IL NOSTRO OBIETTIVO È SEMPLICE Convincerti che ti conviene prenderti cura dei luoghi in cui vivi, perché dalla qualità dei beni comuni materiali e immateriali dipende la qualità della tua vita. Il tempo della delega è finito. L'Italia ha bisogno di cittadini attivi, responsabili e solidali. Politecnico di Torino Dottorato di ricerca in Ambiente e Territorio Indirizzo Pianificazione Territoriale e Sviluppo Locale XXV ciclo Sussidiarieta' orizzontale e pianificazione territoriale. Interpretazione a partire dalla progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale. Tutor Prof.ssa Grazia Brunetta Dottoranda Valeria Baglione Indici Indice 1 Introduzione 4 Ragioni della ricerca Tema e domande di ricerca Metodologia ed esiti Parte I. Sussidiarietà orizzontale 9 Origini, interpretazioni, norme 1. La controversia sulle origini 12 1.1 Matrice della dottrina sociale della Chiesa 1.1.1 Dignità della persona e bene comune 1.1.2 Solidarietà dello Stato 1.2 Matrice liberale 1.2.1 Autonomia dell'individuo e della società civile 1.2.2 Non­ingerenza dello Stato 1.3 Matrice socialista utopista 1.3.1 Organizzazione sociale e mutualismo 1.3.2 La concezione marxista­gramsciana della società civile 1.4 Confronto su concetti chiave 2. Il dibattito recente attorno all'interpretazione 2.1 Approccio “neocorporativo” 2.1.1 Il privato sociale e servizi di welfare 2.1.2 La prospettiva del welfare mix 2.2 Approccio “civico” 2.2.1 Cittadinanza attiva e beni comuni 2.2.2 Circolarità della sussidiarietà 37 3. Il quadro giuridico­normativo di riferimento 57 3.1 Normativa nazionale 3.1.1 La riforma del titolo V della Costituzione 3.2 Normativa regionale: il governo del territorio 3.2.1 Interpretazione a partire dalle LUR di ultima generazione Prime considerazioni sulla definizione di sussidiarietà: soggetti, iniziative, meccanismi di interazione. 75 1 Indici Parte II. Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale 82 Il fenomeno. Tre attributi La caratteristiche del fenomeno. Criteri di lettura Le esperienze 4. Soggetti. Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) 89 4.1 Dalla società civile alle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) 4.2 Caratteristiche 4.2.1 Mission 4.2.2 Forma giuridica 4.2.3 Scala d'aggregazione 5. Iniziative. Progettualità urbanistica 106 5.1 Dai servizi (territoriali) ai beni (territoriali) 5.2 Caratteristiche 5.2.1 Categoria di bene territoriale 5.2.2 Tipologia d'azione 5.2.3 Forma di finanziamento 6. Meccanismi di interazione. Il ruolo del soggetto istituzionale 129 6.1 Gradi di interazione con il soggetto istituzionale Conclusioni. Sussidiarietà orizzontale e pianificazione territoriale 140 Sussidiarietà. Superare equivoci e retoriche Sussidiarietà orizzontale e pianificazione territoriale. Una prospettiva pluralista Ulteriori spunti di ricerca per la pianificazione territoriale Riferimenti bibliografici 148 Riferimenti normativi Esperienze Allegati. Schede OCT e iniziative 161 2 Indici Indice tabelle Tab. 1 Quadro della legislazione urbanistica a scala regionale Tab. 2 Quadro della legislazione urbanistica a scala regionale di ultima generazione Tab. 3 Enunciazione del principio di sussidiarietà nelle LUR di ultima generazione Tab. 4 Griglia di lettura delle caratteristiche del fenomeno Tab. 5 Esperienze selezionate Tab. 6 Forme giuridiche dell'associazionismo riconosciute dall'ordinamento nazionale Tab. 7 Tipologie d'azione di cura promosse dalle OCT Tab. 8 Forme di finanziamento delle iniziative di progettualità urbanistica Tab. 9 Gradi di interazione tra soggetti istituzionali e OCT Tab. 10 Confronto tra le esperienze di OCT selezionate 65 66 67 87 84 97 123 128 138 139 Indice figure Fig. 1 Distribuzione geografica delle esperienze selezionate 86 Fig. 2 Forme giuridiche delle OCT selezionate 99 Fig. 3 Contesti urbani di origine delle OCT selezionate 101 Fig. 4 CleaMap 103 Fig. 5 Beni territoriali oggetto d'iniziativa di progettualità delle 109 OCT selezionate Fig. 6 Area del giardino Erba Voglio (Genova) prima e dopo il progetto 120 Fig. 7 Progetto di riqualificazione del parco Trotter (Milano) 121 Fig. 8 Progetto di riqualificazione del parco pubblico Giovanni Paolo II 122 (Pomigliano d'Arco) Indice abbreviazioni art. = articolo artt. = articoli c.c. = codice civile c. = comma Cost. = Costituzione Italiana D.lgs = decreto legislativo L. = legge L. Cost. = Legge Costituzionale L.P. = Legge provinciale L.R. = Legge regionale L.U.R. = Legge Urbanistica regionale 3 Introduzione INTRODUZIONE Ragioni della ricerca Il concetto di sussidiarietà orizzontale è di recente divenuto oggetto di interesse per la pianificazione territoriale. Perlopiù nota nella sua veste giuridica, la sussidiarietà ha radici profonde nella storia del pensiero occidentale (Millon Delsol, 1992; Millon Delsol 1993; Massa Pinto, 2003; Mistò, 2002). Come principio di organizzazione sociale e politica, essa pone infatti la riflessione sul rapporto tra la sfera istituzionale e la sfera non istituzionale. La dottrina giuridica ha tradotto il concetto di sussidiarietà in una ripartizione di competenze che privilegia il livello istituzionale più vicino al cittadino, identificandone così la dimensione verticale (D'Atena, 2008). Secondo quest'accezione, il Trattato di Maastricht (art. 5) del febbraio 1992 lo riconosce come principio cardine dell'Unione Europea, a regolare i rapporti tra Unione e Stati membri. Allo stesso modo, la Costituzione Italiana ha introdotto il principio di sussidiarietà, nel senso verticale, a partire dal 2001 (L. 3 Cost). Tale riforma è stata, di seguito, accolta dalle norme regionali, anche in materia di governo del territorio (Leggi Urbanistiche Regionali). Un simile scenario ha determinato un'ampia riflessione disciplinare sulle implicazioni dell'accoglimento della sussidiarietà, nella sua dimensione verticale. D'altro canto, la suddetta revisione costituzionale (L. 3/2001 Cost.) ha reintrodotto nel contesto nazionale i termini originali del concetto di sussidiarietà, formulandone la dimensione orizzontale nel rapporto tra sfera istituzionale e sfera non istituzionale (art. 118, comma 4). Tale circostanza ha comportato un rinnovato interesse al tema, innescando al tempo stesso un vivo dibattito scientifico, oltre che politico, attorno alla sua interpretazione. I differenti termini di interpretazione si riflettono, altresì, sulle principali norme regionali, anche in materia di governo del territorio. Le riflessioni in ambito scientifico sul concetto di sussidiarietà orizzontale hanno principalmente interessato, finora, il settore delle politiche pubbliche, in particolare di welfare. D'altro canto, in ambito strettamente disciplinare alcune riflessioni hanno posto al centro il tema della sussidiarietà orizzontale con riferimento alla produzione di beni e servizi pubblici “dal basso” (Balducci, 2004; Cottino e Zeppetella, 2009). Ancora scarsamente indagata, la prospettiva posta dalla sussidiarietà orizzontale risulta perlopiù sottovalutata o, più spesso, oggetto di equivoci ed interpretazioni retoriche. In tal senso, il presente lavoro di ricerca si propone, in primis, di chiarire i termini del significato e le implicazioni reali che l'accoglimento della sussidiarietà orizzontale può determinare nella pianificazione territoriale, minimizzando quanto più possibile i rischi di equivoco e lettura retorica. L'obiettivo principale è di avanzare una proposta di interpretazione consapevole della 4 Sussidiarietà verticale Sussidiarietà orizzontale Prime riflessioni disciplinari Obiettivi Introduzione sussidiarietà orizzontale, valida per pianificazione territoriale. A tale scopo, l'indagine ha comportato la de­costruzione del concetto, in relazione al significato ed alle implicazioni, attraverso un approccio teorico­metodologico basato sull'analisi teorica ed empirica. Nel primo caso, l'attenzione è stata rivolta alle origini, alle interpretazioni ricorrenti ed alle declinazioni normative della sussidiarietà orizzontale. Nel secondo caso, le implicazioni poste dalla prospettiva della sussidiarietà orizzontale, nel campo della pianificazione territoriale, sono state esaminate attraverso l'analisi di un fenomeno, a base territoriale, di recente diffusione nel contesto nazionale. In definitiva, la proposta di interpretazione della sussidiarietà orizzontale, valida per la pianificazione territoriale, qui formulata assume consapevolezza proprio a partire dall'indagine critica – e tutt'altro che ideologica – condotta parallelamente sul piano teorico ed empirico. Temi e domande di ricerca Il tema di ricerca, la sussidiarietà orizzontale, ha posto riflessioni sia dal punto di vista teorico che empirico. Dal punto di vista teorico, l'indagine del concetto ha comportato, in primis, la rassegna delle principali matrici di pensiero occidentale che hanno in origine formulato e sostenuto il concetto. Tutt'altro che univoco, il significato di sussidiarietà ha origine nelle diverse matrici, spesso tra loro in contraddizione, della dottrina sociale della Chiesa, del pensiero liberale e della tradizione socialista utopista (Millon Delsol, 1992; Millon Delsol, 1993). Tali origini hanno determinato, nel corso della storia, il contrapporsi di posizioni interpretative differenti rispetto allo stesso concetto. A questo proposito, la ricerca ha inteso ripercorrere la rassegna delle principali matrici di pensiero, seguendo l'excursus storico e il rimando ai principali teorici di ciascuna matrice. Così, nel didattito che ha recentemente interessato anche il contesto nazionale, la sussidiarietà continua ad essere oggetto di confronto tra quanti ne esaltano le potenzialità, in virtù di una configurazione istituzionale che preveda un ritiro del soggetto pubblico, e quanti ne ravvisano il valore aggiunto ad un rinnovamento istituzionale, in termini di nuove competenze assunte dal soggetto pubblico. In questo senso, la ricerca ha inteso ­ in secondo luogo ­ restituire l'evoluzione interpretativa della sussidiarietà attraverso le principali posizioni presenti nel dibattito in corso. D'altro canto, come la costituzionalizzazione ha avuto l'effetto di alimentare un dibattito già presente nel contesto nazionale, così l'applicazione del concetto tradotta nelle norme regionali ne ha ribadito accezioni divergenti e tutt'altro che univoche. La ricerca ha, infine, inteso completare il quadro di analisi teorico attraverso la ricognizione delle principali norme che hanno declinato giuridicamente la sussidiarietà. Dal punto di vista empirico, il tema è stato affrontato attraverso l'analisi del fenomeno, a base territoriale, rappresentato dalla progettualità urbanistica promossa 5 Analisi teorica Le matrici del pensiero Le interpretazioni del dibattito Analisi empirica Introduzione dalle, qui definite, Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). Il fenomeno, oggi oggetto di interesse disciplinare1 e tuttavia poco esplorato dal punto di vista scientifico, consiste nell'insieme di azioni di cura nei confronti di beni territoriali autonomamente promosse da aggregazioni volontarie di cittadini, definite appunto Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). La ricerca ha, in questo caso, il duplice intento di (i) descrivere un fenomeno emergente nella società e in rapida diffusione nel contesto nazionale e (ii) leggere, attraverso le caratteristiche del fenomeno, le possibili implicazioni dell'accoglimento della sussidiarietà orizzontale. In questo senso, l'analisi di fenomeno ­ volontario e a base territoriale ­ che vede protagonisti soggetti della sfera non istituzionale, pone gli elementi utili per la riflessione sul rapporto tra sfera istituzionale e non istituzionale nel campo della pianificazione territoriale. La principale domanda di ricerca è dunque relativa all'interpretazione della sussidiarietà orizzontale nel campo della pianificazione territoriale. In altre parole, quali implicazioni determina l'accoglimento della prospettiva posta dalla sussidiarietà orizzontale, nel campo della pianificazione territoriale? A tale domanda centrale si affianca una seconda domanda di ricerca relativa al fenomeno, a base territoriale, indagato. In altre parole: quale ruolo possono giocare, secondo la prospettiva posta dalla sussidiarietà orizzontale, le iniziative di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT)? Definizione fenomeno Domande di ricerca Metodologia ed esiti Sulla scorta di un approccio teorico­metodologico, il tema oggetto di ricerca è stato trattato secondo tre fasi di studio, tra loro consequenziali: rassegna teorica, indagine empirica e proposta sintetica. Seguendo tale metodologia, la struttura del presente lavoro di ricerca si articola rispettivamente in (i) una prima parte di rassegna teorica sul concetto di sussidiarietà e (ii) una seconda parte di indagine empirica del fenomento di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), cui segue (iii) la proposta di interpretazione della sussidiarietà orizzontale, valida per la pianificazione territoriale, di carattere sintetico e propositivo. La prima parte della ricerca propone una rilettura della sussidiarietà a partire dalla ricostruzione delle principali radici teoriche del concetto, delle posizioni interpretative presenti nel dibattito in corso e delle declinazioni normative. 1 Tosi (2003: 4) nel commentare l'analisi di Cottino (2003), svolta su alcune pratiche urbane spontanee, evidenzia un interesse nel «distinguere tra pratiche che hanno diverso significato progettuale, ad esempio tra pratiche puramente reattive e pratiche che sviluppano esse stesse dimensioni progettuali». 6 Articolazione della ricerca Parte prima Introduzione In primo luogo, si propone la sistematizzazione delle principali teorie del pensiero filosofico occidentale che hanno ideato e sostenuto il concetto di sussidiarietà (§ Cap. 1). Seguendo gli studi di Millon Delsol (1992 e 1993), la ricostruzione ne riconduce la formulazione a tre principali matrici teoriche, la dottrina sociale della Chiesa, il pensiero liberale e la tradizione socialista utopista, ciascuna delle quali portatrice di una specifica interpretazione. A questo proposito, obiettivo della ricerca è individuare i tratti costitutivi e distintivi di ciascuna matrice teorica, avvalendosi delle fonti originarie, oltre che della letteratura sul tema. In secondo luogo, la ricerca restituisce le principali posizioni del dibattito nazionale circa l'interpretazione alla sussidiarietà orizzontale, “neocorporativa” da un lato e “civica” dall'altro (§ Cap. 2), ciascuna delle quali ne sostiene teoricamente le differenti applicazioni nel campo delle politiche pubbliche (accento sulla gestione di servizi di welfare da un lato e sulla produzione/gestione di beni comuni dall'altro). A questo proposito, obiettivo della ricerca è di riconoscere i principali elementi attorno ai quali ruota il dibattito, attraverso il confronto tra le principali riflessioni dei rappresentanti di ciascuna posizione. In terzo luogo, la ricerca propone una ricognizione delle principali disposizioni normative in cui la sussidiarietà orizzontale ha trovato declinazione (§ Cap. 3), con particolare riferimento alle disposizioni normative in materia di governo del territorio. L'obiettivo della ricerca è, in questo caso, indagare le ripercussioni operative delle diverse posizioni rappresentate nel dibattito. A partire dall'indagine completa del quadro teorico, la prima parte avanza infine alcune considerazioni preliminari all'interpretazione della sussidiarietà orizzontale. L'obiettivo è di identificare una serie di elementi chiave attraverso cui ridefinire i termini del dibattito in corso. I tre elementi chiave individuati – soggetti, iniziative e meccanismi di interazione – vengono assunti come criteri di lettura attraverso cui svolgere l'analisi empirica, oggetto della seconda parte, e formulare la proposta di interpretazione conclusiva. La seconda parte della ricerca indaga il fenomeno di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), a partire dagli elementi chiave emersi dall'indagine teorica. In primis, vengono chiariti (i) tre attributi attraverso cui è stato circoscritto il fenomeno, quali dimensione territoriale, autonomia e legalità dell'iniziativa; (ii) i criteri di lettura attraverso cui sono state delineate ed analizzate le caratteristiche costitutive del fenomeno e (iii) i criteri di selezione del campione di esperienze, pari a tredici, utile ad una più approfondita descrizione delle caratteristiche costituitive del fenomeno. Di seguito, l'indagine delle caratteristiche del fenomeno è restituita secondo i criteri di lettura individuati: soggetti, iniziative e meccanismi di interazione. Nello specifico: • sul piano dei soggetti, viene proposta una definizione di Organizzazioni di Cittadinanza Terrritoriale (OCT) e l'analisi delle caratteristiche costitutive, rispetto a mission, forma giuridica e scala d'aggregazione (§ Cap. 4). 7 Individuazione degli elementi chiave attraverso cui indagare il fenomeno empirico Parte seconda Introduzione • • sul piano delle iniziative, viene proposta la definizione di progettualità urbanistica e l'analisi delle caratteristiche costitutive, rispetto alla categoria di bene territoriale, la tipologia d'azione e la forma di finanziamento (§ Cap. 5). sul piano dei meccanismi di interazione, viene analizzato il grado di interazione con il soggetto istituzionale (§ Cap. 6). In questo senso, il presente lavoro di ricerca si propone come contributo per un avanzamento di conoscenza e sistematizzazione di un fenomeno contemporaneo della società, a base territoriale, che – come già riconosciuto da Balducci (2004) ­ sfugge alle tradizionali categorie interpretative. In conclusione, a partire dall'analisi teorica sulla sussidiarietà orizzontale e dall'analisi empirica condotta sul fenomeno di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), la ricerca avanza un'interpretazione sintetica della sussidiarietà orizzontale nel campo della pianificazione territoriale. In primo luogo, vengono individuati i principali equivoci e conseguenti retoriche che ricorrono nel dibattito in corso attorno all'interpretazione della sussidiarietà orizzontale. Successivamente, viene avanzata una proposta di interpretazione nel campo della pianificazione territoriale, articolata rispetto agli elementi chiave emersi dall'indagine teorica e verificata attraverso il riscontro empirico. In questo senso, la proposta conclusiva intende riflettere sulle implicazioni che l'accoglimento della sussidiarietà orizzontale possa determinare nella pianificazione territoriale. L'approccio assunto è di tipo pluralista, basato cioè sulla generale ridefinizione di competenze, tra soggetto istituzionale e non istituzionale, in termini di un ridimensionamento del ruolo del planner istituzionale che non sia a scapito della pianificazione. In chiusura, sulla scorta dell'interpretazione di sussidiarietà avanzata, la ricerca propone una serie di spunti per possibili future ricerche nel campo della pianificazione territoriale. L'esito principale della ricerca è, dunque, rappresentato dalla proposta di interpretazione alla sussidiarietà orizzontale valida per la pianificazione territoriale, in grado di valorizzare le iniziative di interesse generale promosse dalle formazioni sociali qui definite come Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). In definitiva, la proposta qui avanzata intende porre una chiave di lettura critica e, al tempo stesso consapevole, rispetto alle attuali posizioni presenti nel dibattito. D'altro canto, la prospettiva posta dalla sussidiarietà orizzontale, nell'interpretazione pluralista qui avanzata, contribuisce a suggerire nuove e future piste di ricerca su altri fenomeni, a base territoriale, che vedano le formazioni organizzate della società protagoniste di iniziative di interesse generale. 8 Proposta conclusiva Approccio pluralista Esiti Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale PARTE I Sussidiarietà orizzontale La prima parte del presente lavoro di ricerca è dedicata all'indagine teorica del concetto di sussidiarietà1, nella sua accezione originale di relazione tra soggetto istituzionale (lo Stato) e soggetto non istituzionale (la società civile). La rassegna della letteratura in materia, perlopiù articolata attorno al dibattito circa la paternità del concetto oltreché ai possibili campi di applicazione, mette in evidenza un'inequivocabile complessità interpretativa. Questa condizione da un lato rende difficoltoso il riconoscimento di un'interpretazione univoca 2 e, dall'altro, vede la flessibilità come la principale caratteristica della sussidiarietà (Millon Delsol, 1992; Rinella 1999). Ciò è valido tanto in riferimento alle matrici originarie che ne hanno ispirato l'idea quanto alle attuali interpretazioni e declinazioni presenti nel dibattito scientifico, oltre che politico. Le recenti declinazioni normative hanno peraltro contribuito a sviluppare una cospicua produzione scientifica di carattere giuridico, centrata in particolare sugli aspetti interpretativi delle norme che hanno introdotto il concetto di sussidiarietà e sulle conseguenze operative delle stesse. A questo proposito, l'analisi della sussidiarietà è stata condotta, e qui restituita, a partire dalla rassegna teorica in relazione a: • • • le matrici di pensiero che ne hanno in origine postulato il concetto, le principali interpretazioni presenti nel dibattito in corso, il quadro giuridico­normativo in materia. Obiettivo principale dell'indagine è dunque quello di tracciare un quadro teorico quanto più esaustivo possibile sulla sussidiarietà al fine di riconoscerne gli elementi chiave attraverso cui costruire un'interpretazione utile alla pianificazione territoriale. Origini, interpretazioni e norme La ricostruzione delle matrici originarie della sussidiarietà è imprescindibilmente legata alla questione relativa alla paternità del concetto, oggetto principalmente di 1 La letteratura, perlopiù giuridica, in materia di sussidiarietà sembra porre troppo spesso sulla dimensione politico-amministrativa del concetto, lasciando in ombra l'originale dimensione sociale-organizzativa dello stesso (Rinella, 1999). 2 A conferma di ciò, alcuni studiosi del concetto (MacDonald Ross, 1993) definiscono la sussidiarietà pari ad una “zona grigia” . 9 Un concetto complesso Articolazione dell'analisi teorica Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale riflessioni di carattere storico (Massa Pinto, 2003), che ha condizionato di conseguenza la successiva produzione scientifica relativa alle possibili interpretazioni3. In questo senso, la ricerca ha assunto come principale riferimento scientifico il lavoro di Millon Delsol4 (1992 e 1993), autrice di un rigoroso studio dedicato alla ricostruzione delle matrici di pensiero della sussidiarietà che ne hanno ispirato l'idea. Tale studio è stato uno strumento utile a chiarire le controverse questioni legate alla paternità del concetto e, dunque, alle ripercussioni in termini di interpretazione ed applicazioni operative. Millon Delsol (1992 e 1993) riconduce infatti l'origine del concetto di sussidiarietà a tre principali matrici di pensiero: (i) la dottrina sociale della Chiesa, (ii) il pensiero liberale e (iii) il pensiero del socialismo utopista5. Al prezioso studio condotto da Millon Delsol (1992 e 1993) sono state integrate, inoltre, alcune riflessioni scientifiche ancorate al contesto nazionale, relative in particolare alla tradizione mutualistica di fine XIX secolo a sostegno dei lavoratori operai (Allio, 1967; Colozzi e Donati 2002; Putnam, 1993). Sulla scorta di tale ricostruzione, la presente ricerca ha inteso affrontare l'indagine storica e semantica sulla sussidiarietà attraverso una rilettura delle fonti dirette6. Proprio la pluralità di interpretazione dal punto di vista semantico, ha determinato effetti diretti sulle accezioni ed interpretazioni associate alla sussidiarietà che, oggi, emergono in maniera evidente nel dibattito nazionale declinandosi in cosiddette “scuole di pensiero”, riconosciute e qui restituite come “approccio neocorporativo” e “approccio civico” (Arena e Cotturri, 2010). Secondo Rinella (1999), la flessibilità e la naturale adattabilità alle dinamiche sociali hanno inoltre contribuito ad estendere l'applicabilità della sussidiarietà ai campi nei quali «le relazioni tra soggetti, di diversa natura e di diversa dimensione, present[ino] una forte dinamicità e variabilità d'orientamento». In questo senso, la sussidiarietà – in particolar modo a seguito della riforma costituzionale del 2001 ­ ha visto nel contesto nazionale una larga applicabilità, con riferimento ai campi delle politiche pubbliche e delle politiche di welfare in particolare (Violini, 2005). 3 Per quanto concerne la produzione scientifica nazionale, perlopiù di carattere giuridico, i principali autori che hanno indagato le matrici di pensiero della sussidiarietà orizzontale riconducono le origini alla dottrina sociale della Chiesa (Duret, 2004; Mistò, 2002; Vittadini, 1998), alla tradizione liberale (Duret, 2004) ed alla tradizione socialista utopista (De Carli, 2002). 4 Chantal Millon-Delsol, filosofa politica di nazionalità francese, ha elaborato diverse ricerche sulla sussidiarietà (L'Etat subsidiaire. Ingérence et non-ingérence de l'Etat: le principe de subsidiarité aux fondements de l'histoire européenne [1992] e Le principe de subsidiaritè [1993]). L'interesse scientifico dell'autrice coincide con la ricomparsa del tema in occasione del processo di integrazione europea (Tringali, 2003). 5 E' opportuno precisare che Millon Delsol (1993) riconosce le tre matrici di pensiero secondo le denominazioni: supplenza liberale, federalismo di Proudhon e diritto sussidiario. Le denominazioni qui adottate sono derivate dall'indagine complessiva sul tema. 6 In altre parole, sono stati riletti i principali scritti dei teorici della dottrina sociale della Chiesa, quali San Tommaso d'Aquino e Ketteler, oltre alle principali encicliche papali che hanno formulato e definito il principio di sussidiarietà orizzontale; allo stesso modo, sono stati riletti i principali teorici del pensiero liberale - quali Locke, Tocqueville e von Hayek - e della tradizione socialista utopista, su tutti Proudhon. 10 L'analisi delle origini L'analisi del dibattito Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale Le principali riflessioni scientifiche, qui indagate come protagoniste del dibattito in corso, sono infatti articolate attorno ad alcuni elementi chiave, quali: • • • il potenziale effetto della sussidiarietà sull'evoluzione della funzione pubblica (Donolo, 2006; Arena, 1993; Arena, 2001); la riorganizzazione delle risorse conseguente alla crisi dei sistemi di welfare (Vittadini, 1998; Vittadini e Antonini, 2004), la proposta di superamento del tradizionale welfare state verso prospettive ispirate al welfare mix (Ranci 1999 e 2006), alla welfare society (Felice, 2007; Vittadini, 2002; Vittadini e Antonini, 2004), al “welfare relazionale, societario e plurale” (Donati 2007: 46) e l'analisi degli effetti in termini economici dei processi di esternalizzazione e outsourcing (De Carli, 2004; Violini, 2005); il coinvolgimento di nuovi attori delle politiche pubbliche: il terzo settore identificato come “privato sociale” (Zamagni, 1998) o l'insieme delle organizzazioni di “cittadinanza attiva” (Arena, 2006; Arena e Cotturri, 2010; Moro, 2005). In questo senso, la presente ricerca propone l'indagine della letteratura sul tema assumendo la lettura basata sulle due distinte interpretazioni alla sussidiarietà, rispettivamente “neocorporativa” e “civica” (Arena e Cotturri, 2010), e relativi campi di applicazione da esse riconosciute, le politiche di welfare da un lato e la tutela dei beni pubblici dall'altro. D'altro canto, tutti coloro che ne hanno invocato e tutt'ora invocano il concetto, riconoscono alla sussidiarietà una «funzione di principio ispiratore, criterio di interpretazione, parametro ordinatore, modello di riferimento, fino ad assumere talora la veste di vera e propria regola giuridica» (Rinella, 1999). A conferma di ciò, la sussidiarietà, oltre alla valenza politico­filosofica ha acquisito, nel tempo, una dimensione giuridica attraverso le formulazioni normative in primis alla scala europea (Trattato di Maastricht, 1992), e poi a quella nazionale (L. Cost. 3/2001) e regionale. In questo senso, la ricerca conduce una ricognizione del quadro giuridico­normativo in cui la sussidiarietà ha finora trovato spazio. A questo scopo, la ricerca si avvale in particolare dei principali testi normativi che ne hanno formulato e declinato il concetto, con specifico riferimento alle norme in materia di governo del territorio e, parallelamente, delle fondamentali riflessioni scientifiche in ambito giuridico. 11 L'analisi delle norme Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale CAPITOLO 1 La controversia sulle origini Nel vocabolario latino ricorrono il sostantivo subsidium, l'aggettivo subsidiarius e i verbi subsidiari e subsidere, per lo più impiegati nella terminologia militare ad indicare le truppe di riserva (subsidiariae cohortes) posizionate dietro il fronte7 pronte ad intervenire in aiuto, in caso di necessità, delle truppe della prima acies (Massa Pinto, 2003). Tale significato originario, rimanda al concetto di integrazione e soccorso, in presenza di condizioni che determinano un bisogno. D'altro canto, il significato stesso di soccorso comporta la necessità di colmare una lacuna, non ha motivo di essere in assenza di bisogno e non è in alcun modo assimilabile ad un aiuto superfluo. In altre parole, come ricorda Millon Delsol (1992: 9) «si tira fuori dall'acqua uno che sta annegando: ma una volta tratto a riva non c'è motivo di portarlo sulle spalle». Secondo l'opinione condivisa di Millon­Delson (1993), Tringali (1995) e Feliciani (2007), l'idea di sussidiarietà sarebbe stata dimenticata per diversi decenni per ricomparire solo in tempi recenti nel nostro universo concettuale 8. La tradizione europea ha tuttavia continuato a fare riferimento a tale concetto, sebbene in maniera inconsapevole e non esplicita. Nel XX secolo, la sussidiarietà diviene un elemento chiave del dibattito all'interno di alcuni paesi europei, come la Svizzera e la Germania (ad esclusione del periodo di regime nazista)9(Isensee, 2001), mentre sembra del tutto ignorato in paesi come la Francia (Millon Delsol, 1993). Tale condizione conferma quanto il concetto sia sopravvissuto principalmente, e più facilmente, nei paesi in cui prevale un regime di tipo federalista, in cui sia maggiormente valorizzata l'autonomia non solo dell'individuo ma anche dei gruppi sociali, scomparendo al contrario in quei contesti in cui ha prevalso nel tempo un'organizzazione politica basata sulla centralità dello Stato (Millon Delsol, 1993). Il più recente ricorso all'idea di sussidiarietà è stato determinato da tre principali fattori di cambiamento del contesto europeo (Millon Delsol, 1993): 7 Il verbo subsidere, oltre che “mettersi a sedere”, significa altresì “appostarsi” e “stare in agguato” (§ Castiglioni, L., Mariotti, S., 2012. Il vocabolario della lingua latina. Loescher: Torino). 8 L'espressione “principio di sussidiarietà” è recente (Millon Delsol, 1993). Non vi è infatti traccia di tale formula lessicale, quale principio generale di organizzazione sociale, nella letteratura precedente il XIX secolo ovvero prima della formulazione dovuta alla dottrina sociale della Chiesa (Massa Pinto, 2003). 9 Nella letteratura tedesca, il dibattito sulla sussidiarietà è stato il crocevia di un confronto fra la dottrina sociale cattolica, la teologia evangelica, le teorie politiche del federalismo e le correnti del pensiero liberale (Isensee, 2001). 12 Etimologia Un concetto dimenticato... ...poi rievocato Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale • • • la caduta del totalitarismo dell'Est Europa con il crollo dell'impero sovietico, la costruzione dell'Europa come entità politica10, la crisi in occidente del provvidenzialismo dello Stato, dovuto all'impoverimento del settore pubblico e al deficit di cittadinanza. La sussidiarietà pone alcune questioni centrali: «perchè esiste l'autorità? Quale è il suo compito? Quale ruolo deve avere?» (Millon­Delsol, 1993: 1) e «come conciliare (o meglio armonizzare) l'esigenza legittima di autonomia con la necessità dell'autorità, o delle autorità pubbliche? O ancora, dal momento che non vogliamo sacrificare né la libertà d'autonomia, né il bene comune o l'interesse generale, come metterli al servizio l'uno dell'altro?» (Millon Delsol, 1993: 2). La sussidiarietà rappresenta in definitiva un'idea sociale e politica saldamente legata alla tradizione europea (Millon Delsol, 1992). Dal punto di vista sociale, essa stabilisce un principio d'organizzazione secondo cui vale il primato ontologico della società sullo Stato. La realtà moderna ha fatto sì tuttavia che l'idea di sussidiarietà venisse applicata soprattutto allo Stato piuttosto che alle istanze sociali propriamente dette. Tale applicazione ha determinato la dicotomia tra Stato e società e uno slittamento del concetto verso un principio di organizzazione politica. Dal punto di vista politico, la sussidiarietà implica di conseguenza una riflessione profonda sul ruolo dell'autorità in generale ­ non solamente l'autorità dello Stato ­ e richiede che nella società nessuna autorità travalichi la sua sfera di competenza. Attorno a questa definizione sono stati teorizzati lo “Stato della provvidenza” 11 da un lato, basato sul desiderio di un ordine giusto, e lo Stato liberale dall'altro, basato sulla definizione di non ingerenza. La storia politica, economica e sociale dell'Europa degli ultimi due secoli è dominata dalla questione fondamentale relativa al ruolo dello Stato, evidenziando un oscillamento costante nei diversi paesi tra liberalismo e socialismo. L'idea di sussidiarietà si inscrive in questa problematica inquieta. Essa vorrebbe superare l'alternativa tra il liberalismo classico e il socialismo centralizzatore, ponendo in maniera differente la questione sociale e politica (Millon Delsol, 1992). A farsi interprete del superamento della contrapposizione tra Stato provvidenza e Stato liberale, a partire dalla metà del XIX secolo, è in particolare la dottrina sociale della Chiesa. Ad essa va il primato di avere enunciato la sussidiarietà quale principio ispiratore di un modello di organizzazione sociale e politico alternativo al liberalismo ed al socialismo (Duret, 2004; Feliciani, 2004; Vittadini, 1998). Tale formulazione, pur non implicando la paternità del concetto che ­ come dimostra Millon Delsol (1992 e 1993) ­ ha radici ben più profonde nella storia europea, ha comportato un ulteriore grado di 10 Il Trattato di Maastricht (1992) ha contribuito infatti in misura notevole alla rinascita dell'interesse intorno all'idea sussidiarietà (Rinella, 1999). 11 Millon Delsol (1992) riconosce nello “Stato provvidenza” la forma moderna di socialismo, risultato della rinuncia all'originario significato di statalizzazione dei mezzi di produzione e dell'integrazione dell'economia di mercato, al fine di evitare il ripetersi degli errori del totalitarismo. 13 Questioni centrali Significato sociale e politico L'enunciazione del principio Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale complessità di interpretazione legata alla sua natura di principio12. La questione dell'interpretazione della sussidiarietà è saldamente legata alla ripartizione di competenze. Secondo Millon Delsol (1992), essa è oscillata costantemente fra i due poli dell'integrazione e della contrapposizione, segnando la tormentata discussione sul rapporto tra Stato e società civile. In questi termini la sussidiarietà è stata ricondotta al concetto di supplenza, senza tuttavia identificarsi con essa. Secondo il meccanismo di supplenza, l'autorità sopperisce alle manchevolezze altrui, contribuendo a completare ma non a sostituire. Già la società descritta da Aristotele (1966) aveva dimostrato come ogni gruppo lavori per rispondere ai bisogni lasciati insoddisfatti dalla sfera immediatamente inferiore, dal basso, cioè dalle esigenze del corpo sociale, verso l'alto. In questo senso, l'autorità deriva direttamente dalla società, sussidiaria e legittima perchè capace di colmare le proprie insufficienze. La supplenza è qui considerata dal suo lato positivo, piuttosto che in quello negativo (Duret, 2004). Successivamente, la nozione di supplenza come attribuzione di competenze specifiche all'autorità appare agli inizi del XVII secolo sia in Althusius (considerato precursore, insieme ad Aristotele, dell'idea di sussidiarietà sostenuta dalla dottrina sociale della Chiesa) che in Locke (considerato precursore dell'idea liberale di sussidiarietà). Il primo giustifica attraverso la nozione di supplenza la società organica del Medio Evo, mentre il secondo la utilizza per descrivere una società individualista già moderna. Sarà proprio la struttura della società a differenziare le due visioni specifiche della sussidiarietà a partire dal XIX secolo: la società organica di Althusius fonda l'idea di ingerenza dello Stato promossa dalla dottrina sociale della Chiesa, mentre la società individualista di Locke genera l'idea di supplenza sostenuta dal pensiero liberale classico (Millon Delsol, 1992). L'idea di supplenza si distingue tuttavia dall'idea di soccorso: la prima comporta il rispetto delle libertà e il dovere di non­ingerenza dell'autorità, la seconda, al contrario, si fonda sull'ingerenza dell'autorità sia per garantire una sorta di unità sociale sia per promuovere l'organizzazione di rapporti solidali. In altre parole, la prima si nutre di giustizia distributiva, mentre la seconda di giustizia sociale, due cose apparentemente incompatibili. La sussidiarietà sembra riunire queste antitesi e affermarle congiuntamente, determinandone di conseguenza una condizione intrinseca di paradosso (Millon Delsol, 1992). Oltre il concetto di supplenza, l'idea di sussidiarietà riconosce in maniera complementare tre ruoli all'autorità (Millon Delsol, 1992): • l'autorità gioca un ruolo di soccorso positivo, non si accontenta di colmare la 12 Il grado di complessità è riconducibile in termini di (Duret, 2004: 97): atemporalità, secondo cui l'essenza dei principi fondamentali «[...] risieda in una certa atemporalità che ne consente sempre nuove letture, quasi che essi disvelassero nuovi profili al mutare della prospettiva complessiva in cui vengono collocati e dalla quale li si guarda», trasversalità, secondo cui la complessità è da imputarsi al carattere trasversale del principio, ovvero al suo spaziare in ambiti svariati e diversi, polisemia, la proprietà che una parola ha di esprimere più significati ed infine la ricchezza assiologica. 14 Sussidiarietà e supplenza I tre ruoli dell'autorità Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale • • mancanze ma garantisce «un supplemento d'anima [vale a dire che predispone le condizioni utili al raggiungimento della felicità]. Felicità che ha qualche relazione con l'idea del bene comune» (Millon Delsol, 1995: 11). l'autorità è suppletiva, perché essa ha come scopo primario quello di venire incontro alle insufficienze della società, ma senza operare in sua vece nei campi in cui essa basta a sé stessa. Essa esiste perché ne esiste l'esigenza nella società. l'autorità è seconda, nel senso che essa è necessaria solo sulla base del bisogno di un'altra istanza. Essa non ha fini propri e non esiste in sé stessa, ma occorre al progresso sociale come mezzo indispensabile. Non è quindi seconda nel senso che, volendo, se ne potrebbe fare a meno. Tali diverse accezioni interpretative della sussidiarietà, in relazione al ruolo dell'autorità, riconducono alle principali matrici di pensiero, di seguito analizzate in un excursus storico, che ne hanno postulato il concetto (Millon Delsol, 1992 e 1993): • • • Le tre matrici la dottrina sociale della Chiesa, il pensiero liberale, la corrente socialista utopista. 1.1 Matrice della dottrina sociale della Chiesa Diversi autori (Duret, 2004; Millon Delsol, 1992; Millon Delsol, 1993; Mistò, 2004) fanno risalire ad Aristotele il concetto di sussidiarietà così come formulato dalla dottrina sociale della Chiesa. Tale interpretazione si basa sull'idea positiva di supplenza dell'autorità contenuta nella Politica (Aristotele, 1966). In questo senso, l'autorità ha il compito di rispettare il limite della libertà dei gruppi e degli individui garantendo al tempo stesso la diversità sociale, allo scopo di aiutare l'essere a svilupparsi, piuttosto che a colmare le sue lacune (Millon Delsol, 1992; Millon Delsol, 1993; Mistò, 2004). D'altro canto, l'idea di sussidiarietà sviluppata dalla dottrina sociale della Chiesa sembra avere radici anche nella visione della società organica di Althusius13 (Millon Delsol, 1992). Pur non essendo ancora presente l'entità cristiana di persona, la società composta di cittadini althusiana precede e preesiste all'autorità che da essa è originato. Secondo tale concezione l'uomo che vive nella società, vive naturalmente, aggregandosi liberamente nelle diverse sfere del sistema sociale (Althusius, 1965). L'idea di sussidiarietà nasce in seguito alla volontà da parte della società di operare nell'interesse generale, volontà che dunque richiede un desiderio di indipendenza piuttosto che un eroismo morale. La sussidiarietà non è utile a definire il ruolo dello Stato, quanto piuttosto il gioco delle attività sociali, le une in rapporto alle altre, e a difendere il valore delle iniziative in sé di fronte all'autorità. Essa non è quindi intesa come criterio 13 Johannes Althusius (Diedenshausen, 1563 – Emden, 1638) è stato giurista, filosofo e teologo calvinista. 15 La Politica di Aristotele La società organica di Althusius Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale distributivo dei poteri in ragione del bisogno e dell'utilità sociale. La questione del ruolo dello Stato non è centrale in Althusius, essa diventa critica nel momento in cui lo Stato esiste come problema, sia esso troppo sviluppato o non abbastanza. L'altra figura di spicco dell'età medievale che introduce un'idea di sussidiarietà molto vicina alla formulazione propria delle encicliche papali è rappresentata da Tommaso d'Aquino14 (Feliciani, 2004; Feliciani, 2007; Millon Delsol, 1992; Mistò, 2002). Secondo il pensiero dell'Aquinate (1946, 1950 e 1984), la persona è responsabile del suo destino ma incapace al tempo stesso di realizzare la felicità cui tendere, se non attraverso i gruppi sociali prossimi. Si tratta della prima argomentazione moderna della società civile, intesa come insieme delle associazioni basate sul diritto naturale, non riducibili né alla famiglia né allo Stato (Donati, 2001). Nel difendere il diritto di associazione al fine di compiere opere e attività utili alla società, senza tenere in conto l'appartenenza ad una classe sociale o ad una condizione di vita, Tommaso d'Aquino introduce l'idea di una società civile come associazione di persone volta all'azione reciproca e volontaria per il bene comune (Donati, 2001). L'unico gruppo politico che, tuttavia, da solo è sufficiente a sè stesso nella sua interezza è lo Stato in quanto «forma conclusiva di aggregazione sociale, è societas naturalis, […] necessitato dalla natura umana stessa, è societas perfecta, […] dispone di tutti i mezzi e di tutte le forze la cui deficienza è alla base dell'insufficienza della famiglia, e infine è societas completa, […] in ultima istanza supplisce a tutto e colma vuoti che senza il suo intervento resterebbero aperti» (Ferroni, 2008: 10). In altre parole, la natura umana è, secondo il pensiero di Tommaso d'Aquino, al tempo stesso sufficiente ed insufficiente, basta a sè stessa per conoscere e perseguire le proprie finalità ma non è in grado di raggiungerle. Proprio la distanza tra aspirazioni e capacità fonda e giustifica la presenza dell'autorità politica dello Stato. Essa ha la sola missione di mediare tra le finalità sociali e la loro realizzazione, garantendo positivamente a tutte le istanze le condizioni per raggiungere efficacemente i propri fini, in primis la pace e la quantità sufficiente di beni utili al vivere (Duret, 2004). Alla fine del XIX secolo, Ketteler15 (1864) enuncia per la prima volta il principio di sussidiarietà quale legge generale idonea a promuovere un certo ordine sociale. Secondo tale formulazione, ogni incapacità della società dovrebbe essere sopperita, in forma di sostegno, dall'istanza immediatamente superiore, ossia più elaborata e potente. La supplenza differisce qui da quella dei liberali (§ 1.2) per due ordini di ragioni: (i) la forma di organizzazione della società e (ii) l'accezione data al significato di supplenza. Nel primo caso, la società prevede una struttura organizzativa basata su sfere successive tra loro interconnesse, senza che questo determini atteggiamenti di inerzia o dipendenza da parte di una delle sfere. Nel secondo caso, l'accezione data al concetto di supplenza è di tipo positivo, vale a dire che il supporto offerto dall'autorità 14 San Tommaso d'Aquino (Roccasecca, 1225 – Fossanova, 1274) rappresenta uno dei principali pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica. 15 Wilhelm Emmanuel von Ketteler (Münster, 1811 – Burghausen, 1877), vescovo di Magonza, teologo e politico, è considerato il primo sostenitore dei grandi temi del cattolicesimo sociale. 16 La società civile di Tommaso d'Aquino L'ordine sociale di Ketteler La supplenza cattolica Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale intende apportare un benessere positivo, giustificato da una specifica visione sociale (“diritto della sussidiarietà”) (Millon Delsol, 1992). Sulla base di simili fondamenti teorici, a partire dalla fine del XIX secolo, le massime cariche ecclesiastiche hanno per prime formulato il principio di sussidiarietà nelle encicliche (Duret, 2004; Feliciani, 2007). In particolare, Leone XIII, a seguito di una questione sociale divenuta pressante e sotto la spinta di numerosi uomini politici cristiani, esplicita la posizione della Chiesa attraverso la pubblicazione dell'enciclica Rerum Novarum (1891)16: Le encicliche papali... ...Rerum Novarum... «Certo, se qualche famiglia si trova per avventura in sì gravi ristrettezze che da se stessa non le è affatto possibile uscirne, è giusto in tali frangenti l'intervento dei pubblici poteri, giacché ciascuna famiglia è parte del corpo sociale. Similmente in caso di gravi discordie nelle relazioni scambievoli tra i membri di una famiglia intervenga lo Stato e renda a ciascuno il suo, poiché questo non è usurpare i diritti dei cittadini, ma assicurarli e tutelarli secondo la retta giustizia. Qui però deve arrestarsi lo Stato; la natura non gli consente di andare oltre». Nella Rerum Novarum (1891) Leone XIII ribadisce, con chiarezza, l'anteriorità dell'uomo rispetto allo Stato ed integra l'anteriorità della famiglia rispetto allo Stato. Quest'ultimo ha come fine ultimo il raggiungimento del bene comune e, dunque, il compito di garantire l'unità e l'interesse di tutte le classi sociali, difendendone i diritti fondamentali e rispettando l'autonomia delle aggregazioni particolari, quali le società di mutuo soccorso, le corporazioni, i sindacati, e soprattutto le associazioni religiose. Il modello formale descritto nell'enciclica Rerum Novarum viene successivamente ripreso ed integrato da Pio XI nell'enciclica Quadragesimo Anno (1931)17. Essa recita: «E' vero certamente e ben dimostrato dalla storia, che, per la mutazione delle circostanze, molte cose non si possono più compiere se non da grandi associazioni, laddove prima si eseguivano anche dalle piccole. Ma deve tuttavia restare saldo il principio importantissimo nella filosofia sociale che come è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l'industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori ed inferiori comunità si può fare. E' questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva (subsidium afferre) le membra del corpo sociale, non già distruggerle ed assorbirle». Secondo Pio XI, inoltre, «è necessario che l'autorità suprema dello Stato rimetta ad 16 Si tratta del principale documento che influenzerà il pensiero vaticano del XX secolo (Berti e Campanini, 1993). 17 L'enciclica Quadragesimo Anno (1931) di Pio IX rappresenta una celebrazione, a quarant'anni di distanza, della precedente enciclica Rerum Novarum (1891) di Leone XIII. 17 ...Quadragesimo Anno... Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale associazioni minori o inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minor momento» per poter «eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a lei sola spettano […] di direzione, cioè, di vigilanza, di incitamento, di repressione, a seconda dei casi e delle necessità» (1931). Gli immediati successori di Pio XI ribadiscono l'importanza del principio, senza tuttavia apportare significative innovazioni alla sua formulazione teorica (Feliciani, 2004). Pio XII, nell'allocuzione ai cardinali del 20 febbraio 1946, ne riconosce «la validità per la vita sociale in tutti i gradi» precisando che «ogni autorità sociale è per sua natura sussidiaria». Successivamente, i riferimenti al principio di sussidiarietà si fanno progressivamente più rari (Feliciani, 2004). Paolo VI nell'enciclica Mysterium Fidei, del settembre 1965, scrive: ... Mysterium Fidei... «ll principio di sussidiarietà esige certo che i poteri pubblici non realizzino quel che gli individui e i gruppi sono in condizioni di fare, ma richiede questo intervento quando gli individui e i gruppi sono incapaci di realizzare determinati obiettivi necessari per il bene comune; o quando essi non sono disposti a sottomettersi nella giusta misura alle esigenze dell'interesse generale». La linea di pensiero tracciata nelle citate encicliche ha conosciuto uno sviluppo pressoché costante nei documenti della dottrina della Chiesa fino a rappresentare un punto consolidato del magistero di Giovanni Paolo II18 (Feliciani, 2004). Nell'enciclica Dominum et Vivificantem (1986) egli afferma: ... Dominum et Vivificantem... «né lo Stato, né alcuna società devono mai sostituirsi all'iniziativa ed alla responsabilità delle persone e delle comunità intermedie in quei settori in cui esse possono agire, né distruggere lo spazio necessario alla loro libertà». In seguito, nella Centesimus Annus (1991), enciclica celebrativa della Rerum Novarum (1891), Giovanni Paolo II ribadisce: «Disfunzioni e difetti nello Stato assistenziale derivano da una inadeguata comprensione dei compiti propri dello Stato. Anche in questo ambito deve essere rispettato il principio di sussidiarietà: una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune». Infine, nel discorso del 25.02.2000, Giovanni Paolo II riconosce l'importanza centrale 18 Secondo Feliciani (2004), il principio di sussidiarietà rappresenta un motivo ricorrente sia nel magistero di Giovanni Paolo II che nei documenti della Chiesa, con enunciazioni che, seppur mantendendosi nel solco delle precedenti pronunce, non sono prive di una certa novità di accenti. 18 ...Centesimus Annus... Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale del principio di sussidiarietà (De Martin, 2008) sottileando: «l'opinione pubblica deve essere educata all'importanza del principio di sussidiarietà per la sopravvivenza di una società autenticamente democratica». L'interpretazione della nozione di sussidiarietà esplicitata nelle encicliche papali può essere così ricondotta a due elementi cardine tra loro strettamente interconnessi: la dignità della persona e la solidarietà dello Stato, entrambi volti al raggiungimento del bene comune. Nella visione cattolica, sussidiarietà e solidarietà rappresentano due componenti complementari del pluralismo sociale. La complementarietà permette di descrivere il ruolo del potere pubblico in termini di sostegno allo sviluppo della persona e di strumento utile al perseguimento del bene comune. In particolare «la sussidiarietà razionalizza la solidarietà, definendone sia gli orizzonti di attesa che gli aspetti soggettivi e segnando anche il procedimento che deve portare alla sua attivazione» (D'alessandro, 2004). L'ottica solidaristica, incardinata sulla persona e sulla sua dignità, pone dunque la sussidiarietà come postulato e sollecita il rapporto tra la capacità e l'autonomia delle individualità e la correlativa responsabilità delle entità (siano esse individui o società di grado inferiore) a beneficio delle quali si predica un self­restraint dei pubblici poteri (Duret, 2004). In questo senso, l'interpretazione del principio non è mai di tipo riduttivo, nel senso che esso comporti per l'autorità esclusivamente il divieto di impedire e ostacolare la libera iniziativa delle singole persone e delle formazioni sociali. Al contrario, l'interpretazione cattolica ripone nella solidarietà un ruolo positivo che l'autorità può svolgere nei confronti della società, in termini di incoraggiamento, favore e valorizzazione (Feliciani, 2004). Ciò vale in particolar modo quando sia manifesta l'incapacità delle instanze inferiori di agire autonomamente. A questo proposito, secondo Millon Delsol (1993: 22) «l'idea di sussidiarietà, vero pilastro della dottrina sociale della Chiesa, è intesa al tempo stesso in senso negativo (non­ingerenza, perchè la dignità implica la libertà), e in senso positivo (ingerenza certamente necessaria, poiché la libertà non è sempre sufficiente a garantire la dignità). I papi insistono più su un aspetto o sull'altro, secondo gli eccessi dell'epoca e i più evidenti bisogni del momento. [...] Il principio di susssidiarietà dovrebbe così contribuire ad aiutare i governi nella ricerca di un punto di equilibrio, sempre da ridefinire perchè le società e i bisogni cambiano continuamente. I confini dell'ingerenza e della non­ingerenza variano a seconda della capacità o della miseria degli attori sociali. La dottrina sociale non esclude l'intervento statale nel caso in cui ne venga dimostrata l'assoluta necessità. Essa rifiuta la libertà sacralizzata e l'uguaglianza sacralizzata». Dignità e solidarietà La sussidiarietà nella dottrina sociale della Chiesa 1.1.1 Dignità della persona e bene comune Come la libertà dell'individuo appare per il liberalismo il valore fondamentale da tutelare e perseguire, così la dignità della persona umana lo è per la dottrina sociale 19 Dignità della persona Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale della Chiesa. Secondo la dottrina sociale della Chiesa, la dignità ha bisogno prima della società, e poi dello Stato, per realizzarsi. L'uomo, essere sociale, può tendere alla sua perfezione terrestre solo attraverso l'organizzazione sociale. La dignità è uguale per tutti. Essa non dipende da nessuna qualità o attributo. Il valore della dignità comprende in sé quelli di libertà e di uguaglianza ma non coincide con l'una nè con l'altra. La dignità rappresenta qualcosa in più, necessita dell'autonomia della persona e implica, al tempo stesso, un certo grado di libertà e responsabilità. Il modello di società perseguito dalla dottrina sociale della Chiesa prevede che tutti gli individui che ne fanno parte agiscano nel perseguire il bene comune19. Diversamente dall'idea liberale di bene comune che si risolve nella nozione di interesse pubblico, insieme delle condizioni generali grazie alle quali ogni individuo può raggiungere il proprio benessere, il bene comune è qui un bene che interessa la comunità intera, per il quale passa lo sviluppo di ciascuno (Ornaghi, 2004). Secondo questa visione, «ogni persona dedita ad un compito specifico, ancora prima di vedere risolti i suoi problemi, avverte il bisogno di sentirsi utile, di cogliere che il suo contributo all'edificazione del bene totale è utile e, in quanto tale, non è sostituibile» (Vittadini, 1998: 3). Il bene di ognuno e il bene di tutti non risultano quindi essere in conflitto, ma il bene di ciascuno si definisce all'interno della società e dunque la società intera si adopera per il raggiungimento dello stesso bene comune. Il bene comune si fonda dunque su due aspetti fondamentali, distinti ma complementari: la natura degli esseri umani, creati perchè vivano in unità sociali (l'unità minima è, di fatto, la famiglia), e la partecipazione ai benefici della vita comunitaria oltre che alla sua costruzione (Ornaghi, 2004). Nel primo caso, il bene comune rappresenta il fine ultimo da perseguire da parte dei soggetti della società attraverso l'attiva partecipazione alla vita comunitaria. Nel secondo caso, il fine ultimo può richiedere la necessità di un intervento attivo da parte dell'autorità, a tutela dell'effettiva attuazione delle condizioni che devono consentire a ciascuno di perseguire nel modo migliore la propria perfezione (i diritti e i doveri). Secondo Ornaghi (2004), la rivendicazione del riconoscimento della libertà e dignità di ciascuno da parte dell'autorità politica rispecchierebbe, da un lato, l'affermazione di un principio originario nella concezione cristiana rispetto ai rapporti con il potere pubblico e, dall'altro, il criterio che ha guidato l'atteggiamento della Chiesa nei confronti non solo dei regimi totalitari del XX secolo, ma anche delle degenerazioni delle molteplici forme di individualismo all'interno delle democrazie di mercato occidentali. Nel XX secolo, il bene comune diviene infatti questione centrale per i neo­liberali tedeschi (es. Salazar), promotori di una società fondata nello statuto dei corpi intermedi e precursori delle derive dittatoriale (si veda il concetto di società­comunità sostenuto 19 Come per il concetto di sussidiarietà, così anche il concetto di bene comune proprio della dottrina sociale della Chiesa è riconducibile al pensiero di Aristotele (il bene più alto è rappresentato dalla polis) e di Tommaso d'Aquino (le comunità perfette sono, in questo caso, la civitas e il regnum) (Ornaghi, 2004). 