La Rivoluzione americana Le colonie inglesi in Nord America Con l'espressione Rivoluzione americana si intende quel processo che portò, tra il 1763 e il 1787, alla nascita degli Stati Uniti d'America. All'inizio la nuova realtà contava 13 colonie, che poi si sarebbero ribellate al dominio inglese, giungendo ad ottenere l'indipendenza. Il primo insediamento inglese in America risale al 1607, quando un gruppo di coloni si stabilì in un territorio, che in onore della regina Elisabetta, chiamarono Virginia. A questa spedizione mossa da motivi economici, ne seguirono altre, mosse invece da motivazioni religiose. Nella prima metà del Seicento, infatti, il tentativo dei sovrani inglesi (Giacomo I e Carlo I) di reprimere ogni forma di dissidenza religiosa e di imporre a tutti i sudditi l'anglicanesimo, provocò la reazione dei puritani, calvinisti intransigenti che non volevano piegarsi alla Chiesa di stato. Nel 1620 ci fu la più celebre di queste spedizioni per sfuggire alle persecuzioni religiose, ovvero quella dei Padri pellegrini: si trattava di un centinaio di puritani decisi a separarsi dalla Chiesa inglese, i quali dapprima fuggirono in Olanda e poi si imbarcarono per l'America (la nave su cui viaggiarono si chiamava Mayflower), sbarcando nel Massachussetts e fondando la città di New Plymouth. Successivamente, una grande migrazione portò in Massachussetts nel 1630 circa 1500 puritani, i quali diedero vita alle città di Boston e Salem. Nacque così la Nuova Inghilterra (New England), un territorio che comprendeva 4 colonie: Massachussetts, New Hampshire, Connecticut, Rodhe Island. Poco più a Sud c'era un territorio controllato dagli olandesi, il cui centro urbano più importante era chiamato Nuova Amsterdam; passata sotto controllo inglese nel 1664, la città venne ribattezzata New York. La vasta regione centrale venne poi divisa in 4 colonie: New York, New Jersey, Delawere, Pennsylvania (quest'ultima, con capoluogo Filadelfia, venne fondata da emigranti appartenenti alla setta dei quaccheri). Al Sud, infine, nacquero altre 4 colonie: Maryland (per opera dei cattolici), North Carolina, South Carolina, Georgia. Le tredici colonie Colonie Caratteri Virginia Fondata nel 1607, con finalità commerciali Massachussetts, New Hampshire, Connetticut Fondate nel 1620-1630 da puritani, emigrati per motivi religiosi Rhode Island Fondata nel 1636 da Roger Williams. Fu la prima colonia a concedere ampia libertà religiosa ai propri abitanti New York, New Jersey, Delaware Fondate dopo la conquista inglese di Nuova Amsterdam (1664) Pennsylvania Fondata dal quacchero William Penn nel 1681 Maryland, North Carolina, South Carolina, Georgia Colonie meridionali, fondate all'inizio del Settecento (ultima la Georga nel 1732) per la coltivazione del tabacco La conquista dei territori indiani Tra i coloni americani e gli indiani residenti in America si realizzò inizialmente una “precaria simbiosi”. Ognuno dei due gruppi, infatti, aveva trovato presso l'altro beni utilissimi: gli indiani praticavano l'agricoltura, producendo soprattutto mais (molto utile per la sopravvivenza dei primi insediamenti), che i coloni acquistavano in cambio di armi, tessuti e rum. Tuttavia, nel giro di poco l'equilibrio si alterò a danno degli indiani. In primo luogo, gli indiani non avevano difese immunitarie nei confronti delle malattie europee (come il vaiolo), per cui vennero decimati dalle epidemie. In secondo luogo, gli inglesi nel giro di poco non ebbero più bisogno dei rifornimenti alimentari dei campi indiani; mentre questi ultimi si abituarono in fretta all'uso di alcuni prodotti tipicamente europei, come i panni di lana, il rum, gli attrezzi in ferro e le armi da fuoco. Per acquistare i prodotti inglesi, gli indiani furono costretti a procurarsi merci che potessero interessare gli europei, come le pellicce, soprattutto di castoro, che i coloni esportavano in Inghilterra e Olanda. Lo sforzo per procurarsi il maggior quantitativo possibile di pellicce provocò, tra gli indiani, un notevole aumento della conflittualità fra le tribù. Il colpo definitivo venne, infine, inferto dagli europei quando, con l'arrivo di nuovi immigrati (e con il naturale incremento demografico), le terre a disposizione non erano più sufficienti: alla “precaria simbiosi” si sostituì', allora, la guerra di conquista. Gli indiani furono sterminati (soprattutto per opera dei puritani del New England): furono distrutte le case, incendiati i raccolti, uccisi indiscriminatamente uomini, donne e bambini. A