PITTURA BAROCCA FRANCESE
La linea classicista
Come per la pittura italiana dei Carracci e del Domenichino, la linea classicista si sviluppa in
opposizione sia al Manierismo quanto alle contemporanee sperimentazioni naturalistiche, contenute
nell’idea di mimesis indiscriminata del naturale. Il ritorno all’antichità classica, nel 1600, significa
quindi rifarsi a quegli ideali di equilibrio, di ordine e di misura che sono l’essenza stessa dell’idea di
“Classico”.
Il “vero” e il “naturale”, pur rimanendo i presupposti indiscutibili per una corretta rappresentazione, per
i classicisti devono essere subordinati al filtro selettivo dell’”idea”, che consiste nella capacità
dell’artista di distinguere, e poi di rappresentare, il perfetto dall’imperfetto, l’ordine dal disordine, la
bellezza dalla deformità. L’opera pittorica, quindi, deve rendere manifesti, attraverso la narrazione e la
composizione, quei principi di ordine, equilibrio e misura che diventano il vero soggetto del quadro.
Precursori di questi temi sono i pittori rinascimentali, manieristi e in particolare Raffaello che diventa
un modello di riferimento per la ricerca pittorica del ‘600.
Così come i Carracci e il Domenichino, anche pittori francesi come Nicolas Poussin e Claude Lorrain
si sforzeranno di calare l’idea” nella rappresentazione artistica.
Merito di aver rilanciato tale poetica va ascritto a monsignor Giovanni Battista Agucchi che nel
secondo decennio del 1600 scrive il Trattato della pittura nel quale distingue tra l’imitazione del
naturale e l’idea del bello. La prima apprezzata da tutti ma la seconda solo dagli intenditori.
La linea classicista si sviluppa in antitesi al naturalismo caravaggesco ma rappresenterà anche un
alternativa alle tendenze barocche (anch’esse alimentatesi all’arte classica, in particolare ellenisticoromana).
Sviluppatosi nella cerchia dei bolognesi a Roma, l’ideale classico incontrerà fortuna in Francia,
soprattutto all’interno dell’accademia voluta da Luigi XIV e attuata dal suo ministro Colbert.
La soluzione più rigorosa dell’ideale classico la si avrà con il pittore Nicolas Poussin (1594-1665) che
stabilitosi a Roma nel 1624 vi rimarrà per tutta la vita, sviluppando una serie di dipinti di tema
mitologico e biblico.
Nicolas Poussin (1594-1665)
Poussin rappresenta la continuità del classicismo francese durante la
stagione barocca.
Nato a Spissons si trasferisce a 18 anni a Parigi dove inizia a studiare le
collezioni pittoriche della casa reale e le incisioni di Raffaello.
Nel 1624 viaggia in Italia, si stabilisce a Roma e viene raccomandato al
Cardinale Barberini, nipote del Papa Urbano VIII, con il quale stringe
amicizia.
Continua a studiare Raffaello e Tiziano interessandosi della mitologia,
mentre considera il Caravaggio un “malfattore nato per la rovina della
pittura”.
La sua fama crebbe al punto da arrivare fino a Luigi XIII che lo invitò, nel
1640, a Parigi per partecipare alle decorazioni delle residenze reali.
Mal visto dai suoi colleghi che avevano paura che monopolizzasse tutti i
lavori, lo osteggiarono a tal punto che Poussin fu costretto a ritornare a
Roma nel 1642. Qui rimarrà fino alla morte.
Dopo un inizio stilisticamente vicino ai modi degli artisti barocchi romani
Poussin si orienta verso un classicismo permeato di dei ed eroi, tra miti e
leggende, con opere caratterizzate dai sentimenti della malinconia e della
tristezza.
Alla fine degli anni ’30 le sue composizioni acquistano maggiore dinamismo.
L’allegoria classica si alterna con i temi religiosi.
Nicolas Poussin
Il regno d Flora
Il regno di Flora, 1631 - Dresda
Commissionato da un nobile siciliano, il dipinto Il regno di Flora
vien realizzato da Poussin durante il suo soggiorno a Roma.
Tratta dalle Metamorfosi di Ovidio la scena rappresenta gli
amanti infelici e gli eroi di cui Ovidio aveva narrato la
trasformazione in fiori. Flora (la dea dei fiori) che danza
circondata da varie figure che rappresentano eroi greci e
semidei morti per diverse disavventure e quindi trasformati in
fiori. Di fronte ad un’erma c’è Aiace che, in seguito alla
consegna ad Odisseo dell’armatura di Achille, per la delusione
si gettò sulla propria spada. Là dove il suo sangue si riversò
sulla terra nacque il giacinto.
Alla sua destra Narciso, che inginocchiato ammira la sua immagine tanto da essere trasformato in un
narciso. Di fronte a lui la ninfa Eco al quale, disdegnata da Narciso, si è intristita tanto da diventare una
larva.
