ANDROPAUSA: ESISTE DAVVERO? “Uomo, non sei più

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ANDROPAUSA: ESISTE DAVVERO?
“Uomo, non sei più quello di una volta? Sei giù di corda senza motivo? Con le donne hai qualche
<problema>? E’ in arrivo l’andropausa, il nostro prodotto potrebbe esserti di aiuto”.
Pubblicità come questa si moltiplicano anche su Internet e portano allo scoperto una parola di solito
usata nelle conversazioni tra maschi al bar (o tra mogli indispettite). Ma cosa c’è di vero?
La parola “andropausa” è nata come equivalente maschile di “menopausa”, ma fra i due fenomeni
c’è ben poco in comune. Nella donna la menopausa è caratterizzata dalla cessazione dei cicli
mestruali e dalla perdita della fertilità, ed è un fenomeno naturale nella gran parte dei casi.
Nel maschio invece non esiste un momento ben preciso in cui la produzione di spermatozoi e di
ormoni maschili si arresta a causa dell’età. Il patriarca biblico Abramo è solo il più famoso di una
serie di padri in là con gli anni. Infatti il maschio può mantenere a lungo la capacità di generare,
anche se con notevoli variazioni tra un uomo e l’altro. Così negli anni un termine impreciso come
“andropausa” è diventato una specie di calderone dove infilare mille problemi legati
all’invecchiamento maschile, come il calo di forza muscolare o la diminuzione della vigoria
sessuale o la depressione. Solo da pochi anni però abbiamo dati scientificamente validi.
L’attenzione degli studiosi si è rivolta in particolare al “re” degli ormoni maschili, il testosterone
(T). Questo ormone svolge un ruolo determinante nello sviluppo dell’apparato sessuale maschile e
del fisico di un uomo in tutte le fasi della sua vita. Il T prodotto dai testicoli già prima della nascita
orienta il feto in senso maschile, e al momento della pubertà controlla la crescita dei peli, il tono
profondo della voce, nonché lo sviluppo muscolare e scheletrico. Ma anche nell’età adulta, fino alla
vecchiaia, i livelli di testosterone giocano un ruolo importante nel mantenimento di fertilità, buona
salute e vitalità.
Per quanto riguarda la fertilità, contribuisce alla maturazione degli spermatozoi nei testicoli ed
influenza qualità e quantità dello sperma prodotto, grazie alla sua azione sulle vie seminali e sulla
prostata. Ancora più evidente è il ruolo svolto nella vita sessuale, dato che per avere desiderio ed
erezione nella norma sono indispensabili livelli adeguati di T. Anche sensazione di benessere,
energia e stati dell’umore ne sono influenzati, grazie agli effetti diretti sul sistema nervoso centrale:
il T influenza socialità, motivazione e affettività dell’uomo, e favorisce l’aggressività tipica del
sesso maschile. Ma non è finita: l’ormone infatti riveste un ruolo importante anche nella sintesi
dell’emoglobina, nel trofismo osseo e nella sintesi di nuove proteine muscolari. Non a caso il
testosterone e tutti i suoi derivati di sintesi sono tra gli agenti dopanti più usati dagli atleti disonesti.
Si sa da tempo che la mancata o ridotta produzione di testosterone in età infantile provoca un
quadro grave e facilmente riconoscibile, ma cosa succede quando la carenza si sviluppa nell’adulto?
Per anni si è sostenuto che l’ipogonadismo dell’adulto fosse provocato quasi solo da traumi o
interventi chirurgici, eventi che riducono il testosterone a livelli minimi. In altri casi non era affatto
chiaro quali fossero i livelli “normali” di testosterone necessari per la buona salute del maschio
adulto. Solo da poco tempo abbiamo dati epidemiologici più sicuri: il livello di testosterone libero
(cioè effettivamente disponibile per i tessuti) diminuisce al ritmo medio dell’1,5% annuo una volta
superati i 40 anni di età, e sopra i 65 anni circa il 30% dei maschi può essere definito ipogonadico.
Dopo anni di discussioni sono stati così abbandonati i termini come “andropausa”, o “climaterio
maschile”, o altri che creavano solo confusione, e si è giunti alla definizione accettata di
“ipogonadismo ad insorgenza tardiva” (Late Onset Hypogonadism, LOH). Adesso è chiaro che:
1. L’ipogonadismo dell’adulto non colpisce tutti i maschi dopo una certa età, ma solo una
minoranza, anche se cospicua;
2. I disturbi sessuali sono solo la parte più “popolare” del problema: il testosterone è un
ormone ad azione sistemica, e la sua carenza provoca anche diminuzione della forza
muscolare, sintomi depressivi, difficoltà di concentrazione, osteoporosi con aumentato
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rischio di frattura ossea. L’ipogonadico presenta inoltre un aumentato rischio
cardiovascolare a causa del peggioramento del profilo lipidico e dell’aumento del grasso
viscerale.
L’ipogonadismo dell’adulto può essere facilmente diagnosticato e curato. Se i livelli di Testosterone
totale misurati il mattino sono al di sotto di 8 nmol/L (231 ng/dl) .si parla di ipogonadismo grave,
meritevole di trattamento senza ulteriori accertamenti. Se i valori sono tra 8 e 12 nmol/L (346 ng/dl)
si può parlare di ipogonadismo solo se è presente una serie di sintomi, che vanno ricercati
attentamente. Gli obesi sono particolarmente a rischio, soprattutto se diabetici. Il trattamento
consiste nel ripristinare valori normali di testosterone grazie alla somministrazione di androgeni:
sono disponibili preparati iniettivi, orali, e gel cutanei. Non è una terapia sempre utilizzabile:
controindicazioni assolute al trattamento sono il cancro della prostata, la policitemia e la sindrome
delle apnee notturne.
In conclusione: esiste l’andropausa? Sì, ma solo nelle barzellette. Per una diagnosi più seria
rivolgetevi al vostro medico.
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