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“LA RIABILITAZIONE
DEL
PAZIENTE MIELOLESO”
MIELOLESIONI
DA
CAUSE VERTEBRO MIDOLLARI:
CENNI STORICI
1. PAPIRO CHIRURGICO – XVII° secolo a.C. – periodo
corrispondente all’epoca delle piramidi
2. STELE FUNERARIA DEL SACERDOTE RUMA –
1000 / 2000 a.C. – museo di Copenhagen: arto più corto e
piede atrofizzato (poliomielite?)
3. TESORI DEGLI ASSIRI – 500 a.C. – Britisch Museun
di Londra: leonessa morente con paralisi del tronco,
colpita da una freccia che le trapassa la colonna
vertebrale.
4. IPPOCRATE – 460 / 370 a.C. – studia e descrive
scientificamente l’effetto della dislocazione delle vertebre
cervicali
5. EROFILO DA CALCEDONIA – 300 a.C. – descrive
l’anatomia e il decorso dei nervi fino si muscoli e la
conduzione nervosa nel midollo desumendola dai
cadaveri
6. GALENO DA PERGAMO – 131 / 201 a.C. - definisce
che una lesione tra la 1° e la 2° cervicale porta a morte,
tra la 3° e la 4° provoca paralisi respiratoria, che al di
sotto della 6° la lesione permette la funzione del
diaframma sebbene i muscoli respiratori della gabbia
toracica siano paralizzati
7. ARETO DI CAPPADOCIA – 250 d.C. – scopre come
la lesione di una parte del cervello comportasse deficit
dell’emisoma controlaterale
8. ………….
9. MORGAGNI (1682 – 1771) descrive i tumori della
colonna e la siringomielia
10. HEAD, GUILLAIN – BARRE’ studiano la paralisi
spinale
11. Diversi studi di medici degli eserciti militari sulle
lesioni da causa bellica
12. Nascita delle prime società scientifiche specifiche di
studio (Stati Uniti, Inghilterra)
EPIDEMIOLOGIA
Le lesioni midollari da causa traumatica non sono comuni.
Colpiscono
“PERSONE VIBRANTI,GIOVANI E ATTIVE, CON
ALTO LIVELLO DI ISTRUZIONE.”
Incidenza annua:
29,4 – 50 nuovi casi/anno/1.000.000 abitanti
maschi: femmine – 2,4:1 (4:1) a seconda della letteratura
età: 25 – 44 anni
Le lesioni non traumatiche colpiscono varie fasce di
popolazione, sono meno frequenti delle traumatiche e
colpiscono prevalentemente la popolazione adulta.
EZIOLOGIA:
1. CAUSE TRAUMATICHE: Incidenti stradali (45,4 %),
cadute (16,8 %), lesioni sportive (16,3 %), episodi di
violenza.
2. DEGENERATIVE
3. TUMORALI: Morbo di Hodgkin, Mieloma multiplo,
metastasi vertebro – midollari, neurofibromatosi
4. MALFORMATIVE
5. JATROGENE: radioterapia, interventi chirurgici sulla
colonna e non (vedi p.e. interventi per aneurismi
dell’arco aortico)
6. VASCOLARI: rammollimenti ischemici del midollo
(trombosi vascolare), emangiomi, aneurisma dissecante
dell’aorta, complicanze dell’artografia, malformazioni
artero-venose)
7. CAUSE TOSSICHE: iniezione intrarachidea (sostanze
iniettate a scopo diagnostico, tipo mezzi di contrasto;
sostanze terapeutiche tipo novocaina, percaina etc.;
somministrazione intrarachidea di antibiotici a dosaggi
elevati
CENNI DI ANATOMIA:
Il midollo lungo il suo percorso presenta due rigonfiamenti:
1. cervicale
2. lombare
che sono corrispondenti all’emergenza delle radici nervose
destinate agli arti superiori ed inferiori.
In alto il midollo si continua nel BULBO e in basso forma
il CONO TERMINALE (circa L1 – L2), attorno a cui si
sfioccano le radici della CAUDA EQUINA.
