Georg Wilhelm Friedrich HEGEL (Stoccarda, 27 agosto 1770 – Berlino, 14 novembre 1831) E’ stato il filosofo tedesco più significativo dell'idealismo sviluppatosi in Germania. È autore di una delle linee di pensiero più profonde e complesse della tradizione occidentale. Partendo dal lavoro dei suoi predecessori nell'idealismo, Fichte e Schelling, e con influenze e suggestioni di altre passate teorie (si pensi solo al pensiero di Eraclito e Parmenide), sviluppò una filosofia nuova in sé, completamente innovativa. La sua visione storicista e idealista della realtà nel suo complesso ha rivoluzionato il pensiero europeo al punto da renderlo un importante precursore della filosofia contemporanea esistenzialista (Heidegger e Sartre) e del Marxismo. Hegel sviluppò un quadro teorico completo, un "sistema" (idealismo assoluto, o idealismo dialettico), intensificando il rapporto tra mente e natura, soggetto e oggetto della conoscenza; e tenendo conto nella sua prospettiva dello stato, della storia, dell'arte, della religione e della filosofia. L'influenza di Hegel fu pressoché assoluta. Attirò a sé un immenso numero di ammiratori (Bauer, Feuerbach, Marx, Dewey, Sartre, Küng, Kojève) e una altrettanto larga fila di critici (Schelling, Kierkegaard, Schopenhauer, Marx, Nietzsche, Popper, Russell, Heidegger). Le sue concezioni di logica speculativa o "dialettica", di "idealismo assoluto", di "Spirito", di "negatività", di "sublimazione" (Aufhebung in tedesco), la dialettica del "Signore/Servo", e l'importanza della storia; influirono a tal punto che gran parte della filosofia successiva procedette sostanzialmente sotto forma di critica a Hegel. Per Hegel lo scopo della filosofia non è quello di immaginare come dovrebbe essere il mondo, ma di limitarsi a spiegarlo. Essa arriva quando la realtà è già costituita come la nottola (civetta) di Minerva che inizia a volare al crepuscolo, quando il giorno è ormai terminato (la realtà è ormai realizzata). Il compito della filosofia è soltanto interpretativo, è di capire che la realtà stessa è già di per sé Ragione; è di fare emergere dalla realtà il suo contenuto razionale. Che cos’è la realtà? Esiste il fortuito, il casuale? Ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale. Il mondo è il dispiegarsi progressivo di una spiritualità razionale chiamata da Hegel Assoluto, Spirito, Infinito, Idea, Ragione, Dio, che si esprime inconsapevolmente nella natura e consapevolmente nell’uomo (autocoscienza). La Ragione non esprime un’astrazione, ma esprime la struttura profonda del mondo reale, concreto. Tutto è necessario razionale nel mondo, tutto è necessario, non caotico e accidentato; non esiste il caso e il fortuito. La razionalità è la sostanza di tutto ciò che esiste. Nulla è mai avvenuto per caso. Tutto ciò che accade ha una profonda ragion d’essere. Il mondo non potrebbe esistere in modo diverso da quello che è, e tutto ciò che esiste ha la sua importanza come parte necessaria del tutto. La realtà nel suo complesso forma un organismo, una struttura unitaria in cui ogni parte può essere capita solo in relazione al tutto cui appartiene. La filosofia può capire ciò che appare passeggero, finito, contingente, solo analizzandolo come parte di un Tutto. Il finito esiste solo come parte dell’Infinito. Il mondo consiste in un’immensa gamma di MANIFESTAZIONI DELLO SPIRITO RAZIONALE. Che cos’è l’Assoluto per Hegel? Per H. è lo Spirito, la Ragione che coincide con l’intera realtà. L’Assoluto (Dio, Ragione, Infinito, Idea) sono in divenire e si realizzano nel tempo e nella storia. In quale modo è pensabile il divenire? Qual è la struttura fondamentale del pensiero e della realtà? La struttura portante dell’intero sistema hegeliano è la dottrina del “DIVENIRE DIALETTICO” che si applica a qualsivoglia elemento della realtà. Esso è formato da tre elementi: -TESI (affermazione, indica la cosa che è in sé all’inizio del mutamento), –ANTITESI (esprime lo stato di passaggio e la negazione della prima tappa. Ogni cosa deve negare se stessa per maturare, deve diventare l’opposto di se stessa, deve richiamare il suo opposto: luce-tenebre, giorno-notte, bene-male, uguale-diseguale, particolare-universale),– SINTESI (Ogni cosa deve negarsi per poi ritrovarsi nella sintesi. E’ la riaffermazione, indica ciò che la cosa diventerà alla fine del processo. Questa tappa supera le precedenti figure, è una realtà più alta che ricomprende e conserva le precedenti figure superandole (Aufhebung = superamento). Il superamento è al tempo stesso un togliere (l’opposizione fra tesi e antitesi) e un conservare (la verità della tesi, dell’antitesi e della loro lotta. Hegel si rifà ad Eraclito che ogni essere esistendo realizza l’unità degli opposti, ogni cosa al mondo è un continuo