Abstract tesi di laurea Francesca Astolfi 1 ABSTRACT Il principio di

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Abstract tesi di laurea Francesca Astolfi
ABSTRACT
Il principio di sussidiarietà così come revisionato dall’art. 4. della Legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione a seguito di
referendum confermativo, si articola in senso verticale ed orizzontale.
La verticalità, così come espressa dal primo comma nel nuovo articolo 118 revisionato (le
funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario,
siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza), sta nell’attribuzione della responsabilità e titolarità
dell’intervento pubblico all’istituzione più prossima al cittadino ritenuta capace di una gestione
maggiormente rispondente alle esigenze del territorio d’appartenenza, e l’eventuale supplenza
dell’organo superiore in caso di inadempienza del competente; con un capovolgimento nell’ordine
di distribuzione del potere agli enti.
Ciò a concretizzare una sorta di passaggio da un sistema di autonomie snodantesi secondo
un processo discendente di poteri “derivati dall’alto”, a una Repubblica “costruita - per così dire dal basso”, dove la società acquista un ruolo centrale di cui, tra l’altro, è titolare.
A rafforzare tale intenzione è soprattutto l’orientamento orizzontale della sussidiarietà, così
come pronunciato dal quarto comma del citato articolo che prevede che siano in primis i cittadini,
con la loro soggettività e creatività, singoli ed associati, a svolgere in autonomia attività di interesse
generale, anche attraverso la non ingerenza (senso negativo) ma anzi il favore e il sostegno (senso
positivo) ([subsidium afferre] dare aiuto in maniera suppletiva) di Comuni, Province, Regioni e
dello Stato che viene a svolgere una funzione residuale e di garanzia.
Il cambiamento è notevole, ci si allontana dalla funzione pubblica espressione del potere
sovrano, incontrollato ed assoluto, dal così detto monopolio statale, per sposare un nuovo modello
di rapporti tra Stato e società. Si è di fronte ad una sorta di rivoluzione teorica e pratica della
politica che abbandonando la dicotomia pubblico/privato e quella cittadini/Stato, introduce una
nuova forma di amministrazione condivisa, dove non c’è contrapposizione ma intreccio e
collaborazione.
Se è ineccepibile che si debba alla legge di revisione costituzionale l’acquisizione
dell’habitus giuridico di norma costituzionale alla sussidiarietà (nonostante i riferimenti ai principi
fondamentali), che tra l’altro serpeggiava ancor prima nell’ordinamento (si pensi alle leggi
Bassanini (L. 59/97), al testo unico sull’ordinamento degli enti locali (L. 267/2000), alla 328 (legge
quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), (per inciso, tra
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l’altro sembra anche questo un movimento di sussidiazione della fonte delle fonti nei confronti delle
fonti di diritto inferiori, che propongono il principio ma per l’attuabilità hanno necessità della
legittimazione costituzionale); la sussidiarietà non può che essere riconosciuta come “criterio
codificato nei cromosomi dell’uomo sociale”, come diritto naturale cioè conforme all’ordine delle
cose e allo stato onto-metafisico della persona umana. È precetto sostanziale ed applicativo,
antecedente logico della sua formulazione in riforma costituzionale, fenomeno socio-economico
ancor prima che politico-istituzionale, modo di affrontare i bisogni concreti dei singoli e della
collettività.
Tale gravissimum principium (Pio XI, Quadragesimo anno, 1931), anche se non
esplicitamente definito di sussidiarietà, è presente nella storia come chiave di volta del rapporto tra
Stato, società e membris corporis socialis fin da tempi antichi, così come, tra l’altro negli
atteggiamenti di tanti che, ancor prima della dichiarazione e costituzionalizzazione della
sussidiarietà, partecipavano e si impegnavano a promuovere attivamente l’interesse generale.
È perciò essenziale indagare il pensiero filosofico-politico come humus antico, come lo
definisce Paolo Duret, nel quale ritrovare le radici, le premesse essenziali, le componenti di base per
gettare luce più piena sulle più recenti formulazioni del concetto in esame.
