Lo scrittore Luca Doninelli ripercorre l`epopea del cavaliere della

SPETTACOLI
15
21 agosto
Lo scrittore Luca Doninelli ripercorre l’epopea del cavaliere della Mancia protagonista del romanzo di Cervantes
In scena il teatro dell’essere
“Don Chisciotte, capolavoro dell’età moderna, prosegue sulla via di Dante, con la differenza che nell’età moderna
una via così netta non esiste, l’uomo è costretto ad errare: ossia ad andare senza meta, sbagliando in continuazione”
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(...) più grandi, probabilmente la più
grande, la più perfetta
personificazione di
Dio nella storia della
letteratura: trascendente e immanente, altissimo e vicinissimo. In questo pietoso, impossibile equilibrio tra il “dentro” e
il “fuori”, Sancio è Dio che abbraccia l’uomo, piegandosi a
fargli da servo dentro la storia
e realizzando così, nella storia,
la propria essenza divina.
Sancio entra nella storia di
Chisciotte: lo accompagna
quand’è sano e continua ad accompagnarlo quando diviene
folle. Pietosamente, asseconda
il suo errore, la sua povera fantasia incapace di distinguere il
vero dal falso (la mano destra
dalla sinistra). Lo soccorre nella sconfitta inevitabile. Non lo
lascia mai solo.
Ci fa capire che la sconfitta è
inevitabile per tutti, che l’uomo si rivela nella sua impotenza, nella sua debolezza, nel suo
Franco Branciaroli sulla scena del suo “Don Chisciotte”. In alto, Luca Doninelli
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bisogno – perché è lì che Dio
gli si fa presente.
Ma tutto questo non si può
rappresentare direttamente. Bisogna cercare degli attori, assegnare loro una parte, affinché il
loro canto non sia casuale, ma
segua le note di qualcuno che
ha cominciatoa cantare prima
di lui. Ci vuole il teatro, ci vuole la parodia.
Appare perciò geniale l’intuizione di Franco Branciaroli
di variare indefinitamente questo assetto parodico, sottolineandolo attraverso successive
sostituzioni. La parodia si rivela nella variazione, è la variazione a rivelare il suo vero ancoraggio, il fondo al quale si
fissa.
Se Don Chisciotte e Sancio
possono essere sostituiti da
Stanlio e Ollio, da Totò e Peppino, dai fratelli De Rege e via
dicendo, è perché la parodia esiste fin da principio.
Don Chisciotte parla dell’uomo e di Dio, ma questi che sono i due attori fondamentali
della storia (e perciò dell’arte)
possono comparire solo attraverso le loro maschere. La modernità presenta così le sue verità ultime: come maschere.
Ma la maschera non è qualcosa che ricopra il vero volto.
Se mai, essa si cela sotto il volto. La maschera non è finzione,
ma il segno visibile della parte
che ci è data nel teatro dell’essere. Ed è sempre popolare, popolare perché accolta, sempre.
Nessuno può essere escluso dal
teatro dell’essere: l’innamorato
come l’avaro, il furbacchine
come il millantatore.
Nel suo gioco di variazioni
Branciaroli non intende fuorviare l’attenzione, bensì il contrario: mettere a punto la montatura del cannocchiale attraverso il quale, grazie a quel variare, noi possiamo rintracciare
la grande passione, il grande
sgomento, la grande amorosa
tristezza, l’immensa comica serietà che permisero l’esistenza
a una delle opere più necessarie uscite dalle mani dell’uomo.
Luca Doninelli