collana
IL CUPOLONE
nel catalogo Àncora
Francesco
Evangelii gaudium
Testo integrale e commento de «La Civiltà Cattolica»
John L. Allen
Le dieci «encicliche» di papa Francesco
Diego Fares
Papa Francesco è come un bambù
Alle radici della cultura dell’incontro
Andrea Monda - Saverio Simonelli
Fratelli e sorelle, buona lettura!
Il mondo letterario di papa Francesco
Aldo Maria Valli
Con Francesco a Santa Marta
Viaggio nella casa del Papa
Aldo Maria Valli
Le sorprese di Dio
I giorni della rivoluzione di Francesco
Il catalogo Àncora aggiornato si trova su www.ancoralibri.it
Aldo Maria Valli
In famiglia
con papa Francesco
Immagine di copertina di Giacomo Luoni
Per i testi di papa Francesco:
© Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano
© 2014 ÀNCORA S.r.l.
ÀNCORA EDITRICE
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ÀNCORA ARTI GRAFICHE
Via B. Crespi, 30 - 20159 Milano
Tel. 02.6085221 - Fax 02.6080017
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ISBN 978-88-514-1382-8
«Voi siete i coraggiosi, perché ci vuole
coraggio a sposarsi oggi!».
Papa Francesco alle giovani coppie
(3 settembre 2014)
Prefazione
Parole concrete per famiglie in carne e ossa
È il 26 maggio 2014. Sull’aereo che riporta a Roma
Francesco e i suoi collaboratori dopo il viaggio in Terra
Santa, i giornalisti dialogano con il Papa. «Perché un
sinodo dei vescovi, anzi due, uno straordinario nel 2014
e uno ordinario nel 2015?», chiedono alcuni. La risposta di Francesco è, come sempre, diretta e concreta: «La
scelta è nata da un’esperienza spirituale per me molto
forte. Nel secondo mese di pontificato è venuto da me
il segretario del sinodo, con i tre temi che il consiglio
post-sinodale proponeva per il prossimo sinodo. Il
primo era molto forte, buono: l’apporto di Gesù Cristo
all’uomo di oggi. Ho detto: “Mettiamo qualcosa di più:
l’apporto di Gesù Cristo all’uomo di oggi e alla famiglia”. Sta bene. Poi, nella prima riunione del Consiglio
post-sinodale, io sono andato e ho visto che si diceva
il titolo tutto intero, tutto completo ma lentamente
si diceva: “Sì, sì, l’apporto alla famiglia”, “cosa porta
Gesù Cristo alla famiglia”… e senza accorgersene, la
commissione post-sinodale ha finito parlando della
famiglia. Io sono sicuro che sia stato lo Spirito del Signore a guidarci fino alla scelta di questo titolo: sono
sicuro, perché oggi davvero la famiglia ha bisogno di
tanti aiuti».
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Che si tratti di descrivere i problemi della famiglia o
di prospettare le soluzioni, da parte di papa Francesco
c’è sempre un sano realismo. Che emerge non solo nelle
grandi decisioni, come il fatto di dedicare due riunioni
mondiali dei vescovi alla famiglia, alle sue ricchezze ma
anche alle sue difficoltà, ma anche nella predicazione
al «popolo di Dio»: «Sappiamo tutti – dice ai fidanzati
riuniti in piazza San Pietro il 14 febbraio 2014 – che non
esiste la famiglia perfetta, e neppure il marito perfetto,
o la moglie perfetta. Non parliamo della suocera perfetta!». Esistiamo noi, peccatori, bisognosi di dare e di
ricevere il perdono.
Francesco racconta che quando vanno da lui gli sposi
anziani, per il cinquantesimo di matrimonio, gli piace
fare una domanda: «Chi ha sopportato chi?». E quando
gli sposi rispondono: «Tutti e due», lì c’è il vero segreto
della famiglia. «E questo è bello! Questa è una bella
testimonianza!».
In famiglia, spiega in diverse occasioni, possono
anche «volare i piatti»: l’importante è che la giornata
sia conclusa con un gesto di pace. Non occorre «chiamare le Nazioni Unite»: basta una carezza. Famose
sono poi diventate le tre «parole magiche», la ricetta di
Francesco per un rapporto duraturo: saper sempre dire
«permesso, grazie, scusa».
Una ricetta semplice, ma spesso il segreto della felicità sta nelle piccole cose.