tutto questo i coloni fornivano una giustificazione morale: per loro gli indiani erano barbari e selvaggi che adoravano il diavolo. La Precaria simbiosi Fasi Comportamento dei coloni Comportamento degli indiani Prima fase I coloni vendono armi, tessuti e rum Gli indiani vendono generi alimentari Seconda fase I coloni producono i cereali di cui si nutrono e vendono armi, tessuti e rum Gli indiani vendono pellicce e lottano per accaparrarsi il commercio con i bianchi Terza fase I coloni cercano di conquistare le terre degli indiani Gli indiani diventano vittime di una guerra di sterminio La mentalità puritana I puritani della Nuova Inghilterra erano convinti di essere il nuovo popolo di Dio, una comunità di santi, un faro per tutto il mondo cristiano. Tale convinzione era la conseguenza della dottrina calvinista della predestinazione e della rigenerazione. Nel momento in cui una persona scopriva di far parte della schiera degli eletti da Dio, riceveva una forza che raddrizzava il suo valore umano pervertito dal peccato e lo indirizza verso un'osservanza perfetta della Legge di Dio. Chiunque percepisse i precetti divini come un peso o un limite alla propria libertà era considerato dai puritani un dannato. Per questo le autorità imponevano uno stile di vita severo e rigoroso e chi se ne discostava era bandito dalla colonia. Dal punto di vista economico, questo modello si traduceva in un rigido controllo sull'iniziativa individuale, nella convinzione che l'egoismo e la sete di ricchezza privata fossero un segnale di assenza della rigenerazione. Per John Winthrop (primo governatore del Massachussetts) la nuova comunità era una realtà organica come il corpo umano, dove i singoli organi sono distinti, ma coordinati e orientati al bene comune. La caccia alle streghe di Salem In Massachussetts,nella città di Salem, un fiorente centro di scambi marittimi, si verificò nel febbraio 1692 la vicenda della caccia alle streghe. Alcune ragazzine cominciarono a comportarsi in modo stravagante (una di esse, Abigail Williams, si metteva a correre per la casa, emetteva suoni sibilanti ecc.) e ad accusare sintomi di vario tipo (fino all'irrigidimento degli arti e alle convulsioni). Le ragazze accusarono altre persone di essere la causa dei loro comportamenti e di essere vittime di un maleficio diabolico. Partì così una vasta caccia alle streghe che portò alla forca 19 persone. I sostenitori della necessità di procedere senza pietà appartenevano al gruppo sociale che guardava con perplessità ai ricchi mercanti di Salem e temeva che la vita comunitaria stava per essere distrutta dal prorompente egoismo di coloro che anteponevano il proprio interesse privato all'armonico ed equilibrato sviluppo di tutta la comunità. (Questo episodio non sembra essere in linea con le teorie di Weber sul rapporto tra calvinismo e progresso economico). Lo sviluppo demografico ed economico delle colonie Nelle colonie settentrionali l'economia era basata sulla coltivazione dei cereali nei villaggi rurali (aziende agricole di piccola o media grandezza) e soprattutto sull'industria cantieristica nei centri urbani della costa (Boston): vi si produceva circa il 50% dell'intera flotta britannica. Nelle colonie del Sud invece l'economia era basata sulle piantagioni (tabacco, riso, cotone) fondate sulla grande proprietà e sul lavoro degli schiavi. Al Centro l'economia era simile a quella delle colonie del Nord, come con una maggiore presenza del latifondismo. Le colonie attiravano emigranti e aumentarono vertiginosamente la propria popolazione. Solo una parte dei nuovi arrivati proveniva dall'Inghilterra (vi emigrarono anche tedeschi di fede luterana, irlandesi protestanti). Gli emigrati non avevano neppure di che pagarsi il viaggio e spesso venivano ingannati con promesse di facili fortune dai reclutatori di manodopera. Molti morivano già durante la traversata in mare. Una volta giunti in America, li attendeva una vita di servitù e di duro lavoro; per riscattare le spese di trasporto, infatti, i capitani delle navi vendevano gli emigranti ai grandi proprietari, presso i quali i nuovi arrivati dovevano lavorare in qualità di servi per un periodo che, in genere, era di quattro anni. Il servo bianco riusciva, nel giro di alcuni anni, a diventare libero, ma pochi di loro erano in grado di inserirsi nella società, gli altri o morivano nel periodo di lavoro servile oppure diventavano mendicanti. Gli schiavi neri Nel Settecento in America arrivavano circa 10-20000 schiavi neri ogni