www.fisiokinesiterapia.biz “LA RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE MIELOLESO” MIELOLESIONI DA CAUSE VERTEBRO MIDOLLARI: CENNI STORICI 1. PAPIRO CHIRURGICO – XVII° secolo a.C. – periodo corrispondente all’epoca delle piramidi 2. STELE FUNERARIA DEL SACERDOTE RUMA – 1000 / 2000 a.C. – museo di Copenhagen: arto più corto e piede atrofizzato (poliomielite?) 3. TESORI DEGLI ASSIRI – 500 a.C. – Britisch Museun di Londra: leonessa morente con paralisi del tronco, colpita da una freccia che le trapassa la colonna vertebrale. 4. IPPOCRATE – 460 / 370 a.C. – studia e descrive scientificamente l’effetto della dislocazione delle vertebre cervicali 5. EROFILO DA CALCEDONIA – 300 a.C. – descrive l’anatomia e il decorso dei nervi fino si muscoli e la conduzione nervosa nel midollo desumendola dai cadaveri 6. GALENO DA PERGAMO – 131 / 201 a.C. - definisce che una lesione tra la 1° e la 2° cervicale porta a morte, tra la 3° e la 4° provoca paralisi respiratoria, che al di sotto della 6° la lesione permette la funzione del diaframma sebbene i muscoli respiratori della gabbia toracica siano paralizzati 7. ARETO DI CAPPADOCIA – 250 d.C. – scopre come la lesione di una parte del cervello comportasse deficit dell’emisoma controlaterale 8. …………. 9. MORGAGNI (1682 – 1771) descrive i tumori della colonna e la siringomielia 10. HEAD, GUILLAIN – BARRE’ studiano la paralisi spinale 11. Diversi studi di medici degli eserciti militari sulle lesioni da causa bellica 12. Nascita delle prime società scientifiche specifiche di studio (Stati Uniti, Inghilterra) EPIDEMIOLOGIA Le lesioni midollari da causa traumatica non sono comuni. Colpiscono “PERSONE VIBRANTI,GIOVANI E ATTIVE, CON ALTO LIVELLO DI ISTRUZIONE.” Incidenza annua: 29,4 – 50 nuovi casi/anno/1.000.000 abitanti maschi: femmine – 2,4:1 (4:1) a seconda della letteratura età: 25 – 44 anni Le lesioni non traumatiche colpiscono varie fasce di popolazione, sono meno frequenti delle traumatiche e colpiscono prevalentemente la popolazione adulta. EZIOLOGIA: 1. CAUSE TRAUMATICHE: Incidenti stradali (45,4 %), cadute (16,8 %), lesioni sportive (16,3 %), episodi di violenza. 2. DEGENERATIVE 3. TUMORALI: Morbo di Hodgkin, Mieloma multiplo, metastasi vertebro – midollari, neurofibromatosi 4. MALFORMATIVE 5. JATROGENE: radioterapia, interventi chirurgici sulla colonna e non (vedi p.e. interventi per aneurismi dell’arco aortico) 6. VASCOLARI: rammollimenti ischemici del midollo (trombosi vascolare), emangiomi, aneurisma dissecante dell’aorta, complicanze dell’artografia, malformazioni artero-venose) 7. CAUSE TOSSICHE: iniezione intrarachidea (sostanze iniettate a scopo diagnostico, tipo mezzi di contrasto; sostanze terapeutiche tipo novocaina, percaina etc.; somministrazione intrarachidea di antibiotici a dosaggi elevati CENNI DI ANATOMIA: Il midollo lungo il suo percorso presenta due rigonfiamenti: 1. cervicale 2. lombare che sono corrispondenti all’emergenza delle radici nervose destinate agli arti superiori ed inferiori. In alto il midollo si continua nel BULBO e in basso forma il CONO TERMINALE (circa L1 – L2), attorno a cui si sfioccano le radici della CAUDA EQUINA. E’ diviso in due metà simmetriche, dx e sx, per mezzo di solchi, mediano anteriore e mediano posteriore. Ciascuna metà e suddivisa a sua volta dall’emergenza delle radici lungo solchi