E’ diviso in due metà simmetriche, dx e sx, per mezzo di
solchi, mediano anteriore e mediano posteriore.
Ciascuna metà e suddivisa a sua volta dall’emergenza delle
radici lungo solchi laterali anteriore e posteriore: questi
delimitano, partendo dalla linea mediana, i CORDONI
ANTERIORE, LATERALE E POSTERIORE: a sua volta
il cordone posteriore è suddiviso dal SOLCO
INTERMEDIO POSTERIORE, in due cordoni secondari:
1. GRACILE (Goll), mediale
2. CUNEATO (Burdach), laterale
na sezione trasversale del
midollo dimostra che è
costituito da 2 parti:
1. Sostanza
bianca
periferica
(fasci
di
associazione, ascendenti
e discendenti)
2. sostanza grigia –centrale
(centri nervosi midollari)
La sostanza grigia, in ogni metà del midollo, presenta 2
corni.
1. ANTERIORE (MOTORE)
2. POSTERIORE (SENSITIVO)
LE FUNZIONI DEL MIDOLLO
1. FUNZIONE RIFLESSA: “arco riflesso”
2. FUNZIONE DI CONDUZIONE: conducibilità degli
stimoli
3. FUNZIONE TROFICA: dei centri periferici (es.
muscoli) dipendenti dal nucleo nervoso presente ad un
determinato livello del midollo
4. FUNZIONE AUTORITMICA: vescica – alvo
PATOGENESI DEL DANNO MIDOLLARE
Raramente il danno esita in una interruzione anatomica del
midollo: più spesso la lesione è causata da traumi chiusi,
spesso associati a fratture o lussazioni delle vertebre.
Il danno dipende inoltre da:
1. Forza dell’insulto lesivo (traumi penetranti?)
2. Direzione della forza in questione (flessione, estensione,
rotazione, compressione o combinazione di queste
componenti)
3. Dimensioni dell’ eventuale oggetto contundente
4. Rapidità di intervento terapeutico
CENNI DI TRATTAMENTO
A seconda del livello del trauma e delle sue conseguenze
“distruttive”, oltre che del tempo intercorso tra il trauma e
l’intervento stesso, si distinguono:
1. LAMINECTOMIA (oggi rara)
2. OSTEOSINTESI (placche di Roy – Camille)
3. CONTENZIONE IN GESSO (oggi raro)
4. RIDUZIONE POSTURALE (cuscino cilindrico c/o la
zona fratturata Æ riduzione del carico vertebrale)
5. ASTENSIONE
1.QUADRI CLINICI
“Schematicamente” possiamo distinguere dal punto di vista
anatomo-patologico almeno 4 condizioni lesive con diversa
prognosi:
1.
COMMOZIONE, SHOCK O “STUPOR”:
REGRESSIONE SPONTANEA PARZIALE O
TOTALE
2.
CONTUSIONE: PARZIALMENTE REVERSIBILE
3.
COMPRESSIONE: PARZIALM. REVERSIBILE
4.
SEZIONE: IRREVERSIBILE
2.QUADRI CLINICI
FASI CLINICHE DELLA LESIONE:
1. FASE ACUTA (SHOCK)
2. DI AUTOMATISMO (RIPRISTINO)
3. FASE DI STATO (CRONICITA’)
A. FASE ACUTA
Dura circa 5 – 6 settimane: paralisi totale o parziale della
motilità, sensibilità, del sistema neuro-vegetativo,
dell’apparato uro-genitale e di ogni sistema sottostante alla
lesione.
In pratica si possono rilevare:
1. atonia
2. flaccidità muscolare
3. areflessia
4. paralisi degli sfinteri con ritenzione di urina e feci
LE LESIONI SOPRA D6 si accompagnano a:
1. dilatazione gastrica
2. compromissione del vegetativo (alterazione tono vasale,
del riflesso pilomotore, della sudorazione e della
termoregolazione Æ ipertermia maligna)
LE LESIONI CERVICALI DANNO TETRAPLEGIA
più o meno alta a seconda del mielomero colpito e da
paralisi della motilità respiratoria volontaria ( mm.
intercostali e addominali).