20 Il bene comune Contro il monopolio del bene comune Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale da Mussolini da un lato, e le corporazioni in sostituzione dei sindacati sostenute da Hitler dall'altro). La dottrina della Chiesa si vede dunque costretta a stabilire una distinzione tra le due interpretazioni del corporativismo: l'una umanista e l'altra totalitaria, la prima basata sul corporativismo di Stato, l'altra sul corporativismo di associazioni. A sostegno di tale distinzione, la dottrina avanza la tesi secondo cui il monopolio del bene comune quando viene affidato a un corpo privato, si trasforma in monopolio di interesse privato, nascosto sotto l'alibi del bene comune. In epoca moderna, infine, la visione neo­scolastica riconosce nell'idea di bene comune il fondamento del dovere d'ingerenza dello Stato. Esso attecchisce ancor di più in una società individualista. Pur in assenza di un riconoscimento di valori oggettivi, anche la società individualista aderisce ad un certo numero di valori condivisi, oltre il mero interesse personale. Tali valori, concepiti in abbinamento alla nozione di solidarietà, impongono allo Stato di abbandonare un ruolo neutro e giustificano dunque un dovere di ingerenza volto alla difesa dei valori condivisi. L'ingerenza dello Stato è garantita dalla natura solidale del suo intervento e basata sulla incapacità della società di perseguire autonomamente i propri bisogni. Il principio di sussidiarietà, così interpretato, segna la differenza tra il ruolo provvidenziale dello Stato nei confronti di una società considerata, in termini aprioristici, debole, e l'apporto solidale ad una società che lavora insieme per il raggiungimento del bene comune (Millon Delsol, 1992). Esemplificando, si potrebbe dire che il principio di sussidiarietà nell'accezione cattolica permette che nella costruzione del bene comune ogni individuo possa compiere un'opera che «porta l'impronta della sua personalità, così come in un'opera d'arte vi è impresso il tratto del genio artistico dell'autore» (Vittadini, 1998: 3). Tale certezza permette di legittimare l'intervento parziale e ausiliario dell'autorità, nel rispetto sia della felicità generale sia delle libertà particolari. Presupposti al dovere di ingerenza 1.1.2 Solidarietà dello Stato La solidarietà, definita in quanto principio di ordine morale naturale si traduce sia in relazioni di reciproco aiuto, fiducia e collaborazione in ogni ambito della vita sociale sia, soprattutto, in forme istituzionali in grado di ridisegnare il quadro giuridico, politico ed economico (Monti, 2004). Nell'accezione cattolica, lo Stato ha la vocazione a concretizzare una dignità ontologica che si traduce in un insieme di diritti positivi. Per questa ragione l'intervento statale non è esclusivamente di tipo negativo, allo scopo di evitare anarchia e guerra, ma anche positivo, allo scopo di garantire lo sviluppo delle persone. L'accezione negativa prescrive la necessità del minore intervento possibile da parte dello Stato nei confronti delle comunità più piccole che siano esse stesse in grado di attuare il processo sociale, ovvero di autorganizzarsi (Ferroni, 2008). L'accezione positiva consiste in un'opera di promozione dello sviluppo umano, seppure sia di natura eccezionale ovvero in ultima istanza, perchè l'aiuto dovrebbe 21 Il soccorso positivo dello Stato Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale essere recato prima dagli attori sociali, riuniti in gruppi attivi. L'aspetto negativo del ruolo dell'autorità viene così integrato con un profilo positivo: da una parte si prescrive di non intervenire, non assorbire e non distruggere le forze sociali per garantirne autonomia e responsabilità, dall'altra si riconosce l'utilità di un intervento sussidiario (Millon Delsol, 1992). Tale intervento può esplicarsi in termini di integrazione, di fronte all'insufficienza e all'incapacità del singolo o del gruppo, ovvero in termini di coordinamento e promozione di attività che restano private ma che di tale intervento necessitano per le esigenze proprie delle attività stesse o del bene comune. In questo senso, le encicliche Rerum Novarum (1891) e Quadragesimo Anno (1931), reclamano entrambe un punto di equilibrio o compromesso tra il dovere di non­ingerenza e il dovere di ingerenza, sottolineando una connessione intima tra la libertà e la solidarietà. Il principio solidaristico e quello sussidiario si pongono dunque come necessari e tra loro complementari, insieme permettono di descrivere il ruolo del potere pubblico in termini di sostegno allo sviluppo personale e di strumento di perseguimento del bene comune. In definitiva, è possibile ricondurre l'idea di sussidiarietà espressa dalla dottrina sociale della Chiesa a due concetti fondamentali: in primo luogo, il riconoscimento della capacità della persona e dei gruppi sociali minori di fare da sé, in virtù della loro dignità, e, d'altro canto, l'esigenza che il gruppo sociale superiore (compreso anche lo Stato) offra alla persona e ai gruppi inferiori l'aiuto e i mezzi necessari per adempiere alle loro funzioni. In questo senso, l'idea è che le persone e i gruppi sociali non si limitino a rivendicare diritti ma si assumano fino in fondo i propri doveri e responsabilità nell'ottica del raggiungimento di un bene comune. Il primato della persona umana e la sua natura sociale impongono allo Stato, come unico scopo, il supporto ai singoli individui nell'assunzione di personali responsabilità per la propria autorealizzazione, assicurandone le condizioni necessarie. In questo senso, se l'attuazione della sussidiarietà non tutela e valorizza le libere iniziative dei cittadini singoli e associati, viene praticamente negato il suo stesso fondamento che consiste nella dignità della persona umana (Feliciani, 2004). D'altro canto, il ruolo dell'autorità pubblica non viene negata e nemmeno diminuita dal principio di sussidiarietà ma è richiamata con forza al suo ruolo di garante del bene comune (Berti Campanini, 1993). Dovere di non­ingerenza e dovere di ingerenza 1.2 Matrice liberale Millon Delsol (1992 e 1993) riconosce nella corrente liberale, in particolare nel pensiero dei teorici liberali Locke, Tocqueville e von Hayek, la seconda matrice che ha introdotto la nozione di sussidiarietà. Nella Lettera sulla tolleranza (1689) Locke20 riconduce il potere non al diritto divino o 20 John Locke (Wrington, 1632 – Oates, 1704), filosofo britannico della seconda metà del Seicento, è 22 La supplenza in Locke Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale ad una condizione di superiorità naturale, quanto piuttosto alla necessità manifestata dagli attori sociali (si veda la celebre metafora del fanciullo indifeso) di una guida che sia in grado di supplire alla mancanza di attitudini e capacità mentali degli individui di garantire la stabilità della propria proprietà, intesa come autonomia e non esclusivamente come insieme di beni materiali (Locke, 1689). Nello stato di natura di Locke, l'individuo, pur riuscendo a sopravvivere in autonomia badando ai suoi affari, bastando a sè stesso ed acquisendo beni, rimane impotente. La mancanza di una completa autosufficienza e garanzia di indipendenza determina, di conseguenza, il bisogno di un'autorità politica, non allo scopo di procurare beni necessari alla vita, ma per garantire la stabilità dei beni di cui l'individuo sa autonomamente procurarsi. In questo senso, l'uomo affida dunque al potere politico il compito di sopperire alle sue incapacità, pur conservando la direzione di tutto quel che può realizzare in autonomia. La società politica o civile è, per Locke, l'arena in cui gli inconvenienti e le inadeguatezze dello stato di natura vengono corretti grazie alla reciprocità del contratto e del consenso (Dunn, 1992). La concettualizzazione del contenuto della differenza tra quel che l'uomo «è capace di fare ­ ovvero vivere in maniera autonoma ­ e quel che non riesce a fare ­ ovvero garantire con la forza questa autonomia ­ fonda la nozione di supplenza meglio sviluppata in seguito dai liberali classici» (Millon Delsol, 1992: 85). Secondo Locke (1967), il potere politico non priva l'uomo della libertà, ma al contrario la accresce, rendendola stabile. Il suo ruolo rimane tuttavia limitato in confini precisi: non deve agire direttamente, quanto piuttosto proteggere ciò che gli individui gli affidano (principalmente la garanzia di pace, la sicurezza e la concordia)21, attraverso tutti i mezzi necessari legali e non arbitrari. Il potere dell'autorità, originato dunque dal consenso dei cittadini, ha il fine di garantire (rispetto ad eventuali sopraffazioni) il diritto naturale del quale gli individui godono allo stato di natura. L'autorità non può dunque, in alcuna maniera, limitare le libertà degli individui, né privarli delle loro proprietà: se contravvenisse a tali principi, verrebbero meno le sue stesse ragioni d’essere, e, con ciò, verrebbe meno l’obbedienza dovuta dai cittadini. Tocqueville22 (1835­40), a partire dalla descrizione della società americana e, in considerato il padre dell'empirismo moderno e dell'illuminismo critico. Nell'ambito della riflessione politica, Locke in seguito al fallimento della restaurazione monarchica degli Stuart, si convin ce che lo Stato assoluto non si adatta alle tendenze naturali che gli uomini cercano di assecondare unendosi in società. La società di Locke è individualista e la supplenza si applica allo Stato, di fronte all'individuo. 21 «Lo Stato mi sembra la società degli uomini costituita soltanto per conservare e accrescere i beni civili. Chiamo beni civili la vita, la libertà, l'integrità del corpo e la sua immunità dal dolore, e il possesso delle cose esterne, come la terra, il denaro, le suppellettili ecc.» (Locke, 1994: 8). 22 Il visconte Alexis Henri Charles de Clérel de Tocqueville (Verneuil-sur-Seine, 1805 – Cannes, 1859) è stato filosofo, politico e storico. Figlio di una famiglia francese aristocratica, nel 1831 parte per gli Stati Uniti d'America. Della società americana lo colpisce, in particolar modo, il livellamento sociale, l'assenza di privilegi di nascita e di ceti chiusi e la possibilità per tutti di partire dallo stesso livello nella competizione sociale. Dall'osservazione di tale realtà prende vita lo studio che sfocia nella sua opera più importante, De la démocratie en Amérique (opera pubblicata in due parti, nel 1835 e nel 1840, dopo il suo ritorno in Francia). 23 Le associazioni di Tocqueville Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale particolare, dall'analisi del fenomeno associazionistico23 che la caratterizza, mette in risalto lo spirito d'iniziativa proprio dell'individuo come la capacità concreta, la conoscenza intrinseca dei bisogni prossimi e l'abilità di organizzare il quotidiano, giorno per giorno24(Veca, 2008). L'osservazione del modello statunitense gli consente di riflettere sui potenziali rischi legati alla democrazia e al suo principale fondamento, l'uguaglianza. Secondo Tocquville (1835­40), è l'ineguaglianza ad essere «il luogo delle capacità concretizzate, conseguenza degli atti [ovvero] sviluppo delle opere e [soprattutto] parte intrinseca dell'essere» (Millon Delsol, 1995: 69). In questo senso, gli uomini veri ­ secondo Tocqueville ­ risultano ineguali. Al contrario, l'uguaglianza descrive «uomini finti, in potenza, ad opera di un potere che li separa dalle loro realizzazioni» (Millon Delsol, 1995: 69). Libero arbitrio, volontà e responsabilità sono tuttavia caratteristiche che, secondo Tocqueville, si sviluppano con la vita in comune. E' appunto attraverso l'associazione che l'essere si eleva alla realizzazione dell'autonomia e diviene libero, pur producendo ineguaglianza. Di conseguenza, l'ineguaglianza rappresenta una condizione necessaria perchè si verifichi l'estensione della libertà d'autonomia. L'argomentazione di Tocqueville regge sull'assioma secondo cui «i popoli sono più felici se associati, autonomi e dunque ineguali, piuttosto che atomizzati, dotati di un'astratta e parziale libertà e dunque sostenuti da uno Stato onnipotente» (Millon Delsol, 1995: 71). L'interrogativo verte, a questo punto, sul limite fino al quale può spingersi la libertà dell'autonomia associata e dunque sul punto in cui comincia e finisce l'intervento dell'autorità pubblica. Nel dipingere il ruolo auspicabile dello Stato, Tocqueville formula la definizione di “Stato supplente” (Millon Delsol, 1995) quale risultato di un compromesso tra necessità paradossali. Il ruolo dello Stato consiste dunque nel supplire alle incapacità, differenti da popolo a popolo, da epoca a epoca e soprattutto rispetto agli stessi interventi dello Stato. Il paradosso sta nel fatto che, ogni volta che lo Stato agisce in luogo della società, il suo intervento viene interpretato positivamente a breve termine e negativamente a lungo termine: da una parte reca un soccorso necessario, dall'altra disabitua gli individui ad agire in autonomia, determinando così una condizione di necessario perpetuarsi del suo intervento in supplenza a sempre nuovi bisogni che si vengono via via a manifestare (Tocqueville, 1856). 23 «Gli americani di tutte le età, condizioni sociali e carattere costituiscono continuamente delle associazioni. Non si tratta solo di associazioni commerciali e industriali a cui tutti partecipano, ma di altre, di mille tipi diversi: religiose, morali, serie, futili, molto generali e molto specifiche, grandissime e molto piccole. […] Per questo il paese più democratico del mondo è ora quello in cui gli uomini del nostro tempo hanno raggiunto il più alto livello di perfezione nell'arte di perseguire tutti insieme gli oggetti dei desideri comuni applicando questa nuova tecnica al più vasto numero di scopi» (Tocqueville, 2005: 523). 24 Tocqueville conosce la condizione a lui contemporanea del popolo francese, considerato sciocco e incapace di prendere alcuna iniziativa. Così, ne L'ancien Régime et la Révolution (1856) accusa «Letronne, che deplora così amaramente l'abbandono nel quale il governo lascia le campagne, che ce le mostra senza sentieri, senza industrie, senza luci, non immagina fino a che punto le cose migliorerebbero se tutti questi compiti fossero affidati agli stessi abitanti» (Tocqueville, 1981: 197). 24 La supplenza di Tocqueville Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale Secondo Millon Delsol (1992), da questa osservazione discenderebbero due conclusioni, una sociologica e l'altra politica. La prima è relativa al riconoscere che l'incapacità dei popoli di gestire autonomamente i propri affari dipende dal soccorso si aspettano di ottenere. La seconda è, invece, relativa agli effetti che l'intervento statale può determinare. In questo senso, nell'idea di Tocqueville lo Stato non dovrebbe seguire leggi fisse ma adattare, di volta in volta, in relazione sia alla situazione esistente che agli effetti dell'intervento. D'altro canto, la società statunitense agli occhi di Tocqueville eccelle in potere d'iniziativa proprio in virtù della tendenza a non reclamare il soccorso dello Stato, se non in casi eccezionali e come ultima istanza. Ciò si verifica ad ogni livello gerarchico ­ famiglia, comune, provincia e Stato ­ ognuno dei quali ritiene di avere le energie sufficienti per bastare a sè stesso, almeno nei suoi compiti (Tocqueville, 1835­40). In definitiva la visione di Tocqueville vede come fondante la funzione dei corpi intermedi (associazioni politiche e civili, corporazioni, ecc.) in un processo di autorganizzazione volontaria, rispetto al quale il potere politico risulta supplente (Ferroni, 2008). Tale attività deve fondarsi sulla disuguaglianza, perchè connaturata all'uomo, e deve configurarsi come un'attività di supplenza delle incapacità naturali dei gruppi subordinati in grado di tener conto della relazione di proporzionalità diretta tra grado d'incapacità e grado d'intervento autoritativo (Millon Delsol, 1992). Nel XIX secolo si sviluppa un'idea di supplenza dell'autorità che rimette in discussione quella di Tocqueville. I liberali classici ne inaugurano infatti una nuova visione generata dal nuovo tipo di società nella quale essa si applica. In questo senso, è la struttura stessa della società a giocare un ruolo decisivo nella definizione di supplenza dell'autorità. Se in Tocqueville, è l'inquietudine di fronte alla dissoluzione dei gruppi sociali che induce a porre la questione del ruolo dello Stato, nei liberali come von Hayek 25 è l'elogio dell'individuo a fondare la stessa questione. Il liberalismo tende a sospettare nello sviluppo dei gruppi la nascita di dispotismi particolari ed è per questo che lotta per abbattere le corporazioni (significato iniziale del “laissez­faire”). L'individualismo liberale trasforma l'elogio dell'individuo e delle sue capacità in un elogio dello Stato negativo, che supplisce nel senso stretto della non­ingerenza. La fiducia nelle capacità umane riduce infatti l'azione dello Stato ad un carattere provvisorio, in attesa di un sempre maggiore sviluppo delle capacità umane, e limitato, poiché l'estensione eccessiva determinerebbe il rallentamento del corso della storia vanificando l'avvento di un popolo veramente libero. Il ruolo dello Stato risulta dunque confinato ai soli campi della tutela della sicurezza e dell'ambiente generale, le cosidette “condizioni” (Millon Delsol, 1992). Il ricorso alla nozione di sussidiarietà che emerge dalla visione liberale appare 25 Friedrich August von Hayek (Vienna, 1899 – Friburgo, 1992) è stato economista e filosofo, austriaco naturalizzato britannico, tra i più importanti del XX secolo. Esponente storico del liberalismo, è stato uno dei più importanti rappresentanti della scuola austriaca ed uno dei maggiori critici dell'economia pianificata e centralista. 25 La supplenza nei liberali classici Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale strettamente legata a due elementi chiave, tra loro interconnessi: la capacità di autonomia propria dell'individuo (Locke e von Hayek) e delle sue aggregazioni sociali (Tocqueville) e il carattere negativo, o minimo, del ruolo dello Stato, riconoscibile nel principio di non­ingerenza. 1.2.1 Autonomia dell'individuo e della società civile La condizione di autonomia propria dell'individuo emerge già nella descrizione dello stato di natura di Locke (1689), pur essendo subordinata alla necessità di un'autorità che sia in grado di sopperire a tutti gli inconvenienti e le inadeguatezze proprie delle azioni promosse. La società civile, arena di scambio non politico in cui gli individui intrattengono rapporti basati sulla reciprocità del riconoscimento individuale, ha lo scopo di esaltare la libertà individuale. In Tocqueville (1835­40), l'autonomia trova fondamento nell'aggregazione degli individui in associazioni volontarie. La loro forza consiste nella pluralità e nella diversità dei loro obiettivi26, delle concezioni morali che esprimono, delle appartenenze specifiche che promuovono tra gli individui che vi aderiscono. Tale molteplicità rende le associazioni volontarie, da un lato, costitutivamente minoritarie (poiché sanno di non rappresentare la maggioranza), dall'altro, autonome rispetto alla coercizione, considerata come pericolosa, dettata dagli apparati burocratici dello Stato. In questo senso l'associazione volontaria, in qualità di regno delle scelte elettive e luogo dove gli individui sono liberi da ogni forma esterna di coercizione, costituisce dunque il termine antitetico per eccellenza al rischio della tirannide dello Stato. A conferma di ciò, Tocqueville sostiene che la presenza delle associazioni volontarie sia tanto più ricca e vitale quanto minori sono le pretese regolative dello Stato 27 e quanto maggiore è la capacità di autoregolazione della società civile (Tocqueville, 1835­40). Nell'ottica liberale, l'individuo e le aggregazioni volontarie di cui è parte ottengono dunque il loro riconoscimento, in contrapposizione allo Stato, come sfera svincolata dalla regolazione pubblica. Secondo Ranci (1999), la sola esistenza delle aggregazioni volontarie dimostra per Tocqueville la vitalità democratica di una collettività nazionale, oltre che il contropotere volto a limitare i rischi di eccessiva ingerenza dello Stato nella sfera privata. In questo senso, il contrappeso più significativo al ruolo preponderante dello Stato viene indicato nella libertà di associazione, ovvero nel riconoscimento della libertà degli individui di coalizzarsi e di organizzarsi per far valere i loro interessi comuni. Questa caratterizzazione socio­politica fa gradualmente emergere la società 26 «Ovunque, alla testa di iniziative nuove […], troverete in America delle associazioni. Ho scoperto in America certe associazioni di cui confesso che non avevo neanche idea e ho spesso ammirato l’arte infinita con cui gli americani riescono a fissare uno scopo comune agli sforzi di un grande numero di uomini e a farli camminare liberamente verso di esso» (Tocqueville, 2005: 523). 27 «Si avvicina un tempo in cui le funzioni del potere sociale si accresceranno continuamente e saranno rese sempre più vaste dal suo sforzo stesso [...] e più il governo si metterà al posto delle associazioni e più i singoli, perdendo l'idea di associarsi, sentiranno il bisogno che esso venga loro in aiuto: queste cause e questi effetti si riprodurranno continuamente» (Tocqueville, 2005: 523-526.). 26 L'autonomia in Locke L'autonomia in Tocqueville Società civile come autoregolazione Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale civile come sfera distinta dallo Stato e, al tempo stesso, non riducibile alla sfera economica (ovvero volta al perseguimento del profitto individuale)28. In sintesi, secondo Seligman (1992: 21) la società civile nella tradizione liberale è vista come «luogo di autoregolazione, baluardo dei diritti e delle libertà individuali e un organismo da proteggere dalle incursioni dello Stato». 1.2.2 Non­ingerenza dello Stato Il ruolo di tutela che lo Stato deve svolgere nei confronti della capacità propria dell'individuo e della società civile sostenuto da Tocqueville (1835­40) si traduce, nei liberali classici del XIX secolo (von Hayek), nel principio di non­ingerenza dello Stato. Secondo quest'accezione, lo Stato non interferisce con negli ambiti d'azione dell'individuo e della società civile a meno che essi si dimostrino incapaci di perseguire autonomamente i propri fini particolari. Di qui l'idea di supplenza dello Stato è interpretata in termini di minimo intervento possibile, giustificato esclusivamente da situazioni di necessità e di carattere transitorio. La stessa supplenza è inoltre limitata ad alcuni campi di competenza rigidamente definiti quali, ad esempio, la difesa, la sicurezza e l'ordine pubblico. A partire dalla grande fiducia riposta nelle capacità dell'individuo (Locke) e nella forza delle associazioni volontarie (Tocqueville) di perseguire in autonomia ai propri bisogni, la nozione di sussidiarietà propria della visione liberale pone il diretto confronto tra la sfera individuale ed associativa – la sfera privata – e la sfera dello Stato nel privilegiare l'autonomia della prima e limitare l'ingerenza della seconda. In questi termini, il ruolo dello Stato pur avendo un'utilità comune nel garantire il rispetto dei diritti naturali e regolare le relazioni con le altre società, rimane relegato alla supplenza minima nei confronti di quei soli compiti ai quali gli individui non possono autonomamente provvedere. Per tutto il resto, il ruolo dell'individuo e delle associazioni volontarie di cui è parte è preminente, in virtù della capacità di autoregolazione. 1.3 Matrice socialista utopista Accanto alla tradizione cattolica e al pensiero liberale, Millon Delsol (1992 e 1993) riconosce, a cavallo tra XIX e XX secolo, una terza matrice che introduce il concetto di sussidiarietà: il pensiero socialista utopista29. 28 Si ricordi, a questo proposito, che se negli stati dell'Europa continentale la cittadinanza si affermerà per estensioni progressive degli status privilegiati precedentemente accordati a specifici gruppi sociali, negli USA - e ancor prima in UK - si afferma l'idea che la società costituisca un organismo capace di autoregolazione, diverso dallo Stato e per questo da difendere (Ranci, 1999). 29 Hirst (1999) definisce tale matrice, nata verso la metà del XIX secolo come una terza forza nella storia del socialismo (distinta sia dal bolscevismo che dalla socialdemocrazia), come “socialismo 27 L'intervento minimo dello Stato Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale Nell'epoca in cui il liberalismo, uscito dalla Rivoluzione francese, viene rimesso in qualche modo in discussione e la dottrina della Chiesa non ha ancora pienamente affermato le sue tesi, il pensiero di Proudhon (1959 e 1982) avanza infatti uno sviluppo multiforme dell'idea di sussidiarietà. Nella concezione di Proudhon (1959), appartenente alla corrente di pensiero propria del socialismo utopistico ­ o “socialismo associazionistico”, secondo la definizione di Hirst (1999) ­ il federalismo politico e il mutualismo come sistema di organizzazione sociale30 rappresentano gli antidoti all'ingerenza dello Stato. Nella sua visione del contratto sociale, lontana da quella ideale e idealizzata di Rousseau, lo Stato è legittimato ad intervenire solo in caso di conclamata necessità da parte della società civile, così come ogni altra autorità intermedia deve fare prima di soccorrere l'istanza inferiore. Tale concezione assume un diverso significato nei pensatori socialisti e comunisti dei secoli successivi. Marx identifica infatti la società civile con i rapporti alienati del mercato capitalistico­borghese e Gramsci, al contrario, la pone in quelle sfere socio­culturali che sostengono l'ideologia delle classi e ne mediano i rapporti politici. In entrambi i pensatori la società civile risulta di fatto relegata in un ruolo di marginalità e scarsa considerazione (Ranci, 1999) facendo, di contro, emergere il ruolo centrale dello Stato. D'altro canto, la condizione italiana sul finire del XIX secolo determina l'affermarsi di un modello di organizzazione sociale, in materia assistenziale, basato sulla complementarietà tra azione pubblica e iniziativa privata. Tale modello si fonda sulla diffusione di associazioni mutualistiche influenzate in parte dall'ideologia cattolica e, allo stesso tempo, dalla presenza di una forte tradizione di autotutela e mutuo soccorso tipico della tradizione operaia e socialista (Colozzi e Donati, 2001). associazionista”. In esso sono inclusi svariati movimenti e idee, tra cui il pensiero di Proudhon e le tradizioni mutualistiche e sindacaliste francesi. Hirst (1999) riconosce come, pur avendo spesso vinto la battaglia delle idee, il “socialismo associazionista” abbia ceduto il passo agli altri movimenti socialisti. In un periodo di guerre mondiali, governi forti e industrie fortemente concentrate, esso sembra essere fuori posto. L'accento sull'autogoverno e sull'autonomia locale, espressione delle virtù dell'azione volontaria nella società civile, si pone infatti in contrasto con i forti incentivi al controllo centrale. L'aver trascurato le forme di azione politica necessarie per creare uno Stato ben disposto verso l'attività volontaria e il non aver curato la competizione con altre forze politiche al fine di influenzare le forme di Stato esistenti, ha infine determinato l'emarginazione dei socialisti associazionisti considerati, dal quel momento in avanti, come utopisti. Hirst (1999) ritiene tuttavia errata l'ipotesi secondo cui la corrente associazionistica del socialismo fosse utopistica e irrealizzabile, ma che al contrario essa avrebbe necessitato di un giusto contesto per potersi tradurre in pratica politica. 30 Così come Proudhon diverse altre riflessioni libertarie, tra XIX e XX secolo, hanno teorizzato la possibilità e desiderabilità di modelli di autorganizzazione sociale alla base di forme di organizzazione istituzionale (Brunetta, 2011). 28 Sussidiarietà in Proudhon Società civile in Marx e Gramsci Il mutualismo italiano Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale 1.3.1 Organizzazione sociale e mutualismo Deluso dalla Rivoluzione francese e dalle sue conseguenze, Proudhon31 (1959) si pone in antagonismo all'idea del potere centralizzato sostenendo che il potere dovrebbe essere delegato dal basso verso l'alto (Hirst, 1999). A tal proposito egli riconosce che «[...] il centralismo è riduttivo, l'individuo lasciato a sè stesso non può nulla, gli uomini raggruppati o legati da contratti possono quasi tutto» (Millon Delsol, 1995: 99). Il pensiero di Proudhon (1982) mette al centro la propensione all'autonomia, l'autoregolazione e l'attitudine a riuscire quali caratteristiche proprie dei gruppi costituiti da individui, ai differenti livelli della società. Pur riconoscendo evidenti capacità all'uomo, specie per ciò che riguarda la comprensione del quotidiano e la conoscenza delle situazioni, Proudhon non immagina tuttavia una società di tipo organico. In maniera analoga alla maggior parte degli scrittori sociali del XIX secolo, il pensiero di Proudhon è progressista e ricorre all'idea di sussidiarietà come risoluzione dei conflitti e abolizione delle tensioni (Millon Delsol, 1992). Malgrado le violente critiche contro la religione (Proudhon, 1982), il modello di organizzazione sociale e politica proposta non sembra essere troppo distante dall'approccio dei teorici cattolici­sociali dell'epoca. Esso si propone di tutelare tutti i valori contrapposti, in particolare la libertà e l'uguaglianza in nome del valore fondante, la giustizia, riconoscimento della dignità. L'idea di giustizia di Proudhon non ha tuttavia nulla a che vedere con l'uguaglianza matematica, si tratta di un'uguaglianza in dignità e non di un livellamento. La giustizia sociale si organizza dunque attraverso l'autonomia dei gruppi sociali e la mutualità reciproca. In altre parole, i cittadini possono perfettamente, associandosi, garantire la giustizia come concretizzazione della loro dignità (Proudhon, 1982). In questo senso, Proudhon nel Du principe fédératif (1959) sostiene come non occorra affidare allo Stato l'organizzazione del benessere poichè il regime più auspicabile riposa sulla fiducia che i cittadini in gruppo sono in grado di farsi carico del bene comune32, evitando così la centralizzazione. La certezza di una naturale solidarietà della società contribuisce a dimostrare una capacità non solo di agire allo scopo di perseguire gli interessi particolari, ma di svolgere dei compiti di interesse comune, anche senza l'aiuto dello Stato (Salsano, 1979). Lo “Stato della sussidiarietà” (Millon Delson, 1992) rappresenta l'esito del paradosso attorno al quale ruota la garanzia di equilibrio33 tra società e Stato34. Istanze opposte ma 31 Pierre-Joseph Proudhon (Besançon, 1809 – Parigi, 1865), nato da modesta famiglia artigiana, esercita il mestiere di tipografo prima di darsi alla pubblicistica e al giornalismo politico. Autodidatta, il suo pensiero occupa un posto a sé nel panorama delle tendenze socialiste e comuniste francesi prequarantottesche, verso le quali si pone sempre criticamente (Salsano, 1979). 32 E' interessante evidenziare come in Proudhon si ritrovi l'idea, tratta da Tommaso d'Aquino e prima ancora da Aristotele, secondo cui il desiderio di servire il bene comune è naturale. 33 Millon Delsol (1992) ricorda come sia più facile trovare testimonianza del Proudhon anarchico che di quello più equilibrato, autore del Du principe fédératif (1959). 34 «L'anarchia, secondo quel che vi insegna la storia, non è più diffusa nell'umanità di quanto non lo sia 29 Proudhon e il bene comune Il ruolo del contratto Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale costrette a convivere poiché, oltre al fatto che nessuno dei due termini ha senso senza l'altro, ognuno dei due genera catastrofi se lasciato da solo. L'elemento che li separa e contiene ciascuno in un perimetro, è il contratto35 (Proudhon, 1959). Sul versante della società, i contraenti sono rappresentati da gruppi sociali costituiti, già dotati di una propria organizzazione basata su libertà, capacità e diritti. Non si tratta né di individui né di gruppi informali, bensì di società organizzate (famiglie, comuni, cantoni, province o Stati) che ricorrono al contratto per il bisogno di garantire e proteggere la loro autonomia e assicurarsi sicurezza reciproca e generale (Proudhon, 1959). Per poter essere tale, ciascun contraente deve poter apportare abbastanza nello scambio, ovvero deve autosufficiente per sé stesso, prima del contratto stesso (Millon Delsol 1992). Il contratto è peraltro parziale nel suo contenuto poiché riguarda solo «quel che interessa la sicurezza e la felicità comuni»36 (Proudhon, 1959: 319). Il contratto ha lo scopo di frenare l'ingerenza dell'azione dello Stato che se «da fondatore si fa bracciante; non è più il genio della collettività, che la feconda, la dirige e l'arricchisce, senza disturbarla: è una enorme società anonima, con seicentomila impiegati e seicentomila soldati, organizzata per fare di tutto e che, invece di venire in aiuto alla nazione, invece di servire i cittadini e i comuni, li spossessa e li opprime» (Proudhon, 1959: 329). Il contratto non risponde tuttavia alla questione dei limiti della competenza dell'autorità né alla questione dei criteri del limite o della giustificazione dell'azione dello Stato (come nei liberali classici) (Millon Delsol, 1992). La prima si risolve nel criterio dell'autonomia di ciascun livello della società rispetto all'estensione dell'azione da svolgere e del suo oggetto. La seconda deve risolversi invece nel criterio della capacità. In altre parole, «tutto quel che può fare l'individuo, sottomettendosi alla legge della giustizia, lo si lascerà all'individuo; tutto quel che oltrepassa la capacità di una persona sarà affidato alla collettività» (Proudhon, 1924: 213). Secondo Millon Delsol (1992), l'azione dell'autorità – e dunque anche dello Stato ­ proposta da Proudhon si giustifica o meno in base all'effetto dell'azione promossa. In altre parole, a stabilire il limite di ingerenza o non­ingerenza dell'autorità superiore sono l'idoneità e la capacità dell'entità interessata dal bisogno a soddisfarlo. L'organizzazione politica definita nell'espressione “Stato della sussidiarietà” (Millon Delsol, 1992), in aperto contrasto con quella socialista e comunista sue contemporanee, si basa su un approccio di tipo contrattualistico e solidaristico, riassunto nel concetto di il disordine nell'universo. Se nessun popolo può fare a meno del governo, il problema politico è il problema stesso dell'antinomia società/Stato» (Proudhon, 1982: 571). 35 Diversamente dall'idea di Rousseau, il contratto di Proudhon è reale: «il contratto sociale è una finzione dei legisti […] nel sistema federativo, il contratto sociale è più che una finzione: è un patto positivo, effettivo, che realmente è stato proposto, discusso, votato, adottato e che si modifica regolarmente secondo la volontà dei contraenti. Tra il contratto federativo e quello di Rousseau [...] c'è tutta la distanza tra la realtà e l'ipotesi» (Proudhon, 1959: 138). Di qui l'interesse di conferirgli il nome di un'organizzazione politica reale: la federazione. 36 In rapporto al pensiero liberale, Proudhon aggiunge la prosperità alla sicurezza. Ciò implica una certa idea di bene comune e un'idea di sussidiarietà che superi l'accezione della semplice supplenza (Millon Delsol, 1992). 30 Le competenze dello Stato Lo “Stato della sussidiarietà” Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale mutualismo. Tale organizzazione concepisce il soccorso come organizzato più all'interno della società che apportato dallo Stato alla società. Si potrebbe dire che, per Proudhon, le autorità della società sono sussidiarie, mentre lo Stato è secondo: non è supplente, come nel caso dello Stato liberale, perchè la società non ha bisogno di soccorso ma è capace di organizzarlo (self­help dei gruppi, internamente ed esternamente). D'altro canto, il concetto di mutualismo esclude il soccorso dai compiti dello Stato nel senso conferito dalla dottrina sociale della Chiesa, basato cioè sulla supposta incapacità della società di garantire la giustizia. La proposta di Proudhon, inquadrata in una concezione della trasformazione della società in senso antistatalistico e autogestionario (Salsano, 1979) ovvero «fortemente anticollettivist[a] e contrari[o] alla proprietà pubblica centralizzata [...], in quanto propugna[va] la priorità delle attività autogestite d'individui associatisi liberamente» (Hirst, 1999: 100), ha avuto una forte influenza sull'evoluzione del pensiero anarchico. 1.3.2 La concezione marxista­gramsciana della società civile La contrapposizione tra società civile e Stato forma la coppia di categorie di cui il pensiero politico moderno, a partire da Hegel37 in avanti, si serve per caratterizzare il tipo di rapporti esistenti nella società moderna. Nei confronti di tali rapporti, considerati di natura conflittuale poichè tutti gli individui perseguono finalità puramente particolaristiche, lo Stato è concepito da Hegel come sintesi definitiva in cui si risolvono e dissolvono le individualità particolari, almeno nella loro capacità di espressione politica, presentandosi come unica realtà etica (Berti e Campanini, 1993). La tradizione socialista post­hegeliana o marxista, che ha storicamente prevalso rispetto alla corrente del “socialismo associazionistico” (Hirst, 1999) contraddistinguendo il pensiero socialista fino ad oggi, ha posto infatti l'accento sulle contraddizioni intrinseche presenti nella società civile e la loro risoluzione nell'ambito politico dello Stato (Seligman, 1992). Hegel (2000) ha identificato la società civile come sfera dei soggetti privati, operanti con finalità esclusivamente economiche, cioè particolari, e perciò in perenne conflitto reciproco (Colozzi e Donati, 2002). Ne Filosofia del diritto, Hegel (2000: 185) afferma infatti che «l'individualità per sé, da una parte, in quanto appagamento ­ che si estende da tutti i lati ­ dei suoi bisogni, dell'arbitrio accidentale, del libito soggettivo, distrugge nei suoi godimenti sé stessa e il suo concetto sostanziale; dall'altra, in quanto infinitamente eccitata, e indipendenza da un'accidentalità esterna e da un arbitrio, così come limitata dal potere dell'universalità, è l'appagamento del bisogno necessario, come dell'accidentale, accidentalmente. La società civile in queste antitesi e nel loro intreccio, offre, appunto, lo spettacolo della dissolutezza, della miseria e della corruzione fisica ed etica, comune ad entrambe». In altre parole, la società civile comprende secondo Hegel anzitutto il 37 Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda, 1770 – Berlino, 1831) è stato il filosofo considerato il rappresentante più significativo dell'idealismo tedesco. 31 Società civile e Stato in Hegel Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale “sistema dei bisogni”, cioè l'insieme dei rapporti economici (lavoro, produzione, commercio, ecc), subordinati al diritto privato e al tempo stesso disciplinati da regole pubbliche. Ad essa si contrappone lo Stato, inteso come il dominio dell'universale sul particolare e quindi come la realizzazione definitiva dell'eticità (Berti e Campanini, 1993). Di seguito Marx38, teorico della lotta di classe fra borghesia e proletariato, conferma il significato dato da Hegel alle espressioni di società civile e Stato: la prima, costituita da classi sociali operanti l'una contro l'altra unicamente in vista del vantaggio particolare, ovvero economico, dei singoli individui che le compongono; il secondo, istituzione attraverso cui viene esercitato il potere politico (Marx e Engels, 1967). Egli afferma infatti che (1967: 26, 65­66) «la forma di relazioni determinata dalle forze produttive esistenti in tutti gli stadi storici finora succedutisi, e che a sua volta le determina, è la società civile […]. Qui già si vede che questa società civile è il vero focolare, il teatro di ogni storia, e si vede quanto sia assurda la concezione della storia finora corrente, che si limita alle azioni di capi e di Stati e trascura i rapporti reali […]. La società civile comprende tutto il complesso della vita commerciale e industriale di un grado di sviluppo e trascende quindi lo Stato e la nazione, benchè, d'altra parte, debba nuovamente affermarsi verso l'esterno come nazionalità e organizzarsi verso l'esterno come Stato». A differenza di Hegel, Marx intende lo Stato come una sovrastruttura, usata da una classe per tenere sottomessa l'altra, e pertanto ne preconizza l'estinzione, una volta che sia stata eliminata, con l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, la contrapposizione tra le classi e si sia instaurata la società senza classi. Antonio Gramsci, interprete originale39 di Marx (Bobbio 1976), privilegia la società civile rispetto allo Stato. Ne Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura (1949: 9) Gramsci sostiene40 infatti che si possano «fissare due grandi piani superstrutturali, quello che si può chiamare della società civile, cioè dell'insieme di organismi volgarmente detti privati, e quello della società politica o Stato e che corrispondono alla funzione di egemonia che il gruppo dominante esercita in tutta la società e a quello di dominio diretto o di comando che si esprime nello Stato o nel governo giuridico». In questo senso, secondo Bobbio (1976) l'idea di società civile di Gramsci deriverebbe direttamente dall'interpretazione – seppur unilaterale – di Hegel, in particolare per ciò che riguarda la distinzione tra momento della società civile e momento dello Stato (Bobbio, 1976). Secondo Bobbio (1976: 34), «una volta considerato il momento della società civile come il momento attraverso cui si realizza il passaggio dalla necessità alla libertà, le ideologie, di cui la società civile è la sede storica, sono viste non più soltanto come giustificazione postuma di un potere la cui formazione storica dipende dalle condizioni materiali, ma come forze formatrici e creatrici di nuova storia, collaboratrici nella formazione di un 38 Karl Marx (Treviri, 1818 – Londra, 1883). 39 Norberto Bobbio dimostra in un saggio (1976) l'originalità di Gramsci, non condivisa dall'intera comunità scientifica, rispetto al pensiero tradizionale di Marx proprio in relazione alla considerazione della società civile. 40 In alcuni passi de Lettere dal carcere (1947) Gramsci considera la società civile come un momento dello Stato in senso ampio (Bobbio, 1976). 32 Società civile e Stato in Marx Società civile e Stato in Gramsci Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale potere che si va costituendo più che non giustificatrici di un potere già costituito». Gli epigoni di Marx infine concepiscono lo Stato come strumento necessario per la transizione alla società senza classi che, attraverso la “dittatura del proletariato” dissolve ogni espressione, non solo politica, ma anche economica, delle individualità particolari, ponendosi come unico soggetto non solo politico ma anche economico. A questa concezione si sono successivamente ispirate le realizzazioni statalistiche di tipo comunista (Berti e Campanini, 1993). D'altro canto il contesto nazionale, a cavallo tra XIX e XX secolo, vede la diffusione di iniziative sociali e civili promosse da associazioni volontarie (es. società di mutuo soccorso41), formalmente apartitiche42 ma appartenenti perlopiù alla corrente dei movimenti operai e alla tradizione cattolica (Moro e Vannini, 2008; Putnam, 1993). Tali associazioni nascono al fine di alleviare le difficoltà economiche dei lavoratori – e, dunque, sopperire alle carenze dello Stato sociale – sulla base di una pragmatica volontà di cooperazione tra soggetti nella stessa condizione sociale (Putnam, 1993). Successivamente, l'esperienza delle associazioni mutualistiche viene affiancata da altri tipi di organizzazione a sostegno dei diritti dei lavoratori, in primis i sindacati e i partiti politici. All'incirca negli stessi anni, e spesso sotto l'egida delle stesse società di mutuo soccorso, nascono in Italia43 le prime cooperative di produttori e consumatori, attive in tutti i settori dell'economia (es. cooperative agricole, di lavoratori, di credito, banche rurali, dei produttori e dei consumatori). Tale fenomeno ha determinato, da un lato, l'unicità del contesto nazionale nel campo della cooperazione, dall'altro, la nascita delle organizzazioni sindacali44 e dei partiti di massa, di influenza socialista e cattolica45. 41 Sebbene sia le società di mutuo soccorso, che le cooperative e le altre espressioni di solidarietà siano state istituite in tutto il contesto nazionale, non si sono diffuse omogeneamente. Putnam (1993) dimostra come ci sia stata una maggiore concentrazione nell'Italia del nord, mentre al sud hanno continuato a prevalere forme più o meno legali di clientelismo. Le Società Operaie di Mutuo Soccorso (SOMS) si diffusero rapidamente in Italia tra XIX e XX secolo fino a toccare il picco di 6.722 unità nel 1894 e 926.000 soci nel 1904, in particolar modo negli Stati sabaudi (Allio, 1977). Abolite durante il periodo del fascismo, alle stesse venne successivamente riconosciuto il diritto di acquisire entità giuridica con la L. 3818/1886. La norma dettava le condizioni essenziali alle quali le società avrebbero dovuto attenersi nei rapporti con lo Stato: ad esempio, il soccorso ai soci come unica finalità, il risparmio come mezzo e la mutualità come vincolo. 42 Secondo Putnam (1993), nonostante le società di mutuo soccorso si siano dichiarate organizzazioni ufficialmente apartitiche, alcune si possono definire - sia pure in modo vago - radicali e repubblicane, altre liberali, socialiste o di ispirazione cattolica. 43 Nel 1854 nacque, ad esempio, il Magazzino di Previdenza ad opera della Società degli Operai di Torino (Allio, 1977). 44 Seppure, anche nel caso delle cooperative, sia stata dichiarata l'indipendenza politica, «la partecipazione a queste attività deve aver inciso su quel fenomeno che i sociologi chiamano 'presa di coscienza' poiché molti leader degli emergenti sindacati e dei movimenti politici che si formarono in quegli anni provenivano dal mondo delle società di mutuo soccorso e dalle cooperative» (Putnam, 1993: 163). 45 E' in questa fase storica che si verifica la contrapposizione, nel contesto italiano, tra socialismo e cattolicesimo (rossi vs bianchi). Pur tuttavia Putnam (1993: 165) riconosce come «l'immagine rosso/bianca è tuttavia per certi aspetti fuorviante, poiché nonostante le rivalità, i due partiti di massa avevano radici sociologiche comuni nell'antica tradizione della solidarietà collettiva e della collaborazione orizzontale». 33 Il mutualismo italiano Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale 1.4 Confronto su concetti chiave L'excursus storico sin qui condotto sulla sussidiarietà mira alla ricostruzione, seppur sintetica, delle matrici di pensiero che ne hanno formulato il concetto o che su di esso hanno fondato il modello di organizzazione sociale e politico. Ciascuno dei modelli proposti pone interpretazioni rispetto a tre concetti chiave, qui considerati come termini di confronto. Il primo concetto è relativo alla natura che caratterizza l'individuo e, di seguito, la società di cui è parte. Il secondo risponde al ruolo che l'autorità in generale ­ e lo Stato in particolare ­ deve svolgere nei confronti della società. In ultimo, il tipo di interazione che intercorre tra le parti – società e Stato – in grado di determinare un qualche grado di equilibrio alla base del modello organizzativo sociale e politico. Quest'ultimo termine di confronto esemplifica l'interpretazione che ciascuna matrice di pensiero avanza rispetto al concetto di sussidiarietà. A partire dalla visione della società organica di Althusius (1965), la dottrina sociale della Chiesa ­ cui spetta il primato della formulazione del concetto – fonda sulla sussidiarietà il proprio modello organizzativo alternativo sia al liberalismo che al socialismo. Il principio di sussidiarietà consente infatti di conciliare libertà d'autonomia e ordine giusto. Il primo termine, la libertà d'autonomia, è garantito dalla principale condizione che caratterizza la persona: la dignità. Non equivalente all'uguaglianza, la dignità della persona è associata alla capacità di agire autonomamente, e alla responsabilità dei singoli o dei gruppi sociali (l'unità minima è costituita dalla famiglia) di agire in soccorso delle altre sfere sociali al fine di perseguire il bene comune. Il secondo termine, l'ordine giusto, introdotto in particolar modo da Ketteler (1864) e dalle successive encicliche papali (Leone XIII, 1891; Pio XI, 1931; Paolo VI, 1965; Giovanni Paolo II, 1986 e 1991), è incardinato sul dovere di ingerenza da parte dello Stato nei confronti della società allorquando le istanze della società non siano in grado di provvedere autonomamente a sé stesse. L'ingerenza è considerata, tuttavia, in un'ottica solidaristica poiché finalizzata a porre le condizioni per il raggiungimento del fine ultimo, il bene comune. Il concetto di sussidiarietà che emerge dalla dottrina sociale della Chiesa è evidentemente strettamente legato al concetto di solidarietà (Duret, 2004). Esso viene postulata come principio sia all'interno della società, attraverso il soccorso reciproco che ogni individuo e gruppo deve responsabilmente recare agli altri individui e gruppi, che all'esterno, rispetto al ruolo che l'autorità – e dunque lo Stato ­ deve rivestite nei confronti della società (Massa Pinto, 2003). In entrambi i casi, la solidarietà ha come fine ultimo la tutela della dignità della persona e il perseguimento del bene comune. Da qui deriva l'identificazione di un'accezione “positiva” della sussidiarietà (Duret, 2004; Millon Delsol, 1992; Millon Delsol, 1993; Rinella, 1999; Vittadini 2007; Vittadini 1998) secondo cui «ogni autorità ha il compito di incentivare, di sostenere e, da ultimo, se necessario, di supplire gli attori incapaci» (Millon Delsol, 1993: 3). La tradizione liberale, sulla scorta dell'individualismo proprio del pensiero di Locke (1689) e dell'associazionismo del pensiero di Tocqueville (1835­40 e 1856), ripone 34 Concetti chiave Dottrina sociale della Chiesa: dignità, solidarietà e supporto dello Stato Pensiero liberale: capacità dell'individuo... Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale enorme fiducia nelle capacità dell'individuo e delle formazioni sociali. Tale fiducia determina che il ruolo dello Stato, secondo la definizione del liberalismo classico (Hayek, 1960 e 1973), sia al minimo ingerente nella garanzia delle condizioni utili al massimo sviluppo dell'individuo e delle formazioni sociali e supplente in misura proporzionale all'incapacità. La nozione di sussidiarietà che emerge dal pensiero liberale, seppur mai esplicitamente richiamata con tale locuzione, è assimilabile alla non­ingerenza da parte delle autorità – e dunque anche dello Stato – nei confronti della società. Ad essere tutelata è la libertà dell'individuo, sia esso considerato singolarmente che in forma associata. Tale interpretazione minima dello Stato è stata ricondotta ad un'accezione “negativa” della sussidiarietà, in antitesi a quella “positiva” sostenuta dalla dottrina sociale della Chiesa46 (Duret, 2004; Millon Delsol, 1992; Millon Delsol, 1993; Rinella, 1999; Vittadini, 2007; Vittadini, 1998). In questo senso, «l'autorità in generale e lo Stato in particolare non devono impedire agli individui o ai gruppi sociali di compiere le proprie azioni, vale a dire di dispiegare per quanto possibile la loro energia, la loro immaginazione, la loro perseveranza, nelle opere con cui si realizzano a beneficio sia dell'interesse generale, sia dell'interesse particolare» (Millon Delsol, 1993: 3). La tradizione socialista utopista, che Hirst (1999) definisce “socialismo associazionista”, sulla scorta del pensiero di Proudhon47 (1924, 1959 e 1982) riconosce infine all'individuo scarse capacità di autosufficienza compensate dalle eccezionali capacità che sono in grado, al contrario, di manifestare i gruppi di individui legati da contratti a garanzia del mutualismo reciproco. L'autorganizzazione e la auto­regolazione della società, ancorati alla reciprocità dei comportamenti individuali e al perseguimento del bene comune (differente da quello promosso dalla dottrina sociale della Chiesa), rappresentano la massima espressione del modello organizzativo sociale e politico. Una simile natura della società rende infatti il ruolo dello Stato “secondo”. Lo “Stato della sussidiarietà” (Millon Delsol, 1992) che Proudhon immagina si fa responsabile e garante dell'equilibrio generale, non è di supporto all'incapacità della società (come nell'interpretazione posta dalla dottrina sociale della Chiesa) né supplente al minimo per mancanza di necessità da parte della società (come nell'interpretazione posta dalla tradzione liberale). D'altro canto il ruolo di garante, e non di attore, distingue lo “Stato della sussidiarietà” dallo Stato­provvidenza, ponendo la società in una posizione attiva attraverso contributi diretti al raggiungimento dell'interesse generale (Millon Delsol, 1993). L'interpretazione della sussidiarietà che emerge dall'approccio socialista utopista, 46 In letteratura ricorre spesso l'identificazione della matrice di pensiero cattolico con l'accezione positiva e della matrice liberale con l'accezione negativa (tra gli altri si vedano Duret, 2004; Millon Delsol, 1992; Millon Delsol, 1993; Rinella, 1999; Vittadini, 2007; Vittadini, 1998). Quand'anche non vi sia in essa alcuna manifesta volontà di sottolineare dal punto di vista morale il carattere dei due approcci, in questa sede si è scelto di non accogliere tale identificazione per evitare di incorrere in superflui fraintendimenti. 47 Il riferimento è in particolare alle tre certezze «nell'ordine: il centralismo è riduttivo, l'individuo lasciato a sè stesso non può nulla, gli uomini raggruppati o legati da contratti possono quasi tutto » (Millon Delsol, 1992: 99). 35 ...delle formazioni sociali e supplenza dello Stato Pensiero socialista utopista: insufficienza individuale, mutualismo delle associazioni e secondarietà dello Stato Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale seppure resti un concetto mai esplicitamente richiamato così come nel pensiero liberale, è strettamente legato al mutualismo come caratteristica propria della società. Gli individui che mutualmente si scambiano supporto rappresentano l'esplicita manifestazione della sussidiarietà. Il supporto, per quanto vicino all'idea cattolica di solidarietà, è in questo caso interno alla società più che apportato dallo Stato alla società. D'altro canto, è opportuno tuttavia sottolineare come l'esperienza di associazionismo operaio, proprio del contesto italiano di fine XIX secolo, pur perseguendo l'idea di mutualismo, ne abbia ristretto il potenziale ad una valenza solidaristica. Tale presupposto, pone la società come supplente nei confronti dello Stato, in termini di sostegno assistenziale (es. questioni relative a malattia, invalidità, infortunio, disoccupazione o morte) ed educativo ai lavoratori48. In definitiva, come emerge dalla rassegna, il concetto di sussidiarietà è l'espressione del delicato rapporto che sussiste tra lo Stato e la società in termini di riconoscimento del grado di equilibrio alla base di un'organizzazione sociale e politica. In questo senso, appaiono chiare le ragioni secondo cui la sussidiarietà ponga alcuni fondamentali quesiti: quanto e quale Stato? Quanto spazio all'autonomia o all'auto­organizzazione della società civile (sia essa intesa come costituita da individui/persone o gruppi formali)? Quale equilibrio? In altre parole, la sussidiarietà «si sforza di definire ­ al di là della partecipazione politica ­ quelle che si possono chiamare le libertà d'azione, precisandone i limiti e le condizioni di esercizio. Un altro tipo di cittadinanza, di cui abbiamo perso l'abitudine» (Millon Delsol, 1993: 5). 48 La valenza solidaristica nelle finalità delle società di mutuo soccorso sono espresse dalla L. 3818/1886 (artt. 1-2): «[...] assicurare ai soci un sussidio, nei casi di malattia, d’impotenza al lavoro o di vecchiaia; venire in aiuto alle famiglie dei soci defunti. […] Le società di mutuo soccorso potranno inoltre cooperare all’educazione dei soci e delle loro famiglie; dare aiuto ai soci per l’acquisto degli attrezzi del loro mestiere ed esercitare altri uffici propri delle istituzioni di previdenza economica». 36 Sussidiarietà come equilibrio mutevole Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale CAPITOLO 2 Il dibattito recente attorno all'interpretazione Il processo di costituzionalizzazione della sussidiarietà ­ dovuto alla modifica costituzionale del 2001 (L. Cost. 3/2001) – ha innescato nel contesto nazionale un dibattito (Feliciani, 2007), scientifico oltre che politico, che vede a confronto due principali1 e più o meno distanti approcci al concetto. I due approcci restituiscono, da un lato, la complessità di interpretazione sul piano teorico dovuta alle plurime matrici di pensiero che hanno introdotto e formulato il concetto di sussidiarietà, con particolare riferimento al rapporto che sussiste tra lo Stato, qui inteso in chiave moderna come l'insieme delle autorità pubbliche, e la società, identificata con il complesso degli attori esterni all'autorità pubblica2. Dall'altro lato, essi traducono sul piano attuativo la flessibilità ­ principale caratteristica che contraddistingue la sussidiarietà (Rinella, 1999) – avanzando paradigmi operativi differenti. Quest'ultimo aspetto è particolarmente valido se si tiene conto dei diversi campi di applicazione in cui la sussidiarietà può trovare applicazione, pur all'interno della sfera delle politiche pubbliche. Arena e Cotturri (2010) identificano i due approcci come “scuole di pensiero”, denominate rispettivamente come “neocorporativa” e “civica”3. Per quanto gli autori non siano espliciti nell'associare ciascun approccio ad una delle matrici di pensiero originarie, l'analisi dei diversi presupposti teorici permette di riconoscere alcuni elementi ricorrenti. Secondo questa ipotesi è possibile ricondurre l'approccio neocorporativo alla matrice del pensiero liberale (in particolar modo alla sua accezione classica), dato il valore 1 In altri contesti extranazionali la discussione ha, al contrario, fatto emergere la complessità dei filoni culturali che sono confluiti nell'idea della sussidiarietà (De Martin, 2008). 2 Secondo Poggi (2003), il concetto di sussidiarietà non esclude il coinvolgimento del mercato. 3 E' opportuno precisare, in questo senso, che la definizione di approccio “neocorporativo” è promossa dai sostenitori dell'approccio “civico” (Cotturri, 2010). In questo senso, tale approccio viene anche definito “privatistico” in un'espressione più decisa da Arena e Cotturri (2010: 15) perchè strettamente connesso alla «riduzione neoliberista dei compiti di intervento pubblico [...], mero riflesso meccanico (privo di un più generale progetto e di intenzione riformatrice) dell'allargamento a interventi privati nella produzione di beni e servizi necessari alla convivenza e riproduzione sociale». Gli autori aggiungono inoltre che l'approccio «privatistico-limitativo è sovente presente in leggi e misure finanziarie, poi in alcune leggi regionali, e ha sicuramente più visibilità nella pratica applicativa che la politica e i media riprendono». A questo proposito, è doveroso chiarire che l'appartenenza ad uno o all'altro approccio è esito dell'analisi svolta sulle fonti dirette e, pertanto, caratterizzato da un certo grado di discrezionalità. A sostegno dell'attribuzione, Ranci (1999) nel descrivere il modello di welfare mix che ha recentemente coinvolto anche il contesto nazionale, riconosce alle organizzazioni volontarie, erogatori dei servizi di welfare, la natura corporativa a partire dalla stabilità di ruolo all'interno del policy making. 37 Due “scuole di pensiero” Influenze dalle matrici Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale riposto nell'autonomia degli individui, e relative formazioni sociali, in virtù di un dovere di non­ingerenza ­ e dunque di intervento minimo ­ da parte delle autorità superiori4 (Borzaga, 2012; Vittadini, 1998; Vittadini, 2002; Vittadini, 2007; Vittadini e Antonini, 2004). D'altro canto, l'approccio civico può essere ricondotto alla matrice di pensiero sostenuto dalla dottrina sociale della Chiesa, data l'importanza riposta nel ruolo positivo che le organizzazioni maggiori rivestono in favore di quelle minori, non in termini di ingerenza quanto di supplenza solidale quando sia ne manifesta l'incapacità (Arena, 2006; Arena e Cotturri, 2010). Seppure non esplicitamente in antitesi, i due approcci propongono interpretazioni divergenti della sussidiarietà5 e, in particolare, del ruolo dello Stato. L'approccio neocorporativo da un lato pone al centro il ruolo della società6 – sia essa rappresentata da cittadini singoli o, meglio, da formazioni organizzate di carattere profit o non profit – relegando al minimo l'intervento dello Stato. Tale prospettiva sembra in questo modo sottolineare il bipolarismo in essere tra le sfere dello Stato e della società, accentuato dalla distanza posta dal confronto tra dimensione pubblica e dimensione privata e bisognoso di una necessaria revisione dei ruoli cui ciascuna sfera debba far riferimento. L'approccio civico, dall'altro canto, pone al centro il superamento della distanza tra le sfere dello Stato e della società, qui intesa come l'insieme dei “cittadini attivi” (Arena, 2006; Cotturri, 1998), sostenendo una prospettiva integrata, opposta al bipolarismo. In questo senso, la sussidiarietà consiste in uno scambio reciproco secondo cui i ruoli delle sfere, non più in antitesi, si equivalgono e supportano vicendevolmente nella promozione di iniziative di carattere generale. Di qui, la definizione della “sussidiarietà circolare” a cura di Cotturri (2001, 2008). Secondo alcuni esponenti del dibattito in corso (Arena e Cotturri, 2010), il confronto tra l'approccio neocorporativo e l'approccio civico sarebbe ancora del tutto aperto al punto da lasciar presagire una futura convergenza in una interpretazione univoca basata su una serie di elementi condivisi. In questo senso, l'elemento che ricorre costantemente in entrambi gli approcci è rappresentato dal riconoscimento delle 4 Per quanto Vittadini (1998, 2002 e 2007) riconduca l'origine della sussidiarietà alla formulazione delle encicliche papali, cui rimanda continuamente, il peso attribuito alla centralità dell'individuo e alle formazioni sociali nel senso e, di conseguenza, alla necessità di non-ingerenza da parte dello Stato, avvicina il suo approccio più al pensiero liberale che non a quello della dottrina sociale della Chiesa. Ricordiamo, infatti, che le encicliche papali hanno introdotto – in associazione alla non-ingerenza – la necessità di supplenza solidale da parte dello Stato in caso di incapacità da parte della società. Questo secondo aspetto sembra essere nella prospettiva neocorporativa meno preponderante rispetto alla centralità dell'autonoma iniziativa promossa dalle istanze della società. 5 Ancora una volta le posizioni, neocorporativa e civica, sembrano rimandare ad una contrapposizione rispetto al ruolo dello Stato tra accezione negativa, secondo cui l'autorità in generale e lo Stato in particolare non debbano impedire agli individui o ai gruppi sociali di compiere le proprie azioni di interesse generale e particolare, e positiva, per cui ogni autorità abbia il compito di incentivare, di sostenere e, da ultimo, se necessario, di supplire gli attori incapaci (Millon Delsol, 1992). 6 In analogia con il pensiero liberale, l'approccio neocorporativo si avvale di una bipartizione tra sfera pubblica e sfera privata, secondo cui tutti i soggetti che non sono pubblici, sono considerati privati e così anche i soggetti della società civile. In termini di sussidiarietà orizzontale, tale interpretazione prevede che soggetti del mercato e della società civile siano parimenti competenti nel promuovere attività di interesse generale (Moroni, 2012). 38 Due interpretazioni di sussidiarietà Margini di convergenza Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale potenzialità della sussidiarietà7, finora quasi del tutto o scarsamente inesplorate e tuttavia ritenute condizioni indispensabili al superamento dell'attuale fase di crisi economica, oltre che politica e sociale (Arena e Cotturri, 2010; Borzaga, 2012; Vittadini, 1998). In altre parole, perchè la sussidiarietà possa rappresentare una chiave di volta per la definizione di innovativi paradigmi di sviluppo (Borzaga, 2012), è necessario – per opinione comune dei sostenitori dei due approcci – dedicare un maggiore interesse e grado di approfondimento alle plurime declinazioni del concetto, mettendone di volta in volta in discussione tutti gli aspetti problematici legati in particolar modo alla dimensione concreta ed operativa. 2.1 Approccio “neocorporativo” L'approccio neocorporativo8, si basa in primis sulla profonda fiducia riposta nell'individuo e nelle organizzazioni sociali – siano esse di carattere profit o non profit ­ e, di seguito, sulla capacità di azione autonoma (De Martin, 2008; Duret, 2004) al punto da riconoscerne una vera e propria “competenza negata” (Colombo e Zaninelli, 1998: 7). I principali sostenitori di questo approccio (Duret, 2004; Vittadini, 1998; Vittadini, 2002 ma anche Moroni, 2012) associano dunque la sussidiarietà all'affermazione della libertà, nella dimensione sociale e istituzionale, e della capacità di promuovere e gestire iniziative di interesse generale. Come suggerisce Vittadini (2007: 21) «parlare di sussidiarietà significa quindi riporre al centro dell'azione sociale, economica, politica, un soggetto umano caratterizzato da una libertà capace di rapporto, inteso cioè non solo come indipendenza e capacità di scelta, ma anche come desiderio di bene e di relazioni vissute come bene. […] La sussidiarietà suppone la libertà incoercibile dell'uomo, ne valorizza la natura, impone che lo Stato in nessun modo violi questa dimensione strutturale dell'essere umano, senza della quale l'uomo non sarebbe uomo. In questo contesto lo Stato ha il (difficile) compito di conciliare questa esigenza ineludibile e il bene comune». L'azione svolta dalla sfera cui appartiene la società viene considerata più efficiente ed efficace di quella promossa dallo Stato. Di fronte a tale potenzialità, l'approccio neocorporativo impone un necessario e progressivo ritiro dello Stato al fine di 7 Secondo Arena e Cotturri (2010: 16) «per consentire un confronto più ravvicinato e utile si deve partire dal riconoscimento che anche la prospettiva, che a noi sembra privatistica e limitativa, ha connessione con un modo di vedere interessi generali». 