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I
Famiglia, specchio di Dio
Nel cuore del disegno di Dio
Nell’udienza generale del 2 aprile 2014, concludendo il ciclo di catechesi sui sacramenti, papa Francesco
parla del matrimonio e lo fa, come sempre, con un
linguaggio coinvolgente.
Questo sacramento «ci conduce nel cuore del disegno di Dio, che è un disegno di alleanza col suo popolo,
con tutti noi: un disegno di comunione».
Nel libro della Genesi, a compimento del racconto
della creazione, si dice che «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina
li creò […]. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua
madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica
carne» (Gn 1,27; 2,24). Non ci sono dubbi: l’immagine
di Dio è la coppia matrimoniale, è l’unione fra l’uomo
e la donna.
Che cosa ci dice questa immagine così viva? Prima
di tutto che «siamo creati per amare, come riflesso di
Dio e del suo amore». E poi che è proprio nell’unione
coniugale tra l’uomo e la donna che questa vocazione
è realizzata, «nel segno della reciprocità e della comunione di vita piena e definitiva».
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Quando un uomo e una donna di uniscono in matrimonio, Dio «si rispecchia in essi». Dice proprio così
Francesco.
San Paolo, nella Lettera agli Efesini, mette in risalto
che negli sposi cristiani si riflette, inoltre, «il rapporto
instaurato da Cristo con la Chiesa, un rapporto nuziale». La Chiesa è la sposa di Cristo.
Fedele, perseverante, fecondo. Sono queste le tre
caratteristiche dell’amore che Gesù nutre verso la Chiesa, la sua Sposa. E sono anche le caratteristiche di un
autentico matrimonio cristiano. Il Papa lo dice durante
una messa del mattino a Santa Marta, davanti a una
quindicina di coppie che festeggiano venticinque, cinquanta e sessant’anni di matrimonio.
Perseverante: Francesco insiste su questo aggettivo.
«La vita matrimoniale deve essere perseverante, deve
essere perseverante. Perché al contrario l’amore non
può andare avanti. La perseveranza nell’amore, nei
momenti belli e nei momenti difficili, quando ci sono
i problemi: i problemi con i figli, i problemi economici,
i problemi qui, i problemi là. Ma l’amore persevera, va
avanti, sempre cercando di risolvere le cose, per salvare
la famiglia. Perseveranti: si alzano ogni mattina, l’uomo e la donna, e portano avanti la famiglia».
Chi combatte la perseveranza è senz’altro il demonio. Francesco lo dice chiaramente, nell’incontro allo
stadio Olimpico di Roma con il movimento del Rinnovamento nello Spirito, il 1° giugno 2014. La famiglia
è la Chiesa domestica, e per questo «il demonio non
la vuole e cerca di distruggerla, cerca che l’amore non
ci sia».
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Custodia e fraternità
Come si declina l’amore all’interno della famiglia?
In due modi, soprattutto: come custodia reciproca e
come fraternità.
Nell’omelia della messa per l’inizio del ministero
petrino (19 marzo 2013), il Papa prende spunto dalla
figura di san Giuseppe, custode sensibile e discreto di
Maria e di Gesù, per raccomandare ai membri di tutte
le famiglie del mondo di essere custodi gli uni degli
altri, senza aver paura della bontà e della tenerezza. «I
coniugi si custodiscono reciprocamente, come i genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli
diventano custodi dei genitori».
Su questa base, la famiglia cristiana (Francesco lo
dice ai vescovi spagnoli ricevuti in visita in Vaticano
nel febbraio 2014), innesta la sua specifica vocazione:
quella di essere luogo nativo di convivenza nell’amore,
dove si trasmette la vita, e Chiesa domestica, dove si
forgia e si vive la fede. Una famiglia evangelizzata è a
sua volta agente di evangelizzazione, soprattutto perché
irradia le meraviglie che Dio ha operato in essa.
«Nel vostro cammino familiare», scrive nella Lettera alle famiglie del 2 febbraio 2014, «voi condividete
tanti momenti belli: i pasti, il riposo, il lavoro in casa,
il divertimento, la preghiera, i viaggi e i pellegrinaggi,
le azioni di solidarietà. Tuttavia, se manca l’amore
manca la gioia, e l’amore autentico ce lo dona Gesù:
ci offre la sua parola, che illumina la nostra strada; ci
dà il pane di vita, che sostiene la fatica quotidiana del
nostro cammino».