La respirazione è sostenuta prevalentemente dal
diaframma (C3 – C4 – parzialmente C5) e dai mm.
respiratori sussidiari (scaleno, sternocleidomastoideo
splenio, lunghissimo del collo etc.)
LE LESIONI SOPRA C4 NON SONO COMPATIBILI
CON LA VITA PER PARALISI DEL DIAFRAMMA,
LEGATA ALLA COMPROMISSIONE DEL CENTRO
FRENICO (RESPIRAZIONE CONSENTITA SOLO
DA AUTORESPIRATORI)
NB: la condizione di shock midollare può persistere da 1 a
6 settimane. Secondo alcuni autori può durare anche fino ad
alcuni mesi.
PERCIO’,
AI
FINI
RIABILITATIVI,
E’
RAGIONEVOLE PORRE IL GIUDIZIO DI
COMPLETEZZA ATTORNO ALLA VENTESIMA
GIORNATA DAL TRAUMA.
IN OGNI CASO, COMUNQUE, UN RITARDO DI 6
MESI NELLA COMPARSA DEL RECUPERO
SEMBRA
ESSERE
UN
INTERVALLO
RAGIONEVOLE PER CONSIDERARE DEFINITIVA
LA LESIONE MIDOLLARE.
FASE DI AUTOMATISMO
LA FASE DI SHOCK SFUMA LENTAMENTE NELLA
FASE DI AUTOMATISMO ÆLENTO RIPRISTINO
DELLE FUNZIONI RIFLESSE MIDOLLARI E
DELL’ATTIVITA’ AUTOMATICA DEI CENTRI
SPINALI SOTTOLESIONALI,
SI HANNO SEGNI DI LESIONE DEL 1°
MOTONEURONE CON SEGNI DI INTERESSAMENTO
DEL FASCIO PIRAMIDALE E SEGNI DI LESIONE
DEL 2° MOTONEURONE.
Nelle lesioni cervicali e dorsali sopra D6 concomitano
alterazioni del sistema vegetativo:
1. turbe del tono vasale: prevale l’ipotensione per
vasodilatazione dei territori paralizzati e per alterazione
della microcircolazione periferica (deconnessione delle
vie spinali del sistema simpatico con i tenso-recettori
periferici; alterazione del sistema aldosterone-reninaangiotensina)
2. turbe della termoregolazione: alterazione della
funzione del centro termico + vasodilatazione periferica
massiva
3. turbe della sudorazione: inizialmente si ha iperidrosi
sopralesionale
+
ipoidrosi
sottolesionale.
Successivamente compare iperidrosi dei territori
paralitici
4. turbe della circolazione cutanea
5. turbe del riflesso pilomotore
6. Fenomeni di “disreflessia” Æ”RIFLESSO VESCICO
– IPERTENSIVO” che insorge drammaticamente nelle
lesioni sopra D6, a circa 2 – 3 mesi dal trauma con:
cefalea pulsante, ipertensione arteriosa, bradicardia,
ritenzione urinaria, rossore al volto, sudorazione
profusa.
Tali fenomeni vengono evocati da:
-
manovre uretrali e vescicali
sovradistensione vescicale
manovre rettali
stimoli nocicettivi sulle aree ipogastriche o perineali
CAUSE:
AFFERENZE SOMATO VISCERALI AL MIDOLLO
SCARICA DI NORADRENALINA
ALFA-RECETTORI DELLE PARETI ARTERIOLARI
DELLO SFINTERE LISCIO VESCICALE
VASOCOSTRIZIONE CON IPERTENSIONE
ARTERIOSA,IPERTONO DELLO SFINTERE
VESCICALE Æ RITENZIONE DI URINA
FASE DI STATO
È la fase della “cronicizzazione” della malattia e
dell’insorgenza delle complicanze.
