portata universale, il suo significato trascende sempre il numero finito delle nostre osservazioni empiriche. Delegittimato così il principio di verificazione, Popper propone il principio di falsificazione, il quale afferma che una sola osservazione negativa ci mette in condizione di concludere per la falsità di un'enunciazione. Se, dunque, non possiamo mai sapere, in modo conclusivo, se una teoria è vera, possiamo invece sapere, con una certa sicurezza, se la nostra teoria è falsa, qualora si verifichi, nell'esperienza, anche un solo fatto in contraddizione con quanto sostenuto da tale teoria. La scienza empirica procede per congetture e confutazioni, secondo un iter schematizzabile in problemi - teorie - critiche: - si inizia sempre da problemi, che sono il frutto della nostra aspettazione delusa rispetto ad una precedente teoria (che costituisce la nostra conoscenza di sfondo); - si formula una nuova congettura o teoria soddisfacente rispetto ai problemi stessi; - si cercano, attraverso osservazioni ed esperimenti, elementi atti alla sua confutazione e falsificazione per sostituirla al più presto con un'altra teoria provvisoriamente più adatta a spiegare la realtà. Popper sostiene quindi che non esiste alcun criterio generale di verità e che il nostro sapere è un sapere fallibile. Tali affermazioni non devono però portare a conclusioni scettiche o relativiste: il sapere congetturale che Popper propone è un sapere in costante avvicinamento alla verità, e quindi progrediente. L'epistemologia falsificazionista mira essenzialmente ad individuare le specificità delle proposizioni della scienza rispetto a quelle non scientifiche, rendendosi ben conto che anche le proposizioni che non appartengono alla scienza possono avere, e hanno, un significato ed un valore specifico. «Chiamo problema della demarcazione», scrive Popper nella Logica della scoperta scientifica, «il problema di trovare un criterio che ci metta in grado di distinguere tra le scienze empiriche da un lato, e matematica, logica e sistemi metafisici dall'altro».Tale criterio è la falsificabilità: un sistema di asserzioni deve essere considerato scientifico solo se risulta falsificabile dall'esperienza. Le proposizioni e le teorie non criticabili e falsificabili sono metafisiche (o non-scientifiche), ma ciò non significa che siano prive di senso, come invece sostiene il neopositivismo. In Popper c'è anzi una riabilitazione della metafisica, in quanto interconnessa e necessaria al progresso scientifico. A partire dal proprio criterio di demarcazione, Popper esclude dal campo delle scienze il marxismo e la psicoanalisi, due correnti di pensiero che ricercano conferme, piuttosto che falsificazioni: la scienza, secondo il filosofo, non consiste tanto nel cogliere la verità, quanto nell'atteggiamento critico assunto dallo scienziato. Allo stesso modo Popper polemizza con lo storicismo, che pretende di conoscere lo sviluppo e l'intrinseca finalità della storia (lo chiamerà 'filosofia oracolare' e vi includerà l'hegelismo e il marxismo). Le conseguenze socio-politiche delle teorie storicistiche possono essere, secondo Popper, drammatiche. Egli pone una netta distinzione tra società chiusa e società aperta. La prima è retta da una ideologia totalitaria, è organizzata secondo norme imposte e non modificabili ed è naturalmente intollerante; la seconda è fondata sull'uso critico della ragione, tollera e addirittura promuove le critiche, tutela la libertà dei singoli ed è sempre aperta alle riforme. La società aperta è, in sintesi, la società democratica. Per Popper la democrazia non può essere caratterizzata solo come "governo della maggioranza", perché anche la maggioranza può essere tirannica. La caratteristica vera di una democrazia è data dalla possibilità che i governanti possano essere licenziati dai governati senza spargimento di sangue. Se un governo non salvaguarda quelle istituzioni che assicurano alle minoranze la possibilità di lavorare per un cambiamento pacifico, il suo potere è tirannico. Tuttavia la protezione delle minoranze non deve estendersi a coloro che incitano o operano il rovesciamento violento della democrazia, perché se questa viene soppressa, sono revocati anche tutti i diritti. Problemi esaminati nella conferenza Teorie e filosofi con cui Popper dialoga Tesi di Popper Esiste un criterio per Teoria della relatività di determinare il carattere Einstein, Psicoanalisi, scientifico di una teoria? Marxismo E' il problema della demarcazione Il criterio di demarcazione - tra una teoria scientifica e una che non lo è – è la falsificabilità della teoria Il significato e il senso Tractatus logicodei problemi filosofici, e philosophicus di in particolare di quelli Wittgenstein Il significato e il senso dei problemi filosofici, e in particolare di quelli metafisici, dipendono dal rimando all’esperienza? Problema dell’induzione: l’elaborazione di una teoria avviene per induzione? metafisici, non dipendono dal rimando all’esperienza La teoria dell’abitudine di L’elaborazione di una Hume teoria non avviene per induzione: ogni teoria è in realtà una congettura che lo scienziato tenta di confutare e che accetta finché non vi riesce Poiché l’elaborazione di Kant, Critica della ragion una teoria non avviene pura per induzione, ma è una congettura, qual è la sua fonte originaria? E’ la reazione o risposta innata, non ancora consapevole E’ possibile salvare l’induzione come fonte di una conoscenza probabile, scientificamente valida? Le teorie scientifiche non sono probabili, al contrario sono altamente improbabili Teorici non indicati espressamente