18 maggio 2017 delle ore 08:10 Pintoricchio e il mistero svelato di Giulia Farnese Si inaugura a Roma la mostra “Pintoricchio pittore dei Borgia” ai Musei Capitolini L’Italia è un paese strano. Lo sappiamo. Dove la cronaca si confonde con la storia e la storia continua a restare cronaca. Molte volte priva di sbocchi e soluzioni. Sono tanti, infatti, i misteri italiani irrisolti senza un mandante, senza colpevoli, senza un lieto fine. Ma non è il caso che ci accingiamo a raccontare oggi. Svelato dopo oltre cinquecento anni. L’occasione è una mostra, "Pintoricchio pittore dei Borgia”, che si inaugura tra qualche ora a Roma, ai Musei Capitolini. Procediamo però con ordine, direbbe Carlo Lucarelli, il "re del noir del nuovo millennio”. I protagonisti della nostra storia sono tre. Il controverso papa Alessandro VI Borgia, all’epoca dei fatti sulla sessantina; Giulia Farnese, una dama ventenne, raffinata e attraente, chiamata anche con l’appellativo di "Giulia la Bella”; e Bernardino di Betto detto il Pinturicchio (Pintoricchio), all’incirca sulla quarantina, uno dei più estrosi artisti del nostro Rinascimento. Ebbene Giulia Farnese, insieme a Giovanna Catanei, detta Vannozza, e a Lucrezia Borgia, era una delle tre amanti del pontefice Alessandro VI, anzi la prediletta delle tre. Ed entra in gioco, a questo punto, l’immancabile testimone. È Giorgio Vasari, che ci racconta un aneddoto tutt’altro che secondario nella ricostruzione della vicenda. Ci svela, infatti, che Pinturicchio realizzò per Alessandro VI un affresco in una delle stanze private del suo appartamento in Vaticano (gli appartamenti Borgia). Fin qui, nulla di strano. Se non fosse che, sempre secondo la testimonianza del Vasari, il volto della Madonna avesse le sembianze proprio di Giulia Farnese e il papa apparisse inginocchiato ai suoi piedi! Scena romantica sì ma, seguendo la lettura del Vasari, e in considerazione degli attori in questione, trasgressiva come poche. Scandalosa quanto intrigante. Diciamolo pure, quasi blasfema. Così non sorprende che, con la morte di Alessandro VI, il dipinto "incriminato” venisse prudentemente nascosto da una stoffa pesante, sulla quale era riprodotta una "più ortodossa” Madonna del Popolo. Oltre un secolo dopo, nel 1655, con l’elezione al soglio di Pietro di papa Alessandro VII, al secolo Fabio Chigi, l’affresco "dello scandalo” fu distaccato e fatto a pezzi. I frammenti relativi alla Madonna e al Gesù Bambino benedicente, dopo alterne vicende, dati per dispersi prima, sono riemersi poi sul mercato antiquario in momenti diversi, e oggi possono essere finalmente ammirati insieme, ricongiunti nella mostra ai Musei Capitolini, insieme a numerose altre opere del Rinascimento italiano. Un’operazione che ha permesso di rivedere definitivamente il mito della presenza del ritratto di Giulia Farnese nell’appartamento Borgia riconoscendovi, invece, una rarissima e pudica scena di "Investitura divina del neoeletto pontefice Alessandro VI”. Insomma, tanto rumore per nulla. Questa nuova proposta di interpretazione spazza, infatti, definitivamente il campo dalle interpretazioni decisamente più "maliziose” dell’opera, che ne hanno tramandato nei secoli la leggenda, ma anche provocato la distruzione. Quindi, di fronte a una storia tanto affascinante che ci offre un così vivace spaccato della Roma cinquecentesca e della corte dei Borgia, chissà se un giorno, a completare il "puzzle” dell’affresco di Pinturicchio, riemergerà anche il ritratto di papa Alessandro VI. Dissoluto sì, ma assolto in questa circostanza. Almeno in primo grado. Salvo appelli di nuovi storici dell’arte. (CBS) . pagina 1