fluire, è uno e non è allo stesso tempo (Tutto scorre. PANTA REI). Per cambiare, ogni cosa deve negare se stessa per poi alla fine ritrovare una sintesi. Il momento dialettico coglie la realtà nel suo trasformarsi. Ogni cosa divenendo si autonega per poi ritrovarsi in una sintesi superiore. Hegel scrive nella sua Prefazione della Fenomenologia dello Spirito: “Progressivo sviluppo della realtà. Il boccio dispare nella fioritura, e si potrebbe dire che quello vien confutato da questa; similmente, all’apparire del frutto, il fiore vien dichiarato una falsa esistenza della pianta, e il frutto subentra al posto del fiore come sua verità. Tali forme non solo si distinguono; ma ciascuna di esse si dilegua anche sotto la spinta dell’altra, perché esse sono reciprocamente incompatibili. Ma in pari tempo la loro fluida natura ne fa momenti dell’unità organica, nella quale esse non solo si respingono, ma sono anzi necessarie l’una meno dell’altra; e questa eguale necessità costituisce la vita dell’intero.” (Ed. La Nuova Italia, 1973, p.2). Si potrebbe fare anche l’esempio della vita dell’uomo, riprendendolo da Hegel stesso che ne parla: Infanzia (tesi) adolescenza (antitesi) maturità (sintesi). Il momento dialettico coglie la realtà nel suo trasformarsi. Ogni cosa divenendo si autonega per poi ritrovarsi in una sintesi superiore. Anche l’Assoluto è in divenire e si realizza in un processo evolutivo della storia (Da: Lezioni sulla storia della filosofia). LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO (1807) (Fenomeno significa “manifestazione” (dal verbo greco fàinomai che significa manifestarsi) + logia = studio: dunque studio della manifestazione dello spirito. E’ la storia dell’emergere, del manifestarsi dello spirito soggettivo e del riconoscersi nell’Assoluto nelle singole coscienze, nelle soggettività umane; è la storia della spiritualità umana a partire dal suo sorgere come sensibilità e coscienza dell’individuo, fino a diventare consapevole di se stessa come AUTOCOSCIENZA, sino al riconoscimento della razionalità come fondamento dell’Assoluto e quindi della realtà intera. H. descrive questa storia in modo romanzato, ossia proponendo una trama di sviluppo fino alle varie tappe, le figure dello Spirito, che sono STADI DELLA SPIRITUALITA’ La realtà si manifesta, si dispiega, è in DIVENIRE. La TRASFORMAZIONE E’ UNA LEGGE UNIVERSALE regolata da 3 momenti: TESI – ANTITESI – SINTESI. 1) La coscienza si riconosce autocoscienza. A) La prima figura (tesi) è la CERTEZZA SENSIBILE: la coscienza è certa che il dato sensibile, l’oggetto dei sensi rappresenti la verità. Si tratta di una certezza destinata ad entrare in crisi a causa del fatto che l’oggetto che noi vediamo/tocchiamo/sentiamo, non è in sé, ma dipende dall’io (l’Io Penso kantiano) che la considera. L’oggetto rimanda al soggetto. In fondo la certezza sensibile rimanda all’Io che pensa l’oggetto. B) Seconda figura è la PERCEZIONE (antitesi) che rappresenta la negazione della precedente figura. Ora la coscienza ritiene che la verità stia nella cosa percepita, intesa come sostrato o sostanza (sub-stantia) le cui parti (le sue qualità) ineriscono, ma si accorge che l’oggetto percepito nella sua unità è tale perché è l’Io (il soggetto pensante) che ne ricostruisce l’unità e che la “cosa” (l’oggetto) non è che l’insieme delle sue proprietà (le sue parti- le sue qualità). C) La terza figura L’INTELLETTO (sintesi) riconosce l’oggetto non più come una cosa formata da tante qualità, ma come FENOMENO, ossia come un oggetto in relazione agli altri oggetti che fanno parte di un mondo fenomenico con le sue leggi di causa-effetto, leggi non sensibili ma a-priori. Il fenomeno è soltanto nella coscienza. La coscienza allora scopre che la verità dell’oggetto non risiede in esso ma nell’io che tiene insieme (kantianamente) il mondo sensibile attraverso le sue categorie e gli a-priori di spazio- tempo. L’oggetto è qualcosa per la coscienza. La coscienza allora si riconosce come AUTOCOSCIENZA. 2) La costruzione dell’identità dell’autocoscienza Conoscendo l’oggetto, il mondo, la coscienza diventa cosciente di sé, diventa autocoscienza in quanto scopre che il mondo si riflette in essa. Ma questo è soltanto l’aspetto teoretico del viaggio della coscienza che scopre se stessa. Per Hegel ciò non basta. La coscienza diventa autocoscienza, costruisce la propria identità non soltanto incontrando il mondo oggettivo, MA soprattutto ATTRAVERSO ESPERIENZE PRATICHE, prove che portano a fare i conti con i propri limiti e condizionamenti naturali. L’autocoscienza dunque attraversa varie tappe attraverso le quali acquista certezza di sé. In primo luogo l’autocoscienza si riconosce come APPETITO/BISOGNO che nega l’oggetto consumandolo (per es. l’alimentazione). Annientato