laterali anteriore e posteriore: questi delimitano, partendo dalla linea mediana, i CORDONI ANTERIORE, LATERALE E POSTERIORE: a sua volta il cordone posteriore è suddiviso dal SOLCO INTERMEDIO POSTERIORE, in due cordoni secondari: 1. GRACILE (Goll), mediale 2. CUNEATO (Burdach), laterale na sezione trasversale del midollo dimostra che è costituito da 2 parti: 1. Sostanza bianca periferica (fasci di associazione, ascendenti e discendenti) 2. sostanza grigia –centrale (centri nervosi midollari) La sostanza grigia, in ogni metà del midollo, presenta 2 corni. 1. ANTERIORE (MOTORE) 2. POSTERIORE (SENSITIVO) LE FUNZIONI DEL MIDOLLO 1. FUNZIONE RIFLESSA: “arco riflesso” 2. FUNZIONE DI CONDUZIONE: conducibilità degli stimoli 3. FUNZIONE TROFICA: dei centri periferici (es. muscoli) dipendenti dal nucleo nervoso presente ad un determinato livello del midollo 4. FUNZIONE AUTORITMICA: vescica – alvo PATOGENESI DEL DANNO MIDOLLARE Raramente il danno esita in una interruzione anatomica del midollo: più spesso la lesione è causata da traumi chiusi, spesso associati a fratture o lussazioni delle vertebre. Il danno dipende inoltre da: 1. Forza dell’insulto lesivo (traumi penetranti?) 2. Direzione della forza in questione (flessione, estensione, rotazione, compressione o combinazione di queste componenti) 3. Dimensioni dell’ eventuale oggetto contundente 4. Rapidità di intervento terapeutico CENNI DI TRATTAMENTO A seconda del livello del trauma e delle sue conseguenze “distruttive”, oltre che del tempo intercorso tra il trauma e l’intervento stesso, si distinguono: 1. LAMINECTOMIA (oggi rara) 2. OSTEOSINTESI (placche di Roy – Camille) 3. CONTENZIONE IN GESSO (oggi raro) 4. RIDUZIONE POSTURALE (cuscino cilindrico c/o la zona fratturata Æ riduzione del carico vertebrale) 5. ASTENSIONE 1.QUADRI CLINICI “Schematicamente” possiamo distinguere dal punto di vista anatomo-patologico almeno 4 condizioni lesive con diversa prognosi: 1. COMMOZIONE, SHOCK O “STUPOR”: REGRESSIONE SPONTANEA PARZIALE O TOTALE 2. CONTUSIONE: PARZIALMENTE REVERSIBILE 3. COMPRESSIONE: PARZIALM. REVERSIBILE 4. SEZIONE: IRREVERSIBILE 2.QUADRI CLINICI FASI CLINICHE DELLA LESIONE: 1. FASE ACUTA (SHOCK) 2. DI AUTOMATISMO (RIPRISTINO) 3. FASE DI STATO (CRONICITA’) A. FASE ACUTA Dura circa 5 – 6 settimane: paralisi totale o parziale della motilità, sensibilità, del sistema neuro-vegetativo, dell’apparato uro-genitale e di ogni sistema sottostante alla lesione. In pratica si possono rilevare: 1. atonia 2. flaccidità muscolare 3. areflessia 4. paralisi degli sfinteri con ritenzione di urina e feci LE LESIONI SOPRA D6 si accompagnano a: 1. dilatazione gastrica 2. compromissione del vegetativo (alterazione tono vasale, del riflesso pilomotore, della sudorazione e della termoregolazione Æ ipertermia maligna) LE LESIONI CERVICALI DANNO TETRAPLEGIA più o meno alta a seconda del mielomero colpito e da paralisi della motilità respiratoria volontaria ( mm. intercostali e addominali). La respirazione è sostenuta prevalentemente dal diaframma (C3 – C4 – parzialmente C5) e dai mm. respiratori sussidiari (scaleno, sternocleidomastoideo splenio, lunghissimo del collo etc.) LE LESIONI SOPRA C4 NON SONO COMPATIBILI CON LA VITA PER PARALISI DEL DIAFRAMMA, LEGATA ALLA COMPROMISSIONE DEL CENTRO FRENICO (RESPIRAZIONE CONSENTITA SOLO DA AUTORESPIRATORI) NB: la