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA
CAUSE
PRIMARIE
AGGRAVANTI
1. Paralisi del diaframma (C3 – C5)
1. dilatazione gastrica
2. Paralisi nn. Intercostali
2. ileo paralitico
3. Paralisi nn. Addominali
3. infezioni broncopolmonari
4. Paralisi o lesioni associate:
4. edema polmonare
5. embolia polmonare
- toracopolmonari
acute: fratture costali, emotorace, pneumotorace
croniche: asma, enfisema, bronchiectasie, fibrotorace
- addominali
FLEBOTROMBOSI
PERDITA DEL TONO VASALE
IPOFUNZIONE MUSCOLARE ATTIVA CON
RALLENTAMENTO DEL CIRCOLO PROFONDO
STASI Æ AUMENTO DELLA VISCOSITA’ EMATICA,
DELL’AGGREGAZIONE PIASTRINICA E
DELL’ATTIVITA’ TROMBOPLASTINICA
FLEBOTROMBOSI DEGLI ARTI PLEGICI
ALTRE COMPLICANZE
EMBOLIA POLMONARE: DA FLEBOTROMBOSI
PROFONDE
DA
IMMOBILIZZAZIONE,
OSTEOPOROSI:
MANCANZA DEL CARICO, RIDUZIONE DEL
PARATORMONE E LIEVE AUMENTO DELLA
CALCITONINA
PARAOSTEOPATIE: OSSIFICAZIONI ECTOPICHE A
PREVALENTE LOCALIZZAZIONE PERIARTICOLARE
IN ARTI PARALIZZATI
ALTERAZIONI EQUILIBRIO IDRO-SALINO, DEL
METABOLISMO E DELLA FUNZIONE RENALE
ULCERE DA DECUBITO
VESCICA E/O ALVO NEUROGENI
LA VESCICA NEUROLOGICA
La sintomatologia acuta è uguale per tutti i livelli di lesione
La vescica è ATONICA, FACILMENTE DISTENSIBILE,
CON RITENZIONE DI URINA (SE NON DRENATA
PROVOCA INCONTINENZA PARADOSSA).
ABOLIZIONE DI TUTTI I RIFLESSI (bulbo-cavernoso,
anale etc.)
RIPRISTINO (in relazione al livello di lesione):
1. vescica da lesione del motoneurone superiore – al di
sopra
del
cono
midollare
Æ
VESCICA
AUTOMATICA, RIFLESSA
2. vescica da lesione del motoneurone inferiore – a livello
del cono Æ VESCICA AUTONOMA AREFLESSICA
3. vescica neurogena mista – in caso di lesione
parzialmente centrale o periferica.
1. VESCICA AUTOMATICA
DILATAZIONE VESCICALE
TENSIONE DEL PERITONEO VESCICALE E PARETE
ADDOMINALE
SENSO DI PESO EPIGASTRICO
(trasmesso dalle vie simpatiche sensitive)
DISTENSIONE VESCICALE
MINZIONE RIFLESSA OGNI 2 – 3 ORE
VESCICA AUTONOMA
ASSENZA DELL’ARCO RIFLESSO DELLA MINZIONE
PER LESIONE DEI CENTRI SPINALI O DELLE VIE DI
CONNESSIONE
RITENZIONE URINARIA
LA FUNZIONE SESSUALE: ORGASMO
CONTRAZIONE MUSCOLARE DEL PIANO PERINEALE
DISTENSIONE DELL’URETRA PROVOCATA DALLO SPERMA
STIMOLI PROPRIOCETTIVI
CENTRI CORTICALI
SENSAZIONI GENERALMENTE PIACEVOLI
NEL MIELOLESO:
1.
ORGASMO ALTERATO PER
MESSAGGI PROPRIOCETTIVI
ALTERATI
2.