Dietro di lei Clizia, la gelosa amante di Apollo, trasformata in un girasole. A destra, in primo piano sdraiati,
Croco e Smilax, una coppia di innamorati che si trasformarono in una pianta di zafferano ed in un
convolvolo. Alle loro spalle c’è Adone , l’amante di Venere, ucciso da un verro selvaggio e dalle cui ferite
spuntò l’adonide. A sinistra, accanto a lui c’è Giacinto, l’amante di apollo, che egli uccise per errore con il
disco e dal cui sangue fiorì il giacinto. Sotto la copertura della volta celeste passa Apollo, il Dio del sole,
con l suo cocchio.
I contrasti cromatici sono stemperati e la scena è unificata da una luce uniforme. La classicità insita in
quest’opera è sottolineata anche dalla regolarità dei movimenti dei corpi, dalle forme ritmicamente collegate
e chiaramente individuate. Le figure, disposte in sequenza, danno l’impressione di una spontanea
naturalezza senza perdere il ruolo di ognuno dei personaggi rappresentati. Tutta la scena si svolge in primo
piano,secondo tipiche coordinate classiche, e l’unica indicazione di profondità è data dallo sguardo di Clizia
che segue con gli occhi i viaggio di Apollo.
Poussin, come in quasi tutte le sue opere, non si abbandona mai alla pura emozione pittorica, ma impone
alle sue opere un “ordine” molto meditato.
Le tele sono articolate in composizioni simmetriche, dissimulate dalla varietà dei gesti e dei ritmi
compositivi.
All’origine di ogni dipinto di Poussin c’è, come egli stesso ammise, una profonda riflessione sul soggetto,
sulla “storia”, nel tentativo di trasporla in un linguaggio antico, modellato sulle immagini dei poeti classici e
sul valore delle leggi morali.
Analizziamo l’opera cercando di cogliere gli elementi che la caratterizzano come opera “classica”.
IL TEMA
Il tema trattato è a sfondo mitologico e riguarda una varietà di dei e di dee in atteggiamenti umani. Rimane
una impostazione gerarchica dei ruoli degli dei con le posizioni privilegiate e centrali di Flora e, in alto al
vertice di una piramide ideale, di Apollo.
LA COMPOSIZIONE
Anche se ben celata da una disposizione “naturale” e casuale delle figure, la composizione è fortemente
speculare, con un asse di simmetria sulle figure di Flora e di Apollo. Ai lati di essi ci sono due gruppi di
figure accovacciate e due gruppi di figure in piedi. Anche alcuni elementi secondari come i drappeggi rossi
appoggiati a terra riflettono questa specularità. Tutto si svolge nella calma, nella serenità e nell’ordine
prestabiliti dal pittore,
LA LUCE E I COLORI
La luce è diffusa, senza effetti chiaroscurali marcati, e rende manifesto ogni dettaglio ed ogni figura
presente nel dipinto, senza dare apparente rilievo a nessuna in particolare.
LE FIGURE
Le figure riflettono l’ideale della bellezza classica con i corpi statuari degli dei e delle dee. Il loro disegno, le
loro pose, gli atteggiamenti ed i pensieri che riflettono con le loro azioni sono lo strumento con il quale
l’osservatore è accompagnato “dentro” alla storia senza difficoltà interpretative.
L’opera è fatta in un periodo in cui Poussin era dedito alla
pittura di paesaggi e rappresenta una delle poche opere di
grande formato del pittore. Pussin ambienta la storia dei due
amanti in un ampio paesaggio collinoso coperto da un cielo
temporalesco. Anche questa storia ci è tramandata dalle
Metamorfosi di Ovidio. Piramo aveva dato appuntamento a
Tisbe presso una sorgente, per fuggire assieme di notte,
perché i loro genitori erano contrari al matrimonio. Piramo,
giunto in ritardo all’appuntamento non trovò Tisbe che, in
attesa presso la sorgente, trovandosi di fronte una leonessa
assetata s era data immediatamente alla fuga. Scappando,
però, perse il velo che al leonessa strappò con le fauci
Nicolas Poussin
insanguinate dopo aver ucciso un vitello. Quando Piramo
Paesaggio temporalesco con Piramo
giunse alla sorgente trovò le orme del leone e il velo
e Tisbe - 1653 - Francoforte
stracciato, e pensò che lamante fosse morta.
Ritenendosi responsabile, disperato, si gettò sula propria spada. Tisbe, rientrata sul luogo dell’appuntamento,
trovò Piramo morente e per la disperazione si suicidò anche lei. La scena composta da Poussin è quella più
drammatica, quando Tisbe accorre disperata verso Piramo morente.
Il paesaggio, caratterizzato dalla luce di una tempesta imminente, anticipata dai lampi, domina la scena facendo
passare in secondo piano i due amanti.
Il significato del quadro è la totale esposizione della gente al potere tradizionalmente capriccioso della fortuna.
Nicolas Poussin – La morte di Saffira
Parigi, Louvre
La struttura del dipinto presenta un gusto teatrale caratterizzato
da un palcoscenico sul quale sono distribuiti gli attori ed un
secondo piano (con un fondale urbano) dove si muovono le
“comparse”.