In questo scopo è bene tenere come punti di riferimento le tre grandi sorgenti culturali a cui
il principio si rifà: la dottrina sociale cattolica, punto di maturazione di una antica tradizione
filosofica nella quale confluiscono il pensiero aristotelico e l’elaborazione medioevale; il pensiero
liberale che pone al centro la libertà individuale; la teoria politico-istituzionale del federalismo,
espressione del decentramento funzionale e strutturale dell’ordinamento statuale.
Tra l’altro è nel Compendio della Dottrina Sociale che la sussidiarietà (insieme al bene
comune, alla dignità umana e alla solidarietà) è annoverata caratteristica direttiva e costante per la
sua universalità di significato e permanenza (dalla prima enciclica Rerum Novarum ad opera di
Leone XIII alla Deus caritas est di Benedetto XVI).
Da come sembra, la sussidiarietà da sempre è nell’ordine delle cose ma proprio ora, in
questo nostro tempo, si è sentita la necessità di esplicitarla e legittimarla. Evidentemente sono gli
sviluppi caratteristici della società contemporanea a richiedere questo atteggiamento come
necessario.
A quanto pare non potrebbe che esserci un sistema di amministrazione condivisa, in cui più
soggetti diversi si prendono cura della cosa pubblica, in una società, come la nostra, in cui le
questioni sono troppo complesse ed intrecciate per essere risolte da un punto di vista soltanto; dove
viene meno la possibilità di regolare i problemi all’interno del proprio Stato nazionale in modo
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tradizionale; dove nessuna forma di governabilità può essere ritenuta valida se prescinde dalla
dimensione internazionale della vita sociale, economica e politica.
Una società la nostra che Zygmunt Bauman definisce liquida, un’età di accelerazione,
interdipendenza, imprevedibilità, superspecializzazione, cambiamento. Un tempo così detto della
globalizzazione e della colonizzazione del mondo, che è scoperta, espansione, passaggio rapido
d’informazioni, tecnologia, comunicazione globale, crescita di ricchezza, ma anche sottomissione,
schiavitù, guerra e sfruttamento.
Bisogna riconoscere che a questo punto una politica delegata sarebbe snaturata, tradirebbe la
sua natura democratica, non appassionerebbe e non potrebbe andare incontro alla pluralità.
Certo è che i progressi si potranno realizzare non soltanto affidandosi ad una nuova
legislazione, a nuove istituzioni sociali e politiche, serve che tali riforme socio-politiche, sostiene
Mauro Ceruti, siano accompagnate da una riforma di civiltà, da un riforma mentale, da una riforma
spirituale.
Perciò la sussidiarietà va annoverata come principio guida per riuscire ad allargare il campo
d’azione della governabilità, come preziosa strategia di adattamento attivo alle nuove esigenze che
questa ultima richiede, per affrontare la complessificazione, l’ampliamento e la redistribuzione su
più livelli dei poteri di governo e delle responsabilità.
Il principio di sussidiarietà orizzontale in tale impegno può essere colto come piattaforma su
cui costruire una nuova forma di cittadinanza, così definita da Gregorio Arena, una nuova
organizzazione della società civile che veda protagonisti dei cittadini attivi, autonomi, responsabili,
solidali, persone che non delegano e non si chiamano fuori ma si compromettono e si
compassionano, prendono parte e se ne prendono cura.
Esempio esplicativa di tali atteggiamenti è quello di “Insieme è Meglio”, comunità educante
nella quale genitori, operatori, amministratori, religiosi, ragazzi si mettono in gioco con la propria
specificità personale, generazionale, professionale, istituzionale per realizzare progetti di crescita, di
cambiamento e di responsabilizzazione complessiva e reciproca.
Perché le buone prassi contrastino il deperimento della società civile serve anzitutto
preparare questi “tempi nuovi”, alla Etty Hillesum, dentro di se’, anche grazie ad un’educazione alla
comeniana sapienza del pensare, prudenza dell’agire e devozione del cuore.
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