anno. I mercanti europei li acquistavano dai sovrani neri dei grandi regni dell'Africa costiera, i quali li catturavano nelle regioni dell'entroterra. In cambio degli uomini da trasferire oltre l'Atlantico, i trafficanti bianchi offrivano armi da fuoco, manufatti e rum, ogni barile del quale permetteva l'acquisto di un singolo schiavo. Molti di questi schiavi, soprattutto nei primi anni della tratta, morivano durante il viaggio, a causa delle epidemie che scoppiavano nella nave, dove tanti uomini erano stipati in uno stesso luogo chiuso e sporco. Gli schiavi neri furono impiegati in gran numero nelle grandi piantagioni del Sud (tabacco, riso e più tardi cotone), ma scarsamente nelle colonie del Nord, soprattutto per l'ostilità degli artigiani e dei contadini bianchi, che vedevano nella manodopera servile un pericoloso concorrente. Attività economica delle colonie Principale attività economica Limitazioni poste dall'Inghilterra Colonie del Sud Produzione di tabacco in piantagioni lavorate dagli schiavi Obbligo di vendere solo all'Inghilterra. Obbligo di comprare solo manufatti inglesi Colonie del Nord Esportazione di pellicce e di legname. Fabbricazione di navi Obbligo di vendere solo all'Inghilterra. Divieto di impiantare industrie capaci di far concorrenza a quelle inglesi I rapporti economici con l'Inghilterra I coloni si sentivano a pieno titolo sudditi del re d'Inghilterra, ma una serie di provvedimenti emanati dal Parlamento inasprì progressivamente in rapporti fra la comunità americana e la Gran Bretagna, fino alla scelta della ribellione aperta da parte dei coloni. Già nel XVII secolo (Cromwell) il governo inglese aveva ordinato che le colonie potevano vendere solo all'Inghilterra le merci più pregiate e preziose, come lo zucchero e il tabacco, ma nel Settecento, l'elenco di tali prodotti controllati si allungò, giungendo a comprendere le pelli, il legname e il ferro. Si trattava di misure finalizzate a proteggere l'economia inglese, garantendo a prezzi contenuti l'importazione di alcune merci essenziali alla produzione manifatturiera britannica. Analogo scopo protettivo avevano le leggi che impedivano alle colonie di impiantare un'industria tessile capace di far concorrenza a quella inglese (in seguito fu addirittura impedita l'emigrazione oltreoceano di artigiani e tecnici specializzati inglesi, vietata la fabbricazione di cappelli in America e proibita l'edificazione di impianti per la produzione di manufatti in ferro). Le colonie erano concepite come una fonte di materie prime ed un mercato capace di sostenere la produzione manifatturiera britannica. La bilancia commerciale delle colonie era costantemente in deficit, poiché le esportazioni (di navi, cereali, pellicce) non erano in grado da sole di equilibrare le importazioni. La svolta del 1764-1765 Nella prima metà del Settecento, nessuno dei coloni pensava a staccarsi dalla madrepatria. Tutti sentivano il legame con l'Inghilterra come essenziale per impedire che le colonie fossero conquistate dalla Francia, che era riuscita a imporre la propria presenza nel Canada. Nel 1756, in Europa, esplose la Guerra dei sette anni, che vide Francia, Austria e Russia contrapposte a Inghilterra e Prussia. Sebbene fosse uscita vittoriosa dal conflitto (rimanendo praticamente la sola padrona del Nord America), l'Inghilterra si trovò, a causa del conflitto, in gravi difficoltà finanziarie, acuite dal fatto che ora occorreva aumentare la presenza militare inglese nelle colonie. Si fece strada l'idea che fosse necessaria una riorganizzazione amministrativa e fiscale dell'Impero. Fu così promulgato nel 1764 lo Sugar Act, che impose dazi su numerosi prodotti che le colonie dovevano importare dall'estero (caffè, zucchero, tessuti, vino) e nel 1765 lo Stamp Act, che imponeva una tassa su documenti legali e giornali. Queste nuove tasse furono accolte dai coloni come ingiuste e insopportabili soprusi. Per la prima volta, infatti, il Parlamento si arrogava il diritto di legiferare per i coloni d'America, ignorando le loro autonomie e le loro assemblee legislative. La posizione del Parlamento inglese e quella delle colonie americane Posizione politica Conseguenza pratica Parlamento di Londra Subordinazione delle colonie all'autorità del Parlamento Diritto del Parlamento londinese ad imporre tasse alle colonie Colonie Fedeltà diretta al re, non al Rivendicazione di autonomia Parlamento (in cui i coloni non amministrativa e fiscale hanno propri rappresentanti) La protesta americana e la