Breve diario di una storia vera: la mia donazione di midollo Innanzitutto bisognerebbe chiedersi: perché donare il midollo? Perché l’ho fatto. Tutto inizia un anno fa, ad una cena di beneficenza parla un ragazzo, Giorgio, raccontando la sua esperienza; aveva donato il midollo, addirittura due volte perché la prima volta il paziente aveva avuto delle complicazioni, e raccontava questi fatti con una solarità ed energia che mi avevano molto colpito. Passiamo alla tarda primavera del 2011, ero insieme ad una mia amica al centro trasfusionale S.Orsola di Bologna per la consueta donazione di sangue. Già da qualche tempo si parlava del tema del midollo (ho dimenticato di dire che anche lei era presente la sera che parlò Giorgio), ci scambiavamo opinioni e punti di vista, ed ogni tanto, quasi per scherzo io chiedevo a lei: “allora, ci iscriviamo?”…quella mattina fu lei a chiederlo a me, e così abbiamo iniziato a compilare i moduli necessari all’iscrizione all’ADMO. Nell’autunno dello stesso anno sono stato chiamato per un secondo prelievo di sangue, alla mia amica invece non era stato chiesto, la cosa mi aveva incuriosito ma non ci avevo dato peso, pensavo che l’avrebbero chiamata successivamente. Siamo a fine Novembre, è una mattina come tante altre ed io sono al lavoro. Improvvisamente il mio cellulare squilla, un numero sconosciuto, rispondo e con sorpresa mi ritrovo dall’altra parte della cornetta un medico dell’ospedale S.Orsola di Bologna che mi chiede se sono disposto a proseguire nell’iter di donazione del midollo, in quanto è stata riscontrata la compatibilità tra il mio e quello di una persona gravemente ammalata. Mi viene detto che a breve mi sarebbero state date altre informazioni, e che mi sarei dovuto recare all’ospedale per fare ulteriori esami di accertamento. Saluto e metto giù il telefono. Avevo il cuore in gola, pur non avendo completamente chiaro a cosa stavo andando in contro mi sentivo, felice, entusiasta, euforico, ma allo stesso tempo avevo paura ed ansia per ciò che avrei dovuto fare. Viene cancellata una donazione di plasma che avrei dovuto fare a metà Dicembre, e poco prima di Natale mi reco al S.Orsola per eseguire gli esami di rito: ecografia all’addome, visita cardiologica, esami del sangue (13 o 15 provette, non ricordo esattamente) e raggi al torace. Intanto la Dottoressa Valeria, che mi ha preso in carico, mi spiega tutto l’ambaradan di roba che riguarda la donazione. In particolare vengo messo di fronte al fatto che il donatore ha piena libertà di tirarsi indietro fino all’ultimo, consapevole però che il paziente ricevente, dopo che verrà firmato il verbale, subirà un trattamento con chemio e radioterapia che azzererà completamente il proprio midollo in attesa che arrivi quello del donatore; va da sé che se non arrivasse il midollo in questo momento il paziente non avrebbe molte speranze. Ci lasciamo con gli auguri di buon Natale e buon anno. Eccoci al 11 Gennaio 2012, forse il giorno che più di tutti rimarrà scolpito nella mia memoria. Mi reco all’ospedale per firmare il verbale dove, in presenza di un medico che funge da notaio, viene ufficializzata la mia scelta di donare, e di conseguenza inizia il condizionamento del paziente che azzererà il suo midollo. Prendo la macchina e torno a casa, con il cuore in gola, piango. Il mio pensiero va a questa persona, ammalata di una grave forma di leucemia, per la quale il destino sta scegliendo me come “antidoto”. Si crea un legame, forse non sto neanche usando le parole giuste per spiegarlo, e forse nemmeno ci sono, ma ti senti per la prima volta nella tua vita (o almeno nella mia) la responsabilità nei confronti di qualcuno che non può sperare in altri, ma solo in te. La firma di quel verbale mi ha messo anima e corpo di fronte alla mia scelta di donare. Il 14 mi reco