PRONUNCIA N. 35/2013 Il Giurì, composto dai Signori: Prof. Avv. Vincenzo Ferrari Prof. Avv. Massimo Cartella Prof.ssa Carmen Leccardi Dr.ssa Carmen Manfredda Presidente Relatore ******* in data 26 marzo 2013 ha pronunciato la seguente decisione nella vertenza promossa da AZIENDE CHIMICHE RIUNITE ANGELINI FRANCESCO ACRAF S.P.A. contro UNILEVER ITALIA MKT OPERATIONS S.R.L. ******** Aziende Chimiche Riunite Angelini Francesco ACRAF s.p.a. (in seguito, Angelini) con Istanza 12 marzo 2013 ha richiesto l’intervento del Giurì in relazione ad una campagna pubblicitaria avente ad oggetto il sapone Dove, attualmente diffusa mediante spot televisivi dalla Unilever Italia MKT Operations s.r.l. (in seguito, Unilever). Dopo una breve presentazione di sé e l’evocazione dei marchi “storici” e noti di cui è titolare, Angelini espone di avere acquisito nel corso del 2011 il noto marchio Infasil per prodotti deodoranti e dell’igiene intima, dalla Procter & Gamble. In particolare, narra Angelini, la comunicazione commerciale relativa a Infasil si è focalizzata sull’uso di «sagome di donna stilizzate rappresentate in sequenza (come fossero degli origami)». La modalità di rappresentazione ed il concept veicolato prevedono che le sagome mutino colore, dal rosa all’azzurro, quando sono associate al prodotto; ciò evidenzia al pubblico le prerogative del detergente intimo: più precisamente, il suo positivo impatto sull’epidermide e l’efficacia lenitiva del prodotto sulle irritazioni. L’icona della sagoma stilizzata della donna simboleggia l’epidermide che, a contatto con il prodotto, muta aspetto. Angelini aggiunge che anche l’ultima versione del suo telecomunicato, diffusa nel 2012, è incentrata su tale concetto. In esso i personaggi reali sono ritratti in biancheria intima; lo speaker avverte che la pelle è sensibile nelle parti intime, che Infasil è un intimo lenitivo, sicuro e, in caso di irritazione, aiuta ad alleviare la sensazione di fastidio. Contestualmente appare a video il pack shot del prodotto e sullo schermo «scorre... la tipica figura di sagome di donna stilizzate di colore rosa che, nel momento in cui si avvicinano al prodotto, cambiano colore» diventando azzurre. Negli anni, Angelini ha compiuto ingenti investimenti pubblicitari sull’utilizzo di questa idea creativa. Angelini illustra poi che Unilever sta usando nella propria pubblicità un’idea creativa «del tutto simile» per pubblicizzare il sapone Dove. Nel filmato una ragazza mostra alla telecamera un cartoncino a forma di sagoma femminile rosa. Lo speaker afferma che trattasi di un tester che 1 reagisce come la pelle della spettatrice, concetto ripetuto nella contestuale nota che è presente in schermo. Appaiono poi quattro diverse saponette sul fondo bianco, mentre nel super si legge “dimostrazione enfatizzata a scopo illustrativo. Confronto tra Dove e normali saponi ad alto PH”. La testimonial pone poi quattro sagome di donna in sequenza, unite tra loro come fossero un origami, ciascuna su una saponetta e richiama l’attenzione: “Ora guarda cosa succede a contatto col sapone”; la scena prosegue, mostrando che le sagome apposte sulle tre saponette si sciolgono, mentre quella sovrapposta a Dove rimante integra. Lo speaker intanto segnala che “un normale sapone può aggredire la pelle”, ma “Dove è diverso, con un quarto di crema idratante e detergenti delicati” e che “Dove non aggredisce la pelle”. A ciò segue l’apparizione a video delle immagini del prodotto. Ad avviso di Angelini è «inequivocabile» l’intento di Unilever di appropriarsi dei codici comunicazionali utilizzati negli ultimi dieci anni per promuovere Infasil. La pubblicità Unilever contrasta con l’art. 13 del Codice di Autodisciplina, nei suoi due profili: del divieto di imitazione pubblicitaria e del divieto di agganciamento. Il telecomunicato Unilever “usurpa” l’idea pubblicitaria di Angelini, negli elementi salienti della sua “costruzione”, dove l’icona della sagoma femminile «rappresenta l’epidermide a contatto con il prodotto pubblicizzato, per metterne in risalto le proprietà». Anche nel telecomunicato Dove la sagoma delle donne rappresenta l’epidermide, a contatto con il prodotto pubblicizzato, evidenziandone le particolari prerogative, cioè la delicatezza. L’infrazione autodisciplinare è aggravata dal rapporto di concorrenzialità tra le parti e dalla «sostanziale contestualità della diffusione dei messaggi» rispettivi. Peraltro, il telecomunicato viola il diritto dell’imprenditore che per primo diffonde la pubblicità, di autodeterminare senza altrui interferenze la propria immagine e stile comunicazionale. La sagoma di donna usata da Angelini, conclude l’Istante, è «divenuta un’icona identificativa» del detergente intimo a marca Infasil e l’iniziativa Unilever produce un effetto diluitivo della forza comunicazionale della campagna pubblicitaria Infasil. Angelini, infine, afferma che quanto illustrato giustifica l’irrogazione della pubblicazione della decisione del Giurì, oltre all’ordine di cessazione. ********** Unilever ha depositato una Memoria di Resistenza in data 25 marzo 2013. Rievocato il lancio dei prodotti della gamma Dove nel 1957 negli USA e nel 1989 in Italia, Unilever puntualizza che questo sapone si caratterizza per il PH più simile a quello della pelle rispetto ai saponi concorrenti e che da ormai venti anni la comunicazione pubblicitaria, in particolare negli spot, utilizza l’idea di dimostrare visivamente, attraverso un tester, quanto Dove sia meno aggressivo sulla pelle; ciò si sviluppa illustrando le variazioni del tester quando apposto su saponi tradizionali e la sua invarianza quando apposto sul prodotto Beauty Bar. Il tester è sempre stato cartaceo, tipo cartina di tornasole e spariva o virava in verde quando a contatto con saponi tradizionali. Anche l’ultima campagna di Unilever segue questo codice comunicazionale, se pur con “aggiornamenti”, come - tra gli altri - quello di mettere il tester in mano ad una ragazza, quello di farle apporre i tester con un unico gesto sui vari saponi. La sagoma femminile è stata scelta, perché gli attuali tester sono in materiale cartaceo composto da una sostanza simile alla cheratina cutanea; ciò che fa loro subire gli stessi effetti di degradazione che sono provocati sulla pelle dai tensioattivi dei saponi tradizionali. Del resto, la scelta della figura femminile è in linea con la complessiva strategia comunicazionale di Unilever. Quanto alla specifica forma adottata per i tester si tratta di una forma assai comune e largamente utilizzata, ciò che la rende non monopolizzabile. 