Ipotiroidismo nel cane: aspetti clinici, diagnostici e terapeutici

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Ipotiroidismo nel cane: aspetti clinici, diagnostici e terapeutici
Federico Fracassi, DVM, PhD,
Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie - Università di Bologna
Introduzione:
L’ipotiroidismo è un’endocrinopatia sostenuta da anormalità strutturali o funzionali della ghiandola
tiroide che portano ad un’insufficiente produzione di ormoni tiroidei. Tale disendocrinia è frequente
nel cane ed estremamente rara nel gatto. La ghiandola tiroide, sotto l’influenza della tirotropina
(thyroid-stimulating hormone [TSH]) produce gli ormoni T3 e T4. Tali ormoni influenzano
fortemente il metabolismo cellulare e nell’organismo la loro concentrazione viene mantenuta in un
range molto ristretto grazie a meccanismi di feed-back a livello ipofisario e ipotalamico.
L’ipotiroidismo primario acquisito è la forma più comune nel cane (>95% dei casi) ed è la
conseguenza di affezioni a carico della ghiandola tiroidea. Difetti congeniti e forme secondarie
(connesse a patologie adenoipofisarie), se pur rare, sono comunque state descritte nella specie
canina. L’ipotiroidismo terziario (legato a patologie ipofisarie) è rarissimo.
Eziopatogenesi:
Nonostante siano state evidenziate diverse varianti istologiche di ipotiroidismo primario, sono due
quelle che predominano nel cane (~95% dei casi): la tiroidite linfocitaria e l’atrofia idiopatica. Il
risultato finale di entrambe queste forme è comunque lo stesso, una progressiva distruzione della
ghiandola tiroidea che esita in una carente produzione di ormoni tiroidei.
Tiroidite linfocitaria: la tiroidite linfocitaria è caratterizzata istologicamente da una diffusa
infiltrazione nella ghiandola di linfociti, plasmacellule e macrofagi, che comporta una progressiva
distruzione dei follicoli con fibrosi secondaria. L’alterazione del tessuto tiroideo è progressiva e i
segni clinici possono non comparire fino a quando più del 75% della ghiandola non sia
compromessa. La tiroidite linfocitaria è una patologia su base immunomediata nella quale la
patogenesi immunologia e molecolare non è del tutto chiarita. E’ probabile che nella distruzione
della ghiandola sia coinvolto sia il sistema immunitario umorale che quello cellulo-mediato. Gli
anticorpi anti tireoglobulina sono presenti nel 36-50% dei soggetti ipotiroidei, tuttavia non è ancora
chiaro se questi derivino secondariamente al danno prodotto dai linfociti T sulle cellule follicolari
oppure abbiano un reale ruolo nella patogenesi della tiroidite. Indubbiamente la genetica gioca un
ruolo preponderante, testimoniato dalla netta prevalenza di incidenza di malattia in alcune razze
canine e dalla ereditarietà della tiroidite nel Beagle e nel Borzoi. Fattori di rischio ambientali non
sono stati definiti nel cane. Dal momento che i meccanismi autoimmuni giocano un ruolo
importante nella patogenesi della tiroidite linfocitaria, non sorprende che tale patologia possa
manifestarsi in concomitanza con altre sindromi di insufficienza endocrina immunomediate come
ad esempio il diabete mellito o il morbo di Addison.
Atrofia idiopatica: L’atrofia idiopatica è caratterizzata microscopicamente dalla perdita di
parenchima ghiandolare che viene sostituito da tessuto adiposo. Istologicamente, la sequenza degli
eventi che porta all’atrofia della ghiandola tiroidea prevede una degenerazione delle cellule
follicolari con conseguente esfoliazione della colloide all’interno dei follicoli o negli spazi
interfollicolari. Segue successivamente una progressiva riduzione della dimensione dei follicoli e
una sostituzione degli stessi con tessuto adiposo. Alcuni autori sostengono che l’atrofia idiopatica
possa essere l’esito terminale di una tiroidite. Indipendentemente dal meccanismo eziopatogenetico
o dalle caratteristiche istologiche, ciò che si verifica è una notevole riduzione nella sintesi e
secrezione di ormoni tiroidei con il conseguente sviluppo dei segni clinici.
Epidemiologia:
L’età media in cui di diagnostica la malattia risulta essere di 7 anni con un intervallo che va dai 0,5
ai 15 anni. Le razze maggiormente predisposte allo sviluppo di ipotiroidismo risultano essere il
Golden Retriver, il Doberman, il Labrador Retriver e il Cocker Spaniel. Apparentemente non c’è
predisposizione di sesso.