l’oggetto, l’appetito si riproduce e si rivolge ad oggetti nuovi, ma proprio attraverso questa ripetizione del desiderio e della soddisfazione, l’autocoscienza apprende che essa non può sussistere senza l’oggetto. Perché l’io possa rendersi INDIPENDENTE dal ciclo incessante APPETITO/SODDISFAZIONE è necessario che rivolga l’appetito a un “oggetto” a sua volta capace d’indipendenza, ossia ad UN’ALTRA AUTOCOSCIENZA. A) Indipendenza e dipendenza dell’autocoscienza: Lotta tra autocoscienza e il riconoscimento Ogni autocoscienza si rende conto (mettendosi in rapporto con le altre autocoscienze) di essere a sua volta un oggetto da consumare, oggetto di appetito per gli altri. Da ciò consegue il RICONOSCIMENTO: ciascuna autocoscienza viene riconosciuta dall’altra come tale, e riconosce a sua volta l’altra come autocoscienza. Il riconoscimento avviene, secondo Hegel, non attraverso l’amore, ma è il risultato di uno SCONTRO-LOTTA TRA LE AUTOCOSCIENZE, una lotta per la vita e per la morte (Il filosofo tedesco Martin Heidegger svilupperà questo tema dell’angoscia della morte nel suo testo Essere e tempo del 1927. Jean Paul Sartre, filosofo esistenzialista, svilupperà il tema dello scontro con gli altri, conflitto fra autocoscienze: gli altri sono il “mio inferno”). Nello scontro-contesa, una delle due autocoscienze mette e repentaglio la propria vita contro l’istinto di sopravvivenza, al punto di rischiare la morte nella lotta (pensate ai gladiatori, ai cavalieri medievali, ai samurai giapponesi ecc.). L’altra autocoscienza invece, troppo legata alla vita, alla sua sopravvivenza biologica, HA PAURA di ARRISCHIARLA così SI ASSOGGETTA alla PRECEDENTE AUTOCOSCIENZA. Si instaura il RAPPORTO SIGNORE-SERVO. Ecco allora che tra le due autocoscienza nasce un rapporto di ineguaglianza, nel quale chi ha saputo rischiare la vita si afferma (il signore) come autocoscienza indipendente e impone la signoria sull’altro. Chi si è mostrato pauroso e non ha arrischiato la vita è costretto a soccombere e subordinarsi in un rapporto ineguale. Inizialmente la COSCIENZA SIGNORILE si presenta come vera autocoscienza MA nel successivo momento (sintesi) la relazione SIGNORE-SERVO si capovolge: IL SIGNORE DIVENTA SERVO DEL SUO SERVO PERCHE’ IL SERVO SI RISCATTA CON IL SUO LAVORO e trova la sua indipendenza, si riconosce autonomo, autosufficiente. Attraverso il LAVORO (da qui parte la riflessione di Karl Marx: conflitto servo-signore = conflitto fra la classe operaia e quella capitalista nell’Ottocento; l’importanza del lavoro nella vita di un uomo-donna, nella vita sociale inteso come mezzo di formazione e di realizzazione personale, ecc.) la coscienza servile si oggettiva, cioè dà forma agli oggetti, li plasma e si ritrova, prende coscienza di sé attraverso il lavoro stesso, mentre il signore perde la sua indipendenza in quanto sempre più ha bisogno del lavoro del servo per la soddisfazione dei suoi appetiti. Il servo allora si rende autonomo, indipendente. Il momento storico in cui il servo giunge a prendere coscienza di sé attraverso il lavoro viene individuato da Hegel nella civiltà ellenistico-romana, quando solo per alcuni l’attività formatrice, da lavoro puramente manuale, si eleva all’altezza del pensare, trasformando il lavoro in AFFRANCAMENTO DELLA SERVITU’ ATTRAVERSO L’ATTIVITA’ INTELLETTUALE, LA CULTURA. (Pensiamo a quando l’antica Roma conquistò la Grecia, colpì Atene, distrusse le scuole filosofiche, l’Accademia di Platone, allora i filosofi greci furono portati a Roma come schiavi per istruire i giovani rampanti aristocratici romani). B) ATTIVITA’ INTELLETTUALE. A questo punto Hegel fa un balzo. Durante l’ età ellenistica la cultura greca si diffonde nell’area del Mediterraneo attraverso due scuole filosofiche: lo stoicismo e lo scetticismo. a) Lo Stoicismo (tesi) è quel pensiero filosofico in cui il saggio si sente indifferente/impassibile (APATHEIA) rispetto all’esistenza naturale (il mondo esterno), si sente libero sia sul trono che in catene (qui Hegel fa riferimento ai due filosofi stoici Marco Aurelio imperatore e Epitteto che era uno schiavo). In questa tappa la LIBERTA’-INDIPENDENZA si realizza solo come libertà di pensiero e non come libertà umana/concreta compiuta, cioè come libertà dalle catene. b) Lo Scetticismo (Antitesi) Perché la libertà dell’autocoscienza si realizzi è necessario il passaggio ad una fase successiva, ad una successiva figura, quella dello scetticismo. Il filosofo scettico afferma la non-verità del mondo, mette in dubbio (sospende il giudizio su ogni cosa) ogni realtà come vere, e mettendo in dubbio ogni verità (“nulla è vero, nulla ha senso, tutto è soggetto al dubbio”) la coscienza scettica fa esperienza della propria libertà dalle cose e dal mondo e si