2 Unilever contesta poi, nello specifico, che sussista imitazione della sagoma di donna stilizzata rappresentata in forma seriale come se fosse un origami e del concept fondato sul cambiamento di colore, da rosa ad azzurro. Unilever nega che le sagome in questione della pubblicità Infasil siano assimilabili ad un origami, perché separate le une dalle altre e non facenti parte del mondo reale o non composte di materiale cartaceo. Inoltre, le sagome, rappresentate quasi in funzione decorativa, simulano una fila potenzialmente infinita, ad indicare la generalità delle donne. Nella pubblicità Dove, invece, le sagome sono solo quattro, ciascuna associata ad uno dei saponi oggetto della prova. L’esser state ritagliate insieme, è conseguente alla funzione della contestuale loro applicazione sui quattro saponi. Unilever aggiunge che nel proprio spot le sagome non mutano colore, bensì si degradano rappresentando così gli effetti negativi dei saponi tradizionali, laddove nella pubblicità Infasil il cambio di colore esprime iconicamente gli effetti lenitivi del prodotto. Nello spot Infasil, poi, le sagome non assumono ruolo centrale, questo essendo ricoperto da primi piani sui corpi femminili e quindi rappresentativi di situazioni di vita reale riprese in momenti di interazione o di stress, laddove le sagome femminili appaiono in un unico frame. La pubblicità Dove segue un diverso registro narrativo, perché nessuno spazio è dedicato a situazioni di vita reale. D’altro canto, aggiunge Unilever, va pure contestato che l’uso delle sagome di figure femminili sia da sempre la cifra distintiva di tutta la comunicazione promozionale dei detergenti intimi Infasil, come si può osservare in esempi di precedenti campagne pubblicitarie, di cui Unilever offre documentazione. Né sono applicabili nella specie i precedenti delle decisioni del Giurì evocati da Angelini, in quanto nei casi in oggetto si trattava di concept fortemente peculiari o altamente originali, ripresi dal terzo nei loro componenti essenziali o fondamentali. Unilever ritiene che, esclusa la servile imitazione della pubblicità Infasil, neanche sussista l’agganciamento comunicazionale. Infatti, presupposto dell’infrazione autodisciplinare è che venga imitato l’altrui nucleo comunicazionale, proteggibile, e, soggiunge Unilever, non è questo il caso. D’altro canto, neppure ricorrono gli ulteriori presupposti della notorietà degli elementi imitati e l’ottenimento di un illecito profitto. Quanto alla notorietà, questa non è stata dimostrata e ciò basta, per sé, per impedire l’applicazione dell’art. 13 Codice Autodisciplina; per quel che concerne il conseguimento di un illecito profitto, la sua esclusione deriva dal fatto che un travaso di notorietà non è configurabile, dato che Dove gode di notorietà non inferiore ad Infasil; e, per di più, i prodotti rispettivamente pubblicizzati non sono concorrenti. Né si può pensare che si attui un depotenziamento del concetto promozionale altrui, per favorire l’accreditamento del proprio. Sulla richiesta di pubblicazione della decisione del Giurì, Unilever osserva che il rigetto della domanda principale comporta quello della domanda accessoria e, comunque ed in subordine, che non ricorrono i requisiti per la pubblicazione, la quale viene disposta solo in casi estremi od eclatanti, in caso di reiterata violazione autodisciplinare, nel caso di intenzionalità decettiva, e così via; rarissimi, poi, sono stati i casi di violazione dell’art. 13 Codice Autodisciplina accompagnati dalla pubblicazione della decisione. ********* 3 All’udienza del 26 marzo 2013 sono presenti: - per Angelini gli avv.ti Massimo Tavella e Barbara Mazzi (difensori) ed il dott. Claudio Ragni - per Unilever gli avv.ti Gabriele Cuonzo, Vittorio Cerulli Irelli (difensori) e la dott.ssa Elisabetta Ferraro - per il Comitato di Controllo l’avv. Carlo Orlandi. ********* Dopo la relazione orale svolta dal prof. Cartella, su invito del Presidente hanno preso la parola i difensori delle parti. L’Avv. Tavella per Angelini osserva che la difesa Unilever si appella all’assunto secondo il quale la tutela dell’idea pubblicitaria offre profili di rischio monopolistico; senonchè una tal difesa non trova fondamento, sia per il carattere peculiare dell’art. 13 Codice Autodisciplina, che non trova norme simmetriche nell’Ordinamento Statuale, sia in ragione della giurisprudenza del Giurì, che ha ripetutamente protetto le ideazioni pubblicitarie e, quindi, gli investimenti pubblicitari. Tra tutela dell’idea pubblicitaria e del correlato investimento ed esigenze antimonopolistiche, occorre effettuare un bilanciamento degli interessi. L’avv. Tavella sostiene l’originalità della idea pubblicitaria. Ai fini della originalità è sufficiente un livello creativo, anche modesto; tuttavia, nel caso della pubblicità Infasil, la sagoma stilizzata femminile, che rappresenta l’epidermide della consumatrice, presenta un elevato grado di originalità. Questa conclusione trova conforto nel fatto che nessun altro ha utilizzato questa idea. Per altro verso, l’indagine Ipsos (doc. 4 Angelini) prova che la pubblicità è riconosciuta dal pubblico come caratteristica di Infasil. Ad avviso dell’avv. Tavella non può essere seguito l’argomentare difensivo di Unilever, che segmenta l’idea pubblicitaria, negando tutelabilità alle sue singole parti; d’altro canto, la questione non verte sulla originalità dell’uso della sagoma stilizzata di donna, ma sulla originalità connessa all’idea della sagoma che rappresenta l’epidermide. Ora, aggiunge l’avv. Tavella, anche nella pubblicità Dove l’epidermide è rappresentata con sagome stilizzate di donna, posate sul prodotto e con esso interagiscono. Dunque, c’è una ripresa dell’idea di Angelini, come risulta dai “fermo immagine” della pubblicità, che l’avv. Tavella deposita nel procedimento. Il fatto, poi, che Unilever abbia in passato fondato la propria pubblicità sull’uso del tester, è irrilevante; non è tale uso che è contestato (e che potrebbe proseguire, usando i tester in precedenza già utilizzati) ma la specifica rappresentazione ora adottata. Unilever non è in grado di fornire una giustificazione convincente del motivo per cui è passata all’impiego di un tester configurato in guisa di sagoma stilizzata di donna; e la scelta dell’origami non è conseguente a motivi funzionali, ma al fatto di averlo visto usato nell’altrui pubblicità. Né la iniziativa di Unilever può trovare giustificazione, adducendo la presenza di elementi differenziali tra le rispettive comunicazioni pubblicitarie, posto che ai fini della contravvenzione all’art. 13 è sufficiente la similitudine; nel caso 2006/159 deciso dal Giurì, la comune presenza delle bolle fu sufficiente per ritenere la infrazione all’art. 13 Codice Autodisciplina. Se, poi, la differenza opposta si sostanzia nel fatto che nella pubblicità Infasil le sagome mutano colore, allora occorre ricordare che in quella diffusa nel 2009 il colore restava costante, in azzurro. Per quanto attiene al profilo dello sfruttamento dell’altrui notorietà, l’avv. Tavella segnala che ai fini della applicazione dell’art. 13 comma II, non necessariamente è richiesto un differenziale di notorietà. 4 Prende successivamente la parola l’avv. Cuonzo per Unilever, chiedendo preliminarmente che siano rivisionati lo spot Infasil alla base del ricorso e quello Dove oggetto di contestazione. Successivamente alla visione, l’avv. Cuonzo osserva che i concept alla base delle rispettive comunicazioni sono diversi: in uno sono evocati la salute e l’aspetto lenitivo del prodotto, che risolve un problema fisico dell’utilizzatrice, come anche iconicamente visualizzato dal passaggio della sagoma dal colore rosa al colore azzurro; nell’altro il concept è costituito dal test su prodotti, in cui il tester è stato personalizzato dandogli la sagoma di donna; i tester, a propria volta, non cambiano colore e mentre uno rimane integro, gli altri si sciolgono. L’avv. Cuonzo illustra, inoltre, che la giurisprudenza del Giurì ha enfatizzato la necessità di evitare la creazione di aree di monopolio. Riguardo alla originalità della ideazione della pubblicità Infasil, argomenta che la rappresentazione della immagine femminile presenta una qualche banalità e che, d’altro canto, la originalità può essere neutralizzata dal fatto che “segni” simili sono oggetto di registrazioni di marchio; oltretutto, aggiunge, tali registrazioni sono state talora rifiutate dal competente Ufficio, in quanto ritenute sprovviste di valenza distintiva. A questo punto, l’avv. Cerulli Irelli argomenta che, a