La scena urbana è fondamentalmente classica anche se sullo
sfondo si intravvede un castello con torrioni circolari di tradizione
medievale. La prospettiva centrale, tradizionalmente usata in
questi dipinti, accompagna l’occhio dell’osservatore fino
all’ultimo piano del castello attraverso lo spazio, volutamente
lasciato da Poussin, tra le figure del primo piano. La sobrietà
formale degli edifici e il monocromatismo che li caraterizza non
fa distogliere lo sguardo dalla scena principale pur realizzando
quell’ambientazione “ideale” necessaria per Poussin. Anche in
quest’opera la luce gioca un ruolo unificante con la sua
uniformità e la capacità di rendere similare il peso visivo di tutte
le figure.
La vicenda è ricavata dagli atti degli Apostoli e riguarda
l’episodio morale di Saffira la quale, avendo mentito per avarizia
a San Pietro, cade morta di colpo.
Claude Lorrain (1594-1665)
Lorrain è il vero interprete del paesaggismo francese del 1600.
Nato in Chamagne da umile famiglia fai pastore fino all’età d tredici anni, età in cui decise di andare in
Italia dove trovò un posto di apprendista in una bottega di pittori. Intanto viaggia in Italia tra il 1617 e il
1621 e tentò di stabilirsi nel suo paese natale ma senza esito. Ritornato a Roma vi rimase fino alla
morte.
La straordinaria capacità innovativa del Lorrain risiede nell’espressione poetica e nella luminosità
ambientale che inonda i suoi paesaggi che si aprono sulle luminosità crepuscolari o sugli annunci
dell’alba. Nel paesaggio alberi frondosi e architetture classiche si dispongono armoniosamente
accogliendo, come elementi del tutto secondari, figure umane.
Il suo stile maturerà con il tempo e si affinerà con le grandi realizzazioni della maturità quando Lorrain,
tra il 1640 e il 1660, troverà la sua maturità.
Paesaggio con Noli me tangere
Il “Paesaggio con Noli me tangere” rappresenta l’incontro di Maria
Maddalena con Cristo, quando essa si recò al Santo Sepolcro per
ungere il cadavere e lo trovò vuoto. Maddalena a quel punto si girò e
vide Cristo con una vanga e in buona fede gli chiese se fosse egli il
giardiniere e se avesse portato via il cadavere. A quel punto Cristo si
fece riconoscere e disse “Non mi toccare” (noli me tangere).
La scena si svolge in un ampio paesaggio che si apre sulla pianura
sottostante, contrassegnato come il luogo sacro, a destra il monte con
le croci che rappresenta il Golgota, sullo sfondo Gerusalemme,
avvolta nella foschia del primo mattino.
Marina con Ezechiele che piange sulle rovine di Tiro
CARATTERI COMPOSITIVI
Impaginazione dell’immagine quasi sempre simmetrica
Presenza di una piattaforma “naturale” in primo piano quale
palcoscenico ideale per i personaggi
Sulle fasce laterali del dipinto gruppi di alberi o di edifici
La parte centrale del dipinto si proietta verso l’infinito
dell’orizzonte
Visione dell’immagine quasi sempre in controluce
In alcune opere il punto di fuga centrale è rappresentato dalla
sorgente luminosa del sole
Particolare importanza è data al paesaggio di fondo e all’illusoria profondità che viene creata dalla
sapiente distribuzione delle masse e dalla gradazione della luce.
Per ottenere ciò Lorrain sceglie prevalentemente le ore della giornata dell’alba o del tramonto, quando
il sole è percepibile appena sopra l’orizzonte e le ombre sono generalmente basse e lunghe.
Porto con l’imbarco della Regina di Saba
Fin dalle opere giovanili i porti immaginari, che evocano gli
splendori di Ostia antica, sono una delle specialità di Lorrain,
che era già famoso per la sua bravura nella prospettiva.
Nelle immagini dei porti Lorrain perseguirà una sempre
maggiore monumentalità, culminante nel dipinto l’imbarco della
regina di Saba. Queste opere si basano sulla tradizione
rinascimentale della composizione spaziale.
L’imbarco di Sant’Orsola
Secondo la leggenda Orsola, la figlia del re di Bretagna,
avrebbe concesso la propria mano al re di Inghilterra Maurus, a
condizione che egli, entro tre anni, si convertisse alla fede
cristiana. Nel frattempo si trasferì dall’Inghilterra a Roma con
mille vergini affinché fssero battezzate e addestrate nei giochi
equestri. A Roma Orsola apprese che avrebbe dovuto mettersi
in cammino per Colonia dove sarebbe stata martirizzata. A
Roma, dopo essere stata accolta da Papa Ciriaco, la santa
partì ma il gruppo fu assalto, tutti vennero uccisi e Orsola
rimase l’unica sopravissuta ma venne uccisa dopo con una
freccia dl capo degli Unni al quale si era negata. Lorrain, nel
dipinto, rappresenta la santa con le compagne di viaggio
all’imbaco nel porto di Roma.