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Sull’idea di custodia il Papa torna a un anno dall’inizio del suo ministero, il 19 marzo 2014, quando la
raccomandazione di guardare a Giuseppe è rivolta
soprattutto ai papà: è lui, l’umile falegname, il modello
dell’educatore, lui «che custodisce e accompagna Gesù
nel suo cammino di crescita».
La missione di Giuseppe fu certamente unica e irripetibile, tuttavia la sua esperienza parla anche ai papà
del terzo millennio.
Anche la fraternità si incomincia a imparare proprio
in seno alla famiglia. Francesco lo scrive nel messaggio
per la Giornata mondiale della pace (1 gennaio 2014):
«La famiglia è la sorgente di ogni fraternità, e perciò è
anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con
il suo amore».
Nel messaggio alla Settimana sociale dei cattolici
italiani (che si tiene a Torino nel settembre 2013, sul
tema La famiglia, speranza e futuro per la società italiana), Francesco osserva che per la comunità cristiana
la famiglia è ben più di un tema da mettere a fuoco
in un’assise. È piuttosto «vita, è tessuto quotidiano, è
cammino di generazioni che si trasmettono la fede insieme con l’amore e con i valori morali fondamentali, è
solidarietà concreta, fatica, pazienza, e anche progetto,
speranza, futuro».
Torna la concretezza di Francesco, che chiede alla
Chiesa di non guardare ai problemi in modo distaccato, quasi accademico, e c’è un accenno importante al
cammino delle diverse generazioni, accomunate dalla
trasmissione della fede e dei valori.
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Comunità di vita
Il 25 ottobre 2013, rivolto all’assemblea plenaria del
Pontificio Consiglio per la famiglia, Francesco definisce la famiglia «una comunità di vita».
Comunità: vuol dire che è luogo di relazioni, ma
non di relazioni qualunque, occasionali o funzionali
al tornaconto di qualcuno. Essere comunità vuol dire
fare un cammino comune: condividere un punto di
partenza e di arrivo. E «comunità di vita» vuol dire
che queste relazioni si giocano sul terreno concreto dei
rapporti quotidiani.
Rifacendosi all’insegnamento di Giovanni Paolo II
nella Familiaris consortio, papa Francesco sottolinea
che la «comunità di persone» è molto più di una somma
di individui. C’è una differenza tra un gruppo e una
comunità. E, fra tutte le comunità, la famiglia è quella
contraddistinta dall’amore.
Da questo punto di vista, Francesco non esita a
dire che la famiglia, in quanto comunità d’amore,
può essere considerata «il motore del mondo e della
storia». È il luogo in cui ciascuno costruisce la propria
personalità, dove riceviamo il nome e dunque siamo
riconosciuti come persona, dove ciascuno prende coscienza, nel rapporto d’amore con l’altro, della dignità
propria e altrui, e specialmente di quella della persona
più indifesa.
Ecco perché il Papa sente il bisogno di parlare non
semplicemente di «famiglia» ma di «comunità-famiglia». Una comunità così importante, così unica, da
meritare di essere difesa nei suoi diritti.
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Oggi, osserva il Papa, viviamo nella cultura dei diritti, ma sono quelli individuali. Invece anche la famiglia
ha i suoi e, a ben guardare, quelli individuali rischiano
di apparire fragili se non si tutela adeguatamente il
luogo in cui la persona cresce come tale.
Nel discorso di inizio anno al corpo diplomatico (13
gennaio 2014), Francesco fa propria una definizione
di Benedetto XVI, il quale, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2007, scriveva che «il lessico
familiare è un lessico di pace». È vero, ma purtroppo è
anche vero che ciò spesso non accade, perché aumenta
il numero delle famiglie divise, lacerate. Problema che
ha origine nella scarsa qualità dei rapporti umani, resi
ancor più fragili dai problemi economici e dalla mancanza di adeguati sostegni.
Il Papa a questo proposito è molto netto nell’invocare «politiche appropriate che sostengano, favoriscano
e consolidino la famiglia». Ma raccomanda anche che
la famiglia non si chiuda in se stessa, in un’atmosfera
asfittica che alla lunga ne impoverisce l’umanità. Francesco ricorda l’immagine del presepe, dove la Santa
Famiglia appare non isolata dal mondo, ma aperta,
circondata dai pastori e dai magi. La famiglia cristiana
sia dunque una comunità aperta, nella quale tutti possono trovare spazio, giovani e vecchi, vicini e lontani.
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