prescindere dalla assenza di richiami all’effetto lenitivo, nella pubblicità Dove la sagoma non interviene a livello ideale ed astratto, bensì si presenta quale una “cosa concreta”, cioè un tester, uno strumento per misurare date caratteristiche. L’avv. Cerulli Irelli ricorda che Unilever ha documentato che molte pubblicità Angelini non utilizzano le sagome stilizzate di donna. Riprende poi la parola l’avv. Cuonzo, per contestare che l’ideazione pubblicitaria possa attingere a tutela, pur in presenza di un livello di originalità basso. Prende la parola per il Comitato di Controllo l’avv. Orlandi, il quale si rimette alla decisione del Giurì. In sede di replica l’avv. Tavella nega la presenza di differenze tra le rispettive pubblicità, posto che la pubblicità Infasil del 2009 atteneva al rispetto del PH della pelle e le sagome di donna non mutavano colore; nel caso in decisione si chiede tutela non in relazione alla sagoma, bensì per come la sagoma è calata nella comunicazione pubblicitaria e per come essa interferisce con il prodotto attraverso il mutamento del colore. L’avv. Tavella fa poi notare che Unilever, prima di diffondere la pubblicità Dove, avrebbe potuto consultare le banche dati esistenti, dove avrebbe ritrovato le evidenze della pubblicità Infasil. L’Avv. Cuonzo sottolinea che Angelini stessa precisa che la connotazione della propria pubblicità sta nel passaggio dal rosa all’azzurro, allorché la sagoma attraversa la confezione di Infasil, con ciò evidenziando la sua funzione lenitiva. Ove la comunicazione Dove fosse reputata illegittima dal Giurì, l’avv. Cuonzo precisa di domandare in subordine che l’ordine di cessazione sia limitato all’impiego delle sagome stilizzate di donna serializzate rappresentate nella seconda parte dello spot Dove. Esaurita la discussione, il Presidente invita i presenti a lasciare l’aula di udienza, onde consentire al Giurì di deliberare. **************** L’istanza di Angelini non pare al Giurì fondata in alcuno dei due profili nei quali è stata prospettata. Conviene, anzitutto, svolgere alcune osservazioni generali. L’art. 13 Codice Autodisciplina, nella parte in cui configura quale violazione regolamentare l’imitazione servile della comunicazione commerciale altrui formalizza la fattispecie a prescindere dalla sussistenza di un rapporto di concorrenzialità. 5 Il monopolio sull’ideazione pubblicitaria, dunque, si estende fuori dal settore in cui esso nasce ed è utilizzato. Ciò comporta la necessità di una accurata individuazione dell’idea pubblicitaria che è alla base della comunicazione e che da essa è veicolata. Sebbene si affermi che la protezione discendente dall’art. 13 attui il principio della protezione dell’idea pubblicitaria per se stessa considerata, cioè quale opera dell’ingegno e quindi con connotazione simile a quella del diritto d’autore, tuttavia la giurisprudenza autodisciplinare indica che la protezione è attuata in modo differenziale, dacchè il diritto d’autore tutela la forma esteriore dell’opera dell’ingegno ma non il contenuto, l’idea che quella forma ha concretizzato e manifestato esteriormente, laddove nel sistema autodisciplinare quel che è protetto non è tanto il risultato dell’attività creativa, quanto piuttosto l’ideazione. Così indicato il modus operandi della protezione, tuttavia questi principi vengono assoggettati a condizionamenti e correttivi. Da un lato la differenza di approccio rispetto al diritto d’autore, viene affievolita dalla estensione della protezione di questa disciplina al format nel quale sono espressi solo gli elementi strutturali delle vicende, purché sufficientemente dettagliati. Da un altro lato il principio di tutela dell’idea in sé, del concetto promozionale alla base del messaggio (1979/9), viene ricondotto entro specifici limiti sotto due diversi profili. Il primo profilo (2000/314; ma, ancor prima, 1998/3) è rinvenibile nel principio secondo cui la protezione è limitata «all’idea la quale costituisce il centro della comunicazione di cui si tratta» (enfasi aggiunta); e, quindi, nella regola secondo cui «è protetta l’idea la quale contribuisce in maniera determinante a fornire il contenuto del messaggio promozionale» (enfasi aggiunta) (2000/314; 1997/317). Da questa premessa si ricava il corollario a tenor del quale non è «corretto procedere mediante un’astrazione e risalire così dall’idea che informa di sè il nucleo narrativo essenziale del messaggio pubblicitario a un suo archetipo» (2002/104; 2000/314; 1998/3). Si è infatti posto in luce che «per questa via ... si procederebbe ad astrazioni successive, capaci di rendere l’idea proteggibile sempre più generale» (ibidem). Il corollario deve esser tenuto presente in relazione all’implicazione contenuta nel principio di tutela ultramerceologica che presiede all’art. 13 Codice Autodisciplina e, specularmente, limita il processo di astrazione simmetricamente alle astrazioni che possono essere tratte dagli altri settori merceologici (si v., per alcuni profili similari, 2006/158). D’altro canto, la giurisprudenza del Giurì mostra che, pur nell’ossequio al principio della tutela del contenuto concettuale-ideologico, nel concreto operare, la individuazione dell’idea pubblicitaria sia stata spesso condotta valorizzando una pluralità di elementi del complessivo messaggio pubblicitario, allorché questo non si incentrava in elementi verbali ed iconici, relativamente semplici; così come, nel valutare la imitazione si sia dato rilievo ad elementi quali il contesto narrativo, la declinazione, i mezzi iconici e verbali utilizzati (2000/314; 1980/3; 1980/14; 1978/34), ovvero ancora, gli effetti sonori, combinati con le parole dei personaggi e la tonalità della voce dello speaker (1972/9). Il secondo profilo è connesso al tema della originalità dell’idea pubblicitaria. Al riguardo, si premette che talora in passato è stato usato il termine originalità per significare la novità, della pubblicità, laddove il termine creatività ha denominato quella che è l’originalità (si v., quanto esposto in FUSI-TESTA, L’autodisciplina pubblicitaria in Italia, Milano 1983, pag. 187 ss.; e, ancor di recente, per l’uso del termine “creatività” 2004/80). Nel seguito, con originalità sarà intesa la creatività, mentre con novità sarà indicata quella che, a volte, è stata denominata originalità. Che una idea pubblicitaria sia proteggibile anche se modestamente creativa, è principio pacifico. Tuttavia, il gradiente di creatività è in grado di influenzare tanto l’identificazione del 6 nucleo ideologico tutelabile, quanto il giudizio di servile imitazione. Quanto meno “forte” è l’elemento creativo, tanto più il nucleo viene costruito attraendo in sé un maggior numero di “componenti”; e, allo stesso modo, quel maggior numero di componenti specificano maggiormente il nucleo ideativo, influenzando il giudizio circa la servile imitazione che si indirizza a coinvolgere un maggior numero di elementi. Per esemplificare con un “parallelo” al settore dei brevetti per invenzione: un brevetto può avere una Rivendicazione principale 1 ed una Rivendicazione (da essa) dipendente 2; esso può risultare valido già nella Rivendicazione principale, ma se essa non è valida, perché non fornita di attività inventiva (in passato, originalità) essa può risultare valida, combinata alla Rivendicazione dipendente; poiché quest’ultima contiene ulteriori caratteristiche, il brevetto risultante dalla combinazione delle due Rivendicazione è valido, ma l’oggetto della sua tutela è più circoscritto o specifico, perché definito ulteriormente dalle caratteristiche che