8 A sostenere l'approccio neocorporativo nel contesto nazionale è in primis la Fondazione per la Sussidiarietà. Costituita nel 2002 per iniziativa di Giorgio Vittadini e di un gruppo di accademici ed esponenti del mondo culturale e imprenditoriale, la Fondazione per la Sussidiarietà nasce come luogo di ricerca, formazione e divulgazione attorno alla sussidiarietà orizzontale in particolare per quanto concerne le applicazioni nel campo delle politiche pubbliche, con particolare riferimento ai temi dei servizi culturali (educazione e formazione), sociali (welfare e impresa sociale, cooperazione allo sviluppo, diritti umani e multiculturalità) ed economici (economia e lavoro). Per un maggiore approfondimento dìsi veda http://www.sussidiarieta.net). 39 Centralità dell'azione Il ritiro dello Stato Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale preservare l'autonomia della sfera della società. D'altro canto, l'intervento dello Stato non si annulla del tutto, alcune competenze esclusive sono ritenute giustificabili per via dell'incapacità dell'individuo di essere autonomo in modo perenne e, al contempo, necessarie a garantire le condizioni utili alla convivenza e alla stessa libertà e autonomia. Come sottolinea Carozza (2007), la sussidiarietà nell'approccio neocorporativo è caratterizzata da una dimensione negativa, nella misura in cui lo Stato limita il suo intervento in favore delle organizzazioni sociali inferiori, e positiva, nella misura in cui lo Stato si fa carico di alcuni compiti utili alla garanzia dell'autonomia (supplenza). 2.1.1 Il privato sociale e servizi di welfare Nell'approccio neocorporativo, la sussidiarietà garantisce che l'azione svolta autonomamente dagli individui e dalle formazioni sociali, spece se appartenenti al terzo settore, sia valida in tutti i campi di applicazione, ad esclusione di quelli per cui viene prevista la competenza esclusiva da parte dello Stato, perchè considerata maggiormente efficace ed efficiente. Tale prospettiva comporta che compiti tradizionalmente affidati allo Stato siano svolti meglio da soggetti parte della sfera sociale, perchè guidati dalla “genialità creatrice” di cui gli individui sono dotati (De Carli, 2002; Vittadini, 2002; Vittadini, 2005; Vittadini, 2007). Ciò appare particolarmente valido per quanto concerne l'erogazione dei servizi in generale e, nello specifico, dei servizi di welfare. Secondo Ranci (1999: 45), le politiche di welfare prima di tutte hanno determinato un'evoluzione nei rapporti tra sfere contrapposte, al punto che «la crescita di un settore che si colloca in una posizione intermediaria, unitamente alla crisi delle tradizionali forme di intermediazione sociale, segnala infatti che nelle nostre società è in atto una trasformazione molto profonda del rapporto esistente tra istituzioni pubbliche e cittadini, che sembra preludere alla nascita di un nuovo spazio sociale, in cui occupano una posizione di rilievo soggetti privati che tuttavia operano a tutela di interessi di natura pubblica». Come sottolinea Violini (2005), le politiche di welfare – per ciò che concerne l'erogazione e la gestione ­ rappresentano il campo nel quale l'approccio neocorporativo alla sussidiarietà ha trovato finora maggior attuazione nel contesto italiano 9. Così, Vittadini e Antonini (2004) confermano che una corretta applicazione del principio di sussidiarietà permetterebbe di recuperare l'unitarietà dell'ambito sociale ed economico tipica della tradizione nazionale, rimettendo al centro, in entrambi gli ambiti, la “genialità creatrice” delle persone. In questo senso, il valore aggiunto della sussidiarietà apportato dalla capacità delle persone sarebbe riconducibile all'espressione della propria iniziativa imprenditoriale (Quadro Curzio, 2002). Secondo Violini e Vittadini (2007: 9 Ne sono una dimostrazione le recenti esperienze regionali, per quanto antitetiche siano le prospettive messe in campo, in materia di erogazione e gestione dei servizi di welfare. Si vedano tra tutti, in via esemplificativa, i casi della regione Lombardia e Puglia (D'Argento, 2010; Donati D., 2010). 40 Ruolo centrale del terzo settore Ruolo centrale del welfare “Genialità creatrice” Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale 199) le organizzazioni di terzo settore, in particolare, sono «particolarmente adatte a perseguire un agire imprenditoriale socialmente utile». La questione dell'imprenditorialità appare tuttavia quanto mai controversa, se non a tratti contradditoria10, allorquando l'approccio neocorporativo riconosce principalmente nel cosiddetto terzo settore l'attore che meglio può farsi interprete della sussidiarietà. Secondo questa tesi al terzo settore spetterebbe il compito, al pari dello Stato, di occuparsi delle politiche pubbliche e, di seguito, delle politiche di welfare. D'altro canto, proprio l'accento sulla natura imprenditoriale dell'iniziativa promossa dalla sfera del terzo settore induce la risposta critica, seppure anch'essa manifesti un qualche carattere contraddittorio11, dell'approccio civico (Arena e Cotturri, 2010). Il principale rischio manifestato è relativo ad una prospettiva che prevede la privatizzazione dei servizi pubblici, di welfare o meno, basata esclusivamente su interessi di profitto e speculazione, a scapito di diritti acquisiti. La potenziale minaccia è rappresentata, per di più, dall'incapacità del terzo settore – intento ad intercettare risorse ­ di interpretare il sistema che ne garantisce il vantaggio, vanificando la portata generale della sussidiarietà e facendo, altresì, prevaricare gli interessi corporativi delle organizzazioni. Natura imprenditoriale 2.1.2 La prospettiva del welfare mix Ad oggi, la maggior parte dei contesti internazionali (l'Europa come gli Stati Uniti) che abbia risentito della crisi del sistema tradizione di welfare ­ con particolare riferimento ai settore della famiglia, l'assistenza, la sanità, la scuola, la formazione professionale, il lavoro e la previdenza ­ si è resa promotrice di nuove forme organizzative e gestionali basate sul coinvolgimento di soggetti esterni alla sfera dello Stato12 (Donati, 2007; Ranci, 1999). In questo senso, in molti casi tali le forme di coinvolgimento, più o meno totale, di soggetti terzi allo Stato sono divenute ormai consolidate a livello internazionale. Tale prospettiva vede la centralità dell'azione autonoma della società nel campo 10 La contraddizione che emerge nell'approccio neocorporativo consiste nell'investire principalmente il terzo settore quale attore che abbia la capacità e la competenza di promuovere iniziative di interesse generale. Una lettura fedele dell'originaria matrice liberale, ma anche cattolica, dovrebbe di contro indurre a considerare come attori delle politiche pubbliche, in virtù di un ritiro dell'intervento statale, non solo il terzo settore ma anche il settore più tradizionalmente identificato con il mercato. 11 In questo caso, la contraddizione consiste nel riconoscere alle organizzazioni del terzo settore un grado di incapacità nel campo delle politiche pubbliche connessa al primato dell'interesse particolare o corporativo innescato dalla disponibilità di risorse economiche. La fiducia riposta nell'individuo/persona e nelle formazioni sociali, propria di tutte le matrici che sostengono la sussidiarietà, non esclude che le azioni promosse, seppure di interesse generale, siano inserite in un meccanismo di mercato. 12 Un simile approccio è ravvisabile, anche nella riflessione strettamente disciplinare, in relazione al tema dei serivizi come ben sottolineano Karrer e Ricci (2003: 7) «si apre a questo punto la vasta problematica della sussidiarietà orizzontale e quindi della possibilità che un operatore privato eroghi servizi di interesse generale e collettivo sostituendosi al pubblico, in un quadro di partnership, di accordi, di convezioni attivabili tra pubblico e privato». 41 Evoluzione dei meccanismi di welfare Welfare mix Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale dell'erogazione e della gestione di servizi di welfare, nell'ottica di un riequilibrio di competenze tra la sfera istituzionale e non istituzionale13. Tale nuova forma organizzativa e gestionale viene denominata da Ranci (1999) welfare mix14. Di questa forma esistono tuttavia diversi modelli espressione di diversi gradi di equilibrio in relazione alle competenze dei soggetti (Ranci, 1999): un modello di carattere più liberale (welfare pluralism), tipico dei contesti anglosassone e statunitense (Donati, 1996); un modello definito “sussidiario”, tipico dei contesti nord e centro europei e, in ultimo, un modello costituito da un insieme di sperimentazioni recentemente introdotte nel contesto nazionale, frutto dell'evoluzione del modello a predominanza statalista. Il primo modello prevede che allo Stato spetti la responsabilità di porre le condizioni utili a facilitare lo sviluppo del settore privato, qui inteso come terzo settore di natura non profit, nella fornitura e gestione diretta dei servizi di welfare. In altre parole, lo Stato (i) coinvolge l'azione del terzo settore, secondo i meccanismi del mercato, attraverso l'erogazione di sostegni di natura economica e (ii) ne controlla la regolarità in relazione alla concorrenza. Perchè le organizzazioni abbiano diritti al sostegno economico ed eventuali vantaggi fiscali previsti dallo Stato, è necessario che quest'ultimo possa verificare alcune caratteristiche ritenute indispensabili, quali la chiara dimostrazione della natura non lucrativa e politicamente neutrale dell'organizzazione. Secondo Ranci (1999), la razionalità del meccanismo di selezione delle organizzazioni ha, tuttavia, come effetto l'appiattimento delle diversità e un progressivo orientamento verso logiche di mera privatizzazione, evidentemente caratterizzate da natura profit. Un esempio è rappresentato dal modello liberale tipico del contesto anglosassone e statunitense (Donati, 1996). Esso prevede il livello più basso di impegno diretto dello Stato nel campo del welfare. Negli Stati Uniti, in particolare, si riscontra un numero elevato di organizzazioni, senza fini di lucro, impegnati nella fornitura di servizi alla collettività (Beito, Gordon e Tabarrok, 2002). Tali organizzazioni si articolano in due categorie: quella riguardante le organizzazioni al servizio dei propri membri (associazioni professionali, sindacati, circoli sociali) e quella che comprende le organizzazioni che operano per soddisfare i bisogni di un pubblico più allargato. In virtù del loro fine collettivo, esse possono beneficiare di sgravi fiscali (charitable sector) oltrechè ricevere donazioni per le quali i donatori ottengono la detraibilità dalle loro imposte sul reddito. Nel Regno Unito, cuore del terzo settore sono le public charities o 13 La letteratura sul tema si riferisce alla sfera non istituizionale distinguendo sfera privata, di carattere profit, dalla sfera del terzo settore, di carattere nonprofit (Ranci, 1999). Si assume qui tale articolazione, a partire dalla consapevolezza che larga parte della letteratura sul tema identifica nel terzo settore il principale attore della sussidiarietà. Di qui in avanti il paragrafo farà esclusivo riferimento alle denominazioni di sfera privata, caratterizzata dalla natura profit, e al terzo settore come sfera caratterizzata dalla natura non profit. 14 La stessa prospettiva viene anche definita da Felice (2007) come welfare community e da Vittadini (2002), Vittadini e Antonini (2004), Violini e Vittadini (2007) come welfare society. Donati si discosta dalla proposta di welfare mix introducendo il concetto di “welfare relazionale, societario e plurale” (2007: 46) fortemente ispirato al concetto di “Stato sussidiario” (Donati, 2005). 42 Modelli di welfare mix 1. Modello di welfare pluralism... ...negli USA e in UK Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale associazioni di beneficienza. Previste dall'ordinamento anglosassone già dal 1600 e affiancate ad un'apposita autorità di vigilanza – la Charities Commission – già dalla metà dell'Ottocento (Pastori, 2005b), esse possono assumere forme giuridiche diverse (trusts, associazioni di persone, associazioni a responsabilità limitata) che condividono con altre organizzazioni di terzo settore non riconosciute ugualmente come charities (Salamon e Anheier, 1994). Nel secondo caso, di cosiddetto modello “sussidiario” (Ranci, 1999), il sistema di organizzazione e gestione è basato sullo sviluppo di pratiche collaborative tra Stato e organizzazioni di terzo settore. Come nel primo modello, anche in questo caso, le organizzazioni sono sostenute economicamente dallo Stato. Ciò sottolinea, allo stesso tempo, una forma di negazione dell'autosufficienza della sfera della società e una fiducia nella capacità progettuale propria delle organizzazioni. Diversamente dal primo modello, il terzo settore non è qui terzo allo Stato e al mercato ma luogo di commistione in cui i confini non sono facilmente riconoscibili. Un esempio in questo senso, è rappresentato dal modello tipico di alcuni paesi nord e centro europei, come i Paesi Bassi e la Germania (Donati, 1996). Tale modello prevede il coinvolgimento di organizzazioni volontarie, di scala quasi esclusivamente locale o al massimo regionale, a ricoprire una posizione predominante nella fornitura di servizi (soprattutto nel campo dei servizi per disabili e dei servizi sociali). Questa situazione non costituisce solo uno stato di fatto ma è anche il modello di comportamento atteso. In altre parole, l'autorità pubblica ogni qualvolta abbia intenzione di fornire un nuovo servizio alla collettività, promuove automaticamente la nascita ad hoc di organizzazioni, in questo caso vere e proprie agenzie, a carattere non lucrativo (van der Ploeg, 1992). In particolare, il sistema dei servizi di welfare così proposto è articolato in due categorie principali: un primo insieme costituito da servizi di base destinati alla tutela del benessere fisico e psichico degli singoli membri della comunità sotto la regolazione, il controllo e il finanziamento da parte dello Stato e un secondo insieme composto da servizi indirizzati, invece, alla garanzia e al miglioramento della qualità della vita e delle condizioni socio­culturali dell'intera comunità locale (ad esempio, gli asili nido, le scuole materne, i centri sociali e ricreativi, le biblioteche e i centri culturali, ecc.), sottoposto alla responsabilità e alla autonoma gestione delle autorità pubbliche di scala locale15. In entrambi i casi, l'erogazione diretta dei servizi avviene tramite organizzazioni volontarie non profit. Un modello organizzativo del genere risulta evidentemente basato su un approccio alla sussidiarietà di tipo verticale, secondo cui l'autorità pubblica di livello superiore interviene a sostegno delle autorità di livello inferiore quando queste manifestino un'incapacità di autonomia (Donati, 1996), e di tipo orizzontale, nel senso che le organizzazioni non profit costituiscono il principale attore erogatore di servizi di welfare. Il terzo modello è costituito da un'insieme di pratiche di erogazione e gestione dei 15 van der Ploeg (1992) ricorda, a questo proposito, come i Paesi Bassi siano stati per un lungo periodo della loro storia una federazione, per quanto “debole”, di città e province autonome più che uno Stato nazionale. 43 2. Modello “sussidiario”... ...nei Paesi Bassi e in Germania 3. Modello misto... Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale servizi di welfare basate sul coinvolgimento soggetti terzi allo Stato ­ privati o semi­istituzionali ­ in un meccanismo misto e a geometria variabile, determinato dall'apertura di uno spazio di intermediazione. L'esempio più significativo è rappresentato dall'esperienza nazionale16. La riconosciuta crisi del sistema di welfare tradizionale (Moro e Vannini, 2008; Ranci, 1999), associata alla «crescente crisi di fiducia e di legittimità delle istituzioni pubbliche» (Moro e Vannini, 2008: 49), ha determinato più di recente anche nel nostro Paese17 un nuovo approccio ispirato alle consolidate esperienze europee e d'oltreoceano. Dopo aver seguito, a partire dal secondo dopoguerra e fino agli anni Settanta, un modello di welfare a matrice statalista, basato sul ricorso strumentale alle organizzazioni della società come prolungamento delle competenze dello Stato, il contesto nazionale ha modificato il proprio approccio. Come infatti riconosce Ranci (1999: 56), « […] non c'è da stupirsi se i mutamenti conseguenti allo sviluppo del welfare state abbiano stimolato l'elaborazione di un nuovo concetto di società civile». Tale prospettiva, «all'idea di una società civile intesa come contropotere che limita l'azione dello Stato, sostituisce l'idea di una sfera pubblica dove avviene la concertazione tra lo Stato e le organizzazioni sociali» Ranci (1999: 56). Analogamente, rispetto alla natura delle organizzazioni sociali, «all'associazione volontaria depositaria di interessi sociali originari, si sostituisce l'associazione corporativa una forma organizzativa stabilmente inserita nel processi del policy making e capace di agire indipendentemente dagli interessi e dalle volontà della propria constituency» Ranci (1999: 56). Il modello misto di welfare o welfare mix (Ranci, 1999) che ne deriva è caratterizzato sempre più dalla pluralità delle forme di finanziamento e di gestione dei servizi piuttosto che dalla centralità del ruolo statale o dal,la graduale espansione delle responsabilità dirette dello Stato. Ciò determina necessariamente una revisione nelle relazioni tra Stato e organizzazioni della società. Queste ultime, da protagonisti del terzo settore, divengono attori pubblici nella misura in cui assumono la rappresentanza degli interessi privati dei loro membri e competono con le altre organizzazioni (in una vera e propria logica di competizione di mercato) per garantire il massimo livello di qualità dei servizi e, dunque, il grado più elevato di soddisfazione dei membri e della collettività di utenti dei servizi. Questo meccanismo sarebbe in grado di determinare un 16 Secondo Violini e Vittadini (2007) il non profit in Italia conta circa 250.000 organizzazioni, con un numero di impiegati (al 2005) pari a quasi un milione di persone, cifra duplicata rispetto alle 400.000 unità del 1990. L'Italia rappresenta, tuttavia, il fanalino di coda dell'Europa posizionandosi alla dodicesima posizione (UE a 15 paesi) con un tasso di occupazione pari al 2,6% contro una media del 6%. 17 Come sostiene Stanzani (2001), il tema ha riscosso di recente in Italia un forte interesse da parte degli scienziati sociali. Utili a questo lavoro sono state infatti le riflessioni sul privato sociale di Donati (1996, 2001, 2005 e 2007), sulla prospettiva di welfare mix sostenuta da Ranci (1999), welfare community di Felice (2007) e welfare society di Vittadini (2002) e Vittadini e Antonini (2004). D'altro canto, nel contesto internazionale questo filone di studi ha interessato diversi autori tra cui Walzer (1983. Spheres of justice. A Defense of Pluralism and Equality. Basic Books: New York. Trad.it. Walzer, M., 1987. Sfere di giustizia. Feltrinelli: Milano), Hirst (1994, 1997), Hirst e Bader (2001) e Caillè (2007. Le tiers paradigme. Editions La Découverte/Poche: Paris. Trad.it. Caillè, A., 1998. Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono, Bollati Boringhieri: Torino). 44 ..in Italia. Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale giovamento sia l'equilibrio del sistema politico che la pluralità degli interessi rappresentati. Secondo Zamagni (1998), perchè una simile prospettiva maturi una condizione di ordinarietà, è necessario che siano chiare alcune condizioni di riferimento. In primis, «l'implementazione del principio di sussidiarietà in nessun modo postula il ritiro dello Stato dai suoi compiti (che restano essenziali) di fissazione degli standard qualitativi delle regole di accesso dei cittadini alle varie tipologie di servizi sociali, delle modalità di finanziamento degli stessi, dei criteri di controllo. Piuttosto, si tratta di affermare l'idea che l'assolvimento dei compiti sopra indicati nulla ha a che vedere con la gestione diretta da parte dello Stato dei vari istituti di welfare» (Zamagni, 1998: 49). A partire dagli anni Ottanta, le nuove organizzazioni del terzo settore – definite da Moro e Vannini (2008) come Organizzazioni della Società Civile (OSC) ­ emancipatesi dal sistema partitico e dalle istituzioni, divengono attori protagonisti delle politiche di welfare mettendo ben in evidenza il fallimento dello Stato nella garanzia dei diritti sociali. Il modello di welfare mix che ne deriva si basa su un meccanismo di procedure di accreditamento delle organizzazioni come fornitori di servizi di welfare – principalmente intesi come la tutela dei diritti, l'organizzazione di servizi e il benessere delle persone e delle comunità ­ e accordi di cooperazione e partnership tra lo Stato e le organizzazioni (Moro e Vannini, 2008). Analogamente, la fornitura di servizi di welfare di competenza non più esclusiva dello Stato, ha posto i presupposti per una progressiva strutturazione delle organizzazioni del terzo settore. Le organizzazioni moderne «non sono esclusivamente un luogo di espressione di interessi privati già definiti18. Esse al tempo stesso modificano il mercato, contribuendo in misura rilevante a creare quel terreno fiduciario sulla cui base si stabiliscono importanti relazioni economiche»19 (Ranci, 1999: 75). Questa tesi coincide, di fatto, con quella avanzata nelle più accreditate teorie economiche che si occupano della nascita di un'economia non profit, secondo cui la recente ripresa delle organizzazioni di terzo settore sia da ricondurre all'emergere di bisogni sociali che non riescono a trovare risposte adeguate nei tradizionali modelli di erogazione e gestione dei servizi (Borzaga, 2012, Zamagni, 1998). In relazione a quest'ultimo aspetto ­ l'esistenza di un'economia non profit ­ si articola il principale elemento di differenziazione tra l'approccio neocorporativo e quello civico. In questo senso, i principali sostenitori del secondo approccio – forti della formulazione costituzionale della sussidiarietà in associazione al concetto di interesse generale – ravvisano, nell'esistenza di un economia non profit, il rischio di un progressivo slittamento da meccanismi di partnership ad altri di manifesta esternalizzazione dei servizi di welfare, tradizionalmente intesi come pubblici20. In altre parole, lo scenario 18 Secondo Ranci (1999), ad essere espressione di interessi privati definiti sono, al contrario, le associazioni descritte da Tocqueville (1835-40). 19 La ricerca internazionale sul terzo settore ha messo in evidenza come le organizzazioni della società civile moderna svolgano una funzione economica significativa, soprattutto nella produzione di servizi di welfare (Beito, Gordon e Tabarrok, 2002; Salamon e Anheier, 1994). 20 Ferla (2010: 98) etichetta questo scenario definendolo «[...] un mercato assistito dalle politiche 45 Ruolo centrale dello Stato Economia non profit... ...Approccio civico vs neocorporativo Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale che viene prospettato vede le organizzazioni autoproclamarsi gestori diretti dei servizi di welfare, erogati tradizionalmente dallo Stato, in qualità di “categorie” o “corporazioni” (Ferla, 2010). D'altro canto secondo Poggi (2003), «[...] dove ci sono fenomeni corporativi strutturati (ordini professionali, camere di commercio, associazioni di categoria) non c’è necessariamente sussidiarietà. C’è un fenomeno diverso, ugualmente meritevole di attenzione e considerazione, ma un fenomeno diverso». In definitiva, il rischio legato al processo di esternalizzazione dei servizi, associato al progressivo disimpegno delle autorità pubbliche rispetto alla realtà dei bisogni sociali, viene considerato utile allorquando prevalga la logica della mera diminuzione dei costi21 o delle forme che fanno riferimento alla libertà di scelta dell'utente (distribuzione di buoni o vouchers) (Violini, 2005b). Dal punto di vista della relazione economica che può intercorrere tra autorità pubblica e soggetto della sfera della società in merito alla fornitura e gestione dei servizi di welfare, Vittadini (2002) e Violini e Vittadini (2007) evidenziano i quattro stadi in cui il modello di sussidiarietà fiscale può articolarsi22: • • outsourcing o esternalizzazione di servizi. Il primo stadio prevede che sia l'autorità pubblica ad affidare, in outsourcing, ad un soggetto terzo l'erogazione e la gestione di un servizio di interesse pubblico. Si tratta della prassi più diffusa nel contesto nazionale e tuttavia viene considerato da Vittadini (2002) il meno convincente perchè basato esclusivamente sulla convenienza dell'istituzione e il potenziamento di servizi di welfare, piuttosto che sulle reali capacità e competenze proprie della società. L'autorità pubblica ha il compito di scegliere le organizzazioni chiamate a svolgere il servizio e queste ultime devono, in virtù della convenzione, adeguare le loro strutture e modalità di erogazione del servizio in base alle richieste del soggetto che lo esternalizza. A detta dello stesso Vittadini (2002: XXI), esistono molteplici limiti legati a questo approccio quali, ad esempio, «la mortificazione del pluralismo, la non valorizzazione della qualità dell'ente, la difficoltà dell'ente assegnatario a dare lavoro stabile e qualitativamente qualificato». sussidiarietà per progetti. In questo secondo stadio, l'autorità pubblica, di fronte ad una propria incapacità di risposta adeguata a bisogni standard, stimola l'iniziativa delle organizzazioni della società. In altre parole, l'autorità pubblica, dopo aver emanato un bando a cui le organizzazioni possono rispondere presentando la propria proposta di iniziativa e aver fissato le regole per la pubbliche» 21 A conferma di ciò, «l'assunzione delle responsabilità relative allo svolgimento di attività di interesse generale da parte dei privati, […] se, da un lato, costituisce esito fisiologico della presenza del principio di solidarietà, dall'altro si manifesta come erosione delle competenze pubbliche che, patologicamente, si accompagna a una crisi della legittimazione dei pubblici poteri e a una loro sostituzione ad opera di quelli privati, il cui rischio è la perdita di valori e di spazi di tutela degli interessi a soddisfazione necessaria» (D'Alessandro, 2004). 22 Violini e Vittadini (2007) deducono i quattro stadi di sussidiarietà fiscale a partire dall'analisi delle norme, statali e regionali, in ambito nazionale in materia di erogazione dei servizi di welfare. 46 Sussidiarietà fiscale 1. Outsourcing 2. Sussidiarietà per progetti Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale • • selezione e la valutazione dei progetti, seleziona l'organizzazione vincitrice in base agli obiettivi del progetto e ne finanzia la realizzazione, senza entrare nel merito delle modalità di gestione. Secondo Vittadini (2002) anche questo approccio vede al centro la preponderanza del ruolo dell'autorità pubblica che bandisce, seleziona e finanzia un soggetto terzo come erogatore di servizi solo in base alle proprie incapacità di partenza e non alle potenzialità proprie delle organizzazioni della società. La definisce, quindi, una sorta «di sussidiarietà alla rovescia» (Vittadini, 2002: XXI). valorizzazione delle iniziative dei privati. In questo terzo approccio, l'autorità pubblica non esternalizza né stimola le nuove iniziative da parte delle organizzazioni ma garantisce la rispondenza legislativa, a posteriori, e spesso anche la copertura finanziaria, a quelle iniziative che si sono distinte per efficienza ed efficacia, oltrechè per merito. Questo meccanismo permetterebbe all'organizzazione di mantenere la propria libertà e originalità nel perseguire gli obiettivi prefissati e, al tempo stesso, di essere valorizzata per i propri effetti favorevoli sulla collettività senza che questo determini una sovrapposizione con il ruolo dell'autorità pubblica. Tuttavia, Vittadini (2002) riconosce anche in questo terzo approccio alcuni rischi, legati in particolar modo alla discrezionalità nella scelta delle iniziative da valorizzare da parte dell'autorità pubblica. In particolare, un numero troppo elevato di iniziative valorizzate comporterebbe una perdità di qualità nell'erogazione e, d'altro canto, un numero eccessivamente esiguo determinerebbe una condizione di scoraggiamento da parte delle altre organizzazioni. Inoltre, vi sarebbe un rischio evidente nella discrezionalità nella scelta di criteri attraverso cui poter selezionare le iniziative più meritevoli e, al tempo stesso, valutarne il livello di qualità generale. Redistribuzione delle risorse senza apparato istituzionale. In questo quarto e ultimo approccio, l'autorità pubblica fa un passo indietro rispetto al ruolo delle organizzazioni. In altre parole, alle organizzazioni viene riconosciuto il compito di erogare e gestire i servizi di welfare mentre all'autorità resta il compito di regolazione di quello che Zamagni (1998) definisce “quasi mercato”. Secondo Vittadini (2002: XXI), si tratta dello «strumento normativo più evoluto ed innovativo attraverso il quale un ente pubblico può dare attuazione al principio di sussidiarietà». Dal punto di vista operativo, Violini e Vittadini (2007) elencano alcuni strumenti di redistribuzione: primo tra tutti il voucher23, ma anche i buoni­servizio a preventivo e consuntivo e le forme di deduzione e detrazione fiscale. In definitiva, l'approccio neocorporativo sembra convergere verso quest'ultima prospettiva secondo cui la sussidiarietà prevede che «lo Stato riconosc[a] (e non 23 Il voucher permette all'autorità pubblica di erogare finanziamenti commisurati alla domanda di servizi, tramite corresponsione del controvalore, agli erogatori del servizio che presentino determinate caratteristiche accertate tramite un programma di accreditamento (Violini e Vittadini, 2007). 47 3. Valorizzazione delle iniziative dei privati 4. Redistribuzione delle risorse In sintesi Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale autorizz[i]) l'autorganizzazione dei soggetti collettivi in tutti i campi in cui i loro membri ritengono di avere interessi da tutelare o attività da condividere» (Zamagni, 1998: 51). Senza che ciò comporti una deriva verso il mero outsourcing ed esternalizzazione, come riconoscono gli stessi sostenitori (Poggi, 2003; Violini, 2005b; Vittadini, 2002), l'approccio neocorporativo fa delle organizzazioni di terzo settore i principali attori erogatori e gestori dei servizi di welfare riconoscendone, al tempo stesso, la natura non profit e l'esistenza di un “quasi mercato” 24 (Zamagni, 1998) o welfare market25 (Borzaga, 2012) alternativo alla sfera statale e alla sfera del mercato in cui valgano i meccanismi di concorrenza propri del mercato. 2.2 Approccio “civico” L'approccio che si definisce civico 26 (Arena e Cotturri, 2010) vede nella sussidiarietà, al contrario dell'approccio neocorporativo, la convergenza sullo stesso piano dello Stato e della società per l’assolvimento congiunto delle attività di interesse generale. In questa interpretazione, l'autonomia e la responsabilità dei soggetti della società, qui intesa come l'insieme dei “cittadini attivi” (Arena, 2006), rappresentano entrambe caratteristiche essenziali in grado di rappresentare il “valore aggiunto” della 24 La teoria dei “quasi mercati” è basata su tre principi chiave: la compresenza di soggetti erogatori di servizi di natura statale e non statale (profit e non profit), la libera scelta del cittadino del soggetto erogatore dei servizi di welfare da ricevere, un sistema che valorizzi l'autonoma capacità e responsabilità dei “corpi intermedi” di erogare servizi di interesse collettivo (Violini e Vittadini, 2007). 25 Borzaga (2012) sottolinea in particolare che «poiché il principio di sussidiarietà favorisce tutte le iniziative della società civile volte a risolvere qualsiasi problema di una comunità, tra gli attori della sussidiarietà devono essere incluse anche le imprese che operano senza fini di lucro, in particolare quelle conosciute come imprese sociali. Un insieme di imprese ormai presenti e riconosciute in molti paesi, in particolare nei paesi europei dove in questi anni si sono diffuse con una velocità notevole, e che sono di recente state riconosciute anche dalla Commissione Europea. E la cui rilevanza economica e sociale prescinde dal fatto che in alcuni casi siano finanziate anche con risorse pubbliche, perché ciò dipende dal tipo di servizi erogati più che dalla loro natura. E che in ogni caso hanno dimostrato di essere la risposta efficiente più vicina ai cittadini. Esse non sono classificabili, come alcuni sostengono, semplicemente come soggetti della "sussidiarietà privatistica" o peggio come causa di processi di esternalizzazione di servizi pubblici che hanno peggiorato la qualità dei servizi e dei posti di lavoro. Questa interpretazione, oltre che ad essere storicamente sbagliata, soprattutto in Italia dove le imprese sociali erogano per gran parte servizi che gli enti pubblici non hanno mai e forse non avrebbero mai fornito, è più coerente con il modello bipolare che con quello sussidiario». 26 In Italia, l'approccio civico è stato promosso e sostenuto prima dal Comitato “Quelli del 118” e, a partire dal 2006, dall'associazione culturale Labsus (Arena e Cotturri, 2010). Il primo è stato, tra le altre cose, promotore della prima Convenzione nazionale della sussidiarietà, tenutasi a Roma il 12 marzo 2004 nel quale è stata approvata la Carta della sussidiarietà, che ne sintetizza in dieci punti le caratteristiche essenziali (Arena, 2007). Per ulteriori informazioni si veda http://www.quellidel118.it. L'associazione Labsus viene costitutita con l'obiettivo di promuovere l'applicazione della sussidiarietà attraverso la promozione di una nuova cittadinanza (attiva, responsabile e solidale) da un lato e un nuovo modello di amministrazione condivisa dall'altro, nel quale cittadini e amministrazioni possano collaborare nel prendersi cura dei beni comuni. Ad oggi, l'associazione si dedica ad attività di ricerca e promozione della sussidiarietà (http://www.labsus.org). 48 Centralità della responsabilità... Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale sussidiarietà (Arena e Cotturri, 2010: 12). La responsabilità di agire, accanto all'autonomia di scelta, diviene dunque elemento centrale (Moro 2005). Diversamente dall'approccio neocorporativo, l'approccio civico identifica il principale attore della ...dei “cittadini sussidiarietà, accanto allo Stato, nell'insieme dei cittadini attivi che, sulla base di un atto attivi”... volontario e consapevole, sollecitato dalle più diverse motivazioni, agisce e promuove iniziative nell'interesse generale (Arena, 2006). Tale proposta è frutto della convinzione secondo cui i cittadini attivi siano in primo luogo ritenuti portatori di capacità e non solo di bisogni (Arena, 2006) e, inoltre, di capacità di sostenere iniziative che abbiano «[...] presente la ricaduta della sua azione nell'interesse della comunità» (Benvenuti, 1994: 80). La responsabilità d'altro canto resta anche all'autorità pubblica nell'azione del ...e dello Stato favorire, traducendosi nell'impossibilità di recedere dai propri tradizionali compiti (Arena, 2006). Forte della formulazione costituzionale (L. 3/2001), secondo cui le istituzioni di tutti i livelli, dallo Stato ai comuni, debbano favorire le attività autonome dei cittadini, l'approccio civico sostiene infatti un ruolo positivo dello Stato articolato nei compiti di «accogliere, valutare l'idoneità, accompagnare l'utile azione sociale, completarla se del caso, riprodurne in modo allargato le condizioni» (Arena e Cotturri, 2010: 14). La responsabilità reciproca tra Stato e cittadini attivi pone le condizioni per una “Sussidiarietà sussidiarietà che viene definita da Cotturri (2001) come “circolare”. Il raggiungimento circolare” di una simile convergenza non richiede il ritrarsi dell'autorità pubblica ma, al contrario, esige l’utilizzo di tutte le risorse disponibili, pubbliche e private, nella consapevolezza che la complessità delle società moderne è tale per cui né le amministrazioni pubbliche, né tantomeno i cittadini possano pensare di risolverne da soli i problemi. In questa seconda prospettiva, non sono le autorità pubbliche ad essere sussidiarie nei confronti della sfera della società, né altrettanto i cittadini attivi sono sussidiari verso lo Stato. La sussidiarietà è manifestata in modo reciproco e finalizzata al perseguimento dell'interesse generale e collettivo (Arena, 2006). Quest'ultimo viene inteso non più come mera somma di interessi particolaristici, bensì come prodotto di soggetti che si aiutano gli uni con gli altri. 2.2.1 Cittadinanza attiva e beni comuni Secondo i principali sostenitori dell'approccio civico alla sussidiarietà (Arena, 2007; Arena, 2007b; Arena, 2006; Arena, 2003; Arena e Cotturri, 2010; Cotturri, 2010; Cotturri, 2008; Cotturri, 2001; Cotturri, 1998; Ferla, 2010; Moro, 1998 Moro, 2005; Moro, 2009; Moro, 2009b; Moro e Vannini, 2008) i soggetti a cui la sussidiarietà pone principalmente l'iniziativa sono i “cittadini attivi”. Superando sia l'ottica del mero volontariato, spinto da solidarietà, e, l'ottica del cittadino come utente, il fenomeno della cittadinanza attiva include quegli individui che, seppur mossi da un'iniziale egoismo, agiscono in virtù dell'interesse generale occupandosi dei beni comuni (es. ambiente, territorio, memoria ecc.) (Arena, 2006). 49 Ruolo centrale della “cittadinanza attiva” Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale Con la formula cittadinanza attiva27 si fa riferimento a tutte quelle organizzazioni promosse e gestite in modo autonomo da cittadini costituite allo scopo di prendere parte alla identificazione e alla direzione dei problemi di rilevanza generale, tradizionalmente al monopolo dello Stato (Moro, 1998; Moro, 2005). Tale definizione deriva direttamente da una nuova idea di cittadinanza (Moro, 2005: 37) identificata come «l'esercizio di poteri e responsabilità del cittadino nel fronteggiare i pubblici problemi cho lo investono direttamente». Questa nuova forma, esito di un'analisi antropologica e sociale28, non si pone in contrasto con la tradizionale forma di cittadinanza, ma ne integra e arricchisce il significato. A partire dall'idea della nuova cittadinanza, il fenomeno della cittadinanza attiva si sviluppa come dimensione organizzativa. In altre parole, «quando questa attitudine dei cittadini a esercitare poteri e responsabilità quotidiani nell'arena pubblica si struttura, diventa permanente e implica l'organizzarsi e il mettersi insieme per perseguire obiettivi determinati, si ha la più importante concretizzazione della nuova cittadinanza, che possiamo chiamare cittadinanza attiva». Sul piano teorico, Moro (2005) sottolinea tre caratteristiche chiave della cittadinanza attiva: • • significato politico­costituzionale dell'attivismo civico. Oltre l'idea di un ritiro dello Stato e del principio di libera associazione a fini privati, entrambe condizioni di stampo liberale, le organizzazioni civiche (OC in Moro e Vannini, 2008) divengono attori permanenti delle politiche pubbliche allo scopo di perseguire l'interesse generale, «non solo con la soluzione di singoli problemi o con la mera espressione e difesa di pur legittimi interessi privati» (Moro, 2005: 38). rispetto del pluralismo. Il fenomeno organizzativo della cittadinanza attiva rispecchia il pluralismo tipico delle società contemporanee nelle forme e nelle motivazioni di aggregazione. Se è vero che «non tutti i cittadini sono attivi e che 27 Secondo Moro e Vannini (2008), da alcuni decenni, si riscontra la diffusione a livello globale del fenomeno plurale dell'attivismo civico: cittadini che si organizzano in una molteplicità di forme, motivazioni, modelli operativi che si distinguono sia dai paradigmi tradizionali di partecipazione politica attraverso i partiti, sia dall'associazionismo corporativo, sia dai più generali fenomeni aggregativi della società civile, organizzati sulla base del principio di libertà di associazione a fini legittimi ma privati e connessi alla costruzione o all'uso di capitale sociale. Queste organizzazioni infatti (movimenti, associazioni di advocacy, comunità e cooperative, comitati locali ecc.) da un lato tendono a non partecipare al processo politico o a non esservi ammesse, dall'altro non sono portatrici di interessi di una parte sociale identificabile con i criteri tradizionali, ma piuttosto operano come attori nel ciclo del policy making esercitando poteri autonomi e originali che riguardano la effettiva tutela di diritti, la cura di beni comuni, l'empowerment di soggetti in difficoltà o in emergenza – compiti che hanno a che fare con la cura dell'interesse generale e non con il perseguimento di legittimi interessi privati e che d'altra parte non sono comuni all'intero ambiente dell'associazionismo della società civile (Moro, 1998; Moro, 2005; Moro, 2009; Moro e Vannini, 2008). 28 Secondo Moro (2005: 37), la nuova cittadinanza «riguarda, almeno in potenza, tutti i cittadini che abbiano a che fare con situazioni di emergenza e di abbandono o di minaccia di violazione dei propri diritti e non richiede altre condizioni per esistere». D'altro canto, Donolo (1992) suggerisce che la cittadinanza dovrebbe essere intesa come un processo di socializzazione di un individuo ragionevolmente egoista e autointeressato all'interesse generale, alla importanza dei beni comuni, al senso della reciprocità e dell'interdipendenza. 50 Definizione di “cittadinanza attiva”... ...Tre caratteristiche Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale • l'essere cittadini passivi è perfettamente legittimo in democrazia» (Moro, 2005: 38), è anche vero che esistono un numero elevato di aggregazioni di cittadini sorte attorno ad interessi comuni senza che questo determini l'attivismo nel campo delle politiche pubbliche29. assenza di una qualsivoglia accezione morale. Le organizzazioni di cittadini attivi non sono considerati come “buoni di per sè”, l'attivismo può esprimersi in modi molto differenti che, in casi estremi ma spesso frequenti, possono determinare anche un ostacolo alle politiche pubbliche. In questo senso, nel parlare di cittadinanza attiva non dovrebbe alludere ad alcuna accezione morale secondo cui, appunto, tutti i gruppi di cittadini attivi siano “buoni di per sè”. Nè vale la connotazione morale rispetto agli scopi e alle motivazioni dell'attivismo, le organizzazioni civiche non hanno finalità esclusivamente altruistiche e solidaristiche. L'aggettivo attiva, tuttavia invece, suggerisce che vi sia un differenza specifica con il significato tradizionale di cittadinanza: l'attivismo diviene «una pratica non uno status, e un modo di partecipare alla vita pubblica» (Moro, 2005: 117). Sulla base di questa definizione, i cittadini attivi sono riconosciuti come i promotori di una pluralità di iniziative autorganizzate caratterizzate da concretezza, operatività e tensione ad incidere nella realtà. Essi in primis si aggregano sulla base dei comuni bisogni, poi mobilitano risorse umane, tecniche e finanziarie ed infine agiscono sul piano delle politiche pubbliche, allo fine di prendersi cura dei beni comuni o tutelare i propri diritti. In particolare (Moro, 2005): • • • l'azione organizzativa si manifesta in una pluralità di forme, dimensioni, collocazione nello spazio e nel tempo e, soprattutto, di motivazioni e obiettivi. l'azione di mobilitazione delle risorse riguarda sia l'aspetto umano, il grado di coinvolgimento delle organizzazioni, che l'aspetto delle risorse tecniche, conoscitive e strumentali, e finanziarie, interne o esterne. l'azione finale, in cui confluiscono l'organizzazione e la mobilitazione di risorse, è indirizzata alla cura dei beni comuni, siano essi materiali o immateriali, e alla tutela dei diritti attraverso soluzioni di gestione autonoma dei servizi, anche nel campo del welfare. Tutte le azioni sono di carattere volontario e l'attivismo non è mai trasmesso o stimolato dall'esterno30 (Moro, 2005). Ancora una volta, potere (o autonomia) e responsabilità sono considerati alleati: l'uno, espressione della volontà di influire sul 29 L'esempio incisivo citato da Moro (2005) e Moro e Vannini (2008) è rappresentato dalle criminalità organizzate, anch'esse forme organizzate che attivamente agiscono nelle politiche pubbliche. Evidentemente, in questo caso, lo scopo non è il perseguimento dell'interesse generale. 30 Questo è l'aspetto che, pur all'interno dell'approccio civico, differenzia Arena (2006) e Arena e Cotturri (2010) da Moro (2005). In Moro (2009) è possibile rintracciare la distanza tra la sussidiarietà e le pratiche partecipative, di pari importanza al contrario in Arena e Cotturri (2010). 51 Ruolo centrale dei beni comuni... ...Tre caratteristiche Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale corso degli eventi e sui comportamenti altrui e l'altro, attributo del carattere costruttivo utile ad incidere nel campo delle politiche pubbliche. Questo approccio non esclude tuttavia l'esistenza di uno spazio anche per le imprese private. Esse tuttavia sono immaginate come mosse da un ruolo che vada ben al di là della mera prospettiva del profitto e che vada, invece, verso lo sviluppo di una cultura della responsabilità sociale, definita da Cotturri (2001) “cittadinanza d'impresa” ad indicare che, anche tali soggetti imprenditoriali, hanno i vincoli e i legami sociali d'ogni comune cittadino, e quindi i relativi doveri ma anche poteri. D'altro canto, Moro (2005: 56) riconosce che la sussidiarietà – specie nella sua formulazione costituzionale ­ riguarda «tutti cittadini, come singoli prima e oltre che come associati, nonché altri soggetti organizzati ma non “civici” come ad esempio le imprese, pezzi della pubblica amministrazione». La cura dei beni comuni, qui intesi come beni di cui nessuno gode della proprietà esclusiva (Moro, 2005) ma tradizionalmente affidate alla responsabilità delle autorità pubbliche, divengono l'oggetto di azione principale – accanto alla tutela dei diritti – delle organizzazioni di cittadinanza attiva. Secondo l'approccio civico, l'interesse generale individuato dalla nuova formulazione costituzionale del titolo V (L. Cost 3/2001) sarebbe in larga parte corrispondente con la definizione di beni comuni31 (Arena e Iaione, 2012; Borzaga, 2012) che «o ci sono per tutti o non ci sono per nessuno» (Ferla, 2010: 101). Sulla scorta delle riflessioni di Ostrom (1990), alcuni autori (Donolo, 1997; Cassano, 2004) sostengono che la gestione di beni comuni se affidata adeguatamente ad unioni e accordi fra utilizzatori dei medesimi beni potrebbe determinare il superamento della tragedy of commons di cui anche il contesto nazionale sembra attualmente investito. L'associazione del concetto di interesse generale all'idea dei beni comuni rappresenta dunque la condizione di operabilità alla sussidiarietà, affidata alle organizzazioni civiche quali attori principali (Moro, 2005). D'altro canto, l'individuazione da parte dell'approccio civico di una categoria di cosiddetti beni comuni – riconoscibili nei diversi settori quali l'ambiente, la salute, l'istruzione, la fiducia nei rapporti sociali, la sicurezza, la vivibilità urbana, la qualità dei servizi pubblici, la regolazione del mercato (Arena e Cotturri, 2010) ­ pone in essere, secondo Borzaga (2012) una serie di questioni problematiche: • dal punto di vista giuridico. I beni comuni possono o meno rappresentare una categoria dotata di autonomia giuridica e strutturale nettamente alternativa rispetto alla proprietà privata quanto a quella pubblica (Mattei, 2011) e, al tempo stesso, sfuggono alle tradizionali classificazioni giuridiche (beni o servizi). 31 Le definizione dei concetti di “beni collettivi”, “beni comuni” e “commons” - spesso utilizzati come sinonimi – sono analogamente orientati al superamento della distinzione tra dimensione privata e dimensione pubblica di un bene, ponendo al centro un nuovo protagonismo della società civile. Secondo Vetritto (2009), sulla base della riflessione di Ostrom (1990), i beni collettivi rappresentano quei beni su cui poggia la responsabilità diretta delle comunità locali nella conservazione, regolazione, gestione e controllo oltre che nell'utilizzo in autonomia rispetto all'influenza delle autorità pubbliche. 52 “Cittadinanza d'impresa” Interesse generale Interesse generale e beni comuni... ...Approccio neocorporativo vs civico Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale • • dal punto di vista sociologico. Molti beni socialmente rilevanti ­ dai servizi di welfare alle attività culturali ­ sono infatti intrinsecamente privati ed escludibili pur contribuendo in maniera significativa al miglioramento della qualità della vita (Borzaga, 2012). Sulla base di questa deduzione, la definizione di beni comuni necessiterebbe di una riconsiderazione in una declinazione di “beni di merito” (Borzaga, 2012), ad indicare quei beni di cui tutti i cittadini devono poter disporre, almeno in una certa misura, indipendentemente dalle loro condizioni personali e di reddito. dal punto di vista delle politiche pubbliche. In questo senso, Borzaga (2012) pone alcune questioni rilevanti in relazione a quali siano i soggetti più adatti a governare i beni comuni e a quale debba essere la natura dei soggetti in termini di finalità. In altre parole, debbono o meno tali soggetti necessariamente essere caratterizzati dall'assenza di finalità di lucro (es. istituzioni, cooperative, fondazioni, associazioni, assemblee, consorzi fra enti locali, comitati)? La manifestazione di attitudini civiche rivolte alla cura dei beni comuni è, tuttavia, riconosciuta dai sostenitori dell'approccio civico come un segnale di buona salute di un contesto sociale (Arena e Cotturri, 2010), un bene in sé da promuovere e tutelare sia per gli esiti meritevoli che possono determinare sulla qualità dei beni comuni ma, soprattutto, per il valore aggiunto che possono apportare al sistema sociale, politico ed economico del contesto nazionale in termini di «fiducia, coesione sociale, occasioni di incontro e di confronto, pluralismo delle opinioni ed esperienze concrete di democrazia e partecipazione» (Arena e Cotturri, 2010: 30). In questo senso, l'approccio civico guarda da un lato alla sussidiarietà come motore di innovazione della democrazia, dei suoi valori e della forma di cittadinanza prevista. Le organizzazioni civiche non sono intesi come attori delle politiche pubbliche nel senso di sostituirsi all'autorità pubblica, colmandone le eventuali lacune, quanto piuttosto nel senso di collaborare con essa, mantenendo intatta la propria specificità (Arena e Cotturri, 2010). Conferma infatti Cotturri (2004) « [...] la scelta di cominciare dai beni comuni vuole realizzare un intervento politico diretto e positivo nel governo di questo paese. L'Italia dei beni comuni è un'altra Italia possibile. La trasversalità non è solo politica, ma sociale: risorse umane, competenze, professionalità dell'economia, della politica e dell'amministrazione, della cittadinanza, unendosi possono fare tanto e direttamente per il buon governo». D'altro canto, lo stesso approccio civico alla sussidiarietà non si propone come fine ultimo di elaborare un disegno di un assetto futuro della vita democratica, che considera come un esito auspicabile ma comunque collaterale, quanto piuttosto di dare un'interpretazione il più possibile efficace di un processo sociale in atto a partire dal fenomeno dell'attivismo civico (Moro, 2005). Secondo la prima posizione, la sussidiarietà, pur basandosi sulla volontarietà d'azione delle organizzazioni civiche nel campo delle politiche pubbliche, non esclude che l'autorità pubblica possa svolgere un ruolo di incentivo all'attivismo civico (Bifulco, 2009; De Leonardis, 2000; Sirimarco e Ivaldi, 2011; Staiano, 2006). In questo senso, l'incentivazione da parte dell'autorità pubblica sarebbe indirizzata al massimo 53 Valore aggiunto dei beni comuni Innovazione democratica vs efficacia dell' interpretazione Sussidiarietà e partecipazione Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale coinvolgimento di soggetti della sfera della società e, dunque, anche delle organizzazioni di cittadinanza attiva, traducendosi di volta in volta in meccanismi di cooperazione basati sull'interazione dialogica. Ciò comporterebbe forme di collaborazione alle decisioni pubbliche attraverso i già consolidati strumenti della partecipazione o della negoziazione (Bobbio, 2007; Bobbio, 2010) tali da determinare la definizione di “amministrazione condivisa” (Arena, 2001; Arena, 1993). Per quanto quest'ultimo aspetto sia legato alla formula costituzionale che ha introdotto la sussidiarietà (in senso orizzontale, art. 118 Cost.) e, in particolar modo dal termine “favorire” in relazione al ruolo dello Stato, non tutti i sostenitori dell'approccio civico ne condividono unanimamente l'interpretazione (come dimostra con evidenza Moro [2009] nel sottolineare la distanza tra la prospettiva promossa dagli strumenti di partecipazione e la prospettiva posta dalla sussidiarietà). L'approccio civico converge, tuttavia, nel riconoscere alla sussidiarietà una caratteristica di circolarità che esclude la riduzione del ruolo dello Stato a mero controllore delle iniziative promosse dalle organizzazioni civiche e, al contrario, ne propone un ampliamento in termini di politiche collaborative ed incentivanti (Arena e Cotturri, 2010; Cotturri, 2001; Moro, 2005). 2.2.2 Circolarità della sussidiarietà Il paradigma posto dalla definizione di “sussidiarietà circolare” prevede che le iniziative autonome di singoli o gruppi di cittadini, organizzazioni di cittadinanza attiva o anche organizzazioni civiche (OC), possano e debbano cooperare con le iniziative pubbliche nella realizzazione dei fini di carattere generale. Tale idea suppone che la società civile e l'autorità pubblica siano egualmente coinvolti nel campo delle politiche pubbliche, in un'ottica di integrazione reciproca. Ai cittadini, siano essi singoli o aggregati in una qualche forma organizzata, da un lato si riconosce una nuova libertà attiva, capace di integrare un profilo di solidarietà all'autonoma assunzione di responsabilità, e all'autorità pubblica dall'altro si individua la necessità di un ripensamento nell'espressione dei pubblici poteri. Pur rimanendo i soggetti distinti ed autonomi, la circolarità della sussidiarietà riconosce ai privati cittadini la capacità di farsi co­interpreti, accanto all'autorità pubblica, dell'interesse generale. Questa prospettiva si propone di superare il paradigma bipolare32 che vede in antitesi lo Stato e la società, riconoscendo da un lato l'incapacità del primo di realizzare autonomamente l'interesse generale senza la collaborazione della società e, dall'altro, la necessità dei cittadini di uscire dal ruolo di semplici “amministrati” per assumere un 32 Cassese (2001), introducendone l'espressione, si pone criticamente nei confronti della contrapposizione tra Stato e società che identifica come «due poli separati, né convergenti, né contrattanti, ma in contrapposizione, a causa della superiorità di uno sull'altro; a compensare tale superiorità, quello più forte è stretto da regole e doveri, mentre il privato agisce secondo il proprio interesse, in modo libero, salvo limiti esterni imposti dalla legge» (Cassese, 2001). 54 “Sussidiarietà circolare” Collaborazione tra Stato e cittadini Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale ruolo attivo (Arena, 2006). In altre parole, «quel che i cittadini da soli nella loro autonomia non possono assicurare, e quello che neppure le pubbliche amministrazioni da sole riescono a garantire, può essere raggiunto con sforzi congiunti e di reciproco sostegno» (Arena e Cotturri, 2010: 12). La collaborazione tra Stato e cittadini è dunque in primis innescata dall'eccessiva complessità delle problematiche che affliggono le moderne società, determinando quindi il valore aggiunto (Arena e Cotturri, 2010). D'altra parte il rapporto di collaborazione e supporto reciproco tra le due sfere in relazione al raggiungimento di un obiettivo comune, l'interesse generale, non prevede che l'autorità pubblica limiti le sue competenze. Sul punto, Arena e Cotturri (2010: 13) precisano che «e' sorprendente quanto sia diffusa e forte la volontà [della società] di non cedere al degrado, di non rassegnarsi alla mancanza di “beni comuni” o alla poca cura di essi da parte delle istituzioni. E insieme non si perde la consapevolezza che questo intervento diffuso e molecolare è solo un “intanto”: cioè si accompagna alla volontà di sollecitare e richiamare le pubbliche autorità ai loro compiti. Per questo il fatto che tanti cittadini si mobilitino non autorizza a concepire disegni di sostituzione e supplenza tra pubblico e privato. Nulla autorizza infatti a credere che l'esercizio di attività sussidiarie da parte di forze sociali sollevi i governanti dalle loro responsabilità». Così Moro (2005: 56), in relazione alla formulazione della sussidiarietà nella Costituzione (art. 118 Cost.), sostiene che «[…] a differenza delle visioni tradizionali – specialmente cattolica e liberale – della sussidiarietà, la norma costituzionale non afferma che lo Stato interviene a coprire i buchi di budget delle iniziative della società civile o che, al contrario, esso si libera di responsabilità troppo onerose affidandole ai cittadini, magari rinunciando a tassarli. Si afferma invece che, senza alcuna deroga alle proprie responsabilità da parte delle istituzioni, queste devono valorizzare il contributo dei cittadini, se e in quanto rivolto all'interesse generale». In questo senso l'approccio civico ­ forte della formulazione costituzionale ­ pur riconoscendo alla società e ai cittadini attivi una capacità di promuovere iniziative nell'interesse generale, non delegittima l'autorità pubblica nel medesimo ruolo. Immagina, piuttosto, che l'azione dell'autorità possa agire nell'interesse generale da un lato lasciando spazio all'autonomia della società nell'accoglierne l'innovazione e, dall'altro, svolgendo il ruolo di controllore e facilitatore nel valutare l'adeguatezza delle iniziative proposte33 e garantire le condizioni perchè queste utlime possano diffondersi e riprodursi. 33 Il compito di valutazione dell'adeguatezza delle iniziative promosse dalla società pone le basi per la critica di Moroni (2012) alla cosiddetta “sussidiarietà amministrata” secondo cui l'autorità pubblica, lasciando solo formalmente spazio all'autonomia dei cittadini, si riserverebbe nella sostanza il primato nella decisione finale e dunque nell'approvazione, o meno, delle iniziative. La sussidiarietà, se intesa in questi termini, avrebbe il difetto di mortificare l'autonomia dei cittadini ribadendo, al contempo, il monopolio di competenze pubbliche su quelle private. Opinione peraltro condivisa da Vittadini (1998) e sostenuta attraverso la posizione di Lord Beveridge sull'azione volontaria, nel celebre saggio del 1942, in cui scriveva: «la formazione di una buona società dipende non dallo Stato ma dai cittadini, che agiscono individualmente o in libere associazioni. La felicità o l'infelicità della società in cui viviamo dipende da noi stessi quali cittadini, non dallo strumento del potere politico che noi chiamiamo Stato. Lo Stato deve incoraggiare l'azione volontaria di ogni specie per il progresso sociale». 55 L'art. 118 della Costituzione Ruolo centrale dello Stato Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale Tra i compiti dello Stato vi è, inoltre, quello di «favorire la crescita e la formazione di “capitale sociale”: riassumiamo in questa espressione appunto la crescita della persona umana e le potenzialità partecipative di tutti alla organizzazione politica, sociale ed economica del paese» (Arena e Cotturri, 2010: 14). In questi termini, il ruolo dello Stato, pur senza essere ingerente né assistenziale, comporta la rimozione degli ostacoli all'autonomia della società e la definizione delle condizioni attraverso cui le iniziative possano essere liberamente espresse e divenire parte delle scelte pubbliche. In conclusione, la sussidiarietà nell'interpretazione civica emerge come difficile e delicato equilibrio tra l'azione dell'autorità pubblica dall'alto e l'iniziativa volontaria dei cittadini attivi dal basso. 56 In sintesi Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale CAPITOLO 3 Il quadro giuridico­normativo di riferimento In ambito giuridico, la sussidiarietà è stata formulata per la prima volta 1 nel contesto europeo con l'approvazione del trattato di Maastricht del 1992 come principio 2 dell'integrazione europea. Ad esso hanno fatto seguito le elencazione degli scopi e degli obiettivi generali e specifici della Comunità Europea, in accordo con i principi di competenza e proporzionalità in un carattere prevalentemente dinamico (De Carli, 2002). In questo senso, l'art. 3B del suddetto trattato stabilisce che: Normativa europea «La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario. L'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente trattato». Tale formulazione sottolinea chiaramente l'approccio del Parlamento europeo alla sussidiarietà in chiave non centralistica quanto, piuttosto, rispettosa delle realtà locali e delle tradizioni proprie di ciascun Paese membro in relazione ai processi storici, politici, culturali e civili (Papa, 2008). Il principio non è, tuttavia, di applicazione generale ma valido per i settori di competenza concorrente tra Comunità e Paesi membri. In questo senso, l'intervento dell'autorià superiore è ridotta al minimo quando gli Stati membri siano in grado di assolvere autonomamente ai propri compiti e, al tempo stesso, è considerato necessario quando gli obiettivi non sono facilmente raggiungibili autonomamente3 dagli Stati membri, per dimensione ed effetti (Rinella, 1999). 