riconosce come infinita potenza negativa/critica. Con il pensiero nientificante (che è l’essenza della coscienza scettica) lo scettico prende coscienza della sua identità stabile che si oppone ad ogni verità. MA lo scetticismo cova in seno una serpe che lo metterà contro se stesso. Infatti il pensiero scettico è CONTRADDITTORIO: “il dubitare di tutto implica che l’unica verità stia nel dubbio stesso” dunque lo scettico AFFERMA E NEGA CHE CI SIA UNA VERITA’ nello stesso tempo, da qui la contraddizione. La potenza nientificante si rivolge contro lo stesso scettico, dunque la sua coscienza che si vuole ergere come indipendente e universale, al di sopra delle infinite differenze, si mostra invece semplicemente uno dei tanti punti di vista, una delle tante interpretazioni che si danno sul mondo: da un lato dichiara che tutto è vano e non-vero, mentre dall’altro pretende di dire qualcosa di vero e indubitabile (insanabile contraddizione!). La coscienza allora si trova scissadivisa, diventa consapevole della contraddizione tra identità e differenze, tra immutabilità e mutevole divenire, tra una verità e tante verità, tra divinità e umanità. c) La "coscienza infelice". Siamo giunti ad un passaggio nodale del pensiero di Hegel (la coscienza infelice è quella di molti uomini/donne del nostro tempo che non trovando l’unità dentro se stessi la cercano altrove e si disperdono nel divertissement/godimento che infine non aiuta a ritrovare l’unità interiore, né l’armonia con gli altri e con il mondo intero). Hegel definì tale stato di scissione o alienazione "Coscienza infelice". Quest'ultima è una situazione necessaria che serve all'uomo per ricercare quel senso dell'armonia perduta, per creare in lui la consapevolezza della propria esperienza tragica, la quale si risolve nell'aspirare alla riconciliazione finale con Dio, in una sorta d'armonia dinamica, con lo stesso significato che ne aveva dato Platone nel Sofista, quando si trovò a definire la Dialettica come rapporto dell'unità con la molteplicità. Sul piano storico la coscienza infelice si esprime a livello religioso nella separazione fra uomo e Dio (mutevole/immutabile, nel linguaggio hegeliano mutabile/transmutabile). Hegel quindi considera i due monoteismi in cui l’uomo cerca Dio per ritrovare quell’unità perduta. a) Ebraismo. Nella religione ebraica la coscienza è infelice perché la realtà vera è sentita come lontana dalla coscienza: Dio è trascendente, troppo lontano dall’uomo, è Signore di fronte a cui l’uomo si trova in uno stato di subordinazione, di sudditanza, di dipendenza. La coscienza infelice ebraica rappresenta la traduzione in chiave religiosa della situazione sociale del rapporto servopadrone. b) Cristianesimo. Nella religione cristiana Dio si è incarnato nella figura di Gesù Cristo (uomo-Dio). Però – dice Hegel – dopo la scoperta del sepolcro vuoto, Cristo di fronte alla coscienza risulta sempre come qualcuno di diverso e separato, distante e trascendente (si pensi allo smarrimento dei suoi apostoli e discepoli quando trovarono il sepolcro vuoto. Furono le donne, Maria Maddalena e le altre Marie che ebbero fede, gli apostoli rimasero dubbiosi, si pensi a Tommaso, furono smarriti, infelici, tutto si era perso. Ma Cristo apparve a loro e ricordò loro che sarebbe ritornato, la Parusìa, e infuse in loro lo Spirito perché andassero ad annunciare a tutti gli uomini/donne la buona Novella, l’annuncio). Per Hegel però con il cristianesimo la coscienza rimane infelice, Dio continua ad essere irraggiungibile, in un al di là che sfugge. Manifestazioni medievali di questa infelicità Hegel le intravede in tre figure o momenti: a) la devozione: pensiero a sfondo sentimentale e religioso che non si è elevato a concetto (si pensi alle mille forme di devozione presenti in ogni religione del mondo a partire dai luoghi sacri come i santuari cristiani, buddisti, islamici ecc.). b) Il lavoro: il cristiano giunge a vedere nel lavoro e nel suo frutto un dono di Dio (si ritorna al tema del lavoro), dono di Dio sono anche le capacità/competenze lavorative concesse da Dio perché l’uomo ne faccia buon uso; negazione dell’io a favore di Dio, mortificazione di sé (penso a Bach che al termine di ogni sua opera scriveva “Ad gloriam Dei” cioè composta in onore di Dio, l’uomo Bach scompariva in questo atto creatore e donava a Dio il frutto del suo lavoro, la “sua” musica). Il tema del lavoro è stato interpretato in modo originale da Max Weber (Maximilian Carl Emil Weber (Erfurt, 21 aprile 1864 – Monaco di Baviera, 14 giugno 1920) un economista, sociologo, filosofo e storico tedesco. È considerato uno dei padri fondatori dello studio moderno della sociologia. La sua opera più famosa è il saggio L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, con