la Rivendicazione dipendente ha aggiunto alla Rivendicazione principale. Correlativamente, la violazione del brevetto sussiste (solo) se viene riprodotto un maggior numero di caratteristiche: quelle della Rivendicazione principale e quelle della Rivendicazione dipendente. Un profilo ulteriore attiene alla novità, declinata in termini, per dir così, equivalenti alla c.d. novità estrinseca brevettuale od alla novità del segno distintivo. In quest’ottica, la novità è intesa in senso territoriale, con riferimento all’ordinamento nel quale la pubblicità è divulgata. Ed è nel profilo della novità che si è espressa la giurisprudenza del Giurì, evocata da Unilever (1980/20), che ha conferito rilevanza elisiva della tutelabilità a «numerosi marchi internazionali... nei quali compaiono» gli elementi dell’altrui ideazione pubblicitaria, a prescindere dalla prova dell’uso pubblicitario del marchio anteriore» (così, anche, 1979/26). Una qualche incidenza sulla tutelabilità dell’idea pubblicitaria, sembra avere la presenza sul mercato, anche intervenuta in un momento successivo, di elementi simili a quelli su cui si regge la ideazione pubblicitaria (1972/11). La c.d. volgarizzazione, che viene intesa come larga presenza sul mercato di un dato elemento di proprietà intellettuale (segno distintivo, forma estrinseca), produttiva della estinzione dell’esclusiva o della sua limitazione, è un fattore in tesi utilizzabile in sede di valutazione circa la servile imitazione dell’altrui comunicazione commerciale anche quando la compresenza del segno interviene in diversi settori (2007/93 che ritiene il fatto, peraltro riscontrato in ambito pubblicitario, elisivo di novità ed originalità). Da ultimo, conviene rammentare che è ricorrente nelle decisioni del Giurì (quantomeno a far corso da 1998/281, 1999/166) l’affermazione secondo cui «per quanto concerne il rapporto tra l’idea stessa e la descrizione del prodotto e/o servizio ai quali la pubblicità si riferisce occorre... che non si instaurino, per effetto della protezione, monopoli del linguaggio». La documentazione depositata da Unilever (pur con una qualche ripetitività nei vari documenti) mostra la diffusione delle sagome stilizzate di donna: (a) in varie tipologie di stilizzazione (cfr. le 233 pagine del doc. 4) ivi comprese tipologie uguale o simili a quelle di cui qui si discute (ex multis si v. doc. 5A, pag. 45 e 56); (b) da sola od associata ad altre sagome stilizzate di persone (uomo, bambino: cfr. doc. 4, 5A, 5B); (c) serializzata, in sagome che si tengono per mano (c.d. paper ladies chains: cfr. le 189 pagine del doc. 5A e le 131 pagine del doc. 5B); (d) nei colori più vari, compreso il rosa e l’azzurro (ibidem e si v. il doc. 4 pag. 56: pink woman clip art). Se, in tale documentazione, la sagoma di donna è “abbinata” alla funzione di segnalare il servizio igienico femminile (si v., in particolare, doc. 4, pag. 1-10, 55, 67, 70. 78, 80, 82, 84, 86, ecc., ed oltre, 122, 124, 125, 129, 135, 139, 140, ecc.) non di meno essa è pure presente, da sola, o “doppiata”, o con altre sagome, od in guisa di serializzazione in catena (invero, e con le stesse tipologie si riscontrano anche sagome di uomo ed abbinamenti “uomo/donna” e 7 “donna/bambino/uomo”) in “abbinamento”, o “destinazione”, o descrizione, di altre funzioni, ed in altri contesti. Così (l’esemplificazione che segue talora attiene anche ad altre sagome di persone), è correlata (doc. 4) a copertine di libri (pag. 11, 13), a bottoni (pag. 12, 22, 16, ove anche la serializzazione per mano), a T-shirt (pag. 17, 206, 210, 214, 218, 230), a T-shirt con messaggio “politico” (pag. 20: Lesbian Pride), a borselli (pag. 218), a portatovaglioli (pag. 25, 31, 38, 226), a bicchieri (pag. 26), ad orologio da parete (pag. 29), a orecchini (pag. 35), a segno dell’alfabeto braille (pag. 42), a marchi registrati (pag. 4, 19, 50 e 52: il penultimo registrato anche per la Classe Internazionale 3, prodotti detergenti e saponi). I documenti Unilever 5A e 5B sono dedicati a rappresentare serializzazioni di sagome umane che si tengono per mano (quanto alla ricerca sul web, verificata dal Giurì, la “chiave” è “paper ladies chain” ovvero “women chain”), molte delle quali sagome di donna. Così se ne vedono illustrate (doc. 5A), come simbolo di un articolo sul cancro (pag. 29), per concettualizzare il lavoro in squadra (pag. 40, 65, 68), nella pubblicazione di opinioni (pag. 45 dove le tre sagome, salvo la colorazione, sono simili a quelle adottate da Unilever), per biglietti di auguri (pag. 67), per movimenti di opinione (pag. 70), per blog femminile (pag. 70, 71, 80, 97, 111, 112, 113, 116, 122, 142, dove le sagome sono simili a quelle adottate in alcune pubblicità Infasil), per comunicati stampa di interesse femminile (pag. 99, 102, 104, 106, 118, 124, 125, 127, 135, 147), per copertine di libro (pag. 174). Ancora, vengono proposte (doc. 5 B) per illustrare il fatto del divorzio (pag. 10, 27, 75), il settore security and care (pag. 16), profilattici (pag. 24), un blog injury-attorneys (pag. 58), la sagoma della nota bambola “Pigotta” dell’Unicef (pag. 73), la All Nippon Airways (pag. 96), ancora due marchi registrati (pag. 107, 133), un group of girl (pag. 137), il segno distintivo di un periodico (pag. 198). E così via, sino a pervenire, ad esempio, nel sito italiano: http://www.gettyimages.it/Search/Search.aspx?query=z.iH4sIAAAAAAAEAOy9B2AcSZYIJ0tynt all’associazione con marketing, cancer, human resources, heart disease, diabetes, training; tutti esempi che evidenziano la utilizzabilità oltre che in relazione al marketing anche in funzione illustrativa di tematiche attinenti allo stato di salute. Altre sagome consimili e loro forme di utilizzazione possono essere esaminate nei siti: http://www.google.it/search?q=sagome+bambini+per+mano&hl=it&sa=X&imgrefurl=http://it. 123rf. http://it.123rf.com/photo_716856_sei-bambini-holding-hands-sotto-ballons-colorate-e-lestelle-carta http://it.123rf.com/photo_8443409_bambini-holding-hands-in-costumi-da-parte-di-una-seriehtml http://it.123rf.com/photo_8443409_bambini-holding-hands-in-costumi-da-parte-di-unaserie.html http://it.123rf.com/photo_5416090_bambini-del-mondo-holding-hands.html Ed al Giurì è noto che sagome del tipo di alcune tra quelle illustrate nelle prime pagine del doc. 4 Unilever sono utilizzate da RAI Movie per significare se il film è adatto a tutti ovvero è sconsigliato ai bambini. La documentazione in parola mostra, altresì, esempi di sagome serializzate in catena, tenute tra due mani, nonché di sagome del medesimo tipo tenute tra le mani da persone reali e fotografate in situazione di vita reale (per solito, trattasi di donna o di bambino). La gran parte delle immagini di cui si tratta sono clipart, offerte in uso “royalty free”, liberamente per i più vari impieghi, talora esemplificati nella stessa pagina in cui è rappresentata la clipart, tal’altra nella apposita “pagina” separata recante le condizioni di licenza. La documentazione risulta estratta, parte da siti web italiani, parte da siti web 8 comunque in lingua italiana, parte da siti web in lingua inglese, ma accessibili dall’utente italiano. Quale sia l’influenza di quanto sino a qui esposto, sulla appropriabilità in esclusiva di una sagoma di donna stilizzata, o di sagome di donne serializzate, o di sagome di donna che si tengono per mano, in catena, ai fini dell’uso nella comunicazione pubblicitaria e, in particolare della comunicazione pubblicitaria di prodotti per la pulizia e la cura della persona, od in significanza del bagno femminile o dei