I persecutori non tedeschi nell'Europa centrale e orientale 0002000070 L'annientamento degli ebrei d'Europa durante la Seconda guerra mondiale fu un atto collettivo e caratterizzato da una precisa divisione dei ruoli, un atto che vide la partecipazione di numerose istituzioni e di migliaia di autori. La maggioranza delle istituzioni e gran parte degli autori coinvolti furono tedeschi. Fu il governo tedesco di allora a decidere di perpetrare questo sterminio di massa, a fissare il momento, la forma e il modo in cui organizzare ed eseguire il crimine. In ciò ricorse in primo luogo a istituzioni tedesche e a personale tedesco. Questo tema è già stato affrontato in ricerche relativamente esaustive. All'Olocausto parteciparono, tuttavia, anche molte istituzioni non tedesche, e perfino governi e migliaia di autori stranieri. Per decenni le ricerche a livello internazionale hanno trascurato il problema degli autori e dei collaboratori non tedeschi che parteciparono all'annientamento degli ebrei. Il primo a occuparsene approfonditamente fu Raul Hilberg, il padre degli studi storici sull'Olocausto, nel suo libro Perpetrators, Victims, Bystanders, pubblicato in America nel 19921. L'opera di Hilberg ha aperto la strada a una serie sempre più numerosa di contributi e lavori sull'argomento, incentrati sulla questione degli autori e dei complici dell'Olocausto provenienti dall'Europa orientale2. La presente trattazione si basa proprio su queste recenti pubblicazioni, e si occuperà in primo luogo di coloro che furono coinvolti, come autori diretti, nello sterminio degli ebrei europei3. Dal punto di vista geografico, il fulcro di questa indagine è l'Europa centrorientale: proprio in queste regioni, prima del 1939, viveva la maggior parte degli ebrei del vecchio continente, con più di 3 milioni nella sola Polonia. E fu proprio in Polonia che la maggior parte delle vittime dell'Olocausto trovò la morte. Nell'ambito di questo discorso è importante tenere in considerazione che, durante la Seconda guerra mondiale, la popolazione dell'Est europeo (a differenza dell'Europa occidentale e meridionale) conobbe ben due regimi criminali: quello tedesco (dal 1941 al 1944-45) e quello sovietico (1939-41, e successivamente al 1944-45)4. È indiscusso ormai che il regime di terrore sovietico in quelle regioni influenzò l'atteggiamento degli abitanti nei confronti dei conquistatori tedeschi, che invadevano quei luoghi nell'estate 1941. L'ingresso delle truppe tedesche fu spesso salutato come una vera e propria liberazione dal giogo sovietico. L'esperienza traumatica del regime terroristico sovietico non coinvolse le altre regioni europee e, ancora oggi, questo fatto non viene debitamente considerato da molti degli autori occidentali. All'occupazione sovietica di queste regioni dell'Europa orientale, nell'autunno del 1939 e nell'estate 1941, seguì la loro brutale sovietizzazione. I nuovi dominatori applicarono nelle regioni occupate una strategia del terrore senza precedenti. Allo scopo di consolidare il loro proprio potere, essi strumentalizzarono le tensioni etniche e sociali preesistenti. Considerando la sua durata temporale relativamente breve, nelle terre annesse l'occupazione sovietica ebbe conseguenze devastanti: migliaia di persone furono deportate, imprigionate e assassinate. Le vittime furono polacchi, ucraini, lituani, lettoni, estoni, bielorussi e rumeni. La logica conseguenza di ciò fu la paura e l'odio nei confronti degli invasori sovietici e dei loro collaboratori5. Intanto, tuttavia, le vecchie tensioni si acuirono e affiorarono nuovi focolai di conflitto tra le singole componenti della popolazione e, in un simile contesto, la popolazione ebraica finì in una situazione estremamente precaria. Da una parte le loro élite vennero perseguitate, perché considerate antisovietiche. Molti ebrei, inoltre, tentarono, sia in modo attivo sia passivo, di opporre resistenza al processo di sovietizzazione6. Dall'altra parte il sistema sovietico offriva nuove prospettive a molti ebrei. Il dominio sovietico forniva, soprattutto ai giovani, opportunità di ascesa sociale. Negli altri strati della popolazione questo fatto suscitava invidia e desiderio di vendetta. Ai tradizionali pregiudizi antisemiti si accompagnò l'immagine degli ebrei come presunti sfruttatori della sovietizzazione e complici degli invasori sovietici7. Da parte tedesca si era a conoscenza del marcato umore antisovietico e antiebraico diffuso nelle regioni occupate e se ne tenne conto per la preparazione della guerra. Tra gli ordini che le Einsatzgruppen [unità operative mobili] ricevettero prima dell'attacco all'Unione Sovietica, vi fu quello di organizzare “senza lasciar traccia” [spurenlos ] con forze locali pogrom antiebraici come “azioni di autopulizia” [Selbstreinigungsaktionen ]. Il 29 giugno 1941 Heydrich ricordò a tutti i comandanti delle Einsatzgruppen gli ordini già impartiti prima dell'aggressione all'Unione Sovietica: Facendo riferimento alle istruzioni da me già impartite il 17.IV [1941] a Berlino, ricordo che: 1) le azioni di autopulizia portate avanti dai gruppi anticomunisti e antiebraici nelle terre da occupare non vanno ostacolate in alcun modo. Esse, al contrario, andranno, tuttavia in modo tale da non lasciare traccia, incitate e intensificate, e, se necessario, avviate nei giusti binari senza che i “gruppi di autodifesa” locali possano successivamente appellarsi a disposizioni o a garanzie politiche esistenti8. 0002000070 ‣ Gli stati baltici: Lituania, Lettonia ed Estonia . Lituania. Nella regione dell'odierna Lituania vivevano, subito dopo l'invasione da parte delle truppe tedesche, circa 250.000 ebrei: la quasi totalità, fatta eccezione per poche migliaia di superstiti, fu sterminata durante l'occupazione9. La persecuzione e lo sterminio degli ebrei nella Lituania occupata dai nazisti può essere suddivisa in tre fasi: 1) dalla fine di giugno a novembre 1941: i mesi delle uccisioni di massa, in cui più di 136.000 ebrei lituani persero la vita. Intanto gli ebrei sopravvissuti venivano ghettizzati e privati di diritti e possedimenti; 2) dal dicembre 1941 al luglio 1943: lo sterminio rallenta sensibilmente. Gli ebrei ancora in vita, circa 35.000, furono concentrati in tre ghetti (Kaunas, Vilnius e ëiauliai), e costretti ai lavori forzati per contribuire all'economia di guerra tedesca; 3) dall'agosto 1943 al luglio 1944: eliminazione degli ebrei superstiti, in gran parte deportati e uccisi nei campi di sterminio. I rimanenti furono fucilati sul posto. Solo pochi riuscirono a fuggire e alcune migliaia furono deportate in Germania, dove riuscirono a sopravvivere fino alla fine della guerra10. In tutte e tre le fasi dello sterminio, i lituani svolsero un ruolo importantissimo come autori e complici, anche se il contributo decisivo fu quello degli occupanti tedeschi. In Lituania lo sterminio degli ebrei iniziò, dal punto di vista dei conquistatori tedeschi, in modo “molto promettente”, poiché il piano ideato da Heydrich di provocare “azioni di autopulizia” sembrò funzionare. Con l'ingresso delle truppe tedesche nello stato baltico, partigiani lituani si volsero contro gli occupanti sovietici e i loro collaboratori. Il Brigadeführer SS dottor Walter Stahlecker, comandante della Einsatzgruppe A, e i suoi collaboratori riuscirono a canalizzare presto i sentimenti di odio e di vendetta, accumulatisi nel tempo, principalmente contro gli ebrei lituani11. Fu così che, nei primi giorni di occupazione tedesca, vi furono numerosi pogrom e massacri di ebrei. I partigiani lituani massacrarono e giustiziarono circa 5000 ebrei, prima ancora che le forze di sicurezza tedesche assumessero il comando delle operazioni di sterminio12. Dopo pochi giorni, su pressione della Wehrmacht, i gruppi partigiani furono disarmati e sciolti, ponendo così fine alle “azioni di autopulizia”. La polizia di sicurezza tedesca, tuttavia, costituì un battaglione di polizia ausiliaria composto da partigiani. Denominato in un primo momento “battaglione TDA”, il 4 luglio esso contava 724 unità. Presto, però, 117 uomini furono congedati e alcuni disertarono, non essendo evidentemente disposti a partecipare agli eccidi di massa. In effetti i compiti del battaglione non si limitavano alla sorveglianza di obiettivi di importanza militare, ma si estendevano anche al supporto delle unità di sterminio tedesche [Killerkommandos ] nella loro azione di eliminazione degli ebrei lituani. Nell'ottobre 1941 il battaglione era composto da dieci ufficiali e 334 reclute13. La maggior parte delle stragi di ebrei compiute nel 1941 al di fuori delle città di Kaunas e Vilnius (Paneriai) fu eseguita dal “commando d'assalto” [Rollkommando ] Hamann. Questo commando era composto da 8 a 10 componenti dell'Einsatzkommando 3 e da parecchie decine di appartenenti al battaglione TDA lituano, anche se la sua composizione variava secondo le necessità. Il battaglione era guidato dall'Obersturmführer SS Joachim Hamann, capo plotone dell'Einsatzkommando 3 14. Il commando d'assalto Hamann era un commando mobile di sterminio con l'incarico di eliminare gli ebrei lituani nelle campagne: nel compiere le esecuzioni esso seguiva un metodo ben preciso. Dopo aver deciso di quale area dovevano essere gli ebrei da eliminare, Hamann, o un componente dell'Einsatzkommando 3, si metteva in contatto con la locale polizia, lituana o tedesca, che aveva il compito di provvedere in loco ai preparativi per le esecuzioni. Essa riceveva l'ordine di registrare e concentrare le vittime, di scegliere il luogo per l'esecuzione, di far scavare le fosse e infine di raccogliere ausiliari che sorvegliassero e isolassero il luogo prescelto. Terminati tutti questi preparativi, entrava in azione il commando d'assalto. Forze locali, per lo più poliziotti lituani, conducevano le vittime al luogo fissato per l'esecuzione, che veniva isolato. Delle fucilazioni si incaricavano i componenti del commando d'assalto. Dopo il massacro si ricolmavano di terra le fosse e sia il commando d'assalto sia le forze locali si ritiravano. In questo modo il commando d'assalto eseguiva fino a cinque fucilazioni di massa alla settimana15. All'inizio di ottobre del 1941, quando nelle campagne non vi furono praticamente più ebrei, il commando d'assalto Hamann fu sciolto. Nell'arco di tre mesi esso aveva eliminato circa 60.000 ebrei, 77.000 secondo lo stesso Hamann16. Inoltre, a partire dal luglio 1941, i componenti del battaglione TDA parteciparono costantemente a massacri di ebrei compiuti nella città di Kaunas. Il 2 agosto 1941, ad esempio, alcuni membri del battaglione prelevarono dalle carceri 209 persone, 171 uomini ebrei, 34 donne ebree e 4 comunisti lituani, e li condussero nel luogo della fucilazione, al fortino IV. Ad attenderli vi erano dieci tedeschi. Fu scavata una fossa e le vittime furono fucilate dai tedeschi e dai membri del battaglione. Il 29 ottobre 1941 il battaglione prese parte all'eccidio di 9200 ebrei del ghetto di Kaunas. Complessivamente, dal 7 luglio all'11 dicembre 1941, utilizzando i fortini intorno a Kaunas come basi per le esecuzioni, i componenti del battaglione TDA parteciparono all'uccisione di circa 26.000 ebrei. In seguito il battaglione TDA, ormai ribattezzato con il nome di 1° (o 13°) battaglione, non venne più impiegato per le uccisioni di ebrei17. Oltre al battaglione TDA, gli invasori tedeschi impiegarono negli eccidi di massa degli ebrei almeno altri nove battaglioni di polizia lituana, anche al di fuori della Lituania. Fino all'ottobre 1941, i tedeschi costituirono cinque battaglioni di polizia lituani (oltre al battaglione TDA), in cui furono arruolati 3470 lituani. Nel 1942 se ne costituirono degli altri. Nel settembre 1942, nelle unità di polizia, erano impiegati complessivamente 7917 lituani18. Il 2° battaglione fu distaccato dai superiori tedeschi, nell'ottobre 1941, a Minsk, in Bielorussia, da dove si mosse per diverse operazioni. Si calcola che, nell'autunno 1941, il 2° battaglione affiancò in Bielorussia i tedeschi nell'eliminazione di 46.000 persone. Tra queste vi erano circa 9000 prigionieri di guerra sovietici, ma la maggior parte delle vittime era tuttavia costituita da ebrei bielorussi. Il 4° battaglione lituano (che diventò il 7° a partire da febbraio) giunse, nell'aprile 1942, nella zona di Vinnica, dove, in piccoli gruppi, si occupò della sorveglianza dei prigionieri di guerra sovietici. Nel 1942 il primo plotone della quarta compagnia venne impiegato ripetutamente dai tedeschi negli eccidi di ebrei. Insieme a poliziotti tedeschi e ucraini, i suoi componenti uccisero circa 300 uomini, donne e bambini ebrei19. Il 1° battaglione di polizia lituano di Vilnius fu impiegato dai tedeschi, nell'agosto 1941, nella ghettizzazione degli ebrei di Vilnius e dintorni. Nella primavera del 1943 i suoi componenti presero parte all'eliminazione di ebrei provenienti dal ghetto di Vilnius e dai campi di lavoro della Lituania orientale. Tra la primavera e l'estate del 1943 il battaglione sorvegliò i campi di lavoro del ghetto di Vilnius, i cui abitanti ebrei furono successivamente