1 La formulazione del trattato segue ad anni di discussione e confronto del Parlamento europeo sul concetto di sussidiarietà, come già dimostra ad esempio il Trattato di Roma del 1957 (Papa, 2008). 2 Tringali (2003) ricorda che alcuni sostenitori della sussidiarietà ne rifiutano la dimensione normativa, poiché ne riconoscono la virtù di principio flessibile attraverso cui perseguire una condizione di equilibrio. In particolare «per i suoi sostenitori, come la Millon-Delsol, la sussidiarietà ha un carattere giuridico dal momento che si basa sull'esistenza del diritto naturale che nel diritto positivo ha trovato più di una concretizzazione, in ragione della possibilità di una sua applicazione in tutti i campi della vita sociale. Viceversa per i suoi detrattori, la sussidiarietà non è un principio giuridico generalmente applicabile, bensì un principio politico. Pertanto la sua applicazione comporta necessariamente una valutazione politica, dunque soggettiva ed ideologica, dell'interesse generale, delle capacità degli attori sociali, delle situazioni di insufficienza e così via» (Tringali, 2003: IX). 3 L'incapacità degli Stati membri deve essere debitamente motivata affinchè la Comunità potesse dimostrare la fondatezza del proprio intervento (Rinella, 1999). 57 Significati del Trattato di Maastricht Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale Millon Delsol (1993: 92) riconosce alla formulazione europea una caratteristica di elevata dinamicità «[...] per due ragioni. In primo luogo, perchè ha lo scopo di far coincidere in ogni momento la più grande libertà possibile con la concretizzazione dell'interesse generale, l'una e l'altra in permanente metamorfosi. In secondo luogo, perchè stabilisce l'equilibrio di numerosi poteri i quali, per vocazione, cercano di accrescersi». Come emerge in maniera evidente, la sussidiarietà – intesa come principio di integrazione europeo – si risolve interamente nell'ambito delle autorità pubbliche, cui corrispondono ruoli e competenze in relazione al livello territoriale, e a vantaggio del livello inferiore. Tale formulazione è stata identificata nell'ambito giuridico secondo l'accezione di sussidiarietà verticale. Secondo Poggi (2001), il significato che il principio di sussidiarietà assume in un determinato ordinamento giuridico deriva, d'altra parte, dal contesto normativo in cui esso è collocato. Per questa ragione, il principio di sussidiarietà introdotto nell'ordinamento giuridico nazionale, a partire dal 2001, deve essere interpretato in relazione alle altre disposizioni che la Costituzione italiana contempla4 (Italia, 2005). Il lungo dibattito innescatosi in Italia già a partire dalla fine degli anni Novanta, ha portato il Parlamento a formulare il principio di sussidiarietà, attraverso la riforma al titolo V della Costituzione (L. 3/2001), in due declinazioni 5, l'una verticale (Cost. Artt. 1176, c. 2­4 e 1187, c. 1­3) e l'altra orizzontale (Cost. Art. 118, c. 4). La prima 4 In questo senso, diversi autori (Arena e Cotturri, 2010) ritengono che il principio di sussidiarietà affondi le proprie radici negli artt. 2 e 3 della Costituzione italiana. L'art. 2 stabilisce che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». L'art. 3 sancisce inoltre che «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Entrambi gli articoli tutelerebbero la crescita della persona umana e le potenzialità partecipative della società all'organizzazione politica, sociale ed economica (Arena e Cotturri, 2010). 5 Secondo Arena (2003: 8) «sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale si intersecano l'una con l'altra, per meglio dire, trascolorano l'una nell'altra» e «sussidiarietà verticale e orizzontale dunque si sostengono e si integrano a vicenda». A fini della presente ricerca, si assume valida questa considerazione. In questo senso, fatta eccezione per l'analisi dei testi normativi di scala regionale (§ 3.2), il riferimento alla sussidiarietà è univocamente inteso – in coerenza con il significato originale del concetto - come relazione tra Stato e società. 6 Come è noto, il nuovo art. 117 della Costituzione attribuisce alle Regioni competenza legislativa di carattere generale e residuale, riservando allo Stato la competenza esclusiva in fondamentali, ma limitate, materie. Segue poi l'elencazione delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, per le quali la competenza legislativa spetta alle Regioni, salvo che per i principi fondamentali che restano di competenza esclusiva dello Stato. Pur non essendo il termine sussidiarietà esplicito nel testo normativo – frutto di una scelta cauta del legislatore - il riferimento alla dimensione verticale appare comunque evidente (Papa, 2008). 7 I commi 1, 2 e 3 dell'art. 118 recita testualmente «le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Provincia, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento tra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del 2 comma dell'art 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei 58 Sussidiarietà verticale Normativa nazionale Sussidiarietà verticale e orizzontale Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale declinazione, in linea con le norme di scala europea, ripartisce le competenze tra Stato e autorità pubbliche, ad esso subordinato, in favore delle entità di grado inferiore. La seconda, innovativa rispetto al panorama giuridico europeo 8, pone al centro il ruolo dei cittadini – in forma singola o associata – nel promuovere iniziative di interesse generale (Poggi, 2001). Per cogliere il senso più profondo della distinzione tra dimensione verticale e orizzontale, si deve far «riferimento alle caratteristiche strutturali delle entità che il principio di sussidiarietà pone, di volta in volta, in relazione. Nel caso della sussidiarietà verticale, tali entità sono strutturalmente omogenee mentre nel caso della sussidiarietà orizzontale le entità sono strutturalmente eterogenee» (D'Atena, 2008: 38). In altre parole, la sussidiarietà in senso verticale si risolve interamente nella sfera dello Stato (e delle autorità pubbliche ad esso subordinate) mentre la dimensione orizzontale pone il rapporto tra lo Stato – inteso in senso lato – e la società. E' in relazione a quest'ultimo termine che le posizioni dei sostenitori della sussidiarietà divergono in particolar modo (Massa Pinto, 2003). Alcuni considerano attori della sussidiarietà orizzontale prevalentemente le formazioni sociali non profit (Vittadini, 2002; Vittadini, 2008; Violini e Vittadini, 2007), altri riconoscono lo stesso ruolo alla sfera dei cittadini attivi (Arena, 2006; Arena e Cotturri, 2010). Ciò è particolarmente evidente quando l'interpretazione del concetto si sposta sul piano operativo ed applicativo. La declinazione del principio costituzionale in indicazioni normative di carattere operativo ed applicativo avviene, in primis, con il passaggio alle norme di scala regionale, segnando una sorta di «soglia di demarcazione tra la sussidiarietà teoreticamente intesa e le sussidiarietà dommaticamente intese» (Rinella, 1999). La sussidiarietà è infatti divenuta principio regolativo della normativa regionale in più campi di applicazione delle politiche pubbliche (Donati D., 2010), quali – ad esempio – i servizi pubblici e le politiche sociali, ma anche la pianificazione del territorio. In questo senso, ciascuna Regione ha introdotto e interpretato il principio di sussidiarietà – in relazione alle proprie competenze esclusive – in autonomia rispetto alle altre Regioni, delineando un quadro nazionale quanto mai variegato (Violini, 2005b). Le scelte dei legislatori regionali appaiono, infatti, il riflesso della disomogenea distribuzione delle caratteristiche della società italiana (Putnam, 1993), introducendo la sussidiarietà talvolta in chiave più solidaristica e talvolta in chiave più privatistica. Nel primo caso, le norme regionali pongono l'accento sulle potenzialità insite nella società di affrontare questioni pubbliche, con particolare riferimento all'ambito del welfare, senza che questo comporti una deresponsabilizzazione dell'autorità pubblica, mentre, nel secondo caso, l'interesse principale è relativo all'efficacia e all'efficienza delle politiche pubbliche, quand'anche queste comportino il coinvolgimento diretto di soggetti di beni culturali». 8 Ad oggi, l'Italia è l'unico Paese membro della Comunità europea ad aver costituzionalizzato il principio di sussidiarietà nella dimensione orizzontale. Tale formulazione, per quanto dibattuta nell'interpretazione, ha il merito di aver restituito l'accezione originale del concetto di rapporto tra Stato e società, relativo quindi all'organizzazione sociale prima che interna allo Stato. 59 Due dimensioni distinte Non profit vs cittadini attivi Normativa regionale Norme solidali Normativa regionale vs norme privatistiche Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale natura lucrativa9. In definitiva, è possibile affermare che la sussidiarietà sembra aver trovato proprio nella legislazione di scala regionale la massima espressione di flessibilità, sulla scorta del principio di differenziazione, in relazione alle condizioni sociali del territorio e alle dimensioni dei problemi. In altre parole, ciò che emerge dall'analisi delle norme regionali è che soluzioni che possono essere valide in alcuni contesti, potrebbero risultare in altri difficilmente praticabili. Flessibilità 3.1 Normativa nazionale La costituzionalizzazione della sussidiarietà emerge come questione centrale nel contesto europeo sin dal suo ingresso nel trattatto comunitario (Maastricht 1992). Millon Delsol (1993), tra gli altri, ne ha fin da subito sostenuto la necessità allo scopo di frenare da un lato l'evoluzione di forme di Stato assistenziale, «questa è in fondo la ragione principale che spinge a costituzionalizzare il principio di sussidiarietà» (Tringali, 2003: X), e, dall'altro, invertire la tendenza in termini di deresponsabilizzazione da parte della società. Allo stesso tempo, il rischio connesso alla costituzionalizzazione – specie in un sistema giuridico basato sul diritto positivo come quello italiano – è rappresentato dalla pluralità e multiedricità delle interpretazioni possibili, al punto da snaturare la potenzialità del concetto stesso. Secondo Tringali (2003: XI) «[...] il principio di sussidiarietà è piuttosto principio ispiratore che norma suscettibile di una puntuale applicazione. Quando ciò avviene si corre il rischio di disperdere la poderosa valenza teoretica del concetto che si trova agli antipodi della moderna scienza giuridica fondata sul culto della legalità e della categoria giuridica della sovranità». Una situazione simile si è, infatti, verificata in Italia a seguito della modifica costituzionale al titolo V (L. Cost. 3/2001) ­ in particolare all'art. 118 ­ che ha appunto sancito la costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà nelle due dimensioni verticale10 ed orizzontale, ponendo le basi per una più acuta contrapposizione tra posizioni interpretative divergenti. In altre parole, gli approcci cosiddetti neocorporativo e civico alla sussidiarietà – orizzontale – sono stati, perlomeno in parte, l'esito della scelta rischiosa di costituzionalizzare il principio in termini sia di interpretazione che di traduzione operativa (Italia, 2005). Contrariamente alle intenzioni dei promotori della costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà (perlopiù rappresentanti e membri del terzo settore), la 9 Interessante riferimento, a questo proposito, è la riflessione di Donati D. (2010) sull'evoluzione delle disposizioni normative regionali in seguito alla riforma costituzionale del titolo V. 10 Rispetto alla dimensione verticale della sussidiarietà, la riforma costituzionale al titolo V ha determinato sul tema una amplissima produzione scientifica nella dottrina giuridica (a titolo esemplificativo si veda sul tema Cerulli Irelli e Pinelli, 2004; Cimbalo e Perez, 2005; D'Atena, 2001) in relazione alla possibilità che la riforma potesse comportare un primo impulso verso un ordinamento di tipo federale (Papa, 2008). 60 Nella Costituzione... ...Rischi In Italia Art. 118 e dibattito Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale formulazione espressa nel rinnovato art. 118 ha, per molti versi, alimentato un dibattito latente nel contesto nazionale. In particolare, l'assenza di un riferimento politico­filofico esplicito e lo scarso contenuto prescrittivo11 (D'Atena, 2008) avrebbero, di fatto, contribuito ad incrementare la distanza interpretativa tra gli approcci neocorporativo e civico. 3.1.1 La riforma del titolo V della Costituzione La formulazione attuale del principio di sussidiarietà è esito di un tormentato confronto e un serrato dibattito12, avviato in occasione dei lavori della Commissione Bicamerale per la riforma della seconda parte della Costituzione 13 e proseguito negli anni a seguire (Cotturri, 2010). Secondo una prima proposta di formulazione, in seguito unanimamente rifiutata perchè considerata espressione di eccessivo individualismo, il testo dell'art. 118 avrebe recitato testualmente: Prima formulazione... «[…] le funzioni che non possono essere più adeguatamente svolte dall'autonomia dei privati sono ripartite tra le Comunità locali, organizzate in Comuni e Province, Regioni e Stato, in base al principio di differenziazione, nel rispetto delle autonomie funzionali, riconosciute dalla legge. La titolarità delle funzioni spetta agli enti più vicini agli interessi dei cittadini, secondo il criterio di omogeneità ed adeguatezza delle strutture organizzative rispetto alle funzioni medesime». In una successiva proposta di formulazione, l'art. 118 avrebbe recitato: ...Seconda formulazione... «[...] nel rispetto delle attività che possono essere adeguatamente svolte dall'autonoma iniziativa dei cittadini, anche attraverso le formazioni sociali, le funzioni pubbliche sono attribuite a Comuni, Province, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà e differenziazione» e che «[...] la titolarità delle funzioni compete rispettivamente a Comuni, Province, Regioni e Stato, secondo i criteri di omogeneità ed adeguatezza». Questa seconda versione dell'art. 118, pur ribadendo la distinzione tra la sfera di competenze dell'autorità pubblica e la sfera di competenze dell'autonomia privata, introduce per la prima volta il concetto di “autonoma iniziativa cittadini” e apre ad una parziale revisione nell'equilibrio della distribuzione, senza rappresentare un reale capovolgimento (Ferroni, 2008). 11 Secondo Italia (2005) questa condizione sarebbe stata inoltre determinata dalla non compiuta definizione del principio in virtù di una mera enunciazione. 12 Il dibattito si è alimentato anche grazie all'impostazione e alle proposte provenienti dal terzo settore (in particolare dall'associazione Cittadinanzattiva). 13 La Bicamerale per la riforma della seconda parte della Costituzione è stata presieduta nel biennio 1997-98 dall'onorevole Massimo D'Alema. 61 Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale Di seguito, la legge di modifica costituzionale (3/2001), “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”, ha definitivamente modificato e ridefinito l'art. 118 proponendo della sussidiarietà orizzontale, al quarto comma, la seguente rinnovata formulazione: ...Formulazione definitiva «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività si interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà». Al di là delle distinte interpretazioni che alimentano ancora oggi il dibattito nazionale, non si possono non riconoscere gli elementi principali che la nuova formulazione dell'art. 118 ha messo in campo. Essa pone, infatti, diverse questioni al centro della riflessione: in primis, la natura dei soggetti che possono promuovere iniziative di interesse generale, la natura autonoma delle iniziative promosse ed, infine, l'identificazione e la definizione delle attività di interesse generale. In primo luogo, la questione relativa ai soggetti chiamati a promuovere attività di interesse generale. La formulazione costituzionale del principio se non sottrae, da un lato, alcun ambito alla competenza delle autorità pubbliche (Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni), impegna, dall'altro, le stesse autorità all'esercizio delle proprie funzioni allo scopo di “favorire” il coinvolgimento dei soggetti della società nella promozione di attività di interesse generale (Massa Pinto, 2003; D'Atena, 2008). D'altro canto rispetto ai soggetti della sfera della società, la stessa formulazione sembra non porre alcuna restrizione alla natura, profit o non profit, dei medesimi soggetti. In altre parole, la promozione di attività di interesse generale sarebbe di pari competenza ai soggetti che appartengono alla sfera propriamente privata e ai soggetti parte del più propriamente definito terzo settore (Ferroni, 2008). In secondo luogo, la novità del quarto comma dell'art. 118 sembra essere costituita non dal fatto che ai cittadini venga riconosciuta la capacità di attivarsi nell'interesse generale quanto, piuttosto che tale capacità abbia carattere autonomo. In altre parole, i cittadini – in forma singola o associata – possono promuovere attività di interesse generale, senza che l'autorità pubblica conceda l'autorizzazione o chieda loro di farlo. In questo senso, le autorità pubbliche non possono in alcun modo porre ostacolo al carattere autonomo dell'iniziativa e sono chiamate, piuttosto, a “favorire” i cittadini nel promuovere iniziative (D'Atena, 2008; Ferroni, 2008). In ultimo, la questione relativa alle iniziative di interesse generale. Secondo Cerulli Irelli (2003: 4), le attività di interesse generale sono da identificarsi, dal punto di vista giuridico, in «quelle operazioni e prestazioni materiali, supportate, dal punto di vista giuridico, da attività negoziale e caratterizzate in principio dalla non essenzialità del fine di lucro». In altre parole, le attività di interesse generale costituirebbero l'insieme delle “operazioni e prestazioni materiali” promosse dai cittadini – in forma singola o associata – non necessariamente allo scopo di lucro. Pur alla luce dei suddetti elementi, la dottrina giuridica riconosce alla formulazione costituzionale della sussidiarietà un elevato grado di ambiguità (Poggi, 2003) che ha, di 62 Tre elementi 1. Soggetti coinvolti 2. Autonomia delle iniziative 3. Iniziative di interesse generale Principio ambiguo Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale fatto, contribuito ad alimentare il dibattito scientifico – tutt'ora in essere ­ tra le due principali posizioni neocorporativa e civica. In particolare, le questioni principalmente dibattute fanno riferimento a: natura dei soggetti coinvolti, profit o non profit; tipologia di iniziative promosse, in relazione ai vari campi di applicazione e, infine, tipo di interazione che deve essere instaurata tra soggetti di sfere diverse, ovvero il riequilibrio di competenze. Ciascuna questione sottende, di fatto, gli elementi chiave già emersi nell'analisi delle matrici originarie della sussidiarietà. In questo senso, è possibile riconoscere negli approcci alla sussidiarietà, di tipo neocorporativo e civico, il riflesso seppur parziale delle posizioni del pensiero liberale e della dottrina sociale della Chiesa. L'elemento che rimane centrale ad entrambe le interpretazioni sembra essere, in ogni caso, la rinnovata centralità del ruolo della società, sia essa intesa come l'insieme delle formazioni sociali di natura non profit che di quelle strutturate e di natura profit. In questo senso, la dottrina giuridica chiarisce che la sussidiarietà vada intesa principalmente come principio «[…] secondo cui le funzioni pubbliche devono essere in via prioritaria esercitate dai cittadini singoli o associati ogni volta che ciò sia possibile» (Pastori, 1999). Il potenziale di innovazione della formulazione costituzionale consiste nell'aver introdotto il concetto di sussidiarietà orizzontale così come meccanismo di ripensamento della forma di Stato. In altre parole, quest'ultimo non è più considerato come la risultante dell’insieme dei diversi livelli territoriali di governo ma come l’insieme dei rapporti tra autorità pubblica e società (cittadinanza nella formulazione cosituzionale). Tale forma innovativa non può che rappresentare la rottura del monopolio statale, non solo nel perseguimento dell’interesse generale ma, probabilmente, nella sua stessa individuazione. In questo senso, la costituzionalizzazione della sussidiarietà pone le basi per un totale ripensamento del ruolo dell'autorità pubblica non solo in termini di dilemma tra dimensione pubblica e dimensione privata ma, soprattutto di «[...] pubblico come» (D'Atena, 2001). In definitiva, l'accoglimento dell'idea della sussidiarietà comporta necessariamente una riflessione attenta e profonda sulle azioni che l’autorità pubblica è legittimata a porre in essere. Come sostiene Papa (2008: 157) «se la possibilità di concorrere al perseguimento dell'interesse generale, ed addirittura di conseguirlo autonomamente, costituisce l'indubbia innovazione comportata dalla codificazione a livello normativo del principio di sussidiarietà orizzontale, diventa allora essenziale poter individuare, con sufficiente grado di certezza, la nozione di interesse generale, in modo che, il suo possibile riconoscimento, possa circoscrivere le attività svolte per il suo raggiungimento». A questo proposito, la questione del ruolo dell'autorità pubblica – che nel dibattito vede il contrapporsi tra un ruolo positivo, nel senso di accogliere le iniziative, valutarne l'idoneità, accompagnare l'utile azione sociale e completarla se necessario, come vuole l'approccio civico, e un ruolo di controllo, anziché di gestione diretta, come al contrario sostiene l'approccio neocorporativo – trova nella declinazione applicativa la risposta più adeguata. In questo senso, l'applicazione del principio nella normativa di livello regionale 63 Questioni dibattute Centralità della società come elemento comune Potenziale innovativo Quale applicabilità? Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale traduce la flessibilità e l'ambiguità interpretativa in disposizioni differenziate sulla base delle caratteristiche del contesto territoriale e, soprattutto, della natura della questione pubblica che, di volta in volta, deve essere affrontata. 3.2 Normativa regionale14: il governo del territorio In seguito alla costituzionalizzazione (L. 3/2001), la sussidiarietà è stata accolta in molte norme di scala regionale. In materia di governo del territorio, la sussidiarietà è stata accolta nelle Leggi Urbanistiche Regionali (LUR), con specifico riferimento a quelle di ultima generazione. In particolare, nonostante molte delle leggi di ultima generazione abbiano recepito il concetto in termini di enunciazione, allo stesso tempo, non tutte ne hanno esplicitato le interpretazioni in termini di applicazione e operatività. Questa condizione ha determinato uno scenario in cui, pur essendo riconosciuto come principio ordinatore nella normativa nazionale, la sussidiarietà alla scala regionale non è stata sufficientemente tradotta in termini di applicazione e operatività. D'altro canto quando ciò è avvenuto, le interpretazioni avanzate dalle diverse Regioni hanno ripreso sostanzialmente i termini del dibattito in corso, determinando uno scenario nazionale “a macchie di leopardo” costituito da contesti regionali che hanno fatto proprio il concetto sposandone, alternativamente, l'approccio neocorporativo o civico e altri contesti regionali che, al contrario, non hanno recepito affatto il potenziale d'innovazione della sussidiarietà. Di seguito alla scala comunale, nonostante siano attualmente in corso alcune sperimentazioni in termini di applicazione della sussidiarietà (uno tra tutti il PGT di Milano15), non emerge una diffusa consapevolezza delle reali potenzialità del concetto. L'atteggiamento delle autorità locali nei confronti delle iniziative promosse da soggetti della società – senza che questo comporti necessariamente la conoscenza della sussidiarietà orizzontale ­ è perlopiù condizionato dalle predisposizioni delle stesse autorità e, spesso, dalle caratteristiche dell'iniziativa promossa 16. In termini generali, si 14 La rassegna normativa ha incluso, oltre a tutte le disposizioni normative in materia di governo del territorio a scala regionale (Leggi Urbanistiche Regionali), anche le norme delle Province autonome di Trento e Bolzano cui spetta la competenza legislativa in materia di pianificazione del territorio. 15 Nonostante la revisione dello scorso anno, lo strumento di Piano di Governo del Territorio (PGT) della città di Milano vede nella sussidiarietà un principio cardine. Come negli altri Piani di Governo del Territorio (PGT) lombardi, la sussidiarietà è infatti considerata come strumento attraverso cui perseguire la sostenibilità economica a scala urbana, in particolare per quanto concerne l'organizzazione dei servizi urbani. 16 Alcuni esempi di comportamento delle autorità pubbliche locali nei confronti di iniziative promosse da soggetti della società in ambito di pianificazione urbana sono stati indagati nei casi: dell'albergo diffuso nel borgo di S. Stefano di Sessanio (AQ) in cui l'accordo tra l'amministrazione comunale e il soggetto privato ha determinato condizioni favorevoli all'intera comunità e degli orti urbani privati a Milano che non hanno finora trovato nell'amministrazione validi interlocutori. I casi (entrambi restituiti in Brunetta e Moroni, 2011) rappresentano solo due esempi di un numero potenzialmente infinito di casi in cui le autorità pubbliche si trovano ad accogliere o rifiutare le iniziative sostenute dalle istanze della società. 64 Sussidiarietà nelle LUR Sussidiarietà a scala comunale Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale può riconoscere dunque una condizione di complessiva discrezionalità che meriterebbe di essere indagata caso per caso. La riflessione, che qui si propone, muove quindi a partire dall'analisi delle principali norme di governo del territorio a scala regionale di ultima generazione – introdotte a partire dalla fine degli anni Novanta (Janin Rivolin Yoccoz, 2003; Camillo e Minucci, 2008) ­ al fine di ricostruire il quadro normativo relativo all'enunciazione ed alla interpretazione della sussidiarietà. In particolare, a partire dal quadro generale delle norme in materia di governo del territorio a scala regionale (§ Tab. 1), si propone una lettura comparata delle principali Leggi Urbanistiche Regionali di ultima generazione (§ Tab. 2) che hanno enunciato ed interpretato il concetto di sussidiarietà, nelle dimensioni verticale ed orizzontale. Tab. 1 Quadro della legislazione urbanistica a scala regionale Regione/Provincia Anno Denominazione autonoma Abruzzo 1983 L.R. 18 “Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo” Basilicata 1999 L.R. 23 “Tutela, governo ed uso del territorio” Bolzano 1997 L.P. 13 “Legge urbanistica provinciale” Calabria 2002 L.R. 19 “Norme per la tutela, governo ed uso del territorio – Legge urbanistica della Calabria” Campania 2004 L.R. 16 “Norme sul governo del territorio” Emilia­Romagna 2000 L.R. 20 “Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio” Friuli Venezia Giulia 2009 L.R. 22 “Procedure per l’avvio della riforma della pianificazione territoriale della Regione” Lazio 1999 L.R. 38 “Norme sul governo del territorio” Liguria 1997 L.R. 36 “Legge urbanistica regionale” Lombardia 2005 L.R. 12 “Legge per il governo del territorio” Marche 1992 L.R. 34 “Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio” Molise 1989 L.R. 24 “Disciplina dei piani territoriali paesistico­ambientali” Piemonte 1977 L.R. 56 “Tutela ed uso del territorio" Puglia 2000 L.R. 25 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in materia di urbanistica e pianificazione territoriale e di edilizia residenziale pubblica” Sardegna 1989 L.R. 45 “Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale” 65 Analisi delle LUR Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale Regione/Provincia Anno Denominazione autonoma Sicilia 1978 L.R. 71 “Norme integrative e modificative della legislazione vigente nel territorio della Regione siciliana in materia urbanistica” Toscana 2005 L.R. 1 “Norme per il governo del territorio” Trento 2008 L.P. 1 “Pianificazione urbanistica e governo del territorio” Umbria 2009 L.R. 13 “Norme per il governo del territorio e la pianificazione e per il rilancio dell'economia attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente” Valle d'Aosta 1998 L.R. 11 “Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d'Aosta” Veneto 2004 L.R. 11 “Norme per il governo del territorio” 3.2.1 Interpretazione a partire dalle LUR di ultima generazione Il quadro delle Leggi Urbanistiche Regionali (LUR) di ultima generazione (§ Tab. 2) coincide solo parzialmente, in ordine temporale17, con l'introduzione della sussidiarietà nelle norme di livello nazionale (L. 3/2001). L'Emilia Romagna, con la L. 20/2000, introduce infatti il concetto prima ancora che questo sia a tutti gli effetti riconosciuto dalla Costituzione18. Tab. 2 Quadro della legislazione urbanistica a scala regionale di ultima generazione Regione/Provincia Anno Denominazione autonoma Emilia­Romagna 2000 L.R. 20 “Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio” Puglia 2000 L.R. 25 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in materia di urbanistica e pianificazione territoriale e di edilizia residenziale pubblica” Calabria 2002 L.R. 19 “Norme per la tutela, governo ed uso del territorio – Legge urbanistica della Calabria” Campania 2004 L.R. 16 “Norme sul governo del territorio” 17 Sono infatti considerate leggi urbanistiche di ultima generazione, le norme che seguono l'introduzione della modifica al titolo V della Costituzione. 18 Questo aspetto è dovuto al fatto che alcuni, più ricettivi, contesti regionali abbiano contemplato il dibattito sulla costituzionalizzazione della sussidiarietà allora in corso a scala nazionale, oltre che recepito correttamente le indicazioni normative dalla scala europea. 66 Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale Regione/Provincia Anno Denominazione autonoma Veneto 2004 L.R. 11 “Norme per il governo del territorio” Lombardia 2005 L.R. 12 “Legge per il governo del territorio” Toscana 2005 L.R. 1 “Norme per il governo del territorio” Trento 2008 L.P. 1 “Pianificazione urbanistica e governo del territorio” Umbria 2009 L.R. 13 “Norme per il governo del territorio e la pianificazione e per il rilancio dell'economia attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente” Friuli Venezia Giulia 2009 L.R. 22 “Procedure per l’avvio della riforma della pianificazione territoriale della Regione” Dall'indagine e dalla comparazione delle dieci normative regionali di ultima generazione, emerge in primis che – ad eccezione della Toscana e della Puglia – tutti i contesti regionali hanno recepito la normativa nazionale richiamando la sussidiarietà quale principio di ispirazione (§ Tab. 3). Tab. 3 Enunciazione del principio di sussidiarietà19 nelle LUR di ultima generazione Regione/Provincia Denominazione Enunciazione Sussidiarietà autonoma Emilia­Romagna L.R. n. 20/2000 Art. 1, comma 1; art. 9, comma Sussidiarietà Sussidiarietà verticale orizzontale X X 2; art. 40­bis, comma 2; art. 40­decies Puglia L.R. n. 25/2000 ­ ­ Calabria L.R. n. 19/2002 Art. 1, comma 1; art. 4, comma X ­ X ­ X X 1 Campania L.R. n. 16/2004 Art. 1, comma 2; art. 8, commi 1 e 2; art. 42, comma 1 Veneto L.R. n. 11/2004 Art. 2, comma 2; art. 3, comma 1 Lombardia L.R. n. 12/2005 Art. 1, comma 2 X X Toscana L.R. n. 1/2005 ­ ­ ­ Trento L.P. n. 1/2008 Art. 1, comma 1; art. 10, X X 19 L'identificazione della dimensione verticale o orizzontale del principio enunciato è ad opera di chi scrive, sulla base dei soggetti coinvolti – profit o non profit, purchè non istituzionali - come attori della sussidiarietà. 67 Recepimento... Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale comma 2 Umbria L.R. n. 13/2009 Art. 2, comma 1; art. 10, X ­ X ­ comma 3 Friuli Venezia Giulia L.R. n. 22/2009 Art. 1, comma 2 Il principio viene prima di tutto riconosciuto nella dimensione verticale (§ Tab. 3), in affiancamento ad altri principi costituzionali di carattere generale, quali l'adeguatezza e la semplificazione, e più propriamente territoriale, quali la sostenibilità ambientale e l'efficienza nell'erogazione dei servizi territoriali. In questo senso, tutti i testi legislativi evidenziano una corretta interpretazione della dimensione verticale della sussidiarietà allineandosi tra di loro nel riconoscere al livello più vicino al cittadino la competenza in materia di pianificazione territoriale, vale a dire al livello comunale. Alcuni casi si distinguono tuttavia per aver associato il principio di sussidiarietà a significati impropri, quali la partecipazione (L.R. Calabria 19/2002), la cooperazione tra livelli di competenza in ambito di pianificazione (L.R. Emilia Romagna 20/2000 e L.R. Campania 16/2004) e la copianificazione (L.R. Umbria 13/2009). Nel dettaglio: • Emilia Romagna. La L.R. 20/2000 riconosce il principio di sussidiarietà, nella dimensione verticale, già all'art. 1 (Oggetto della legge) 20, allo scopo di riorganizzare le competenze esercitate ai diversi livelli istituzionali e promuovere modalità di raccordo funzionale tra gli strumenti di pianificazione; all'art. 9 (Livelli di pianificazione), allo scopo di affiancare il principio di sussidiarietà ai principi di adeguatezza e differenziazione21 ed, infine, all'art. 20 Dal testo di legge «art. 1 (Oggetto della legge): La Regione Emilia Romagna, [...] disciplina con la presente legge la tutela e l'uso del territorio al fine di: a) realizzare un efficace ed efficiente sistema di programmazione e pianificazione territoriale che operi per il risparmio delle risorse territoriali, ambientali ed energetiche al fine del benessere economico, sociale e civile della popolazione regionale, senza pregiudizio per la qualità della vita delle future generazioni; b) promuovere un uso appropriato delle risorse ambientali, naturali, territoriali e culturali; c) riorganizzare le competenze esercitate ai diversi livelli istituzionali e promuovere modalità di raccordo funzionale tra gli strumenti di pianificazione, in attuazione del principio di sussidiarietà; d) favorire la cooperazione tra Regione, Province e Comuni e valorizzare la concertazione con le forze economiche e sociali nella definizione delle scelte di programmazione e pianificazione; e) semplificare i procedimenti amministrativi, garantendone la trasparenza e il contraddittorio» (L.R. Emilia Romagna 20/2000). 21 Dal testo di legge «[...] art. 9 (Livelli di pianificazione): 1. La pianificazione territoriale e urbanistica si articola nei tre livelli regionale, provinciale e comunale. 2. Nell'osservanza dei principi di sussidiarietà, di adeguatezza e differenziazione, definiti dal comma 3 dell'art. 4 della Legge 15 marzo 1997, n. 59: a) sono conferite ai Comuni tutte le funzioni di governo del territorio non esplicitamente attribuite agli altri livelli di pianificazione sovraordinati; b) nei casi stabiliti dalla presente legge i Comuni di minore dimensione demografica possono esercitare le funzioni pianificatorie in forma associata; c) sono attribuite alla Regione e alla Provincia soltanto le funzioni di pianificazione riconosciute loro dalla legislazione nazionale e regionale, che attengono alla cura di interessi di livello sovracomunale o che non possono essere efficacemente svolte a livello comunale. In tali casi 68 ...della dimensione verticale Significati impropri Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale • • • • 22 23 24 25 26 27 40­bis (Principi generali per la tutela e valorizzazione del paesaggio) nell'attribuire la competenza in materia di tutela, valorizzazione e gestione sostenibile del paesaggio. Calabria. La L.R. 19/2002 introduce il principio di sussidiarietà all'art. 1 (Oggetto della legge)22 in affiancamento al principio di partecipazione e all'art. 4 (Sussidiarietà)23 al fine di ripartire le competenze in materia di pianificazione del territorio in senso verticale. Campania. La L.R. 16/2004 riconosce il principio di sussidiarietà all'art. 1 (Oggetto della legge)24; all'art. 8 (Sussidiarietà)25, al fine di individuare le competenze dei diversi livelli istituzionali, favorendone la cooperazione, in materia di pianificazione, ed infine, all'art. 42 (Vigilanza sugli abusi edilizi) 26, allo scopo di affidare al Comune la funzione di vigilanza sull'attività urbanistico­edilizia e di repressione dell'abusivismo edilizio. Veneto. La L.R. 11/2004 individua la dimensione verticale del principio all'art. 3 (Livelli di pianificazione)27, nel ricondurre ai rispettivi livelli territoriale le competenze in materia di pianificazione e, di seguito, di redazione degli strumenti di pianificazione. Lombardia. La L.R. 12/2005 enuncia il principio di sussidiarietà all'art. 1 sono previste forme di partecipazione dei Comuni all'esercizio delle funzioni attribuite agli altri livelli di pianificazione sovraordinati. 3. Compete ai Comuni, in riferimento alle specifiche situazioni locali, specificare, approfondire e attuare i contenuti propri degli strumenti di pianificazione territoriale sovraordinati» (L.R. Emilia Romagna 20/2000). Dal testo di legge «art. 1 (Oggetto della legge): 1. La presente legge, in attuazione dei principi di partecipazione e sussidiarietà, e nel quadro dell’ordinamento della Repubblica e dell’Unione Europea, disciplina la pianificazione, la tutela ed il recupero del territorio regionale, nonché l’esercizio delle competenze e delle funzioni amministrative ad esso attinenti» (L.R. Calabria 19/2002). Dal testo di legge «[...] art. 4 (Sussidiarietà): 1. Sono demandate ai Comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall'ordinamento e dalla presente legge alla Regione ed alle Province, le quali esercitano esclusivamente le funzioni di pianificazione che implicano scelte di interesse sovracomunale» (L.R. Calabria 19/2002). Dal testo di legge «art. 1 (Oggetto della legge): 2. Per i fini di cui al comma 1, la presente legge provvede a: a) individuare le competenze dei diversi livelli istituzionali, favorendone la cooperazione secondo il principio di sussidiarietà» (L.R. Campania 16/2004). Dal testo di legge «[...] art. 8 (Sussidiarietà): 1. Sono demandate ai Comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall'ordinamento e dalla presente legge alla regione ed alle province. 2. Alla regione e alle province sono affidate esclusivamente le funzioni di pianificazione ad esse attribuite dalla legislazione nazionale e regionale che riguardano scelte di interesse sovracomunale» (L.R. Campania 16/2004). Dal testo di legge «[...] art. 42 (Vigilanza sugli abusi edilizi): 1. In attuazione del principio di sussidiarietà la regione assiste il comune nella funzione di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia di cui al D.P.R. n. 380/01, articolo 27, comma 1, e di repressione dell'abusivismo edilizio» (L.R. Campania 16/2004). Dal testo di legge «[...] art. 3 (Livelli di pianificazione): 1. Il governo del territorio si attua attraverso la pianificazione, urbanistica e territoriale del comune, della provincia e della Regione. I diversi livelli di pianificazione sono tra loro coordinati nel rispetto dei principi di sussidiarietà e coerenza; in particolare, ciascun piano indica il complesso delle direttive per la redazione degli strumenti di pianificazione di livello inferiore e determina le prescrizioni e i vincoli automaticamente prevalenti» (L.R. Veneto 11/2004). 69 Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale • • • (Oggetto e criteri ispiratori)28 quale criterio ispiratore in affiancamento agli altri principi di adeguatezza, differenziazione, sostenibilità, partecipazione, collaborazione, flessibilità, compensazione ed efficienza. Trento. La L.P. 1/2008 introduce il principio di sussidiarietà all'art. 1 (Oggetto della legge)29 in termini di responsabilità, in senso verticale, tra livelli di competenza territoriale (Provincia, Comunità e Comuni). Umbria. La L.R. 13/2009 individua il principio di sussidiarietà all'art. 2 (Definizione di governo del territorio)30, in affiancamento ai principi di differenziazione ed adeguatezza e al metodo della copianificazione tra livelli territoriali; all'art. 10 (Finalità del Piano Urbanistico Strategico Territoriale)31 nell'esplicitare le finalità dello strumento urbanistico PUST come motore di sviluppo locale territoriale ed, infine, all'art. 27 (Elaborati del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale)32 nell'esplicitare la funzione dell'apparato conoscitivo sullo stato e le dinamiche delle componenti naturalistiche ed antropiche del territorio provinciale e comunale, in affiancamento al metodo della copianificazione. Friuli Venezia Giulia. La L.R. 22/2009 accoglie il principio di sussidiarietà esclusivamente all'art. 1 (Procedure per l'avvio della riforma della pianificazione territoriale della Regione)33, nell'ottica del riassetto in materia urbanistica e di 28 Dal testo di legge «art. 1 (Oggetto e criteri ispiratori): La presente legge si ispira ai criteri di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, sostenibilità, partecipazione, collaborazione, flessibilità, compensazione ed efficienza» (L.R. Lombardia 12/2005). 29 Dal testo di legge «art. 1: […] c) promuovere la realizzazione di uno sviluppo sostenibile e durevole nel rispetto del principio di sussidiarietà responsabile; h) prevedere che la formazione degli strumenti di pianificazione territoriale avvenga nel rispetto del principio della sussidiarietà responsabile e del decentramento delle scelte pianificatorie, nonché con il metodo della pianificazione condivisa fra la Provincia, le comunità e i comuni» (L.P. Trento 1/2008). 30 Dal testo di legge «[…] art. 2 (Definizione di governo del territorio): 1. Ai fini della presente legge il governo del territorio consiste nel complesso coordinato, organico e sinergico, delle attività conoscitive, regolative, valutative, attuative, di vigilanza e controllo, nonché di programmazione, anche della spesa, riguardanti gli interventi di tutela, valorizzazione ed uso del territorio ai fini dello sviluppo sostenibile. Esso rispetta i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, secondo il metodo della copianificazione, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra i soggetti istituzionali coinvolti» (L.R. Umbria 13/2009). 31 Dal testo di legge «[…] art. 10 (Finalità del Piano Urbanistico Strategico Territoriale): 3. In particolare, il PUST: d) esercita l'integrazione e il raccordo tra la dimensione politico-programmatica dello sviluppo e il governo del territorio, nonché esplicita le opportunità, in chiave di sussidiarietà, per lo sviluppo locale dei vari territori» (L.R. Umbria 13/2009). 32 Dal testo di legge «[...] art. 27 (Elaborati del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale): 1. Il PTCP è costituito dai seguenti elaborati: a) la relazione illustrativa, descrive il metodo ed i contenuti del PTCP e degli altri elaborati che lo compongono e comprende: 1) il repertorio delle conoscenze, che illustra l'apparato conoscitivo sullo stato e sulle dinamiche delle componenti naturalistiche ed antropiche del territorio provinciale posto a base del Piano; il repertorio costituisce altresì supporto per la pianificazione comunale in un'ottica di sussidiarietà e copianificazione» (L.R. Umbria 13/2009). 33 Dal testo di legge «art. 1 (Procedure per l'avvio della riforma della pianificazione territoriale della Regione): 2. La Regione dispone il riassetto della materia dell'urbanistica e della pianificazione territoriale in attuazione del principio di sussidiarietà, adeguatezza e semplificazione, uso razionale del territorio e ai fini della trasparenza, snellimento, partecipazione, completezza dell'istruttoria, 70 Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale pianificazione, in affiancamento ai principi di adeguatezza, semplificazione, uso razionale del territorio e ai fini della trasparenza, snellimento, partecipazione, completezza dell'istruttoria, efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa Se la dimensione verticale della sussidiarietà è chiaramente enunciata dalle norme indagate, non è possibile affermare lo stesso per quanto riguarda la dimensione orizzontale. La questione diviene meno chiara e, al tempo stesso, più complessa quando si analizza l'enunciazione del principio di sussidiarietà nella dimensione orizzontale (§ Tab. 3). In questo senso, solo in quattro dei dieci testi normativi – rispettivamente delle Regioni Emilia Romagna, Veneto e Lombardia e della Provincia autonoma di Trento – è possibile ravvisare la dimensione orizzontale della sussidiarietà. Ciascun testo avanza, perdipiù, interpretazioni specifiche tra loro divergenti, restituendo le principali posizioni del dibattito in corso. Nel dettaglio: • • Emilia Romagna. La L.R. 20/2000 richiama la dimensione orizzontale del principio di sussidiarietà all'art. 934(c. 2 e 3), in abbinamento alle principali norme per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa, attribuendo «[…] le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati». Veneto. La L.R. 11/2004 individua il principio di sussidiarietà, nella sua dimensione orizzontale, all'art. 2 (Contenuti e finalità)35 in affiancamento ai efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa» (L.R. Firuli Venezia Giulia 22/2009). 34 Dal testo di legge «[...] art. 9 (Livelli di pianificazione) al comma 2: le ivi richiamate disposizioni ex L. 59/1997 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa) e s.m.i., art. 4 (Funzioni conferite dalle regioni agli enti locali), comma 3: “3. I conferimenti di funzioni di cui ai commi 1 e 2 avvengono nell'osservanza dei seguenti principi fondamentali: a) il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati; b) il principio di completezza [...]; c) il principio di efficienza e di economicità [...]; d) il principio di cooperazione tra Stato, regioni ed enti locali […]; e) i principi di responsabilità ed unicità dell'amministrazione […]; f) il principio di omogeneità [...]; g) il principio di adeguatezza […]; h) il principio di differenziazione […]; i) il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei costi […]; l) il principio di autonomia organizzativa e regolamentare e di responsabilità degli enti locali nell'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi ad essi conferiti» (L.R. Emilia Romagna 20/2000). 35 Dal testo di legge «[...] art. 2 (Contenuti e finalità): 2. Le finalità di cui al comma 1 sono perseguite, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza, ed efficienza, mediante: a) la semplificazione dei procedimenti di pianificazione, con riduzione di tempi e con garanzia di trasparenza e partecipazione; b) l’adozione e l’utilizzo di un sistema informativo territoriale unificato e accessibile, 71 ...della dimensione orizzontale Interpretazioni specifiche Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale • • principi di adeguatezza ed efficienza, nel coinvolgimento dei cittadini, delle rappresentanze economico­sociali e delle associazioni alla formazione degli strumenti di pianificazione e alle scelte che incidono sull'uso delle risorse ambientali. Trento. La L.P. 1/2008 introduce il principio all'art. 1 (Oggetto della legge) 36 in termini di valorizzazione, in senso orizzontale, dell'autonoma e responsabile iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività d'interesse generale nonché delle autonomie funzionali. Lo stesso concetto viene ribadito all'art. 10 (Obiettivi del piano urbanistico provinciale) 37 al fine di garantire la riproducibilità, la qualificazione e la valorizzazione del sistema delle risorse territoriali provinciali e realizzare uno sviluppo sostenibile e durevole. Lombardia. La L.R. 12/2005 riconosce sempre all'art.1 (Oggetto e criteri ispiratori) la dimensione orizzontale del principio di sussidiarietà nel principio di efficienza, applicato alla fornitura e gestione di servizi territoriali. L'Emilia Romagna propone, in particolare rispetto all'ambito dei servizi di welfare, della sussidiarietà orizzontale un'interpretazione che mette al centro il coinvolgimento della società civile ­ nelle diverse aggregazioni di famiglia, associazione e comunità – in conformità con la disposizione normativa nazionale (L. 3/2001). In ambito di pianificazione urbanistica, d'altro canto, vengono introdotte le procedure di al fine di disporre di elementi conoscitivi raffrontabili; c) il coinvolgimento dei cittadini, delle rappresentanze economico-sociali e delle associazioni individuate […] alla formazione degli strumenti di pianificazione e alle scelte che incidono sull'uso delle risorse ambientali; d) il riconoscimento in capo ai comuni della responsabilità diretta nella gestione del proprio territorio» (L.R. Veneto 11/2004). 36 Dal testo di legge «a corredo del comma 1, v. di seguito art. 1 (Finalità) ex LP 3/2006 e s.m.i.: 1. Questa legge è rivolta ad assicurare alle popolazioni insediate sul territorio della Provincia autonoma di Trento e ai gruppi linguistici nei quali esse si riconoscono, anche mediante un processo di riorganizzazione delle istituzioni provinciali e locali ispirato ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza: a) la salvaguardia e la promozione delle peculiarità culturali, linguistiche, storiche, ambientali ed economiche, anche con riferimento agli emigrati trentini e alle loro comunità all'estero; b) la valorizzazione dell'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività d'interesse generale nonché delle autonomie funzionali; c) l'attuazione del principio di sussidiarietà tra i diversi livelli istituzionali, attribuendo il maggior numero possibile di funzioni amministrative ai comuni, enti più vicini agli interessi dei cittadini, anche mediante le forme più appropriate di esercizio associato delle funzioni; d) la partecipazione, nell'ambito delle competenze e nelle forme consentite dalla Costituzione e dallo Statuto speciale per il Trentino - Alto Adige, al processo d'integrazione europea e allo sviluppo della cooperazione interregionale, nazionale, internazionale e transfrontaliera, con particolare riferimento all'area dell'arco alpino; e) la garanzia a tutta la popolazione delle medesime opportunità e livelli minimi di servizio, indipendentemente dalle caratteristiche del territorio, dalla collocazione geografica e dalle dimensioni del comune di residenza; f) la sostenibilità dello sviluppo. (L.P. Provincia Autonoma di Trento 1/2008). 37 L.P. 1/2008 Provincia autonoma di Trento. Art. 10 (Obiettivi del piano urbanistico provinciale): 2. Il piano urbanistico provinciale persegue i seguenti obiettivi: a) garantire la riproducibilità, la qualificazione e la valorizzazione del sistema delle risorse territoriali provinciali al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile e durevole, nel rispetto del principio di sussidiarietà responsabile. 72 Emilia Romagna e Romagna ­ società civile Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale concertazione/negoziazione con soggetti privati e di perequazione urbanistica allo scopo di garantire il disegno pubblico del piano (Sani, 2008). Allo stesso modo, il Veneto contempla il coinvolgimento delle formazioni della società civile nel riconoscere il principio di sussidiarietà orizzontale. In questo caso, tuttavia, l'accento tuttavia viene posto sul coinvolgimento in termini di inclusione nelle scelte decisionali in ambito di pianificazione urbanistica. Tale interpretazione appare evidentemente meno in linea con gli altri contesti regionali assumendo – come d'altra parte accade nel caso calabrese (L.R. 19/2002) – la sussidiarietà come sinonimo di partecipazione. Seppure l'approccio civico (Arena, 2006) contempli infatti un intervento incentivante da parte dell'autorità pubblica anche attraverso la promozione di strumenti partecipativi, ciò non determina in alcun modo che vi sia una coincidenza tra sussidiarietà e partecipazione (Moro, 2009). La Provincia autonoma di Trento accoglie il principio in completa aderenza alla formulazione costituzionale riconoscendo il ruolo che i cittadini, in forma singola o associata, possono rivestire in termini di iniziative di interesse generale. Dall'analisi del testo normativo emerge, inoltre, in maniera evidente il carattere autonomistico e, al tempo responsabile, che viene associato alla sussidiarietà, in virtù della storia e delle tradizioni del territorio trentino. Nella legislazione lombarda il principio di sussidiarietà viene interpretato come «[...] ingrediente fondamentale delle politiche sociali e urbanistiche e come strumento fondante delle azioni strategiche da avviare sul territorio» (Paolillo, 2009: 73). A conferma di tale assunto, la Lombardia riconosce al soggetto appartenente alla sfera della società (potenzialmente anche di natura profit) il ruolo di partner dell'autorità pubblica per quanto concerne la fornitura e la gestione dei servizi di welfare. La partnership è fortemente basata sul ruolo centrale dell'autorità pubblica in termini di controllo e garanzia dell'adeguatezza dei servizi agli standard di qualità. L'interpretazione lombarda al principio di sussidiarietà si evince inoltre a partire dall'analisi dei documenti preliminari redatti dal gruppo di lavoro interdisciplinare per l'elaborazione del Testo Unico della normativa urbanistica regionale (Ombuen, 2003). In particolare, i documenti affrontano il tema della distinzione fra interesse generale e interesse pubblico, questione chiave in relazione all'interpretazione del principio di sussidiarietà (Ombuen, 2003). L'interesse generale viene qui identificato non nell'interesse pubblico quanto, piuttosto, nell'incremento di efficienza territoriale attraverso la fornitura di maggiori spazi e servizi utili alla collettività, anche da parte di soggetti propriamente appartenenti alla sfera privata purchè sottoposta a valutazione da parte dell'autorità pubblica. In questo senso, «[...] nell’odierno contesto dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, informato al principio di sussidiarietà, assume valore fondante (delle scelte e delle valutazioni) la nozione di interesse generale. Tale interesse non costituisce un dato astratto, definibile a priori o precostituito, né coincide necessariamente con l’interesse della Pubblica Amministrazione. Nella materia territoriale, deve intendersi come interesse generale l’assetto che [...] meglio corrisponde a criteri di efficienza territoriale, sviluppo sostenibile, maggiore offerta di spazi e servizi, miglioramento della qualità della vita individuale e sociale della comunità. In tale processo di valutazione, che 73 Veneto – inclusione sociale Trento – autonomia e responsabilità Lombardia – partnership nei servizi di welfare Interesse generale vs interesse pubblico Parte Prima ­ Sussidiarietà orizzontale deve contemplare pariteticamente le opportunità e le iniziative dell’operatore privato come di quello pubblico, l’identificazione degli interventi corrispondenti all’interesse generale può non essere unanimemente condivisa: essenziale è, però, che detto processo si fondi sull’esame razionale, comparato, esplicito e motivato di opzioni, istanze e ipotesi promosse da soggetti diversi. L’interesse pubblico è nozione che, nell’ambito del più ampio concetto d’interesse generale, identifica quelle attività ed iniziative che, all’esito del processo di valutazione e sintesi di cui sopra, vengono riconosciute come necessariamente pertinenti all’azione di un ente pubblico, quale condizione per il loro svolgimento con caratteristiche coerenti all’obiettivo a tali attività assegnato»38. In definitiva, l'interpretazione emiliana e lombarda convergono nell'individuare nel settore delle politiche dei servizi, in particolare di welfare, il campo più adeguato all'applicazione del principio di sussidiarietà. Al tempo stesso, esse divergono in termini di soggetti coinvolti nella fornitura di servizi di welfare e di modalità di interazione che intercorre tra l'autorità pubblica e la sfera della società. Nel caso emiliano i soggetti coinvolti sono le formazioni sociali minime (famiglia e comunità), nel caso lombardo, al contrario, vengono identificati come partners strutturati soggetti profit e non profit (comprese le organizzazioni civiche). In quest'ultimo caso, declinato nel dettaglio nei documenti di Piano dei Servizi di ciascun comune lombardo39, l'autorità mantiene un ruolo centrale pur esternalizzando di fatto la fornitura e la gestione di servizi. E' facile dunque ravvisare in quest'aspetto il riflesso dell'approccio cosiddetto neocorporativo. Parallelamente, l'interpretazione trentina pone la centralità ai cittadini, singoli o associati, e alle iniziativa di interesse generale promosse. Seppure il testo normativo non dichiari esplicitamente quale sia il campo più adeguato per l'applicazione del principio di sussidiarietà, l'accezione di interesse generale – diversamente dal caso lombardo – appare più vicina alla nozione di interesse pubblico, includendo pertanto tutti i campi di azione tradizionalmente affidati all'autorità pubblica. Quest'ultimo aspetto permette di riconoscere le tracce dell'approccio cosiddetto civico. 38 Documento preliminare elaborato dal Gruppo di lavoro interdisciplinare per l'elaborazione del Testo Unico della normativa urbanistica regionale (L.R. 12/2005). 39 Il Piano del Governo del Territorio (PGT) introdotto dalla medesima legge regionale, introduce lo strumento Piano dei Servizi (PdS) basato sulla trasformazione radicale del modello di servizi di tipo quantitativo, lo standard urbanistico, in virtù di servizi «di stampo qualitativo/prestazionale; […] assumendo che rappresenti servizio tutto ciò che i cittadini intendono come tale, avviando in tal modo ampie aperture all'operatività del volontariato e del terzo settore […]» (Paolillo, 2009: 75). 74 Emilia Romagna e Lombardia – servizi di welfare Trento – campi di interesse pubblico Parte Prima - Sussidiarietà orizzontale Prime considerazioni sulla definizione di sussidiarietà: soggetti, iniziative e meccanismi di interazione. A partire dagli esiti di ricerca sin qui restituti ­ (i) excursus storico delle matrici di pensiero che hanno postulato la sussidiarietà, (ii) ricostruzione del dibattito scientifico in corso sul tema a livello nazionale e (iii) rassegna delle disposizioni normative in materia, con particolare riferimento al governo del territorio – è possibile avanzare alcune considerazioni preliminari in termini di definizione del concetto. Occupandosi di sussidiarietà, è facile rendersi conto di quanto frequentemente il dibattito politico ricorra ad un uso del concetto non sempre associato ad un approfondimento, serio e critico, delle sue valenze teoretiche ed etiche1 (Sirimarco e Ivaldi, 2011). In termini generali, i rischi di incomprensione ricorrenti sono dunque legati ad un'assunzione spesso troppo superficiale, se non retorica, tale da determinarne uno svilimento del significato originario, se non addirittura un vero e proprio abuso del concetto (Millon Delsol, 1993). In alcuni casi, infatti, il ricorso alla sussidiarietà avviene in termini perlopiù astratti, quasi si tratti della «[...] panacea di molti mali, il salvagente cui aggrapparsi nel momento del pericolo, o semplicemente un tema alla moda. Il rischio, però, è che nel frattempo si sia trasformata in una formula magica, evocativa di un principio molto confuso di libertà e di autonomia, i cui reali contenuti e forme sono invece largamente ignorati» (Gaeta, 2005: 22). In altri casi, il rischio è legato ad un utilizzo perlopiù strumentale2 basato su un'interpretazione fortemente ideologica. In entrambi i casi, ad alimentare il fraintendimento è l'intrinseco grado di complessità di un concetto che ha, al tempo stesso, profonde radici storiche e un potenziale applicativo di grande attualità. L'excursus storico e semantico condotto sulle origini della sussidiarietà, mostra come ciascuna delle tre principali matrici – liberale, cattolica e socialista utopista – ne abbia postulato il concetto, rivendicandone di volta in volta la supposta paternità. Le tre matrici divergono, tuttavia, l'una dall'altra per la differente concezione del delicato rapporto tra Stato e società, in relazione all'attribuzione di competenze. In altre parole, 1 Secondo quanto sostiene Millon Delsol (2003: 103) «spesso, il principio non è conosciuto né nel suo contenuto né nella sua forma. Nel suo contenuto, rimane largamente ignorato l'aspetto positivo dell'esigenza di realizzazione del bene comune, per la quale si giustifica il dovere di garanzia statale. Nella sua forma, il principio è facilmente inteso come una tecnica che permette di ottenere un risultato programmato, una ricetta da applicare. La maggior parte di coloro che lo invocano rimarrebbero delusi se sapessero che si tratta invece di un'indicazione normativa, legata a referenti etici, e la cui applicazione esige la virtù della prudenza». 2 Persino all'interno delle matrici teoriche originarie della sussidiarietà - liberale, socialista utopista e della dottrina sociale della Chiesa – è possibile ravvisare, alternativamente, utilizzi talvolta strumentali del concetto (il riferimento più manifesto è alla deriva dittatoriale del pensiero cattolico). 