reazione inglese Nel 1766 il Parlamento inglese abolì lo Stamp Act, ma allo stesso tempo fece una solenne Dichiarazione (Declaratory Act) con cui affermava di avere il diritto di legiferare per le colonie. I coloni reagirono affermando che, secondo il diritto inglese, non è lecito imporre ai cittadini tasse “se non con il loro consenso, dato personalmente o da loro rappresentanti”. Il Parlamento di Londra aveva violato questo elementare principio, visto che i coloni non avevano propri rappresentanti in quell'assemblea (“No taxation, without representation”). La proclamazione dell'indipendenza A partire dal 1769-1770 i coloni cominciarono a fabbricare in America manufatti proibiti (es. tessuti) e a boicottare i beni provenienti dalla madrepatria. Boston, nel Massachussetts, divenne l'epicentro della protesta, e fu proprio qui che, il 16 dicembre 1773, in segno di protesta contro le nuove imposte sui beni importati, venne gettato a mare l'intero carico di tè di una nave della Compagnia delle Indie, che aveva ottenuto dal Parlamento di Londra il monopolio della vendita di tè sul mercato americano. Nel 1774 si tenne a Filadelfia il Primo Congresso continentale, che elaborò una Dichiarazione dei diritti delle colonie. Nel 1775 il governo inglese invio in America l'esercito e la flotta, mentre il Secondo Congresso continentale affidava al generale George Washington il comando dell'esercito. La formale Dichiarazione di indipendenza, scritta da Thomas Jefferson, fu firmata all'unanimità dai delegati al Congresso di Filadelfia il 4 luglio 1776. Questo documento si ispirava alla teoria contrattualista di John Locke, secondo la quale esistono diritti inalienabili (come la vita, la libertà, la ricerca della felicità) il cui pieno esercizio il governo deve garantire ed è legittima la rivolta nei confronti di quei governi che si comportino in modo tirannico. La vittoria delle colonie La guerra di indipendenza delle colonie inglesi contro la madrepatria durò quasi otto anni, dal 1775 al 1783. Inizialmente l'esercito inglese poté far valere la propria superiorità tecnica, ma col passare degli anni le difficoltà di rifornimento divennero insostenibili. Nel 1778, dopo che l'esercito americano era riuscito ad ottenere la significativa vittoria di Saratoga, anche la Francia entrò in guerra, con l'obiettivo di rimettere in discussione l'egemonia britannica in America del Nord. In seguito, a fianco delle colonie, intervennero anche la Spagna e l'Olanda. Nel 1781 la vittoria decisiva di Yorktown costrinse gli inglesi alla resa. La pace venne ufficialmente firmata a Parigi il 3 settembre 1783. La Francia ottenne basi in Senegal e alcune isole delle Antille, la Spagna ottenne la Florida e Minorca. Le colonie inglesi erano formalmente indipendenti. La Costituzione del 1787 Nel 1787 venne convocata a Filadelfia una Convenzione per elaborare una nuova Costituzione. Il potere legislativo venne conferito ad un Congresso e quello esecutivo ad un Presidente. Il Congresso venne articolato in un Senato e in una Camera dei Rappresentanti. A differenza del modello parlamentare inglese, il potere esecutivo non era assegnato ad un governo che doveva godere della fiducia del Parlamento, bensì al Presidente eletto dal popolo ogni quattro anni. Il Presidente nominava il governo ed i giudici alla Suprema Corte, che restavano in carica a vita. Oltre ad esercitare il potere esecutivo, egli era dotato anche di un parziale diritto di veto, cioè poteva rifiutarsi di firmare i progetti di legge già approvati dal Congresso e rinviarli ad esso per un'ulteriore discussione. La Costituzione era scritta e rigida (non poteva essere modificata con una legge ordinaria) e la Corte Suprema rappresentava il massimo organo che vigilava sulla costituzionalità di ogni legge. Il problema della schiavitù Alla fine del Settecento, gli Stati Uniti erano lo stato più libero del mondo e quello in cui la democrazia era più vicina a trasformarsi in realtà effettiva. Rimaneva tuttavia il problema della schiavitù. La Costituzione lasciava ogni singolo stato libero di decidere se adottare o meno la schiavitù, che rimase una caratteristica fondamentale della società americana fino alla metà dell'Ottocento. La contraddizione tra affermazioni di principio e realtà effettiva nella Costituzione del 1787 Affermazione di principio Realtà effettiva Giustificazione della contraddizione Tutti gli uomini sono dotati di uguali diritti Presenza della schiavitù Razzismo: i neri non sono esseri umani a pieno titolo