sterminati da tedeschi. In tale occasione i sorveglianti lituani supportarono gli autori tedeschi dell'eccidio, trasportando le vittime nei luoghi di esecuzione. Anche il 2° battaglione di polizia lituano di Vilnius partecipò, nel 1941, alle fucilazioni di massa degli ebrei di Vilnius. Nel novembre 1941 i tedeschi trasferirono il battaglione a Lublino, incaricandolo della sorveglianza esterna del campo di concentramento di Majdanek. Nel novembre 1942 il battaglione tornò in Lituania e venne impiegato nella “lotta ai partigiani”. A Lublino i suoi compiti furono assunti dal 252° battaglione di polizia lituano20. Una particolare formazione lituana che ugualmente ebbe la sua parte nella persecuzione degli ebrei fu la polizia di pubblica sicurezza [Sicherheitspolizei ] di Vilnius, costituita alla fine di giugno del 1941 dall'Einsatzkommando 3. Nell'autunno 1941, nella polizia di pubblica sicurezza lituana erano impiegati 130 uomini, subordinati direttamente alla polizia di pubblica sicurezza tedesca e al SD [Sicherheitsdienst, servizio di sicurezza]. I lituani impiegati nella polizia di pubblica sicurezza arrestavano gli ebrei sospetti e altri “elementi ostili ai tedeschi”, li interrogavano e procedevano anche alla loro condanna. Spesso consegnavano gli arrestati a un commando di sterminio per la fucilazione. Il numero delle vittime ammonta a centinaia, se non a migliaia. Successivamente i poliziotti di pubblica sicurezza lituani parteciparono alla lotta contro i clandestini polacchi e contro i partigiani sovietici21. Oltre ai battaglioni di polizia e al SD lituano, parteciparono alla persecuzione e allo sterminio degli ebrei anche poliziotti lituani locali che prestavano servizio di pattuglia [Einzeldienst ] in campagna e nelle città, e i membri dell'amministrazione autonoma lituana. Nel settembre 1942, in Lituania c'erano 8757 poliziotti ausiliari locali e 20.000 dipendenti lituani nell'amministrazione civile tedesca. Essi attuavano le disposizioni e i regolamenti antiebraici tedeschi, volti a marchiare gli ebrei (contrassegnandoli con un marchio), concentrarli nei ghetti, confiscare le loro proprietà e sfruttare la loro forza lavoro. Essi erano spesso direttamente coinvolti nel massacro degli ebrei, soprattutto nelle campagne. Catturavano e concentravano gli ebrei in luoghi di raccolta oppure collaboravano a tali operazioni, facevano scavare le fosse. Infine, uffici locali provvedevano alla confisca delle proprietà delle vittime per conto del Reich tedesco22. Senza l'appoggio attivo e l'opera dei complici lituani, l'Olocausto, nel piccolo stato baltico, non avrebbe certamente avuto le stesse dimensioni e la stessa rapidità. Lettonia | Lo sterminio degli ebrei in Lettonia si svolse in maniera analoga a quello lituano. Nel 1939 gli ebrei residenti in Lettonia erano 86.000, ma si ridussero a 70.000 entro il luglio 1941. Alcuni ebrei erano, nel frattempo, emigrati, parecchie migliaia erano cadute vittime del terrore sovietico, mentre altri erano fuggiti insieme ai sovietici dopo il 22 giugno 1941. Degli ebrei rimasti soltanto pochi sopravvissero oltre la fine del 1941: quasi tutti furono uccisi nel giro di pochi mesi23. Anche questo sterminio fu organizzato, regolato ed eseguito dagli occupanti tedeschi, soprattutto dall'Einsatzgruppe A, che proprio nei paesi baltici aveva il suo territorio operativo. L'Einsatzgruppe A, con i suoi 990 componenti, tuttavia, non avrebbe potuto portare a termine lo sterminio in un lasso di tempo tanto breve senza la collaborazione di complici locali. Effettivamente, nella persecuzione e nell'eliminazione degli ebrei in Lettonia, a eccezione del potere decisionale detenuto costantemente dagli occupanti tedeschi, non vi fu ambito d'azione in cui i lettoni non ebbero a partecipare come autori attivi dello sterminio. Tuttavia, gli inizi dello sterminio degli ebrei in Lettonia non furono, dal punto di vista tedesco, “molto promettenti”, data la relativa scarsità di pogrom “spontanei” antiebraici24. Nel gennaio 1942 il Brigadeführer SS, dottor Walter Stahlecker, riportava ai suoi superiori a Berlino: Dopo il terrore imposto dal dominio giudaico-bolscevista [...] ci si sarebbe aspettati un pogrom generale da parte della popolazione. In realtà, tuttavia, le forze locali hanno eliminato spontaneamente soltanto alcune migliaia di ebrei. In Lettonia fu necessario intraprendere vaste operazioni di pulizia per mezzo di Sonderkommandos [unità speciali] coadiuvati da forze scelte della polizia ausiliaria lettone (per lo più parenti di lettoni deportati o uccisi)25. Dopo l'occupazione militare della Lettonia, gli invasori tedeschi si misero subito al lavoro per creare strutture di occupazione in cui i lettoni ricoprissero funzioni importanti in tutti i settori (amministrazione, economia e polizia). Ciononostante la possibilità di una Lettonia indipendente non venne mai presa in considerazione dai tedeschi, sebbene molti dei collaborazionisti lettoni ne nutrissero la speranza. Tra le prime misure intraprese dai nuovi dominatori vi fu la formazione di squadre di polizia e corpi simili, composti da lettoni. Queste squadre ricevettero il compito di ripulire la Lettonia da elementi “antitedeschi” e di “pacificare” la regione, una pacificazione naturalmente intesa nell'ottica tedesca. In primo luogo la questione riguardava comunisti e loro sostenitori, partigiani sovietici, soldati dell'Armata Rossa allo sbando, e gli ebrei nella loro totalità. Tra queste formazioni la più tristemente famosa fu il cosiddetto commando Ara°js, i cui componenti assassinarono quasi la metà degli ebrei lettoni. L'1 o il 2 luglio 1941 Walther Stahlecker trasformò un gruppo di partigiani lettoni di diverse centinaia di uomini, che aveva combattuto contro i sovietici in ritirata, in un commando di polizia ausiliaria. A capo della squadra egli nominò Viktors Ara°js26, l'uomo dalla cui iniziativa era nato il commando stesso27. La prima fucilazione di massa a cui prese parte il commando Ara°js avvenne il 6 o il 7 luglio 1941 nel bosco di Bikernieki (Kaiserwald), presso Riga. Successivamente vi furono altre fucilazioni, che si protrassero fino a ottobre del 1941. Gli uomini di Ara°js, complessivamente, fucilarono a Bikernieki circa 4000 ebrei e 1000 comunisti, sempre coordinati e sorvegliati dai tedeschi, che spesso parteciparono direttamente alle fucilazioni. Nella primavera del 1942 gli uomini di Ara°js uccisero di nuovo nel bosco di Bikernieki; a morire, stavolta, non furono ebrei lettoni, ma ebrei tedeschi, circa 20.000 dei quali erano stati deportati a Riga. Molte migliaia di essi furono assassinati a Bikernieki28. Gli uomini di Ara°js ebbero, nell'estate 1941, anche l'ordine di sterminare gli ebrei nelle campagne che erano fino ad allora in gran parte “sfuggiti” all'Einsatzgruppe A. In alcune località scarsamente popolate da ebrei, i componenti dell'Einsatzgruppe uccidevano prevalentemente di propria iniziativa. Nella maggioranza dei casi si trattava tuttavia di operazioni omicide basate su una precisa divisione dei compiti, che procedevano nel seguente modo: la polizia lettone locale registrava e arrestava gli ebrei, li concentrava in un luogo prestabilito e poi trasportava le vittime nel luogo di esecuzione, da essi stessi predisposto. Il commando di sterminio, composto dagli uomini di Ara°js, arrivava sul luogo dell'esecuzione nel momento convenuto telefonicamente, fucilava le vittime e spesso ripartiva subito per l'azione successiva. Dei circa 21.000 ebrei che vivevano nelle campagne, gli uomini di Ara°js ne fucilarono circa 15.000. Il 15 settembre 1941 gli uffici tedeschi comunicarono che nelle campagne la questione ebraica era stata “risolta” grazie alla polizia ausiliaria lettone29. Nell'ottobre 1941, in Lettonia, rimanevano ancora ebrei in tre città: Riga, Liepa°ja e Daugavpils. Essi erano registrati, individuati attraverso un contrassegno e concentrati in ghetti, carceri e “accasermamenti”, tutti sorvegliati da poliziotti lettoni. Entro la fine del 1941 anche questi ebrei furono eliminati. Anche in questo caso il commando di Ara°js svolse un ruolo di spicco. Gli uomini del commando, tra il 7 e il 9 novembre 1942, fucilarono svariate migliaia di ebrei a Daugavpils. I membri del commando parteciparono anche allo sterminio degli ebrei di Riga, pur non prendendo parte alla fucilazione: essi radunarono le vittime ebraiche e predisposero gli sbarramenti nel luogo approntato per l'esecuzione, a Rumbula30. Il commando di Ara°js fu costituito dagli occupanti tedeschi attraverso il reclutamento di volontari, per poi essere impiegato come commando di sterminio nella fucilazione degli ebrei, ma anche di comunisti, malati di mente e zingari. Nel 1941 la squadra contava circa 300 unità. A partire dalla metà del 1942, i compiti principali del commando, che intanto si era ingrandito fino ad annoverare tra le sue fila 1200 uomini, cambiarono. Ora il commando partecipava prevalentemente alle azioni dei tedeschi, dirette espressamente contro i partigiani sovietici. In realtà queste azioni, specialmente in Bielorussia, erano rivolte soprattutto contro la popolazione civile, sospettata di appoggiare i partigiani. Molte centinaia di migliaia di persone, uomini, donne e bambini, furono assassinate o deportate durante le azioni, che devastarono intere regioni. A partire dalla metà del 1944, dopo che l'Armata Rossa ebbe cacciato i tedeschi dall'Europa orientale, per il commando di Ara°js non c'era più ragione d'impiego e pertanto esso fu sciolto31. Anche i rimanenti gruppi di polizia ausiliaria lettone, che gli occupanti tedeschi avevano costituito a partire dall'estate del 1941, furono più volte impiegati nella persecuzione e nello sterminio degli ebrei. A questo proposito va operata una distinzione tra i poliziotti ausiliari lettoni (circa 5000), che prestavano servizio di pattuglia [Einzeldienst ] nelle città e nelle campagne, e i battaglioni di polizia. Nel 1941, in Lettonia, furono costituiti cinque battaglioni di polizia e altri venti entro l'estate 1943. Il numero degli uomini in essi impiegati crebbe dai 1200 dell'ottobre 1941 ai 9170 dell'estate 1943, fino ai 12.186 dell'anno seguente. Nei primi mesi gli occupanti tedeschi reclutarono soltanto volontari; all'inizio del 1942 introdussero il reclutamento coatto32. I battaglioni di polizia lettone combattevano tra l'altro sul fronte di Leningrado e contro i partigiani sovietici in Bielorussia. Essi furono anche ugualmente impiegati nella persecuzione degli ebrei. Il 20° battaglione di polizia sorvegliò il ghetto di Riga, il 22° battaglione, nell'estate del 1942, si occupò del ghetto di Varsavia. Soprattutto però i tedeschi impiegarono i battaglioni di polizia lettone nella “lotta alle bande”. Nell'adempiere tale missione i poliziotti dei battaglioni parteciparono a numerosi crimini ai danni della popolazione civile33. Anche l'amministrazione autonoma lettone e la polizia ausiliaria locale erano parimenti coinvolte nella persecuzione e nello sterminio degli ebrei. Esse avevano tra l'altro il compito di attuare localmente i provvedimenti antiebraici tedeschi, tra i quali la ghettizzazione, il lavoro coatto e le espropriazioni. Dei poliziotti lettoni di Riga, circa 500 furono impiegati nei due grandi massacri di Rumbula, il 30 novembre e l'8 dicembre 1941. Essi isolarono la via che collegava il ghetto con il luogo dell'esecuzione e sorvegliarono le vittime durante il trasferimento. Anche in altre città e nelle campagne i poliziotti ausiliari parteciparono ad azioni analoghe. Gli uomini della polizia ausiliaria locale contribuirono con un importante lavoro preparatorio alle fucilazioni di massa del 1941 nelle campagne. Essi radunavano le vittime ebree, le sorvegliavano e le conducevano nel luogo stabilito per la fucilazione. Le esecuzioni stesse venivano eseguite da unità di sterminio ora tedesche, ora lettoni, ora miste34. Estonia | Le proporzioni della partecipazione estone all'Olocausto furono relativamente ridotte in confronto agli altri stati baltici: infatti all'inizio della campagna militare nazista in Europa orientale, in Estonia vivevano appena 4500 ebrei circa. La maggior parte di essi riuscì a sfuggire alle truppe tedesche, dal momento che l'Estonia fu occupata soltanto nell'agosto 1941. A cadere in mano ai tedeschi furono “soltanto” circa 1000 ebrei estoni. Non vi fu qui alcun pogrom antiebraico. Gli occupanti tedeschi imposero però, subito dopo l'invasione, i regolamenti e divieti antiebraici dal loro punto di vista “usuali”, quali l'obbligo di riconoscimento tramite contrassegno e la confisca dell'intero patrimonio ebraico. L'amministrazione e la polizia estoni istituite dagli occupanti diedero attuazione a queste disposizioni. Successivamente il corpo di “autodifesa” [Selbstschutz ] estone iniziò, certamente su disposizione tedesca, ad arrestare ogni ebreo maschio sopra i sedici anni e ogni ebrea atta al lavoro di età compresa tra i sedici e i sessant'anni. Le donne ebree arrestate furono condotte ai lavori forzati, mentre gli uomini, a eccezione dei medici e dei capi anziani ebrei [Judenältesten ], furono fucilati dalle squadre dell'“autodifesa” estone sotto la sorveglianza dell'Einsatzkommando 1a. Nel corso dell'inverno 1941-42 furono eliminati i rimanenti ebrei, compresi donne e bambini. Il 31 gennaio 1942 l'Einsatzgruppe A annunciava: “Oggi, in Estonia, non ci sono più ebrei”35. 