75 Incomprensioni Excursus storico Parte Prima - Sussidiarietà orizzontale alle questioni del tipo “quanto spazio all'autorità?” e “quanto spazio all'autonomia o all'auto­organizzazione della società?”, ciascuna matrice avanza risposte differenti e, spesso, distanti. Le posizioni storiche sostenute dalle tre matrici hanno inevitabilmente determinato ripercussioni sulle interpretazioni contemporanee, oggi parte di un dibattito scientifico – oltre che politico ­ anche in ambito nazionale. Emergono, in particolare, due approcci. Il primo, definito neocorporativo, riconosce nella sussidiarietà un ridimensionamento del ruolo dell'autorità pubblica, in relazione alle competenze tradizionalmente attribuitele, in virtù di un coinvolgimento della società – nelle sue forme organizzate ­ nella promozione autonoma di iniziative di interesse generale. I sostenitori dell'approccio civico, d'altro canto, ravvisano in tale prospettiva una pericolosa tendenza alla deresponsabilizzazione da parte delle autorità pubbliche in favore di una legittimazione di meccanismi di mera esternalizzazione ed outsourcing nonché un generale slittamento delle funzioni pubbliche in una logica di mercato. L'approccio neocorporativo trova, ad oggi, applicazione nel campo delle politiche di welfare. Il secondo approccio, al contrario, associa alla sussidiarietà una relazione tra Stato e società di tipo biunivoco, o appunto circolare, basato sulla condivisione di risorse pubbliche e private al fine di perseguire l’interesse generale. In questo senso, accanto al riconoscimento dell'autonoma iniziativa della società, viene posto al centro un ripensamento ­ più che un ridimensionamento – del ruolo dell'autorità pubblica, in termini di incentivo all'autonoma iniziativa della società. Quest'aspetto sembrerebbe, tuttavia, rappresentare un elemento soggetto a critiche, se si considera l'intervento incentivante dell'autorità pubblica come dipendente dalla scarsa fiducia nell'autonoma capacità della società. L'approccio civico trova oggi applicazione nel campo delle politiche pubbliche, in relazione alla tutela dei beni comuni. Dal confronto tra le posizioni storiche e quelle contemporanee sulla sussidiarietà, emerge con evidenza come nel dibattito scientifico e politico – specialmente nel contesto nazionale ­ sia progressivamente venuta meno la tradizione del pensiero socialista utopista alla Proudhon, lasciando d'altro canto spazio alle più preponderanti tradizioni liberali e cattoliche. In questo senso, l'approccio neocorporativo e civico sembrano ricalcare, in chiave moderna, rispettivamente le tradizioni del pensiero liberale e cattolico, condite spesso da interpretazioni perlopiù ideologiche. Per di più, occorre sottolineare che a tenere le fila del dibattito scientifico sono stati, fino ad ora, principalmente rappresentanti dell'area giuridica, sociologica e politologica. La disciplina urbanistica ha, perlopiù, ignorato il tema o lo ha affrontato per vie collaterali3. Solo di recente sono state condotte alcune, seppur parziali, riflessioni che 3 Diverse riflessioni in ambito disciplinare hanno letto nella sussidiarietà l'evoluzione delle diverse forme e tipologie di partnership pubblico-private, a partire dalla stagione della programmazione complessa tipica degli anni Novanta, le sperimentazioni di pianificazione strategica o le forme di urbanistica negoziata fino ad arrivare alle recenti forme di partnership pubblico-private riconosciute giuridicamente (come le società di trasformazione urbana o STU) (Ferroni, 2008). In questo senso, la sussidiarietà consisterebbe nel coinvolgimento del soggetto privato (evidentemente di natura lucrativa) nella realizzazione di trasformazioni urbanistiche, tradizionalmente promosse dal ruolo pubblico, dovuto principalmente alla scarsa disponibilità di risorse finanziarie da parte pubblica (Karrer e Ricci, 76 Approccio neocorporativo e civico Una grande assenza Sussidiarietà e urbanistica Parte Prima - Sussidiarietà orizzontale sembrano porre le condizioni perchè il dibattito scientifico sulla sussidiarietà possa, nel prossimo futuro, interessare anche l'ambito della pianificazione territoriale. A questo proposito, Cottino e Zeppetella (2009) ma anche Balducci (2004) riconoscono la sussidiarietà quale strumento di innovazione nelle modalità di produzione e riproduzione di beni/servizi pubblici urbani, non convenzionali, a partire dall'analisi di iniziative e pratiche spontanee a base territoriale, definite «[...] fenomeni urbani spontanei, informali e autorganizzati che si sviluppano negli interstizi delle nostre città» (Cottino, 2003: VI). Il limite di tale interpretazione alla sussidiarietà consiste, in questo caso, nell'aver identificato come attori della sussidiarietà orizzontale le sole formazioni sociali che, in modo imprevisto perchè al di fuori della sfera pubblica, abbiano manifestato le capacità di produrre beni e fornire servizi territoriali di interesse generale. D'altro canto, Tosi (2003) considera queste iniziative come pratiche di dissenso ­ spesso pericolosamente associate a fenomeni di povertà4 ­ prive di una particolare inclinazione (d'interesse invece per Tosi) a divenire pratiche puramente reattive e che possano sviluppare dimensioni progettuali. L'interpretazione della sussidiarietà acquisisce un ulteriore grado di complessità se si considera la traduzione normativa di scala nazionale (art. 118 Cost.) e regionale, con particolare riferimento alle disposizioni normative in materia di governo del territorio. Come si è visto, il tentativo di dare operatività al concetto si è, di fatto, tradotto in un insieme di norme che, in alcuni casi, si limita all'enunciazione del principio e, in altri, sostiene interpretazioni accomunabili perlopiù alle posizioni già presenti nel dibattito. L'indagine svolta sulle principali disposizioni normative di scala nazionale e regionale evidenzia, infatti, come la traduzione del concetto in norma non abbia di per sé determinato una maggiore chiarezza interpretativa, né un'identificazione degli aspetti operativi di applicazione. Essa sembra, al contrario, aver alimentato la contrapposizione tra le posizioni del dibattito in corso. In definitiva, il potenziale posto dalla prospettiva della sussidiarietà – in relazione al superamento dell'attuale condizione di crisi (Borzaga, 2012) – impone una reale comprensione e un'approfondita analisi, utile a superare i rischi di equivocità e retorica e sostenere, al contempo, un'interpretazione critica e consapevole, anche in materia di pianificazione territoriale. In questo senso, il dibattito in corso andrebbe ridimensionato a partire da alcuni elementi chiave5. Il riferimento è, sì, alla questione dell'attribuzione di competenze ma, 2003). In nessuna di tali riflessioni emerge, tuttavia, il riferimento alla società civile. 4 L'analisi di Cottino (2003), meritevole di aver rilevato la presenza di iniziative progettuali dal basso ben sottolineandone il forte legame tra spontaneità d'azione e la dimensione territoriale, pone tuttavia alcuni aspetti contestabili, riconducibili alle caratteristiche delle iniziative indagate. In particolare, tutte le iniziative (i) vedono protagonisti esclusivamente soggetti ai margini della società, (ii) implicano soluzioni progettuali di riuso di spazi dismessi spesso guidati da totale assenza di legalità e, dunque, legittimazione ed infine (iii) pongono una relazione più o meno volontaria con l'iniziativa pubblica (in alcuni casi le iniziative spontanee divengono vere e proprie politiche pubbliche). 5 Sulla stessa questione si è interrogato anche Borzaga (2012) ponendo attenzione su tre principali direzioni di riflessione: attori della sussidiarietà, ridefinizione del ruolo dello Stato e significato delle attività di interesse generale. In breve, la prima direzione chiarisce come ad essere attori della 77 Prime riflessioni disciplinari Costituzione e LUR Potenziale della sussidiarietà Ridefinire i termini del dibattito Parte Prima - Sussidiarietà orizzontale anche, alla individuazione e definizione dei soggetti coinvolti e delle iniziative promosse. La presente ricerca si propone, in questo senso, come contributo concreto al dibattito in corso. Gli elementi sui quali si intende ridefinire i termini del dibattito sono riconducibili a (i) i soggetti coinvolti, (ii) le iniziative promosse e (iii) i meccanismi di interazione tra Stato e società. Nel dettaglio: • • Soggetti: società civile. I principali soggetti della sussidiarietà sono identificabili, secondo il dibattito6, unicamente nel settore del privato sociale (es. imprese sociali, Borzaga [2012] e, su tutti, Vittadini [1998]) o nelle formazioni sociali di cittadinanza attiva (su tutti, Arena [2006], Arena e Cotturri [2010]). Entrambe le posizioni sembrano di per sé limitative e fuorvianti. In questo senso, il dibattito andrebbe ricondotto all'identificazione dei soggetti sulla base delle origini del concetto di sussidiarietà. Secondo Millon Delsol (2003: 48) «per comprendere la contraddizione che oppone le libertà all'interesse generale, il principio di sussidiarietà implica [...] che la società civile si faccia carico di un certo numero di compiti di interesse generale». D'altro canto, deve comunque essere tenuto in considerazione come la denominazione di società civile sia altrettanto ambigua (Moro, 2005), trattandosi infatti di un universo all'interno del quale trovano spazio realtà aggregative differenti. Imprese sociali e gruppi di cittadini attivi sono entrambi parte della società civile. In sintesi, la prospettiva posta dalla sussidiarietà non riguarda solo l’operato del terzo settore, specie nel suo muoversi a fini solidali, ma qualunque realtà non statale appartenente alla società civile. Iniziative: beni e servizi (non solo di welfare). Il dibattito in corso riconosce come ambiti di attività di interesse generale, da un lato, principalmente i servizi7 di welfare (su tutti Vittadini [1998]) e, dall'altro, la cura dei beni comuni (su tutti Arena e Iaione [2012]). Si tratta, anche in questo caso, di prospettive riduttive e fuorvianti. In primis, beni e servizi sono parimenti oggetto dell'attività di interesse generale. D'altro canto, sono attività di interesse generale, per quanto sussidiarietà siano, oltre ai cittadini organizzati, anche le imprese che operano senza fini di lucro nel fornire in modo efficiente servizi al cittadino; la seconda direzione intende rompere il limite invalicabile all'azione dello Stato come all'azione della società civile in termini di equilibrio variabile, stabilito di volta in volta in relazione all'efficiacia e l'efficienza ma anche al grado di sviluppo della società, alla disponibilità di risorse e alla qualità dell'intervento pubblico; la terza direzione propone l'identificazione di “beni di merito”, quali beni di cui tutti i cittadini dovrebbero poter disporre, indipendentemente dalle loro condizioni personali e di reddito, in alternativa ai beni pubblici, quali beni non suscettibili di appropriazione privata ed esclusiva. Così Poggi (2005) ha posto le basi per una riflessione sui soggetti coinvolti dalla sussidiarietà. 6 Per quanto parte del dibattito sulla sussidiarietà contempli anche il ruolo di soggetti che agiscono più propriamente nella sfera privata, il presente lavoro intende concentrare l'attenzione sui soggetti caratterizzati da natura non profit. 7 Si tratti anche di servizi non convenzionali (Balducci, 2004; Cottino, 2009; Cottino, 2003) ovvero quei servizi che, pur erogati da soggetti terzi a quello istituzionale, intercettano l'interesse collettivo (espressione delle comunità locali o di pratiche) non già inserito nelle routine amministrative. 78 I tre elementi chiave di ridefinizione del dibattito 1. Soggetti 2. Iniziative Parte Prima - Sussidiarietà orizzontale • riguarda i servizi, sia la fornitura che la gestione, allo stesso modo, per quanto riguarda i beni, vale la produzione come la gestione/cura. Meccanismi di interazione: solidarietà e reciprocità. Le posizioni del dibattito sono particolarmente incentrate sull'aspetto solidale della sussidiarietà. Seppure quest'ultima sia senz'altro legata alla solidarietà (Ranci, 2006), può esserlo anche alla reciprocità, al mutuo appoggio. La società civile, che si è detto essere attore della sussidiarietà, non è infatti caratterizzata esclusivamente da meccanismi di solidarietà, ma anzi più spesso lo è da meccanismi di reciprocità. Il collegamento dei trasferimenti «[...] è ciò che contraddistingue la reciprocità dalla solidarietà o altruismo puro, che si esprime invece in trasferimenti unidirezionali isolati. D'altro canto, in entrambi i casi i trasferimenti sono indipendentemente volontari» (Zamagni, 1998: 45). In questo senso, i meccanismi di interazione basati sulla reciprocità occupano la posizione intermedia tra scambio di mercato e altruismo puro. Nonostante ciò, «contrariamente allo scambio di mercato e alla coercizione, ma al pari dell'altruismo puro, la reciprocità non può dunque essere spiegata solamente nei termini del paradigma del self­interest: gli aspetti motivazionale e relazionale sono costitutivi della nozione di reciprocità» (Zamagni, 1998: 45). I meccanismi di interazione includono anche l'autorità pubblica. Perchè tra Stato e società civile si instaurino alternativamente meccanismi basati sulla solidarietà e la reciprocità, devono essere verificate tre condizioni (Millon Delsol, 2003: 29): (i) superamento dell'ottica di competenza esclusiva dell'autorità pubblica in relazione all'interesse generale, (ii) fiducia nella capacità della società civile nella promozione di iniziative di interesse generale da parte dell'autorità pubblica ed, infine, (iii) la volontà d'iniziativa e la disponibilità da parte della società civile, il che presuppone che non sia stata «annientat[a] dal totalitarismo o res[a] infantil[e] da uno Stato paternalistico» (Millon Delsol, 1993). In definitiva, l'accoglimento della sussidiarietà ­ secondo gli elementi sin qui riconosciuti ­ comporta una ridefinizione dei ruoli dello Stato e della società civile, in relazione alla promozione di attività di interesse generale. A partire da queste riflessioni, la presente ricerca si propone di declinare la sussidiarietà orizzontale nel campo di applicazione della pianificazione territoriale, attraverso l'indagine di un fenomeno di recente diffusione8 anche nel contesto nazionale. In termini generali, il fenomeno interessa una forma organizzate della società civile, qui definite Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), che manifestano una diffusa e autonoma progettualità, volta ad arginare le problematiche urbane cui 8 Già Millon Delsol riconosce come (2003: 54) «sebbene l'evoluzione storica abbia posto l'uno di fronte all'altro l'individuo e lo Stato, esiste una forte richiesta di azioni comuni: è sufficiente osservare il gran numero di associazioni finalizzate all'interesse generale che nascono spontaneamente nelle società europee». 79 3. Meccanismi di interazione Ridefinizione dei ruoli Il fenomeno Parte Prima - Sussidiarietà orizzontale l'autorità pubblica non sempre riesce a far fronte. In particolare, coerentemente ai suddetti tre elementi chiave, il fenomeno viene indagato rispetto a: • • • Soggetti. Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). Accogliere il concetto di sussidiarietà impone in primo luogo una riflessione sull'evoluzione della società civile. Occorre, infatti, superare l'idea tradizionale secondo cui, ad essere identificati con la società civile, siano esclusivamente il terzo settore e le riconosciute forme di privato sociale. In questo senso, ampliando lo sguardo alle nuove forme aggregative della società, non vuol dire considerare solo quelle forme che hanno finalità solidali verso terzi. In questo senso, vengono riconosciute le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) come “nuovi” soggetti, a base territoriale, appartenenti alla sfera della società civile e promotori di iniziative di interesse generale (§ 4). Iniziative. Beni territoriali. L'azione della società civile nell'interesse generale, in termini territoriali, può avere come oggetto i servizi territoriali e i beni territoriali. Nell'ottica di superare la tradizionale convinzione9, secondo cui la sussidiarietà trovi applicazione unicamente nel campo della fornitura e gestione dei servizi territoriali (come suggeriscono alcune leggi urbanistiche regionali), l'attenzione è in questo caso rivolta alle iniziative che prevedono la produzione, gestione o manutenzione di beni territoriali. In questo senso, le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) sono promotrici di iniziative di progettualità urbanistica, di carattere autonomo e volontario, che si traducono in azioni dirette sui beni territoriali (§ 5). Come auspicato da Tosi (2003)10, si tratta di vere e proprie iniziative di progettualità. Meccanismi di interazione. Il ruolo del soggetto pubblico. I meccanismi di interazione sono validi sia all'interno della società civile che all'esterno, nel rapporto con l'autorità pubblica. In questo senso, l'interesse è posto all'analisi dell'interazione tra le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale e l'autorità pubblica (§ 6). L'interazione risulta una costante nel comportamento delle organizzazioni, al punto da non determinare mai un ritrarsi dell'autorità pubblica. Il ruolo di quest'ultima è, tuttavia, sottoposto ad una continua e necessaria evoluzione. L'indagine svolta nella seconda parte della ricerca si propone dunque di giungere all'interpretazione della sussidiarietà nel campo della pianificazione territoriale, alla luce del fenomeno di progettualità urbanistica di cui le Organizzazioni di Cittadinanza 9 Si tratta di una convinzione condivisa da larga parte della riflessione disciplinare (Karrer e Ricci, 2003), oltre che delle politiche pubbliche. 10 Come già sottolineato, Tosi (2003) afferma infatti che «potrebbe essere interessante distinguere tra pratiche che hanno diverso significato progettuale, ad esempio tra pratiche puramente reattive e pratiche che sviluppano esse stesse dimensioni progettuali, potrebbe essere interessante approfondire come pratiche spontanee possano acquistare gradi di progettualità». 80 I tre criteri di lettura del fenomeno 1. Soggetti ­ OCT 2. Iniziative – beni territoriali 3. Meccanismi di interazione – il ruolo del soggetto pubblico Parte Prima - Sussidiarietà orizzontale Territoriale (OCT) sono protagoniste. In questo senso, l'obiettivo è di contribuire all'analisi degli effetti territoriali di un fenomeno organizzativo della società, a base territoriale, attraverso il riconoscimento delle caratteristiche costitutive del fenomeno: i soggetti promotori, le iniziative di progettualità promosse e il grado di interazione innescato con il soggetto pubblico. Il presupposto è dunque quello di leggere il concetto di sussidiarietà orizzontale al di fuori degli schemi tradizionali11, in considerazione dell'esistenza di un campo d'azione comune alla sfera istituzionale e non istituzionale. In questo senso, la società civile può anche farsi carico di alcuni compiti di interesse pubblico, così come lo Stato all'inverso può assumere dei compiti tradizionalmente privati. Non si tratta dunque di attribuire le competenze in maniera definitiva (tranne in alcuni casi limite: le funzioni della sovranità non possono, per ragioni evidenti, venire affidate alla società), quanto piuttosto di organizzare formalmente le relazioni tra le istanze, fissando dei limiti che rimangono d'altra parte fluttuanti e incerti (Millon Delsol, 1992). 11 Secondo Millon Delsol (1992), il principio di sussidiarietà supera il tradizionale dualismo tra sfera istituzionale e non istituzionale, tipico del liberalismo e del socialismo, «che considera la società civile incapace di lavorare con successo per l'interesse pubblico – solo lo Stato è affidabile al riguardo, i privati sono sempre sospettati di perseguire magari sotterraneamente i loro interessi particolari» (Millon Delsol, 1995: 193). 81 Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) PARTE II Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Al fine di indagare la prospettiva posta dalla sussidiarietà orizzontale nel campo della pianificazione territoriale, il presente lavoro si propone di analizzarne gli effetti attraverso l'analisi di un fenomeno, a base territoriale, in rapida diffusione nel contesto nazionale. Esso consiste nell'insieme di iniziative di progettualità urbanistica promosse da aggregazioni formali di cittadini, qui definite Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). In altre parole, si tratta di un fenomeno, prima di tutto, organizzativo, che assume una dimensione territoriale attraverso la promozione di iniziative di progettualità che coinvolgono beni territoriali. L'analisi del fenomeno, debitamente circoscritto, è stata condotta e qui restituita attraverso una griglia di lettura impostata a partire dai tre criteri emersi dall'analisi teorica: soggetti, iniziative e meccanismi di interazione. L'analisi si è, inoltre, avvalsa di un numero di esperienze nazionali considerate rappresentative del fenomeno. Prima di restituire gli esiti dell'analisi empirica, occorre in primo luogo chiarire (i) gli attributi attraverso cui è stato circoscritto il fenomeno, (ii) i criteri di lettura attraverso cui sono state delineate ed analizzate le caratteristiche costitutive del fenomeno e (iii) i criteri di selezione del campione di esperienze, pari a tredici, utile ad una più approfondita descrizione delle caratteristiche costituitive del fenomeno. Il fenomeno Articolazione dell'analisi empirica Il fenomeno. Tre attributi Al fine di circoscrivere la progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), quale fenomeno complesso per le sue diramazioni e i confini sfumati, si è resa evidente la necessità di individuare alcuni attributi specifici. Tali attributi sono stati derivati, da un lato, dalla rassegna della letteratura che si è finora occupata di sussidiarietà, con particolare riferimento alle iniziative promosse da soggetti della società civile nel campo delle politiche pubbliche (Arena, 2006; Moro, 1998; Moro, 2005; Moro e Vannini, 2008) e delle politiche urbane (Balducci, 2004; Cottino, 2003; Cottino, 2009; Cottino e Zeppetella, 2009; Della Porta, 2004; Paba, 2004)1 e, dall'altro, dall'indagine empirica di un consistente numero di esperienze. Gli elementi che sono risultati divergenti dal confronto (sulla base di una lettura per genus 1 In particolare, Balducci (2004), Cottino (2003 e 2009) e Cottino e Zeppetella (2009) riflettono sulle esperienze di produzione di beni e servizi di welfare urbano dal basso; Paba (2004) sulle pratiche sociali “insurgent” e Della Porta (2004) sul ruolo dei comitati cittadini. 82 Circoscrivere il fenomeno Scelta degli attributi Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e differentiam) sono stati individuati come gli attributi attraverso cui circoscrivere il fenomeno oggetto di studio. In particolare, i tre attributi individuati sono: dimensione territoriale, autonomia e la legalità dell'iniziativa. Il primo dei tre attributi, la dimensione territoriale, emerge in maniera evidente – e perlopiù esplicita ­ nella mission aggregativa, caratteristica distintiva di tutte le organizzazioni della società civile (Donati, 1996), così come nella capacità di promuovere iniziative di progettualità urbanistica. L'oggetto della mission aggregativa delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) è rappresentato da qualsivoglia bene territoriale. Le iniziative di progettualità promosse rappresentano la concretizzazione e il raggiungimento della mission. In questo senso, la stretta relazione che intercorre tra l'oggetto territoriale della mission e la progettualità esclude dal fenomeno tutte quelle esperienze che, pur manifestando una mission aggregativa che ruota attorno a questioni territoriali, sono prevalentemente orientate alla promozione di iniziative di difesa dei diritti – o advocacy2 (Moro, 2005) – minacciati dalle trasformazioni territoriali (es. salubrità, vivibilità, sicurezza e ambiente)3 o al processo di inclusione sociale negli strumenti decisionali che interessano le politiche territoriali4. In definitiva, la dimensione territoriale è un attributo del fenomeno nella misura in cui la mission aggregativa delle OCT è indirizzata ai beni territoriali e, al tempo stesso, strettamente legata alla capacità progettuale che si traduce in iniziative dirette sul bene territoriale prescelto. Il secondo attributo, l'autonomia, è riconoscibile in tutte le forme di attivazione che non siano già inquadrate tra quelle promosse dall'autorità pubbliche (Moro, 2005). In altre parole, le esperienze che appartengono al fenomeno manifestano, da un lato, una ragione volontaria di aggregazione attorno a beni territoriali e, dall'altro promuovono iniziative progettuali, al fine di perseguire la mission prestabilita, senza che vi sia alcuna sollecitazione da parte di autorità pubbliche. Il ricorso al principio autonomistico, tipico della società civile (Colozzi e Donati, 2002) è legato essenzialmente al riconoscimento del rischio di «abitudine alla non autonomia» (Cottino, 2009: 33) che sembra essere il principio regolatore del rapporto 2 Secondo Moro (2009b e 2005) sono, ad esempio, azioni di advocacy: le fiaccolate, il monitoraggio costante delle questioni pubbliche e la raccolta di segnalazioni da parte dei cittadini ed eventuali altri soggetti della società, le petizioni, così come l'interazione diretta con i responsabili politici. 3 Su questo argomento si veda il lavoro di Della Porta (2004). I comitati di cittadini sono infatti considerati come «gruppi organizzati, ma debolmente strutturati, formati da cittadini che si riuniscono su base territoriale e utilizzano prevalentemente forme di protesta per opporsi ad interventi che ritengono danneggerebbero la qualità della vita sul loro territorio o chiedere miglioramenti di essa» (Della Porta, 2004: 7). 4 Nel delineare le caratteristiche del fenomeno di Organizzazioni Civiche (OC), parimenti parte della sfera della società civile come le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), Moro (2005) sottolinea la triplice natura della mission aggregativa: «[...] rendere effettivi i diritti proclamati nelle leggi o consolidati nella coscienza comune; prendersi cura dei beni comuni, proteggendoli, espandendoli e rendendoli fruibili; mettere i cittadini stessi in condizioni di essere protagonisti della loro vita attraverso l'azione civica» (Moro, 2005: 145). 83 Tre attributi 1. Dimensione territoriale 2. Autonomia Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) tra società civile e Stato. Per questa ragione, l'autonomia, va di pari passo con la possibilità di reagire creativamente alle sollecitazioni del contesto, generando innovazione. D'altro canto, la non autonomia non è considerata di per sè un elemento negativo, né un impedimento all'interazione tra sfera della società civile, promotrice delle iniziative, e sfera dell'autorità pubblica. Ciò che certamente può determinare la mancata autonomia è, tuttavia, un vincolo alla spontaneità dell'aggregazione nonchè alla natura e agli effetti delle iniziative di progettualità promosse sul territorio. In questo senso, l'attributo dell'autonomia esclude dal fenomeno in oggetto tutte quelle esperienze che, pur vedendo protagoniste aggregazioni della società civile, promuovono iniziative indirizzate a beni territoriali sulla base di input istituzionali. Il terzo attributo, la legalità, è identificabile nel rispetto generale delle norme, sia per quanto concerne i soggetti che le iniziative promosse. Tale criterio esclude dal fenomeno tutte quelle esperienze che promovuono iniziative indirizzate alla cura di beni territoriali all'insegna dell'informalità e dell'illegalità. Ne sono un esempio le esperienze di produzione di beni e servizi pubblici dal basso ­ indagate da Balducci (2004), Cottino e Zeppetella (2009), Paba (2004) ­ definitite da Tosi (2003) come pratiche “impreviste”, «fenomeni urbani spontanei, informali e autorganizzati che si sviluppano negli interstizi delle nostre città». Tali esperienze si basano perlopiù su iniziative ai margini della legalità5 che, solo una volta rivelatesi efficaci, hanno finito per attirare l'attenzione delle autorità pubbliche (Cottino e Zeppetella, 2009). Le esperienze che rientrano nel fenomeno in oggetto sono, al contrario, basate sulla legalità. Si tratta di esperienze che, da un lato, si riconoscono in una qualsivoglia forma legale e, dall'altro, promuovono iniziative che si muovono all'interno del quadro regolativo istituzionale. 3. Legalità Le caratteristiche del fenomeno. Criteri di lettura Chiariti gli attributi attraverso i quali circoscrivere il fenomeno di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), vengono delineati i criteri di lettura attraverso cui sono state analizzate le caratteristiche costitutive del fenomeno. Tali criteri, dedotti dagli elementi chiave emersi dall'analisi teorica della prospettiva posta dalla sussidiarietà orizzontale, si articolano in: soggetti, iniziative e meccanismi di interazione. In questo senso, le caratteristiche del fenomeno in oggetto sono state dunque analizzate, e qui restituite, seguendo i tre criteri menzionati. In particolare, le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), per quanto riguarda i soggetti coinvolti; la progettualità urbanistica, in relazione alle iniziative promosse e il rapporto 5 Per una rassegna di alcune esperienze, nel contesto milanese, si veda Cognetti, Cottino e Rabaiotti (2004). 84 Individuare i criteri di lettura I criteri Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) con l'autorità pubblica, per quanto concerne i meccanismi di interazione. Ciascun criterio è stato ulteriormente declinato in sottocriteri di lettura a chiarire più adeguatamente le caratteristiche del fenomeno. Sul fronte dei soggetti, i sottocriteri individuati sono: la mission attorno a cui si sviluppa l'aggregazione, la forma di riconoscimento giuridico ed, infine, la scala di aggregazione dell'organizzazione. Sul fronte delle iniziative, i sottocriteri individuati sono: la categoria di bene territoriale oggetto dell'iniziativa, la tipologia d'azione promossa ed, infine, la forma di finanziamento attraverso cui l'iniziativa viene realizzata. Sul fronte dei meccanismi di interazione, l'unico sottocriterio è rappresentato dal rapporto instaurato tra l'organizzazione e l'autorità pubblica, con particolare riferimento al ruolo assunto da quest'ultima. L'insieme dei criteri e sottocriteri costituisce la griglia di lettura (§ Tab. 4) attraverso cui è stata condotta, e qui restituita, l'analisi delle caratteristiche costitutive del fenomeno. L'obiettivo finale è, dunque, quello di contribuire alla tematizzazione del fenomeno in relazione alle prospettive poste dall'accoglimento della sussidiarietà. I sottocriteri Griglia di lettura Tab. 4 Griglia di lettura delle caratteristiche del fenomeno Mission Soggetti Forma giuridica Scala d'azione Categoria di bene Criteri territoriale Iniziative Tipologia d'azione Forma di finanziamento Meccanismi di interazione Ruolo del soggetto istituzionale Le esperienze L'analisi delle caratteristiche del fenomeno di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), condotta attraverso la griglia di lettura (§ Tab.4), viene supportata da una serie di esperienze nazionali considerate rappresentative. Stando alla recente diffusione del fenomeno nel nostro Paese, testimoniata da più parti (Moro, 2005; Moro, 2009; Moro e Vannini 2008), il problema resta quello di capire come individuare le esperienze da analizzare. In particolare: come muoversi nel 85 Selezionare le esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) grande mare delle esperienze di progettualità urbanistica promosse da Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT)? Come scegliere, tra di esse, quelle su cui concentrare l'attenzione? Posto che tutte le esperienze indagate rispettano gli attributi propri del fenomeno – quali, dimensione territoriale (nella mission e nella promozione di iniziative di progettualità urbanistica), autonomia e legalità dell'azione ­ la selezione delle esperienze più rappresentative ha inteso restituire la varietà e complessità del fenomeno. In altre parole le esperienze selezionate, pur condividendo alcuni attributi comuni differiscono per distribuzione geografica, scala dell'esperienza e articolazione delle caratteristiche. La varietà nella distribuzione geografica, forse l’aspetto più banale, intende sottolineare la diffusione del fenomeno su tutto il contesto nazionale. Il campione di esperienze selezionate è, dunque, rappresentato da esperienze localizzate equamente nel nord, centro e sud d'Italia (§ Fig. 1). A questo proposito, resta valida la considerazione generale, condivisa da più parti (Arena e Cotturri, 2010; Colozzi e Donati, 2001; Colozzi e Donati, 2002; Moro e Vannini, 2008; Putnam, 1993), secondo cui lo spirito civico che accompagna la nascita delle organizzazioni della società civile sia maggiormente sviluppato nelle regioni del nord e vada diradandosi, man mano che ci si addentra nelle regioni meridionali. Fig. 1 Distribuzione geografica delle esperienze selezionate 86 Restituire la complessità del fenomeno per... ...Distribuzione geografica... Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) La molteplicità di scala delle esperienze intende riconoscere l'esistenza del fenomeno in tutti i contesti urbani, siano essi di grande, media o piccola dimensione. Resta valida, anche in questo caso, la considerazione secondo cui le esperienze risultano maggiormente concentrate nei contesti urbani di grandi dimensioni. In questo senso, il campione di esperienze selezionate include esempi localizzati nelle maggiori aree metropolitane della penisola, quali Milano, Genova, Bologna, Roma, Napoli e Palermo. Infine, il campione di esperienze selezionate ha inteso restituire la varietà di possibili articolazioni delle caratteristiche del fenomeno in oggetto. A questo proposito, l'analisi delle singole caratteristiche si avvarrà dei riferimenti diretti alle esperienze selezionate. L'obiettivo è quello dimostrare come, pur a partire da alcuni elementi distintivi comuni all'intero fenomeno, ciascuna esperienza possa manifestare numerose specificità. Ciò premesso, segue l'elenco delle tredici esperienze selezionate e ordinate da nord a sud (§ Tab. 5 e Fig. 1). ...Scala del contesto urbano... ...Varietà di caratteristiche Tab. 5 Esperienze selezionate N° Denominazione OCT Regione ­ Provincia 1 La Città del Sole – Amici del Parco Trotter Lombardia ­ Milano 2 Erba Voglio Liguria ­ Genova 3 Associazione Giardini del Guasto Emilia Romagna ­ Bologna 4 Sette Colli ­ Pari Toscana – Grosseto 5 Comitato Antidegrado Ascoli Piceno Marche – Ascoli Piceno 6 Vivi il borgo Umbria ­ Perugia 7 Quelli che il parco... Lazio ­ Roma 8 Salviamo i Castelli Romani Lazio ­ Roma 9 Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano Campania ­ Napoli 10 CleaNap Campania ­ Napoli 11 Gruppo Rinascita Città (GRC) Campania ­ Caserta 12 Associazione Parco Uditore Sicilia ­ Palermo 13 Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia ­ Palermo Sicilia Occorre precisare che le tredici esperienze selezionate, oggetto di approfondimento, non intendono rappresentare un campione statisticamente rappresentativo del 87 Alcuni chiarimenti Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) fenomeno6 di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). La ragione è essenzialmente legata all'impossibilità di conoscere sia le caratteristiche dell’universo di riferimento, sia la diffusione e la distribuzione sul territorio nazionale del fenomeno. Le esperienze selezionate non vanno nemmeno considerate come best practices riproducibili. Nonostante si tratti di esperienze virtuose, da cui c’è molto da imparare, non sono state scelte come le “migliori” né da classificare in alcun modo. Esistono sicuramente in Italia altre esperienze (alcune note, altre no) altrettanto, o anche più, meritevoli di quelle selezionate. L'obiettivo di tale selezione non è dunque quello di segnalare buoni esempi da replicare, quanto di restituire un'idea del fenomeno attraverso il supporto di alcune esperienze considerate rappresentative. L'indagine empirica delle esperienze selezionate ha adottato una strategia di ricerca di tipo “non partecipante”. In altre parole, l'indagine esplorativa è stata condotta sulla base di dati e informazioni disponibili, senza alcuna interazione tra osservatore e fenomeno osservato. Le fasi di ricerca hanno dunque previsto: raccolta, elaborazione ed analisi dei dati e restituzione dei risultati. Dati e informazioni sono state desunti da fonti di tipo diretto, ad esempio la letteratura grigia prodotta direttamente dalle organizzazioni, ed indiretto, a partire dalla rassegna della letteratura sul tema. In questo senso, sono stati consultati i principali documenti, di tipo formale, attraverso cui si riconoscono le varie organizzazioni e il materiale prodotto a sostegno delle iniziative di progettualità promosse, reso pubblico a mezzo web. A ciò si aggiunge la rassegna compiuta attraverso le fonti media (ad esempio, testate giornalistiche e telegiornali locali). A questo proposito, è necessario evidenziare quanto la natura stessa dell'indagine abbia comportato una particolare cautela nell'interpretazione dei risultati. L'approccio all'indagine resta dunque fortemente interpretativo, mirato a cogliere la natura e i caratteri di un fenomeno in essere – e in continua evoluzione ­ nella nostra società. Seguono le caratteristiche costitutive del fenomeno di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), restituite secondo i criteri di lettura che hanno guidato l'analisi e con l'ausilio del riscontro empirico. L'analisi empirica viene, inoltre, restituita attraverso una lettura comparata delle tredici esperienze selezionate, in una matrice di confronto (§ Tab. 10), e una lettura dettagliata delle singole esperienze, in schede di dettaglio (§ Allegato). 6 Già Lichterman (2002) riconosce l'assenza di dati affidabili sulla società civile. Così Moro e Vannini (2008), in occasione del Civil society index (Csi) di Civicus, ribadiscono l'assenza di dati sui fenomeni organizzativi appartenenti all'universo della società civile, nel contesto nazionale così come in quello internazionale. I dati ufficiali (es. Istat) sono perlopiù focalizzati su fenomeni ristretti, individuati secondo le forme giuridiche (es. associazioni di volontariato, cooperative sociali, ecc.), oppure su un universo informe quale è quello delle organizzazioni non profit. 88 L'analisi delle esperienze Matrice di confronto e schede di dettaglio Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) CAPITOLO 4 Soggetti. Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Il primo criterio, posto dalla prospettiva della sussidiarietà orizzontale e attraverso cui viene analizzato il fenomeno, è rappresentato dai soggetti, le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). L'indagine si propone, in particolare, di avanzare una definizione di Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (§ 4.1) e riconoscerne una serie di caratteristiche costitutive (§ 4.2). 4.1 Dalla società civile alle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Indagare fenomeni appartenenti alla sfera della società civile comporta una difficoltà implicitamente legata alla complessità dell'intero universo di riferimento7. Come ricordano Moro e Vannini (2008), la complessità ha spesso determinato un eccesso di semplificazione ­ anche in ambito scientifico ­ nell'identificazione dell'intera società civile esclusivamente con alcune forme organizzative. A partire dall'analisi della letteratura nazionale ed internazionale, quest'aspetto è quanto mai evidente per quanto riguarda le organizzazioni di volontariato e le imprese sociali, quando vengono analizzate come erogatrici di servizi, o anche per i movimenti sociali rispetto, ad esempio, al tema della partecipazione democratica o del conflitto. Le principali ricerche sinora condotte in ambito nazionale sulla società civile restituiscono riflessioni, in termini generali, in relazione alla (i) evoluzione del concetto nel suo complesso (Colozzi e Donati, 1994; Colozzi e Donati, 2001; Colozzi e Donati, 2002; Donati, 1996; Donati, 1997) e (ii) salute del tessuto associativo8 (Putnam, 1993). D'altro canto, l'attenzione è stata recentemente focalizzata su specifici aspetti 7 Lo dimostrano, in primis, le molteplici definizioni associate alla società civile. Secondo Lichterman (2002: 40), molti tra i pensatori sociali e politici concordano nell'identificarla con «l'ambito delle associazioni volontarie non riconducibili alla famiglia, allo Stato e all'economia». Tocqueville (1935-40) considera parte della società civile le “associazioni commerciali e industriali”, private perchè esterne allo Stato. Tra i contemporanei, Walzer (1992: 105) definisce la società civile come quel mondo in cui «le persone sono connesse le une alle altre e sono reciprocamente responsabili». 8 La ricerca di Putnam (1993) ha evidenziato come alcune regioni italiane siano dotate di una rete capillare di associazioni e di un complesso di norme che richiedono un forte impegno civile, mentre altre siano dominate da una struttura politica verticale, una vita pubblica caratterizzata dalla frammentazione e dall'isolamento e da una generale cultura della sfiducia. Il tasso di impegno civico italiano viene strettamente associato da Putnam al grado di sviluppo economico e sociale, tanto che le regioni che dimostrano di essere dotate di civismo sembrano essere solo quelle prospere, benestanti e industriali. 89 L'universo della società civile Semplificazione Riflessioni in ambito nazionale Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) fenomenologici della società civile, quali (iii) la non profitness (Ranci, 1999; Zamagni, 1998), (iv) la conflittualità posta da forme di aggregazione riconosciute, quali ad esempio i comitati9 (Della Porta, 1996; Della Porta, 2004), nel campo delle politiche urbane e territoriali (Bobbio e Dansero, 2008) ed, infine, (v) l'attivismo civico (Arena, 2006; Moro e Vannini, 2008), con riferimento alle pratiche urbane spesso motori di produzione dal basso di politiche di welfare urbano (Balducci, 2004; Cellamare, 2011; Cottino, 2009; Cottino e Zeppetella, 2009; Crosta, 2009; Crosta, 2010). In ambito internazionale, la riflessione, perlopiù statunitense, è particolarmente focalizzata sul ruolo e sulla natura delle cosiddette “associazioni volontarie”, più o meno identificate con il settore non profit (Cohen e Arato, 1992; Ferguson, 1969; Glaser e Sills, 1966; Gordon, Beito e Tabarrock, 2002; Salamon e Anheier, 1994; Verba, Lehman Schlozman e Brady, 1995; Wildavsky, 1993). In questo caso, il tentativo di formulare una definizione e riconoscere le principali tipologie di aggregazione ­ sulla base delle caratteristiche di volontarietà, autonomia e dimensione privata (Ranci, 1999) ­ ha contribuito alla costruzione di una mappa complessa di realtà, seppure spesso troppo vicine e poco differenti l'una dall'altra, specie per quanto concerne finalità, attività, funzioni e struttura (Donati, 1996). La complessità della società civile si riflette, altresì, sul piano della semantica (Moro, 2005) a causa della quantità di denominazioni10, valide sia in ambito nazionale che internazionale, inefficaci per svariate motivazioni11. Ciò è particolarmente valido se si fa riferimento ai soggetti che manifestano capacità di progettualità in relazione a questioni appartenenti alla sfera istituzionale. In altre parole, già solo a fermarsi alla semantica, sembra difficoltoso definire un fenomeno, parte di un universo ampio e di per sé complesso. Secondo Moro (2005: 115) concettualizzare un fenomeno organizzativo della società rappresenta, infatti, «[...] un nodo difficile da sciogliere, probabilmente perchè esso è nella realtà, prima e più che nelle teste di ricercatori e soggetti coinvolti». D'altro canto, la riflessione sulla sfera della società civile torna oggi al centro di attenzione pubblica ed interessi disciplinari. In particolare, il contesto italiano presenta oggi un ritorno di centralità della società civile per via di un quadro che vede un pulsare di iniziative locali, gruppi e associazioni impegnate direttamente nel rispondere «a bisogni specifici, individuati con precisione sul territorio» (Ranci, 1999: 148). 9 La ricerca di Della Porta (2004: 7) riconosce nel comportamento dei comitati cittadini la sidrome NIMBY perlopiù legata «[...] a motivazioni egoistiche e materialiste, tendenzialmente di resistenza al mutamento sociale». 10 Secondo Moro (2005) le denominazioni più in uso sono: volontariato, organizzazioni di volontariato, associazioni, associazionismo, terzo settore, organizzazioni non profit, Onlus, società civile, organizzazioni della società civile, organizzazioni comunitarie, movimenti di base, movimenti sociali, imprese sociali, organizzazioni dell'economia sociale, organizzazioni filantropiche, organizzazioni sussidiarie, organizzazioni non governative (Ong), organizzazioni intermedie/intermediare, settore informale, privato sociale, organizzazioni di consumatori, ambientalisti e malati. 11 Sempre secondo Moro (2005) le denominazioni in uso sono: eccessive e sconfinanti (es. società civile, Ong e Onlus o associazionismo), riduttive (es. movimenti o volontariato e organizzazioni sussidiarie ma anche privato sociale), monodimensionali o settoriali (es. impresa sociale), negative o residuali (es. Ong e Onp, ma anche terzo settore e privato sociale), generiche o ambigue (es. volontariato e società civile), valutative o ideologiche (es. volontariato, troppo legato al concetto di altruismo). 90 Riflessioni in ambito internazionale Semantica della società civile Difficoltà di concettualiz­ zazione Rinnovato interesse Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Il presente lavoro tiene in conto tale ritorno di centralità della società civile, senza tuttavia assumere un approccio di tipo universalistico. In altre parole, pur assumendo la complessità dell'universo della società civile, si propone di seguito un'interpretazione critica del primo criterio posto dalla prospettiva della sussidiarietà orizzontale – i soggetti coinvolti ­ attraverso l'analisi di una specifica forma aggregativa, qui definita Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT). In questo senso, gli obiettivi principali sono, da un lato, l'identificazione di una definizione semantica e, dall'altro, il riconoscimento e l'analisi delle caratteristiche costitutive. L'indagine si propone, dunque, come contributo alle riflessioni sull'universo della società civile. Tenendo fede ai tre attributi attraverso cui si è circoscritto il fenomeno ­ dimensione territoriale (espressa nella mission e nella progettualità urbanistica), autonomia e legalità – la definizione di Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) include: Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale Organizzazione. La propensione all'aggregazione rappresenta la manifestazione della volontà dei singoli individui di riconoscersi in regole e valori condivisi attraverso meccanismi di interazione basati sulla cooperazione reciproca. Come già riconosciuto da Tocqueville (1835­40), le aggregazioni della società hanno le più disparate ragioni aggregative («[...] di mille tipi diversi: religiose, morali, serie, futili, molto generali e molto specifiche, grandissime e molto piccole» e diffondono tra i partecipanti il senso della cooperazione, della solidarietà e dell'impegno sociale. L'aggregazione acquista natura formale allorquando si riconosce in una qualsivoglia forma giuridica. In questo senso, le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) sono aggregazioni sociali caratterizzate da riconoscimento giuridico. Cittadinanza12. Gli individui che si riuniscono in organizzazioni sono, innanzitutto, cittadini che, anche attraverso l'aggregazione, esercitano i loro diritti di cittadinanza nel senso più originario. Già Putnam (1993) aveva riconosciuto come il diritto di cittadinanza in una comunità civica si acquisisce, prima di tutto, partecipando attivamente alla vita comune, dimostrando impegno civico. Così Walzer (1992) individua segni inequivocabili della vita civile nell'interesse per le questioni riguardanti la vita pubblica e la partecipazione ai problemi della comunità. Seppure l'interesse che muove all'aggregazione dei soggetti sia inizialmente di tipo individualistico, non si tratta di un interesse miope quanto piuttosto volto all'interesse generale. Secondo Putnam (1993: 104), «i cittadini di una comunità civica, sebbene non siano la quintessenza dell'altruismo, vedono la realtà comune come qualcosa di più di un campo di battaglia dove si lotti solo per ottenere vantaggi personali. [...] I cittadini di una comunità civica, secondo l'opinione più corrente, non solo sono Organizzazione • • 12 E' ben chiara la definizione di cittadinanza nel senso di appartenenza ad una comunità politica, definita dalla presenza di uno Stato. Qui l'accezione è più strettamente connessa all'appartenenza sociale e civica (Lichterman, 2002). 91 Obiettivi Definizione Cittadinanza Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • attivi, mossi da senso civico e uguali tra loro: sono dotati anche di virtù civili, si aiutano l'un l'altro, si rispettano e si stimano, anche quando la loro opinione differisce riguardo a questioni importanti. [Così] Anche transazioni all'apparenza “basate sull'interesse privato” assumono un aspetto diverso se sono inserite in una rete di rapporti sociali atti a promuovere fiducia reciproca. Un tessuto comunitario basato sulla fiducia facilita il superamento di ciò che gli economisti chiamano 'opportunismo', situazione in cui gli interessi comuni non si realizzano poiché tutti, agendo mossi da un individualismo diffidente, sono portati ad abbandonare qualunque azione collettiva». D'altro canto seguendo Moro (2005), la cittadinanza – nella sua dimensione realistica – rappresenta un processo di apprendimento, ovvero di socializzazione di un individuo ragionevolmente egoista ed autointeressato all'importanza dell'interesse generale, al senso della reciprocità e dell'interdipendenza13. In questo senso, le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), pur basate sull'egoismo e l'autointeresse nel benessere generale, sono espressione di cittadinanza nel senso in cui partecipano alla vita della comunità, promuovendo iniziative di interesse generale. L'aggregazione e la promozione di iniziative di interesse generale sono, tuttavia, di natura volontaria e, dunque, in alcun modo sollecitate dall'autorità pubblica. Territoriale. La specificità posta dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), in relazione all'universo della società civile, è insita nella dimensione territoriale. Tale dimensione è esplicita nella mission dell'aggregazione e nella promozione di iniziative a base territoriale. La mission ha come oggetto beni territoriali, considerati parte dell'interesse generale. La promozione di iniziative a base territoriale, d'altro canto, concretizza la tensione progettuale insita nella mission aggregativa. Sulla scorta di tali considerazioni, è possibile definire le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) come aggregazioni volontarie, non a scopo di lucro, di cittadini che promuovono iniziative di progettualità urbanistica indirizzate a beni territoriali nell'interesse generale. Segue l'analisi dettagliata delle caratteristiche delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), secondo i sottocriteri quali mission, forma di riconoscimento giuridico e scala d'azione, e attraverso il riscontro empirico a partire dall'analisi delle tredici esperienze selezionate. 13 Sulle organizzazioni di cittadinanza attiva Moro (2005: 95) afferma «da un lato, infatti, nell'altruismo della cittadinanza attiva c'è molta (sana) autorealizzazione: sostenere le persone in difficoltà o battersi per una causa che riguarda ingiustizie da superare è qualcosa che può largamente ripagare, in termini di gratificazione e di riconoscimento sociale, il tempo e le energie investite. Dall'altra parte, l'egoismo che spesso viene rimproverato a cittadini che si attivano, ad esempio per difendere un'area verde dalla speculazione edilizia o un territorio dall'inquinamento, può avere un forte legame con l'interesse generale: si diventa cittadini attivi perchè si capisce che propri legittimi interessi o diritti individuali non si possono difendere senza prendersi cura dell'interesse generale e condividendo il destino di molti». 92 Territoriale Definizione di OCT Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) 4.2 Caratteristiche 4.2.1 Mission La mission, caratteristica distintiva di tutte le forme di aggregazione sociale (Donati 1996), e dunque anche delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), rappresenta la motivazione attorno alla quale più soggetti scelgono volontariamente ed autonomamente di aggregarsi. Perlopiù esplicita, la mission può essere o meno formalizzata. Nel primo caso, si trova ad essere resa manifesta attraverso i documenti ufficiali che riconoscono formalmente l'organizzazione. Si tratta, perlopiù, di documenti ufficiali (statuti o manifesti) che seguono la forma giuridica assunta. E' quanto accade per le OCT La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter e Salviamo i Castelli Romani, che formalizzano la propria mission aggregativa nei documenti statutari (rispettivamente all'art. 4 e all'art.2), e il Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano e Gruppo Città Rinascita (GCR) che si appoggiano invece all'atto costitutivo delle rispettive forme giuridiche. Nel secondo caso, quando la mission non è formalizzata, lo scopo dell'aggregazione è ravvisabile nella documentazione non ufficiale – ma resa disponibile attraverso i canali di comunicazione virtuali14 ­ autonomamente prodotta dalle organizzazioni. Un esempio in questo senso è rappresentato dalle OCT Associazione Giardini del Guasto (http://associazionegiardinodelguasto.blogspot.it), Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia (Cosa è il Comitato per il Bene Collettivo) e Associazione Parco Uditore (http://www.uparco.org). L'obiettivo attorno al quale si aggregano le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) ha, per definizione, una dimensione territoriale. Tale dimensione può esplicitarsi, tuttavia, nell'interesse dell'aggregazione verso la cura di un qualsivoglia bene territoriale. In questo senso, Dahrendorf (2006) sottolinea la pluralità gli obiettivi attorno ai quali può nascere una spontanea e volontaria aggregazione di cittadini (a partire dalle questioni strettamente ambientali, per arrivare alle forme di tutela e gestione dello spazio pubblico, così come del patrimonio artistico e monumentale). Così Moroni (2007), riconosce alcune delle finalità aggregative, a base territoriale, nella salvaguardia dei luoghi di pregio ambientale, nella difesa e nella promozione delle tradizioni costruttive e nel sostegno al restauro di monumenti o la salvaguardia di opere d'arte. Infine, Brunetta (2011) evidenzia la tendenza delle “formali sociali spontanee” nell'aggregarsi attorno alla cura di beni collettivi territoriali (es. ambiente, risorse, 14 Dal punto di vista della comunicazione, secondo Moro e Vannini (2008), il web rappresenta uno strumento molto importante per le organizzazioni civiche, in quanto canale di interrelazione e cooperazione con altri soggetti al fine di coordinare iniziative comuni. Ciò è altrettanto vero per le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). 93 Definizione di mission Carattere formale Pluralità della mission Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) sicurezza, vivibilità urbana, qualità dei servizi pubblici, ecc.). La mission dichiarata dalle tredici esperienze selezionate conferma quanto appena detto. In particolare, i documenti di alcune Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) evidenziano come obiettivi dell'aggregazione: • • • • Esempi di mission La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter: «1. Conservare, tutelare e valorizzare l'intero patrimonio del Parco scolastico ex Trotter ­ ambientale, naturalistico, architettonico, didattico ­ educativo, culturale ­ quale bene irrinunciabile per l'utenza scolastica, il quartiere e la cittadinanza […]; 2. conservare, recuperare, tutelare e valorizzare tutte le strutture del Parco Trotter» (art.4 Statuto de La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter, 2000). Salviamo i Castelli Romani: «[...] Promuovere la valorizzazione e la dichiarazione d’esistenza del Territorio dei Castelli Romani, inteso come patrimonio di tutti e bene comune, attraverso la realizzazione di una Rete, il FORUM PER I CASTELLI ROMANI, che dal basso, in un contesto libero da appartenenze, barriere ideologiche e personalismi abbia l’obiettivo primario di: coinvolgere cittadini e forze sociali; attivare comunicazioni e partecipazione democratica; diffondere e condividere conoscenze ed esperienze; attivare reti di interconnessione tra attività economiche, culturali e sociali del territorio dei Castelli Romani» (art.2 Statuto de Salviamo i Castelli Romani, 2011). Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano: «[...] Tutelare il Parco Pubblico Giovanni Paolo II di Pomigliano d'Arco come Bene Comune appartenente all’intera cittadinanza. […] Salvaguardare l'aspetto e le finalità del Parco Pubblico così come da progettazione originaria intervenendo eventualmente su quelle parti del parco che sono non sostenibili in maniera manifesta; elaborare un piano di riqualificazione e manutenzione del Parco alternativo a quello dell'amministrazione comunale, che tenda alla sostenibilità economica dell'intera struttura senza stravolgerne l'aspetto, ricorrendo eventualmente anche a forme non invasive di partecipazione privata» (Atto costitutivo de Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, 2011). Gruppo Città Rinascita15: «1) Studio e pratica della democrazia diretta, partecipativa e deliberativa; 2) promuovere studi e progetti, sul piano storico, estetico, urbanistico, tecnico, economico, finanziario e legislativo, per la salvaguardia, il recupero e la valorizzazione culturale ed ambientale della città di Sessa Aurunca e del suo territorio; promuovere inoltre studi e progetti sulla riqualificazione urbana, ambientale e territoriale, sulla riutilizzazione e gestione del patrimonio edilizio e storico, sulla conservazione e riqualificazione del centro storico della città» (Atto Costitutivo de Gruppo Città Rinascita, 2011). Alla mission principale possono affiancarsi finalità apparentemente collaterali che 15 Emblematica in questo senso, la denominazione di “associazione di valorizzazione del territorio” che la stessa OCT avanza nella documentazione (http://www.gruppocittarinascita.it). 94 Mission collaterali Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) contribuiscono al raggiungimento dello scopo principale e, spesso, ne ampliano la portata. Tali finalità di tipo collaterale si riconoscono principalmente nella promozione di una molteplicità di iniziative quali, ad esempio, attività di tipo informativo­educativo (La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter, Erba Voglio, Quelli che il Parco) e culturale­ricreativo (Associazione Vivi il Borgo), o anche rivolte alla tutela della sicurezza urbana (Associazione Giardini del Guasto), alla ripresa economica (Sette Colli – Pari), alla promozione territoriale (Salviamo i Castelli Romani), alla salvaguardia del patrimonio (Associazione Giardini del Guasto, Comitato per il Parco pubblico di Pomigliano) e alla promozione di strumenti partecipativi (Gruppo Rinascita Città, Comitato per il Parco pubblico di Pomigliano). In particolare, come si evince dai documenti di alcune Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT): • • • • • Esempi di mission collaterali La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter: «3. sostenere, contribuire a sviluppare e potenziare le attività didattico­educative della Scuola del Trotter; 4. promuovere forme associative di cooperazione culturale e sociale a partire dal parco Trotter ma rivolte al quartiere e alla città» (art.4 Statuto de La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter, 2000). Vivi il borgo: «realizzare un programma di iniziative culturali e ricreative, mediante l’incontro e la conoscenza fra i cittadini di qualsiasi nazionalità » (art.3 Statuto de Vivi il borgo, 2010). Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano: «Sensibilizzare l'amministrazione comunale ad attivare strumenti di partecipazione per coinvolgere la cittadinanza negli interventi che si intendono realizzare nell'area del Parco; […] sensibilizzare i cittadini e qualsiasi altra realtà aggregativa sul territorio alla partecipazione attiva, invitandoli a prendere parte ai lavori del Comitato o a promuovere qualsiasi altro tipo di iniziativa utile all'approfondimento del tema e alla tutela del Parco» (Atto costitutivo de Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, 2011). Gruppo Città Rinascita: «1) Studio e pratica della democrazia diretta, partecipativa e deliberativa» (Atto Costitutivo de Gruppo Città Rinascita, 2011). Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia: «per promuovere consapevolezza, per diffondere nuovi modelli di pensiero e di azione, come strumento di partecipazione responsabile da parte di tutti i cittadini alla gestione della comunità» (Cosa è il Comitato per il Bene Collettivo de Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia, 2011). Al fine di perseguire simili finalità, le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) ricorrono a concetti che confermano, da un lato, la volontà di agire nell'interesse generale e, dall'altro, la capacità di agire attraverso iniziative di progettualità (urbanistica). Accade dunque che le finalità aggregative tengano in conto significati quali, ad esempio, la responsabilità civile (Associazione Parco Uditore, CleaNap), la cittadinanza attiva e il bene comune (Comitato per il Parco pubblico di Pomigliano, 95 Significati assunti Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Gruppo Rinascita Città, Salviamo i Castelli Romani, Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia) ma anche la sussidiarietà16 (Gruppo Rinascita Città) e la creatività (Associazione Parco Uditore). In conclusione, la mission territoriale rappresenta una caratteristica costitutiva del fenomeno di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). Sempre esplicita, e più o meno formalizzata, la mission ha come oggetto d'interesse la cura di un qualsivoglia bene territoriale. Accanto a tale finalità principale, una serie di finalità collaterali concorrono ad ampliare il ruolo dell'organizzazione nei confronti del bene oggetto d'interesse. In sintesi 4.2.2 Forma giuridica La forma giuridica in cui una Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) può riconoscersi sembrerebbe, all'apparenza, una caratteristica accessoria del fenomeno. In realtà, essa costituisce un elemento di riflessione importante se si considera che, prima che la sussidiarietà facesse il suo ingresso nella Costituzione (L. 3/2001), le iniziative promosse da cittadini in favore di beni territoriali potevano essere – e spesso lo sono state – multate dalle autorità pubbliche (Moro, 2005; Moro e Vannini, 2008). In termini generali, l'ordinamento giuridico nazionale riconosce il diritto di associazione17 in forme riconosciute e non riconosciute. In questo senso, esistono organizzazioni della società civile che sono giuridicamente riconosciute e organizzazioni che non lo sono (Moro e Vannini, 2008). L'insieme delle forme giuridiche riconosciute rappresenta un quadro complesso (§ Tab. 6). Di seguito, le norme si dimostrano spesso deficitarie, sovrapponibili e poco chiare18. Secondo Moro (2005), ciò è principalmente dovuto a tre differenti origini e caratterizzazioni normative, tra loro alternative: • • • il codice civile (Titolo II – Delle persone giuridiche), per quanto concerne le associazioni, le fondazioni, i comitati e le cooperative; la legislazione fiscale, per quanto concerne le Organizzazioni non Lucrative di Utilità Sociale (Onlus); la legislazione di settore, per quanto concerne le associazioni di volontariato, le organizzazioni non governative (Ong), le organizzazioni ambientaliste, i 16 A questo proposito, occorre precisare che solo una delle tredici esperienze selezionate riconosce la sussidiarietà come concetto basilare alla promozione di iniziative di interesse generale. 