servizi igienici, qui non interessa accertare. Infatti, dalla Istanza e dalle argomentazioni sviluppate nella discussione orale, non risulta esser stata questa (più generica) utilizzazione, il fondamento della contestazione elevata da Angelini; né appare esser questo l’oggetto delle obiezioni di Unilever. Invero, l’individuazione della creazione oggetto della tutela, viene configurata in un ambito più specifico. L’idea pubblicitaria è illustrata, nell’Istanza (p. 3) come segue: «la peculiarità delle varie declinazioni dei messaggi realizzati nel corso degli anni, consiste nelle particolari modalità di rappresentazione di tali soggetti e il concept con essi veicolato: le sagome di donna, cambiano colore (dal rosa all’azzurro) allorquando sono associate al prodotto: tali modalità evidenziano al pubblico le prerogative del detergente intimo pubblicizzato – rectius il suo impatto delicato sull’epidermide e l’efficacia lenitiva del prodotto stesso sulle irritazioni. Nelle campagne l’icona della sagoma stilizzata della donna simboleggia pertanto l’epidermide che, a contatto con il prodotto, muta aspetto» (enfasi nel testo). Analogamente l’Istanza si esprime successivamente (pag. 8): «come supra evidenziato, la peculiarità della campagna Infasil, consiste (i) nell’uso della sagoma della donna stilizzata, rappresentata in forma seriale; (ii) nel particolare concept veicolato mediante le modalità di rappresentazione delle suddette sagome: i cambiamenti di colore (dal rosa all’azzurro) dell’immagine de qua in associazione al prodotto pubblicizzato evidenziano evidentemente le prerogative – in termini di delicatezza e di proprietà lenitive sull’epidermide – del prodotto. Concettualmente l’icona della sagoma femminile, rappresenta dunque nei messaggi Infasil l’epidermide a contatto con il prodotto pubblicizzato, per metterne in risalto le proprietà» (enfasi nel testo). Sembra al Giurì che in questi assunti siano identificate tre ideazioni pubblicitarie diverse: a. – una più ampia: la sagoma femminile a rappresentare l’epidermide per descrivere le proprietà del prodotto b. – una meno ampia: la sagoma femminile simboleggia l’epidermide che a contatto con il prodotto, muta aspetto c. – una più ristretta: la sagoma femminile che muta colore, dal rosso all’azzurro, quando associata al prodotto, e descriverne l’impatto sull’epidermide e la efficacia lenitiva sulle irritazioni. Ad avviso del Giurì l’idea pubblicitaria alla base della comunicazione Infasil è, rispetto a queste tre prospettazioni, da un lato più specifica e da un altro lato si incentra su un nucleo ideologico in parte diverso. Conviene esaminare separatamente i profili. Il Giurì, come s’è illustrato, pur dando spazio alla protezione dell’idea pubblicitaria in sé, nel suo contenuto concettuale-ideologico, quando originale, al contempo nega che sia possibile, da questa idea, risalire ad un concetto più generale che tale idea possa ricomprendere in linea logica. D’altro canto, come pure s’è illustrato, il gradiente di protezione dell’idea pubblicitaria dipende dalla sua novità e originalità, che influiscono sulla sua perimetrazione e sulla valutazione di interferenza ad opera della pubblicità altrui. 9 Ora, nella misura in cui la prospettiva fosse quella in cui le sagome di donna (o la sagoma di donna) stilizzata “interpreta” la funzione di rappresentare l’epidermide (femminile) per descrivere la proprietà del prodotto, si dovrebbe concludere, per un verso che la medesima idea è suscettibile di trovare impiego nella comunicazione pubblicitaria di molti, anche non concorrenti, prodotti in cui l’epidermide (femminile) è messa in gioco. Senza particolare difficoltà, si può pensare che un quadro ideologico-concettuale analogo possa essere impiegato (anche in funzione di quanto si dirà poco oltre, viene qui aggiunto, tra parentesi, il tipo di mutamento della sagoma ipotizzabile): con sagoma (che muta colore) per una crema solare, per descrivere la proprietà abbronzante con sagoma (che da “stropicciata” diviene liscia) per una crema antirughe, per descrivere la proprietà di attenuazione con sagoma (“butterata” che diviene liscia) per una crema anticellulite (ma anche per una antiacne), per descrivere la proprietà “lisciante” con sagoma (che si riduce di dimensioni) per una crema dimagrante, per descrivere la proprietà riducente con sagoma (che muta colore) per biancheria intima antiallergenica, per descrivere la proprietà antirritante. Lo stesso quadro ideologico-concettuale può trovare impiego in un contesto diverso dalla descrizione delle proprietà del prodotto: ad esempio, quello di una sagoma (che muta colore) per evidenziare i danni alla cute da eccessiva esposizione solare (arrossamento, eritema, ecc.). Pare al Giurì che la decodificazione dell’idea pubblicitaria nei termini sopra prospettati, della rappresentazione dell’epidermide a contatto con il prodotto per descriverne la proprietà prospetti, in realtà, la “risalita”, dall’idea alla base della comunicazione pubblicitaria, ad un concetto più generale. Per converso, nella misura in cui la sagoma stilizzata di donna esaurisca la propria funzione nel rappresentare l’epidermide femminile a contatto con il prodotto pubblicizzato per descriverne la proprietà si dovrebbe giungere a ritenere che l’idea pubblicitaria, pur in tesi nuova, è però connotata in qualche misura di (generica) descrittività. La seconda possibile idea pubblicitaria desumibile dall’argomentare di Angelini, che attiene alla sagoma stilizzata di donna che simboleggi l’epidermide la quale a contatto con il prodotto muta aspetto, introduce il mutamento di aspetto ed espunge la descrizione delle proprietà del prodotto. Pare tuttavia al Giurì che anche questa prospettazione generalizzi l’idea pubblicitaria ad un concetto più generale, prestandosi alle stesse considerazioni dedotte dalla esemplificazione appena sopra condotta. La terza possibile idea pubblicitaria prospettata, che associa alla sagoma femminile il mutamento di colore, quando associata al prodotto, al fine di descriverne l’impatto sull’epidermide e la efficacia lenitiva sulle irritazioni, pare al Giurì quella più vicina, sul piano della specificazione, a ciò che si evince dalla pubblicità Infasil dell’«ultima versione del telecomunicato – diffuso nel corso del 2012», cui Angelini si riferisce a pagina 3 dell’Istanza. Prima di procedere oltre, è opportuno osservare che, mentre nell’Istanza (pag. 8-9) Angelini si duole del fatto che nel telecomunicato Dove «la sagoma della donna rappresenta l’epidermide a contatto con il prodotto pubblicizzato ed evidenzia le particolari prerogative del detergente: rectius la sua delicatezza sull’epidermide» (enfasi nel testo), durante la discussione orale, in ragione del fatto che la pubblicità Dove attiene ad un test di “confronto tra Dove e normali saponi ad alto PH” (come si legge nel super che appare a schermo), Angelini ha lamentato la ripresa della propria pubblicità anche in relazione al fatto che la propria idea pubblicitaria comprende l’enunciazione che Infasil “rispetta il PH naturale della pelle”. 