0002000070 ‣ Ucraina . Le truppe tedesche occuparono la Repubblica Sovietica di Ucraina nell'estate del 1941 in modo relativamente lento rispetto agli altri territori occupati. Il 29 giugno 1941 esse invasero Leopoli, per arrivare a Kiev soltanto il 19 settembre e occupare l'intera Ucraina nel mese di ottobre. Dei circa 41 milioni di abitanti, circa 32 milioni restarono in Ucraina fino all'arrivo dei tedeschi. Dei rimanenti, alcuni furono evacuati, altri arruolati nell'Armata Rossa, altri ancora fuggirono all'estero. Tra i profughi gli ebrei costituivano un gruppo abbastanza cospicuo; soprattutto nei distretti più orientali più della metà di essi riuscì a fuggire36. Per gli invasori tedeschi era da escludere la concessione di un'autonomia politica all'Ucraina, tanto più la sua indipendenza. Essi architettarono piani a medio e lungo termine volti a germanizzare l'Ucraina, mentre a breve termine mirarono a sfruttare spietatamente le risorse dell'ex regione sovietica a favore dell'economia di guerra nazista37. Tali circostanze esclusero la possibilità di qualsiasi forma di collaborazione politica in Ucraina. Ciononostante migliaia di ucraini erano al servizio degli invasori tedeschi, sia come poliziotti ausiliari, sia nell'“amministrazione autonoma”, nel settore economico, sia in unità militari costituite a partire dal 1943. E i tedeschi impiegarono queste forze anche nella persecuzione e nello sterminio degli ebrei. Del milione e mezzo di ebrei che, in territorio ucraino, finirono in mano a tedeschi e rumeni (circa 150.000 in Transnistria), ne sopravvisse soltanto un numero esiguo38. Già dopo il ritiro delle truppe sovietiche nel giugno-luglio del 1941, in molte città e in molte località dell'odierna Ucraina occidentale si ebbero sanguinosi pogrom e massacri: in essi persero la vita migliaia di ebrei, ma anche un numero non indifferente di non ebrei. A scatenare i pogrom fu spesso la scoperta di crimini sovietici. Tra le persecuzioni più sanguinose vi furono quelle di Leopoli, Zloczew, Borislav e Tarnopol. Il numero delle vittime dei singoli pogrom oscillava tra alcune decine e le migliaia, come nei casi di Leopoli e Tarnopol39. Dopo qualche giorno i pogrom cessarono e i tedeschi diedero avvio a un'opera sistematica di persecuzione e di sterminio degli ebrei ucraini, nella quale si avvalsero del supporto della polizia ausiliaria e dell'amministrazione autonoma ucraine da loro istituite. La prima tappa verso l'annientamento totale degli ebrei di Ucraina è costituito dall'eccidio di massa di 23.600 ebrei a Kamenec-Podolski tra il 26 e il 28 agosto 1941, compiuto dalle forze di sicurezza e di polizia tedesche. L'intera comunità fu cancellata nell'arco di tre giorni. Fino ad allora gli Einsatzkommandos tedeschi in Ucraina avevano eliminato soprattutto ebrei maschi, in primo luogo rappresentanti dell'“intellighenzia” ebraica, accusati spesso di attività filo-sovietiche o “soltanto” di simpatie. A partire dalla fine di luglio i commando cominciarono a uccidere anche donne e bambini ebrei, e l'eccidio di massa di Kamenec-Podolski rappresentò il momentaneo culmine di quest'ondata di violenza, cui presto seguirono i massacri di Berdiccev e Zhytomyr, il 15 e il 19 settembre. L'apice successivo fu l'eccidio, il 29-30 settembre a Babi-Yar, di oltre 33.000 ebrei di Kiev (uomini, donne e bambini). In numerose città dell'Ucraina orientale ebbero luogo “azioni su larga scala” dello stesso genere. Ma anche gli ebrei dell'Ucraina occidentale non furono risparmiati; circa 30.000 di essi furono fucilati tra il settembre e il novembre 194140. A partire dal settembre 1941, le autorità tedesche cominciarono a istituire ghetti riservati agli ebrei. Dopo l'estate del 1941 sorsero anche numerosi campi di lavoro: in essi i detenuti ebrei, ma anche i prigionieri di guerra sovietici, dovevano eseguire lavori forzati, principalmente per la costruzione di strade. A partire dalla primavera del 1942 i tedeschi passarono allo “sgombero” sistematico dei ghetti, cioè ad uccidere in massa tutti gli ebrei in essi rinchiusi. Nell'Ucraina orientale ciò fu attuato localmente da plotoni di esecuzione tedeschi; quanto alle regioni occidentali, a partire dal marzo 1942, i nazisti deportarono migliaia di ebrei nel campo di sterminio di Bełżec, il resto delle vittime fu massacrato sul posto. All'inizio del 1943, in territorio ucraino, del milione e mezzo di ebrei finito dopo il 22 giugno 1941 in mano tedesca e anche rumena ne restavano appena 200.000. Entro l'estate 1943 anche questi furono eliminati, a eccezione di pochi superstiti41. In tutte le fasi dello sterminio degli ebrei ucraini gli autori tedeschi degli eccidi si avvalsero della collaborazione ucraina, una collaborazione in parte ottenuta con gli ordini, in parte imposta con la forza, in parte volontaria. In primo luogo si trattava della polizia ausiliaria ucraina, istituita immediatamente dopo l'invasione tedesca. I suoi membri avevano il compito di pattugliare [Einzeldienst ] le campagne e le città, sotto il controllo dei tedeschi. In occasione degli eccidi di massa del 1941 i compiti della polizia locale consistevano nel rastrellare le vittime, sorvegliarle e condurle al luogo stabilito per la fucilazione. I plotoni di esecuzione erano composti, il più delle volte, da tedeschi. In questo modo i poliziotti ausiliari ucraini parteciparono a tutte le fucilazioni di massa del 1941, come quelle di Kamenec-Podolski, Babi-Yar, Sokal, Zhytomyr, Rovno, Krivoj Rog e di Dnepropetrovsk. I poliziotti ausiliari partecipavano di tanto in tanto anche come tiratori nelle fucilazioni degli ebrei presso le fosse. Il 6 settembre 1941, a Radomyscl, il Sonderkommando 4a dell'Einsatzgruppe C fucilò 1107 ebrei adulti, i poliziotti ausiliari ucraini uccisero 561 bambini ebrei; la polizia ausiliaria collaborò probabilmente a sparare anche a Mariupol e a Bulin, nei pressi di Zhytomyr, nel settembre 1941. Occasionalmente la polizia ausiliaria ucraina eseguì autonomamente azioni di fucilazione, naturalmente sempre su ordine tedesco, come ad esempio nel distretto di Ccernihov. In quell'area poliziotti ausiliari, il 22 ottobre 1941, fucilarono ebrei a Kozelec, a novembre a Radul e Sosnica e il 9 febbraio 1942 a Korop42. Nella seconda fase dello sterminio degli ebrei, nell'ambito delle operazioni di “sgombero dei ghetti”, nel 1942 e anche nel 1943, i poliziotti locali dovettero nuovamente prestare un'importante opera di supporto. Le unità tedesche e la polizia ausiliaria locale sbarrarono innanzi tutto i ghetti. Piccoli gruppi, composti da poliziotti tedeschi e ucraini, perquisivano sistematicamente le case, portando fuori dalle loro abitazioni le vittime e facendole confluire in un luogo di raccolta. Coloro che non erano in grado di correre (malati, o spesso bambini molto piccoli) o che tentavano la fuga, venivano uccisi sul posto. Dal luogo di raccolta i poliziotti ausiliari conducevano le vittime al luogo di esecuzione, isolavano la zona e sorvegliavano gli ebrei fino al momento della loro fucilazione. Autori di tali fucilazioni erano i tedeschi; non di rado, tuttavia, anche i poliziotti ausiliari ucraini collaboravano a sparare. Alcune azioni furono da essi eseguite anche senza la partecipazione diretta dei tedeschi43. Le deportazioni nel campo di sterminio di Bełżec, seguivano uno schema analogo, tranne che per le fucilazioni. Gli autori tedeschi e ucraini di tali deportazioni, infatti, non conducevano le vittime dal luogo di raccolta al luogo di fucilazione, ma alla stazione ferroviaria più vicina; là le caricavano in vagoni bestiame e sorvegliavano il treno fino al suo ingresso nel campo di sterminio, dove le vittime venivano eliminate nelle camere a gas44. Le operazioni di “sgombero dei ghetti” degeneravano sempre in sanguinose carneficine, nelle quali venivano compiuti omicidi, saccheggi e non di rado stupri. I pochi ebrei sopravvissuti raccontano che sarebbero stati proprio i poliziotti ucraini a dimostrare particolare crudeltà. Dopo aver liquidato i ghetti, le autorità tedesche ordinavano la caccia agli ebrei fuggitivi e nascosti. Anche in questo caso i poliziotti ausiliari locali svolsero un ruolo importante. Essi riuscivano a scovare gli ebrei nascosti uccidendoli quindi sul posto oppure consegnandoli alla polizia tedesca per la fucilazione. Di grande importanza erano le informazioni ricevute dalla popolazione, che rivelava i nascondigli delle vittime45. Poco studiata è invece la partecipazione allo sterminio ebraico dei battaglioni di polizia ucraina costituiti a partire dal 1942. Si può tuttavia presumere che gli organi di occupazione tedeschi si servissero di tali corpi nelle azioni omicide, soprattutto in Volinia-Podolia. I battaglioni di polizia ucraini erano comunque dislocati prevalentemente in Bielorussia, dove erano impegnati nella lotta contro i partigiani sovietici. In quella regione essi erano impiegati abbastanza spesso dalle forze di sicurezza tedesche, anche nello sgombero dei ghetti e nelle fucilazioni di ebrei46. I membri delle amministrazioni comunali ucraine ebbero un ruolo altrettanto importante nella persecuzione contro gli ebrei, pur partecipando alla loro eliminazione “solo” indirettamente. Essi, infatti, dovevano tra l'altro provvedere a che gli “usuali” regolamenti e provvedimenti antiebraici imposti dagli occupanti tedeschi, quali le ghettizzazioni e le espropriazioni, venissero eseguiti a livello locale. È difficile valutare quanti ucraini furono coinvolti direttamente nello sterminio tedesco degli ebrei; di sicuro bisogna presumere parecchie decine di migliaia: tra le 30 e le 40mila persone47. I cosiddetti uomini di Trawniki [Trawniki-Männer ] rappresentano un caso a sé. Si tratta di un'unità che Odilo Globocnik, capo della polizia e delle SS nel distretto di Lublino, provvide a istituire nel 1941, scegliendo proprio la città di Trawniki, presso Lublino, come centro di addestramento. La stragrande maggioranza dei suoi componenti veniva reclutata tra le file dei prigionieri di guerra sovietici, e successivamente anche tra la popolazione civile, di diversa origine etnica. Tra gli uomini di Trawniki vi erano persone di etnia tedesca, baltici, russi e ucraini, sebbene questi ultimi costituissero il gruppo più numeroso. Il numero degli uomini di Trawniki ammontava nel 1943 a circa 4000 unità. I loro superiori tedeschi ne fecero corpi di guardia per i campi di sterminio di Bełżec, Sobibór e Treblinka. Gli uomini di Trawniki furono impiegati regolarmente anche negli “sgomberi dei ghetti” nella Polonia centrale, il cosiddetto Governatorato generale. Nel 1943 essi presero parte anche alla repressione della rivolta scoppiata nel ghetto di Varsavia. Non senza motivo, essi vengono definiti come la “fanteria” della “Soluzione finale” nel Governatorato generale48. 0002000070 ‣ Bielorussia . Entro gli odierni confini della Bielorussia vivevano, nel giugno 1941, dai 650.000 ai 680.000 ebrei circa, il 6,5% della popolazione complessiva. Si può stimare che dai 150.000 ai 180.000 di essi dopo il 22 giugno 1941 furono evacuati o fuggirono a est per sfuggire alle truppe tedesche. Gli ebrei rimanenti, circa mezzo milione, furono sterminati durante l'occupazione tedesca49. L'eliminazione degli ebrei bielorussi iniziò subito con l'invasione delle truppe tedesche che occuparono la Bielorussia in modo relativamente rapido. Nelle prime settimane di guerra i commando di sterminio tedeschi dell'Einsatzgruppe B, i battaglioni di polizia e la cavalleria delle SS uccisero prevalentemente ebrei maschi, rappresentanti della cosiddetta “intellighenzia ebraica”. Ad agosto e settembre lo sterminio incluse anche le donne e i bambini ebrei, e furono eliminate le prime comunità ebraiche più piccole, per un totale di 1000 vittime. All'inizio di ottobre del 1941 ebbe inizio lo sterminio totale degli ebrei nei territori orientali della Bielorussia. Neanche le regioni occidentali furono risparmiate: gli Einsatzkommandos decimarono qui comunità ebraiche, senza tuttavia annientarle del tutto. La pianura bielorussa (la maggioranza degli ebrei viveva nelle città) fu resa “libera da ebrei” [judenfrei ] entro la fine del 1941. Le vittime vennero in parte uccise, in parte trasferite nei ghetti ricavati all'interno delle città. Nelle regioni orientali della Bielorussia, che si trovavano sotto amministrazione militare, rimasero in vita fino all'inizio del 1942 ancora circa 30.000 ebrei50. A partire dall'estate 1941 gli ebrei ancora in vita furono privati dei loro diritti, espropriati, concentrati nei ghetti e condotti ai lavori forzati. Ma anche il loro destino era segnato. Prima dell'estate del 1942 gli squadroni di sterminio uccisero la maggior parte degli ebrei sopravvissuti provenienti dai territori della Bielorussia orientale, posta sotto l'amministrazione militare tedesca. Nella