17 La libertà di associazione - insieme alla libertà personale, di opinione e riunione - costituisce secondo Bobbio N. (1984: 6) una delle “quattro libertà dei moderni” come «[...] regole preliminari che permettono lo svolgimento del gioco». 18 A livello regionale, le norme appaiono polarizzate su due tendenze. Da un lato vi sono le regioni che hanno riconosciuto l'associazionismo in quanto tale, indipendentemente dal settore concreto dell'attività svolta (è il caso della Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, oltre alla proposta del Piemonte); dall'altro, è ancora forte la tendenza a dare alle associazioni un riconoscimento settoriale, generalmente riferito all'ambito delle associazioni culturali (Marche, Calabria), o culturali-sportive-ricreative (Veneto) (Moro, 2005). 96 Importanza della forma giuridica Forme previste dall' ordinamento Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) movimenti di consumatori, le cooperative sociali e le associazioni di promozione sociale (Aps). Tab. 6 Forme giuridiche dell'associazionismo riconosciute dall'ordinamento nazionale Codice civile Legislazione fiscale Leggi di settore Associazioni riconosciute Organizzazioni non lucrative Associazioni di volontariato di utilità sociale (Onlus) Associazioni non riconosciute Organizzazioni non governative di cooperazione internazionale (Ong) Fondazioni Organizzazioni ambientaliste Comitati Movimenti di consumatori Cooperative Cooperative sociali Associazioni di promozione sociale (Aps) Fonte: Moro, 2005 Le forme giuridiche che, più di frequente, ricorrono tra le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) sono: le associazioni riconosciute, i comitati, le Onlus, le associazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale. La maggior parte delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) assume la forma di associazione riconosciuta. Sancita dal codice civile (artt. 14­32 c.c.), l'associazione deve essere costituita tramite atto pubblico e prevedere documenti statutari (o Statuti) e assemblee dei soci. Sono associazioni riconosciute le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) L'erba Voglio, Associazione Giardini del Guasto, Sette Colli – Pari, Vivi il borgo e l'Associazione Parco Uditore. In particolare, sono associazioni culturali il Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno e Salviamo i Castelli Romani. Nel rispetto della normativa, tutte le organizzazioni risultano costituite secondo pubblicazione di atto pubblico e tutte prevendono documenti statutari in cui esplicitare la mission, il ruolo dei soci e delle assemblee. Nella maggior parte dei casi, il documento statutario è reso pubblico attraverso i mezzi di comunicazione, più spesso virtuali, di cui l'organizzazione usufruisce. Segue la forma giuridica del comitato (artt. 39­42 c.c.). I comitati possono non essere costituiti tramite atto pubblico e non prevedono necessariamente documenti statutari o Statuti e assemblee dei soci. Si tratta di organizzazioni che, in genere, si occupano di 97 Forme giuridiche delle OCT Associazioni riconosciute Esperienze Comitati Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) specifici problemi locali, quali l'assetto del territorio o i servizi urbani 19 (Della Porta, 2004; Moro 2005). Allorquando il problema trova una soluzione, il comitato cessa di fatto di avere utilità e, dunque, di esistere (Della Porta, 2004). Si riconoscono nella forma giuridica del comitato le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Quelli che il Parco..., Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano e Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia. Secondo Della Porta (2004) il ruolo dei comitati di cittadini è spesso associato a manifestazioni di dissenso guidate dalla cosiddetta sindrome NIMBY (Not In My Backyard) e, dunque, caratterizzato da una scarsa capacità progettuale. Per quanto ciò sia valido per i numerosi comitati costituiti al fine di porsi in antagonismo alla realizzazione di trasformazioni urbane e territoriali (uno tra tutti il caso del comitato No Tav in Bobbio e Dansero, 2008), non è possibile attribuire tale caratteristica alla forma giuridica del comitato in sè. In questo senso, il codice civile che garantisce la forma giuridica del comitato non fa alcun accenno al fatto che la finalità dello stesso sia associata a forme di antagonismo e/o dissenso. Ciò che emerge in maniera evidente nel caso del comitato è, d'altra parte, la natura contingente, ovvero la circoscrivibilità dell'azione dell'organizzazione attorno ad una questione limitata nel tempo e nello spazio. In questo senso, quando il problema cessa di esistere anche il comitato non avrà più ragione di essere. Quest'ultimo aspetto non è sufficiente, tuttavia, ad escludere i comitati dalla sfera delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). Può accadere, infatti, che le iniziative promosse dall'organizzazione, inizialmente rivolte alla risoluzione di un problema urbano contingente, possano maturare progressivamente in azioni continuative nel tempo. Ne è un esempio l'esperienza del Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, costituitosi al fine di tutelare il parco pubblico locale dalla trasformazione proposta dall'autorità pubblica (il comune di Pomigliano d'Arco). In questo caso, infatti, le azioni promosse dalla OCT si sono progressivamente strutturate, al punto da raggiungere un elevato livello di progettualità urbanistica (Stato e Prospettive del Parco “Giovanni Paolo II”. Executive Summary del Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, 2011). Le Organizzazioni non lucrative di utilità sociale o Onlus (D.Lgs. 460/1997) rappresentano un insieme di entità tra loro differenti. In questa denominazione confluiscono associazioni, comitati, fondazioni, società cooperative ed altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui documenti statutari prevedono lo svolgimento di attività di utilità sociale nei campi dell'assistenza sociale e socio­sanitaria, della tutela dei diritti, della beneficenza, dell'istruzione e della ricerca scientifica, della formazione, dello sport dilettantistico e della tutela, promozione e valorizzazione di beni d’interesse storico­artistico e naturale­ambientale. E' un'organizzazione non lucrativa l'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter. 19 L'indagine di Della Porta (2004), svolta su sei città italiane tra il 1991 e il 2000, conferma la presenza di comitati coinvolti in mobilitazioni, in particolare su temi quali l'ambiente e la sicurezza urbana. 98 Esperienze Questioni problematiche Onlus Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Le associazioni di promozione sociale o Aps (L. 383/2000), infine, sono aggregazioni volte ad attività di utilità sociale, senza fini di lucro. Come le associazioni riconosciute, sono costituite tramite atto pubblico e prevedono documenti statutari o Statuti e assemblee dei soci. E' un'associazione di promozione sociale l'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) Gruppo Rinascita Città (GRC). Associazioni di promozione sociale Esperienze Fig. 2 Forme giuridiche delle OCT selezionate 8 7 6 5 4 3 2 1 0 Associazione Aps Comitato Onlus La scarsa chiarezza e la ricorrente sovrapponibilità delle indicazioni normative, in materia di riconoscimento giuridico delle organizzazioni della società civile, determinano la labilità dei confini semantici tra le diverse forme, al punto da rendere spesso poco evidenti le motivazione secondo cui un'aggregazione scelga di riconoscersi in un'associazione di volontariato, piuttosto che in un'associazione di promozione sociale. L'ordinamento nazionale prevede inoltre l'istituzione di registri ­ di scala nazionale, regionale e provinciale ­ attraverso i quali monitorare la presenza delle organizzazioni della società civile, nelle diverse forme giuridiche riconosciute e secondo lo specifico campo d'azione (es. welfare), sul territorio (Moro e Vannini, 2008). Il codice civile prevede che le diverse forme di associazionismo possano, tuttavia, pur essendo riconosciute, non essere iscritte ad alcun registro. In questo senso, le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) fanno parte della sfera di aggregazioni che non rientrano nell'elenco dei registri20. Delle tredici esperienze del campione, nessuna risulta infatti iscritta ad alcun registro. Il ricorso alle molteplici forme di riconoscimento giuridico da un lato e l'esclusione (volontaria) dai registri – nazionali, regionali e provinciali – dall'altro, rendono più complessa la raccolta di dati attendibili21 sulla consistenza quantitativa delle 20 A partire dall'analisi empirica, è possibile in questa sede ipotizzare che l'esclusione volontaria delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) dai registri nazionali, regionali e provinciali, sia dovuta alle caratteristiche stesse degli elenchi, articolati rispetto alla forma giuridica e al campo d'attività. Le iniziative indirizzate ai beni territoriali non sono, infatti, contemplate come possibili attività di competenza delle forme associative della società. 21 Lo confermano le principali rassegne articolate secondo le forme giuridiche di riconoscimento (sulla 99 Labilità dei confini semantici Registri Difficoltà di raccolta dati Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e la relativa distribuzione geografica. In questo senso, a complicare il quadro c'è il fatto che, nella società civile, esistono una consistente quantità di aggregazioni di cittadini che, pur manifestando una dimensione territoriale nella mission aggregativa e nella promozione di iniziative di progettualità urbanistica, non si riconosce in alcuna forma giuridica22. In conclusione, la forma giuridica rappresenta una caratteristica costitutiva del fenomeno di progettualità urbanistica promosso dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). Sono considerate tali, quelle aggregazioni riconosciute in una qualche forma giuridica ­ sia essa di associazione riconosciuta, comitato, associazione di promozione sociale, ecc. ­, iscritte o meno ai registri nazionali, regionali o provinciali. Restano escluse da tale denominazione quelle aggregazioni che non siano riconosciute in alcuna forma giuridica. Può accadere, tuttavia, che il riconoscimento giuridico sia conseguente ad un percorso di aggregazione informale e spontanea (per esempio attraverso mezzi di comunicazione web), allorquando la ragione aggregativa o mission sia sufficientemente strutturata nella natura e stabile nel tempo. Un esempio in questo senso è rappresentato dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) CleaNap e l'Erba Voglio. Nel primo caso, l'aggregazione di cittadini, nata come movimento spontaneo sul web, al fine di promuovere e sostenere la manutenzione di spazi urbani della città di Napoli (da cui la denominazione CleaNap), si è andata via via strutturando. Attualmente l'aggregazione è in fase di transizione, dalla forma del movimento spontaneo alla forma giuridicamente riconosciuta dell'associazione. Nel secondo caso, la transizione è avvenuta dalla forma giuridica del comitato all'associazione (nel 1996), determinando non poche difficoltà all'interno dell'organizzazione (Barletta, 2000; Barletta, 2003). Alla luce di quest'ultimo aspetto, occorre riconoscere che il riconoscimento giuridico è solo una delle caratteristiche costitutive delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). In questo senso, rimane centrale la forte tensione aggregativa per scopi che hanno una dimensione territoriale. Un accento eccessivo sulla forma giuridica porrebbe, peraltro, pericolosi rischi di istituzionalizzazione, processo attraverso il quale determinati valori, pratiche ed orientamenti si strutturano come costruzioni solide e generalmente accettate. Un simile processo di cristallizzazione e codificazione di flussi, comporterebbe, altresì, la perdita di spontaneità e dinamicità propria della società. Allo scopo di arginare tali rischi, è importante che le riflessioni scientifiche (e l'attenzione pubblica) non siano rivolte esclusivamente alla forma giuridica quanto, forma dei comitati si veda ad esempio Della Porta, 2004). 22 In Italia esistono diversi esempi di aggregazioni non riconosciute in alcuna forma giuridica. Uno tra tutti è rappresentato dal movimento di Guerrilla Gardening. Si tratta di un insieme di aggregazioni volontarie di cittadini nate al fine di promuovere la manutenzione di spazi verdi urbani, in stato di abbandono ed incuria. Pur rispettando il principio di legalità, il movimento è per sua stessa natura mutevole e scarsamente stabile nel tempo. Tali caratteristiche, determinanti per il successo delle iniziative, non consentono di poter considerare il movimento parte delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) (per ulteriori informazioni a livello nazionale, si veda http://www.guerrillagardening.it e http://www.guerrillagardening.net; a livello internazionale, http://www.guerrillagardening.org). 100 In sintesi Eccezioni Rischi legati alla forma giuridica L'importanza delle condizioni istituzionali Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) piuttosto, alle condizioni istituzionali che rendono possibile e agevole la diffusione del fenomeno. In altre parole, il fatto che non sia prevista dall'ordinamento giuridico nazionale una forma di riconoscimento giuridico ad hoc e che le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) ricorrano ad una pluralità di forme di riconoscimento, non indebolisce in alcun modo il fenomeno. Esso rimane garantito dal diritto di associarsi, specie se per finalità di interesse pubblico. Il compito dell'autorità pubblica consiste, in questo caso, nell'impedire il manifestarsi di ostacoli alla sua espressione. Si tornerà su questo punto nelle conclusioni di questo lavoro. 4.2.3 Scala d'aggregazione La scala d'aggregazione, così come la mission e la forma giuridica, rappresenta una caratteristica costitutiva del fenomeno di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). Dall'analisi empirica emerge che le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) trovano più spesso spazio nei contesti urbani (§ Fig.4). In larga parte si tratta di grandi centri urbani. Ne sono un esempio le OCT La Città del Sole – Amici del Parco Trotter (Milano), Erba Voglio (Genova), Associazione Giardini del Guasto (Bologna), Quelli che il parco... (Roma), CleaNap (Napoli), Associazione Parco Uditore e Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia (Palermo). Altre esperienze trovano origine in contesti urbani di medie dimensioni. Ne sono un esempio le OCT Comitato Antidegrado Ascoli Piceno (Ascoli Piceno), Vivi il borgo (Perugia), Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano (Pomigliano, Napoli), Gruppo Rinascita Città (Caserta). Infine, le restanti esperienze trovano origine in contesti urbani di piccole dimensioni. Ne sono un esempio le OCT Sette Colli – Pari (Pari, Grosseto) e Salviamo i Castelli Romani (Castel Gandolfo, Roma). Contesti urbani Esperienze Fig. 3 Contesti urbani di origine delle OCT selezionate Piccoli 15% Grandi 54% Medi 31% Le organizzazioni che hanno origini nei contesti urbani di grandi dimensioni manifestano, più facilmente, una scala d'aggregazione circoscritta. I beni territoriali 101 Scala del quartiere Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) oggetto d'interesse da parte delle organizzazioni sono, in questo caso, di estensione ridotta e non superano, in genere, la scala del quartiere (ad esempio giardini, piazze e strade di quartiere). I membri della OCT saranno perlopiù residenti nel quartiere in cui il bene territoriale trova localizzazione. Ne sono un esempio le OCT La Città del Sole – Amici del Parco Trotter (quartiere Turro di Milano), Erba Voglio (quartiere san Teodoro di Genova), Associazione Giardini del Guasto (quartiere san Vitale di Bologna), Quelli che il parco... (quartiere Parioli di Roma) e Associazione Parco Uditore (quartiere Uditore­Passo di Rigano di Palermo) che orientano rispettivamente scopi aggregativi e iniziative di progettualità a sostegno della cura di beni territoriali dalle dimensioni circoscritte 23. Si tratta di aree di piccola estensione, come nel caso dell'area verde attrezzata nel quartiere San Teodoro di Genova curata dall'associazione Erba Voglio, o di estensione maggiore, come nel caso del Parco Trotter nel quartiere Turro di Milano, gestito interamente dalla Onlus La Città del Sole – Amici del Parco Trotter. Può accadere, tuttavia, che le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) che hanno origini nei contesti urbani di grandi dimensioni trovino la propria ragione aggregativa in un insieme di beni territoriali, appartenenti alla stessa categoria per natura ma distanti per localizzazione. Questo è il caso delle OCT CleaNap (Napoli) e Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia (Palermo). In entrambe le esperienze, le finalità aggregative delle organizzazioni ruotano attorno a beni territoriali – in genere spazi urbani quali piazze, strade e luoghi di aggregazione ­ distribuiti nel contesto urbano. E' interessante riscontrare come, in questo caso, le organizzazioni ricorrano a strumenti di georefenziazione (sistemi informativi GIS24), allo scopo di mappare progressivamente gli esiti delle diverse iniziative promosse. La OCT CleaNap (Napoli) ha, ad esempio, elaborato, a sostegno delle diverse iniziative di cura di spazi urbani, un supporto webGIS, in grado di georeferenziare le iniziative svolte e quelle programmate, denominato CleaMap – La Mappa Pulita25 (§ Fig. 4). 23 In genere, il bene oggetto d'interesse diviene parte della denominazione stessa dell'organizzazione, come nel caso delle OCT La Città del Sole – Amici del Parco Trotter (Milano), l'Associazione Giardini del Guasto (Bologna) e l'Associazione Parco Uditore (Palermo). 24 Si tratta perlopiù di strumenti informativi GIS, progettati ad hoc e resi disponibili, attraverso mezzi di comunicazione web (in genere, i portali web delle stesse OCT), in modalità open source e interfaccia user-friendly, attraverso i quali le organizzazioni producono informazione veicolandone al contempo la diffusione. 25 La mappa, consultabile sui mezzi di comunicazione web della OCT, include (i) informazioni relative agli spazi coinvolti nelle iniziative di manutenzione (effettuate e programmate) attraverso l'utilizzo di icone rappresentative e (ii) informazioni relative allo stato in cui versano gli spazi pubblici urbani (possibili luoghi di future iniziative), attraverso georefenziazione di immagini statiche e dinamiche prodotte direttamente dai membri della OCT. La mappa può essere inoltre implementata dagli utenti del web grazie alla tecnologia open source. Per maggiori informazioni sulla CleaMap si veda http://www.nicoladeinnocentis.it/cleanap/cleanap.html. 102 Esperienze Azioni diffuse Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Fig. 4 CleaMap Fonte: http://www.nicoladeinnocentis.it Le aggregazioni che, al contrario, hanno origini nei contesti urbani di medie e piccole dimensioni manifestano, più facilmente, una scala d'aggregazione corrisponte all'intero centro urbano. Esempi in questo senso sono le OCT Comitato Antidegrado Ascoli Piceno (Ascoli Piceno), Vivi il borgo (Perugia), Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano (Pomigliano, Napoli), Gruppo Rinascita Città (Caserta), ma anche Sette Colli – Pari (Pari, Grosseto) e Salviamo i Castelli Romani (Castel Gandolfo, Roma). Quest'ultima esperienza risulta di particolare interesse perchè nata sulla scia di una precedente esperienza, promossa dalla OCT Salviamo il Lago di Albano. Il comitato si è costituito, inizialmente, allo scopo di garantire la cura del lago di Albano attraverso azioni perlopiù di manutenzione. Con il passare del tempo, grazie al successo maturato26 e alla cooperazione virtuosa con diverse realtà aggregative agenti sul territorio, le finalità sostenute dall'organizzazione hanno trovato maggior spazio nella OCT Salviamo i Castelli Romani. Il bene territoriale, oggetto d'interesse, non è più circoscritto al lago di Albano, ma si estende a tutto il territorio dei Castelli Romani27. Lo statuto della OCT riconosce, infatti, «[...] lo scopo di promuovere la valorizzazione e la dichiarazione d’esistenza del Territorio dei Castelli Romani, inteso come patrimonio di tutti e bene comune» (art. 2 Statuto de Salviamo i Castelli Romani). In questo senso, l'esperienza è altresì interessante perchè promuove l'identificazione di un livello 26 Il successo delle iniziative di manutenzione del lago di Albano è ben sottolineato dalla stampa locale. Per un approfondimento in questo senso si veda il portale web dell'associazione http://www.salviamoicastelliromani.org. 27 Secondo la OCT Salviamo i Castelli Romani sono compresi nel territorio dei Castelli Romani i comuni di: Albano Laziale, Ariccia, Castel Gandolfo, Ciampino, Colonna, Frascati, Genzano di Roma, Grottaferrata, Lanuvio, Lariano, Marino, Monte Porzio Catone, Monte Compatri, Nemi, Rocca di Papa, Rocca Priora e Velletri (http://www.salviamoicastelliromani.org). 103 Scala del centro urbano Esperienze Eccezione Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) territoriale ­ quello dei Castelli Romani ­ intermedio a quello comunale e provinciale, a superare la tradizionale articolazione giuridica. La scala d'aggregazione delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) difficilmente raggiunge l'estensione provinciale, tantomeno regionale e nazionale. Ciò è essenzialmente dovuto al legame identitario che intercorre tra le organizzazioni e il territorio di appartenenza. Tale legame trova manifestazione nella possibilità, da parte dei membri dell'organizzazione, di essere protagonisti diretti delle iniziative di cura del bene territoriale e, dunque, nel riconoscimento identitario che si manifesta attraverso le stesse. Ciò non toglie che possano esistere OCT che abbiano scala d'aggregazione provinciale, regionale o nazionale. In questo senso, un caso rappresentativo nel contesto nazionale è rappresentato da Legambiente28. Si tratta di un'organizzazione, riconosciuta giuridicamente come Onlus ed iscritta nei registri nazionali, che opera al fine di garantire la cura di beni territoriali – quali il paesaggio, l'ambiente naturale e il patrimonio culturale ­ su scala nazionale. Come infatti richiama lo statuto, Legambiente: «è un’associazione di cittadini a diffusione nazionale ed internazionale che opera per la tutela e la valorizzazione della natura e dell’ambiente (con l’esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all’art. 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22), delle risorse naturali, della salute collettiva, delle specie animali e vegetali, del patrimonio storico, artistico e culturale, del territorio e del paesaggio; a favore di stili di vita, di produzione e di consumo e per una formazione improntati allo sviluppo sostenibile e a tutela dei consumatori, ad un equilibrato e rispettoso rapporto tra gli esseri umani, gli altri esseri viventi e la natura » (art. 1 Statuto de Legambiente). La scala d'aggregazione è, in questo caso, nazionale. La struttura dell'organizzazione prevede, tuttavia, che vi siano sedi di riferimento locale (delegazioni) su base regionale. Ultimo aspetto centrale, in relazione alla scala d'aggregazione delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), è rappresentato dall'interazione con le altre realtà aggregative. In altre parole, accade che le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) si confrontino con altre realtà loro simili e che tale interazione determini l'avvio di iniziative congiunte di cura nei confronti di un qualsivoglia bene territoriale. L'obiettivo è, evidentemente, la massimizzazione dell'efficacia del risultato finale. Sono un esempio in questo senso le OCT Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno e Salviamo i Castelli Romani. Nel primo caso, l'organizzazione, oltre ad essere frutto della convergenza di diverse realtà aggregative locali29, fa parte di una rete nazionale di OCT che condividono la mission comune relativa alla lotta al degrado urbano30. Nel secondo 28 Per maggiori informazioni su Legambiente si veda il portare web dell'organizzazione (http://www.legambiente.it). Altro esempio rappresentativo è costituito dal Fondo Ambiente Italiano (Fai), fondazione che opera su scala nazionale nel perseguimento della tutela del «paesaggio, l'arte e la natura. Per sempre, per tutti» (http://www.fondoambiente.it/). 29 Fanno parte del Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno le realtà aggregative locali: Amici della Bicicletta, Archeoclub, Ascoli da Vivere, Cittadinanzattiva, Fai, Fondazione Fabiani, Italia Nostra, Legambiente, Provincia Nova (http://antidegradoperascoli.wordpress.com/). 30 Il Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno fa parte di una rete informale, denominata Lotta al 104 Scala d'aggregazione e legame identitario OCT di scala nazionale con sedi locali Azioni congiunte tra OCT Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) caso, l'iniziativa “Forum per i Castelli Romani” ha riunito diverse realtà aggregative ­ preesistenti e già attive sul territorio ­ confluite in un'unica rete allo scopo di proporre una vision comune utile allo sviluppo locale. In conclusione, la scala d'aggregazione delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) è prevalentemente riconoscibile nella scala locale. Seppure la mission aggregativa possa infatti interessare beni territoriali alla scala sovracomunale, difficilmente si estende alla scala provinciale. Ciò è essenzialmente dovuto ad un necessario legame di prossimità che intercorre tra i membri dell'organizzazione e il bene territoriale oggetto dell'iniziativa, sia in termini di identificazione che di contributo attivo al raggiungimento alla mission aggregativa. La prossimità è inoltre elemento di garanzia dell'efficacia dell'iniziativa promossa. Degrado, che riunisce a livello nazionale diverse realtà aggregative che hanno come mission la lotta al degrado urbano: Amare Torino, Cambia Catania, Degrado a Ferrara, Degrado Apriliano, Degrado di Varese, Graffiti Stop, Guerrilla Gardening, Migliora Torino, Milano Zona 3, Non solo Napoli, Palermo il Degrado, Pisa Degrado, Regresso Pro Civitate, Ripuliamoli, Riprendiamoci Roma. 105 In sintesi Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) CAPITOLO 5 Iniziative. Progettualità urbanistica Il secondo criterio di lettura, posto dalla prospettiva della sussidiarietà orizzontale, attraverso cui viene analizzato il fenomeno in oggetto è rappresentato dalle iniziative promosse, definite iniziative di progettualità urbanistica. L'indagine si propone in primis di avanzarne una definizione (§ 5.1) e, successivamente, individuarne le caratteristiche costitutive (§ 5.2). 5.1 Dai servizi (territoriali) ai beni (territoriali) La società civile da sempre è erogatrice di servizi, specialmente di welfare. Come confermano Moro e Vannini (2008), le organizzazioni della società civile sono infatti solite provvedere direttamente ai bisogni sociali attraverso una grande varietà di servizi, articolati in due diverse tipologie: i servizi sociali tradizionali e i servizi volti al soddisfacimento di nuovi bisogni. Nel primo caso, si tratta di servizi che, tradizionalmente erogati dal soggetto istituzionale, sono esposti a problematiche di inefficienza ed inefficacia. Per questa ragione, spesso accade che la loro erogazione e gestione sia affidata – attraverso un meccanismo di delega ­ a soggetti non istituzionali, parte dell'universo della società civile (come suggerito dalla proposta di welfare mix). Nel secondo caso, si tratta di servizi che non rientrano nella sfera di quelli tradizionalmente erogati dal soggetto istituzionale. Pur non essendo necessariamente servizi di welfare, si tratta in ogni caso di servizi che vanno incontro al soddisfacimento dei nuovi bisogni della società. In questo senso, le organizzazioni della società civile si rendono interpreti dei bisogni della società, erogando e gestendo servizi innovativi. In entrambi i casi, i servizi sono garantiti da una qualche forma di interazione con l'autorità pubblica, che può tradursi in meccanismi di sostegno e/o forme di cooperazione. Tale considerazione è valida anche rispetto ai servizi di welfare a base territoriale. Diversi ricerche nel campo delle politiche urbane (Balducci, 2004; Cognetti, Cottino e Rabaiotti, 2004; Cottino, 2009; Cottino e Zeppetella, 2009) hanno infatti evidenziato il nuovo ruolo, assunto dalla sfera della società civile nell'erogazione “dal basso” di servizi ad uso pubblico ed interesse generale. I servizi erogati e gestiti da soggetti della società civile concorrono a colmare le lacune di efficienza ed efficacia dei servizi tradizionali e, allo stesso tempo, ad ampliarne l'offerta complessiva. 106 Organizzazioni della società civile e welfare Servizi tradizionali Servizi innovativi Servizi di welfare a base territoriale Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Ne sono un esempio i servizi di welfare enumerati1 da Balducci (2004) quali la promozione culturale sostenuta dai centri sociali giovanili, la gestione di spazi verdi urbani promossa da associazioni ambientaliste (Boscoincittà), l'erogazione di housing sociale e relativa assistenza per problematiche di esclusione sociale da parte di fondazioni private, le esperienze di management di quartiere in contesti problematici coordinate da comitati di quartiere (Comitato inquilini Molise – Calvairate – Ponti), le nuove forme di valorizzazione della qualità dello spazio urbano e delle identità territoriali minacciate da processi di gentrification (cantieri Isola), l'assistenza volontaria in gravi problemi di emarginazione come la tossicodipendenza (Comunità Nuova) o la malattia mentale (Associazione Olinda) ed, in ultimo, l'animazione di nuove iniziative culturali dentro grandi strutture pubbliche dismesse (il Centro sociale Barrio's alla Barona e l'ex ospedale psichiatrico Paolo Pini ad Affori). Tradizionalmente si è dunque portati a guardare alla sfera della società civile come partner ideale del soggetto pubblico nell'erogazione e/o gestione di servizi di welfare, anche a base territoriale. Tuttavia, le organizzazioni della società civile possono essere erogatrici di beni, oltre che di servizi, di naturale materiale ed immateriale (Donati, 1996). Donati (1996) riconosce, infatti, alla sfera della socieà civile la capacità di produzione di particolari beni, definiti relazionali. Si tratta di beni che non rientrano nelle categorie tradizionali – beni pubblici vs beni privati ­ attraverso cui l'economia e il diritto classificano i beni sociali. I beni relazionali, da un lato, «[...] non sono propriamente pubblici nel senso che non hanno le caratteristiche dei beni su cui lo Stato abbia un potere politico di disposizione, e non sono accessibili in maniera universalistica alla stessa maniera in cui lo Stato è tenuto a produrli e distribuirli. Dall'altro, i beni relazionali non sono propriamente privati se con questo termine si intende la possibilità di crearli e fruirli con pieno potere di disposizione del soggetto proprietario, ossia di utilizzarli con una totale discrezionalità da parte di attori meramente privati (cioè privi di responsabilità pubblica, fatta salva ovviamente la liceità del comportamento)» (Donati, 1996: 16). Secondo Donati (1996), i beni relazionali hanno dunque qualcosa delle caratteristiche pubbliche (perchè hanno un'utilità per l'intera società) e qualcosa delle caratteristiche private (perchè sono prodotti e gestiti da soggetti non istituzionali). In essi produzione e fruizione coincidono, la fruizione in particolare è vincolata alla compartecipazione nella produzione ma, al tempo stesso, la produzione non è condizionata alla proprietà. La particolare interazione fra dimensione privata e dimensione pubblica, propria dell'azione della società civile, genera in questo senso un realtà terza, né pubblica né privata. I beni prodotti dal settore non profit costituiscono dunque un tertium genus, un genere proprio, in quanto non possono essere generati se non attraverso una specifica attenzione alla relazionalità sociale che viene instaurata tra i membri partecipanti 1 I servizi cui Balducci (2004) si riferisce sono l'esito della ricerca condotta su Milano nell'ambito del Prin (1999-2001) dal titolo “Politiche urbane tra government e governance”. 107 Esperienze Beni, oltre che servizi Beni relazionali... ...nè pubblici, né privati... ...ma tertium genus Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) (Donati, 1996). Tale definizione di Donati (1996), circa la natura relazionale dei beni prodotti dalla società civile, suggerisce un'analoga interpretazione per i beni territoriali, che siano il frutto dell'azione delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). E' possibile dunque definire beni relazionali a base territoriale quei beni che, superando la tradizionale dicotomia tra dimensione pubblica e privata 2, tengano conto della sovrapposizione tra produzione e fruizione. Come per quanto riguarda i servizi di welfare a base territoriale, così anche i beni relazionali territoriali possono essere articolati in due diverse tipologie: i beni relazionali territoriali tradizionali e i beni relazionali territoriali indirizzati al soddisfacimento di nuovi bisogni. La capacità di produrre beni, relazionali e a base territoriale (da qui in avanti denominati nella formula sintetica di beni territoriali), è intesa come “progettualità”. Secondo Cellamare (2011: 32), la progettualità è propria «delle pratiche, o meglio la progettualità [è] insita nelle pratiche e si esplica attraverso diverse dimensioni. In primo luogo, essa dimostra una decisa propensione all'azione 3, sia individuale che collettiva, sia nella sua dimensione fattuale (cioè del fare concretamente) sia nell'accezione arendtiana di agire come essere nelle situazioni, nel pubblico». Parlare di “progettualità” e non di “progetto” implica, inoltre, la volontarietà dell'azione associata ad una capacità di promuovere iniziative. In termini generali, la progettualità si esplica «nelle concrete pratiche urbane, nei mille processi di adattamento, di appropriazione degli spazi, di riutilizzazione di contesti abbandonati, di manutenzione e cura dei luoghi, in forma permanente ma in molti casi anche solo in forma temporanea» (Cellamare, 2011: 32). Di qui deriva la denominazione utilizzata per individuare le iniziative di progettualità urbanistica promosse dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). Manifestazione concreta della mission aggregativa, esse consistono in particolare nell'insieme di azioni finalizzate alla cura di un qualsivoglia bene territoriale. Come nel caso della mission aggregativa, le iniziative di progettualità urbanistica possono essere spesso affiancate da iniziative orientate più propriamente alla difesa di diritti – o azioni di advocacy (Moro, 2005) – minacciati dalle trasformazioni territoriali o al coinvolgimento delle istanze della società civile nei processi decisionali che interessano le politiche territoriali. In questo senso, sono considerate parte del fenomeno di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) le sole esperienze che si fanno promotrici di iniziative di cura di beni territoriali. Segue l'analisi dettagliata delle caratteristiche costitutive delle iniziative di progettualità urbanistica promosse dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), secondo i sottocriteri quali la categoria di bene territoriale interessato 2 In questo senso non sono valide le tradizionali categorie, economiche e giuridiche, di bene pubblico e bene privato né quelle più recenti di beni collettivi (Ostrom, 1990), forme diverse di proprietà privata. 3 Preme ricordare che, il fatto che vi sia una progettualità insita nelle pratiche urbane, non significa necessariamente che tali pratiche siano da considerare sempre “buone” e “positive”, e di conseguenza che gli abitanti abbiano sempre ragione (Cellamare, 2011). 108 Analogia interpretativa con i beni territoriali Definizione di beni relazionali a base territoriale Progettualità Definizione di La progettualità urbanistica iniziative di progettualità urbanistica Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) dall'iniziativa, la tipologia d'azione di cura e la forma di finanziamento a sostegno dell'iniziativa, e il riscontro empirico dato dall'analisi delle tredici esperienze selezionale. 5.2 Caratteristiche 5.2.1 Categoria di bene territoriale I beni territoriali, oggetto di iniziative di cura da parte delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), possono appartenere a diverse categorie4. Si tratta, perlopiù, di spazi verdi e spazi urbani (§ Fig. 5). Individuazione delle categorie Fig. 5 Beni territoriali oggetto d'iniziativa di progettualità delle OCT selezionate Spazi urbani 38% Spazi verdi 62% Alla prima categoria appartengono tutti gli spazi adibiti (o da adibire) a verde, la cui localizzazione può essere di natura urbana o extraurbana. L'estensione degli spazi è un elemento variabile: ad essere oggetto di iniziative di cura possono infatti essere aree di limitata estensione, con funzione prevalente di aiuole e/o spartitraffico (Vivi il borgo), ma anche aree di ampia estensione, con funzione di parco urbano – alla scala di quartiere (Erba Voglio, Associazione Giardini del Guasto) o urbana (Quelli che il parco..., Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, Associazione Parco Uditore) – o parco extraurbano (Salviamo i Castelli Romani). Difficilmente l'estensione complessiva degli spazi verdi supera quella del parco extraurbano. Ciò è dovuto essenzialmente all'intenzione di garantire la massima 4 Le categorie di appartenenza dei beni non coincidono sempre con la destinazione d'uso stabilita dallo strumento urbanistico a scala comunale. Tali categorie fanno piuttosto riferimento all'uso, reale o auspicato, che i membri della OCT attribuiscono allo spazio in oggetto. 109 Spazi verdi Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) efficacia dell'iniziativa di cura intrapresa. In questo senso, l'analisi empirica dimostra che più l'estensione del bene territoriale in oggetto è limitata, più l'iniziativa ha modo di esprimersi in tutta la sua efficacia. D'altro canto, la funzione e l'uso degli spazi verdi oggetto d'iniziativa si amplia proporzionalmente all'estensione. In termini generali, alle aree di limitata estensione è in genere associata una funzione di arredo urbano, mentre alle aree di ampia estensione è annessa una funzione di vivibilità in grado di migliorare il grado di qualità della vita urbana, in termini ambientali oltre che sociali. Gli spazi verdi oggetto delle iniziative di progettualità urbanistica da parte delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) possono versare in condizioni di abbandono, per cui la manutenzione da parte del soggetto istituzionale è spesso totalmente assente (Associazione Parco Uditore), o di incuria, per cui la manutenzione è perlopiù ridotta al minimo o non sufficiente allo standard di qualità e vivibilità auspicato dai fruitori (Associazione Giardini del Guasto, Quelli che il parco..., Vivi il borgo). Tali condizioni rappresentano dunque i presupposti utili all'avvio dell'iniziativa di cura, in genere di manutenzione e gestione, da parte dei membri delle OCT. D'altro canto, l'avvio dell'iniziativa può essere esito di una proposta di trasformazione del bene, in genere avanzata dal soggetto istituzionale, non condivisa e dunque contrastata dai futuri fruitori dello spazio. In altri termini, la OCT può farsi direttamente interprete di una proposta di trasformazione alternativa dello spazio verde (Erba Voglio, Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, Associazione Parco Uditore). Le OCT La Città del Sole – Amici del Parco Trotter, Erba Voglio, Associazione Giardini del Guasto, Vivi il borgo, Quelli che il parco..., Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, Associazione Parco Uditore promuovono azioni di cura nei confronti di beni territoriali identificabili nella categoria degli spazi verdi. In particolare: • • La Città del Sole – Amici del Parco Trotter indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti dello Parco Trotter (99.800 mq) (Cognetti, Cottino e Rabaiotti, 2004). Il parco, localizzato nel quartiere Turro di Milano, è stato realizzato all'inizio del secolo per supportare le strutture scolastiche destinate a bambini con problemi di salute. Ricca di specie arboree, l'area del parco include una serie di spazi attrezzati per il gioco, specchi d'acqua e una serie di immobili – oltre a quelli destinati all'istruzione ­ quali la fattoria, la chiesa, il piccolo teatro e la palestra in cui la OCT organizza attività ludico­ricreative aperte alla cittadinanza. Durante il periodo scolastico l'uso del parco è limitato agli studenti delle strutture, mentre nel periodo estivo l'accesso è consentito all'intera cittadinanza. La OCT, costituita da un gruppo di genitori, allievi ed insegnanti si occupa in maniera continuativa della cura dell'area e delle annesse strutture attraverso azioni di manutenzione e gestione. Inoltre, l'organizzazione si è recentemente resa promotrice di una proposta di progettazione dell'intera area del parco (Proposte per la riqualificazione del Trotter, 2011). Erba Voglio indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti di un giardino 110 Condizione iniziale del bene territoriale come presupposto all'iniziativa Proposta di trasformazione alternativa come presupposto all'iniziativa Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • • • • urbano (1.200 mq). Localizzata nel quartiere San Teodoro di Genova e originariamente adibita a discarica abusiva, l'area è stata per anni destinata a parcheggio secondo le prescrizioni del Piano Regolatore Generale (1973) e, successivamente, convertita in giardino grazie al ruolo della OCT. Attualmente il giardino include un'area attrezzata per il gioco e il ristoro e un orto botanico. L'accesso è consentito tutto l'anno e libero a tutta la cittadinanza. La OCT si occupa quotidianamente della cura dell'area, garantendone la fruizione attraverso azioni di manutenzione e gestione continuativa (Barletta, 2000; Barletta, 2003; Macagno, 2007; Matricardi, 2011). Giardini del Guasto indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti dei Giardini del Guasto. Il giardino, realizzato negli anni Settanta come campo giochi sperimentale per bambini, è localizzato nel quartiere san Vitale di Bologna. A partire dalla ristrutturazione ad opera del comune di Bologna nel 2000, il giardino è stato affidato in gestione (tramite convenzione) alla OCT. L'accesso è consentito tutto l'anno e libero a tutta la cittadinanza. Le iniziative di cura, orientate, in particolar modo, alla garanzia ed al miglioramento della vivibilità complessiva dell'area del giardino e del contesto urbano circostante, consistono perlopiù in azioni di manutenzione e gestione dell'area nonché di promozione di una serie di iniziative collaterali e di facilitazione dell'uso dello spazio (http://associazionegiardinodelguasto.blogspot.it). Vivi il borgo ha indirizzato la propria iniziativa di cura nei confronti del parco Sant'Angelo. L'area verde, localizzata nel centro storico di Perugia a ridosso del corso Garibaldi, si è trovata per anni ad essere in condizioni di incuria. L'iniziativa della OCT ha comportato azioni di manutenzione allo scopo di rendere garantire la fruibilità dell'area (http://viviilborgo.wordpress.com). Quelli che il parco... indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti del parco Virgiliano­Nemorense (30.000 mq). Il parco, localizzato nel quartiere Trieste – II Municipio di Roma, è stato realizzato all'inizio del Novecento. L'area include una fontana monumentale e una serie di specchi d'acqua, un'area destinata ai cani, aree giochi per bambini e una serie di strutture commerciali e ludico­ricreative. L'accesso è consentito tutto l'anno (secondo orari prestabiliti dall'amministrazione comunale) e libero a tutta la cittadinanza. L'iniziativa di cura promossa dalla OCT prevede il monitoraggio della manutenzione e la gestione diretta di alcune aree del parco e annesse attrezzature (in collaborazione con il comune). La OCT si è inoltre resa promotrice di una proposta di progettazione di strutture da adibire ad attività sportive (Protocollo di collaborazione alla tutela e alla salvaguardia del Parco Virgiliano­Nemorense, 2011). Salviamo i Castelli Romani ha indirizzato la propria iniziativa di cura, in un primo momento, nei confronti dell'area circostante il lago di Albano e, successivamente, nei confronti del territorio dei Castelli Romani, a sud­est di Roma. L'area, di alto valore e pregio ambientale, si è trovata ad essere per anni in condizioni di incuria e abbandono da parte dei soggetti istituzionali locali. 111 Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • • L'iniziativa di cura promossa dalla OCT ha previsto azioni di manutenzione, volte ad arginare lo stato di incuria5, e proposte di gestione e riprogettazione dell'intera area (http://www.salviamoicastelliromani.org). Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti del parco Giovanni Paolo II di Pomigliano, in provincia di Napoli (67.000 mq). L'area, inizialmente destinata ad essere bacino di esondazione, si è trovata ad essere per anni in condizioni di incuria ed abbandono. Nel 2000 è stata riprogettata dall'amministrazione locale come parco urbano, entrando a far parte dell’Archivio Europeo degli Spazi Pubblici Urbani. Il parco comprende aree attrezzate, giardini a tema, percorsi ginnici, un’area giochi per bambini ed ampi spazi predisposti ad accogliere manifestazioni. L'accesso è consentito tutto l'anno e libero a tutta la cittadinanza. L'iniziativa di cura dell'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale ha previsto azioni di manutenzione, al fine di arginare lo stato di incuria, e proposte di gestione e riprogettazione dell'intera area (Stato e Prospettive del Parco “Giovanni Paolo II”. Executive Summary del Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, 2011). Associazione Parco Uditore indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti del fondo Uditore (90.000 mq). L'area, localizzata in zona Conca d’Oro a Palermo, è destinata secondo il Piano Regolatore Generale ad uso direzionale. L'iniziativa di cura promossa dalla OCT ha previsto azioni di manutenzione dell'area e la proposta di gestione e progettazione dell'area a parco urbano (www.uparco.org). Alla seconda categoria appartengono tutti gli spazi urbani, localizzati all'interno di contesti urbani. L'estensione degli spazi è un elemento variabile: ad essere oggetto di iniziative di cura possono essere piccole aree urbane – strade, attraversamenti, slarghi e piazze ­ con funzione prevalente di passaggio e sosta (Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno, Vivi il borgo, CleaNap, Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia), ma anche aree di rilevante estensione, in alcuni casi equivalente ad interi centri storici (Sette Colli – Pari e Gruppo Rinascita Città). Difficilmente l'estensione complessiva degli spazi urbani supera l'estensione del quartiere, nel caso di contesti urbani di grandi dimensioni, o del centro storico, nel caso di contesti di medio­piccole dimensioni. Come per quanto riguarda gli spazi verdi, così l'efficacia delle iniziative di cura su spazi urbani aumenta quando l'estensione del bene è più limitata. Allo stesso modo, la funzione attribuita agli spazi è via via più articolata quando l'estensione permette la compresenza di più usi. Si tratta, in ogni caso, di spazi che rappresentano luoghi di incontro e socialità. In analogia con gli spazi verdi, gli spazi urbani, oggetto di iniziative di progettualità urbanistica da parte delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), possono 5 La OCT ha in particolare rilevato, attraverso report dettagliati e consultazioni con esperti, problematiche legate all'esteso abusivismo (oltre 40.000 pozzi abusivi per prelevare acqua dalla falda), all'inquinamento della falda acquifera, al rischio di dissesto idrogeologico e all'assenza di manutenzione e servizi (http://www.salviamoicastelliromani.org). 112 Spazi urbani Condizione iniziale del bene territoriale come presupposto all'iniziativa Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) versare in condizioni di abbandono, per cui la manutenzione da parte del soggetto pubblico è totalmente assente, o di incuria, in questo caso la manutenzione è ridotta al minimo o risulta non sufficiente a garantire uno standard di qualità e vivibilità ai fruitori (Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno, Vivi il borgo, CleaNap, Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia). Tali condizioni rappresentano il presupposto perchè le iniziative di progettualità abbiano avvio. D'altro canto, l'iniziativa da parte della OCT può essere altresì determinata dalla volontà di riqualificare o valorizzare spazi per i quali l'autorità pubblica non prevede alcun tipo di trasformazione (Sette Colli – Pari, Gruppo Rinascita Città e Erba Voglio). Le OCT Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno, Vivi il borgo, CleaNap, Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia, Sette Colli – Pari e Gruppo Rinascita Città promuovono azioni di cura nei confronti di beni territoriali appartententi alla categoria degli spazi urbani. In particolare: • • • • • Sette Colli – Pari indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti di spazi urbani del centro storico del borgo medievale di Pari, in provincia di Grosseto. Gli spazi oggetto d'iniziativa, considerati motore della vivibilità e della valorizzazione del borgo, interessano l'intero centro storico del borgo. Tali spazi sono stati per lungo tempo soggetti a fenomeni di progressivo abbandono e spopolamento. Di qui l'iniziativa della OCT di promuovere azioni di gestione e progettazione finalizzate alla riqualificazione e valorizzazione (http://www.parionline.it/associazione­sette­colli). Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti di spazi urbani di Ascoli Piceno. Tali spazi, considerati dalla OCT come patrimonio urbano, si sono trovati ad essere, oggetto di atti di vandalismo grafico, abusivismo pubblicitario ed occupazione illecita, oltre che in condizioni di generale incuria ed abbandono. L'iniziativa di cura promossa dalla OCT ha dunque previsto azioni di manutenzione specifiche e puntuali (http://antidegradoperascoli.wordpress.com). Vivi il borgo indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti di piccoli spazi urbani del rione di Porta Sant'Angelo a Perugia. Gli spazi urbani oggetto d'iniziativa, parte della storica acropoli, sono stati per anni sottoposti a processi di progressivo abbandono nonché di delinquenza diffusa. L'iniziativa promossa dalla OCT ha previsto diverse azioni specifiche di manutenzione e forme di gestione temporanea attraverso l'organizzazione di manifestazioni ed eventi (http://viviilborgo.wordpress.com). CleaNap indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti di spazi urbani del centro storico di Napoli. Gli spazi oggetto d'iniziativa, in particolare piazze e luoghi simbolici della città, sono stati soggetti a progressivo abbandono e incuria da parte dei soggetti istituzionali locali. L'iniziativa della OCT ha previsto dunque la promozione di azioni di manutenzione specifiche e puntuali (http://www.cleanap.org). Gruppo Rinascita Città indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti di spazi 113 Proposta di valorizzazione come presupposto all'iniziativa Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • urbani del centro storico di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. L'estensione dell'area oggetto d'iniziativa, costituita principalmente da piazze e strade, coincide con l'intero centro storico del comune. Le condizioni di abbandono e incuria, che hanno interessato per anni gli spazi, hanno innescato la mobilitazione della OCT. Le iniziative promosse hanno previsto, in questo senso, azioni di progettazione degli spazi urbani e promozione di processi partecipativi allo scopo di sensibilizzare e coinvolgere la cittadinanza (http://www.gruppocittarinascita.it). Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia indirizza la propria iniziativa di cura nei confronti di spazi urbani distribuiti sull'intera area urbana della città di Palermo. Gli spazi oggetto d'iniziativa, principalmente piazze e strade, sono considerati dalla OCT come elementi fondamentali per la vivibilità urbana. Tali spazi si sono trovati ad essere, tuttavia, in condizioni di progressivo abbandono ed incuria da parte delle istituzionali locali. L'iniziativa della OCT ha riguardato la promozione di manutenzione specifica e puntuale, nonché la proposta di riprogettazione e successiva gestione degli spazi urbani (http://www.benecollettivo.it). 5.2.2 Tipologia d'azione Le iniziative di progettualità urbanistica promosse dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) prevedono azioni di diversa natura: manutenzione, gestione e progettazione. Dal punto di vista dell'impegno, la manutenzione implica in genere azioni di pulizia e sistemazione, svolte perlopiù in un lasso di tempo limitato e con frequenza isolata o episodica, la gestione presuppone un coinvolgimento più strutturato e continuativo, ed infine, la progettazione impone che la OCT sia impegnata quasi a tempo pieno nell'iniziativa, dalla fase di ideazione (preliminare) alla fase della realizzazione vera e propria (esecutiva). Le iniziative possono altresì prevedere una combinazione di azioni di manutenzione, gestione e progettazione. Può accadere dunque che una Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) si faccia garante della gestione di un parco dopo averne curato la manutenzione (Quelli che il Parco...), oppure si faccia promotore di una azione di progettazione dopo averne curato la manutenzione e programmato la gestione (Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano). La manutenzione consiste, in termini generali, in azioni specifiche quali la pulizia, la sistemazione o il ripristino delle condizioni originarie del bene territoriale oggetto di iniziativa. In particolare, la pulizia può prevedere la rimozione di elementi che deturpano il bene (es. manifesti abusivi) e la sistemazione o il ripristino possono avvalersi di elementi di arredo urbano e attrezzature specifiche attraverso cui facilitare la fruibilità del bene (es. elementi di decoro, illuminazione, segnaletica, pensiline ma anche 114 Tipologie d'azione Impegno Combinazione di iniziative Manutenzione Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) cartellonistica). Secondo Cellamare (2011: 44), tali azioni specifiche, rappresentano la manifestazione «di processi di appropriazione nelle loro forme più semplici, ovvero di adattamento degli spazi esistenti, attraverso interventi minimi, eventualmente supportati dall'introduzione di elementi di arredo urbano o di attrezzature, anche autocostruite, per lo più necessari e destinati alla socialità, all'incontro, alla convivenza, al tempo libero in compagnia»6. Gli effetti di tali azioni possono essere limitati nel tempo, più spesso si tratta di manifestazioni dal carattere fortemente simbolico in grado di sensibilizzare l'opinione pubblica e, in alcuni casi, il soggetto istituzionale in relazione alla condizione di degrado in cui versano gli spazi verdi o urbani. In questo senso, può accadere che le azioni di manutenzione del bene contemplino anche una fase di monitoraggio degli effetti dell'iniziativa nel tempo, in termini di segnalazione al soggetto istituzionale competente. Alcune delle OCT selezionate hanno, in particolare, promosso azioni di pulizia puntuali. Ne sono un esempio: il Comitato Antidegrado di Ascoli Piceno per la pulizia da atti di vandalismo, Vivi il Borgo e CleaNap per la pulizia di luoghi simbolici e Salviamo i Castelli Romani per la pulizia del lago di Albano, bene di valore ambientale oltre che paesaggistico. Altre OCT hanno, più in generale, sostenuto azioni di manutenzione estese e strutturate. In particolare: • • • La Città del Sole – Amici del Parco Trotter. La manutenzione interessa l'intera area del parco e delle strutture ad esso annesse. Consiste principalmente nella pulizia e nella sistemazione, prevedendo in alcuni casi la promozione di attività di animazione, allo scopo di coinvolgere gli studenti delle strutture scolastiche e agli utenti esterni (Proposte per la riqualificazione del Trotter, 2011). Erba Voglio. Le azioni di manutenzione, quotidianamente svolte, interessano l'intera area del giardino nel quartiere San Teodoro di Genova. Consistono nella pulizia e nella sistemazione dell'area, allo scopo di garantirne la fruizione da parte degli utenti esterni (Convenzione tra il Consiglio di Circoscrizione di San Teodoro e l'Associazione Erba Voglio, 1997). Implicano, inoltre, azioni specifiche di animazione attraverso la promozione di diverse attività (es. biblioteca, collaborazioni con le scuole locali e altre attività di animazione predisposte per i bambini) (http://www.ilgiardinodellerbavoglio.it). Associazione Giardini del Guasto. Le azioni di manutenzione interessano l'area del giardino e le annesse strutture ludiche. Consistono, principalmente, nella pulizia e sistemazione dell'area, a garanzia della migliore fruizione da parte degli utenti esterni e della vivibilità complessiva del contesto circostante. Implicano, inoltre, 6 Cellamare (2011: 44) sottolinea, inoltre, che tali azioni specifiche «non sono, in genere, né illegali né illeciti, e solo in alcuni casi possono influire marginalmente sull'organizzazione dello spazio collettivo, o sulla mobilità o sulla fruibilità [dei beni territoriali]. La portata dell'intervento dipende dal contesto e dalle risorse disponibili agli abitanti, nonché dalle eventuali limitazioni esistenti (problematicità o conflittualità che possono essere innescate)». 115 Effetti delle azioni di manutenzione Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • • • • • • la promozione di attività di animazione. Queste ultime sono inserite nel circuito delle iniziative coordinate dal comune di Bologna (http://associazionegiardinodelguasto.blogspot.it). Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno. Le azioni di manutenzione promosse includono l'intera area urbana. Sono indirizzate, in particolare, alla tutela del decoro urbano e consistono in azioni di pulizia, monitoraggio e sistemazione al fine di arginare i danni provocati dagli atti di vandalismo grafico, abusivismo pubblicitario e occupazione illecita nonché dalle condizioni di generale incuria e abbandono (http://antidegradoperascoli.wordpress.com). Vivi il borgo. Le azioni di manutenzione sono circoscritte all'area del rione di Porta Sant'Angelo (a Perugia). Consistono nella pulizia, sistemazione, monitoraggio e animazione degli spazi urbani del rione allo scopo di rendere fruibile l'area e circoscrivere i rischi connessi al progressivo abbandono e alla delinquenza diffusa. Le azioni di manutenzione hanno inoltre previsto la promozione di manifestazioni ed eventi (es. “Vivi il Corso”) allo scopo di coinvolgere anche i commercianti locali (http://viviilborgo.wordpress.com). Quelli che il parco... La manutenzione include l'intera area del parco Vigliano­Nemorense e prevede azioni di pulizia, sistemazione e monitoraggio da parte della OCT al fine di favorire la fruizione e la sicurezza dell'area. Il monitoraggio delle condizioni del parco e delle annesse strutture (attraverso report fotografici) così come la tutela della sicurezza (vigilanza), rappresentano azioni di manutenzione svolte in base all'accordo di collaborazione con il comune di Roma (Protocollo di collaborazione alla tutela e alla salvaguardia del Parco Virgiliano­Nemorense, 2011). Salviamo i Castelli Romani. La manutenzione è, in questo caso, circoscritta all'area territoriale del lago di Albano. Le azioni hanno previsto la pulizia e la sistemazione dell'area circostante il lago da parte di membri (e non) della OCT al fine di garantire la fruizione del bene e la sicurezza degli utenti. Allo scopo di divulgare l'azione, la OCT si è inoltre avvalsa di una strutturata comunicazione a mezzo web (Campagna Facebook “Salviamo Il lago Albano”). Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano. La manutenzione dell'intera area del parco Giovanni Paolo II di Pomigliano ha previsto azioni di pulizia (“Puliamo il parco”), sistemazione e monitoraggio. In particolare, la OCT ha condotto un'azione di monitoraggio sulle condizioni di salute del parco, i cui esiti sono stati divulgati attraverso una dettagliata documentazione (Stato e Prospettive del Parco “Giovanni Paolo II”. Executive Summary del Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, 2011). CleaNap. Le azioni di manutenzione dei diversi luoghi simbolo del centro storico di Napoli hanno previsto la pulizia e la sistemazione delle aree (“Piazza Pulita”). Il monitoraggio è stato, in questo caso, condotto attraverso la mappatura delle azioni diffusa a mezzo di comunicazione web (http://www.cleanap.org). Il successo dell'iniziativa ha inoltre determinato la promozione da parte della OCT di azioni similari sul territorio campano, sulla scorta del coinvolgimento di 116 Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • diverse altre OCT locali (“Let's do it, Vesuvius!”). Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia. La manutenzione ha interessato diversi spazi urbani localizzati sull'intera area urbana della città di Palermo. Le azioni di pulizia e sistemazione (attraverso l'inserimento di nuovi elementi di arredo urbano), oltre ad aver coinvolto i membri della OCT, hanno visto la partecipazione e il sostegno di soggetti esterni (residenti e scuole). Il successo delle azioni ha, dunque, determinato il presupposto per conseguenti azioni di gestione e progettazione (http://www.benecollettivo.it). La gestione prevede azioni di cura di natura strutturata, piuttosto che estemporanea. In questo senso, le principali azioni principali di gestione sono identificabili nell'adozione e nella, cosiddetta, amministrazione convenzionata. Nel primo caso, l'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) sceglie il bene territoriale che intende curare e ne propone l'adozione. Tale procedura prevede in genere, ma non costituisce una condizione necessaria, un qualche meccanismo di formalizzazione tra l'organizzazione e i soggetti istituzionali locali. Nel secondo caso, l'amministrazione convenzionata consiste nella cura del bene territoriale attraverso una forma continuativa di gestione convenzionata. Perchè l'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) possa farsi garante dell'amministrazione del bene territoriale, è necessario che sia stabilito un accordo formale con il soggetto istituzionale locale cui spetta la competenza. In questo senso, la gestione implica inevitabilmente che la OCT provveda alla cura del bene anche attraverso la promozione di azioni di manutenzione. Alcuni esempi: • • • • La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter. La gestione dell'intera area del parco Trotter e annesse strutture scolastiche è basata sull'amministrazione convenzionata. La convenzione è stabilita tramite accordo formale tra la OCT, le autorità competenti per le strutture scolastiche e il consiglio di zona del comune di Milano (Proposte per la riqualificazione del Trotter, 2011). Erba Voglio. La gestione del giardino di San Teodoro prevede, anche in questo caso, l'amministrazione convenzionata tramite accordo formale con il comune di Genova (Convenzione tra il Consiglio di Circoscrizione di San Teodoro e l'Associazione Erba Voglio, 1997). Associazione Giardini del Guasto. La gestione dell'intera area del giardino del Guasto, e annesse strutture, prevede l'amministrazione convenzionata dell'area, tramite accordo siglato, e rinnovato annualmente, dalla OCT e dal quartiere san Vitale (http://associazionegiardinodelguasto.blogspot.it). Sette Colli – Pari. La gestione in forma di amministrazione convenzionata prevede, in questo caso, un accordo tra la OCT, proprietaria di alcuni immobili, e i locatari degli stessi, secondo procedura di selezione e canone convenzionato. L'iniziativa ha avuto lo scopo, raggiunto con successo, di contribuire al ripopolamento del borgo storico e, al contempo, di valorizzarne la qualità 117 Gestione Adozione del bene territoriale Esempi Amministrazione convenzionata del bene territoriale Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • • • architettonica (“Persiane aperte”) (http://www.parionline.it/associazione­sette­colli). Quelli che il parco... La gestione, estesa qui esclusivamente ad alcune porzioni dell'intera area del parco Virgiliano­Nemorense, prevede l'amministrazione convenzionata con il soggetto istituzionale locale tramite accordo formale con il comune di Roma, nella figura del Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde (Protocollo di collaborazione alla tutela e alla salvaguardia del Parco Virgiliano­Nemorense, 2011). L'accordo prevede, inoltre, l'impegno della OCT nel monitoraggio delle condizioni delle aree oggetto di amministrazione convenzionata e di tempestiva comunicazione al soggetto istituzionale locale competenza, nel caso di situazioni di particolare gravità (www.quellicheilparco.it). Gruppo Rinascita Città. La gestione delle aree urbane del centro storico di Sessa Aurunca ha previsto l'adozione, da parte della OCT e soggetti ad essa esterni, di alcuni monumenti simbolo (es. Fontana dell'Ercole e ville storiche), mediante risposta al bando di concorso, suggerito alle autorità pubbliche locali, dalle stesse OCT (http://www.gruppocittarinascita.it). Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia. La gestione include diversi spazi urbani ­ piazze, strade e slarghi ­ della città di Palermo attraverso il meccanismo dell'adozione (“Adotto la mia strada”). L'azione ha coinvolto, oltre ai membri della OCT, anche soggetti ad essa esterni (“Adotto la mia strada – residenti” e “Adotto la mia strada – scuole”), in grado di provvedere in modo continuativo alla manutenzione delle aree oggetto di adozione. La proposta di adozione, così come l'individuazione del bene da adottare, è volontariamente sostenuta dagli utenti tramite compilazione di un questionario pubblicato sul portale web della OCT (www.benecollettivo.it). La progettazione prevede la promozione di proposte di trasformazione o realizzazione di beni territoriali. Tali proposte sono, perlopiù, esito della capacità progettuale, volontaria e a titolo gratuito, dei membri delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) o, in alternativa, possono prevedere il coinvolgimento e il supporto di esperti consultati ad hoc (Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano). In questo senso, il grado di efficacia della proposta dipende strettamente dal know­how dimostrato dalla OCT. L'azione di progettazione può avere avvio (i) come alternativa ad una proposta avanzata dal soggetto istituzionale o, altrimenti, (ii) come soluzione non prevista dal soggetto istituzionale7. 7 Secondo Cellamare (2011: 48), sono esempi di azioni progettuali le esperienze in cui «gli abitanti si autorganizzano e realizzano una vera e propria autocostruzione di spazi pubblici o di aree verdi (eventualmente attrezzate) e delle relative attrezzature pubbliche mancanti, per lo più utilizzando fondi propri (oppure ottenendo fondi, anche minimali, dalla PA). [...] Sono esperienze che ci parlano dell'inadeguatezza delle politiche e degli interventi pubblici, e delle capacità di autorganizzazione degli abitanti anche in contrasto o conflitto con i piani e i programmi esistenti, con soggetti privati forti con la PA». 118 Progettazione Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Esempio del primo caso sono le esperienze delle Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) L'erba Voglio, che ha proposto e sostenuto la progettazione di un giardino urbano in alternativa alle prescrizioni del PRG, e il Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, che ha redatto una proposta progettuale per l'area del parco pubblico Giovanni Paolo II in alternativa alla proposta precedentemente avanzata dal soggetto istituzionale locale, il comune di Pomigliano d'Arco. Esempi del secondo caso sono le esperienze delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Sette Colli e Associazione Parco Uditore: la prima si è fatta promotrice di una proposta di ripopolamento dello storico borgo di Pari, attraverso l'acquisto di immobili da locare ­ a canone gratuito o calmierato ­ a nuovi potenziali residenti del borgo senza il supporto di politiche pubbliche; la seconda ha proposto un progetto di parco su una vasta area, dismessa e in stato di incuria, della città di Palermo, per la quale le istituzioni pubbliche locali non hanno attuato le previsioni dello strumento urbanistico comunale. L'indagine empirica dimostra come, le proposte progettuali avanzate dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), siano caratterizzate da un forte grado di innovatività, facendosi spesso interpreti dei nuovi bisogni della società di cui il soggetto istituzionale difficilmente riesce a cogliere l'urgenza. Perchè tali proposte progettuali abbiano traduzione operativa è, tuttavia, necessario un confronto diretto con il soggetto istituzionale, in termini di valutazione e approvazione nel rispetto dei criteri di conformità. In caso alternativo, le proposte progettuali sono destinate a rimanere ad uno stadio preliminare. Oltre ad interventi di trasformazione diretta del bene territoriale, le proposte progettuali possono prevedere interventi indiretti includendo altresì l'aspetto manutentivo e gestionale del bene. Alcuni esempi: • • Salviamo i Castelli Romani. La proposta progettuale, relativa al territorio dei Castelli Romani, si propone come soluzione innovativa ai bisogni provenienti dalla società, attraverso l'elaborazione del Piano Strategico per la Rinascita dei Castelli Romani8. Il piano intende promuovere lo sviluppo sostenibile ed eco­compatibile del territorio sulla base di: turismo stanziale, filiera corta, sistema di gestione ambientale certificato, potenziamento dell’eno­gastronomia e dei prodotti tipici, piano infrastrutturale dei servizi e della mobilità sostenibile, recupero e valorizzazione di borghi storici, monumenti e musei, sistema bibliotecario e poli formativi specifici, riqualificazione dei laghi e dei boschi, struttura privata autofinanziata di comunicazione, promozione e commercializzazione del territorio (http://www.forumcastelliromani.org). L'erba Voglio. La proposta di progettazione del giardino di San Teodoro è nato in contrasto alla trasformazione prevista dal PRG (realizzazione di un parcheggio multipiano) ed ha, in alternativa, suggerito la realizzazione di uno spazio verde (§ Fig. 6) attrezzato di aiuole, panchine, campi da bocce, giochi per i bambini, e 8 La proposta è esito di una serie di incontri, “Forum per i Castelli Romani”, coordinati dalla OCT allo scopo di aggregare il maggior numero di soggetti locali attorno ad una vision strategica condivisa. 119 Esperienze Esperienze Potenziale innovativo Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) alcuni specchi d'acqua, a riprodurre l'habitat fluviale locale (Macagno, 2007). A seguito della realizzazione del progetto, i membri della OCT sono stati riconosciuti come responsabili della gestione dell'area, grazie alla convezione stipulata con il comune di Genova nel 19979. Fig. 6 Area del giardino Erba Voglio (Genova) prima e dopo il progetto Fonte. Macagno, 2007 • La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter. La proposta progettuale intende, in questo caso, farsi interprete dei bisogni proveniente dalla società, avanzando soluzioni innovative. In questo senso, la OCT prevede che l'area rimanga «parco scolastico ma aperto al territorio e a funzioni di coesione sociale, con una centratura sul quartiere ma anche con una proiezione urbana e extraurbana » (Proposte di riqualificazione del Trotter, 2011: 24). Dal punto di vista dell'intervento diretto (§ Fig. 7), la proposta avanza indicazioni progettuali in relazione a (i) ristrutturazione delle strutture scolastiche, (ii) redistribuzione funzionale delle principali attività, scolastiche e culturali, rispetto ai margini dell'area nell'ottica di una interazione virtuosa con il contesto esterno, (iii) progettazione di nuove strutture da adibire ad attività sportive e riconversione di alcune strutture esistenti da destinare ad attività culturali­ricreative (es. fattoria didattica e community garden) e nuovi servizi (es. nido per l'infanzia aperto al contesto) ed, infine, (iv) recupero e ripensamento dei percorsi, specchi d'acqua e verde. Dal punto di vista degli interventi indiretti, la proposta offre indicazioni in termini di manutenzione e gestione, per quanto concerne (i) la sorveglianza dell'area nel rispetto degli orari di chiusura, (ii) l'animazione attraverso attività e iniziative scelte in condivisione con gli amministratori scolastici e altresì (iii) «ipotesi gestionali che valorizzino il ruolo dell'associazionismo territoriale e delle istituzioni culturali forti della città» (Proposte di riqualificazione del Trotter, 2011: 24). 9 Nella convenzione il giardino ha acquisito la denominazione di Parco Erba Voglio (Convenzione tra il Consiglio di Circoscrizione di San Teodoro e l'Associazione Erba Voglio, 1997). 120 Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Fig. 7 Progetto di riqualificazione del parco Trotter (Milano) Fonte. Proposte per la riqualificazione del Trotter, 2011 • Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano. La proposta progettuale del parco pubblico Giovanni Paolo II fa seguito alla proposta di trasformazione dell'area avanzata dal soggetto istituzionale locale10, il comune di Pomigliano d'Arco. In questo senso, la proposta prevede un numero di interventi diretti di trasformazione del parco e una serie di indicazioni di interventi indiretti rispetto alla futura gestione dell'area. La premessa al progetto è di realizzare «un piano di riqualificazione del Parco [...] in tempi brevi, che ne rispetti il progetto originario e tenda al suo ripristino, nel rispetto delle sue prevalenti finalità ludico­naturalistiche; un piano che parta dall’assunto imprescindibile che il Parco è un Bene Pubblico e tale deve restare, liberamente godibile dall’intera cittadinanza; un piano che, partendo dall’analisi dei costi del Parco degli ultimi anni e formulando stime realistiche sulla base dei costi di mercato forniti da aziende operanti nel settore della costruzione e manutenzione di strutture pubbliche, contenga un business plan finalizzato alla sostenibilità economica del Parco» (Stato e Prospettive del Parco “Giovanni Paolo II”. Executive Summary del Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, 2011: 16). A tal fine, la OCT ha elaborato un 10 La proposta progettuale avanzata dal comune di Pomigliano d'Arco, con delibera approvata nel novembre 2010, ed in parte economicamente sostenuto dai fondi strutturali Jessica viene così descritta dalla OCT: «il Parco viene fatto oggetto di un mega-investimento di 20 milioni di euro (15 milioni provenienti da privati e 5 milioni provenienti dai fondi POR FESR CAMPANIA 2007/2013) con l'esecuzione di un project financing destinato a stravolgere il volto della porta d'ingresso della città. Il progetto preliminare presentato dall’Amministrazione comunale prevede l’abbattimento delle “serre”, la realizzazione di un centro benessere con piscina, di 4 campi sportivi, di una piscina semi-olimpionica, di strutture commerciali e di un parcheggio su più livelli con la dotazione di circa 400 tra box auto e posti auto (in parte da vendere e in parte da concedere in gestione per 99 anni a privati) da edificare nell'invaso naturale, la zona del Parco con la maggiore presenza arborea» (Stato e Prospettive del Parco “Giovanni Paolo II”. Executive Summary del Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, 2011: 9). 121 Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Piano di Riqualificazione (§ Fig. 8) e un Business Plan. Dal punto di vista degli interventi diretti, sulla base di un dettagliato report delle condizioni del parco, il piano prevede11 il ripristino (i) delle pavimentazioni e delle murature, (ii) degli impianti e degli elementi di arredo, (iii) del verde e dei percorsi e (iv) delle strutture da destinare ad attività di commercio. Tutte le indicazioni progettuali sono stimate economicamente attraverso il Business Plan. Dal punto di vista degli interventi indiretti, la OCT prevede che la manutenzione e la gestione siano coordinate attraverso lo strumento del Piano di Gestione Programmata. Fig. 8 Progetto di Riqualificazione del parco pubblico Giovanni Paolo II (Pomigliano d'Arco) Fonte. Stato e Prospettive del Parco “Giovanni Paolo II”, 2011 • • Gruppo Rinascita Città. La proposta progettuale, che interessa gli spazi urbani della città di Sessa Aurunca, avanza soluzioni innovative di riqualificazione del centro storico. In questo senso, la OCT individua in primis una serie di interventi diretti di trasformazione del bene territoriale quali, ad esempio, il restauro di alcuni monumenti simbolo della città (“Salva l'Arte”) e la riprogettazione di spazi urbani (“Arredo Urbano” e “Parcheggio Mercato”) (http://www.gruppocittarinascita.it). Dal punto di vista delle azioni indirette, la OCT prevede che la manutenzione e la gestione siano affidate a strumenti partecipativi (es. bilancio partecipativo), utili alla sensibilizzazione ed al coinvolgimento della cittadinanza nella cura del bene territoriale (Proposta di Regolamento Bilancio Partecipativo, 2011). Associazione Parco Uditore. La proposta di progettazione del fondo Uditore, a Palermo, si è avvalsa del contributo tecnico dell'università. Il progetto intende tenere in considerazione diversi aspetti, tra cui le richieste della cittadinanza, la 11 Gli interventi previsti sono articolati, su base temporale secondo un cronoprogramma che individua quattro fasi di intervento, ciascuno dei quali include specifiche indicazioni progettuali. 122 Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • qualità e i caratteri dell’area e il budget a disposizione. Sono state, a tal fine, individuate scelte e metodologie di lavoro low cost, in grado di contenere le dotazioni minime per la fruizione pubblica dell’area e mettere, al contempo, in evidenza gli elementi di qualità esistenti (Leone, 2011). In questo senso, le scelte progettuali sono dunque orientate a tecniche e modalità eco­compatibili e/o reversibili. Dal punto di vista degli interventi diretti, la proposta prevede (i) una nuova rete di percorsi di 1.700 m percorribile a piedi e in bicicletta, (i) l'installazione di nuovi arredi, alcuni dei quali ricavati dalla trasformazione di alcuni manufatti presenti, (iii) la creazione di un piccolo vivaio a scopo didattico e orti collettivi, (iv) un'area giochi per bambini 2000 mq, una palestra all’aperto e un circuito fitness, ed infine, (v) il recupero di strutture esistenti e loro conversione funzionale. Dal punto di vista delle azioni indirette, la proposta prevede indicazioni in termini di orari di apertura al pubblico e organizzazione della sorveglianza. La proposta di progetto, dopo una fase di divulgazione, è attualmente al vaglio delle istituzioni locali, nell'ipotesi che possa comportare una variante urbanistica (http://www.uparco.org). Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia. La proposta progettuale è qui rappresentata dalla promozione di un piano di Un Nuovo Modello per Palermo in cui convergono una serie di indicazioni strategiche utili alla riqualificazione del territorio urbano ed extraurbano, anche attraverso il supporto di nuove forme di gestione (es. l'adozione o l'amministrazione convenzionata) da sottoporre alle autorità pubbliche locali (http://www.benecollettivo.it). In conclusione, le azioni di cura promosse dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) possono articolarsi in azioni di tipo generale – manutenzione, gestione e progettazione ­ e specifico (§ Tab. 7). Tab. 7 Tipologie d'azione di cura promosse dalle OCT Iniziativa Azione generale Azioni specifiche Manutenzione ­ Pulizia ­ Sistemazione Iniziativa di progettualità ­ Monitoraggio urbanistica = insieme di azioni cura del bene ­ Animazione Gestione ­ Adozione ­ Amministrazione convenzionata territoriale Progettazione ­ Progetto alternativo ­ Progetto innovativo Le tre azioni generali di manutenzione, gestione e progettazione non si escludono a vicenda ma, anzi, più spesso si combinano alternativamente. In questo senso, è utile 123 In sintesi Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) sottolineare che la capacità progettuale può maturare ed evolversi nel corso del tempo. Essere promotori di iniziative di cura di beni territoriali, attraverso azioni di manutenzione, gestione e progettazione, determina infatti una progressiva competenza da parte delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). Il successo delle iniziative, inoltre, incide notevolmente sul progressivo incremento di know­how e responsabilità, traducendosi nella promozione di iniziative, gradualmente più strutturate. Dal punto di vista dei beni territoriali, è possibile inoltre trarre ulteriori conclusioni. Se si guarda alle iniziative di manutenzione e gestione, i beni territoriali sono oggetto di cura da parte delle OCT. D'altro canto, le iniziative di progettazione permettono alle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) di divenire produttori di beni, oltre che semplici fruitori (Donati, 1996). Così accade nell'esperienza della OCT Associazione Parco Uditore che, nel promuovere il progetto di parco urbano sul fondo Uditore a Palermo, ha di fatto promosso la produzione di un nuovo bene territoriale, in luogo di un'area abbandonata e degradata. L'innovazione consiste, inoltre, nell'identificazione di nuovi funzioni e usi degli spazi, non previste in origine. Considerazioni sui beni territoriali 5.2.3 Forma di finanziamento Le iniziative di progettualità promosse dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) possono essere di carattere autofinanziato. In questo caso, l'autofinanziamento si basa principalmente sulla disponibilità di risorse interne, derivanti dalle quote associative versate dagli aderenti alla OCT, in genere all'atto dell'iscrizione. Allo stesso tempo, può accadere che al raggiungimento dell'iniziativa contribuiscano anche finanziamenti provenienti da fonti esterne. In questo caso, la OCT si attiva per reperire risorse dall'esterno attraverso raccolte fondi tra soggetti non aderenti all'organizzazione, contributi da sponsor, donazioni private o finanziamenti da soggetti pubblici. Il reperimento di finanziamenti esterni all'organizzazione rappresenta, in ogni caso, uno strumento fondamentale di autonomia e libertà (Moro, 2005). Entrambe si manifestano, oltre che nella capacità di trovare le fonti di finanziamento, nella consapevolezza dell'influenza che le stesse possono determinare sull'organizzazione. In entrambi i casi, il ruolo dell'organizzazione rimane comunque centrale. In altre parole, allorquando l'iniziativa di progettualità urbanistica non sia finanziariamente sostenibile, attraverso le sole risorse interne, sono gli stessi membri ad attivarsi in prima persona allo scopo di reperire risorse finanziarie dall'esterno. Le forme di finanziamento possono essere di tipo diretto o, altresì, indiretto. In quest'ultimo caso, l'iniziativa viene sostenuta tramite la fornitura dei mezzi e/o materiali necessari alla sua realizzazione. Le risorse finanziarie a sostegno dell'iniziativa di progettualità urbanistica sono dunque riconoscibili in: quote associative, raccolte fondi, sponsor, donazioni private e finanziamenti pubblici. 124 Finanziamento autonomo interno Finanziamento esterno Finanziamento diretto e indiretto Forme di finanziamento Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Le quote associative – quando presenti ­ rappresentano, insieme alla adesione alla mission, l'atto di iscrizione all'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT). L'importo viene, in genere, stabilito all'atto della costituzione dell'organizzazione e viene esplicitato nei documenti ufficiali previsti dalla forma giuridica. La quota, che viene corrisposta annualmente, dà al singolo membro diritto di voto. Allorquando l'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) si avvale delle risorse provenienti da quote associative, esse vengono impiegate – più di frequente ­ nelle azioni di manutenzione e nelle azioni specifiche di pulizia e sistemazione di beni territoriali. Ciò comporta l'acquisto dei mezzi e/o materiale utile al perseguimento dell'azione, siano essi attrezzature di supporto alla pulizia, elementi di arredo urbano utili alla sistemazione degli spazi urbani o elementi di verde utili alla sistemazione degli spazi verdi. L'attrezzatura di supporto così acquistata rimane di proprietà dell'organizzazione e concorre al perseguimento dell'efficacia dell'iniziativa per tutta la sua durata. Gli elementi di arredo, al contrario, entrano di diritto a far parte del bene territoriale. Un esempio in questo senso è dato dalla OCT Comitato per il Bene Collettivo che, al fine di sostenere le azioni di manutenzione, gestione (“Adotto la mia strada”) e progettazione di una serie di spazi urbani della città di Palermo, si avvale del finanziamento interno basato sulle quote associative erogate dai membri dell'organizzazione (Cosa e' il comitato per il bene collettivo? 2011). Un altro esempio in questo senso è offerto dalla OCT Sette Colli – Pari che, al fine di sostenere l'azione di gestione nei confronti degli spazi urbani del borgo di Pari, si è avvalsa principalmente del finanziamento interno dato dalle quote associative dei membri, integrato da risorse provenienti da raccolte fondi, tramite l'organizzazione di eventi locali, e donazioni private da soggetti terzi all'organizzazione (http://www.parionline.it). Nel momento in cui le risorse finanziarie, provenienti dalle quote associative, non siano sufficienti a sostenere le iniziative di progettualità promosse, l'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) si attiva nel reperimento di finanziamenti esterni, secondo i tradizionali meccanismi utilizzati dalle organizzazioni della società civile. Le raccolte fondi si basano sul contributo volontario, di soggetti esterni all'organizzazione, alle iniziative promosse dalla stessa, senza che questo rappresenti un'iscrizione formale. La OCT ha dunque la responsabilità di essere il garante dell'impiego dei finanziamenti, la garanzia sta nell'uso delle risorse esclusivo al perseguimento delle iniziative di progettualità avanzate. La raccolta fondi è destinata a quanti, tra cittadini singoli o associati ma anche attività commerciali e imprenditoriali, vogliano sostenere le iniziative di progettualità volte alla cura di beni territoriali. D'altro canto, l'azione di raccolta fondi ha indirettamente lo scopo di divulgare le iniziative promosse dall'organizzazione e, di conseguenza, rappresenta un potenziale mezzo di ampliamento del numero dei membri aderenti ed un rinnovato sostegno alle iniziative. L'analisi empirica dimostra come le risorse derivanti da raccolte fondi siano impiegate, più di frequente, nelle azioni di gestione del bene territoriale. La disponibilità finanziaria utile a sostenere le azioni di gestione, ad esempio l'adozione, necessita, infatti, di un investimento maggiore di quello utile alle azioni di 125 Quote associative Impiego delle quote associative Esperienze Raccolte fondi Impiego delle risorse da raccolte fondi Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) manutenzione. Un esempio in questo senso è dato dalla OCT CleaNap che, al fine di perseguire azioni di manutenzione di alcuni spazi urbani della città di Napoli, ha beneficiato del finanziamento diretto, ottenuto tramite di raccolta fondi, da parte di diverse attività commerciali locali, utile a sostenere l'acquisto dei mezzi e del materiale necessario (http://www.cleanap.org). Analogamente, la OCT Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, al fine di perseguire azioni di manutenzione e progettazione del parco Giovanni Paolo II di Pomigliano, ha beneficiato del finanziamento diretto della cittadinanza locale, ottenuto attraverso lo strumento della raccolta fondi. Un altro esempio è rappresentato dalla OCT Gruppo Città Rinascita che, al fine di attuare l'azione di recupero e restauro di alcuni monumenti simbolo della città di Sessa Aurunca (“Salva l'Arte”), ha avviato un processo di raccolta fondi aperto alla cittadinanza locale12 (http://gruppocittarinascita.it). La ricerca di uno sponsor prevede che le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) si attivino nel reperimento di finanziamenti, come nel caso della raccolta fondi, da parte di soggetti terzi all'organizzazione. In questo caso, si tratta perlopiù di soggetti privati quali, ad esempio, le imprese, gli istituti di credito o bancari e le fondazioni. Gli sponsor possono, alternativamente, contribuire al sostegno delle iniziative promosse dall'organizzazione attraverso finanziamenti diretti o indiretti, volti cioè all'acquisto di mezzi e/o materiali utili al perseguimento delle iniziative. Le risorse finanziarie derivanti da sponsor sono perlopiù impiegate a sostegno delle azioni di gestione e progettazione di beni territoriali che, necessariamente, comportano un investimento consistente. D'altro canto, il soggetto erogatore del finanziamento, sia esso diretto o indiretto, beneficia di un ritorno di immagine legato all'efficacia dell'iniziativa di cura del bene. Un esempio in questo senso è rappresentato dalla OCT La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter ONLUS che, al fine di sostenere economicamente azioni di manutenzione e gestione dell'area Trotter a Milano, ha rivolto la richiesta di finanziamento ad alcune fondazioni bancarie così come è accaduto per la OCT Quelli che il Parco... che, al fine di sostenere economicamente azioni di manuntenzione e gestione del parco Virgiliano­Nemorense a Roma, ha rivolto la richiesta di finanziamento ad un istituto bancario e ad attività commerciali locali. Un altro esempio in questo senso è rappresentato dalla OCT Associazione Parco Uditore che, al fine di sostenere azioni di progettazione del parco Uditore a Palermo, ha coinvolto uno sponsor di scala internazionale nell'acquisto delle attrezzature del futuro parco13. Diversamente dalle risorse reperite attraverso sponsor, le donazioni private 12 L'organizzazione si è infatti resa promotrice dell'adozione del monumento della fontana dell'Ercole: «contattato ditte specializzate e accreditate presso la Sovrintendenza ai beni architettonici e culturali ed infine presentato il progetto di restauro direttamente al comune indicando le modalità tecniche operative del progetto previste per l'esecuzione dei lavori e della raccolta fondi» (http://gruppocittarinascita.it). 13 Lo sponsor coinvolto, l'azienda multinazionale di origine danese Kompan, specializzata nei giochi e attrezzature per parchi, ha infatti devoluto parte del suo compenso alla realizzazione del progetto di realizzazione del Parco Uditore. 126 Esperienze Sponsor Impiego delle risorse ottenute da sponsor Esperienze Donazioni private Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) consistono in finanziamenti volontari da parte di soggetti esterni all'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT). Si tratta dunque di finanziamenti che non prevedono l'azione diretta dell'organizzazione quanto, piuttosto, l'interessamento volontario di soggetti esterni che scelgono di sostenere le iniziative promosse pur non prendendo parte all'organizzazione né alla realizzazione dell'iniziativa. Un esempio in questo senso è rappresentato dalla OCT Sette Colli – Pari che, al fine di sostenere azioni di gestione indirizzate agli spazi urbani del borgo di Pari, si è avvalsa della donazione di alcuni immobili privati da soggetti terzi all'organizzazione (http://www.parionline.it). L'ultima forma di finanziamento è costituita dal ricorso al risorse pubbliche. In questo caso, l'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT), dopo aver sottoposto l'iniziativa al giudizio del soggetto istituzionale locale, avanza una richiesta formale di finanziamento allo scopo di sostenerne la realizzazione. L'erogazione del finanziamento, di tipo diretto o indiretto, viene in genere formalizzata attraverso la stipula di una qualche forma di accordo tra le parti. Nel caso di finanziamento indiretto, i mezzi e/o materiali utili alla realizzazione dell'iniziativa rimangono di proprietà del soggetto istituzionale, che li ha messi a disposizione, e sono affidati in concessione all'organizzazione esclusivamente al fine di perseguire l'iniziativa di cura del bene territoriale. In questo senso, l'accordo formale tra le parti ha anche lo scopo di rendere l'organizzazione garante dello stato di conservazione dei mezzi e/o materiali assegnati in concessione. Le risorse pubbliche sono generalmente impiegate a sostegno delle azioni di (i) manutenzione14, in particolare rispetto alle azioni specifiche di pulizia e animazione degli spazi, (ii) gestione, per quanto concerne l'azione specifica dell'amministrazione convenzionata che implica inoltre azioni varie di manutenzione del bene territoriale, e, soprattutto e (iii) progettazione. In quest'ultima ipotesi, è importante sottolineare che, seppur a fronte di un'azione di progettazione del bene territoriale promossa e sostenuta volontariamente dall'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT), l'esecuzione del progetto – qualora approvato ­ resta di competenza del soggetto istituzionale. Un esempio in questo senso è rappresentato dalla OCT Città del Sole ­ Amici del Parco Trotter. Trattandosi infatti di un'aggregazione riconosciuta giuridicamente nella forma della Onlus, la OCT si avvale di uno strumento di rendicontazione finanziaria, reso pubblico a mezzo web, attraverso cui tracciare il bilancio complessivo dei finanziamenti a sostegno delle iniziative promosse (Rendiconto finanziario, 2011). D'altro canto, la OCT Erba Voglio, attraverso la convenzione con il comune di Genova, ha beneficiato di mezzi e/o materiali oltre che della consulenza tecnica del soggetto istituzionale, proponendo in cambio un contributo concreto all'esecuzione dei lavori (Convenzione tra il Consiglio di Circoscrizione di San Teodoro e l'Associazione Erba Voglio, 1997). 14 Come accade per la OCT La città del Sole - Amici del Parco Trotter, alla quale il soggetto pubblico locale (comune di Milano) ha affidato risorse finanziarie indirizzate principalmente al sostegno delle iniziative di manutenzione e, più nello specifico, delle azioni di animazione degli spazi dell'area Trotter (Rendiconto finanziario, 2011). 127 Esperienze Finanziamento pubblico Impiego delle risorse pubbliche Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) In conclusione, dall'indagine empirica emerge che circa la metà delle esperienze selezionate ­ Città del Sole ­ Amici del Parco Trotter, Salviamo i Castelli Romani, Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, Gruppo Rinascita Città, Associazione Parco Uditore, Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia – ha usufruito di finanziamenti da parte del soggetto istituzionale per l'esecuzione delle iniziative promosse. Ciò è particolarmente valido in relazione alle azioni di progettazione. Allo stesso tempo, dall'analisi emerge come, in relazione alle azioni di manutenzione e gestione, prevalgano tuttavia le forme di autofinanziamento affidate alla disponibilità di risorse legate alle quote associative, a raccolte fondi e contributi da sponsor e donazioni. Tab. 8 Forme di finanziamento delle iniziative di progettualità urbanistica Interne ­ Quote associative ­ Raccolta fondi Forme di finanziamento Esterne ­ Sponsor ­ Donazioni private ­ Finanziamento pubblico Come per quanto riguarda le tipologie di azioni, così le diverse forme di finanziamento (§ Tab. 8) non si escludono a vicenda quanto, piuttosto, si sommano tra loro. Può accadere dunque che una Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) si faccia carico di reperire parallelamente risorse finanziarie, dirette o indirette, a sostegno delle iniziative di cura del bene territoriale da fonti interne, tramite le quote di associazione, ed esterne, tramite raccolta fondi, sponsor e donazioni private. 128 In sintesi Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) CAPITOLO 6 Meccanismi di interazione. Il ruolo del soggetto istituzionale Il terzo criterio di lettura, posto dalla prospettiva della sussidiarietà orizzontale, attraverso cui viene analizzato il fenomeno di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), consiste nei meccanismi di interazione che intercorrono tra l'organizzazione e il soggetto istituzionale. La sussidiarietà considera centrale il ruolo del soggetto istituzionale, in termini di reciproco riconoscimento tra capacità proprie della sfera istituzionale e capacità della sfera non istituzionale. In altre parole, oltre all'individuazione dei “nuovi soggetti” che possono concorrere all'interesse generale attraverso la promozione di “nuove iniziative”, la prospettiva posta dalla sussidiarietà orizzontale si completa di un terzo elemento che sta proprio all'interazione tra sfera istituzionale e sfera non istituzionale. Secondo Putnam (1993) la società civile, oltre ad essere promotrice di scambi di tipo altruistico, è caratterizzata inoltre da scambi di reciprocità1 ovvero trasferimenti bidirezionali, indipendentemente volontari2 l'uno dall'altro, ma tra loro collegati (Zamagni, 1998). Il collegamento dei trasferimenti è la caratteristica che distingue la reciprocità dall'altruismo puro3, il quale si esprime invece in trasferimenti unidirezionali isolati. D'altro canto, reciprocità e altruismo rappresentano entrambi trasferimenti di tipo indipendentemente volontario. Secondo Zamagni (1998), la reciprocità non può essere giustificata in termini esclusivamente di egoismo, gli aspetti motivazionale e relazionale (Donati, 2001) sono infatti costitutivi della nozione di reciprocità. In questo senso, l'accento sulla volontarietà pone «[...] una speciale legittimità dovuta al fatto che i gruppi [della società civile] hanno origine dalla libera associazione piuttosto che dalla legge o dall'anticipazione del profitto» (Smith e Lipsky, 1993). 1 2 3 In particolare, secondo Putnam (1993) esisterebbe una relazione stretta tra i concetti di cooperazione, capitale sociale e reciprocità diffusa. La cooperazione volontaria si manifesta più facilmente in presenza di capitale sociale, insieme di norme di reciprocità e reti di impegno civico ovvero norme civiche ed associazionismo. L'indipendenza implica che ciascun trasferimento sia di per sé volontario ovvero libero. Ciò determina che nessun trasferimento sia condizione per il verificarsi dell'altro, «dal momento che non vi è obbligazione esterna alcuna in capo al soggetto trasferente» (Zamagni, 1998: 45). Tale caratteristica distingue la reciprocità dallo scambio di mercato, che è sì insieme di trasferimenti bidirezionali volontari, ma la volontarietà è, in questo caso, «globale, nel senso che essa si applica all'intero insieme di trasferimenti, e non già a ciascun trasferimento preso isolatamente» (Zamagni, 1998: 45). Secondo Zamagni (1998), alla sfera degli scambi volontari appartengono nell'ordine mercato, reciprocità e altruismo puro. Tutti sono scambi contrari alla coercizione, perciò volontari. La volontarietà tuttavia si esplicita in termini diversi: scambi globali legati da contratto, interazione reciproca diretta e scambi unidirezionali. 129 Centralità del ruolo del soggetto istituzionale Interazioni tipiche della società civile: solidarietà e reciprocità Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) Le organizzazioni associative tipiche della sfera della società civile, consapevoli della portata di interesse generale delle iniziative promosse, basano i meccanismi di interazione reciproca sul principio della libertà­e­responsabilità, in relazione sia ai membri stessi dell'organizzazione che ai soggetti ad essa esterni (inclusi quelli appartenenti alla sfera istituzionale)(Colozzi e Donati, 2002). Come sostiene Lichterman con riferimento al concetto di appartenenza sociale (2002: 37), le organizzazioni sociali sono dotate «di senso di responsabilità nei confronti della comunità più ampia. Essi progettano e realizzano i propri interventi con un forte senso di autonoma responsabilità per le relazioni che li connettono ad altri gruppi e alle istituzioni della più ampia comunità». In questo senso, appare fondamentale indagare in quali termini la reciprocità dell'interazione, tra la sfera istituzionale e non istituzionale, implichi un equilibrio tra libertà e responsabilità. L'analisi empirica, rappresentativa di uno spaccato della realtà, ben sottolinea le diverse condizioni di equilibrio alla base dei meccanismi di interazione reciproca. In altre parole, ciascuna esperienza indagata dimostra gradi di interazione, tra Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) e soggetto istituzionale, differenti. Ciò è essenzialmente determinato da una serie di fattori legati alle caratteristiche del soggetto non istituzionale, nel qual caso le OCT, dell'iniziativa proposta ma, soprattutto, alla propensione del soggetto istituzionale ad accogliere contributi provenienti dall'esterno. In questo senso, il ruolo assunto da parte del soggetto pubblico può manifestarsi in una pluralità di atteggiamenti, dal totale disinteresse alla stretta collaborazione, riconoscibili in una sequenza di gradi. Reciprocità con la sfera istituzionale Gradi di interazione nelle esperienze 6.1 Gradi di interazione con il soggetto istituzionale Dall'analisi empirica emerge che l'interazione, tra le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e il soggetto istituzionale, può assumere diversi gradi di intensità, individuabili in: assenza, interesse, dialogo, patrocinio e collaborazione. Il primo, e più basso, grado nella scala delle possibili interazioni è identificabile con la totale assenza di relazione. Tale condizione può verificarsi perchè le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) non sentano il bisogno di interfacciarsi con il soggetto istituzionale o, di contro, perchè quest'ultimo non manifesti alcun interesse nei confronti dell'organizzazione né dell'iniziativa di progettualità promossa. Il disinteresse è, in genere, determinato dalla scarsa fiducia – se non addirittura diffidenza ­ tra le parti, specie se l'iniziativa promossa ha a che fare con l'interesse generale. Tale atteggiamento caratterizza, in prima battuta, il soggetto istituzionale che, tradizionalmente considerato portatore unico dell'interesse generale, tende a non riconoscere alcuna competenza alla società civile e ad identificare i cittadini come semplici utenti (Arena, 2006). Un esempio in questo senso è rappresentato dalle esperienze delle OCT l'Erba Voglio, Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano e Associazione Parco Uditore, in relazione alle proposte di progettazione alternativa di beni territoriali. Le prime fasi di interazione 130 Gradi di interazione Assenza di interazione Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) tra le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e i soggetti istituzionali hanno infatti visto la contrapposizione, spesso conflittuale, tra le parti basata sul mancato riconoscimento reciproco. Da un lato, l'organizzazione rifiuta ed osteggia le proposte di trasformazione del bene territoriale avanzate dal soggetto istituzionale4. Dall'altro, quest'ultimo non riconosce la legittimità del ruolo propositivo dell'organizzazione. La contrapposizione, che in altre esperienze (Bobbio e Dansero, 2008) ha determinato il presupposto per un'interazione conflittuale tra le parti e un conseguente stallo nell'avanzamento del progetto, viene qui superata grazie al riposizionamento delle parti in relazione ad una proposta progettuale alternativa. L'analisi delle tre esperienze evidenzia, in particolar modo, come l'iniziale diffidenza tra le parti sia infatti stata superata ponendo maggiore attenzione all'iniziativa, piuttosto che al soggetto promotore. Il secondo grado di interazione tra le parti è rappresentato dall'interesse. In questo caso, la OCT e il soggetto istituzionale hanno avviato l'interazione sulla base della iniziativa promossa dall'organizzazione. L'interesse manifestato dal soggetto istituzionale può tradursi in forme di sostegno, perlopiù politico, nelle sedi decisionali competenti. In questo senso, quanto più si dimostra esteso l'interesse della collettività nei confronti dell'iniziativa, tanto più sarà ampio il grado di interesse dei soggetti istituzionali. Tale interesse può, tuttavia, rappresentare un sostegno più simbolico che reale. In questo senso, non deve sorprendere se il sostegno alle iniziative promosse dalle OCT sia strumentalmente utilizzato ai fini della propaganda politica. Quando, al contrario, il sostegno si dimostra reale, più facilmente l'interazione tra OCT e soggetto istituzionale può evolvere dal semplice interesse al grado, più strutturato, del dialogo. Un esempio in questo senso è rappresentato dalle esperienze delle OCT CleaNap e Associazione Parco Uditore. Nella prima esperienza, il sostegno del soggetto istituzionale si è manifestato nel coinvolgimento diretto, seppur simbolico, del sindaco del comune di Napoli alle azioni di pulizia promosse dalla OCT (http://www.cleanap.org). Nella seconda esperienza, al contrario, la proposta di progettazione del fondo Uditore a Palermo ha visto il coinvolgimento diretto di alcuni rappresentanti istituzionali locali, in primis l'assessore al settore urbanistica del comune di Palermo. Il sostegno all'iniziativa si è, in questo caso, tradotto nell'interlocuzione diretta nelle sedi istituzionali locali (http://www.uparco.org). Il terzo grado di interazione, tra Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e soggetti istituzionali, è costituito dal dialogo tra le parti5. In questo caso, l'interazione è basata sull'interesse, di entrambe le parti, nei confronti dell'iniziativa promossa. L'organizzazione ha così modo di presentare le caratteristiche dell'iniziativa sulla base delle quali poter avviare un dialogo con il soggetto istituzionale. L'interazione dialogica può essere avviata in sedi private, generalmente gli uffici pubblici dell'istituzione locale, 4 5 In questo senso, le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) possono farsi promotori di iniziali azioni di dissenso (es. raccolta firme) allo scopo di contrastare la proposta progettuale avanzata dal soggetto istituzionale (su questo argomento si veda Moro, 1998; Moro, 2005). Moro (2005: 189) riconosce tale grado di interazione come “interlocuzione”. 131 Interesse Esperienze Dialogo Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) o anche in sedi pubbliche. Quest'ultima prospettiva vede, in genere, l'Organizzazione di Cittadinanza Territoriale coinvolta come promotore e coordinatore del confronto. In questo senso, accade che la OCT promuova e coordini occasioni di incontro pubblico, come per esempio assemblee o seminari, in cui poter divulgare l'iniziativa alla presenza dei rappresentanti del soggetto istituzionale locale e, talvolta, di tecnici esterni convocati ad hoc. L'apertura al pubblico consente, allo stesso tempo, di divulgare l'iniziativa alla collettività e raccogliere in questo modo ulteriori forme di sostegno. L'interazione dialogica pone quindi le basi per un'interazione strutturata tra le parti, spesso tradotta nel patrocinio. Esempi in questo senso sono rappresentati dalle OCT Salviamo i Castelli Romani, Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano e Gruppo Rinascita Città. In particolare: • • • 6 Salviamo i Castelli Romani. L'interazione tra la OCT e il soggetto pubblico ha visto, in questo caso, una progressiva evoluzione fino a raggiungere il grado del dialogo. Nella fase iniziale la OCT si è, infatti, resa promotrice di azioni di sensibilizzazione rivolte ai rappresentanti delle istituzioni locali, attraverso appelli di denuncia sulle condizioni di degrado del lago di Albano e spazi circostanti. In un secondo momento, la OCT ha promosso iniziative di manutenzione, tradotte in puntuali azioni di pulizia (“Salviamo il lago di Albano”), che hanno ottenuto un largo consenso e sostegno della comunità locale. Il successo delle iniziative ha determinato un progressivo interesse da parte del soggetto istituzionale e posto, dunque, le basi per un'interazione dialogica strutturata. L'evento pubblico “Forum per i Castelli Romani” 6, svoltosi per la seconda edizione nel 12 giugno 2012, ha infatti visto un ampio coinvolgimento, oltre che della comunità, di diversi rappresentanti delle istituzioni locali (http://www.salviamoicastelliromani.org). Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano. L'interazione tra OCT e soggetto istituzionale ha visto, anche in questo caso, una progressiva evoluzione fino al grado del dialogo. Ad una prima fase di contrasto, manifestato dalla OCT attraverso forme di dissenso (es. raccolta firme) in opposizione al progetto di trasformazione del parco pubblico Giovanni Paolo II avanzato dalle istituzioni locali, ha fatto seguito un'interazione dialogica basata sulla proposta di progetto alternativa. L'evento pubblico “Il futuro del Parco di Pomigliano”, coordinato dalla OCT, ha avuto lo scopo di presentare la proposta di progetto alternativa alla presenza, oltre che della comunità locale, dei principali rappresentanti delle istituzioni locali (http://parcopubblico.wordpress.com) e porre dunque le basi per una collaborazione tra le parti. Gruppo Rinascita Città. L'interazione tra OCT e soggetto istituzionale ha visto, L'evento è stato promosso allo scopo di costruire la, già ricordata, Rete dei Castelli Romani. La prima edizione del Forum, organizzata nel giugno 2011, ha previsto una serie di incontri e dibattiti pubblici cui hanno partecipato oltre 500 persone (cittadini, rappresentanti di associazioni e comitati territoriali, ma anche artisti, esponenti del mondo accademico, delle istituzioni e del mondo imprenditoriale). 132 Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) anche in questo caso, una progressiva evoluzione fino a raggiungere il grado del dialogo. In una prima fase, le iniziative della OCT hanno riguardato la denuncia, alle autorità locali, dello stato di degrado degli spazi urbani della città di Sessa Aurunca. In seguito, sulla scorta della promozione di iniziative di gestione promosse dalla OCT, il soggetto istituzionale ha manifestato un progressivo interesse, tale da determinare le condizioni per un'interazione strutturata tra le parti (http://www.gruppocittarinascita.it). Il quarto grado di interazione tra Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e soggetti istituzionali è riconoscibile nel patrocinio. In questo caso, gli esiti positivi del dialogo tra le parti convergono in un accordo formale. Il soggetto istituzionale, riconosciuta la competenza della OCT e la virtuosità dell'iniziativa promossa, accorda il proprio sostegno attraverso la forma del patrocinio. In questo modo, l'iniziativa può beneficiare dell'approvazione da parte del soggetto istituzionale. D'altro canto, il patrocinio non impone in alcun modo al soggetto istituzionale un sostegno tecnico e/o finanziario. Un esempio in questo senso è rappresentato dall'esperienza della OCT Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno che, al fine di perseguire le iniziative di manuntenzione degli spazi urbani della città di Ascoli Piceno, ha beneficiato del patrocinio da parte del soggetto istituzionale locale. Tale patrocinio ha permesso alla OCT di promuovere nuove iniziative di progettualità con il sostegno simbolico, oltre l'approvazione, dell'istituzione (http://antidegradoperascoli.wordpress.com). Un altro esempio è rappresentato dall'esperienza della OCT CleaNap che, al fine di perseguire le iniziative di manutenzione degli spazi urbani simbolo della città di Napoli e del territorio vesuviano (“Let's do it! Vesuvius”), ha beneficiato del patrocinio di diversi soggetti istituzionali locali, in particolare comuni. L'ultimo, e più complesso, grado di interazione che può stabilirsi tra Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e soggetti istituzionali è riconosciuto nella collaborazione7. In questo caso, la reciprocità di relazione è consolidata al punto da determinare una stretta collaborazione tra le parti. La collaborazione, così come il patrocinio, prevede un accordo formale a sancire il riconoscimento delle rispettive capacità e competenze. D'altro canto, diversamente dal patrocinio, la collaborazione prevede un sostegno concreto all'iniziativa, in termini di contributo finanziario o sostegno tecnico. La collaborazione si traduce così nella «definizione e la messa in opera di programmi comuni in cui l'organizzazione in questione e i cittadini attivi lavorano insieme, condividendo rischi e risorse» (Moro, 2005: 189). La condivisione di rischi e risorse fa sì che l'interazione tra le parti sia basata, oltre che sulla volontarietà, sul reciproco vantaggio, che ciascuna delle controparti ottiene, se posta in condizione di operare liberamente. Secondo Moro (2005: 189), le collaborazioni devono inoltre «avere scopi di interesse generale da perseguire attraverso azioni comuni, il che non esclude il perseguimento dei 7 Moro (2005: 190) riconosce il grado di interazione della collaborazione nella “partnership”. 133 Patrocinio Esperienze Collaborazione Caratteristiche della collaborazione Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) propri interessi da parte di alcuni dei partner; essere innovative, ossia devono favorire l'esplorazione di nuovi approcci ai problemi e alle opportunità esistenti, nonché nuove modalità di rapporto; devono coinvolgere una molteplicità di attori differenziati, provenienti cioè da almeno due diversi settori tra quello pubblico, quello privato e quello della società civile; devono avere un carattere volontario, nel senso che la collaborazione deve derivare da una scelta volontaria piuttosto che dalla conformità a leggi o statuti, anche se può accadere che alcuni soggetti siano spinti a partecipare dalla volontà di prevenire conflitti o dalla pressione dell'ambiente esterno; devono comportare benefici reciproci e investimenti condivisi, nel senso che ogni partner deve contribuire con proprie risorse al raggiungimento dei fini comuni, sopportando i costi e assumendo i rischi che ciò comporta, ma deve anche ottenere benefici che devono poter essere precisamente definiti; devono avere un effetto “alchemico”, nel senso che, attraverso la loro collaborazione, i partner devono costruire qualcosa che è maggiore della somma delle parti e che nessuno di essi avrebbe potuto raggiungere da solo». Si potrebbe, in questo senso, mutuare dalla teoria dei giochi il concetto di “somma positiva”. In altre parole, la collaborazione garantisce, in molti casi, un valore aggiunto all'efficacia dell'iniziativa promossa, senza che questo determini il predominio o una dipendenza di una parte sull'altra. In termini operativi, la collaborazione tra OCT e soggetto istituzionale può tradursi, ad esempio, nell'azione della amministrazione convenzionata, secondo cui la gestione del bene territoriale viene affidata alla OCT nel rispetto di un accordo formalizzato8. Un esempio in questo senso è rappresentato dalle OCT La Città del Sole – Amici del Parco Trotter, l'Erba Voglio, i Giardini del Guasto, Sette Colli – Pari, Quelli che il Parco... e Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano. In tutti i casi, la collaborazione è formalizzata in atti formali, sottoscritti da OCT e soggetti istituzionali, attraverso cui vengono identificate rispettive competenze e ruoli nel perseguimento dell'iniziativa. In alcuni casi, la collaborazione ha determinato inoltre il sostegno finanziario da parte del soggetto istituzionale. In particolare: • 8 La Città del Sole – Parco Trotter. La storica collaborazione, stabilita tra la OCT e il comune di Milano, garantisce all'organizzazione la gestione dell'intera area del Trotter, parco e strutture annesse. D'altro canto, l'istituzione contribuisce finanziariamente al sostegno dell'iniziativa. Il controllo dell'uso corretto delle risorse erogate avviene tramite lo strumento di rendicontazione, aggiornato annualmente, di cui la OCT è dotata (Rendiconto finanziario, 2011). A questo proposito, è opportuno precisare che gli accordi formali di collaborazione, stipulati tra Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e soggetto istituzionale, rappresentano strumenti frequentemente utilizzati, in ambito nazionale, in molti contesti locali. Tali accordi prevedono l'affidamento della gestione di spazi urbani o verdi a realtà aggregative della società civile o, anche, a soggetti appartenenti alla sfera più propriamente privata. Tra tutti si veda, in questo senso, l'esperienza del comune di Sesto San Giovanni, promotore dell'iniziativa “Bene comune. Cresce con cura” (http://www.sestosg.net/sportelli/ambienteterritorio/benecomune). 134 Un gioco a “somma positiva” Traduzione operativa della collaborazione Esperienze Formalizzazione dell'accordo e finanziamento Esperienze Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • • 9 Erba Voglio. La collaborazione tra OCT e comune di Genova, avviata già a partire dalla fine degli anni Novanta, ha permesso – e permette tutt'ora ­ la gestione in forma di amministrazione convenzionata del giardino di San Teodoro da parte della OCT. In una prima fase, precedente all'accordo formale, il comune di Genova ha inoltre contribuito direttamente al sostegno dell'iniziativa attraverso la fornitura di mezzi e/o materiali utili alla manutenzione nonché fornito la consulenza tecnica, finalizzata all'esecuzione del progetto (Barletta, 2000). L'accordo siglato dalle parti, Convenzione tra il Consiglio di Circoscrizione di San Teodoro e l'Associazione Erba Voglio per l'apertura e la chiusura nonche' la cura e la manutenzione del giardino sito tra i civv. 114 e di via Ferrara (1997)9, stabilisce da un lato l'impegno della OCT nelle attività di «a) all'apertura e chiusura al pubblico dell'area negli orari meglio visti tenendo, ove possibile, all'uniformita' con gli orari previsti per le altre aree verdi comunali; b) alla pulizia e custodia dell'area; c) alla cura del verde» (art. 2) e, dall'altro, l'obbligo dell'istituzione nel «a) fornire tramite il Settore Gestione del verde della Direzione Ambiente e Qualita urbana e seconda la disponibilita' dello stesso Settore, il materiale di consumo (terriccio, concime) e quant'altro occorrente alla manutenzione del verde (fitofarmaci, trattamenti, attrezzi semplici, ecc) con esclusione di macchine; b) concedere l'uso del manufatto insistente sull'area per la custodia degli attrezzi e del materiale di consumo occorrente; c) fare intervenire i tecnici del Settore Gestione verde ogni qual volta venga ritenuto necessario per la corretta conduzione dell'area verde, ed in ogni caso, almeno due volte l'anno; d) a fornire l'acqua necessaria al mantenimento del verde» (art. 3). La convenzione prevede, inoltre, che la OCT si impegni a «a) non modificare senza previo assenso del Settore Gestione del Verde la composizione per quantita' e qualita' delle specie vegetali arboree, arbustive ed erbacee impiantate; b) richiedere l'intervento dei tecnici del Settore Gestione del Verde la verifica sullo stato di manutenzione del verde almeno 2 volte l'anno e comunque consentire la verifica ogni volta lo stesso Settore lo ritenga necessario» (art. 4). Infine, dal punto di vista del sostegno economico «il Consiglio di Circoscrizione di San Teodoro si impegna a rimborsare alla Associazione Erba Voglio le spese sostenute per la manutenzione e cura del giardino (bollette dell'acqua, assicurazione dei soci, ecc.) dietro preventiva autorizzazione e successiva presentazione note spesa» (art. 5). Giardini del Guasto. La collaborazione avviata nel corso degli anni tra la OCT e i soggetti istituzionali locali, quali il comune di Bologna e il quartiere San Vitale, ha garantito alla OCT, da un lato, la gestione diretta del parco del Guasto e, dall'altro, il sostegno finanziario da parte dell'istituzione. L'accordo formale è Il successo della convenzione, e dell'esperienza in generale, ha avviato un processo di apprendimento istituzionale secondo il quale il comune di Genova ha promosso la redazione della Delibera sull'affido delle aree verdi (2004). Tale delibera sancisce la gestione di spazi verdi urbani - piccole aree, giardini o parchi di medie e grandi dimensioni - a soggetti esterni all'istituzione, quali negozianti, singoli cittadini o piccoli comitati. Essa consente inoltre la reclamizzazione da parte del soggetto affidatario (Macagno, 2007). 135 Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • • rappresentato dallo strumento della convenzione. D'altro canto, il sostegno economico ha permesso alla OCT di promuovere diverse iniziative di manutenzione dell'area, comprese le iniziative di animazione sociale inserite successivamente nel circuito delle iniziative comunali (http://associazionegiardinodelguasto.blogspot.it). Sette Colli – Pari. La collaborazione tra la OCT e i soggetti istituzionali locali, il comune di Civitella Paganico (cui il borgo di Pari appartiene amministrativamente), è esito del successo dell'iniziativa di gestione promossa dalla OCT (“Persiane aperte”). In particolare, il soggetto istituzionale ha aderito alla proposta di realizzazione di un ufficio turistico, finora assente sul territorio, da affidare alla gestione della OCT al fine di perseguire gli obiettivi di tutela e valorizzazione del territorio (http://www.parionline.it). Quelli che il Parco... La collaborazione tra la OCT e i soggetti istituzionali locali, in particolare il comune di Roma nel soggetto del Dipartimento di Tutela Ambientale e del Verde ­ Protezione civile, è stata formalizzata nell'aprile del 2011 nel Protocollo di collaborazione alla tutela e alla salvaguardia del Parco Virgiliano­Nemorense (http://www.quellicheilparco.it). Tale documento sancisce l'affidamento della gestione del parco alla OCT per le seguenti attività «1. monitoraggio e valutazione, attraverso l'adozione di apposite check­list, dello stato di pulizia, manutenzione, sicurezza, illuminazione, funzionamento del sistema di irrigazione in tutte le aree del parco compresi il laghetto (fontana monumentale) e l'area cani. Le risultanze verranno trasmesse con cadenza regolare ai competenti uffici comunali. 