Segni clinici:
Gli ormoni tiroidei sono indispensabili per il normale metabolismo delle cellule dell’organismo,
pertanto, una loro carenza in circolo determina un’alterazione delle funzioni metaboliche di tutti gli
apparati. Di conseguenza, i segni clinici risultano estremamente variabili e in parte dipendenti
dall’età del soggetto. Inoltre, i segni clinici possono manifestarsi in modo diverso all’interno delle
differenti razze. La distruzione della ghiandola tiroidea è un processo che tende ad essere molto
lento e i segni clinici hanno spesso una progressione graduale e subdola.
Nel cane adulto i segni clinici tipici coinvolgono la cute, il sistema neuromuscolare e l’apparato
riproduttivo. Nonostante anche altri organi e apparati risentano della carenza di ormoni tiroidei,
raramente i segni clinici che ne conseguono sono così evidenti da indurre il proprietario al consulto
veterinario.
Segni clinici metabolici
I segni clinici metabolici comprendono vari gradi di ottundimento del sensorio, letargia (35% dei
soggetti), intolleranza all’esercizio (12%) e tendenza all’aumento di peso (48%) senza un reale
aumento dell’appetito o dell’alimento assunto. Inoltre, il 10% dei cani affetti da ipotiroidismo,
mostra anche una intolleranza al freddo.
Segni clinici dermatologici
I segni dermatologici sono molto comuni nei cani con ipotiroidismo. Gli ormoni tiroidei sono
indispensabili per un normale del ciclo del pelo. Con la carenza di ormoni tiroidei i follicoli piliferi
entrano prematuramente nella terza fase del ciclo (telogen) e vi rimango per lungo tempo; il pelo
diventa quindi secco e fragile. L’eccessiva caduta del pelo e l’assenza di ricrescita esita quindi nello
sviluppo di aree alopeciche. La diminuzione degli acidi grassi, delle prostaglandine E2 e l’atrofia
delle ghiandole sebacee determinano facilmente ipercheratosi, seborrea secca, con pelo secco e
opaco. Il segno cutaneo classico è l’alopecia simmetrica blaterale non pruriginosa a carico del
tronco e della coda (“coda di topo”). Solitamente la testa e gli arti vengono meno colpiti dalle
alterazioni dermatologiche. La cute può presentarsi con vari gradi di iperpigmentazione, soprattutto
nelle aree alopeciche. Aspetti tipici delle alterazioni cutanee in corso di ipotiroidismo sono
rappresentati da otite ceruminosa, e mixedema. Tale alterazione si verifica per accumulo di acido
ialuronico nel derma soprattutto della testa, ciò può determinare il caratteristico aspetto di “facies
tragica”. I cani con ipotiroidismo sviluppano facilmente infezioni secondarie a carico della cute,
sostenute da batteri, demodex o malassezia.
Segni clinici neuromuscolari
I segni neuromuscolari possono essere predominanti in un soggetto affetto da ipotiroidismo.
L’ipotiroidismo induce una demielinizzazione e una assonopatia che possono causare sintomi
riferibili al sistema nervoso sia centrale che periferico. I sintomi riferibili al sistema nervoso
centrale sono meno comuni e comprendono: crisi convulsive, atassia e circling. Questi sintomi sono
spesso associati a sintomi vestibolari periferici o paralisi del nervo facciale. I problemi correlati al
sistema nervoso periferico sono molto piu comuni e comprendono la paralisi del nervo facciale, la
debolezza, l’atassia generalizzata, difetti propriocettivi soprattutto a carico degli arti posteriori e
diminuzione dei riflessi spinali. Il megaesofago e la paralisi laringea sono stati riportati in
associazione con l’ipotiroidismo. Tuttavia, la connessione fra queste patologie rimane controversa
dal momento che la terapia dell’ipotiroidismo solitamente non porta alla risoluzione del
megaesofago o della paralisi laringea. Pur essendo rare, sono segnalate in corso di ipotiroidismo
anche forme di miopatia caratterizzate dalla perdita di miofibre di tipo II e da una diminuzione della
dimensione delle fibre muscolari.
Segni clinici meno comuni
L’ipotiroidismo è una causa non comune di infertilità nei cani di sesso maschile che possono
manifestare calo della libido, atrofia testicolare, oligospermia o azoospermia.