parte occidentale, sotto amministrazione civile, a partire dall'inizio del 1942, si ebbero stragi analoghe. La grande ondata dello sterminio iniziò qui però “solo” nel maggio 1942. All'inizio del 1943 vivevano in Bielorussia ancora 30.000 ebrei ammassati in ghetti nelle città più grandi quali, ad esempio, Minsk, Lida o Novogrodek. Entro la fine del 1943 anche questi ghetti vennero “sgomberati”, cioè i loro occupanti furono uccisi direttamente sul posto nelle fosse di fucilazione oppure deportati e uccisi nei campi di sterminio (principalmente a Treblinka, ma anche ad Auschwitz). Si calcola che gli ebrei bielorussi caduti vittime dell'Olocausto siano stati almeno 500.000. A sopravvivere furono coloro che scapparono prima dell'invasione tedesca e le poche migliaia di ebrei che riuscirono a nascondersi, più che altro nei boschi, come partigiani o presso reparti di partigiani51. Gli artefici di questo sterminio furono gli invasori tedeschi che presero la decisione del massacro, lo organizzarono e lo portarono a compimento. Ma anche in Bielorussia vi furono migliaia di complici autoctoni che diedero il loro appoggio agli occupanti tedeschi nella persecuzione e nello sterminio degli ebrei. A differenza di altre regioni dell'Est europeo, in Bielorussia, subito dopo l'invasione tedesca, non vi furono quasi pogrom con la partecipazione della popolazione locale. Un'eccezione rappresentò la regione polacca a ovest di Bialystok, che dal 1939 al 1941 aveva fatto parte della Repubblica Sovietica di Bielorussia (si veda oltre). Anche gli eccidi avvenuti nei primi mesi dell'occupazione tedesca e rivolti contro la cosiddetta “intellighenzia ebraica”, contro funzionari sovietici e membri del partito e altri “elementi filosovietici”, vennero commessi in larga parte autonomamente da tedeschi. In primo luogo da membri dell'Einsatzgruppe B, battaglioni di polizia e anche da soldati della Wehrmacht. In queste azioni si distinsero particolarmente i reggimenti di cavalleria delle SS che, nell'agosto 1941, in Polesia, sterminarono intere comunità di ebrei. Nel contesto di tali azioni, gli abitanti locali (bielorussi, polacchi e ucraini) svolsero un ruolo subordinato, ma non secondario. Essi aiutarono gli autori tedeschi degli eccidi a individuare le vittime e persino a scavare le fosse. Tuttavia compirono ciò, di regola, dietro espresso ordine dei tedeschi. Abbiamo anche notizia di casi di partecipazione diretta al rastrellamento delle vittime ebree52. Ad esempio componenti del primo reggimento di cavalleria delle SS che condussero l'operazione di sterminio nella cittadina di Motol, circa 200 km a sud-est di Minsk, promisero dolciumi a bambini non ebrei a patto che questi denunciassero gli ebrei nascosti. Alla caccia agli ebrei presero parte anche gli adulti53. A partire dal settembre 1941 gli occupanti tedeschi passarono ad eliminare sistematicamente, in tutto il paese, comunità ebraiche e a concentrare nei ghetti gli abitanti ebrei superstiti. Nel far questo si affidarono in misura molto maggiore alla collaborazione delle forze locali. In questo caso si trattava in primo luogo di una complicità istituzionalizzata e disposta su ordine degli uffici tedeschi che riguardava le amministrazioni comunali e la polizia ausiliaria, istituite dagli occupanti tedeschi. Le amministrazioni comunali locali avevano il compito di registrare gli ebrei che vivevano nei loro comprensori e le proprietà di questi, di provvedere alla ghettizzazione e di amministrare le proprietà sottratte agli ebrei. A tali operazioni dovevano collaborare però anche i Consigli ebraici [Judenräte ], istituiti dai tedeschi54. Esemplare per la collaborazione delle forze locali all'Olocausto in Bielorussia è il massacro, del 9 novembre 1941, di circa 1500 abitanti ebrei di Mir, una cittadina 100 km a ovest di Minsk con una popolazione compresa tra i cinque e i seimila abitanti. Nelle prime ore del mattino del 9 novembre, poliziotti ausiliari bielorussi e soldati tedeschi cominciarono a prelevare dalle loro abitazioni i cittadini ebrei, conducendoli sulla piazza del mercato. Si sparava su chi tentava di fuggire. All'ospedale tre poliziotti ausiliari e due tedeschi uccisero più di 15 pazienti ebrei. Gli autori dell'eccidio spararono ugualmente agli ebrei rastrellati nella piazza. Le strade e il mercato erano disseminati di cadaveri. Alcuni cittadini non ebrei parteciparono alla caccia all'uomo; si misero sulle tracce degli ebrei nascosti, denunciandoli ai poliziotti o ai soldati e gendarmi tedeschi55. Dopo aver selezionato i lavoratori qualificati, che vennero in un primo momento risparmiati, i tedeschi e i poliziotti ausiliari condussero le vittime nel luogo di esecuzione, esterno alla cittadina. Giunti nel luogo prestabilito, i tedeschi insieme ai poliziotti ausiliari bielorussi fucilarono uomini, donne e bambini ebrei nelle fosse precedentemente scavate. Più tardi la popolazione non ebrea dovette rimuovere i cadaveri dalle strade. Al massacro parteciparono tutti i poliziotti ausiliari di Mir e di almeno due altre località vicine, oltre ai soldati e gendarmi tedeschi. Gli autori bielorussi dell'eccidio erano più numerosi dei tedeschi, che però detennero il comando per tutta la durata dell'operazione56. Già cinque giorni prima del massacro di Mir, il 4 novembre, in due piccoli centri limitrofi, Turets e Yeremicci, ebbero luogo fucilazioni degli ebrei locali. Poliziotti ausiliari bielorussi, sotto la supervisione tedesca, li rastrellarono e li fucilarono in fosse scavate in precedenza. Le vittime furono 100 a Yeremicci e circa 500 a Turets57. Allo sterminio di Mir, il 9 novembre, sopravvissero circa 800 ebrei, per i quali fu istituito un ghetto sorvegliato dalla polizia ausiliaria locale. Gli altri ebrei, sparsi per le campagne, furono eliminati nell'inverno 1941-42 nel corso di singole azioni omicide. Queste azioni furono eseguite da gendarmi tedeschi assistiti da poliziotti ausiliari locali. Comunque anche il destino degli ebrei rimasti a Mir era segnato. La gendarmeria tedesca fissò l'operazione di sterminio finale per il 13 agosto. In precedenza il capo bielorusso della polizia ausiliaria aveva fatto scavare una fossa comune nel bosco vicino. Il giorno precedente l'azione, la sorveglianza del ghetto fu intensificata e il 13 agosto, alle prime luci del giorno, a Mir giunse a rinforzo un gruppo di poliziotti ausiliari di Baranaviccy. Essendo stati avvisati dell'imminente azione, circa 250 ebrei del ghetto riuscirono a scappare. Gli altri, circa 560 persone, prevalentemente anziani, donne e bambini, furono caricati su furgoni, trasportati al luogo di esecuzione e uccisi. L'intera azione si svolse sotto sorveglianza e direzione di gendarmi tedeschi. I poliziotti ausiliari parteciparono sia al rastrellamento sia all'isolamento del luogo di esecuzione, come pure alla fucilazione58. Analogamente a quanto avvenne a Mir e dintorni, dall'autunno 1941 alla fine del 1942 si svolsero azioni di sterminio di ebrei in centinaia di altre città e località della Bielorussia. Tutte queste operazioni furono organizzate, dirette ed eseguite da forze tedesche: la gendarmeria, la polizia di pubblica sicurezza [Sicherheitspolizei ], l'amministrazione civile tedesca (nelle regioni occidentali) e l'amministrazione militare (nella Bielorussia orientale). Nella maggior parte delle azioni, tuttavia, prevalsero numericamente i poliziotti ausiliari locali, che comunque vi parteciparono dietro ordine impartito dai superiori tedeschi. La polizia ausiliaria di Mir, nel periodo compreso tra l'estate del 1941, quando essa venne istituita dalle forze di occupazione tedesche, fino al settembre 1942, era costituita da circa 30 fino a 40 uomini, tutti tra i 25 e i 35 anni di età. Essi erano prevalentemente bielorussi, ma alcuni erano anche di origine polacca o tartara. Provenivano dalla zona di Mir e si erano arruolati volontariamente. Soltanto a partire dall'estate 1942, quando il pericolo partigiano si fece sempre più acuto, gli occupanti tedeschi cominciarono a imporre il reclutamento obbligatorio della polizia ausiliaria. Nell'autunno 1942, nella polizia ausiliaria di Mir furono così reclutati più di 150 bielorussi, con l'ordine di combattere i partigiani sovietici sotto la supervisione dei tedeschi. In tale ambito i gendarmi tedeschi e i poliziotti ausiliari bielorussi commisero molti crimini contro la popolazione civile bielorussa e polacca59. In tutto il Commissariato generale della Russia Bianca (che oggi corrisponde alla Bielorussia occidentale), alla fine del 1941, nella polizia ausiliaria prestavano servizio complessivamente 3680 bielorussi, nell'estate del 1942 essi erano circa 4500, per superare, un anno dopo, quota 13.000. Nel complesso si calcola che, nel 1943, nell'intero territorio bielorusso vi fossero approssimativamente 50.000 poliziotti ausiliari locali (suddivisi tra servizio d'ordine [Ordnungsdienst ] e squadre di difesa [Schutzmannschaften ]). Tra le nazionalità prevalevano i bielorussi, ma nelle regioni orientali prestavano servizio anche non pochi russi e in quelle occidentali poliziotti ausiliari ucraini e polacchi; questi ultimi, però, furono a poco a poco dimessi60. Certamente la maggior parte dei poliziotti ausiliari che prestarono servizio a partire dall'estate 1941 fu costretta a partecipare alla persecuzione e all'eliminazione degli ebrei. Questa partecipazione andava dal compito di rastrellare le vittime in occasione delle innumerevoli azioni di sterminio, allo sbarramento dei luoghi di esecuzione, fino a giungere alle fucilazioni. Al termine delle azioni di sterminio i poliziotti ausiliari locali partecipavano alla caccia alle vittime scampate; consegnavano le vittime catturate ai superiori tedeschi, oppure le fucilavano essi stessi. I poliziotti ausiliari sorvegliavano i ghetti, fino a che i loro occupanti non venivano eliminati, ed erano impiegati anche in questo ultimo tipo di azione. Tuttavia, i poliziotti ausiliari reclutati a partire dalla metà del 1942, fatta eccezione per la caccia agli ebrei fuggitivi, che durò fino al termine dell'occupazione nazista, ebbero rari contatti con le vittime ebree, dal momento che la maggior parte di esse era già stata eliminata. Senza il personale locale, più numeroso rispetto al personale tedesco, lo sterminio degli ebrei in Bielorussia sarebbe stato molto difficile da realizzare. 0002000070 ‣ Polonia . Nel dibattito internazionale riguardante gli autori non tedeschi dell'Olocausto, la Polonia occupa un posto particolare, determinato, tra l'altro, dai seguenti fattori61. Prima del 1939 in Polonia viveva la maggioranza degli ebrei d'Europa, più di 3.000.000 di persone, una comunità che equivaleva a oltre il 10% della popolazione nazionale complessiva. Gli occupanti tedeschi costruirono in territorio polacco tutti i campi di sterminio in cui gli ebrei, polacchi ed europei, furono eliminati. Più della metà di tutte le vittime dell'Olocausto perse la vita in territorio polacco e circa la metà delle vittime dell'Olocausto era costituita da ebrei polacchi. Inoltre la Polonia pagò il prezzo di vittime tra la popolazione non ebraica proporzionalmente più alto in confronto alle altre popolazioni coinvolte nella Seconda guerra mondiale. A perdere la vita durante l'Olocausto non furono solo i circa 3 milioni di ebrei polacchi, ma anche fino a un milione e mezzo di persone di etnia polacca, per lo più civili e non solo a causa del terrore tedesco, ma anche di quello sovietico. All'inizio, tuttavia, dopo la sconfitta e l'occupazione della Polonia, il terrore tedesco non prese ancora di mira in primo luogo gli ebrei polacchi, bensì l'intellighenzia polacca, considerata la promotrice della resistenza anti-tedesca similmente a quanto accadeva nelle regioni polacche occupate dai sovietici62. Il momento che segnò il cambio di trattamento nei confronti degli ebrei polacchi fu rappresentato dall'attacco tedesco all'URSS. Nelle regioni della Polonia orientale, fino ad allora occupate dai sovietici, si verificarono pogrom e fucilazioni di massa, soprattutto a danno di ebrei. I pogrom furono particolarmente intensi nel territorio dell'odierna Ucraina occidentale; vi parteciparono soprattutto ucraini, ma anche polacchi. Tuttavia questi eccessi si rivolsero in parte anche contro i polacchi63. Le regioni della Polonia nordorientale, precedentemente occupate dai sovietici, più precisamente intorno alle città di Bialystok e di Lomża, furono anch'esse colpite da un'ondata di violenza antiebraica che fece migliaia di vittime. Qui si giunse in decine di località a eccessi di violenza. A questo proposito vanno distinte due diverse fasi della violenza. La prima iniziò subito dopo il ritiro dei sovietici e fu rivolta verso individui ben precisi: ebrei o polacchi accusati di collaborazionismo con gli occupanti sovietici o di complicità nelle stragi perpetrate dai sovietici. Centinaia di persone furono seviziate, percosse a morte o consegnate ai tedeschi e fucilate. Gli autori delle violenze erano molto spesso polacchi, vittime del terrore sovietico: prigionieri sfuggiti ai russi o detenuti