STIMOLI
CHE
DETERMINANO
DISREFLESSIA AUTONOMICA
LA
EREZIONE
Donna:
lubrificazione vaginale e inturgidimento del clitoride
Uomo:
inturgidimento del pene
Nel midollo esistono 2 centri nervosi per l’erezione:
1. sacrale Æ erezione riflessa
2. toraco-lombare Æ erezione psicogena
1. CENTRO SACRALE (c/o S2 – S4)
Nervi pelvici (parasimpatico)
Nervo pudendo
pene
EREZIONE
Se la lesione coinvolge una delle suddette strutture Æ
impossibilità all’erezione di tipo riflesso.
Lesioni ad un livello più alto di S2 Æ rimane integro l’arco
riflesso Æ erezione riflessa
FATTORI INTERFERENTI:
1. NEUROLOGICI: lesione midollare incompleta che
determina una inibizione neurale del centro midollare
2. FARMACOLOGICI. Uso del baclofene e altri
miorilassanti Æ riduce le risposte riflesse
3. UROLOGICI: infezione delle vie urinarie, calcoli,
ritenzione urinaria
4. INTESTINALI: stasi intestinale
5. POSTURALI: posture facilitanti o inibenti il tono
muscolare agiscono sull’erezione
6. PSICOLOGICI: nelle lesioni incomplete
STIMOLI VISIVI, OLFATTIVI, DA FANTASIA,
RICORDI, STIMOLI TATTICI, UDITIVI
SISTEMA LIMBICO
2.CENTRO MIDOLLARE TORACO – LOMBARE
(C/O D11 – L2)
NN. IPOGASTRICI (SIMPATICO)
PENE
EREZIONE PSICOGENA
PROGRAMMAZIONE RIABILITATIVA
IN FASE DI EMERGENZA
A. FUNZIONE VENTILATORIA
Soprattutto nelle lesioni cervicali Æ distensione
addominale (ileo paralitico, ritardato svuotamento gastrico,
aerofagia, anormale pattern respiratorio) Æ compressione
sul diaframma.
Lesioni sopra T4 Æ difficoltà ventilatoria, mancanza della
forza espulsiva della tosse, possibilità frequente di
tracheotomia.
TRATTAMENTO RIABILITATIVO
1.
2.
3.
4.
far lavorare i muscoli respiratori superstiti
(sternocleidomastoideo, scaleni, trapezio superiore)
esercizi per favorire la tosse
postura che permette il drenaggio bronchiale
frequenti tracheoaspirazioni (attenzione alla vescica
disreflessica)
B. PREVENZIONE DEI DECUBITI
Sedi classiche: spina scapolare,sacro, teste del perone,
calcagno. Nel tetraplegico: si aggiungono le regioni
epitrocleari
TRATTAMENTO
Corretto posizionamento
Controllo degli indici vitali
Controllo della cute
Da evitare:
1. la cosiddetta “cerata” che serviva ad isolare il letto dalle
deiezioni (urine – feci)
2. frizioni con alcoolici: disidratano la cute rendendola più
fragile
3. scorretto posizionamento dei piedi lasciati in equinismo
C. PREVENZIONE DELLE PARAOSTEOARTROPATIE (POA)
Possibili cause:
1. Aumento della viscosità ematica con conseguente aggregazione
piastrinica Æ trombosi microvascolare con zone di parziale
ischemia periarticolare.
2. Mobilizzazione articolare scorretta Æ microtraumi ripetuti.
3. Crisi di ipertonia localizzata Æ microtraumi locali (Attenzione:
non sempre vero perché le POA si trovano anche in pz.
flaccidi).
4. “Shunt” artero – venosi per alterato controllo vegetativo del
microcircolo con conseguenti compromissioni del metabolismo
locale Æ precipitazioni di sali di calcio per alterato equilibrio
acido – base.
5. Decadimento delle condizioni generali, ipoproteinemia, piaghe
da decubito.
6. Fattori genetici di rischio: HLAB18, HLAB27.
7. Alcalosi respiratoria in corso di respirazione assistita Æ
precipitazione fosfo-calcica.