all’ospedale per la prima iniezione del farmaco per lo sviluppo delle staminali. Si perché ho scelto la modalità di donazione che richiede l’assunzione di un farmaco che fa riprodurre in modo smodato le cellule staminali presenti nel midollo, le quali, aumentando in modo considerevole, escono dalle ossa del bacino e si propagano nel sistema circolatorio umano, fino ad essere raccolte tramite un prelievo dal braccio. Dicevo, il 14 mi reco al S.Orsola per la prima iniezione del farmaco, anche se non lo dimostro (o forse invece si vede) mi tremano le gambe, ho tanta paura degli effetti collaterali dovuti al farmaco, anche se mi avevano detto che non era nulla di che’; ho anche paura che il farmaco non faccia effetto, in questo caso non potrei donare dal braccio e mi verrebbe prenotata la sala operatoria per il prelievo dall’osso del bacino. Fortunatamente il farmaco inizia a fare effetto, e parecchio anche. Il secondo giorno che lo assumo inizio a sentire mal di schiena, sono contento perché è segno che le cose stanno funzionando, ma allo stesso tempo il dolore alla schiena si fa sempre più forte, solo la tachipirina lo tiene a bada. In quei 5 giorni nei quali mi sono “dopato” mi sono chiesto più volte chi me lo facesse fare. Oltre al fastidio del mal di schiena vedevo mia moglie, che voleva fare la forte, ma dai suoi occhi traspariva tutta l’apprensione per le mie condizioni. In quei momenti mi chiedevo però in quali condizioni versasse il mio “gemello” ammalato, di sicuro lui, o lei, stava peggio di me, molto peggio. In quei momenti ho scritto una lettera, che spero il paziente abbia gradito. Finalmente è il 18 Gennaio, giorno della donazione. Facciamo un prelievo per capire se ho riprodotto cellule sufficienti per la donazione, ed all’OK si parte! La donazione in sé non é pesante, il dolore al bacino è quasi inesistente, e la macchina lavora a pieno ritmo. Mia moglie, gli infermieri ed i dottori sono sempre lì, disponibili, anche perché non posso nemmeno grattarmi il naso visto che ho un ago in ogni braccio. La Dottoressa Valeria è gentilissima e mi spiega come funziona la macchina alla quale sono attaccato, anche perché per far passare 4 ore… Non c’è molto da aggiungere a tutto ciò; ho prodotto circa 300cc di cellule staminali lavorando 11litri del mio sangue (cioè il mio sangue è entrato ed uscito due volte dal mio organismo per poter raccogliere quella quantità). Terminata la donazione sono tornato a casa, ed ogni tanto devo fare qualche esame del sangue per monitorare che tutto sia rientrato nella norma. Probabilmente l’ammalato/a sarà grato per la donazione che ha ricevuto, ma io a mia volta devo rendere grazie a questa persona, perché la sua sfortuna ha permesso a me di vivere un’esperienza senza eguali. Quest’avventura mi ha permesso di superare tante paure che avevo, e per questo mi ha dato tantissimo in termini di autostima. Inoltre mi ha fatto sentire il calore di tante persone che hanno condiviso con me questa esperienza e come me speravano che andasse tutto bene. Si, è vero, non è stata una passeggiata, e non si può certo dire che sia un percorso completamente indolore, però ho potuto contribuire a dare una speranza ad una persona, in un mondo dove si parla di tutto, tranne che di queste cose che sono invece la vera essenza della nostra vita. A TE, che hai avuto la pazienza di leggere questo trafiletto fino a qui, chiedo un favore: se non hai l’intenzione o la possibilità di iscriverti ad ADMO, chiedo comunque di farti portatore di questa esperienza; parlane con amici, parenti o colleghi, aiutaci a diffondere la mentalità del dono, perché le persone bisognose sono tantissime, e come avrai capito sia il midollo, che il sangue, non si possono fabbricare artificialmente Ricorda: IL DONO PIU’ GRANDE SCORRE DENTRO DI NOI Febbraio 2012 D. G.