la quale iniziò le sue riflessioni sulla sociologia della religione. Weber sottolineava l'importanza di alcune particolari caratteristiche del Protestantesimo ascetico che portarono alla nascita del capitalismo, della burocrazia e dello stato razionale e legale nei paesi occidentali. Il problema di Weber è quello di spiegare "il particolare carattere del capitalismo occidentale e, in seno a questo, di quello moderno, e le sue origini". Non era nuova l'osservazione, anzi la constatazione, del più avanzato grado di sviluppo economico e civile in generale della società in cui si erano diffuse le confessioni riformate. Weber ne trae spunto per impostare la sua nuova tesi del rapporto tra la mentalità capitalistica e l'etica protestante, in particolare del calvinismo. Il credente delle confessioni protestanti, convinto che la sua salvezza o la sua dannazione siano decretate da Dio e non dipendono dalle sue opere, cerca una conferma della grazia divina, e la trova nel successo economico. Il compimento del proprio volere nel mondo è voluto da Dio ad accrescimento della sua gloria nella sua rinascita è un segno della "grazia". Si caricano, quindi, di significato religioso l'operosità, lo zelo, la coscienza rigorosa e severa, che si traducono nella concezione della professione come vocazione e in una condotta di vita metodica. Weber prende in esame i protestanti e il loro grande successo economico a partire dal Cinquecento. Il termine chiave per capire questo fenomeno è il termine tedesco Beruf, che significa tanto "vocazione" quanto "lavoro", cioè il ruolo, o il semplice "mestiere" che Dio ha assegnato ad ogni individuo nella società. Per i protestanti la salvezza è decretata da Dio (giustificazione per fede) e non la si ottiene in virtù delle proprie opere; un indizio per capire se si sarà o meno salvati è il successo professionale che si ha nel corso della vita, come se dal successo nel lavoro si potesse avvertire il proprio essere graditi a Dio. Sicché quella che il protestante compie è un'autentica "ascesi intramondana", per cui egli è strumento di Dio nel mondo: chi lavora con dedizione per tutta la propria vita e riscuote grande successo può ritenersi salvo. Da ciò nasce secondo Weber il capitalismo moderno. c) l’Ascesi: che è la mortificazione della carne, la negazione dell’io a favore di Dio. C) La coscienza si scopre Dio (sintesi). Ma a questo punto di annullamento dell’io toccato dalla coscienza ancora infelice, il singolo è destinato dialetticamente a passare al punto più alto allorquando la coscienza nel suo vano sforzo (streben) di unirsi a Dio attraverso l’ascesi, scopre di essere LEI STESSA DIO, e questo avviene storicamente nel Rinascimento e nell’Età Moderna, quando nasce l’individuo. La ragione e lo Spirito. Entriamo così nell’ultima sezione dell’opera in cui la coscienza scoprendosi COSCIENZA SSOLUTA è diventata RAGIONE. Ora la coscienza scopre di essere ogni realtà. Infatti nella filosofia moderna l’essenza della realtà viene colta nel COGITO (Cartesio), nell’IO PENSO (KAnt), nell’IO assolutamente libero e creatore di Fichte. A) Ragione osservativa (tesi). La coscienza, giunta a questo punto del suo accidentato percorso irto di difficoltà, scontri, progressi e regressi, cerca di giustificare se stessa, cioè di motivare il suo “essere ogni realtà”, manifestazione vivente della Ragione assoluta. Il suo è un inquieto cercare che si rivolge all’osservazione della natura e del mondo. A livello filosofico è questa l’epoca del Rinascimento e dell’Empirismo. Attraverso l’osservazione della natura e passando dal mondo inorganico a quello organico (fisica, biologia), e poi a quello psichico (psicologia, e le due pseudo scienze frenologia e fisiognomica che andavano molto di moda ai tempi di Hegel), la coscienza giunge ad affermare che “l’essere dello Spirito è un osso”. B) Ragione attiva (antitesi). Dalla ragione osservativa Hegel passa a quella attiva che ritiene che il mondo è qualcosa che deve essere realizzato attraverso l’azione e lo sforzo (streben) individuale (cfr. ancora Fichte). Sono tre le figure della ragione attiva: a) ricerca del piacere e godimento. Deluso dalla scienza e dall’osservazione scientifica del mondo, l’individuo si getta allora nello sfrenato piacere (si pensi a certo estetismo-edonismo di figure decadenti quali Dorian Gray, a certi protagonisti dei romanzi dannunziani, ecc.), ma la ricerca del piacere puro, assoluto è una chimera, evidenzia ben presto i limiti umani e la finitezza/fragilità dell’uomo. Dice Hegel: “Egli prendeva la vita, ma con ciò afferrava piuttosto la morte” (non dimentichiamo certi miti di Hollywood, Marilyn Monroe, 1926 –1962, o James Byron Dean 1931 – 1955, protagonista del film “Gioventù bruciata”, che si sono spenti