Il Forestale n. 72 60 pagine 11-02-2013 10:07 Pagina 50 UN UOMO UNA PIANTA Erik Gustavovich Laxmann e la Koelreuteria paniculata Laxm. Nella storia del cinema mondiale succede raramente che venga immortalato un botanico, ancor meno da un attore bello e famoso; questo è invece successo per il botanico del quale ci occupiamo oggi, ovvero Erik Gustavovich Laxmann, interpretato stupendamente dall’attore russo Oleg Ivanovic Jankovskiji nel film giapponese del 1992 “Sogni di Russia”, “O-Roshiya-koku suimu-tan” il titolo originale, tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore Yasushi Inoue. Il film concentra la sua storia sull’episodio più famoso legato alla vita di Erik Laxmann, quello dell’incontro avvenuto nel 1789, ad Irkutsk in Siberia con il giapponese Daikokuya Kodayu, capitano della nave giapponese Shinsho-maru, che, nel 1782, aveva fatto naufragio insieme al suo equipaggio di sei uomini nell’isola di Amchitka, una delle Isole Aleutine. Prima di approfondire gli sviluppi di questo incontro e ricordare la trama del film, ricostruiamo brevemente la vita di questo importante botanico, sacerdote, naturalista ed esploratore svedese al servi- 50 - Il Forestale n. 72 zio della Russia che oggi colleghiamo all’albero da lui scoperto, dai coloratissimi fiori gialli a grappolo, sempre più usato nelle alberate e nei parchi italiani: la Koelreuteria paniculata Laxm. Erik Gustavovich Laxmann nasce, sotto il segno del Leone, il 27 Luglio del 1737 a Nyslott ,una piccola città svedese nella regione del Savo meridionale (che oggi fa parte della Finlandia e si chiama Savonlinna). A vent’anni, nel 1757, inizia i suoi studi alla Åbo Kungliga Akademi (oggi Royal Academy of Turku, la prima università finlandese) e successivamente viene ordinato sacerdote a San Pietroburgo, allora capitale della Russia. Nel 1764, viene spedito come predicatore nella piccola diocesi di Barnaul nel centro della Siberia, da dove intraprende numerosi viaggi ed esplorazioni ad Irkutsk, Baikal, Kiakhta per giungere fino ai confini con la Cina. L’eco delle sue imprese e i materiali delle sue collezioni, non solo botaniche ma anche faunistiche, legate ai territori sperduti della Siberia, lo rendono così famoso nei principali circoli scientifici europei, che, nel 1769, Laxmann viene eletto membro stra- Il Forestale n. 72 60 pagine 11-02-2013 10:07 Pagina 51 UN UOMO UNA PIANTA niero all’Accademia Reale Svedese delle Scienze e, nel 1770, viene nominato professore di chimica ed economia all’Accademia Russa delle Scienze. Nel 1780 Laxmann si stabilsce ad Irkutsk e mette su famiglia: ha una moglie, Yekaterina Ivanvna, e cinque figli (quattro maschi, Gustav, Adam, Afernaci, Martin e una femmina, Marija). Ad Irkutsk, oltre ad occuparsi della creazione di un museo (fondato nel 1782 ed attualmente il più antico in Siberia) trova anche il tempo per dedicarsi agli affari e alla conduzione di una fabbrica di vetro. Riprendiamo a questo punto la trama del film che riguarda il suo tentativo , avvenuto nel 1791, per permettere il ritorno in patria di Daikokuya Kodayu e del suo equipaggio. Laxmann riesce, infatti, grazie al suo tenace impegno (questa è una dote di molti botanici) a convincere Caterina II, la Grande, dopo un incontro storico di Kodayu con la sovrana a Carskoe Selo, (il Villaggio dello Zar, la residenza estiva degli Zar a circa 26 chilometri a sud di San Pietroburgo) a far finanziare una spedizione che oltre a permettere il ritorno di Kodayu nella sua patria, avrebbe permesso di stabilire relazioni commerciali tra la Russia e il Giappone dominato allora dalla dinastia Tokugawa del tutto ostile alla cultura occidentale. Nel 1792, infatti, la nave russa Ekaterina parte da San Pietroburgo in missione diplomatica verso il Giappone, con a bordo suo figlio Adam, Daikokuya Kodayu e altri due naufraghi. La missione, che non avrà particolare successo, permise ad Adam Laxmann di entrare nella storia ed essere ricordato come il primo occidentale ad aver messo piede sul suolo giapponese. Al suo ritorno in Russia, per i servigi resi alla patria, la regina Caterina modificò l’emblema araldico della famiglia Laxmann, l’unica in Russia che, oltre all’aquila bicefala e il leone finlandese, vanta tre spade giapponesi. A questo punto non ci resta che parlare della Koelreuteria paniculata Laxm., che Erik Laxmann scopre nelle sue esplorazioni ai confini con la Cina e che, nel 1772, decide di dedicare al grande sperimentatore ed ibridatore tedesco: Joseph Gottlieb Koelreuter (1733-1806), il cui lavoro in quegli anni era giunto alla ribalta scientifica internazionale (Koelreuter, sperimentatore, tra i primi ibridatori, dopo un periodo di dieci anni come insegnante di Storia Naturale e direttore dei giardini a Karlsruhe, passa la sua vita a studiare la struttura dei fiori e del polline ed i meccanismi dell’impollinazione e della fecondazione della pianta). Appartenente alla grande famiglia delle Sapindaceae, che comprende più di 140 generi con 1.400-2.000 specie diverse, la Koelreuteria paniculata è un albero deciduo, dalla chioma opaca verde e scura che può arrivare anche a 15 metri di altezza. Considerata pianta invasiva per la facilità con la quale i semi si riproducono, ama il sole e sopporta bene condizioni di siccità, mentre non sopporta situazioni di freddo prolungato. Diffuso nei giardini come albero ornamentale, con un areale di provenienza che comprende Cina e Corea, è giunto in Italia a metà del settecento (il primo a nominarlo è Targioni Tozzetti nel 1785). “Golden Rain Tree” (albero dalla pioggia d’oro) e “Pride of India” sono i nomi comuni con i quali è chiamato, mentre in Francia si chiama Savonnier. Il nome delle specie è, invece, collegato alla sua deliziosa fioritura a grappolo (o pannocchia) color giallo uovo e con riflessi arancioni. Oltre che per le sue foglie alterne, imparipennate, ovate e acuminate con margine seghettato con la pagina superiore di color verde intenso e quella inferiore più chiara è facile da riconoscere per i suoi frutti particolari, delle capsule trigone giallo-villacee e loculicide (che si aprono cioè lungo le suture dorsali) di aspetto rigonfio vescicoso, che contengono al loro interno (in ogni loggia) un seme nero e che rimangono poi sull’albero, quando perde le foglie, simili a tante piccole lanterne dorate. Antimo Palumbo Il Forestale n. 72 - 51