scarcerati dai tedeschi, parenti di deportati o di giustiziati, oppure membri del movimento clandestino antisovietico, molto attivo in questa regione64. A questa ondata di violenza ne seguì un'altra più sanguinosa. Essa prendeva ora di mira tutti gli ebrei, compresi donne, bambini e anziani. In molte località della regione, ad esempio a Jedwabne, venivano compiute in modo pianificato azioni di sterminio indirizzate contro intere comunità ebraiche. Tali azioni erano ispirate e organizzate da commando mobili delle SS e in alcune località furono condotte da mano polacca. Altrove la partecipazione polacca si “limitava” al rastrellamento e alla sorveglianza delle vittime ebraiche, mentre l'uccisione materiale tramite fucilazione veniva effettuata dai responsabili tedeschi. Centinaia di polacchi presero parte a queste azioni omicide; nella sola Jedwabne furono circa quaranta65. Dopo alcune settimane l'ondata di violenza si placò e gli invasori tedeschi passarono alla persecuzione e all'eliminazione sistematica degli ebrei, in modo simile alle restanti regioni orientali. Seguirono la ghettizzazione, gli espropri, i lavori forzati e, infine, l'eliminazione nelle camere a gas del campo di sterminio di Treblinka. L'aggressione militare tedesca all'URSS ebbe come conseguenza una radicalizzazione della persecuzione contro gli ebrei, che condusse allo sterminio totale anche nei restanti territori polacchi occupati dai tedeschi. Fu del settembre 1941 la decisione di eliminare gli ebrei del Warthegau (la regione attorno a Poznań e Lodź), mentre a ottobre si pianificò lo sterminio degli ebrei del Governatorato generale (la cosiddetta “azione Reinhard”). Il piano di annientamento prevedeva il massacro degli ebrei non tramite le fucilazioni di massa, come nelle regioni orientali occupate, ma tramite gassazione in fabbriche di morte appositamente costruite. I tedeschi realizzarono tali strutture nella Polonia occupata. Il campo di sterminio di Kulmhof entrò in funzione nel dicembre 1941, quello di Bełżec nel marzo del 1942, il campo di Sobibór nel maggio 1942, mentre quelli di Treblinka e Auschwitz nel luglio 194266. A partire dal dicembre 1941 gli invasori tedeschi cominciarono a eliminare gli ebrei polacchi nei campi di sterminio. Le operazioni si svolgevano prevalentemente in questo modo: massicce forze delle SS e di polizia circondavano un ghetto o un quartiere ebreo. Esse conducevano fuori dalle abitazioni gli ebrei, radunandoli nel luogo di raccolta. Durante tali operazioni gli eccessi erano la norma: le vittime venivano bastonate e uccise, soprattutto quelle che tentavano la fuga, opponevano resistenza o le persone “non idonee al trasporto”, come i malati costretti a letto o i vecchi. Si verificarono anche stupri di donne ebree. Nel luogo di raccolta avveniva la selezione degli “abili al lavoro” e degli “inabili al lavoro”. Gli “abili al lavoro”, in primo luogo lavoratori giovani e qualificati, potevano restare nel ghetto o venivano inviati in un campo di lavoro, dove svolgere appunto lavoro forzato. Tutti gli “inabili al lavoro”, bambini, donne e anziani, venivano caricati nei convogli predisposti e trasportati in uno dei campi di sterminio, dove si procedeva alla loro eliminazione67. In tutte queste operazioni gli autori tedeschi delle deportazioni si affidavano normalmente a forze proprie, cioè personale delle SS e di polizia, e a formazioni da loro istituite, composte da stranieri, come soprattutto gli “uomini di Trawniki” (v. sopra). Non di rado fornivano cooperazione attiva anche i membri dell'amministrazione civile e i soldati della Wehrmacht. Anche la polizia ebraica dei ghetti, soprattutto nei ghetti più grandi come quello di Varsavia, doveva prestare la propria collaborazione. Nelle località con comunità ebraiche più piccole, invece, per rastrellare le vittime ebree venivano impiegati anche poliziotti polacchi della cosiddetta “polizia blu”, i membri del “servizio edile” [Baudienst ], delle amministrazioni comunali e del corpo volontario dei vigili del fuoco. Nel Governatorato generale i giovani polacchi erano reclutati in forma coatta per il servizio edile: dal 1943 il rifiuto di prestare lavoro forzato per gli occupanti tedeschi fu punito con la pena di morte. Le forze locali, nella Polonia sotto occupazione tedesca, svolsero quindi un ruolo subordinato nell'ambito delle deportazioni nei campi di sterminio, per il fatto stesso che nella maggioranza dei casi il coinvolgimento era forzato (per i membri del servizio edile) oppure disposto da ordini superiori (nel caso della polizia blu o dei polacchi appartenenti alle amministrazioni comunali). Questo, tuttavia, vale solo parzialmente nel caso della caccia alle vittime fuggitive. A partire dall'estate 1942 si ebbero fughe in massa dai ghetti. Migliaia di ebrei tentarono di salvarsi dall'imminente deportazione nei campi di sterminio cercando l'aiuto degli “ariani”. Gli occupanti tedeschi, di contro, procedevano con grande rigore: essi infliggevano pene draconiane a tutti coloro che tentassero in qualsiasi modo di aiutare gli ebrei; per costoro e per le loro famiglie era prevista la pena di morte, generalmente eseguita subito sul posto, in modo da scoraggiare tutti i potenziali soccorritori. Dall'altra parte i tedeschi resero obbligatoria la collaborazione dei cittadini nella cattura degli ebrei e dei fuggitivi, e se da un lato l'inosservanza dell'obbligo veniva punita, dall'altro ai collaboratori erano promesse ricompense68. In questo modo gli invasori tedeschi crearono condizioni a dir poco “paradisiache” per qualsiasi individuo predisposto al crimine: ormai vessare e consegnare gli ebrei non solo era permesso, ma diveniva addirittura un obbligo di legge. Non pochi dunque nella Polonia occupata erano disposti a fare ciò, già solo per la prospettiva di vantaggi materiali. È molto difficile calcolare quanto fosse grande il numero di costoro e la loro percentuale rispetto alla popolazione complessiva. Nel caso di Varsavia si presumono tra i 4000 e i 5000 gli abitanti polacchi che assunsero un atteggiamento attivo nella caccia agli ebrei nascosti: una percentuale compresa tra il quattro e il cinque per mille della popolazione polacca di Varsavia69. Pochi studi si sono finora occupati delle modalità in cui si svolgeva la caccia ai fuggitivi nelle campagne. È comunque certo che vi presero parte polacchi, alcuni costretti con la forza, altri volontariamente. Contadini polacchi, ad esempio, dovettero partecipare a vere e proprie battute di caccia agli ebrei nascosti nei boschi. Singole persone denunciarono alle autorità tedesche gli ebrei clandestini. Non accadeva di rado che gli ebrei nascosti fossero derubati e uccisi. Marek Jan Chodakiewicz calcola che, nel periodo compreso tra la primavera del 1942 e l'estate 1944, nel distretto di Janów Lubelski, a ovest di Lublino, circa 1000 ebrei avevano tentato la fuga. Approssimativamente 400 di questi furono scoperti durante cacce all'ebreo o durante azioni antipartigiane, e sottoposti a “trattamento speciale” [sonderbehandelt ]; più di 300 ebrei furono uccisi da banditi comuni, da partigiani comunisti e non e da collaborazionisti polacchi. D'altra parte vi furono anche molti cittadini che, a rischio della propria vita, aiutarono i perseguitati. Per questo motivo, molti di essi vennero uccisi dai tedeschi con tutta la loro famiglia70. 0002000070 ‣ Romania. L'“Olocausto dimenticato” . Prima della guerra la Romania ospitava la terza più grande comunità ebraica d'Europa. Nel 1941 vivevano in Romania 756.930 ebrei, che costituivano il 2,2% della popolazione totale. Nelle regioni orientali di Moldavia e Bessarabia, la percentuale degli ebrei era maggiore e costituiva il 7-10% della popolazione. Si calcola che, durante la guerra, circa 400.000 ebrei rumeni caddero vittime dell'Olocausto e gran parte di essi, circa 250.000, trovarono la morte per mano rumena. Per decenni, nel dibattito internazionale, tali crimini ricevettero scarsa considerazione e furono quasi trascurati dalla ricerca storica, tanto che oggi vengono definiti “l'Olocausto dimenticato”71. La Romania era un'alleata di guerra della Germania. Pur ricalcando la politica estera del Terzo Reich, gestiva autonomamente la propria politica interna e, con essa, anche l'approccio alla questione ebraica. Tuttavia proprio la politica estera influenzò l'atteggiamento rumeno verso il problema degli ebrei. Nell'estate del 1940 il governo rumeno, in seguito all'ultimatum dettato dall'Unione Sovietica il 26 giugno, dovette cedere all'URSS la Bessarabia e la Bucovina settentrionale. Durante il ritiro delle truppe e delle autorità rumene dalle due regioni si verificarono eccessi antiebraici, culminati nella morte di 450 ebrei. Gli autori delle violenze furono soldati e poliziotti rumeni. Il pretesto fu dato dal fatto che parte della popolazione ebrea e ucraina aveva salutato con favore l'ingresso delle truppe sovietiche, un saluto che, da parte rumena, fu interpretato come un tradimento72. Nei mesi a seguire lo stato rumeno adottò una radicale politica antisemita. Nell'agosto 1940 il governo vietò i matrimoni misti (8 agosto) e definì per legge lo status di “ebreo” e lo stato di cittadinanza degli “ebrei” (9 agosto). Nel settembre 1940 il maresciallo Ion Antonescu prese il potere e, autonominandosi Conducator (un equivalente del tedesco Führer), instaurò con l'appoggio tedesco un regime militare e poliziesco dallo stampo autoritario e nazionalista, con il supporto della cosiddetta “Guardia di ferro” (Garda de Freir) 73. Il regime di Antonescu introdusse un'ulteriore serie di leggi antiebraiche, allo scopo di “allontanare” gli ebrei rumeni dall'economia e dall'apparato statale per “rumenizzare” entrambi i settori. A queste misure si accompagnò una campagna pubblica di istigazione antiebraica; negozi e abitazioni appartenenti a ebrei furono saccheggiati, ebrei furono umiliati e bastonati, e ci furono anche decine di morti. Gli autori di tali violenze venivano in primo luogo reclutati dalle file della Guardia di ferro74. Questa campagna d'istigazione antiebraica raggiunse uno suo temporaneo apice nel gennaio 1940. Alla fine del 1941 i legionari della Guardia di ferro si ribellarono ad Antonescu che, tuttavia, riuscì a stroncare la rivolta. Durante la sollevazione, a Bucarest, vi furono violenze contro gli ebrei, additati dai legionari come i responsabili della rottura con Antonescu. A Bucarest i ribelli uccisero almeno 120 ebrei, ne bastonarono altre centinaia, saccheggiando case di ebrei e sinagoghe. Una volta soffocata la ribellione, in tutta la Romania l'ondata di violenza antisemita cessò temporaneamente. Il peggio, però, sarebbe dovuto arrivare solo dopo il 22 giugno 194175. I rumeni parteciparono all'aggressione tedesca all'URSS in quanto alleati della Germania. Le truppe rumene varcarono, assieme alla Wehrmacht, il confine rumeno-sovietico e, nell'arco di poche settimane, riconquistarono i territori perduti un anno prima. Le unità rumene continuarono, tuttavia, ad avanzare verso est insieme alle truppe tedesche, fino a Stalingrado, per poi passare sul fronte opposto soltanto il 23 agosto 1944 – quando fu chiaro che per la Germania la guerra era perduta. Subito dopo l'inizio del conflitto, nelle regioni riconquistate, vi furono pogrom e massacri, rivolti soprattutto contro gli ebrei, ma anche contro tutti coloro che avevano collaborato, in maniera presunta o reale, con gli invasori sovietici. Il massacro più sanguinoso avvenne dal 28 al 30 giugno a Jasôi, una città sulla riva occidentale del Prut, allora situata al confine tra Romania e URSS. Il pretesto che scatenò le violenze furono i bombardamenti sovietici sulla città e i cecchini che, a quanto pare, avevano sparato a soldati rumeni e tedeschi. Per ritorsione, le autorità rumene fecero arrestare migliaia di uomini ebrei. L'operazione, tuttavia, degenerò presto in un pogrom; i cittadini ebrei furono saccheggiati, umiliati, percossi e assassinati. Soldati e gendarmi rumeni, ma anche civili e soldati tedeschi, uccisero circa 900 ebrei. Il resto degli internati, circa 5500 uomini, fu caricato dalle autorità rumene su due convogli e trasportato verso est. Nel primo treno sopravvissero alla peregrinazione durata più giorni solo 1076 persone su 2500, nel secondo 800 su 1900. Gli altri perirono durante il viaggio, tra atroci sofferenze: alcuni morirono di sete o soffocati nei vagoni, altri furono colpiti a morte o uccisi a colpi di arma da fuoco da soldati rumeni e anche tedeschi76. Il massacro di Jasôi non fu un evento eccezionale. Soldati, gendarmi e civili rumeni, soldati tedeschi e membri dell'Einsatzkommando 10a, facente parte dell'Einsatzgruppe D, insieme ad alcuni contadini ucraini, colpirono a morte o uccisero a colpi di arma da fuoco, nelle prime settimane di guerra, migliaia di ebrei in Bessarabia e nella Bucovina settentrionale. Il 3 luglio, nel villaggio di Ciudei, in Bucovina, i soldati del 6° reggimento di fanteria uccisero tra i 450 e i 572 ebrei, uomini, donne e bambini. Nella città di Storojinet, il 4 luglio, i soldati rumeni trucidarono 200 