nel’infelicità, dopo aver tentato di godere la vita appieno!) b) La legge del cuore e il delirio della presunzione. Allora l’individuo cerca di opporsi al mondo, di cambiare il mondo attraverso “la legge del cuore” (vedi Rousseau) e il “delirio della presunzione” con la quale l’uomo cerca di abbattere i responsabili del male che c’è nel mondo (Hegel parla di “preti fanatici e despoti corrotti”), ma vi sono altre coscienze che sono portatrici di progetti per migliorare il mondo e si esprimono in modo fanatico. c) La virtù e il corso del mondo. Ai vari fanatismi l’individuo contrappone la VIRTU’ ma il cavaliere della virtù (Don Chisciotte, Robespierre) si scontra con la realtà e il corso del mondo e la lotta si conclude con la sconfitta del “cavaliere della virtù” che combatte invano contro i mulini a vento. C) La terza sezione della Ragione è quella che Hegel chiama “L’individualità in sé e per sé”. E si divide in tre figure (abbiamo quasi finito!). a) ragione animale dello spirito, in cui la vita spirituale viene assorbita completamente dalla “cura” dei propri affari spacciati per doveri morali. E’ l’etica della mentalità della classe borghese, avida e gretta, meschina, che non lascia spazio all’altruismo, è l’etica dell’avere contrapposta a quella dell’essere come ricorda Erich Fromm (Francoforte sul Meno, 23 marzo 1900 – Locarno, 18 marzo 1980), psicoanalista e sociologo tedesco. b) ragione Legislatrice: in cui l’individuo cerca in se stesso le leggi che siano universali, che valgano cioè per tutti, come ad esempio la massima “Ognuno ha il dovere di dire la verità”, ma la verità individuale può tradursi nella “persuasione che egli a volta a volta ne ha”, per cui le “leggi universali” in ragione della loro origine individuale si rivelano contraddittorie. c) Le contraddizioni della precedente figura spingono la Ragione a farsi “esaminatrice delle leggi”, cioè la spingono a ricercare leggi assolutamente e universalmente valide. Con ciò Hegel vuol dire che se ci pone dal punto di vista dell’individuo (il particolare) si è condannati a non raggiungere mai l’universalità. Quest’ultima si può raggiungere soltanto (secondo Hegel) nella fase dello Spirito Oggettivo, ossia in quella fase che Hegel denomina ETICITA’, e con questa parola Hegel intende la Ragione che si è realizzata pienamente nelle istituzioni storico-politiche (famiglia, società civile), e soprattutto nello STATO. Anche le leggi etiche più indubitabili come “dire la verità” o “amare il prossimo” risultano pure astrazioni se manca lo Stato che è la sub-stantia, cioè il substrato che regge e rende possibile ogni atto della vita individuale”. “Noi siamo sempre dentro la sostanza etica – proclama Hegel - l’individuo risulta fondato nella realtà storico-sociale e non viceversa”. A questo punto l’autocoscienza trova la sua PACE nello STATO e nella VERITA’ della stessa filosofia idealistica hegeliana. Un breve accenno allo Spirito Oggettivo e Spirito Assoluto, allo Stato hegeliano, alla storia e all’Astuzia della Ragione (si veda anche il manuale di filosofia) Se lo Spirito Soggettivo è la storia dell’emergere, del manifestarsi dello Spirito soggettivo nelle singole coscienze, nelle soggettività umane; lo Spirito oggettivo è l’insieme delle realizzazioni storiche delle singole coscienze umane, in quanto guidate dall’Assoluto. E’ lo spirito che si realizza nelle istituzioni costituite dall’uomo: famiglia, società civile, stati, regni, usi e costumi dei vari popoli, cultura, ecc.; è l’insieme di queste istituzioni storiche che Hegel presenta soprattutto nelle opere Lineamenti di Filosofia del diritto (1821) e Filosofia della storia. Il tema principale è quello della libertà dell’Assoluto (ab-solutus= sciolto da ogni limite, libertà pura) che si attua nella storia dell’uomo. Lo Spirito Oggettivo si caratterizza per la storicità (cioè si realizza nella storia attraverso le varie istituzioni) e la sovra individualità (lo Stato, i sistemi giuridici, le leggi). Il fine della storia è che “lo Spirito giunga al sapere di ciò che esso è veramente” e per fare questo la Ragione (lo Spirito) si serve della volontà dei singoli individui che credono di fare la storia, ma che in realtà sono strumenti della <ragione. Qui Hegel introduce la nozione di Astuzia della <ragione, cioè l’astuzia usata dalla Ragione per condurre gli individui e i popoli verso il raggiungimento del suo scopo (telos=fine). I vari condottieri storici, i leader dei movimenti o partiti, i capi carismatici, i vari Alessandro Magno, Cesare, Carlo Magno, Napoleone, non sono che strumenti dell’astuzia della ragione che li fa muovere secondo i suoi disegni. Anche i popoli si muovono e fanno la storia secondo i dettami della ragione. Gli uomini sono burattini in balìa della