INDICE - Fondazione Giovanni Agnelli

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Capitolo secondo
La cultura degli italiani. La tecnologia e i rapporti fra la scienza e la
trascendenza
La considerazione strategica, ma anche relativa, della tecnologia
Il programma Futurama aveva la tecnologia come asse centrale e strategico che
assumeva come fattore di cambiamento non solo economico e demografico ma anche
culturale. I nuovi rapporti fra età biologica ed età sociale, con la nascita delle nuove fasi
della vita, erano la dimostrazione più eclatante del ruolo rivoluzionario della tecnologia
nella società contemporanea; un ruolo rivoluzionario, ma non illimitato, sotto due
profili: in primo luogo perché la tecnologia veniva considerata come fattore che
rivoluzionava la società ma che esigeva forme e istituzioni sociali adeguate, in linea con
la storia e con i sistemi valoriali delle specifiche società che dovevano gestirla. La
tecnologia non era ritenuta affatto una variabile indipendente, bensì una variabile molto
dipendente dal contesto sociale e culturale. In secondo luogo perché la scienza, e quindi
ancor più la tecnologia, dovevano necessariamente confrontarsi con interrogativi più
alti, attinenti ai problemi etici e al senso della vita e del creato.
Il tessuto culturale dell'innovazione tecnologica
I soggetti e le forme sociali per gestire l'innovazione tecnologica erano ricercati nella
storia italiana. «Gli attori protagonisti di questo grande mutamento tecnologico sono
infatti aree territoriali ben identificate che coincidono in sostanza con alcune aree
metropolitane. Sono infatti attori collettivi, all'interno dei quali opera una pluralità di
soggetti, come imprese, università, società di ricerca, manager, imprenditori, tecnologi,
organizzazioni professionali e sindacali, forze politiche. Gli attori del progresso
tecnologico sono cioè entità collettive coincidenti con le società urbane di tipo
complesso e i loro successi e insuccessi sono il frutto delle attività di numerosi soggetti;
gli attori del progresso tecnologico sono, in definitiva, le città»1.
La Silicon Valley e la Route 128 di Boston erano indicate come la prova che la
creatività tecnologica produce i migliori risultati all'interno di contesti in cui lo scambio
di informazioni, la disponibilità di laboratori, l'abbondanza di staff tecnologici, danno
vita a una particolare miscela creativa. «Sotto un certo profilo è improprio confrontare le
situazioni nazionali: l'Italia con gli USA, la Francia con il Giappone. Infatti esse
rappresentano concetti troppo “aggregati”, si pongono a un livello eccessivamente
generale. Se ci poniamo il problema di individuare i più opportuni strumenti per
1 Marcello Pacini, «Prospettive tecnologiche di Torino: opportunità e bisogni», relazione al convegno
«Lingotto: un'occasione per Torino», Torino, Unione Industriale, 22 giugno 1984, pag. 5, inedito.
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ottimizzare la creatività tecnologica, si torna, come già è successo in altre epoche
storiche, a parlare di città»2 e, occorre aggiungere, del loro pluralismo interno. Non a
caso infatti si indicava come modello l'esperienza americana, e non quella più centralista
dei giapponesi, basata su città della scienza molto, troppo, pianificate.
Gli anni che vanno dal 1984 al 1992 videro la Fondazione impegnata in un ampio
programma di ricerche e di promozione di dibattito che avevano la finalità di studiare:
a) le condizioni che rendono possibile e orientano l'innovazione tecnologica e quindi i
rapporti fra la ricerca e il sapere scientifico e le forme culturali della società italiana; b)
la centralità dei soggetti reali (individui, comunità professionali, gruppi sociali, contesti
sociali, incluse le città e le aree forti); c) la cultura dei «fruitori» della tecnologia, cioè
specifici contesti sociali italiani.
Le attività del programma Tecnocity e le prime ricerche sulle città3 erano appunto
dedicate alle prime due linee di riflessione mentre con la ricerca «Tecnologia e scienza
nella cultura degli italiani», svolta nel triennio 1987-1990, si volle ottenere un quadro
più ampio e completo dell'atteggiamento della popolazione italiana nei confronti della
tecnologia e delle innovazioni tecnologiche. L’indagine si prefiggeva essenzialmente di
fare chiarezza sulla dimensione culturale del cambiamento tecnologico e scientifico per
capire, soprattutto, se la cultura diffusa nel nostro paese rappresentasse una risorsa o un
vincolo di fronte alle grandi sfide della modernizzazione4.