condizione di shock midollare può persistere da 1 a 6 settimane. Secondo alcuni autori può durare anche fino ad alcuni mesi. PERCIO’, AI FINI RIABILITATIVI, E’ RAGIONEVOLE PORRE IL GIUDIZIO DI COMPLETEZZA ATTORNO ALLA VENTESIMA GIORNATA DAL TRAUMA. IN OGNI CASO, COMUNQUE, UN RITARDO DI 6 MESI NELLA COMPARSA DEL RECUPERO SEMBRA ESSERE UN INTERVALLO RAGIONEVOLE PER CONSIDERARE DEFINITIVA LA LESIONE MIDOLLARE. FASE DI AUTOMATISMO LA FASE DI SHOCK SFUMA LENTAMENTE NELLA FASE DI AUTOMATISMO ÆLENTO RIPRISTINO DELLE FUNZIONI RIFLESSE MIDOLLARI E DELL’ATTIVITA’ AUTOMATICA DEI CENTRI SPINALI SOTTOLESIONALI, SI HANNO SEGNI DI LESIONE DEL 1° MOTONEURONE CON SEGNI DI INTERESSAMENTO DEL FASCIO PIRAMIDALE E SEGNI DI LESIONE DEL 2° MOTONEURONE. Nelle lesioni cervicali e dorsali sopra D6 concomitano alterazioni del sistema vegetativo: 1. turbe del tono vasale: prevale l’ipotensione per vasodilatazione dei territori paralizzati e per alterazione della microcircolazione periferica (deconnessione delle vie spinali del sistema simpatico con i tenso-recettori periferici; alterazione del sistema aldosterone-reninaangiotensina) 2. turbe della termoregolazione: alterazione della funzione del centro termico + vasodilatazione periferica massiva 3. turbe della sudorazione: inizialmente si ha iperidrosi sopralesionale + ipoidrosi sottolesionale. Successivamente compare iperidrosi dei territori paralitici 4. turbe della circolazione cutanea 5. turbe del riflesso pilomotore 6. Fenomeni di “disreflessia” Æ”RIFLESSO VESCICO – IPERTENSIVO” che insorge drammaticamente nelle lesioni sopra D6, a circa 2 – 3 mesi dal trauma con: cefalea pulsante, ipertensione arteriosa, bradicardia, ritenzione urinaria, rossore al volto, sudorazione profusa. Tali fenomeni vengono evocati da: - manovre uretrali e vescicali sovradistensione vescicale manovre rettali stimoli nocicettivi sulle aree ipogastriche o perineali CAUSE: AFFERENZE SOMATO VISCERALI AL MIDOLLO SCARICA DI NORADRENALINA ALFA-RECETTORI DELLE PARETI ARTERIOLARI DELLO SFINTERE LISCIO VESCICALE VASOCOSTRIZIONE CON IPERTENSIONE ARTERIOSA,IPERTONO DELLO SFINTERE VESCICALE Æ RITENZIONE DI URINA FASE DI STATO È la fase della “cronicizzazione” della malattia e dell’insorgenza delle complicanze. INSUFFICIENZA RESPIRATORIA CAUSE PRIMARIE AGGRAVANTI 1. Paralisi del diaframma (C3 – C5) 1. dilatazione gastrica 2. Paralisi nn. Intercostali 2. ileo paralitico 3. Paralisi nn. Addominali 3. infezioni broncopolmonari 4. Paralisi o lesioni associate: 4. edema polmonare 5. embolia polmonare - toracopolmonari acute: fratture costali, emotorace, pneumotorace croniche: asma, enfisema, bronchiectasie, fibrotorace - addominali FLEBOTROMBOSI PERDITA DEL TONO VASALE IPOFUNZIONE MUSCOLARE ATTIVA CON RALLENTAMENTO DEL CIRCOLO PROFONDO STASI Æ AUMENTO DELLA VISCOSITA’ EMATICA, DELL’AGGREGAZIONE PIASTRINICA E DELL’ATTIVITA’ TROMBOPLASTINICA FLEBOTROMBOSI DEGLI ARTI PLEGICI ALTRE COMPLICANZE EMBOLIA POLMONARE: DA FLEBOTROMBOSI PROFONDE DA IMMOBILIZZAZIONE, OSTEOPOROSI: MANCANZA DEL CARICO, RIDUZIONE DEL PARATORMONE E LIEVE AUMENTO DELLA CALCITONINA PARAOSTEOPATIE: OSSIFICAZIONI ECTOPICHE A PREVALENTE LOCALIZZAZIONE PERIARTICOLARE IN ARTI PARALIZZATI ALTERAZIONI EQUILIBRIO IDRO-SALINO, DEL METABOLISMO E DELLA FUNZIONE RENALE ULCERE DA DECUBITO VESCICA E/O ALVO NEUROGENI LA VESCICA NEUROLOGICA La sintomatologia