Nuove metodiche per la diagnosi di neoplasia linfoide

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Nuove metodiche per la diagnosi di neoplasia linfoide:
la manipolazione genetica dei recettori antigenici
William Vernau
BSc, BVMS, DVSc, PhD, Dipl ACVP, Davis, USA
Le malattie linfoproliferative spesso pongono il clinico
ed il patologo di fronte ad un dilemma diagnostico, in particolare nelle fasi iniziali del loro decorso. Può essere molto
difficile differenziare una proliferazione linfoide reattiva
(policlonale) da una neoplastica (monoclonale), ma questa
distinzione costituisce un prerequisito fondamentale per il
successo della terapia ed il trattamento del paziente. Questo
dilemma diagnostico può insorgere di fronte alla maggior
parte delle malattie linfoproliferative, ma specialmente in
caso di linfocitosi/leucemia cronica, quando può essere particolarmente difficile formulare una diagnosi definitiva a
causa della natura indolente della malattia. L’incertezza diagnostica è comune anche nelle biopsie endoscopiche
gastroenteriche ed altre biopsie “minime” e nei linfomi incipienti e “misti”. Anche se esistono alcune caratteristiche di
morfologia, architettura ed immunofenotipo che possono
essere indicative, generalmente gli autori concordano nel
ritenere che la valutazione e la dimostrazione della clonalità
mediante analisi genetica molecolare dei geni dei recettori
antigene-specifici rappresenti il modo più obiettivo ed accurato per prevedere la neoplasia linfoide.1-3 In patologia umana, la genotipizzazione delle proliferazioni linfoidi per la
valutazione sia della clonalità che della linea di origine,
attraverso l’impiego di tecniche di genetica molecolare, è
diventata un’indagine diagnostica collaterale estremamente
utile e quasi di routine, che ha permesso di raffinare la precisione diagnostica portandola a livelli prima inimmaginabili e, al tempo stesso, di espandere la comprensione dei meccanismi coinvolti nello sviluppo e nella progressione della
malattia linfoproliferativa.3
Quando gli studi di valutazione della clonalità vennero
condotti per la prima volta nei pazienti umani, si utilizzò con
successo l’analisi mediante ibridazione Southern blot. 3-5
Sono stati effettuati anche due indagini nel cane che hanno
valutato la clonalità nella malattia linfoproliferativa utilizzando questa tecnica di analisi genetica molecolare.6,7 Questa metodica è relativamente sensibile e specifica, ma anche
afflitta da molte limitazioni.3-5,8 Inoltre, nonostante un’adeguata sensibilità per l’identificazione della clonalità e della
linea di origine, la tecnica manca di una sensibilità accettabile per l’identificazione della malattia minima residua o
delle recidive in fase iniziale. Questi fattori limitano marcatamente l’utilità del Southern blot come metodologia diagnostica pratica.4
I problemi associati all’impiego dell’analisi mediante
ibridazione Southern blot per la valutazione della clonalità
sono stati aggirati in patologia umana grazie all’avvento del-
la reazione a catena della polimerasi (PCR) ed al buon esito
del suo successivo adattamento per la valutazione della clonalità nelle proliferazioni linfoidi.3,9 La tecnica utilizza la
PCR per amplificare le V(D)J splice junctions del recettore
delle cellule T (TCR) o i segmenti del gene dell’Immunoglobulina (Ig) nei linfociti. L’eterogeneità dell’aggiunta (e
della delezione) del nucleotide N fra queste giunzioni determina un fingerprint esclusivo per ogni dato riarrangiamento
che offra un bersaglio sensibile e specifico per l’amplificazione mediante PCR.10 I prodotti di un test PCR per la valutazione della clonalità vengono risolti con un gel ad alta risoluzione e visualizzati. Le proliferazioni clonali o neoplastiche determinano la comparsa di 1 o 2 (a seconda del riarrangiamento di entrambi gli alleli) bande nette sul gel, mentre le proliferazioni policlonali o reattive generano una banda larga o uno striscio che copre un’intera gamma di dimensioni prodotte.10 Nello studio sulla clonalità della malattia
linfoproliferativa a cellule T nell’uomo, l’analisi del γ locus
(TCRG) fornisce un rendimento diagnostico migliore di
quella del β locus (TCRB).11-15 Ciò è dovuto al fatto che il γ
locus viene sottoposto a riarrangiamento con maggiore frequenza nelle cellule T, indipendentemente dall’espressione
del TCR di superficie.14 Inoltre, i riarrangiamenti del TCRG
locus sono generalmente più facili da rilevare di quelli del
TCRB locus.5,16 Il numero limitato dei segmenti del gene V
nel TCRG locus ne fa un sistema più facile per selezionare
ed ottimizzare i primer rispetto al TCRB locus.5,16 I test basati sulla PCR sono rapidi, squisitamente sensibili, applicabili
a quantità piccolissime di DNA (comprese biopsie mediante
punch ed aspirati con ago sottile) e si possono eseguire su
tessuti fissati in formalina ed inclusi in paraffina. Questi fattori ne fanno il metodo ideale come base per lo sviluppo di
un test affidabile e comodo per la valutazione della clonalità. Inoltre, questi fattori facilitano anche l’identificazione
molto sensibile delle recidive in fase iniziale e della malattia
minima residua, nonché gli studi retrospettivi su materiali
archiviati dopo essere stati fissati in formalina ed inclusi in
paraffina.