8. Probabili alterazioni neuroendocrine (ormone GH?)
SEDI DI PIU’ FACILE RISCONTRO:
1. ANCHE (60%)
2. GINOCCHIA (20%)
3. GOMITI (15%)
4. SPALLE (5%)
N.B.: nel 42% dei casi sono bilaterali.
PREVENZIONE
Posture alternate ogni 2-3 ore
Controllo farmacologico e fisioterapico
dell’ipertonia
supervisione assidua
trattamento immediato
prevenzione farmacologica
(eparina a basso peso molecolare)
TERAPIA
MEDICA
precoce e attenta
applicazione delle norme
preventive;
CHIRURGICA
- dopo 12 mesi
- senza flogosi
- stabilità biologica
- osso maturo
radioterapia locale;
sodio-etidronato Æ
inibizione della precipitazione
di sali di calcio etc.
FANS
Infiltrazioni locali con
cortisonici
EXERESI
ALLUNGAM.
TRASPOSIZIONI
D. PREVENZIONE DELLA T. V. P.
METODI PASSIVI
Mobilizzazione passiva
Posture alternate
Bendaggi compressivi
Calze elastiche
METODI ATTIVI
Mobilizzazione attiva (??)
Rieducazione respiratoria
Stimolazione elettrica mm.
polpaccio
Compressione
pneumatica
intermittente
TRATTAMENTO RIABILITATIVO
DELLA “FASE DI STATO”
BILANCIO:
BILANCIO ARTICOLARE: ROM, LIBERTA’ DI MOVIMENTO
BILANCIO MOTORIO:
ES. MUSCOLARE, ES. FUNZIONALE
BIL. DELLA SPASTICITA’: SCALA DI ASHWORTH;
SCALA “a +”: a) Lieve +
b) Media ++
c) Grave +++
BIL. DELL’AUTONOMIA: SCALE DI VALUTAZ. FUNZIONALE:
1.
2.
3.
4.
5.
FIM
AVQ
ICIDH
INDICE DI BARTHEL
ETC.
PROGETTO
RIABILITATIVO
RECUPERO DELL’AUTONOMIA
E
POTENZIAMENTO DELLE CAPACITA’
FUNZIONALI RESIDUE
LA SPASTICITA’
LA SPASTICITA’ E L’IPERREFLESSIA NELLE LESIONI
MIDOLLARI TROVANO LA LORO ORIGINE IN UNA
ALTERAZIONE DEI CIRCUITI RIFLESSI SPINALI CHE COMPORTA
UNA IPERECCITABILITA’ DEI MOTOMEURONI ALFA
CARATTERISTICHE SPECIFICHE (da considerare in riabilitazione
per l’approccio fisioterapico):
1. RIFLESSO FLESSORE
2. INIBIZIONE RECIPROCA
A. RIFLESSO FLESSORE
LESIONE MIDOLLARE
AUMENTO DEL TONO MUSCOLARE
(da interruzione completa delle vie midollari discendenti)
ESAGERAZIONE DEL RIFLESSO FLESSORE
(anche per minimi stimoli: es. lieve tocco cutaneo)
ARTI ATTEGGIATI IN FLESSIONE,
DIFFICILMENTE ESTENSIBILI
N.B. NEL PARAPLEGICO Æ RIFLESSO ESTENSORIO
ARTI INFERIORI IPERESTESI, ADDOTTI, INTRAROTATI
(a causa di una interruzione solo parziale delle vie midollari Æ
coinvolgimento delle vie piramidali Æ
ipertonia uguale alle lesioni sopraspinali
B. INIBIZIONE RECIPROCA
La spasticità può influenzare in modo diverso il
movimento passivo e quello volontario: infatti su
quest’ultimo giocano un ruolo primario le influenze
sinergiche e le contrazioni tra agonista e antagonista
Per esempio: sul piano clinico, ad una forte resistenza,
valutata alla mobilizzazione passiva, possono
corrispondere, nello stesso distretto, movimenti
volontari senza particolari limitazioni oppure, al
contrario, in assenza di significative resistenze al
movimento passivo, si possono riscontrare importanti
limitazioni al movimento attivo funzionale