10 Il profilo della creatività di tale claim, da solo od in quanto incorporato nella idea pubblicitaria Infasil, non sembra sia stato approfondito nella discussione tra le parti. Peraltro (ed a prescindere che una breve navigazione nel web ne mostra la generalizzata utilizzazione), alla luce del principio secondo cui la protezione è «limitata all’idea che costituisce il centro della comunicazione» (enfasi aggiunta) (2002/314; 1998/3) e che «contribuisce in maniera determinante a fornire il contenuto del messaggio promozionale» (enfasi aggiunta) (2000/314; 1998/281), il Giurì non reputa di poter condividere l’impostazione di Angelini. Invero, l’esame dei filmati pubblicitari depositati da Infasil, rappresentativi della sua pubblicità, mostrano, al riguardo: Infasil 1989, (speaker) “non altera il PH delle mucose” Infasil mamma figlia 2002, nessuna menzione del PH Infasil Intimo centro di ricerca 2003 (speaker) “in soggetti sani non altera il PH” Intimo lenitivo mamma figlia 2004 nessuna menzione del PH IH russignan value reframing 2009, nella schermata in cui sono rappresentante sagome di donna in colore azzurro, sulle quali scorre orizzontalmente una confezione di Infasil Intimo è presente, in alto, la didascalia “rispetta il PH naturale della pelle” Infasil fasi della vita 2012, nessuna menzione del PH. Nel dettaglio, il riferimento al PH, associato all’immagine della sagoma di donna, è presente nell’edizione 1989 (ove viene comunicato dallo speaker), è enunciato (dallo speaker), nell’edizione 2003 ma non in esatta sovrapposizione alla suddetta immagine, è declinato per iscritto nell’edizione 2009 accompagnando l’immagine in questione. Appare dunque problematico attribuire un carattere connotante, o centrale, o determinante dell’idea pubblicitaria, ad un claim od evocazione di proprietà che non è costante nella pubblicità Infasil, e non risulta riproposto successivamente al 2009 e non è presente nella pubblicità ultima nel tempo. Non è inutile ricordare che nella decisione 1982/6 (Martini & Rossi) il Giurì ha individuato il nucleo creativo della voce verbale “è”, perchè «in ognuno» dei messaggi scrutinati «vi è sempre l’enunciazione di specificazioni e concetti determinati che seguono la voce verbale “è”» (enfasi aggiunta). Del resto, anche in caso di ripresa dell’iniziativa pubblicitaria, questo Giurì (2010/14) ha osservato che il decorso dell’intervallo temporale depotenzia l’effetto e la «rendita comunicazionale» rendendo necessaria la proposizione di elementi che «accreditino una apprezzabile eco di memoria» dello spot «in grado sufficiente a conservarlo come valore comunicazionale pur sempre integro e tutelabile». Trattando, poi, del PH, in sede di individuazione dell’idea pubblicitaria e di necessità di non espandere la riserva fuori dall’ambito della ideazione, non sembra inopportuno precisare che la mucosa del cui PH si tratta nella pubblicità del 1989, non è la pelle di cui ai telecomunicati del 2003 e del 2009, noto essendo che la mucosa è la porzione tissutale più profonda della parete degli organi cavi animali che sono in comunicazione con l’ambiente esterno, a diretto contatto con il lume dell’organo; la qual mucosa che ha caratteristiche diverse dalla pelle, con cui condivide solo il fatto che entrambe presentano un tessuto epiteliale. Il riferimento, in quella pubblicità, pare essere al PH vaginale. Svolte queste considerazioni, è possibile proseguire il discorso, esaminando la terza possibile idea pubblicitaria prospettata da Angelini, quella in cui «le sagome di donna cambiano colore (dal rosa all’azzurro) allorquando sono associate al prodotto: tali modalità evidenziano al pubblico le prerogative del detergente intimo pubblicizzato – rectius il suo impatto delicato sull’epidermide e l’efficacia lenitiva del prodotto stesso sulle irritazioni», dove la sagoma è rappresentativa dell’epidermide. 11 Quanto risultante dalla pubblicità documentata da Angelini, non consente al Giurì di condividere l’assunto secondo cui la sagoma di donna è trasfigurata nel ruolo di interprete o simbolo dell’epidermide. Senza qui dire di quanto obiettato da Unilever circa l’uso per la pubblicità di Infasil anche di altri moduli espressivi, questo diverso ruolo presupporrebbe continuità e centralità espressiva, che viceversa difettano. Il telecomunicato 2009 (che è quello cui Angelini pare dare prevalentemente rilievo nel senso sopra indicato), non è più stato riproposto, nè risulta documentato per qual periodo temporale, in qual numero di passaggi, su quali e quanti mezzi, esso sia stato diramato. Manca un elemento importante ai fini della valutazione della, per dir così, assunzione di un secondary meaning, verso la configurazione semantico-rappresentativa dell’epidermide. Né a tale conclusione può condurre il Report Ipsos relativo alla pubblicità 2012 (doc. 4 Angelini) cui la Parte Istante ha fatto riferimento anche nel corso della discussione orale. Il documento esprime giudizi che, in assenza di qualsivoglia indicazione atta a indicare dati, elementi, criteri, a presidio della valutazione, non può assumere valenza probatoria. D’altro canto, tale Report, a ben guardare, là dove cita, tra virgolette, “preserva il PH... il mio pH”, recita parole che non trovano riscontro nello spot “Infasil fasi della vita 2012“ depositato in causa ed il Report titola la descrizione della “demo”: “Le bamboline di Infasil” il che, pare al Giurì confermare che non è quella in chiave di epidermide, la “lettura” delle sagome di donna. Il Giurì ritiene che la decodifica e la lettura del messaggio pubblicitario, nella sua interezza, conducano ad individuare l’idea pubblicitaria in un quid parzialmente diverso, rispetto a quanto proposto da Angelini e poco sopra riportato. Tale, riferito cioè al complesso, «senza estrapolare singole parti e nell’ambito del contesto in cui è stat[a] inserit[a]» la pubblicità è, «anche ai fini richiesti dall’art. 13 del CAP» (2007/133), il metodo di scrutinio del messaggio e dell’idea che ad esso presiede ed in esso riveste carattere determinante; senza, dunque “amputare” (2009/122) quanto da esso sia ragionevolmente deducibile e senza estrapolare singoli elementi dal contesto (2004/80). Tanto più che, per quanto sopra esposto, un processo di secondary meaning verso un contenuto ed uno stilema narrativo – rappresentativo (da sagoma di donna ad epidermide) non appare probabile (2006/27), anche perché da costruire in deviazione rispetto a quanto il comune consumatore ragionevolmente deriva dalla percezione della sagoma di donna: cioè, che il riferimento è la donna, come del resto paiono mostrare moltissime delle clipart depositate in causa da Unilever. A questa conclusione concorrono più fattori. Anzitutto, la fase pubblicitaria di cui si discute è preceduta (e talora seguita) da una parte narrativa, organizzata sulla rappresentazione di scene di vita reale e con personaggi reali. La stessa protagonista durante il telecomunicato maneggia la confezione di Infasil Intimo (pubblicità 1989, 2002, 2003, 2004). Il parlato descrive le proprietà di Infasil con riferimento espresso ai “soggetti sani” ed ai “soggetti con irritazioni” (pubblicità 1989, 2003), ovvero alla figlia, che nel filmato avverte “un po’ di fastidio” (pubblicità 2004). Le sagome mutano colore dal rosa all’azzurro dopo esser transitate attraverso la confezione del prodotto (pubblicità 1989, 2012), ovvero dopo che questo è transitato su esse (pubblicità 2009), ovvero dopo che sono passate sotto una mano che ha posato sul tavolo un flacone del prodotto (pubblicità 2002), ovvero dopo che il marchio figurativo Infasil è passato su esse (pubblicità 2003). La pubblicità 2004 mostra invece un’unica sagoma di donna impressa su pagine di un volume, sagoma che muta colore dal bianco al verde via via che ne sono sfogliate le pagine. D’altro canto, che il rimando concettuale sia all’utilizzatrice ed all’uso che essa ne può fare (anche) a scopo lenitivo e non alla epidermide, trova conferma nell’ulteriore fatto che nelle pubblicità Infasil, di volta in