Ragione. Per Hegel nella cultura di ogni popolo si incarna lo Spirito del Mondo, ad ogni epoca corrisponde il dominio di un popolo (Volk). Per Hegel si sono succedute tre epoche storiche: a) mondo orientale retto da despoti; b) il mondo greco-romano caratterizzato dalla schiavitù per i molti e dalla libertà solo per alcuni; c) il mondo germanico (e la Prussia di Hegel) dove tutti sono sottomessi alle leggi dello Stato tedesco. Hegel ritiene che sia giunta l’ora del primato del popolo tedesco che deve diventare la guida del mondo perché la sua cultura è la suprema espressione della ragione Assoluta. Lo Spirito Oggettivo si sviluppa secondo una triade: Diritto-Moralità-Eticità: a) Il Diritto astratto o formale riguarda l’esistenza della libertà delle persone che si incontrano nel rispetto reciproco. Incontrandosi le persone si trovano a contendersi le proprietà degli oggetti. Il diritto ha la funzione di regolare i rapporti umani fissando le sanzioni e le punizioni che servono a garantire il rispetto reciproco (il bene). Ma questo bene è fragile, controllato dalla forza costrittiva del castigo e della pena. La pena è efficace e formativa quando il colpevole la riconosce interiormente come mezzo formativo. b) La moralità è l’atteggiamento di chi interiorizza una norma, di chi ha trasformato in legge un imperativo categorico. L’uomo morale è colui che vive sempre combattendo per il bene ed è in lotta contro l’egoismo. Questo è un compito infinito (vedi ancora Fichte). c) L’eticità è “la sfera del bene pienamente realizzato”, è l’atteggiamento di chi comprende che tutta la realtà è manifestazione della Ragione, per costui il dolore è solo espressione della vita, tutto ha un senso, anche il negativo, la morte, la sofferenza. Noi viviamo nella perfezione del Tutto razionale. Dice Hegel: “riconoscere la ragione come la rosa nella croce del presente, e quindi godere di questa – tale riconoscimento razionale è la riconciliazione con la realtà, che la filosofia consente” (Lineamenti di filosofia del diritto). L’eticità a sua volta si articola in famiglia (tesi), Società civile (antitesi) e Stato (sintesi). a) La famiglia è una prima forma di organizzazione sovra individuale, unità organica caratterizzata da solidarietà e interdipendenza, ma è un’unità organica limitata. b) La società civile è caratterizzata da un insieme di rapporti economici basati sul freddo interesse e sul calcolo egoistico, non sono rapporti affettivi, bensì egoistici. La società civile è dunque uno scenario di confronti e contrasti, conflitti di egoismi (si ricordi la dialettica servo-padrone. Karl Marx parlerà di lotta di classe); è una connessione disorganica estesa a tutta la collettività. c) Lo Stato è la sintesi, momento supremo dell’eticità, supera le contraddizioni della famiglia e della società civile, conservando di questi due momenti gli aspetti più positivi: lo Stato infatti è un’unità organica come la famiglia e sviluppa un’azione basata sulla collaborazione e la solidarietà tra i cittadini. Lo Stato è per Hegel “l’ingresso di Dio nel mondo, è un Dio reale”. Da queste affermazioni si ricava la “statolatria” di Hegel.- E’ il cittadino che esiste per lo Stato e non viceversa. Come scriveva Cicerone “Siamo servi delle leggi (dello Stato) per potere essere liberi” (Servi legum sumus ut liber esse possimus). Il filosofo idealista italiano Giovanni Gentile si richiamerà ad Hegel per sostenere e giustificare l’idea dello Stato fascista. La concezione hegeliana dello Stato è anti-contrattualistica, anti-democratica e anti-giusnaturalistica: infatti lo Stato per Hegel non si fonda su un contratto (pactum unionis) fra i cittadini e lo Stato per garantire i diritti naturali degli individui (proprietà, vita, libertà). Lo Stato hegeliano è governato da leggi, non è dispotico, è uno Stato di Diritto senza però per questo essere uno stato liberal-democratico. La Costituzione è il suo fondamento, e ogni Costituzione, secondo Hegel, non viene fatta a tavolino, ma è il frutto della vita collettiva e storica di un popolo “Ogni popolo dunque ha la costituzione che gli è adeguata”. Hegel indentifica la “Costituzione razionale” nella Monarchia costituzionale moderna. Lo Stato hegeliano è un organismo politico che prevede una serie di poteri distinti: potere Legislativo (ha il compito di emanare le leggi che vengono scritte dalla Camera Alta e quella Bassa, composte dai ceti alti e medi; Hegel ha sfiducia nel popolo “che non sa ciò che vuole”); potere Governativo (il potere esecutivo che comprende anche i poteri giudiziari: la polizia e le Corporazioni dipendono dal potere esecutivo); potere monarchico o Principesco (rappresenta l’unità dello Stato, ad esso aspetta la decisione ultima circa gli affari della collettività. Lo