Cause:
AFFERENZE Ia
Afferenze monosinaptiche
eccitatorie con alfa moto
motoneuroni dello stesso
muscolo
afferenze disinaptiche
inibitorie con motoneuroni dei muscoli
antagonisti
VIE DISCENDENTI
ATTIVANO SIA I MOTONEURONI DEI MUSCOLI AGONISTI
INIBISCONO I MOTONEURONI DEI MUSCOLI ANTAGONISTI
ESEMPIO:
poco prima e durante la contrazione attiva
del muscolo tibiale anteriore, si verifica l’inibizione
del muscolo soleo antagonista
negli emiplegici sono influenzati i riflessi in favore
dello schema estensorio,pur mantenendo un certo
grado di motilità volontaria
LA RIEDUCAZIONE
1. “NURSING”O RIEDUCAZIONE A LETTO
2. RIEDUCAZIONE ALLA STAZIONE SEDUTA
3. RIEDUCAZIONE ALLA STAZIONE ERETTA E
AL CAMMINO O ALLA LOCOMOZIONE
4. TERAPIA
OCCUPAZIONALE
REISERIMENTO NELLE AVQ E
ATTIVITA’ LAVORATIVE
E
NELLE
1. NURSING O RIEDUCAZIONE A LETTO
Questa rieducazione comprende:
a. profilassi: prevenzione di piaghe o decubiti
b. mantenimento: articolare, muscolare e respiratorio
c. rieducazione alla stazione seduta – verticalizzazione
RIEDUCAZIONE ALLA STAZIONE SEDUTA
(fine 1° mese nelle lesioni con integrità del rachide,
fine 2° mese nelle lesioni complete)
Finalità della riabilitazione:
1. prime alzate dal letto e il passaggio sulla poltrona
2. equilibrio da seduto
3. rieducazione dei muscoli in via di recupero e dei muscoli
non colpiti
4. ricerca dell’indipendenza da seduto e nelle AVQ
5. controllo della carrozzina
6. il carico
7. le posture
RIEDUCAZIONE ALLA STAZIONE ERETTA
E AL CAMMINO
PERCHE’?
1. per ridare maggiore autonomia al pz. (potersi mettere in
piedi anche per pochi passi consente anche l’accesso a
luoghi non accessibili alla carrozzina Æ bagno, scala,
ascensore troppo stretto)
2. per non fare credere al pz. ad una “rieducazione
incompleta”
PROGNOSI del CAMMINO:
livello della lesione
le prestazioni degli arti superiori
le buone condizioni ortopediche
l’età, il peso, la statura del pz.
l’adattamento cardiovascolare allo sforzo
Livello di lesione
Lesione
Possibile recupero
Lesioni < L5
genitale + sfinteri
Lesioni L4 – L5
Tricipite surale e
grandi glutei
Lesioni L3
Quadricipiti
Lesione L1
Arti
inferiori
completamente
paralizzati
Lesione D10
Addominali (fino
all’ombelico)
Lesione > D10
Spinali
e
Cammino
senza
tutori e/o ausilii
Importante
il
quadricipite
Æcammino
con
bastoni e ortesi
(scarpa ortopedica
+ molla)
Conservati
i
flessori dell’anca
Æcammino
con
ortesi
cosciagamba + 2 bastoni
Æandatura 2 o 4
tempi
Deambulazione
con tutori cosciagamba Æ andatura
“a pendolo” o “4
tempi”
Deambulazione
con tutore cosciagamba Æ andatura
“a pendolo”
Deambulazione “a
Lesioni D1
Lesioni
incomplete
sensitive
addominali
+
intercostali
Mm
intrinseci
delle dita
C8 Spasticità
pendolo”
o
semipendolo
Rara possibilità di
cammino
Controllo
della
spasticità
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