acuta è uguale per tutti i livelli di lesione La vescica è ATONICA, FACILMENTE DISTENSIBILE, CON RITENZIONE DI URINA (SE NON DRENATA PROVOCA INCONTINENZA PARADOSSA). ABOLIZIONE DI TUTTI I RIFLESSI (bulbo-cavernoso, anale etc.) RIPRISTINO (in relazione al livello di lesione): 1. vescica da lesione del motoneurone superiore – al di sopra del cono midollare Æ VESCICA AUTOMATICA, RIFLESSA 2. vescica da lesione del motoneurone inferiore – a livello del cono Æ VESCICA AUTONOMA AREFLESSICA 3. vescica neurogena mista – in caso di lesione parzialmente centrale o periferica. 1. VESCICA AUTOMATICA DILATAZIONE VESCICALE TENSIONE DEL PERITONEO VESCICALE E PARETE ADDOMINALE SENSO DI PESO EPIGASTRICO (trasmesso dalle vie simpatiche sensitive) DISTENSIONE VESCICALE MINZIONE RIFLESSA OGNI 2 – 3 ORE VESCICA AUTONOMA ASSENZA DELL’ARCO RIFLESSO DELLA MINZIONE PER LESIONE DEI CENTRI SPINALI O DELLE VIE DI CONNESSIONE RITENZIONE URINARIA LA FUNZIONE SESSUALE: ORGASMO CONTRAZIONE MUSCOLARE DEL PIANO PERINEALE DISTENSIONE DELL’URETRA PROVOCATA DALLO SPERMA STIMOLI PROPRIOCETTIVI CENTRI CORTICALI SENSAZIONI GENERALMENTE PIACEVOLI NEL MIELOLESO: 1. ORGASMO ALTERATO PER MESSAGGI PROPRIOCETTIVI ALTERATI 2. STIMOLI CHE DETERMINANO DISREFLESSIA AUTONOMICA LA EREZIONE Donna: lubrificazione vaginale e inturgidimento del clitoride Uomo: inturgidimento del pene Nel midollo esistono 2 centri nervosi per l’erezione: 1. sacrale Æ erezione riflessa 2. toraco-lombare Æ erezione psicogena 1. CENTRO SACRALE (c/o S2 – S4) Nervi pelvici (parasimpatico) Nervo pudendo pene EREZIONE Se la lesione coinvolge una delle suddette strutture Æ impossibilità all’erezione di tipo riflesso. Lesioni ad un livello più alto di S2 Æ rimane integro l’arco riflesso Æ erezione riflessa FATTORI INTERFERENTI: 1. NEUROLOGICI: lesione midollare incompleta che determina una inibizione neurale del centro midollare 2. FARMACOLOGICI. Uso del baclofene e altri miorilassanti Æ riduce le risposte riflesse 3. UROLOGICI: infezione delle vie urinarie, calcoli, ritenzione urinaria 4. INTESTINALI: stasi intestinale 5. POSTURALI: posture facilitanti o inibenti il tono muscolare agiscono sull’erezione 6. PSICOLOGICI: nelle lesioni incomplete STIMOLI VISIVI, OLFATTIVI, DA FANTASIA, RICORDI, STIMOLI TATTICI, UDITIVI SISTEMA LIMBICO 2.CENTRO MIDOLLARE TORACO – LOMBARE (C/O D11 – L2) NN. IPOGASTRICI (SIMPATICO) PENE EREZIONE PSICOGENA PROGRAMMAZIONE RIABILITATIVA IN FASE DI EMERGENZA A. FUNZIONE VENTILATORIA Soprattutto nelle lesioni cervicali Æ distensione addominale (ileo paralitico, ritardato svuotamento gastrico, aerofagia, anormale pattern respiratorio) Æ compressione sul diaframma. Lesioni sopra T4 Æ difficoltà ventilatoria, mancanza della forza espulsiva della tosse, possibilità frequente di tracheotomia. TRATTAMENTO RIABILITATIVO 1. 2. 3. 4. far lavorare i muscoli respiratori superstiti (sternocleidomastoideo, scaleni, trapezio superiore) esercizi per favorire la tosse postura che permette il drenaggio bronchiale frequenti tracheoaspirazioni (attenzione alla vescica disreflessica) B. PREVENZIONE DEI DECUBITI Sedi classiche: spina scapolare,sacro, teste del perone, calcagno. Nel tetraplegico: si aggiungono le regioni epitrocleari TRATTAMENTO Corretto posizionamento Controllo degli indici vitali Controllo della cute Da evitare: 1. la cosiddetta “cerata” che serviva ad isolare il letto dalle deiezioni (urine – feci) 2. frizioni con alcoolici: disidratano la cute rendendola più fragile 3. scorretto posizionamento dei piedi lasciati in equinismo C. PREVENZIONE DELLE PARAOSTEOARTROPATIE (POA) Possibili cause: 1. Aumento della viscosità ematica con conseguente aggregazione piastrinica Æ trombosi microvascolare con zone di parziale ischemia periarticolare. 