volta, ricorrono elementi quali la evocazione di ambienti da 12 laboratorio, che è spesa la qualità dell’essere stato, il prodotto, oggetto di test clinici, che è un prodotto per l’igiene intima, che è enfatizzata la approvazione da parte dei ginecologi AOGOI; elementi spesso assortiti ed aggregati nella medesima pubblicità. Connotati tutti, questi, poco coerenti con un quadro in cui si intenda veicolare un messaggio attinente all’effetto del prodotto detergente sull’epidermide. Questo insieme di elementi, invece, trova una propria coerenza – e così si viene alla decodifica dell’idea pubblicitaria alla base della comunicazione Infasil, e particolarmente di quella fondante il telecomunicato veicolato nel 2012 che Angelini ha dedotto esser servilmente imitato da Unilever – in un quadro in cui un detergente intimo, con poteri lenitivi, approvato dai ginecologi AOGOI, è proposto al pubblico femminile. L’idea pubblicitaria, parte dal suggerire la identificazione della spettatrice nel soggetto che sarà successivamente rappresentato con la sagoma stilizzata di donna: ciò che avviene, facendo precedere una fase narrativa rappresentativa di scene di vita reale, in cui viene evidenziata la possibilità che l’interprete reale vada soggetta a particolari “fastidi” od abbia o possa avere o si premuri di non avere, problematiche fisiche. Successivamente interviene la parte della comunicazione qui in discussione. L’interprete reale viene allora sostituita da una sagoma di donna serializzata. Esaurita tale parte, l’interprete reale riprende il “governo” della scena. Questa impostazione è presente, quale sorta di filo conduttore ideologico, nelle varie pubblicità seguitesi nel tempo e risulta ancor più evidente, nella pubblicità 2012, ove la sagoma muta la stilizzazione rispetto al passato e viene proposta, come ora si dirà, in chiave dinamica. La pubblicità Infasil 2012 segue e “perfeziona” gli stilemi precedenti. In essa, ad avviso del Giurì, le sagome stilizzate di donna simboleggiano e sostituiscono, in questa fase dello spot, la consumatrice. In particolare, si nota che, subito prima di questa fase, lo spot mostra il bacino di una giovane donna in slip il cui atto suggerisce che si appresti a levarlo. Segue la rappresentazione di cui si discute, e le sagome, serializzate (e non per mano) come se si trattasse della “cristallizzazione” di una sequenza stroboscopica, dapprima rosa, sono rappresentate nella fase dinamica, in cui sinuosamente si avviano al passaggio “attraverso” il flacone contenente il prodotto, da cui fuoriescono azzurre. Nel mentre si sviluppa questa rappresentazione, lo speaker evidenzia (tra l’altro) la proprietà lenitiva del detergente intimo Infasil e la sua capacità (“aiuta”) in caso di irritazione della pelle, di “alleviare la sensazione di fastidio”. Esaurita questa fase, lo spot riprende il quadro “reale” e conclude, con la scena della giovane donna in abbigliamento intimo sdraiata su un divano in rilassato ed affettuoso atteggiamento con un giovane uomo. Anche per via della memoria del vissuto della utilizzatrice, alla stregua del quale le irritazioni si accompagnano ad arrossamenti, le sagome rosa, che dopo il “passaggio in Infasil” virano in azzurro (l’azzurro essendo un “colore del bene e della grazia”) traducono iconicamente la vicenda della utilizzatrice (qui, l’interprete reale) che, attraverso l’uso di Infasil, elimina o lenisce le irritazioni e conquista benessere fisico. Il messaggio, poi, è sviluppato tutto “all’interno” della rappresentazione del proprio prodotto e delle sue proprietà, senza ricorrere ad eteroriferimenti. Vero è, che lo spot apre domandando se “il tuo detergente intimo è sensibile come la tua pelle?” per poi avvertire che “nelle parti intime la tua pelle è sensibile”, ma si tratta di una apertura non più ripresa, posto che il seguito delle specificazioni, verbali, scritte ed iconiche, si incentra su “stress”, “equilibrio si altera”, “intimo lenitivo”, “sicuro”, “clinicamente testato”, “approvato dai ginecologi AOGOI”, “quando ne hai bisogno lo senti”, “protegge la flora batterica”, “in caso di irritazione”. 13 Come già osservato in precedenza, il riferimento alla pelle non assume quella posizione centrale, determinante, assorbente del messaggio, che consente di individuare l’idea creativa pubblicitaria. Nella pubblicità Dove, anche in virtù della specificazione della funzione della sagoma stilizzata di donna quale tester, che viene esplicitata all’inizio dello spot sia verbalmente che attraverso il super, tale sagoma rappresenta un mezzo simulativo degli effetti del prodotto sulla pelle della spettatrice. Da questa matrice si dipanano le successive “immagini”, anche ideali, veicolate nello spot. Le sagome stilizzate, unite in breve catena di quattro elementi, non hanno autonomia di movimento, bensì sono passivo strumento nelle mani di altri; esse non “agiscono”, bensì “subiscono”; non rappresentano la utente, ma divengono dichiaratamente mezzo per condurre un esperimento e per illustrare all’utente, in modo iconicamente differenziale, il suo risultato. Sono dichiarate e vengono agevolmente decodificate in chiave di tester. Lo spot attiene a saponi solidi, che la spettatrice agevolmente coglie essere saponi per uso esterno, con proprietà di mera pulizia. Non c’è l’evocazione di un passaggio da una personale situazione di irritazione o di fastidio ad una di benessere, né il richiamo a proprietà lenitive; bensì, è rappresentata la distruzione dei tester appoggiati su altrui saponi. L’iniziale chiarimento dello speaker, circa il fatto che la sagoma stilizzata di donna è un tester, allontana la prospettiva di una immedesimazione della spettatrice nella sagoma. L’effetto immedesimazione è, tra l’altro, ostacolato dal fatto che lo spot, proponendo sin dall’apertura una ragazza con in mano la sagoma che dichiara essere un tester e mostrando la successiva fase in cui la mani della ragazza posano i tester sui vari saponi, enfatizza la contrapposizione tra il soggetto e l’oggetto. Il messaggio, poi, è elaborato sulla scorta di eteroriferimenti, ed è giocato sulla contrapposizione (in qualche modo in chiave comparativa e radicale: in un caso la integrità, negli altri la distruzione) con le possibili, per dir così, “proprietà negative” degli altrui saponi rappresentate nello spot. Così individuata l’idea pubblicitaria su cui si fondano la pubblicità Infasil e quella Dove, pare assorbito il tema, toccato da Unilever in chiave di eccezione, relativo alla carenza di originalità o alla debole originalità della pubblicità Infasil e sul carattere «comune e standardizzato» di quello che Unilever argomenta essere «l’unico punto di ipotetico contatto» tra le rispettive pubblicità: la sagoma (o le sagome) stilizzata di donna. Tuttavia, alcune considerazioni possono essere sviluppate, per completezza di discorso. Nella giurisprudenza autodisciplinare sono numerose le decisioni che dichiarano l’imitazione servile della comunicazione pubblicitaria in fattispecie che, prevalentemente, si disponevano tra l’imitazione pedissequa (1978/34) o “smaccatamente” pedissequa (1986/48), e la marcata somiglianza (1978/34), la rilevazione di “due comunicazioni praticamente identiche” (1991/103). Altre volte la decisione s’è fondata sul principio secondo cui non si deve creare “un calco vero e proprio dell’altrui messaggio” (1992/10; 1992/115; 1993/87; 2004/151; 2005/97; 2006/21; 2007/144; 2009/105) e quindi non si deve ricalcare l’altrui pubblicità in modo tanto intenso da ingenerare l’impressione di due comunicazioni identiche (1996/216), così che l’impatto ideale ed ideografico sia del tutto simile e sovrapponibile (1994/185). E, ancora, il contrasto con l’art. 13 Codice Autodisciplina è stato ritenuto allorché l’altrui pubblicità presentava le stesse strutture verbali, lo stesso schema concettuale, gli stessi percorsi logici, gli stessi riferimenti, gli stessi approcci di tipo emozionale e la stessa atmosfera (1993/123; 2010/14). Tuttavia, queste affermazioni che, astrattamente assunte, condurrebbero a ritenere perfezionata la fattispecie repressa dall’art. 13 comma I, solo in presenza di una quasi sovrapponibilità, dipendono dalle caratteristiche delle fattispecie concrete che le hanno 14 generate, in cui l’ideazione pubblicitaria esaminata era pressoché sfornita di originalità o la offriva in basso grado. Ed è in questa logica che il Giurì ha in altre occasioni spiegato che, in particolare, se l’idea pubblicitaria alla base della comunicazione non è nuova od è connotata da scarsa originalità, nei singoli casi concreti potrebbe essere tollerato il “riferimento comune”, declinato in contesti diversi (1992/23), con forme espressive diverse (1992/10). Il grado di diversità richiesto, poi, deve essere individuato (ed accertato nella sussistenza) di volta in volta, in funzione dei gradienti di novità ed originalità sopra indicati. Più la idea pubblicitaria è originale, maggiore deve essere la distanza. Alla originalità dell’idea pubblicitaria, specie se prende le mosse da, od utilizza, un ente già esistente, ovvero largamente ricorrente, può concorrere la sua complessiva costruzione, il modo ed il contesto della sua manifestazione. L’idea pubblicitaria, poi, deve essere desunta dall’analisi del messaggio nel suo insieme. A questa logica sembra rispondere anche il principio secondo cui non è possibile astrarre, dall’idea, ad un livello superiore, e quello secondo cui occorre guardare «alla struttura complessiva del proprio discorso promozionale» (2000/314). Ora, l’esame di vari precedenti decisi mostra che anche in presenza di idee pubblicitarie valutate sicuramente originali, molte volte, ai fini del giudizio sono stati assunti in esame più elementi; ad esempio: (i) oltre all’idea di base, l’ambientazione in cui il tema era svolto e l’uso di uno slogan evocante quello altrui, per “contrapposizione” (Martini & Rossi; 2002/272), precisando, al contempo, che «in mancanza di questa frase finale la contrapposizione... potrebbe anche essere dubbia»; (ii) oltre all’idea del cavallo bianco (Vidal), la ripresa della musica ed il sonoro che evocava un cavallo al galoppo (1995/262); (iii) oltre al «nesso associativo tra la bontà del prodotto reclamizzato e la serena beatitudine del Paradiso», anche il nucleo semantico del «caffè così buono da meritare di essere bevuto anche in Paradiso, anzi, capace di rappresentare un momento di particolare beatitudine in Paradiso; di costituire l’apprezzato regalo di compleanno per San Pietro, ecc.» (Lavazza; 1998/3); (iv) oltre all’immagine comune dell’orologio, la rispettiva caratterizzazione e gli slogan rispettivi (Telecom; 2002/104). Nello stesso caso 2006/159 del quale le Parti hanno ampiamente trattato nelle difese scritte (ed anche nella discussione orale), la servile imitazione non è stata rinvenuta nel solo impiego del comune elemento delle bolle, ma nel fatto che queste svolgevano la medesima funzione, nel medesimo ambiente, avevano una stessa origine, provocavano azioni assimilabili nei protagonisti reali, ottenevano lo stesso risultato ed in entrambi i casi operavano come messaggeri. La quasi sovrapponibilità, ragionevolmente, è idonea a creare confusione; ma l’art. 13 comma I, condanna la imitazione servile dell’altrui comunicazione pubblicitaria “specie se idonea a creare confusione” e, dunque, anche quando l’imitazione non è tale da giungere a creare confusione. Il giudizio di servile imitazione è l’esito conclusivo della valutazione di una pluralità di fattori, che valorizzano la novità ed originalità dell’idea pubblicitaria, ma che non escludono, in relazione alla fattispecie concreta, anche il riferimento al “trattamento” cui essa è sottoposta; cioè, l’estrinsecazione formale della sua attuazione (1986/83), In conclusione, il Giurì è dell’opinione che l’esame globale, della complessiva struttura del diverso ruolo giocato dalle sagome di donna stilizzate, dalle suggestioni introdotte e dei mezzi iconici e verbali (1980/14), conducono a concludere che non si è in presenza di «un medesimo evento narrativo... con diverse declinazioni e svolgimenti» (2004/151) e che tanto la idea pubblicitaria quanto il suo trattamento formale siano diversi nei due telecomunicati sì che la pubblicità contestata non integra violazione dell’art. 13 comma I Codice di Autodisciplina (si v., 1976/35, in cui è stata dichiarata la autonomia dell’idea di utilizzare l’immagine di una modella ripresa da tergo, con i prodotti pubblicizzati (una linea di cosmetici) infilati nella tasca posteriore dei jeans rispetto ad un’altra pubblicità, relativa a una macchina fotografica 15 tascabile, nella quale compariva analoga immagine, perchè s’è ritenuto che esse avessero un diverso significato, e quindi l’idea ispiratrice fosse diversa, mirando l’una a sottolineare «il carattere tascabile del piccolo apparecchio fotografico», ed essendo invece l’altra volta «all’esclusivo fine di richiamare l’attenzione del consumatore senza voler certamente significare che i prodotti reclamizzati siano effettivamente ed in tal modo “tascabili”). Il Giurì ritiene, altresì, che non sussistano gli estremi della violazione dell’art. 13 comma II. A tale conclusione il Giurì perviene in seguito alla valutazione di più di un profilo. La accertata insussistenza di una servile imitazione della comunicazione commerciale di Angelini e l’accertamento di una differenziazione ideologica e formale, rende problematica l’individuazione di un’area in cui si possa attuare uno sfruttamento dell’altrui immagine e notorietà. D’altro canto, per un verso la pubblicità Dove riprende, sia pure innovato con l’adozione del tester – sagoma stilizzata di donna, un proprio risalente concept, per un altro verso, l’impiego della sagoma stilizzata di donna costituisce solo un momento (pur se importante) della pubblicità Infasil. Per altro verso, l’art. 13 comma II Codice Autodisciplina presuppone lo sfruttamento della notorietà e dell’immagine altrui. Tale prova, nel caso concreto, non coincide con la prova della notorietà del marchio, bensì si sostanzia nella prova della notorietà della sagoma stilizzata di donna in sé, ovvero quale immagine del prodotto Infasil. Questa prova (a prescindere dal tema delle eventuali interruzioni nell’uso di tale rappresentazione o della non esclusività di esso) non è stata data dalla Istante. Nè, pare al Giurì, nel caso in esame s’è “raggiunta la prova della realistica ed effettiva facilitazione comunicazionale, sfruttata dal preteso trainato per raggiungere il territorio pubblicitario del trainante” (2009/105). Infine, manca il divario di notorietà (2008/113; 2009/122), che secondo talune decisioni (1982/19) deve risultare “marcato”, necessario per rendere plausibile l’indebito profitto dell’altrui immagine. P.Q.M. Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la pubblicità contestata non è in contrasto con l’art. 13 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale. Milano, 26 marzo 2013 f.to Il Relatore Prof. Avv. Massimo Cartella f.to Il Presidente Prof. Avv. Vincenzo Ferrari ___________________________ Tutti i diritti di riproduzione sono riservati 16