Test basati sulla PCR per la valutazione della clonalità
all’interno delle popolazioni linfoidi sono stati sviluppati
anche per il cane.17-19 Esami simili sono stati messi a punto
anche per il gatto (Moore P.F. et al., lavori accettati per la
pubblicazione). I dati preliminari rilevati alla UC Davis sulla valutazione dei riarrangiamenti del gene TCRG hanno
permesso di riscontrare riarrangiamenti clonali in 14/14
campioni ottenuti da cani con leucemia linfocitaria cronica
(CLL) a cellule T che esprimevano il TCRαβ ed in 10/10
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cani con CLL a cellule T che esprimevano il TCRγδ. Di conseguenza, analogamente a quanto avviene nell’uomo, l’analisi del γ locus sembra offrire un elevato rendimento diagnostico nel cane, indipendentemente dall’espressione del TCR
di superficie. La PCR del DNA di cani normali e di cani con
linfocitosi infiammatorie ha portato alla comparsa di uno
striscio (invece che di una banda clonale) delle giuste dimensioni previste, il che suggerisce che anche la specificità fosse ragionevole. Burnett et al. hanno preso in esame una serie
più ampia di neoplasie maligne linfoidi nel cane (n=77) sia
di fenotipo a cellule T che a cellule B.18 La sensibilità dei
test della PCR in questo studio (il più grande condotto sino
ad oggi nel cane) era approssimativamente del 90%, un valore più elevato dei risultati della maggior parte delle indagini
condotte nell’uomo utilizzando metodi simili. Esistono
parecchie spiegazioni possibili di questo fatto. Tuttavia, la
determinazione degli autentici livelli di sensibilità e specificità di questi esami nel cane e nel gatto richiederà la valutazione di un maggior numero di animali.
L’assegnazione della linea di origine rappresenta un’ulteriore applicazione dei test di clonalità. Nell’uomo, l’analisi clonale dei geni dei recettori antigene-specifici è stata utilizzata anche per contribuire all’accurata assegnazione del
lignaggio delle neoplasie linfoidi, specialmente nei casi in
cui l’immunofenotipizzazione risulta non-diagnostica o
ambigua.20, 21 Il riscontro di un riarrangiamento del TCR era
considerato sufficiente a giustificare la definitiva classificazione di questa lesione come appartenente alla linea linfoide
delle cellule T con una certezza paragonabile al valore dei
riarrangiamenti delle IG nelle neoplasie linfoidi a cellule B.
Anche se generalmente sono vere, queste conclusioni non
sono assolute o definitive quando vengono prese in considerazione da sole e l’interpretazione dei risultati ai fini dell’assegnazione del lignaggio deve essere effettuata con cautela.10
Il 25-30% circa dei tumori linfoidi di grado elevato della
popolazione umana presenta riarrangiamenti “promiscui” o
lignaggio crociato (cross-lineage)22 (con riarrangiamenti sia
dei geni di IG che di TCR). Il lignaggio crociato dei riarrangiamenti del gene TCR è stato riscontrato in più del 90% dei
precursori della Leucemia Linfatica acuta a cellule B (BALL); riarrangiamenti dello stesso tipo sono stati riscontrati
anche nel 5-10% dei tumori ben differenziati o di basso grado.11,23 Inoltre, il riarrangiamento del recettore antigenico si
può occasionalmente osservare nelle leucemie non linfoidi
acute (cioè nella leucemia mieloide acuta – AML) che possono anche esprimere contemporaneamente alcuni antigeni
associati alle cellule B, confondendo ulteriormente l’interpretazione.24-26 Noi abbiamo osservato analoghi riarrangiamenti a lignaggio crociato nel cane e nel gatto (lavoro inviato per la pubblicazione) e, di conseguenza, utilizziamo rara-
mente i risultati del riarrangiamento genico ai fini dell’assegnazione del lignaggio.
I test di clonalità basati sulla PCR nel cane e nel gatto servono a molti scopi. Dovrebbero migliorare significativamente la nostra capacità di formulare una diagnosi ed una prognosi accurate per la malattia linfoproliferativa. Determineranno un’accelerazione delle capacità di identificare in modo
estremamente sensibile la malattia minima residua e le recidive in fase iniziale, migliorando quindi la nostra capacità di
trattare queste malattie. Analogamente a quanto accade nell’uomo, questo test dovrebbe riuscire ad aiutare i patologi
veterinari a raggiungere un livello di precisione diagnostica
mai ottenuti in precedenza nelle malattia linfoproliferativa del
cane e del gatto e dovrebbe diventare un’indagine collaterale
estremamente utile per la diagnosi e la ricerca scientifica.
Agli studi sulla clonalità si applicano alcune raccomandazioni finali. Mentre la dimostrazione della clonalità è fortemente indicativa di neoplasia, la clonalità da sola non
dimostra l’ipotesi neoplastica né implica necessariamente la
malignità.3,27-29 Le gammopatie monoclonali sono state
descritte in associazione con malattie infiammatorie accertate sia nell’uomo che nel cane.30-32 Analogamente, l’espansione clonale benigna delle cellule T è stata documentata
nei pazienti umani in associazione con alcune malattie
infiammatorie, infezioni virali acute o invecchiamento. La
presenza della clonalità nella malattia linfoproliferativa
deve essere interpretata insieme ai riscontri clinici, morfologici e immunofenotipici.29, 33 Le valutazioni di genetica
molecolare di questo tipo devono essere utilizzate come
indagini diagnostiche aggiuntive e non in sostituzione dei
più tradizionali metodi di diagnosi. Il caposaldo di quest’ultima nel caso dei disordini linfoproliferativi deve rimanere l’accurata valutazione morfologica.3 Quindi, la cura
ottimale del paziente deve comprendere l’integrazione della valutazione immunofenotipica e della clonalità con le
informazioni anamnestiche, cliniche, morfologiche e di
altro tipo (citochimiche, citogenetiche).
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Indirizzo per la corrispondenza:
Bill Vernau
Pathology, Microbiology and Immunology
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