2. Mobilizzazione articolare scorretta Æ microtraumi ripetuti. 3. Crisi di ipertonia localizzata Æ microtraumi locali (Attenzione: non sempre vero perché le POA si trovano anche in pz. flaccidi). 4. “Shunt” artero – venosi per alterato controllo vegetativo del microcircolo con conseguenti compromissioni del metabolismo locale Æ precipitazioni di sali di calcio per alterato equilibrio acido – base. 5. Decadimento delle condizioni generali, ipoproteinemia, piaghe da decubito. 6. Fattori genetici di rischio: HLAB18, HLAB27. 7. Alcalosi respiratoria in corso di respirazione assistita Æ precipitazione fosfo-calcica. 8. Probabili alterazioni neuroendocrine (ormone GH?) SEDI DI PIU’ FACILE RISCONTRO: 1. ANCHE (60%) 2. GINOCCHIA (20%) 3. GOMITI (15%) 4. SPALLE (5%) N.B.: nel 42% dei casi sono bilaterali. PREVENZIONE Posture alternate ogni 2-3 ore Controllo farmacologico e fisioterapico dell’ipertonia supervisione assidua trattamento immediato prevenzione farmacologica (eparina a basso peso molecolare) TERAPIA MEDICA precoce e attenta applicazione delle norme preventive; CHIRURGICA - dopo 12 mesi - senza flogosi - stabilità biologica - osso maturo radioterapia locale; sodio-etidronato Æ inibizione della precipitazione di sali di calcio etc. FANS Infiltrazioni locali con cortisonici EXERESI ALLUNGAM. TRASPOSIZIONI D. PREVENZIONE DELLA T. V. P. METODI PASSIVI Mobilizzazione passiva Posture alternate Bendaggi compressivi Calze elastiche METODI ATTIVI Mobilizzazione attiva (??) Rieducazione respiratoria Stimolazione elettrica mm. polpaccio Compressione pneumatica intermittente TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELLA “FASE DI STATO” BILANCIO: BILANCIO ARTICOLARE: ROM, LIBERTA’ DI MOVIMENTO BILANCIO MOTORIO: ES. MUSCOLARE, ES. FUNZIONALE BIL. DELLA SPASTICITA’: SCALA DI ASHWORTH; SCALA “a +”: a) Lieve + b) Media ++ c) Grave +++ BIL. DELL’AUTONOMIA: SCALE DI VALUTAZ. FUNZIONALE: 1. 2. 3. 4. 5. FIM AVQ ICIDH INDICE DI BARTHEL ETC. PROGETTO RIABILITATIVO RECUPERO DELL’AUTONOMIA E POTENZIAMENTO DELLE CAPACITA’ FUNZIONALI RESIDUE LA SPASTICITA’ LA SPASTICITA’ E L’IPERREFLESSIA NELLE LESIONI MIDOLLARI TROVANO LA LORO ORIGINE IN UNA ALTERAZIONE DEI CIRCUITI RIFLESSI SPINALI CHE COMPORTA UNA IPERECCITABILITA’ DEI MOTOMEURONI ALFA CARATTERISTICHE SPECIFICHE (da considerare in riabilitazione per l’approccio fisioterapico): 1. RIFLESSO FLESSORE 2. INIBIZIONE RECIPROCA A. RIFLESSO FLESSORE LESIONE MIDOLLARE AUMENTO DEL TONO MUSCOLARE (da interruzione completa delle vie midollari discendenti) ESAGERAZIONE DEL RIFLESSO FLESSORE (anche per minimi stimoli: es. lieve tocco cutaneo) ARTI ATTEGGIATI IN FLESSIONE, DIFFICILMENTE ESTENSIBILI N.B. NEL PARAPLEGICO Æ RIFLESSO ESTENSORIO ARTI INFERIORI IPERESTESI, ADDOTTI, INTRAROTATI (a causa di una interruzione solo parziale delle vie midollari Æ coinvolgimento delle vie piramidali Æ ipertonia uguale alle lesioni sopraspinali B. INIBIZIONE RECIPROCA La