Nella femmina, invece, può causare intervalli di interestro prolungati, cicli estrali silenti e calo della
libido, tuttavia anche in questo caso si tratta di evenienze poco frequenti.
I sintomi legati ad una disfunzione del sistema cardiovascolare non sono frequenti. All’esame
clinico è possibile riscontrare una bradicardia, ma cosa più comune è il riscontro di anormalità
funzionali attraverso esami collaterali quali l’elettrocardiografia e ecocardiografia.
I sintomi oculari quali ulcere corneali, lipidosi corneale, uveti, versamenti lipidici nell’humor
acqueo, glaucoma secondario e cheratocongiutivite secca sono rari e si sviluppano probabilmente
secondariamente all’iperlipidemia.
I sintomi gastro-intestinali sono stati descritti, tuttavia non sono comuni nel cane ipotiroideo. Può
esserci costipazione, presumibilmente come risultato dell’alterata contrattilità della muscolatura
liscia del tratto gastrointestinale. Per quanto riguarda la diarrea non è stata ancora stabilita
un’effettiva relazione causale con l’ipotiroidismo. Nell’uomo l’ipotiroidismo può causare gravi
alterazioni alla coagulazione le quali tuttavia non sono state descritte nel cane.
Esami di laboratorio:
Esame emocromocitometrico
Nonostante la causa non sia ancora ben nota, la classica alterazione spesso presente (in circa il 3040% dei soggetti) è un’anemia normocromica, normocitica, non rigenerativa.
Le cellule della linea bianca rimangono solitamente invariate, tuttavia un loro aumento può risultare
da uno stato infiammatorio concomitante. Le piastrine possono essere normali o aumentate.
Esame ematobiochimico
La classica alterazione, presente in più del 75% dei casi è l’ipercolesterolemia, determinata
dall’aumentata concentrazione sierica delle lipoproteine ad alta densità. Non è raro riscontare anche
una iperlipidemia e ipertrigliceridemia (88%). Alterazioni meno comuni comprendono lievi aumenti
della fosfatasi alcalina, dell’aspartato-aminotransferasi nel 15% dei soggetti e della creatinchinasi
(in meno del 10% dei casi).
Diagnosi:
L’ipotiroidismo nel cane è una delle patologie maggiormente sovradiagnosticate dai veterinari. Ciò
dipende dal fatto che spesso la diagnosi viene effettuata basandosi sul singolo rilievo di T4 sierico
diminuito. Tale patologia risulta assai difficile da diagnosticare non esistendo alcun singolo test in
grado di fornire una certezza diagnostica. In tale patologia, ai fini diagnostici, è particolarmente
importante un’attenta valutazione degli aspetti anamnestici e clinici integrando gli stessi con esami
laboratoristici di base e valutazioni ormonali specifiche.
Ormoni basali
Per una corretta diagnosi è necessario valutare innanzitutto le concentrazioni basali degli ormoni
tiroidei. Gli ormoni più comunemente misurati sono la tetra-iodotironina o tiroxina totale (T4), la
tri-iodiotironina totale (T3), la tiroxina libera (fT4) e la tireotropina endogena (TSH). La
concentrazione di T4 totale, comprende la quota di T4 legata alle proteine plasmatiche che è la
componente maggiore (99%) e la componente libera (fT4), biologicamente attiva, che costituisce il
restante 1%. Il T4 totale può essere misurato con metodica ELISA, a chemioluminescenza o RIA.
Il T4 risulta un eccellente test di screening per l’ipotiroidismo. Il limite di questo test sta nel fatto
che presenta una alta sensibilità ma bassa specificità. Ciò significa che, tranne in rari casi, un valore
di T4 nei limiti della norma permette di escludere l’ipotiroidismo. La presenza di anticorpi anti T4
può interferire con la metodica di misurazione e portare all’erronea sovrastima delle concentrazioni
di T4; tuttavia, questo fenomeno si verifica molto raramente poiché gli anticorpi anti- T4 sono
presenti in meno del 2% dei soggetti ipotiroidei. Le concentrazioni di T4 totale sono influenzate da
vari fattori quali l’età (i soggetti con meno di un anno hanno concentrazioni molto più elevate e i
cani anziani più basse), la razza, lo stato di nutrizione, la gravidanza, dall’attività fisica e dalla
taglia. Un cane ipotiroideo generalmente presenta livelli basali di T4 sierico inferiori a 1,5 g/dl, ma
soggetti eutiroidei possono presentare comunque livelli basali di T4 inferiori a tale valore,
specialmente se affetti da gravi patologie croniche debilitanti. In questi casi, infatti, bisogna
prendere in considerazione l’ipotesi che si tratti della così detta “euthyroid sick sindrome”(sindrome
dell’eutiroideo malato) e non di un effettivo ipotiroidismo. Una diminuzione dei livelli sierici di T4
totale si osserva anche in conseguenza alla somministrazione di farmaci. In tabella 1 vengono
riportate le principali condizioni in cui si verifica un aumento o diminuzione dei livelli di T4 in
soggetti non affetti da ipotiroidismo.