Da tale linea di ricerca scaturirono alcuni significativi risultati che permisero di
arrivare alla confortante conclusione secondo cui, all'interno della cultura degli italiani,
emergeva complessivamente un atteggiamento di positiva apertura verso il mutamento
tecnologico-scientifico e un'attenta consapevolezza della rilevanza della «risorsa
tecnologica-scientifica» quale fattore strategico per il progresso del paese.
Il rapporto fra la scienza e la trascendenza nella cultura dei ricercatori italiani e nel
dibattito internazionale
Dopo aver studiato i nessi fra innovazione tecnologica e sistema economico, specie
sotto il profilo della nascita di nuove imprese e di nuove figure professionali, il ruolo del
contesto urbano e della cultura sociale diffusa, la Fondazione volle completare lo spettro
della ricerca investigando un tema particolarmente innovativo. Infatti se la scienza e la
tecnologia erano fra i punti fondamentali della visione del mondo, e dell'uomo, fatta
propria dalla Fondazione, non potevano certamente esaurirla: non solo era necessario
quindi studiare il contorno culturale degli ambienti scientifici e tecnologici, ma era
opportuno porre all'ordine del giorno del dibattito culturale anche temi ben più centrali
della condizione umana della modernità e della postmodernità quali la cultura dei
produttori di sapere scientifico, le loro rappresentazioni del mondo, i loro valori e la loro
etica, le loro opzioni religiose.
2
Ibid., pagg. 4-5.
Si veda Fondazione Giovanni Agnelli, 1976-1990: quinze ans d'activité, Torino, Edizioni della
Fondazione Giovanni Agnelli, 1990, pagg. 190-200.
4 La ricerca fu condotta da un gruppo di sociologi – Maurizio Ambrosini, Clemente Lanzetti, Marco
Lombardi, Maria Luisa Bianco – coordinati da Vincenzo Cesareo; si veda Vincenzo Cesareo (a cura di),
L'icona tecnologica. Immagini del progresso, struttura sociale e diffusione delle innovazioni in Italia,
Torino, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, 1989.
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La ricerca, coordinata da Achille Ardigò e Franco Garelli, si strutturò come un'ampia
indagine sul campo che coinvolse trecentocinquanta ricercatori scientifici italiani
operanti nei settori di frontiera della fisica, della biogenetica e dell'intelligenza
artificiale. I risultati della ricerca furono di estremo interesse e permisero di descrivere
una situazione sociale e culturale pluralista e differenziata, normalmente reciprocamente
tollerante, in cui, proprio attraverso il progresso teoricamente possibile della scienza,
insorgevano questioni morali le quali finivano col richiamare i temi della trascendenza5.
La riproposta dell'attualità del tema del rapporto fra scienza e trascendenza era un
risultato di grande interesse per una ricerca di natura sociologica, che giustificava il
giudizio di pionierismo espresso da Ardigò.
Fu naturale dilatare l'orizzonte, passando dalla cultura degli scienziati italiani al
dibattito internazionale. I risultati della ricerca furono quindi presentati nel corso del
convegno internazionale «Mentalità scientifica tra secolarizzazione e trascendenza»,
organizzato nel giugno 1988. A confrontarsi sui dati emersi dalla ricerca, sui rapporti tra
conoscenza scientifica e trascendenza, sul dibattito sull'etica nella professione
scientifica, sul rapporto scienza-fede, sul raffronto tra cultura scientifica e culture
filosofiche e politiche, si incontrarono importanti scienziati di diverso orientamento
culturale e alcuni teologi. Di particolare interesse la presenza di Abdus Salam, premio
Nobel per la fisica e praticante musulmano. Salam fece una relazione nella sessione
dedicata al tema «I confini fra scienza e trascendenza» e il titolo della sua relazione era
tanto semplice quanto chiaro: «Un punto di vista islamico». L'invito ad Abdus Salam fu
uno dei primi tentativi esperiti dalla Fondazione di superare i confini dell'Occidente
avviando un confronto di prospettive e di giudizi al di fuori della tradizione cristiana6.
Il dibattito affrontò temi molto attuali quali i problemi etici che possono scaturire
come conseguenze delle ricerche in genetica o nel campo dell'intelligenza artificiale e
approfondì il tema della dimensione del trascendente e della fede, soprattutto nel
confronto con i livelli più avanzati della ricerca scientifica, specie nel campo della
fisica. Al termine dell'incontro Gianni Vattimo – che vi aveva preso parte con una
relazione sul tema «Scienza, ontologia, etica»7 – poteva scrivere che «qualcosa si muove
nell'atteggiamento degli scienziati nei confronti della problematica religiosa e etica.