Stato per Hegel è “Volontà divina” è “l’ingresso di Dio nella Storia” (divinizzazione dello Stato, statolatria). Il solo giudice dello Stato è la STORIA che è lo Spirito universale che si dispiega nel mondo. Il fine della Storia è che “lo Spirito giunga al sapere di ciò che esso è veramente, e oggettivi questo sapere, lo realizzi facendone un mondo esistente, manifesti se stesso oggettivamente” I mezzi della Storia sono gli individui con le loro passioni. Non sono i popoli o gli eroi che fanno la Storia, ma è l’Astuzia della Ragione che si serve degli individui e dei popoli per attuare i suoi fini. Il Disegno provvidenziale della Storia si rivela di volta in volta nella vittoria che consegue il popolo che ha concepito il più alto concetto dello Spirito. Il fine ultimo della storia è la realizzazione della libertà dello Spirito. Lo SPIRITO ASSOLUTO si manifesta nelle varie forme culturale: a) Arte (che intuisce l’Assoluto); b) Religione (che rivela l’Assoluto); c) Filosofia (che ragiona sull’Assoluto). a) Per Hegel l’arte romantica segna il trionfo della musica, della pittura e della poesia. La poesia è l’arte per antonomasia, l’arte universale perché sa esprimere compiutamente l’intuizione dell’Assoluto. b) La religione coglie l’Assoluto nella forma della rappresentazione (Vorstellung) che è una forma di sapere intermedio fra intuizione artistica e il puro concetto della ragione filosofica. La religione, secondo Hegel, genera la coscienza infelice (vedi la Fenomenologia dello spirito) degli uomini perché l’uomo pur sentendo il bisogno di Dio ne avverte la lontananza (il Dio trascendente e lontano dall’uomo). Per Hegel la religione è una forma di filosofia inferiore. c) La filosofia invece ha il compito di riconciliare l’uomo con la realtà. La filosofia deve comprendere il mondo nella sua perfezione e mantenersi in pace con la realtà. Evidentemente per Hegel la sua filosofia (Idealismo dialettico) è la filosofia per eccellenza perché comprende pienamente il dispiegarsi della Ragione nella Realtà (“ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale”). CRITICHE alla filosofia di Hegel Nonostante abbia goduto di ampio consenso per quasi tutto l'Ottocento, Hegel e la sua filosofia sono stati oggetto di numerose critiche. Già l'ultimo Schelling vedeva in lui una grave impostura di fondo: dal fatto che una realtà sia razionalmente pensabile, infatti, Hegel concludeva che questa debba necessariamente esistere. Per Schelling è assurdo: la realtà effettiva non può essere creata, determinata dal pensiero logico, perché nasce da una volontà libera e irriducibile alla mera necessità razionale. Tra gli altri critici, il filosofo anti-idealista Arthur Schopenhauer (1788-1861) definì Hegel “un ciarlatano di mente ottusa, insipido, nauseabondo, illetterato, che raggiunse il colmo dell'audacia scarabocchiando e scodellando i più pazzi e mistificati non-sensi”. Schopenhauer criticò l'hegelismo soprattutto perché presuppone un mondo razionale, dominato dalla Ragione, dallo Spirito Assoluto, quando a lui invece il mondo appariva dominato da un impulso irrazionale e inconscio, da una volontà di vivere che spinge l'uomo (ma anche gli altri esseri viventi e persino la materia inanimata) ad agire e così a soffrire, almeno fino a quando egli non se ne liberi praticando le vie della catarsi come l'arte, l'etica e la vita ascetica. Anche l'esistenzialista Soren Kierkegaard (1813-1855) criticò aspramente il sistema hegeliano, ravvisandovi un illusorio superamento delle contraddizioni della realtà, che a suo avviso sono lacerate da un drammatico aut aut, generatore dell'angoscia della scelta , mentre Hegel credeva di poterle sanare nella logica dialettica astratta dell'et et, della tesi e dell'antitesi, che trova sempre la sua soluzione nella finale sintesi progressiva. La filosofia di Friedrich Nietzsche (1844-1900) presenta, per molti versi, un'evoluzione di pensiero opposta a tutto il sistema filosofico hegeliano. Anch'egli come Schopenhauer, seppur in modo differente, criticava la visione di un mondo perfetto, razionale e sistematico presentata da Hegel. Di diverso tenore le critiche di Karl Marx (1818-1883) e Ludwig Feuerbach (1804-1872), i quali rimproveravano ad Hegel il suo ideologismo, il fatto che questi facesse discendere la realtà dall'idea, mentre secondo loro sarebbe la base materiale, economica e storica, a generare quella teoria che poi, a sua volta, tornerà a modificare la prassi. Il filosofo italiano Benedetto Croce (1866-1952) critica Hegel per aver appesantito il suo sistema con l’abuso della forma triadica. Più recentemente, Karl Popper (1902-1994) ha definito Hegel un "profeta del totalitarismo" per la sua concezione della storia in cui prevale la dimensione assoluta dello Stato.