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La Giovanna d’Arco di Verdi
La mia conoscenza di Giovanna d’Arco risale a quando, acquistate le
opere complete di Anatole France, lessi la biografia dell’eroina,
contenente pure gli atti dell’infame processo al quale ella fu sottoposta:
consiglio a tutti questa straordinaria opera storica e letteraria. Il
dramma di Federico Schiller La pulzella d’Orleans, del 1801, fu
all’origine di numerose Opere liriche delle quali le principali sono la
Giovanna d’Arco di Verdi e La pulzella d’Orleans (1879) di Ciaikovskij,
pur essa meravigliosa. Giovanna è poi la protagonista dell’Oratorio, con
ruoli parlati, Jeanne d’Arc au b^ucher di Arthur Honegger su testo di
Paul Claudel (1938). Quando venne rappresentato al San Carlo di
Napoli colla regia di Roberto Rossellini Honegger stette col pompiere
di servizio giacché nessuno s’interessava a lui, tutti stando appresso a
Ingrid Bergman.
La Giovanna d’Arco venne eseguita alla Scala il 15 febbraio del 1845.
L’autore del testo è Temistocle Solera, che per il compositore aveva
vergato il primo Libretto, quello dell’Oberto conte di San Bonifacio; il
Libretto del primo successo planetario del Maestro, quello del
Nabucodonosor, e quello dell’Opera successiva, I Lombardi alla prima
Crociata. Questo titolo, riscritto tanto da diventare un’Opera nuova,
nella qualità di Jérusalem fu nel 1847 l’approdo del giovane ma già per
tutti temibile italiano all’Opéra di Parigi restando uno dei suoi esiti
sommi: e in realtà i più grandi autori di melodrammi francesi sono
nell’Ottocento, a parte Berlioz, Bizet e Massenet, Rossini, Donizetti e
Verdi: credo che solo i Troyens del primo siano all’altezza dei capolavori
francesi dei tre: di Donizetti monumentali e drammatici sono Les
Martyrs e l’estremo Dom Sébastien.
Solera, dalla vita avventurosa sino all’incredibile, non gode di buona
stampa: è poeta ispirato e dalla cultura profonda: mostrai in un tratto
del Nabucco la parafrasi d’uno dell’Adelchi di Manzoni. Il Libretto della
Giovanna d’Arco, ben vero assurdo nello svolgimento causale – se
assurda non fosse la verità effettuale onde la Tragedia stessa di Schiller
promana - , è accusato a un tempo di eccessiva aderenza alla fonte
letteraria e di scarso rispetto per essa: a me pare bello; soprattutto, crea
situazioni atte a favorire l’altissima musica di Verdi.
Il punto è che la stessa Opera gode di una singolare sottovalutazione
critica. La si giudica volta alla ricerca del mero effetto; e la si accusa
d’esser piena anche di luoghi sommar^i, bandistici e d’orchestrazione
grossolana. Gli anni che mi restano da vivere saranno dedicati a farmi
perdonare del peccato d’esser caduto anch’io in siffatte stupidaggini a
proposito di tanta produzione del giovane Verdi; ma ho già
incominciato a sfatarle.
La prima accusa tocca la pretesa volgarità del Valzer col quale gli
spiriti infernali appaiono a Giovanna. Non si comprende ch’essi vengon
raffigurati siccome appaiono a lei, pastorella, coi mezzi della sua piccola
immaginativa; né che Verdi, in questo italianissimo, è portato a
concepire il demoniaco in forma concretamente grottesca: si pensi alle
Streghe del Macbeth. Questi spiriti infernali della Giovanna
rassomigliano a certi diavoli grotteschi dell’Inferno di Dante.
In realtà, mancanza di Balletti a parte, la Giovanna è un meraviglioso
Grand-Opéra francese in italiano: lo palesa il secondo atto con la scena
dell’incoronazione nel Duomo di Reims con dialogo fra orchestra e
banda: solo Meyerbeer, coll’incoronazione nel Duomo di Leyda del
Prophète (1849), una delle cose più ammirate da Verdi nell’altrui
Melodramma, fa qualcosa di più grandioso: Verdi supererà qualunque
altro fin lì venuto in grandiosità, salvo Wagner, col francese Don Carlos
(1867), pur esso da Schiller; ma Meyerbeer non giunse mai a una
rappresentazione delle passioni toccante e profonda come quella della
Giovanna d’Arco. I Concertati pieni di melodia, collo giustapporsi e
contrapporsi delle passioni; le toccanti Arie, con quella capacità della
melodia di crescere sviluppandosi che fa di Verdi il solo erede di Bellini;
il forte drammatismo col quale la forma musicale è piegata a nuovi
effetti (penso in particolare al Duetto finale del I atto) e la
rappresentazione drammatica forte e concisa; l’ uso dell’armonia; la
battaglia e la tempesta orchestrali: sono cose eccelse.
Ho chiuso colla critica musicale e non sarò alla Scala: ho ascoltato
peraltro la Giovanna d’Arco sotto la bacchetta d’un sommo, Gabriele
Santini, con una somma interprete, Renata Tebaldi; e sotto la bacchetta
di due grandi, James Levine e Nello Santi, con due grandi soprani,
Montserrat Caballè e Mariella Devia: sono soddisfatto.
Nel Museo Civico di Catania è allogato il dipinto di Natale Attanasio
Sunt lacrimae rerum. Raffigura le recluse d’un manicomio femminile: le
Damazze alla “prima”.
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