Tabella 1: fattori in grado di influenzare le concentrazioni di T4 in soggetti eutiroidei
AUMENTO DEL T4 SIERICO
Obesità
Vaccinazioni recenti
Estro, gravidanza
Anticorpi antitiroidei
DIMINUZIONE DEL T4 SIERICO
Patologie concomitanti: morbo di Cushing, morbo di Addison, diabete mellito, chetoacidisi
diabetica, patologie epatiche, insufficienza renale, insufficienza epatica, infezioni croniche,
neoplasie.
Farmaci: corticosteroidi, sulfamidici, fenobarbitale (anche in grado di aumentare il TSH!),
furosamide, sulfamidici, carprofen, clomipramina).
Attività fisica: soggetti molto allenati, soprattutto Greyhounds
La concentrazione basale di T3 sierico comprende sia la parte legata alle proteine plasmatiche, che
la componente libera. La sua valutazione, così come la valutazione di fT3, ha uno scarso valore
diagnostico in quanto non esistono significative differenze tra soggetti sani, soggetti ipotiroidei e
soggetti eutiroidei affetti da altre patologie.
Il free T4 (fT4) è una piccola quota del T4 che non è legata alle proteine ed è la parte
metabolicamente attiva. I soggetti ipotiroidei hanno basse concentrazioni di fT4 e le sue
concentrazioni sono meno influenzate dall’“euthyroid sick sindrome” e dalla somministrazione di
farmaci. Al fine di ottenere dei risultati più attendibili rispetto al T4 il fT4 deve essere misurato con
una speciale metodica chiamata dialitica che risulta essere costosa ed utilizzata solo da pochissimi
laboratori.
Il TSH è un ormone specie specifico ed è quindi importante utilizzare un test che misuri il TSH
canino (cTSH). La valutazione del cTSH sierico, in associazione al T4 e al fT4, permette di avere
un’indicazione maggiore sulla funzionalità tiroidea. Nella maggior parte dei soggetti ipotiroidei si
osserva un aumento dei livelli sierici di cTSH, tuttavia il 20-40% di soggetti ipotiroidei mantiene
livelli sierici di TSH nei range di riferimento.
Test di stimolazione con TSH
Il test di stimolazione con TSH viene considerato il “gold standard” per la diagnosi di ipotiroidismo.
Questo test valuta la capacità della tiroide a rispondere alla somministrazione di tireotropina
esogena bovina o ricombinante umana (rhTSH). Il TSH bovino non è più in commercio da molti
anni e il rhTSH (Thyrogen®) è una molecola estremamente costosa. E’ tuttavia possibile
ricostituirlo, creare delle aliquote da 75g in siringhe da 1 ml che possono essere congelate (-20 °C)
per molto tempo. Il test si effettua valutando il T4 sierico basale e dopo 6 ore dalla
somministrazione endovenosa di 50g o 75g (attualmente viene preferita questa seconda
concentrazione) di rhTSH o di 0,1 UI/Kg PV di TSH bovina. In un cane eutiroideo la
somministrazione di TSH determina un aumento del T4 post stimolazione mentre in un soggetto
ipotiroideo tale incremento non si verifica. Sebbene tuttora non esistano dei valori di riferimento
universalmente accettati, si può comunque affermare che il test risulta indicativo di ipotiroidismo
quando il T4 post stimolazione è inferiore a 1.5 µg/dl. Valori >2,5µg/dl o un incremento 1,5 volte
del valore basale indicano eutiroidismo. I valori intermedi rimangono dubbi. In soggetti già in
terapia questo test non è attendibile ed è necessario sospendere il trattamento per almeno un mese
prima di eseguirlo. Nonostante questo sia considerato il miglior test per la diagnosi di ipotiroidismo
anch’esso viene tuttavia in parte influenzato dalla somministrazione di farmaci e dall’“euthyroid
sick sindrome”(tabella 1).