ebrei. A Cernovtsy, tra il 9 e il 12 luglio, soldati rumeni e tedeschi, gendarmi rumeni e la locale popolazione rumena e ucraina uccisero circa 2000 ebrei. In decine di altre località della Bucovina e della Bessarabia, nelle prime settimane di guerra, vi furono massacri e pogrom contro ebrei. Raul Hilberg calcola che in Bessarabia e Bucovina, nel solo luglio 1941, furono uccisi più di 10.000 ebrei. Ma la strage non era ancora terminata77. Se, da un lato, il governo di Antonescu condannava i sanguinosi pogrom come atti indegni dei soldati rumeni, dall'altro l'espulsione degli ebrei dalle regioni riconquistate era parte integrante del suo programma. Le autorità e i militari rumeni allestirono, all'inizio in modo palesemente caotico, convogli di ebrei che venivano condotti dai soldati rumeni a est, nell'Ucraina occupata dai tedeschi. I rumeni speravano che i tedeschi “risolvessero” il problema a modo loro. Il più grande convoglio, carico di 25.000 ebrei, arrivò a Coslar, nell'Ucraina occupata dai tedeschi, nel luglio 1941. Là i profughi dovettero resistere per settimane all'aperto: i tedeschi, infatti, si rifiutarono di occuparsene. Il 17 agosto i profughi furono rispediti in Bessarabia, ma solo 16.500 sopravvissero, dato che gli altri, nel frattempo, erano stati fucilati dai tedeschi o erano rimasti vittima delle malattie, della debilitazione o della fame. La sorte degli altri profughi non fu dissimile78. Le autorità rumene sospesero temporaneamente queste espulsioni caotiche non concordate con gli alleati tedeschi, nel settembre 1941. Il 30 agosto 1941 tedeschi e rumeni si accordarono affinché la Transnistria, la regione compresa tra i fiumi Bug e Dnjestr, fosse posta interamente sotto l'amministrazione rumena. Il governo di Bucarest decise quindi di trasformare la Transnistria in una regione di deportazione per gli ebrei rumeni. Nell'ottobre 1941 iniziò una massiccia espulsione di ebrei dalla Bessarabia e dalla Bucovina proprio nella Transnistria79. L'espulsione si svolse nel seguente modo: le autorità rumene istituirono ghetti di transito, i primi dei quali erano già sorti nel luglio 1941, e vi concentrarono gli ebrei. Successivamente i responsabili allestivano con le vittime colonne di marcia oppure le caricavano in convogli. Mentre i profughi provenienti dalla Bessarabia dovevano affrontare il tragitto marciando, quelli della Bucovina venivano trasportati in treno. I gendarmi e i soldati rumeni incaricati dei trasferimenti derubavano, violentavano e assassinavano gli ebrei espulsi. Anche parti della popolazione non ebrea partecipavano volenterose ai saccheggi e alle violenze. Il numero delle vittime ammonta a decine di migliaia. Dei circa 190.000 ebrei che caddero in mani rumene in Bessarabia e Bucovina, nell'arco di un anno circa 160.000 furono espulsi; tra questi, tuttavia, soltanto 135.000 giunsero in Transnistria. Gli altri morirono o nei ghetti di transito o durante il tragitto verso la Transnistria. Nell'ottobre 1942 il governo rumeno sospese definitivamente le espulsioni80. Dopo l'arrivo in Transnistria i profughi venivano divisi in più di cento piccoli centri. In Transnistria, prima della guerra, vivevano circa 300.000 ebrei locali, la maggior parte a Odessa. Più o meno la metà di questi lasciò la regione insieme alle truppe sovietiche, e sul posto restarono circa 150.000 ebrei.81 Anche questi ultimi furono investiti dalla violenta ondata di terrore scatenata dai tedeschi e dai rumeni. Alcuni giorni dopo la presa della città, il 22 ottobre 1941, nel centro di Odessa esplosero mine a innesco ritardato, piazzate precedentemente da artificieri sovietici. Nelle esplosioni persero la vita un generale rumeno, numerosi ufficiali, anche tedeschi, e alcuni soldati. La ritorsione si scagliò contro gli ebrei. Lo stesso giorno soldati rumeni fucilarono alcune migliaia di ebrei nella zona portuale della città. Il giorno seguente il comandante della città [Stadtkommandant ] rumeno fece impiccare più di 5000 persone, in maggioranza ebrei. Nello stesso giorno la polizia e la gendarmeria rumene arrestarono più di 20.000 persone: anche tra queste prevalevano gli ebrei. Gli arrestati furono fucilati fuori città il 24 ottobre. Si calcola che le vittime furono circa 25.00082. Al massacro di Odessa ne seguirono altri. A novembre e a dicembre del 1941, nel distretto di Golota e nelle località di Bogdanovka, Dumanovka e Atmicetka, le forze di occupazione rumene fucilarono circa 75.000 ebrei. Tuttavia, in Transnistria, a uccidere non furono solo gli occupanti rumeni, ma anche l'Einsatzgruppe D, che nell'operazione si avvalse anche della collaborazione di locali del gruppo etnico tedesco e della polizia ausiliaria ucraina83. In Transnistria gli ebrei non venivano sterminati soltanto dalle fucilazioni di massa e dai massacri: decine di migliaia di ebrei, infatti, soccombevano per le condizioni di vita proibitive: la fame, il freddo, le malattie e i micidiali lavori forzati imposero il loro pesante tributo in termini di vite umane. Dei circa 135.000 ebrei rumeni espulsi in Transnistria fino all'ottobre 1942, i morti furono 87.000 circa. Alla fine del 1943, anno in cui le condizioni di vita divennero più sopportabili, i sopravvissuti erano appena 50.741. Al contrario, tra i circa 150.000 ebrei locali, le vittime furono 130.000. A questi si aggiunsero 19.000 zingari rumeni dei 25.000 fattivi deportare nel 1942 dalle autorità rumene. I tedeschi risultano responsabili di oltre 50.000 omicidi: la maggioranza delle vittime fu consegnata dagli occupanti rumeni. Il resto delle vittime è da attribuirsi unicamente a responsabili rumeni84. A ragione Raul Hilberg faceva notare: “Nessun altro paese, all'infuori della Germania, fu coinvolto in un massacro degli ebrei così massiccio come la Romania”85. Mentre la maggioranza degli ebrei delle regioni riconquistate morì tra il 1941 e il 1943, gli ebrei nella Vecchia Romania (la Romania senza le province perdute nel 1940) sopravvissero fino alla fine della guerra, relativamente indenni. Sebbene nel 1942 fossero programmate deportazioni ad Auschwitz, il governo rumeno tuttavia le interruppe proprio all'inizio della fase di sterminio. Al di là di ciò gli ebrei della Vecchia Romania sottostarono a disposizioni speciali e discriminatorie in tutti i settori della vita pubblica. Gli ebrei delle campagne furono anche trasferiti nelle città. Tuttavia la maggior parte di essi sopravvisse alla guerra86. 0002000070 ‣ Ungheria . Come la Romania, anche l'Ungheria era un'alleata di guerra dei tedeschi e, come stato, prese parte all'Olocausto. In Ungheria, entro i confini del 1938, vivevano 401.000 ebrei (il 4,3% della popolazione totale) ed entro i confini del 1941 complessivamente 725.000 (il 4,9%). Ad essi si aggiunsero circa 100.000 persone classificate come ebree in seguito alla definizione della legge del 2 agosto 1941 sul concetto di “ebreo”87. Paradossalmente, gli ebrei ungheresi vissero pressoché al sicuro fino alla primavera del 1944, sebbene lo stato magiaro non avesse in alcun modo condotto fino ad allora una politica filoebraica. Anzi, a partire dal 1938, furono emanate e applicate leggi antisemite con l'obiettivo di allontanare gli ebrei dall'economia, dall'apparato statale e da altri settori della vita pubblica. L'eliminazione fisica degli ebrei, però, non rientrava nell'ordine del giorno, malgrado i tedeschi a partire dal 1942 incitassero il governo ungherese a procedervi88. La situazione cambiò nella primavera del 1944, quando nel comando tedesco si insinuò il sospetto che gli ungheresi potessero uscire dall'alleanza o addirittura passare al nemico. Per prevenire tale evenienza, il 19 marzo 1944, Hitler fece invadere l'Ungheria dalle truppe tedesche. Il vecchio governo fu sciolto e ne fu insediato un altro che godeva la fiducia dei tedeschi ed era disposto ad accontentarne richieste e desideri. Gli organi tedeschi in Ungheria, però, non intervennero direttamente nell'economia o nell'amministrazione ungherese, ma preferirono esercitare pressioni più o meno intense, o affidarsi a negoziati. Questa situazione sarebbe cambiata nell'autunno del 194489. Riguardo alla questione ebraica, gli organi tedeschi in Ungheria e il nuovo governo ungherese si accordarono piuttosto rapidamente: essa, alla fine, sarebbe dovuta essere “risolta” in senso tedesco, cioè con la deportazione nei campi di sterminio della Polonia occupata. L'iniziativa in tal senso sarebbe partita da parte ungherese. Adolf Eichmann ricevette da Heinrich Himmler l'incarico di organizzare e coordinare lo sterminio. Eichmann portò con sé in Ungheria un commando formato da 60-80 “esperti di Olocausto” tedeschi90. Il lavoro logistico sul luogo (il concentramento e l'allestimento dei convogli con le vittime) sarebbe stato compito delle autorità e delle forze di polizia ungheresi. Per prima cosa il nuovo governo emanò una serie di leggi antiebraiche, introducendo tra l'altro per tutti gli ebrei l'obbligo di portare un contrassegno (a partire dal 5 aprile) e ordinandone il concentramento. Il territorio fu diviso in sei zone, nelle quali gli ebrei furono concentrati in ghetti appositamente predisposti, per poi essere deportati su vagoni ferroviari ad Auschwitz91. Il 16 aprile 1944 le autorità ungheresi iniziarono con il concentramento degli ebrei nella prima zona (l'Ucraina subcarpatica e quattro distretti limitrofi), le successive zone seguirono via via. Il concentramento avveniva in questo modo: dapprima gli ebrei venivano condotti dai villaggi nella prossima città più grande e trasferiti qui negli appositi campi di concentramento. La gendarmeria ungherese aveva l'ordine di sequestrare tutte le proprietà degli ebrei a eccezione dei bagagli a mano. Dai campi di concentramento la polizia ungherese conduceva le vittime nelle stazioni e le caricava in vagoni predisposti da ferrovieri ungheresi. Attraverso la Slovacchia i treni raggiungevano Auschwitz. L'intera operazione era condotta da forze di polizia locali, normalmente da uomini dalla gendarmeria reale ungherese. I primi convogli partirono il 14 maggio 1944, sempre dalla prima zona. Il 6 luglio 1944, tuttavia, il governo ungherese bloccò le deportazioni, impedendo che tutti gli ebrei ungheresi fossero inviati ad Auschwitz; il 9 luglio l'ultimo treno di deportati raggiunse Auschwitz. Il motivo del blocco era l'enorme pressione a livello di politica estera sul governo ungherese, una pressione alla quale quest'ultimo difficilmente riuscì a opporsi, delineandosi sempre più chiaramente la sconfitta della Germania92. Dal 14 maggio al 9 luglio 1944, secondo i dati forniti dai tedeschi, furono deportati 437.402 ebrei, mentre fonti ungheresi parlano di 434.351 ebrei deportati dall'Ungheria in 147 treni. Nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dal 16 maggio all'11 luglio 1941, arrivarono 141 treni con ebrei ungheresi. Quattro treni raggiunsero Straßhof, nei pressi di Vienna, in cui gli ebrei classificati abili al lavoro furono impiegati nei lavori forzati. Ad Auschwitz, fino all'11 luglio, furono deportati circa 425.000 ebrei ungheresi, ai quali si aggiunsero ancora 5000 persone provenienti da campi di internamento e da prigioni93. Dopo l'arrivo a Birkenau aveva luogo la selezione: il personale tedesco e prigionieri incaricati [Funktionshäftlinge ] selezionavano per i lavori forzati ebrei giudicati abili al lavoro: in tutto questi furono circa 110.000. Gli altri deportati (tutti i bambini e gli anziani, così come le donne e gli uomini classificati inabili al lavoro), in totale 320.000 persone, furono sterminati in camere a gas subito dopo la selezione94. Inoltre, nel 1944, le autorità ungheresi consegnarono ancora ai tedeschi oltre 90.000 ebrei magiari, che furono impiegati nei lavori forzati nel territorio del Reich. Dei circa 200.000 ebrei ungheresi complessivi deportati per i lavori forzati (110.000 furono selezionati ad Auschwitz per le camere a gas), circa 74.000 sopravvissero alla guerra, gli altri (circa 126.000) furono sterminati o morirono in seguito alle disumane condizioni di vita e di lavoro95. Un ruolo decisivo nel concentramento e nella deportazione fu svolto dai gendarmi ungheresi, sotto la guida del tenente colonnello Ferenczy. Essi adottavano procedure estremamente brutali. Inoltre gendarmi facevano parte delle squadre che accompagnavano i convogli di deportati fino al confine slovacco. Alla frontiera, la polizia di pubblica sicurezza [Ordnungspolizei ] tedesca assumeva il controllo dei treni e li scortava fino ad Auschwitz. Nelle deportazioni furono impiegati complessivamente circa 20.000 gendarmi, e tutti dimostrarono uno zelo notevole96. Eichmann, dopo la guerra, dichiarò ripetutamente: “Il ritmo [della gendarmeria ungherese] era talmente elevato che Auschwitz faceva una gran fatica [...] a far fronte a tutti quei convogli”97. La fine della deportazione non rappresentò assolutamente la fine dello sterminio degli ebrei in Ungheria. Il 16 ottobre 1944, su pressione dei tedeschi, il reggente [Reichsverweser ] Miklós Horthy rassegnò le sue dimissioni e il capo del movimento fascista delle Croci Frecciate, Szalasi, riunì in un'unica persona le cariche di reggente e capo del Governo. Con l'ascesa al potere delle Croci Frecciate si scatenò un'ondata di violenze antisemite, che prese di mira soprattutto i circa 120.000 ebrei di Budapest, risparmiati dalle deportazioni. Circa 4000 Croci Frecciate di Budapest costituirono delle squadre di sterminio [Killerkommandos ] che irruppero nelle abitazioni e nelle case degli ebrei e saccheggiarono gli occupanti, percuotendoli e uccidendoli. Gli autori delle violenze si abbandonarono completamente al delirio omicida. La polizia ungherese, la gendarmeria e l'esercito non intervennero e lasciarono agire gli assassini. Questa ondata di violenza estremamente brutale, che fece fino a 20.000 vittime (giuridicamente ne sono accertate 6200), si protrasse fino alla presa di Budapest da parte delle truppe sovietiche, alla fine di gennaio del 194598. Le vittime dell'Olocausto, in Ungheria, furono circa 550.000 ebrei ungheresi, e i sopravvissuti 293.00099. La maggior parte delle vittime non morì in territorio ungherese: lo stato e le autorità magiare tuttavia consegnarono tali vittime volontariamente ai tedeschi, e furono questi a compiere lo sterminio. Il blocco delle deportazioni nel luglio 1944 dimostra che il governo ungherese disponeva di una libertà d'azione abbastanza ampia da potersi opporre allo sterminio degli ebrei magiari o, al contrario, da parteciparvi volontariamente. 