2. segnalazione agli uffici preposti di ogni eventuale problema riguardante l'ordine e la sicurezza. 3. segnalazione alle autorità preposte di eventuali usi impropri effettuati in tutte le aree del parco date in concessione. 4. organizzazione, attraverso volontari appositamente individuati, di un servizio di sorveglianza diurna che garantisca il rispetto delle comuni regole civili (…). Tali volontari saranno individuabili tramite un distintivo concordato ed autorizzato dal Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde, Protezione Civile, U.O. Verde Pubblico e Decoro Urbano Comune di Roma. 5. adozione di una o più aiuole da destinare alla cura e alla manutenzione dei residenti previo corso di formazione da realizzarsi con il supporto della Casa del Giardinaggio e sotto il controllo del personale della U.O. Verde Pubblico e Decoro Urbano. 6. organizzazione di eventi ludici, culturali ed educativi (preventivamente autorizzati dall'amministrazione comunale) con la finalità principale di diffondere una cultura del rispetto del verde soprattutto tra le giovani generazioni e al fine di rendere il parco un luogo di cultura e aggregazione sociale; l'organizzazione di eventi deve essere estesa anche ad altre associazioni o comitati (sempre previa autorizzazioni di uffici comunali e sotto la responsabilità degli stessi promotori). 7. individuazione di possibili sponsor privati per la realizzazione di progetti specifici nel parco (sistema di videosorveglianza già in itinere). 8. promozione per la realizzazione di un campetto polivalente da destinare ai giovani del quartiere e da realizzarsi, attraverso le opportune autorizzazioni degli uffici competenti dell'amministrazione comunale, 136 Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) • nell'area ex bocciofila di via Martignano». Lo stesso documento stabilisce che al soggetto istituzionale spetta la competenza nel mantenere le condizioni di pulizia del parco e sicurezza nel caso in cui l'organizzazione non riesca a farsene carico autonomamente. Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano. La collaborazione tra OCT e soggetti istituzionali locali, il comune di Pomigliano d'Arco, è in questo caso esito del dialogo tra le parti. In particolare, l'iniziativa di progettazione alternativa del parco Giovanni Paolo II, divulgata in occasione dell’evento “Il futuro del Parco pubblico: prove tecniche di partecipazione” (dicembre 2011), ha posto le basi per un percorso di progettazione partecipata10, denominato dalla OCT “Progetto Parco”, aperto a tutti i cittadini, le associazioni e i professionisti locali. Il percorso è stato affidato ­ secondo accordo tra le parti ­ nella definizione e nella conduzione, a tecnici specializzati, con il supporto di volontari dell'organizzazione e rappresentanti del soggetto istituzionale. I gradi di interazione rappresentati dal patrocinio e dalla collaborazione prevedono una serie di condizioni necessarie. Secondo Moro (2005: 189), «dal lato delle organizzazioni civiche, possono essere fissati i seguenti caratteri: l'altro attore deve riconoscere il ruolo dei cittadini, ad esempio attraverso accordi formali o informali, prima o durante la messa in atto delle attività in questione; le organizzazioni civiche devono svolgere un ruolo effettivo e significativo; esse devono giocare un ruolo che sia nello stesso tempo autonomo e coordinato rispetto all'interlocutore; tale ruolo deve implicare l'esercizio di poteri e responsabilità delle organizzazioni civiche; la partecipazione civica deve portare un valore aggiunto». I gradi di interazione che si innescano tra soggetto istituzionale e Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), possono essere considerati in termini sequenziali ovvero come fasi di un processo. In altre parole, l'interazione tra le parti può evolversi progressivamente nel tempo, come dimostrano diverse esperienze analizzate. Accade così che, di fronte ad un'iniziativa di progettualità urbanistica promossa dalla OCT, il ruolo del soggetto istituzionale possa evolvere dal semplice interesse (anche simbolico) ad una propensione al dialogo o, ancora, alla collaborazione. Allo stesso modo, il processo può avere, d'altro canto, direzione inversa. In questo senso, il ruolo del soggetto istituzionale può tornare al semplice dialogo, nel caso in cui la collaborazione non abbia determinato un'efficacia nella realizzazione dell'iniziativa o si sia verificata una qualche mancanza da parte della OCT. La molteplicità di interazioni possibili tra Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e soggetto istituzionale è, seguendo Borzaga (2012), perlopiù determinata dalla ricerca di un equilibrio tra intervento promosso dal soggetto istituzionale e non 10 Il comune di Pomigliano d'Arco, a partire dal gennaio 2012, ha avviato il percorso di progettazione partecipata denominato “Progetto Parco”. La OCT ha contribuito attivamente al percorso attraverso la stesura di documenti utili alla definizione dei principi e delle caratteristiche del processo partecipato. Ad oggi, il percorso risulta essere in corso. La OCT rimane garante della gestione trasparente ed efficace del processo (http://parcopubblico.wordpress.com). 137 Condizioni indispensabili al patrocinio e alla collaborazione Gradi di interazione come fasi di un processo Equilibrio mutevole Parte Seconda ­ Progettualità urbanistica delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) istituzionale. Si tratta di un equilibrio mutevole, determinato di volta in volta dai presupposti al contesto, in particolare, in relazione al grado di sviluppo della stessa società civile, alla disponibilità effettiva di risorse (materiali e immateriali) e alla qualità dell'intervento pubblico. Tab. 9 Gradi di interazione tra soggetti istituzionali e OCT Interesse ­ Simbolico ­ Reale Dialogo ­ Incontri privati ­ Incontri pubblici Patrocinio ­ Permessi/autorizzazioni ­ Patrocinio Collaborazione ­ Modifica/approvazione progetto ­ Avvio processo di progettazione partecipata ­ Convenzione ­ Finanziamento In conclusione, quanto emerge dall'analisi delle esperienze rispetto ai meccanismi di interazione tra OCT e soggetto istituzionale, è la presenza costante di un grado minino di interazione tra le parti. In altre parole, tutte le esperienze selezionate contemplano una qualche forma di interazione con il soggetto pubblico, a sottolineare la fondamentale importanza che l'interazione determina sull'efficacia dell'iniziativa. In questi termini, è opportuno chiarire come l'interazione non neghi in alcun modo l'autonomia dell'iniziativa né, d'altro canto, costituisca una condizione di deleggittimazione del ruolo del soggetto pubblico nei confronti della cura del bene territoriale, incorrendo in forme di privatizzazione o esternalizzazione. Alla luce dell'indagine del fenomeno di progettualità urbanistica promosso dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), è possibile giungere in conclusione di questo lavoro di ricerca ad una interpretazione consapevole della sussidiarietà orizzontale. Tale interpretazione, valida per la pianificazione territoriale, ha l'obiettivo di considerare e valorizzare le potenzialità della società civile, e dunque delle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), nel promuovere iniziative di progettualità urbanistica nell'interesse generale. 138 In sintesi Valore aggiunto dell'interazione Presupposti per l'interpretazione della sussidiarietà Tab. 10 Confronto tra le esperienze di OCT selezionate Organizzazione di Cittadinanza Territoriale (OCT) Iniziativa di progettualità urbanistica Meccanismi di interazione N° Denominazione e localizzazione Mission Forma giuridica Scala di aggregazione Categoria di bene territoriale Tipologia d'azione Forma di finanziamento Ruolo del soggetto pubblico 1 La Città del Sole – Amici del parco Trotter MILANO Tutela e valorizzazione dell'area Trotter (parco e strutture) Onlus Quartiere Spazio verde Manutenzione Gestione Proposta di progettazione Sponsor Finanziamento pubblico Collaborazione 2 Erba Voglio GENOVA Gestione giardino San Teodoro Associazione Quartiere Spazio verde Manutenzione Gestione Proposta di progettazione Sponsor Finanziamento pubblico Collaborazione 3 Associazione Giardini del Guasto BOLOGNA Cura del giardino del Guasto Associazione Quartiere Spazio verde Manutenzione Gestione Finanziamento pubblico 4 Sette Colli – Pari PARI (GR) Tutela e valorizzazione del borgo di Pari Associazione Centro urbano Spazi urbani Gestione Quote associative Raccolta fondi Donazioni private 5 Coordinamento Antidegrado ASCOLI PICENO Lotta al degrado urbano Associazione culturale ­ Centro urbano Spazi urbani Manutenzione ­ 6 Vivi il borgo PERUGIA Valorizzazione condizioni del Associazione quartiere Borgo Quartiere Spazi urbani Spazi verdi Manutenzione Proposta di progettazione Raccolta fondi 7 Quelli che il parco... ROMA Valorizzazione e salvaguardia Comitato del parco Virgiliano­Nemorense Quartiere Spazio verde Manutenzione Gestione Proposta di progettazione Sponsor 8 Salviamo i Castelli Romani ALBANO (RM) Valorizzazione del territorio dei Castelli Romani Associazione culturale Centro urbano Spazio verde Manutenzione Gestione Proposta di progettazione Raccolta fondi 9 Tutela parco pubblico Comitato per il Parco Giovanni Paolo II Pubblico di Pomigliano POMIGLIANO D'ARCO (NA) Comitato Centro urbano Spazio verde Manutenzione Proposta di gestione Progettazione Raccolta fondi 10 CleaNap NAPOLI Recupero luoghi simbolo Movimento → Associazione 11 Gruppo Rinascita Città (GRC) SESSA AURUNCA (CE) 12 13 Collaborazione Patrocinio Dialogo Collaborazione Dialogo Collaborazione Centro urbano Spazi urbani Manutenzione Raccolta fondi Recupero e valorizzazione del Associazione di centro storico di Sessa Promozione Sociale Aurunca (APS) Centro urbano Spazi urbani Gestione Proposta di progettazione Raccolta fondi Associazione Parco Uditore PALERMO Progettazione parco urbano su fondo Uditore Associazione Quartiere Spazio verde Proposta di gestione Proposta di progettazione Sponsor Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia PALERMO Gestione dello spazio urbano Comitato Centro urbano Spazi urbani Manutenzione Gestione Proposta di progettazione Quote associative 139 Collaborazione Interesse Patrocinio Patrocinio Dialogo ­ Conclusioni CONCLUSIONI Sussidiarietà orizzontale e pianificazione territoriale Obiettivo del presente lavoro di ricerca è di avanzare una proposta di interpretazione della prospettiva posta dalla sussidiarietà orizzontale nel campo della pianificazione territoriale. A partire dagli esiti dell'indagine sin qui condotta, sul piano teorico ed empirico, è possibile articolare le considerazioni conclusive in relazione a: • • • individuazione degli elementi chiave utili all'interpretazione della sussidiarietà orizzontale nella pianificazione territoriale, alla luce degli equivoci e gli aspetti retorici ricorrenti nel dibattito in corso. verifica dell'interpretazione avanzata, a partire dall'analisi delle esperienze di progettualità urbanistica promossa dalle qui definite Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT). identificazione delle possibili prospettive di ricerca poste dall'interpretazione avanzata, in relazione alla pluralità di esperienze di progettualità promosse da realtà aggregative appartenenti alla sfera della società civile. Sussidiarietà. Superare equivoci e retoriche Come emerge dall'indagine teorica, la sussidiarietà rappresenta da sempre ­ per semantica e prospettive di applicazione ­ un concetto ampiamente conteso e, al tempo stesso, dibattuto. L'analisi del dibattito transdisciplinare in corso nel contesto nazionale evidenzia, a tal proposito, la difficoltà di pervenire ad un'interpretazione univoca e condivisa che sia in grado di cogliere della sussidiarietà potenzialità ed implicazioni. L'ambizione della presente lavoro di ricerca è, in primis, quello di riconoscere alcuni elementi chiave attraverso cui poter ridefinire i termini del dibattito in corso e suggerire una proposta di interpretazione valida per la pianificazione territoriale. In questo senso, la definizione degli elementi chiave deriva dal riconoscimento dei principali equivoci e aspetti retorici che ruotano attorno al concetto di sussidiarietà e che ricorrono frequentemente nel dibattito in corso. Possono essere riconosciuti quattro principali equivoci: (i) sovrapposizione concettuale tra dimensione verticale ed orizzontale della sussidiarietà, (ii) interpretazione settoriale della società civile, (iii) centralità dei servizi, (iv) riduzione vs favore del ruolo dei soggetti istituzionali. Il primo equivoco consiste nella sovrapposizione concettuale tra dimensione verticale 140 Equivoci Conclusioni ed orizzontale della sussidiarietà1. Secondo tale interpretazione, già criticata da Moroni (2012), la dimensione orizzontale della sussidiarietà sarebbe associata, così come la dimensione verticale, alla redistribuzione di competenze tra soggetti istituzionali. In altre parole, ad essere coinvolti nella sussidiarietà sarebbero esclusivamente i soggetti appartenenti alla sfera istituzionale. L'analisi della produzione normativa in materia di governo del territorio evidenzia come alcune norme regionali abbiano accolto tale interpretazione, identificando in alcuni casi la sussidiarietà con la cooperazione tra enti territoriali di pari o subordinata competenza (emblematici i casi dell'Umbria e della Campania). L'equivoco è piuttosto evidente. L'indagine svolta sulle origini della sussidiarietà permette di riconoscerne facilmente la natura. Le matrici di pensiero che hanno postulato il concetto – cattolica, liberale e sociale utopista – seppur attraverso declinazioni ed interpretazioni differenti, condividono la centralità della società civile a cui riconoscono capacità di iniziativa e competenze tali da poter promuovere, al pari dei soggetti istituzionali, attività di interesse generale. Stando dunque all'origine del concetto, la dimensione orizzontale ­ in qualche modo, preponderante rispetto alla dimensione verticale ­ in nessun caso è limitata alla sola sfera istituzionale. In questo senso, la formulazione costituzionale (art. 118 Cost.) ha contribuito a chiarire la distinzione tra le due dimensioni, in termini di semantica ed implicazioni connesse. Il secondo equivoco consiste nell'interpretazione settoriale della società civile. Il dibattito in corso restituisce della sussidiarietà orizzontale posizioni contrapposte, principalmente legate all'interpretazione della società civile. Nel caso dell'approccio neocorporativo, la società civile viene identificata unicamente nel terzo settore, ovvero l'insieme di organizzazioni non a scopo di lucro (si veda, tra tutti, Borzaga [2012], Vittadini [2002]). Nel caso dell'approccio civico, la società civile è perlopiù identificata con il fenomeno della cittadinanza attiva (si veda, tra tutti, Arena [2006], Arena e Cotturri [2010]). L'equivoco è qui determinato dalla natura complessa dell'universo della società civile. In questo senso, seppure il presente lavoro di ricerca non abbia la pretesa di fare chiarezza in merito, è opportuno sottolineare come uno degli equivoci interpretativi alla sussidiarietà orizzontale sia appunto determinato dall'identificazione della società civile in un specifico settore. L'analisi delle origini del concetto ben sottolinea infatti come, ad essere coinvolta, sia la sfera della società intesa nel suo complesso. Ciò non implica dunque che vi sia una parte della società che possa, meglio di un'altra, promuovere attività di interesse generale. Il terzo equivoco consiste nella centralità dei servizi. In questo senso, molta parte del dibattito in corso (Borzaga, 2012; Ranci, 1996; Ranci, 2006; Vittadini, 1998; Zamagni, 1998) circoscrive il campo di applicazione della sussidiarietà orizzontale alla sfera dei servizi, in particolar modo dei servizi di welfare2. D'altro canto, la visione civica pone l'accento sulla centralità dei cosiddetti beni comuni (Arena e Iaione, 2012). Così nel dibattito disciplinare emergono diverse posizioni (Balducci, 2004; Cottino e Zeppetella, 1 Si ricorda che la distinzione tra dimensione verticale e orizzontale della sussidiarietà è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico in occasione della riforma al titolo V della Costituzione (L. 3/2001). 2 Già Moroni (2012) riconosce il limite di tale interpretazione. 141 Conclusioni 2009) che affiancano la prospettiva della sussidiarietà orizzontale alla produzione dal basso di beni e servizi pubblici. L'equivoco è, anche in questo caso, evidente. La fornitura e gestione dei servizi, così come la produzione e cura dei beni, costituiscono allo stesso modo livello attività di interesse generale. Il quarto, ed ultimo, equivoco consiste nella contrapposizione tra riduzione e favore del ruolo dei soggetti istituzionali sottolineata dall posizioni del dibattito. L'approccio Retoriche neocorporativo, da un lato, riconosce nella prospettiva della sussidiarietà orizzontale una riduzione del ruolo del soggetto istituzionale. D'altro canto, l'approccio civico associa al ruolo dello soggetto istituzionale un ruolo di favore nei confronti della società civile. Entrambi gli approcci propongono una revisione dei compiti dello Stato, l'uno in termini di quantità e, l'altro, di qualità. L'equivoco, più sottile, è determinato in questo caso dalla contrapposizione spesso ideologica tra i due approcci, effetto di una concezione ancora troppo ancorata allo schema bipolare3. L'ideologia è ravvisabile inoltre nelle ricorrenti giustificazioni retoriche: da un lato, il rischio rappresentato dalla privatizzazione e conseguente deresponsabilizzazione da parte del soggetto istituzionale e, dall'altro, l'identificazione dell'autorganizzazione con l'anarchia e l'assenza di regole. Alla luce del riconoscimento dei principali equivoci connessi all'interpretazione della sussidiarietà orizzontale, è possibile individuare alcuni elementi chiave utili a ridefinire i termini del dibattito in corso ed a formulare un'interpretazione valida per la pianificazione territoriale: (i) i soggetti coinvolti, (ii) le iniziative promosse e (iii) i meccanismi di interazione tra Stato e società. In questi termini, l'interpretazione della sussidiarietà orizzontale nel campo della pianificazione territoriale ­ che qui si avanza ­ può essere ricondotta a tre questioni fondamentali, intrinsecamente legate l'una all'altra: • • (i) ruolo centrale della società civile, intesa come universo complesso di realtà aggregative, di cui le Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) fanno parte. (ii) rilevanza dell'interesse generale delle iniziative promosse, in particolare in relazione alla produzione e la gestione di beni territoriali. 3 Nel caso dell'approccio civico, la concezioni bipolare è evidente allorquando la “sussidiarietà circolare” venga riconosciuta come l'evoluzione delle tradizionali forme partecipative (come dimostrano alcune norme regionali, si veda il caso della Calabria). In questo senso, Allegretti (2009) chiarisce che la prospettiva della sussidiarietà sia «per origini culturali e storiche, che concettualmente e praticamente, partecipazione e sussidiarietà connotano fenomenologie distinte, “fra loro complementari, non alternative” ma neppure coincidenti. La sussidiarietà comporta “un ‘fare’ piuttosto che non un ‘dire’, una partecipazione non soltanto alla discussione e alla decisione sui problemi, bensì anche direttamente e autonomamente alla soluzione operativa dei problemi stessi» e ancora «si tratta nondimeno di fenomeni che si iscrivono in una stessa temperie storica propria dell’età più recente. Entrambi si esprimono in un collegamento tra stato e soggetti esterni, che rompe lo “schema bipolare” caratterizzante, nello stato moderno, il rapporto tra stato e cittadino, e ritenuto il “monopolio” del primo nella decisione sull’interesse pubblico». Allo stesso modo, Moro (2009) ben evidenzia la distanza tra i due approcci, quello delle pratiche partecipative e della sussidiarietà orizzontale. 142 Elementi chiave Proposta Conclusioni • (iii) ridefinizione, non riduzione, del ruolo del planner istituzionale. Sussidiarietà orizzontale e pianificazione territoriale. Una prospettiva pluralista L'analisi del fenomeno di progettualità urbanistica promosso dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) permette di verificare la proposta di interpretazione della sussidiarietà orizzontale qui avanzata. Gli esiti dell'analisi dimostrano: • • • una volontà aggregativa da parte della società civile attorno a questioni di interesse generale, in particolare di rilevanza territoriale. Le qui definite Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) rappresentano, infatti, aggregazioni volontarie basate su una mission di carattere territoriale. una capacità di provvedere direttamente4 e autonomamente – nel rispetto delle norme – alla risoluzione delle questioni di interesse generale, in particolare di rilevanza territoriale. Le iniziative di progettualità urbanistica promosse dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) sono, infatti, indirizzate alla cura di beni territoriali. una tendenza alla ridefinizione del ruolo del soggetto istituzionale, non in termini di riduzione né, tuttavia, di ampliamento. L'interazione5 avviata tra Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e soggetto istituzionale dimostra, infatti, una propensione alla collaborazione. Essa impone al soggetto istituzionale di riconoscere le competenze alle organizzazioni, ridimensionando il proprio ruolo a garanzia dell'efficacia delle iniziative. La collaborazione non presuppone una deresponsabilizzazione da parte del soggetto istituzionale ma, nemmeno d'altro canto, una maggiore responsabilizzazione nel favorire le azioni della società6. Il soggetto istituzionale non smette di essere planner ma la sua azione viene ridefinita in termini di controllo. 4 Diversamente da quanto accade nei meccanismi di inclusione decisionale o strumenti partecipativi. Moro (2009) esplicita le differenze in: input all'iniziativa, top-down e pubblica nel caso della democrazia partecipativa e bottom-up e privata, invece, nel caso dell'attivismo civico; fase di utilizzo, definizione del policymaking (messa in agenda, progettazione, decisione) nel caso della democrazia partecipativa e intero ciclo dello stesso (comprendendovi anche le fasi dell'implementazione e della valutazione) nel caso dell'attivismo civico; oggetto, dibattito e discussione (fino alla deliberazione) nel caso della democrazia partecipativa e azione (dimensione operativa o del “fare” seguendo Arena 2006) nel caso dell'attivismo civico; mission, output ovvero prodotti (leggi, provvedimenti, programmi) nella democrazia partecipativa e outcome ovvero effetti diretti e indiretti delle politiche nell'attivismo civico; attori coinvolti, totalità dei cittadini nel caso della democrazia partecipativa e sistemi di relazione che coinvolgono i singoli cittadini in molteplici modalità di azione collettiva nel caso dell'attivismo civico. 5 Come emerge dall'analisi empirica, le esperienze si basano su diversi gradi di interazione tra Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) e soggetto istituzionale, dal dialogo alla collaborazione formale. Già Borzaga (2012) riconosce questa caratteristica come effetto delle dinamiche reali. 6 Il riferimento è alle più recenti politiche di empowerment. 143 Esiti dell'analisi empirica Conclusioni Sintetizzando gli elementi emersi dall'analisi empirica, l'accoglimento della sussidiarietà orizzontale nella pianificazione territoriale prevede che: “nuovi” soggetti appartenenti alla sfera della società civile possano farsi promotori dell'interesse generale7, attraverso la promozione di “nuove” iniziative di progettualità (urbanistica) e “nuovi” meccanismi di interazione con il soggetto istituzionale. Tale proposta impone un ridimensionamento del ruolo del soggetto istituzionale, lungi dal rappresentarne il ritiro, ma non a scapito della pianificazione. In questo senso, l'accoglimento della sussidiarietà orizzontale nella pianificazione territoriale impone in primis un rinnovamento del quadro istituzionale. In altre parole, si tratta di prevedere una riforma strutturale delle competenze pubbliche, in grado di superare il tradizionale paradigma bipolare che da sempre ha posto in contrapposizione la sfera istituzionale e la sfera non istituzionale. In questo senso, la prospettiva formulata assume un approccio pluralista, basato sulla teoria dell'associazionismo. Hirst (1994 e 1997) riconduce le origini dell'associazionismo, tra gli altri8, al socialismo utopistico decentralizzatore di Pierre­Joseph Proudhon. Storicamente sconfitto dal socialismo di Stato ­ non perchè utopistico ma per via delle particolari condizioni politiche, come ad esempio le grandi guerre del Novecento, che hanno favorito lo statalismo – prevede una riforma strutturale alternativa al liberalismo e al collettivismo9. Essa si articola su tre proposizioni fondamentali (Hirst, 1997): • «l'organizzazione delle questioni sociali andrebbe trasferita quanto più possibile dallo stato ad associazioni10 volontarie e autogestite democraticamente» (Hirst, 1999: 64). In questo senso, volontarietà e autogestione contribuirebbero a rendere meno conflittuali i provvedimenti sociali. 7 Allo stesso modo, sul piano del governo urbano, il passaggio dal government alla governance ha arginato il problema di “incompetenza” delle istituzioni «riconoscendo l'intelligenza della società e dei dispositivi da essa attivati, e integrando tali “competenze” all'interno dei meccanismi di gestione della città» (Cottino, 2009: 15). In particolare, il passaggio prevede «il ricorso ai diretti interessati, alla stessa società: sia in modo indiretto, promuovendo occasioni di partecipazione alla formulazione delle scelte pubbliche, sia passando ad includere direttamente soggetti terzi (privati e privato sociale) tra i soggetti di governo. Questa seconda tendenza porta a ridefinire la stessa azione di governo come l'esito dell'azione di una molteplicità di attori (governance), anziché come la funzione specifica la competenza di un solo attore, il soggetto pubblico» (Cottino, 2009: 36). In definitiva, secondo Cottino (2009: 36) «non è più possibile identificare le istituzioni politiche come il centro del potere […]. L'autorità pubblica diviene un attore politico tra gli altri, dotati di base di legittimazione diverse dalla presunta rappresentanza democratica, e perde il monopolio della definizione dell'output decisionale, sempre più il prodotto di un lungo procedimento fatto di valutazioni di esperti, ascolto dell'opinione pubblica, confronto con i gruppi di interesse e gli agenti collettivi della società civile, contatti con le imprese e le istituzioni private». 8 L'associazionismo, secondo Hirst (1999) affonda inoltre le sue origini nel pensiero dei fautori inglesi della cooperazione industriale e sociale come Robert Owen e George Jacob Holyoake, i pluralisti politici inglesi John Neville Figgis e Harold J. Laski e il Guild socialism inglese, il cui massimo esponente fu G.D.H. Cole. 9 In questo senso, la teoria dell'associazionismo riprende l'idea di sussidiarietà nello sfuggire ai presupposti ideologici di entrambe le concezioni. 10 La prospettiva di Hirst (1994 e 1997) non esclude che le associazioni possano essere imprese private. 144 Proposta sintetica Teoria associazionismo Conclusioni • • le associazioni operano tramite il finanziamento dello Stato. In questo modo, le comunità sarebbero libere di costruire i propri servizi in conformità con i loro valori, nel rispetto di un qualche minimo comune denominatore. una società basata su associazioni autogestite lascerebbe gli individui liberi di decidere in che misura impegnarsi, senza che sia lo Stato ad imporre i termini dell'impegno. In questo senso, la teoria dell'associazionismo prevede che la società civile autogestita11 possa diventare il potere pubblico primario, riducendo quello dello Stato a livello secondario. Tale secondarietà non implica tuttavia, in alcun modo, il ritiro dello Stato quanto, piuttosto, una sua ridefinizione. Esso rimane è assolutamente necessario alla garanzia di pace tra le associazioni, alla difesa dei diritti degli individui e alla fornitura dei meccanismi della finanza pubblica attraverso cui viene sovvenzionata una parte consistente delle attività delle associazioni. In altre parole, secondo Hirst (1999: 64) «si riduce la portata dell'attività diretta dello Stato, ma non a scapito dell'assistenza sociale» e ancora «anche se il maggior numero possibile di attività sociali viene affidato ad associazioni autogestite della società civile, sarà comunque necessario un potere pubblico per regolamentare le azioni delle associazione e per garantire che dispongano delle risorse per svolgere i loro compiti» (1999: 106). La teoria dell'associazionismo riconduce dunque ad una prospettiva pluralista secondo cui lo Stato esista allo scopo di proteggere e servire le associazioni autogestite. Come afferma Hirst (1999: 70), «i vecchi fautori di questa dottrina erano troppo ambiziosi e pensavano che dovesse sostituire completamente sia la democrazia liberale sia il socialismo. Invece nella situazione odierna può avere successo soltanto se è considerato non già un modo per rimpiazzare totalmente tali istituzioni bensì un mezzo per renderle nuovamente efficienti mediante riforme radicali ma pratiche. L'associazionismo moderno non è una dottrina utopistica e non comporterebbe la distruzione di tutte le altre istituzioni al fine di creare una società conforme ai suoi principi. Va considerato invece come un'integrazione delle nostre istituzioni politiche ed economiche stagnanti, non un loro sostituto. Quindi, conferendo un ruolo più ampio alle associazioni volontarie, al decentramento e a un'autorità politica pluralistica, esso contribuirebbe a ridare legittimità 11 Sulla centralità delle associazioni Millon Delsol (1993: 51) afferma «[...] In quest'ottica, non si può far a meno di mettere nuovamente in discussione l'individualismo. Come si può pensare che l'individuo sia disposto ad assumere compiti di interesse generale? Per far questo dovrebbe associarsi. Non si può immaginare di realizzare l'idea sussidiaria in una società individualista (benchè questa non esista nella storia) come non lo si può immaginare nella società totalitaria, in cui gli individui sono dissociati fra loro e privati per costrizione della capacità di associarsi. L'azione dello Stato non può riconoscersi come sussidiaria in rapporto all'azione dell'individuo, perchè l'azione individuale rimane irrisoria ed infima rispetto a quella dello Stato. E' necessario un tessuto sociale strutturato in diverse organizzazioni, affinchè le iniziative possano svilupparsi in proporzione alle capacità. [...] Invece, una società strutturata, è quella in cui l'individuo concorre al benessere comune non solamente con il pagamento delle tasse, ma con l'impiego di una parte del suo tempo, della sua energia, della sua creatività. Nella misura in cui desidera partecipare alla 'cosa di tutti', e secondo il tempo di cui dispone, egli si associa per organizzare azioni consone ai bisogni sociali più trascurati, e negli ambiti in cui si considera competente e creativo». 145 Conclusioni alla democrazia liberale». Contrariamente alle recenti teorie neo­istituzionaliste (Ostrom, 1990), che concentrano la riflessione sui soggetti istituzionali e sulle nuove possibili forme di innovazione dovute al rapporto con gli altri soggetti della società e al recepimento delle innovazioni dall'esterno secondo i processi di evoluzione della società stessa, la prospettiva pluralista dell'associazionismo concentra la riflessione sui soggetti non istituzionali e sui cambiamenti che li riguardano da vicino. Nella concezione pluralista le aggregazioni della società civile, anche dette associazioni volontarie, assumono una funzione intermedia tra la sfera privata e quella pubblica. L'appartenenza delle associazioni alla sfera privata è costitutiva perchè esito esclusivo della libertà di iniziativa individuale e degli interessi privati. La loro funzione diviene pubblica quando le azioni promosse si articolano nella sfera pubblica. In definitiva, sembra utile riprendere la definizione di “Stato della sussidiarietà”, proposta da Millon Delsol (1993: 55), quale «[...] nuovo equilibrio della ripartizione dei compiti tra lo Stato e i cittadini, tra il privato e il pubblico. Una società come la nostra è solita definire la devoluzione delle competenze in base alla finalità delle azioni. Il privato si occupa dei propri interessi. Il pubblico si occupa degli interessi pubblici. Ora, può succedere che il potere statale amministri molto male gli interessi pubblici, e perfino che non li prenda nella dovuta considerazione, e più spesso che privi di questa azione cittadini pronti a compierla. D'altro canto è possibile che dei privati si dimostrino incapaci a guidare il proprio destino. Di fronte a tale situazione il criterio di devoluzione delle competenze non consisterà nella dimensione dell'azione considerata, ma nella capacità di farsene carico». D'altro canto, «molto spesso è la società civile che individua i contenuti dell'interesse generale e tenta di soddisfare le sue necessità con i propri mezzi, prima che lo Stato o le pubbliche collettività offrano migliori condizioni di realizzazione. [...] Lo Stato non dovrà limitarsi a dare il suo contributo ad azioni di sicura utilità per renderle ancora più vantaggiose. Può svolgere un ruolo d'incentivazione e promuovere delle azioni future ponendo le basi della loro realizzazione. L'incentivazione pubblica può essere di tipo fiscale per le fondazioni, come avviene nei paesi anglosassoni, e può concretizzarsi mettendo a disposizione efficaci condizioni materiali. [...] Resta il fatto che questo modo di governare mediante incentivazioni richiede senza dubbio a qualsiasi autorità, statale o meno, una modestia assai poco naturale. Il potere cerca, in genere, di aggiudicarsi la totalità delle competenze, ossia di fare tutto da solo, a meno che non preferisca rimanere inattivo e soddisfatto, in contemplazione della propria gloria. Invece un potere o un'autorità capace d'incentivare, senza agire in prima persona, spende energie, ma non recupera per sé alcun potere supplementare. In altri termini, è indispensabile che il potere riconosca il proprio ruolo di ausiliario. Tale umiltà non può provenire dai governanti stessi, poiché non è una loro prerogativa. Ma, in una democrazia, può diventare un'esigenza dei cittadini, a condizione che costoro accettino di correre i rischi dell'azione libera, e rinuncino allo Stato 'padre di famiglia'» (Millon Delsol, 1993: 60). 146 “Stato della sussidiarietà” Conclusioni Ulteriori spunti di ricerca per la pianificazione territoriale La progettualità urbanistica delle qui definite Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) rappresenta un fenomeno di recente diffusione del contesto nazionale. In questo senso, l'analisi condotta in questo lavoro ha inteso evidenziare le caratteristiche costitutive del fenomeno. Il riscontro con le esperienze ha inoltre permesso di cogliere le molteplici sfumature esistenti. In definitiva, il quadro analitico restituisce il fenomeno nella sua complessità e articolazione facendo, al tempo stesso, emergere numerosi spunti di ricerca interessanti12. D'altro canto, rimane valido che il fenomeno indagato rappresenta solo un esempio di promozione di attività di interesse generale da parte della società civile. Come ampiamente sottolineato (Moro, 2005; Moro e Vannini, 2008), quest'ultima contempla un universo complesso di forme di aggregazione, dalle caratteristiche più o meno differenti, che promuovono iniziative, dalle caratteristiche più o meno differenti. In questo senso, l'interpretazione della sussidiarietà orizzontale nel campo della pianificazione territoriale qui avanzata, che l'analisi del fenomeno di progettualità urbanistica promossa dalle Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT) ha verificato, offre diversi spunti utili ad avviare futuri ulteriori percorsi di ricerca. La prospettiva pluralista qui avanzata, tenendo fede alla teoria dell'associazionismo moderno sostenuta da Hirst (1994 e 1997), assume la pluralità dell'universo delle aggregazioni della società e la pluralità di ragioni attorno a cui le stesse possono aggregarsi13 (Dahrendorf, 2003). Dal punto di vista più strettamente territoriale, le questioni ambientali così come le forme di tutela e gestione dello spazio pubblico e del patrimonio artistico e monumentale rappresentano obiettivi attorno ai quali frequentemente sono solite formarsi aggregazioni civiche (Moroni, 2007). In questo senso, Brunetta (2011) definisce beni collettivi territoriali (es. ambiente, risorse, sicurezza, vivibilità urbana, qualità dei servizi pubblici, ecc.) quei beni attorno ai quali si aggregano le “formali sociali spontanee”. Assumere la pluralità delle forme aggregative a base territoriale nell'ottica della sussidiarietà orizzontale, così come qui interpretata, consentirebbe di offrire un più ampio margine di espressione ai processi di autorganizzazione sociale (Brunetta, 2006; Brunetta, 2008) ed al potenziale innovativo connesso alle iniziative di progettualità (urbanistica) promosse dalla società civile (Jacobs, 1961). Tale margine sarebbe consentito da un quadro istituzionale profondamente ridefinito. 12 Tra tutti, emerge particolarmente interessante l'uso delle nuove tecnologie ICT da parte delle organizzazioni per comunicare ed informare (piattaforme web e social networks) le trasfomazioni territoriali così come testimoniare e mappare (voluntary geography) condizioni del territorio e iniziative di progettualità promosse (dossier e mappe interattive). 13 Le stesse Organizzazioni di Cittadinanza Territoriale (OCT), pur accomunate dai tre attributi come comune denominatore, mostrano al loro interno una pluralità di caratteristiche tali da rendere ciascuna organizzazione unica. 147 OCT Altre forme aggregative a base territoriale Riferimenti Riferimenti bibliografici Allegretti, U. (2009) “Democrazia partecipativa e processi di democratizzazione”. Relazione generale al convegno La democrazia partecipativa in Italia e in Europa: esperienze e prospettive. Firenze, 2­3 aprile 2009. 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Gruppo Rinascita Città (GRC) ­ http://www.gruppocittarinascita.it Gruppo Città Rinascita (2011) Atto Costitutivo. Disponibile su http://www.gruppocittarinascita.it. Gruppo Città Rinascita (2011) Proposta di Regolamento Bilancio Partecipativo. Disponibile su http://www.gruppocittarinascita.it. 159 Riferimenti 12. Associazione Parco Uditore – http:// www.uparco.org Carta, M. (2012) L'iper parco Uditore. [Online] Balarm: 144. Ferraro, A. (2012) Percorsi per bici, palestra e giochi per bimibi. Nasce il parco Uditore. Giornale di Sicilia, 15 gennaio. Leone, M. (2011) U Parco: Un nuovo parco per Palermo. Iniziativa popolare low cost supportata dalle istituzioni. E.Journal – Palermo Architettura, 4: 38­41. Manzella, M. (2012) Il parco Uditore è anche mio, fai uno scatto e mettilo su Facebook. Giornale di Sicilia, giugno. Romano, A. (2011) Un parco urbano a fondo Uditore. Raccolte 5 mila firme per istituirlo. La Repubblica Palermo, 11 maggio. Vaiana, G. (2012) Uditore, presto il parco low cost. Giornale di Sicilia, 10 febbraio. 13. Comitato di cittadini per il bene collettivo ­ http://www.benecollettivo.it Brunetto, C. (2012) Dall'Urban center a un nuovo sito web, le associazioni civiche dettano l'agenda. [Online] Repubblica Palermo.it, 17 giugno. Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia (2011) Cosa è il Comitato per il Bene Collettivo. Disponibile su http://www.benecollettivo.it. Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia (2011) Questionario di adozione. Disponibile su http://www.benecollettivo.it. Coraddu, A. (2010) A Palermo si adottano le strade. Labsus.org, 17 marzo. Cucinella, V. (2010) Luci, aiuole, pulizia via Tasso adottata da dodici famiglie. [Online] Repubblica Palermo.it, 17 gennaio. 160 Allegato – Schede delle esperienze Schede delle esperienze 1. La Città del Sole – Parco Trotter INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Lombardia, Milano, quartiere Turro Riferimento http://www.parcotrotter.org Contatto [email protected] Referente Trapella (presidente) Fonte della notizia Balducci 2004; Cottino, Cognetti e Rabaiotti 2004 ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione La città del Sole ­ Amici del Parco Trotter ONLUS Anno di formazione 1994 Mission «1. Conservare, tutelare e valorizzare l'intero patrimonio del Parco scolastico ex Trotter ­ ambientale, naturalistico, architettonico, didattico ­ educativo, culturale ­ quale bene irrinunciabile per l'utenza scolastica, il quartiere e la cittadinanza […]; 2. conservare, recuperare, tutelare e valorizzare tutte le strutture del Parco Trotter» (Art. 4 Statuto, 2000). Forma giuridica Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale (Onlus) Documenti Statuto Scala d'aggregazione Quartiere INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse all'iniziativa Condizione di incuria dell'area Trotter, parco e strutture annesse (edifici scolastici, ex convitto, piscina, fattoria). Condizioni problematiche del quartiere per le forti tensioni interculturali e necessità di preservare il valore della memoria e la funzione di aggregazione sociale del luogo. Categoria di bene territoriale Spazio verde Tipologia d'azione Manutenzione (pulizia, sistemazione e animazione); Gestione dell'intera area (amministrazione convenzionata tramite accordo con le strutture scolastiche e il consiglio di zona del comune di Milano); Proposta di progettazione alternativa (Proposte di riqualificazione del Trotter, 2011). Forma di finanziamento Sponsor (fondazioni bancarie Cariplo e CiEsseVi) Finanziamento pubblico MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Collaborazione – comune di Milano (forme di finanziamento e soggetto istituzionale convenzione sulla gestione dell'area). 161 Allegato – Schede delle esperienze 2. Erba Voglio INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Liguria, Genova, quartiere san Teodoro Riferimento http://www.ilgiardinodellerbavoglio.it Contatto [email protected] Referente Barletta Fonte della notizia Barletta (2000 e 2003), Macagno (2007), Matricardi (2011) Stampa locale e nazionale ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione L'erba Voglio Anno di formazione 1997 Mission «la gestione di una piccola area verde in cui sono situate alcune attrezzature tipiche dei giardini pubblici (giochi per bambini tra cui una grande sabbiera, panchine, un piccolo prato, campo da bocce, etc), circa 200 specie botaniche (alberi, cespugli e piante erbacee, comprese circa 20 specie di piante aromatiche) ed un piccolo stagno che intende riprodurre un tipico microambiente di torrente» (http://digilander.libero.it/erbavoglio). Forma giuridica Associazione Documenti ­ Scala d'aggregazione Quartiere INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Condizione di incuria e abbandono dell'area nel quartiere san Teodoro. La proposta, secondo PRG, viene considerata inopportuna e sostituita con il progetto di un giardino di quartiere, attualmente gestito dalla OCT. Categoria di bene territoriale Spazio verde Tipologia d'azione Manutenzione (pulizia, sistemazione e animazione); Gestione (amministrazione convenzionata tramite accordo con il comune di Genova); Proposta di progettazione alternativa alle scelte del PRG (Macagno 2007). Forma di finanziamento Finanziamento indiretto del soggetto istituzionale Proposta di finanziamento tramite sponsor MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Assenza – comune di Genova; soggetto istituzionale Interesse – comune di Genova; Collaborazione – comune di Genova (convezione per la gestione del giardino). 162 Allegato – Schede delle esperienze 3. Giardini del Guasto INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Emilia Romagna, Bologna, quartiere San Vitale Riferimento http://associazionegiardinodelguasto.blogspot.it Contatto ­ Referente ­ Fonte della notizia Stampa locale ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione Associazione Giardini del Guasto Anno di formazione 1998 Mission Cura del giardino del Guasto e miglioramento della vivibilità della zona, in connessione con le politiche pubbliche territoriali e con le iniziative promosse da altre OCT locali. Forma giuridica Associazione Documenti ­ Scala d'aggregazione Quartiere INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Degrado dei Giardini del Guasto, nel quartiere san Vitale a Bologna (opera dell'arch. Filippini). Categoria di bene territoriale Spazio verde Tipologia d'azione Manutenzione (pulizia, sistemazione e animazione); Gestione (amministrazione convenzionata tramite accordo con il quartiere San Vitale). Forma di finanziamento Finanziamento pubblico MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Collaborazione ­ quartiere San Vitale (convenzione) e comune soggetto istituzionale di Bologna (finanziamento). 163 Allegato – Schede delle esperienze 4. Sette Colli – Pari INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Toscana, Grosseto, Civitella Paganico, Pari Riferimento http://www.parionline.it Contatto [email protected] Referente Minacci (presidente) Fonte della notizia Stampa locale ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione Associazione Sette Colli ­ Pari Anno di formazione 1999 Mission Tutela e valorizzazione di cultura, sport, tradizioni, territorio di Pari. Forma giuridica Associazione Documenti Statuto Scala d'agregazione Centro urbano INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative «Troppo a lungo tante case sono rimaste vuote, con le persiane chiuse. […] Bisogna fare qualcosa per questo paese» (Tirreno, 15.02.2011). Tipologia di bene territoriale Spazi urbani Tipologia d'azione Gestione (amministrazione convenzionata con il comune di Civitella Paganico tramite iniziativa basata sulla locazione di alloggi, in forma gratuita o agevolata, da destinare a nuovi selezionati residenti del comune ­ “Persiane Aperte”). Forma di finanziamento Quote associative; Raccolta fondi (eventi e manifestazioni locali); Donazioni private (proprietari immobili non utilizzati). MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Collaborazione ­ comune di Civitella Paganico (costituzione di soggetto istituzionale un ufficio turistico). 164 Allegato – Schede delle esperienze 5. Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Marche, Ascoli Piceno Riferimento http://antidegradoperascoli.wordpress.com Contatto [email protected] Referente ­ Fonte della notizia Stampa locale ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione Coordinamento Antidegrado Ascoli Piceno Anno di formazione 2010 Mission Lotta al degrado (urbano, ambientale, culturale educativo e sociale). Forma giuridica Associazione culturale Documenti Regolamento Scala d'aggregazione Centro urbano INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Degrado del centro urbano di Ascoli Piceno dovuto ad atti di vandalismo grafico, abusivismo pubblicitario e occupazione illecita nonché a condizioni di generale incuria e abbandono degli spazi urbani. Categoria di bene territoriale Spazi urbani Tipologia d'azione Manutenzione (pulizia, sistemazione e monitoraggio) nei settori del decoro urbano. Forma di finanziamento ­ MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Patrocinio ­ comune di Ascoli Piceno soggetto istituzionale 165 Allegato – Schede delle esperienze 6. Vivi il Borgo INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Umbria, Perugia, quartiere Porta sant'Angelo Riferimento http://viviilborgo.wordpress.com Contatto [email protected] Referente Tenca (presidente) Fonte della notizia Stampa locale ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione Vivi il borgo Anno di formazione 2010 Mission Perseguire il miglioramento delle condizioni di vita del rione di Porta S. Angelo a Perugia. Forma giuridica Associazione Documenti Statuto Scala d'aggregazione Quartiere INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Stato di incuria complessiva del rione di Porta S.Angelo, rischi connessi al progressivo abbandono e alla delinquenza diffusa. Categoria di bene territoriale Spazio verde e spazi urbani del rione di Porta S.Angelo Tipologia d'azione Manutenzione (pulizia, sistemazione, monitoraggio e animazione). In particolare, monitoraggio e animazione hanno previsto la raccolta di informazioni (rassegne fotografiche e reportage) e la promozione di iniziative e manifestazioni (“Vivi il Corso” con il coinvolgimento della collettività locale e imprese); Proposte di progettazione (mobilità, piano della sosta, percorsi pedonali, aree verdi e raccolta dei rifiuti) avanzate al soggetto istituzionale. Forma di finanziamento Raccolta fondi (attività commerciali ed imprenditoriali locali). MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Dialogo ­ comune di Perugia soggetto istituzionale 166 Allegato – Schede delle esperienze 7. Quelli che il Parco... INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Lazio, Roma, municipio II ­ Parioli Riferimento http://www.quellicheilparco.it Contatto [email protected] Referente Rigoli (presidente) Fonte della notizia Stampa locale e nazionale ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione Quelli che il parco... Anno di formazione 2009 Mission Valorizzazione e salvaguardia del Parco Virgiliano (Nemorense) e di altre aree verdi presenti nel quartiere Trieste a Roma. Forma giuridica Comitato Documenti Atto costitutivo e statuto Scala d'aggregazione Quartiere INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Parco Virgiliano­Nemorense in stato di degrado e abbandono. Categoria di bene territoriale Spazio verde Tipologia d'azione Manutenzione (pulizia, sistemazione e monitoraggio) dell'intera area del parco; Gestione (amministrazione convenzionata tramite protocollo d'intesa sottoscritto dal comune di Roma) di alcune porzioni dell'area. L'accordo prevede azioni di manutenzione, monitoraggio delle condizioni del parco (rassegne fotografiche e reportage) da comunicare al soggetto istituzionale locale; Proposte di progettazione (riqualificazione delle strutture del parco)(www.quellicheilparco.it). Forma di finanziamento Sponsor (istituto bancario Banca di Credito Cooperativo) MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Collaborazione ­ comune di Roma e municipio (convenzione soggetto istituzionale sulla gestione del parco). 167 Allegato – Schede delle esperienze 8. Salviamo i Castelli Romani INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Lazio, Roma, Castel Gandolfo Riferimento http://www.salviamoicastelliromani.org http://www.forumcastelliromani.org Contatto [email protected] Referente Nardi (presidente) Fonte della notizia Stampa locale e nazionale ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione Salviamo i Castelli Romani Anno di formazione 2011 Mission «[...] Promuovere la valorizzazione e la dichiarazione d’esistenza del Territorio dei Castelli Romani, inteso come patrimonio di tutti e bene comune, attraverso la realizzazione di una Rete, il FORUM PER I CASTELLI ROMANI, che dal basso, in un contesto libero da appartenenze, barriere ideologiche e personalismi abbia l’obiettivo primario di: coinvolgere cittadini e forze sociali; attivare comunicazioni e partecipazione democratica; diffondere e condividere conoscenze ed esperienze; attivare reti di interconnessione tra attività economiche, culturali e sociali del territorio dei Castelli Romani» (Art. 2 Statuto, 2011). Forma giuridica Associazione culturale Documenti Statuto e Regolamento Scala d'aggregazione Centro urbano e Territorio sovracomunale INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Necessità di tutela e valorizzazione del territorio dei Castelli Romani. Condizione di degrado del lago di Albano incluso nel territorio. Categoria di bene territoriale Spazio verde Tipologia d'azione Manutenzione (pulizia e sistemazione) del lago di Albano e spazi verdi del territorio dei Castelli Romani; Proposta di gestione lago e villaggio abbandonato; Proposta di progettazione (Piano Strategico per la Rinascita dei Castelli Romani a coinvolgere la collettività locale e, in particolare, le attività imprenditoriali locali). (http://www.forumcastelliromani.org) Forma di finanziamento Raccolta fondi (in particolare tra attività commerciali e imprenditoria locale) MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Assenza ­ Comuni di Ariccia e Castel Gandolfo; soggetto istituzionale Interesse ­ Comuni di Ariccia e Castel Gandolfo; Dialogo ­ Comuni di Ariccia e Castel Gandolfo (“Forum dei Castelli Romani”). 168 Allegato – Schede delle esperienze 9. Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Campania, Napoli, Pomigliano d'Arco Riferimento http://parcopubblico.wordpress.com Contatto [email protected] Referente Vitanza (gruppo tecnico) e Malfi, Perna (gruppo comunicazione) Fonte della notizia Stampa locale ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano Anno di formazione 2011 Mission «[...] Tutelare il Parco Pubblico Giovanni Paolo II di Pomigliano d'Arco come Bene Comune appartenente all’intera cittadinanza» (Atto costitutivo, 2011). Forma giuridica Comitato Documenti Atto costitutivo Scala d'aggregazione Centro urbano INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Condizione di incuria e degrado del parco Giovanni Paolo II di Pomigliano. La proposta di riprogettazione avanzata dal comune di Pomigliano d'Arco non è condivisa dalla OCT (Stato e Prospettive del Parco “Giovanni Paolo II”. Executive Summary del Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano , 2011). Categoria di bene territoriale Spazio verde Tipologia d'azione Manutenzione (pulizia, sistemazione e monitoraggio) dell'intera area del parco. I risultati del monitoraggio sono raccolti nel documento di Stato e Prospettive del Parco “Giovanni Paolo II”. Executive Summary del Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, 2011; Proposta di gestione; Progettazione (Piano di Riqualificazione, Business Plan e Piano di Gestione) (Stato e Prospettive del Parco “Giovanni Paolo II”. Executive Summary del Comitato per il Parco Pubblico di Pomigliano, 2011). Forma di finanziamento Raccolta fondi MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Assenza – comune di Pomigliano d'Arco; soggetto istituzionale Interesse ­ comune di Pomigliano d'Arco; Dialogo ­ comune di Pomigliano d'Arco; Collaborazione ­ comune di Pomigliano d'Arco (progettazione partecipata avviata nel febbraio 2012). 169 Allegato – Schede delle esperienze 10. CleaNap INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Campania, Napoli Riferimento http://cleanap.wordpress.com http://www.cleanap.org Contatto [email protected] Referente Mellone Fonte della notizia Stampa/media locali e nazionali ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione CleaNap Anno di formazione 2011 Mission Recupero luoghi simbolici della città, attraverso eventi di creatività urbana, partecipativa e volontaria. Forma giuridica Movimento spontaneo, transizione verso associazione Documenti ­ Scala d'aggregazione Centro urbano INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Stato di incuria e degrado di diversi spazi urbani, specialmente luoghi simbolici, del centro storico di Napoli e del territorio del Vesuvio. Categoria di bene territoriale Spazi urbani Tipologia d'azione Manutenzione (pulizia, sistemazione e monitoraggio) nei luoghi simbolici del centro storico di Napoli (“Piazza Pulita”) e del territorio del Vesuvio (“Let's do it! Vesuvius”). Monitoraggio tramite mappatura webgis. Forma di finanziamento Raccolta fondi (in particolare tra attività commerciali locali) MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Interesse simbolico ­ Comune di Napoli; soggetto istituzionale Patrocinio ­ Ente Parco Vesuvio e comuni del Parco. 170 Allegato – Schede delle esperienze 11. Gruppo Rinascita Città (GRC) INFORMAZIONI GENERALI Localizzzione geografica Campania, Caserta, Sessa Aurunca Riferimento http://www.gruppocittarinascita.it Contatto ­ Referente Iannotta (presidente) – dott. Calcagno Fonte della notizia ­ ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione Gruppo Città Rinascita (GCR) Anno di formazione 2011 Mission «1) Studio e pratica della democrazia diretta, partecipativa e deliberativa; 2) promuovere studi e progetti, sul piano storico, estetico, urbanistico, tecnico, economico, finanziario e legislativo, per la salvaguardia, il recupero e la valorizzazione culturale ed ambientale della città di Sessa Aurunca e del suo territorio; promuovere inoltre studi e progetti sulla riqualificazione urbana, ambientale e territoriale, sulla riutilizzazione e gestione del patrimonio edilizio e storico, sulla conservazione e riqualificazione del centro storico della città» (Atto Costitutivo, 2011). Forma giuridica Associazione di Promozione Sociale (APS) Documenti Atto costitutivo e Statuto Scala d'aggregazione Centro urbano INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Stato di incuria degli spazi urbani del centro storico di Sessa Aurunca. Categoria di bene territoriale Spazi urbani Tipologia d'azione Gestione (adozione in risposta al bando) di monumenti e aree urbane del centro; Proposta di progettazione (promozione di un piano di recupero che prevede la riqualificazione di piazze del centro storico e il loro arredo e Bilancio partecipativo). Forma di finanziamento Raccolta fondi (in particolare tra attività commerciali locali) MECCANISMO DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Assenza – comune di Sessa Aurunca; soggetto istituzionale Interesse – Assessorato Beni Culturali del comune; Patrocinio ­ Assessorato Beni Culturali del comune (adozione di alcuni monumenti). 171 Allegato – Schede delle esperienze 12. Associazione Parco Uditore INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Sicilia, Palermo, quartiere Uditore­Passo di Rigano Riferimento http://www.uparco.org Contatto [email protected] Referente Callea Fonte della notizia Leone 2011; Stampa locale ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione Associazione Parco Uditore Anno di formazione 2010 Mission «[...] migliorare la qualità della vita dei Palermitani e di lasciare ai nostri figli una Palermo un po’ più verde di come l’abbiamo trovata» (http://www.uparco.org). Forma giuridica Associazione Documenti ­ Scala d'aggregazione Quartiere INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Condizione di incuria e degrado del fondo Uditore, nel centro di Palermo. La proposta di rendere l'area edificabile viene contestata dalla OCT. Categoria di bene territoriale Spazio verde Tipologia d'azione Proposta di gestione; Proposta di progettazione (parco urbano da sottoporre al soggetto istituzionale locale attraverso diffusione dell’iniziativa, petizione, variante urbanistica e il coinvolgimento della collettività locale). Forma di finanziamento Sponsor (azienda multinazionale danese) MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il Interesse reale ­ Assessorato Urbanistica del comune di soggetto istituzionale Palermo; Dialogo – comune di Palermo. 172 Allegato – Schede delle esperienze 13. Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia INFORMAZIONI GENERALI Localizzazione geografica Sicilia, Palermo Riferimento http://www.benecollettivo.it Contatto [email protected] Referente Alfano Fonte della notizia Stampa locale ORGANIZZAZIONE DI CITTADINANZA TERRITORIALE (OCT) Denominazione Comitato di cittadini per il bene collettivo Sicilia Anno di formazione ­ Mission «[…] per promuovere consapevolezza, per diffondere nuovi modelli di pensiero e di azione, come strumento di partecipazione responsabile da parte di tutti i cittadini alla gestione della comunità » (Cosa è il Comitato per il Bene Collettivo). Forma giuridica Comitato Documenti Manifesto Scala d'aggregazione Centro urbano INIZIATIVA DI PROGETTUALITA' URBANISTICA Premesse alle iniziative Informare, sensibilizzare, vigilare, proporre sui beni comuni della città quali «territorio urbano ed extraurbano (es. strade, piazze, edifici, giardini, parchi, campagne, coste), patrimonio paesaggistico, architettonico e artistico, ambiente ed elementi primari (es. aria, acqua, natura), servizi pubblici (es. uffici comunali, ospedali, scuole, raccolta rifiuti, trasporti e posteggi), denaro pubblico (es. tasse, finanziamenti) e altre risorse (pubblica amministrazione, impiego pubblico), identità culturale e immagine della sicilia e dei siciliani e dunque costruisce un modello di società consapevole, responsabile e attiva» (Cosa è il Comitato per il Bene Collettivo). Categoria di bene territoriale Spazi urbani Tipologia d'azione Manutenzione (pulizia e sistemazione) attraverso il coinvolgimento di soggetti esterni all'organizzazione. Gestione (adozione “Adotto la mia strada”) di spazi urbani; Progettazione/pianificazione. Proposte di “Un Nuovo Modello per Palermo” come proposte di riqualificazione del territorio urbano ed extraurbano attraverso nuove forme di gestione pubblica da sottoporre alle amministrazioni. Forma di finanziamento Quote associative MECCANISMI DI INTERAZIONE Livello di interazione con il ­ soggetto istituzionale 173 Ringraziamenti Desidero innanzitutto ringraziare la Professoressa Grazia Brunetta per tutti i preziosi insegnamenti di questi anni, la fiducia riposta in me, il tempo e l'impegno dedicato a seguire lo svolgimento di questo lavoro. Un doveroso ringraziamento va ai docenti che mi hanno dato la possibilità di discutere con loro, in diverse sedi, le questioni affrontate in questa ricerca: Giovanni Moro, Gregorio Arena, Stefano Moroni, Egidio Dansero e Alberto Vanolo. Vorrei inoltre ringraziare Angioletta Voghera per i consigli scientifici, ma soprattutto per il sostegno. Un ringraziamento particolare va alla mia famiglia e agli amici che in questi anni mi sono stati vicini, dimostrando grande affetto e spirito di sopportazione. 174