Pattacini Cotruttori
La Storia
Il rientro - breve intermezzo cadelboscheseFilippo, rientrato per primo in Italia, partecipa con lo zio Ferruccio alla
costruzione di una strada sull’Appennino emiliano, nei pressi di Collagna ed ai lavori di ripristino del magazzinomerci della stazione di Modena.
Il 30 settembre 1947 viene sancita la separazione definitiva di Fer-ruccio dagli altri quattro fratelli. Egli chiuderà
l’attività edilizia ritirandosi a Imperia per dedicarsi esclusivamente al servizio di nettezza urbana.
Anche se con grande dispiacere viene inoltre venduta la vecchia casa di famiglia alla Banca Agricola Commerciale che
la abbatterà per costruirvi una propria sede.
Il rimanente terreno viene suddiviso in quattro lotti, su cui ciascuno dei quattro fratelli costruirà una villetta.
La nostra permanenza nel paese durò però assai poco, nemmeno un anno; i motivi di ciò furono di ordine politico,
economico e psicologico.Nell’immediato dopoguerra la situazione politica in Emilia, ma in particolare nella bassa
reggiana era a dir poco esplosiva; era stato qui il centro del famigerato “triangolo della morte” che aveva
come base Reggio e Mo-dena e per vertice la bassa padana con Novellara, Correggio e dintorni. In questa zona
nell’aprile del 1945 erano avvenute molte esecuzioni sommarie di persone implicate con la Repubblica Sociale
Italiana che Mussolini dopo l’8 settembre del 1943 aveva costituito a Salò sul Lago di Garda. La cosid-detta
“linea gotica” corrispondente all’Appennino tosco-emiliano aveva di-viso l’Italia in due paesi
contrapposti: quella centro-meridionale monarchica, occupata dagli alleati e quella settentrionale con la RSI sotto la
tutela dei Tedeschi.
Era scoppiata di fatto una guerra civile tra chi si era schierato o sem-plicemente simpatizzava per Mussolini e i Tedeschi
e chi invece vi si oppo-neva anche con le armi come le formazioni partigiane. Per combattere queste, Mussolini e i
Tedeschi ricorsero ad azioni di violenza inaudita: paesi, abita-zioni, chiese furono bruciati insieme con le persone che vi
si erano rifugiate perché sospette di aver dato asilo o aiuto ai partigiani: Marzabotto, Bettola sono solo alcuni di questi
esempi; si ebbero esecuzioni sommarie a Correggio, a Villa Sesso, a Campegine, paese poco distante da Cadelbosco
dove furono prelevati e uccisi i sette fratelli Cervi, colpevoli di aver dato asilo ad alcuni paracadutisti alleati. Chi osava
professare idee diverse o anche solo sinto-nizzarsi su Radio-Londra andava incontro a manganellate e purghe a base di
olio di ricino.
A questa barbarie nell’aprile del 1945 corrisposero vendette atroci, dettate anche da odi personali: molti fascisti o
simpatizzanti tali furono uccisi in circostanza mai chiarite ed i loro corpi non vennero mai più ritrovati: ci furono poi
episodi meno gravi, ma non meno lesivi per la dignità della per-sona: ragazze ree di aver frequentato qualche soldato
tedesco o qualche re-pubblichino (così veniva definito chi aderiva alla repubblica di Salò) furono rapate a zero ed esposte
al pubblico ludibrio sulle piazze del paese; una nostra cugina, Wanda Vinsani, in seguito a questa umiliazione ed
all’uccisione del padre, ufficiale della Repubblica Sociale, si suicidò gettandosi dalla finestra del solaio.
Questo rifiuto così netto del fascismo e questo desiderio di vendetta che non si riscontra in nessuna altra regione italiana
aveva ragioni antiche: questa zona prima dell’avvento del fascismo era stata teatro di grandi lotte contadine ed
operaie, qui era nato Prampolini, fautore di un socialismo li-bertario e utopico, ma generoso e attento alle condizioni
sociali delle classi proletarie allora veramente durissime; queste lotte erano state duramente re-presse dal fascismo
alimentando così un forte antifascismo che più tardi la Repubblica Sociale aveva aggravato e condotto a tali estreme
conseguenze.
Questa era l’atmosfera che trovammo tornando dall’Egeo, dove no-nostante la guerra e le divergenze
religiose, razziali e politiche, un sostanziale rispetto aveva continuato a regnare nella comunità.
Inoltre si stavano consolidando le cooperative sociali la cui concor-renza diventava sempre più difficile da combattere.
Ecco perché profondamente turbati da questa situazione cogliemmo l’occasione di andare a lavorare altrove in
condizioni più serene anche se in ambienti più arretrati sul piano economico e sociale.
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