0002000070 ‣ Slovacchia . Le vicende nella Slovacchia assomigliano, per molti versi, a quelle ungheresi, anche se lo stato slovacco godeva di un'indipendenza dai tedeschi molto maggiore di quella dell'Ungheria. Il 14 marzo 1939 la Slovacchia, dopo la dissoluzione della Cecoslovacchia, fu proclamata Repubblica Slovacca. Il nuovo stato dipendeva dalla Germania quanto a politica estera, ma fino all'estate 1944 godette di ampia autonomia nella gestione della politica interna, nella misura in cui corrispondeva alle aspettative tedesche. Fu così che, ancor prima della proclamazione della nuova repubblica, il futuro ministro degli Esteri assicurò ai tedeschi che in Slovacchia la questione ebraica sarebbe stata affrontata in modo simile alla Germania100. Il numero degli ebrei in Slovacchia ammontava, nel 1940, a quasi 90.000 persone. Come promesso, il nuovo stato slovacco impostò sin dall'inizio una politica antiebraica. Essa si svolse secondo il modello tedesco e raggiunse il suo culmine nelle deportazioni verso i campi di sterminio tedeschi. All'inizio del 1942 slovacchi e tedeschi si accordarono per deportare gli ebrei di Slovacchia nella Polonia tedesca. Il primo convoglio giunse il 26 marzo 1942 nel distretto di Lublino, seguito da altri. Le deportazioni del 1942 ebbero luogo nel periodo tra marzo e luglio, nel mese di settembre e il 20 ottobre. La pressione a livello di politica estera e di politica interna indusse tuttavia il governo slovacco a bloccare le deportazioni di massa101. Complessivamente, nel 1942, le autorità slovacche predisposero 57 convogli con 57.000 ebrei slovacchi. Di questi convogli, 19 raggiunsero Auschwitz e 38 il distretto di Lublino. Quasi tutti i deportati morirono, o nelle camere a gas (la stragrande maggioranza) o per le condizioni di vita disumane. Dopo la guerra si dichiararono superstiti appena 300 persone. Nell'estate 1944, quando le truppe tedesche avevano invaso la Slovacchia, le forze di sicurezza tedesche cominciarono a deportare nei campi di concentramento gli ebrei slovacchi sopravvissuti. Dal settembre 1944 al marzo 1945 essi deportarono dalla Slovacchia altri 12.300 ebrei, la maggior parte dei quali tuttavia sopravvisse alla guerra. In totale, in Slovacchia, le vittime documentate dell'Olocausto furono circa 60.000 ebrei slovacchi. A questi si aggiunge un numero cospicuo di ebrei, fino a 10.000, che perse la vita nelle esecuzioni e durante l'insurrezione slovacca. Gli ebrei di Slovacchia scampati all'Olocausto furono 20.000102. La maggioranza degli ebrei slovacchi morì nei campi di sterminio nazisti della Polonia occupata dai tedeschi. Il governo slovacco non solo li consegnò volontariamente, ma pagò ai tedeschi 450 Reichsmark per ogni deportato. Inoltre le autorità slovacche avevano il compito di arrestare le vittime, di preparare i vagoni per il trasporto, di organizzare i convogli e di curare i preparativi per la deportazione. Questo lavoro fu portato a termine in modo molto coscienzioso. Le razzie venivano compiute per lo più dagli uomini della truppa Hlinka (milizia fedele al regime), dai gendarmi slovacchi e da volontari tedeschi. Gli eccessi erano frequenti, soprattutto a opera degli uomini della truppa Hlinka103. Comunque, a quanto risulta, non si giunse ad eccessi come quelli che si verificarono in Romania o in Ungheria. 0002000070 ‣ Jugoslavia e Croazia . Risulta che nella primavera del 1941 in Jugoslavia vivessero 82.242 ebrei: alla fine della guerra, l'81,7% di essi (oltre 67.000) era stato eliminato. La maggioranza perse la vita per mano degli occupanti tedeschi, ma anche di quelli ungheresi e bulgari: essi furono o fucilati dalla Wehrmacht (in Serbia) oppure deportati ed eliminati nei campi di sterminio tedeschi (nelle regioni jugoslave occupate da ungheresi e bulgari). Un'eccezione fu costituita dallo stato croato degli Ustascia, in cui gli autori croati delle violenze giocarono un ruolo fondamentale nello sterminio degli ebrei104. Sulle rovine dello stato jugoslavo, distrutto dalla Wehrmacht, Hitler fece nascere, il 16 aprile 1941, lo “Stato Indipendente di Croazia” comprendente all'incirca le odierne regioni della Croazia e della Bosnia-Erzegovina. I conquistatori tedeschi consegnarono il potere al movimento Ustascia e al suo capo Ante PavelÕc. PavelÕc aveva fondato il movimento Ustascia nel 1930: esso era un'organizzazione ultranazionalista croata, di ispirazione fascista e terrorista, che era stata bandita dalla Jugoslavia indipendente. Lo Stato Indipendente di Croazia, in realtà, era uno stato-marionetta del Reich tedesco, e il suo intero territorio era occupato dai tedeschi e in parte dalle truppe italiane (nelle regioni meridionali). L'obbiettivo principale del regime Ustascia era la creazione di uno stato croato totalitario ed etnicamente omogeneo105. Nel territorio dello stato Ustascia vivevano circa 39.000 ebrei. Il regime, su consiglio degli organi tedeschi, procedette subito contro gli ebrei adottando misure draconiane. Esso emanò molto rapidamente una radicale legislazione antiebraica, basata sul modello tedesco, dandole immediata applicazione. Nel giro di pochi mesi, a partire dal maggio 1941, le autorità croate internarono gli ebrei in ghetti e campi di concentramento allestiti e attivati in territorio croato. Il rastrellamento e la sorveglianza erano compito delle milizie Ustascia, il braccio armato del movimento Ustascia. Con razzie e rapimenti esse uccisero migliaia di ebrei. La maggioranza delle vittime, tuttavia, perì nei campi di concentramento e nei ghetti, per il tifo e la fame, oppure fucilata, torturata, affogata, accoltellata o con il cranio sfondato a martellate. Dopo la guerra si calcolò che nei campi di concentramento croati, durante il conflitto, avessero trovato la morte tra i 25.000 e i 26.000 ebrei. Questa stima è tuttavia considerata eccessiva. È comunque certo che gli Ustascia croati abbiano eliminato o “sfiancato a morte” la maggior parte dei circa 30.000 ebrei croati e bosniaci vittime dell'Olocausto106. Per l'eliminazione degli ebrei gli Ustascia si avvalsero non solo di propri commando di sterminio, ma ricorsero anche all'“aiuto” tedesco. Nell'ottobre 1941 il governo croato chiese alle autorità tedesche se non fosse possibile deportare in Europa orientale gli ebrei croati ancora in vita. In un primo momento i tedeschi risposero negativamente. Nel maggio 1942 gli Ustascia riproposero la richiesta, e stavolta i tedeschi acconsentirono. Così, nell'agosto 1942, più di 5000 ebrei croati furono deportati ad Auschwitz, dove vennero sterminati. Ad aprile e maggio del 1943 altri 2000 ebrei croati furono deportati nei campi di sterminio della Polonia occupata, stavolta su pressione dei tedeschi. Il governo Ustascia si impegnò, da parte sua, a pagare, per ogni ebreo deportato, 30 Reichsmark107. L'impeto maggiore della follia omicida degli Ustascia, tuttavia, non si scagliò contro gli ebrei croati e bosniaci, ma prese di mira soprattutto la popolazione serba che viveva nel territorio del nuovo stato. L'obiettivo era quello di rendere il nuovo stato non solo “libero da ebrei” [judenfrei ] ma anche “libero da serbi” [serbenfrei ]. I metodi con cui gli Ustascia tentarono di perseguire tali obiettivi furono le espulsioni e le stragi, che ebbero inizio subito dopo l'ascesa al potere del movimento. Nel luglio 1942, secondo dati tedeschi, in territorio serbo, nel quale i nazisti avevano creato un altro stato-marionetta, vi erano 420.000 tra profughi ed espulsi serbi. Si calcola che in territorio croato persero la vita 300.000 serbi. La maggior parte di essi morì nei campi di concentramento croati o nei massacri condotti di norma dalle milizie Ustascia. Il tutto avvenne sotto gli occhi e con il beneplacito degli occupanti tedeschi108. In Jugoslavia, durante la guerra, le vittime furono complessivamente poco più di 1.000.000. Parte di esse fu uccisa dagli occupanti tedeschi, ma anche da quelli ungheresi, bulgari e italiani. La maggior parte delle vittime, tuttavia, si deve agli stessi autori locali delle violenze, in primo luogo agli Ustascia croati, in seguito ai Cetnici (partigiani nazionalisti serbi) che combatterono contro i croati, oltre che ai musulmani bosniaci e ai partigiani comunisti capeggiati da Tito109. 0002000070 ‣ Francia . Dopo la capitolazione, il 22 giugno 1940, Hitler divise la Francia in due zone, una occupata, l'altra libera. La zona sotto occupazione si estendeva a nord della Loira e lungo la costa atlantica. La zona non occupata comprendeva la Francia meridionale, amministrata dal governo collaborazionista del maresciallo Henri Philippe Pétain, con sede a Vichy. L'AlsaziaLorena fu annessa al Reich tedesco. Nel 1940 vivevano in territorio francese circa 330.000 ebrei, di cui dai 190.000 ai 200.000 di nazionalità francese e dai 130.000 ai 140.000 stranieri. Circa 80.000 di essi caddero vittime dell'Olocausto, eliminati principalmente nei campi di sterminio tedeschi110. Le autorità francesi collaborarono attivamente allo sterminio di questi ebrei, occupandosi di quasi tutte le operazioni preparatorie. Il governo di Vichy avviò la sua politica antiebraica subito dopo essersi insediato, nell'estate del 1940. Ciò avvenne addirittura prima che tale politica venisse introdotta dalle autorità tedesche di occupazione nella Francia occupata. Oltre alle normali limitazioni imposte alla totalità degli ebrei, una parte degli ebrei stranieri venne internata in campi. Il peggio, però, doveva ancora arrivare. Il 4 luglio 1942 il regime di Vichy, su pressione tedesca, si dichiarò disposto a consegnare agli invasori, e quindi a deportare nei campi di sterminio nazisti, tutti gli ebrei stranieri; nel contempo esso assicurava la collaborazione della polizia e delle autorità francesi. Il primo convoglio partì il 17 luglio dal campo di Pithiviers, carico di 928 persone e diretto ad Auschwitz111. Lo seguirono altri convogli. Peraltro non furono consegnati soltanto ebrei stranieri, ma anche francesi; gli stranieri erano comunque in maggioranza. Alla fine del 1942, dalla Francia, erano stati deportati complessivamente 42.500 ebrei. Le deportazioni continuarono fino all'estate del 1944: l'ultimo convoglio partì il 15 agosto 1944112. Il numero totale degli ebrei deportati dal territorio francese ammonta a poco meno di 76.000 unità. Gli ebrei morti durante la deportazione nei campi di concentramento in Francia (soprattutto in quelli della zona non occupata) furono circa 3000. Gli ebrei giustiziati sommariamente o assassinati per il solo fatto di essere tali furono circa 1000. Il numero complessivo delle vittime della ``Soluzione finale'' in Francia ammonta quindi a 80.000: si può dunque affermare che, in pratica, il 25% degli ebrei di Francia perse la vita nell'ambito della “Soluzione finale”. Delle 80.000 vittime, 24.500 furono ebrei francesi e 56.500 stranieri113. Nelle deportazioni le autorità e le forze di polizia in loco svolsero il ruolo decisivo. Le autorità francesi registravano le vittime destinate alla deportazione, la polizia e la gendarmeria le arrestavano e le conducevano nei campi. A numerose razzie parteciparono non solo le forze di polizia, ma anche soldati, vigili del fuoco e volontari francesi. Nella zona occupata, talvolta, vi partecipò anche la polizia militare [Feldgendarmerie ] tedesca. I campi erano sorvegliati da gendarmi francesi e amministrati, fino all'estate 1943, dalle autorità di polizia francesi. I convogli di deportati venivano allestiti e preparati per la partenza all'interno dei campi; la maggior parte di essi partì dal campo di Dancy. La polizia francese accompagnava i convogli fino al confine con la Germania, per poi consegnarli ai colleghi tedeschi, che li scortavano fino ad Auschwitz. Senza la collaborazione attiva delle autorità e delle forze di polizia francesi, le deportazioni su così larga scala non sarebbero state possibili114. 