Test di stimolazione con TRH
Il test di stimolazione con l’ormone rilasciante la tireotropina (TRH) valuta la capacità dell’ipofisi
di rispondere al TRH e quindi della ghiandola tiroidea di rispondere al TSH. Questo test, molto
utilizzato nell’uomo, viene effettuato per la diagnosi di ipotiroidismo e discriminare una forma
primaria da una secondaria. La difficile reperibilità del TRH, le difficoltà di interpretazione dei
risultati e gli effetti collaterali che il TRH può comportare hanno limitato l’utilizzo di questo test
nella pratica clinica.
Test per l’identificazione di anticorpi antitireoglobulina, anti-T3 e anti-T4:
la presenza di anticorpi antitireoglobulina (36-50% dei soggetti ipotiroidei) indica solitamente
l’esistenza di una tiroidite linfocitaria. Le vaccinazioni recenti possono portare a un aumento degli
anticorpi antitireoglobulina. Occasionalmente questi animali possono mostrare anche la presenza di
anticorpi anti-T3 e anti T-4 (molto raramente). L’identificazione di una tiroidite non equivale a una
diagnosi di ipotiroidismo poiché una tiroidite subclinca può persistere per molto tempo prima di
esitare in un’insufficienza ghiandolare. Attualmente non è stato stabilito in quanti soggetti sani con
anticorpi antitireoglobulina si sviluppi successivamente un ipotiroidismo. Anche gli anticorpi anti
ormoni tiroidei non sono diagnostici di ipotiroidismo. La loro prevalenza è maggiore in soggetti
giovani (2-4 anni di età), di grossa taglia e nelle femmine.
Scintigrafia:
Recenti studi hanno dimostrato una buona efficacia di tale procedura diagnostica, tuttavia la
scarsissima diffusione ne compromette l’utilizzo.
Terapia:
Se la diagnosi di ipotiroidismo risulta complessa la terapia non presenta grossi problemi. Tale
terapia consiste nel supplementare il soggetto con levotiroxina sintetica per via orale. Le indicazioni
sono di iniziare il trattamento con un dosaggio di 0,02 mg/Kg PV per via orale con il pasto ogni 12
ore. In soggetti cardiopatici è raccomandata una dose ridotta del 25-50%. Nel cane, l’assorbimento
intestinale di levotiroxina è molto più basso rispetto all’uomo, per questo motivo i dosaggi sono
nettamente maggiori che non in Medicina Umana. E’ bene informare di questo il proprietario dal
momento che spesso il farmacista rimane stupito dal dosaggio della prescrizione veterinaria. In
Italia non esiste in commercio una preparazione veterinaria in compresse e le compresse di
levotiroxina per uso umano (Eutirox®) si trovano a un dosaggio massimo di 150 mcg; questo
comporta la somministrazione di molte compresse in cani di grossa taglia. Da Novembre 2008 è in
commercio un prodotto veterinario di levotiroxina con formulazione liquida (Leventa®, Intervet).
Questo prodotto deve essere somministrato una volta al giorno, lontano dal pasto, alla dose di 20
mcg/kg. Nella confezione viene fornito un dosatore per facilitarne la somministrazione. Dopo 6-8
settimane dall’inizio della terapia occorre valutare i miglioramenti clinici (spesso rapidi e completi)
e testare i livelli sierici di T4. Lo stato generale e l’attività migliorano entro 1-2 settimane mentre le
alterazioni dermatologiche entro 4-8 settimane. La risposta clinica è spesso sorprendente. Il T4
totale deve essere misurato 4-6 ore dopo la normale somministrazione mattutina di levotiroxina
(tale procedura deve essere eseguita sia nel caso si utilizzi Eutirox® che Leventa®). La terapia
risulta appropriata quando i livelli sierici di T4 risultano vicini o leggermente al di sopra del range
superiore dell’intervallo normale di riferimento. Personalmente considero un buon controllo quando
i valori di T4 sono in un intervallo che va da 40 a 70nmol/l, tuttavia altri autori riportano un
intervallo più ampio (35-95nmol/l) Livelli eccessivamente elevati o bassi richiedono un
aggiustamento della dose di 5-10 mcg/kg. Il cane deve poi essere rivalutato dopo un mese. La
funzionalità tiroidea deve quindi essere rivalutata ogni 6-8 settimane per i primi 6-8 mesi e poi una
o due volte all’anno.
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