Probabilmente anzi, ciò che risulta più visibile è che la sensibilità religiosa è tanto più
viva quanto più sono urgenti e inediti i problemi morali che la ricerca scientifica
5 Achille Ardigò, «Orientamenti positivistici, problemi etici e trascendenza» in Achille Ardigò e
Franco Garelli, Valori, scienza e trascendenza, vol. I, Una ricerca empirica sulla dimensione etica e
religiosa fra gli scienziati italiani, Torino, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, 1989, pag. 203.
Si veda anche Fondazione Giovanni Agnelli, 1976-1990; quinze ans d'activité cit., pagg. 68-70 e 181. Al
convegno «Mentalità scientifica fra secolarizzazione e trascendenza» (Torino, Fondazione Giovanni
Agnelli, 21-23 giugno 1988) parteciparono Rita Levi Montalcini, John Eccles, Abdus Salam, il cardinale
Paul Poupard, Achille Ardigò, Francesco Barone, Franco Garelli, Paul Berger, Evandro Agazzi, Paul
Davies, Francisco Varela, Henri Atlan, Bruno Coppi, Franco Selleri, Vittorio Sgaramella, Giuseppe
Trautteur, Luigi Lombardi Vallauri, Giovanni Maria Tocchini Valentini, Sebastiano Maffettone, Alfredo
Molinari, Giovanni Prosperi, padre Enrico di Rovasenda, Giulio Giorello, Luciano Gallino, Gerard
Radnitzky, Giuliano Toraldo di Francia, Bianca e Francesco Melchiorri, Gualtiero Pisent, Gianni Vattimo,
Salvatore Veca e Mario Umberto Dianzani.
6 Si veda il saggio di Abdus Salam, «Un punto di vista islamico» in Evandro Agazzi, Sebastiano
Maffettone, Gerard Radnitzky et al., Valori, scienza e trascendenza, vol. II, Un dibattito sulla dimensione
etica e religiosa nella comunità scientifica internazionale, Torino, Edizioni della Fondazione Giovanni
Agnelli, 1990.
7 Gianni Vattimo, «Scienza, ontologia, etica» in Evandro Agazzi, Sebastiano Maffettone, Gerard
Radnitzky et al., Valori, scienza e trascendenza, vol. II cit.
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suscita»8. Nel novembre del 1989 Luciano Gallino – che aveva tenuto una relazione al
convegno con il titolo «Modelli di interazione tra le scienze naturali e le scienze umane
e sociali»9 – tornava sulla nostra iniziativa e sottolineava la smentita netta della
previsione positivista della irrilevanza del pensiero religioso rispetto a quello
scientifico. La vitalità della scienza non aveva affatto scosso la forza del pensiero
religioso, «vivo come non mai nella coscienza di grandi masse di individui». I risultati
della ricerca curata da Ardigò e Garelli erano «certo contraddittori, specie per chi ami le
spiegazioni tutte luce e ombra, o magari ancora creda, in sintonia con la previsione
positivista (…) che dove arriva la scienza la religione si estingue: anche nelle menti». In
realtà, «anziché come contraddizione gli scienziati italiani osservati (…) paiono
giudicare, in maggioranza, il rapporto scienza-religione come una forma di
complementarità possibile»10.
Ovviamente la ricerca sugli scienziati italiani e il convegno «Valori, scienza e
trascendenza» sono state tappe di un dibattito di dimensione mondiale che non avrà mai
fine, almeno nei tempi umanamente pensabili; sono stati strategici nella vita della
Fondazione, perché hanno completato l'orizzonte dei nostri interessi del decennio
ottanta, quando vi era oggettivamente il rischio di dare un privilegio alla tecnologia che
non era nelle nostre intenzioni né nella nostra cultura.
8
G. Vattimo, «Dio è più vicino» in «La Stampa», 29 giugno 1988.
Luciano Gallino, «Modelli di interazione tra le scienze naturali e le scienze umane e sociali» in
Evandro Agazzi, Sebastiano Maffettone, Gerard Radnitzky et al., Valori, scienza e trascendenza, vol. II
cit.
10 L. Gallino, «Scienza e fede, crolla il muro. Prospettive diverse, ricerca comune» in «La Stampa», 29
novembre 1989.
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