spasticità può influenzare in modo diverso il movimento passivo e quello volontario: infatti su quest’ultimo giocano un ruolo primario le influenze sinergiche e le contrazioni tra agonista e antagonista Per esempio: sul piano clinico, ad una forte resistenza, valutata alla mobilizzazione passiva, possono corrispondere, nello stesso distretto, movimenti volontari senza particolari limitazioni oppure, al contrario, in assenza di significative resistenze al movimento passivo, si possono riscontrare importanti limitazioni al movimento attivo funzionale Cause: AFFERENZE Ia Afferenze monosinaptiche eccitatorie con alfa moto motoneuroni dello stesso muscolo afferenze disinaptiche inibitorie con motoneuroni dei muscoli antagonisti VIE DISCENDENTI ATTIVANO SIA I MOTONEURONI DEI MUSCOLI AGONISTI INIBISCONO I MOTONEURONI DEI MUSCOLI ANTAGONISTI ESEMPIO: poco prima e durante la contrazione attiva del muscolo tibiale anteriore, si verifica l’inibizione del muscolo soleo antagonista negli emiplegici sono influenzati i riflessi in favore dello schema estensorio,pur mantenendo un certo grado di motilità volontaria LA RIEDUCAZIONE 1. “NURSING”O RIEDUCAZIONE A LETTO 2. RIEDUCAZIONE ALLA STAZIONE SEDUTA 3. RIEDUCAZIONE ALLA STAZIONE ERETTA E AL CAMMINO O ALLA LOCOMOZIONE 4. TERAPIA OCCUPAZIONALE REISERIMENTO NELLE AVQ E ATTIVITA’ LAVORATIVE E NELLE 1. NURSING O RIEDUCAZIONE A LETTO Questa rieducazione comprende: a. profilassi: prevenzione di piaghe o decubiti b. mantenimento: articolare, muscolare e respiratorio c. rieducazione alla stazione seduta – verticalizzazione RIEDUCAZIONE ALLA STAZIONE SEDUTA (fine 1° mese nelle lesioni con integrità del rachide, fine 2° mese nelle lesioni complete) Finalità della riabilitazione: 1. prime alzate dal letto e il passaggio sulla poltrona 2. equilibrio da seduto 3. rieducazione dei muscoli in via di recupero e dei muscoli non colpiti 4. ricerca dell’indipendenza da seduto e nelle AVQ 5. controllo della carrozzina 6. il carico 7. le posture RIEDUCAZIONE ALLA STAZIONE ERETTA E AL CAMMINO PERCHE’? 1. per ridare maggiore autonomia al pz. (potersi mettere in piedi anche per pochi passi consente anche l’accesso a luoghi non accessibili alla carrozzina Æ bagno, scala, ascensore troppo stretto) 2. per non fare credere al pz. ad una “rieducazione incompleta” PROGNOSI del CAMMINO: livello della lesione le prestazioni degli arti superiori le buone condizioni ortopediche l’età, il peso, la statura del pz. l’adattamento cardiovascolare allo sforzo Livello di lesione Lesione Possibile recupero Lesioni < L5 genitale + sfinteri Lesioni L4 – L5 Tricipite surale e grandi glutei Lesioni L3 Quadricipiti Lesione L1 Arti inferiori completamente paralizzati Lesione D10 Addominali (fino all’ombelico) Lesione > D10 Spinali e Cammino senza tutori e/o ausilii Importante il quadricipite Æcammino con bastoni e ortesi (scarpa ortopedica + molla) Conservati i flessori dell’anca Æcammino con ortesi cosciagamba + 2 bastoni Æandatura 2 o 4 tempi Deambulazione con tutori cosciagamba Æ andatura “a pendolo” o “4 tempi” Deambulazione con tutore cosciagamba Æ andatura “a pendolo” Deambulazione “a Lesioni D1 Lesioni incomplete sensitive addominali + intercostali Mm intrinseci delle dita C8 Spasticità pendolo” o semipendolo Rara possibilità di cammino Controllo della spasticità www.fisiokinesiterapia.biz