0002000070 ‣ Gli altri paesi . Anche da altri paesi europei posti sotto la sfera di potere del Reich tedesco furono consegnati ebrei ai tedeschi. Le sole eccezioni sono rappresentate da Danimarca e Finlandia115. Il governo bulgaro si oppose alla deportazione di circa 50.000 ebrei bulgari, tuttavia consegnò ai tedeschi tutti gli ebrei delle regioni che la Bulgaria aveva occupato durante la guerra grazie all'aiuto tedesco. Complessivamente, le autorità e le forze di polizia bulgare deportarono più di 11.000 ebrei dalla Macedonia (precedentemente jugoslava) e dalla Tracia (Grecia) nei campi di sterminio tedeschi116. Negli altri paesi la follia annientatrice nei confronti degli ebrei da parte degli autori tedeschi dell'Olocausto ebbe “maggiore successo”. Dall'Olanda occupata, i tedeschi deportarono nei campi di sterminio, dal luglio 1942 all'agosto 1944, circa 107.000 dei complessivi 140.245 ebrei olandesi. Di questi deportati i sopravvissuti furono soltanto 5200 circa. Nelle razzie e nelle operazioni di allestimento dei convogli di deportati, i tedeschi utilizzarono sia la propria polizia di pubblica sicurezza sia forze di polizia olandesi117. Dei circa 52.000 ebrei che vivevano in Belgio alla fine del 1940, gli occupanti tedeschi ne deportarono nei campi di sterminio circa 25.000; la polizia e le autorità belghe svolsero in questo frangente un ruolo subordinato118. Il regime Quisling, insediato da Hitler in Norvegia, consegnò ai tedeschi 759 dei circa 1800 ebrei norvegesi. Solo 25 di questi 759 deportati sopravvissero alla guerra. Gli altri ebrei si salvarono, quasi tutti scappando in Svezia119. In Albania alcune centinaia di ebrei albanesi caddero vittima dell'Olocausto, eliminati dagli occupanti tedeschi120. Dopo l'invasione dell'Italia, nell'estate 1943, gli occupanti tedeschi deportarono ad Auschwitz “soltanto” 6416 ebrei italiani e stranieri (circa il 19% di tutti gli ebrei presenti in Italia). Autorità e forze di polizia italiane non ebbero quasi mai alcun ruolo in questa azione121. In Boemia e in Moravia, le regioni della Cecoslovacchia occupate dai tedeschi, di quasi 120.000 ebrei sopravvissero alla guerra circa 40.000. Gli altri morirono nel ghetto di Tereźin (Theresienstadt), o nei campi di sterminio e di concentramento tedeschi. La polizia e le autorità ceche svolsero in questo ambito un ruolo subordinato: dovettero collaborare su ordine dei tedeschi al rastrellamento e al concentramento delle vittime122. Gli invasori tedeschi si occuparono in larga parte autonomamente anche dell'eliminazione degli ebrei greci, mentre nelle regioni greche occupate dai bulgari collaborarono efficacemente, come già accennato, le autorità e le forze di polizia bulgare. Dei circa 71.000 ebrei greci sopravvissero all'Olocausto soltanto 12.000123. 0002000070 ‣ Considerazioni finali . Dopo aver preso il potere nel 1933, i nazisti tedeschi innalzarono l'antisemitismo razzista ed eliminazionista124 a principio guida della politica statale in Germania e a dottrina di stato. Nell'arco di pochi anni, a partire dal 1938, la Germania nazionalsocialista riuscì a sottomettere quasi tutta l'Europa. Fu così che la grande maggioranza degli ebrei europei si ritrovò nell'ambito di potere di uno stato che includeva tra i suoi obiettivi la loro eliminazione. Nel 1941 i vertici di governo tedeschi decisero di uccidere tutti gli ebrei nel frattempo caduti o suscettibili di cadere sotto il potere dalla Germania; tale proposito venne messo in pratica in maniera conseguente. I responsabili tedeschi delle decisioni ricorsero, a questo scopo, principalmente a personale e a istituzioni tedesche, che organizzarono e attuarono lo sterminio. Fuori dai confini tedeschi essi dipesero però, di norma, dall'aiuto e dalla collaborazione di forze, istituzioni e addirittura di governi locali. Gli organi tedeschi addetti alla realizzazione dell'Olocausto si assicurarono i complici in questo crimine in modi diversi: talvolta con la forza, talvolta impartendo ordini, ma molto spesso si affidarono invece alla libera volontà dei complici, a trattative, come anche a pressioni diplomatiche e militari. In questo ambito sono riscontrabili differenze: la più importante riguardò i paesi dell'Europa centrorientale e quelli dell'Europa meridionale. La maggior parte delle vittime dell'Olocausto perse la vita in Europa centrorientale. In quelle regioni i tedeschi instaurarono un regime di terrore incomparabilmente più brutale di quello imposto a Occidente. A ciò si aggiunge il terrore sovietico, un'esperienza assente nelle altre regioni europee. Ciò significa che questo terrore ebbe un effetto più profondo sulle società dell'Europa centro-orientale che non, ad esempio, in Francia, in Olanda o magari in Danimarca, dove i tedeschi condussero una politica di occupazione molto meno brutale125. E queste differenze si evidenziano anche nel corso della persecuzione e dello sterminio degli ebrei. Nell'Europa centrale e orientale gli occupanti tedeschi definirono e guidarono dall'inizio alla fine lo svolgimento della persecuzione e dello sterminio degli ebrei sin nei minimi dettagli: essi vararono legislazioni antiebraiche e le fecero applicare. Istituirono una polizia ausiliaria composta da agenti locali e costituirono un'amministrazione autonoma locale, reclutando personalmente e in base ai propri criteri, successivamente anche attraverso un obbligo coatto, i componenti di queste istituzioni. Gli occupanti tedeschi avevano il controllo e il comando di tali organismi e di queste forze, che impiegarono per perseguire scopi e obiettivi propri, uno tra tutti lo sterminio degli ebrei. Si giunse al punto che gli autori tedeschi dell'Olocausto obbligarono i Consigli ebraici [Judenräte ] e la polizia ebraica operante nei ghetti a collaborare alle persecuzioni contro gli ebrei. Per questi paesi, perciò, non è possibile parlare di una politica di persecuzione e di sterminio autonoma nei confronti degli ebrei. Ciononostante, nella storiografia occidentale, principalmente in quella tedesca, è osservabile la tendenza a imputare, senza distinguo, alle singole nazioni dell'Est europeo la complicità attiva nell'Olocausto. Ad esempio, nel caso della Lituania, si arriva ad affermare: “La politica tedesca e quella lituana ambedue insieme condussero alla Shoah in Lituania”126. Tuttavia, a quel tempo, una politica “lituana” autonoma verso gli ebrei non poteva esistere, perché non esisteva all'epoca alcuno stato lituano, neanche uno stato-marionetta che potesse perseguire una tale politica. È però un dato di fatto che gli occupanti tedeschi liberarono in Lituania il potenziale antisemita, criminale e violento, incentivandolo in modo mirato, per canalizzarlo contro gli ebrei allo scopo di annientarli. Ed ebbero anche successo in questa operazione: migliaia di lituani, alcuni molto prontamente collaborativi, parteciparono all'Olocausto. Il trauma del regime del terrore sovietico, che andò a incrementare ulteriormente il potenziale antisemita presente in Lituania e nelle restanti regioni dell'Est europeo, facilitò i tedeschi nel reclutamento di autori volonterosi per l'Olocausto. Analogamente procedettero gli occupanti in Lettonia, in Bielorussia e anche in Ucraina. Le autorità di occupazione tedesche elevarono la persecuzione e l'uccisione degli ebrei al rango di legge, trasformando in crimine l'aiuto verso gli ebrei, che in Polonia, ad esempio, fu “sanzionato” con la pena di morte per l'intera famiglia del complice. In altri paesi, invece, le autorità tedesche si affidarono a trattative e a complicità volontaria, come ad esempio nella Francia di Vichy o in Ungheria. Lo stato rumeno di allora compì, addirittura, il suo proprio Olocausto. Questi paesi e regimi erano effettivamente in grado di condurre una politica ebraica in un certo qual modo autonoma. Essi potevano rifiutarsi di consegnare gli ebrei locali ai tedeschi, oppure potevano dimostrarsi d'accordo e collaborare a tali azioni, o intraprendere anche autonome iniziative di sterminio, come nel caso del governo della Romania o del regime croato degli Ustascia. Nel contempo, i massacri di cui risultarono responsabili gli Ustascia croati o le Croci Frecciate ungheresi dimostrano che il trauma del regime del terrore sovietico non fu un presupposto indispensabile per il reclutamento di autori volenterosi dello sterminio degli ebrei. In tutti i paesi d'Europa esisteva un potenziale antisemita, criminale e violento, che i tedeschi poterono strumentalizzare miratamente per uccidere gli ebrei europei. Sembra tuttavia che tale potenziale fosse particolarmente intenso nei paesi precedentemente sottoposti al regime del terrore sovietico. Il tentativo di attribuire senza distinguo i crimini di autori non tedeschi alle rispettive nazioni rispecchia la tendenza a denazionalizzare, per così dire, gli autori tedeschi dell'Olocausto. Nel dibattito pubblico gli autori tedeschi dei massacri vengono spesso presentati come “criminali nazisti”, “criminali delle SS”, “criminali nazionalsocialisti” oppure “fascisti”, “criminali della Gestapo”, o con espressioni simili. Vengono così messe in risalto le loro appartenenze politiche o istituzionali, mentre quelle etniche passano in secondo piano. Con ciò si tributa al superamento tedesco del proprio passato un riconoscimento che effettivamente non ha eguali. Allo stesso tempo però, ad esempio in Polonia, si constata con preoccupazione e persino con indignazione come i campi di sterminio “nazionalsocialisti” della Polonia occupata dai tedeschi vengano non di rado descritti, perfino in testi scientifici, come “campi di sterminio polacchi” o “campi di concentramento polacchi”. In tal modo – certo inconsapevolmente – si ammette, almeno dal punto di vista linguistico, la colpevolezza polacca127. Di quando in quando, tuttavia, si ha anche l'impressione che alcuni autori cerchino miratamente complici non tedeschi, soprattutto in Europa centrorientale128. Il dibattito internazionale sui colpevoli non tedeschi dell'Olocausto è appena agli inizi. Sono da prevedersi, e anche da auspicarsi, altre pubblicazioni, al fine di poter far luce, anche da questo punto di vista, su uno dei più grandi crimini, se non il più grande crimine, della storia dell'umanità. È da aspettarsi che il nucleo delle ricerche continui a rivolgersi all'Europa centrale e orientale, dato che proprio in quelle regioni venne sterminato il maggior numero degli ebrei, e che lì vi sono anche le lacune maggiori dal punto di vista della ricerca. Bisogna comunque sempre preoccuparsi di contestualizzare storicamente questi tragici avvenimenti. Note al saggio 1 - Raul Hilberg, Perpetrators, Victims, Bystanders. The Jewish Catastrophe 1933-1945, HarperCollins, New York 1992 [trad. it. Carnefici, vittime, spettatori. La persecuzione degli ebrei (1933-1945), Mondadori, Milano 1994].2 - Sullo stato delle ricerche riguardanti gli autori dell'Olocausto cfr. Gerhard Gaul, Von Psychopaten, Technokraten des Terrors und ``ganz gewöhnlichen'' Deutschen. Die Täter der Shoah im Spiegel der Forschung, in Die Täter der Shoah. Fanatische Nazionalozialisten oder ganz normale Deutsche?, a c. di Gerhard Paul, Wallstein Verlag, Göttingen 2002, pp. 13-90 (riguardo agli autori stranieri dell'Olocausto cfr. pp. 56-61).3 Per ragioni di spazio mi occuperò solo marginalmente di complici non tedeschi, che, ad esempio, misero in pratica misure antiebraiche degli occupanti tedeschi, come la privazione dei diritti, gli espropri, la “degiudeizzazione” dell'economia e della vita pubblica, la ghettizzazione o il lavoro forzato, operazioni che precedettero lo sterminio o si svolsero parallelamente a esso.4 - Il 24 agosto 1939, a Mosca, i ministri degli Esteri tedesco e sovietico firmarono il cosiddetto Patto Hitler-Stalin, con il quale i due dittatori si spartivano l'Europa centrorientale. La Polonia fu divisa tra la Germania e l'Unione Sovietica, gli stati baltici e il nordest della Romania (Bessarabia) toccarono ai sovietici. Il 1° settembre 1939 la Wehrmacht invase la Polonia e il 17 settembre, con la Polonia praticamente sconfitta, se non ancora interamente occupata, le truppe sovietiche varcarono il confine e occuparono la Polonia orientale. Nove mesi dopo, tra giugno e luglio del 1940, le truppe di Stalin occuparono gli stati baltici e la Bessarabia.5 - Dalle regioni un tempo appartenute alla Polonia orientale i sovietici deportarono nelle regioni interne dell'Unione Sovietica fino a 400.000 persone, ne imprigionarono circa 120.000, torturandone e uccidendone a migliaia. Dagli stati baltici i sovietici deportarono più di 50.000 persone, dalla Bessarabia circa 20.000: anche in questi due casi le vittime uccise ammontano a migliaia. Cfr. Bogdan Musial, “Konterrevolutionäre Elemente sind zu erschießen”. Die Brutalisierung des deutsch-sowjetischen Krieges im Sommer 1941, Propyläen Verlag, Berlin 2000, pp. 31-36; Stanislaw Ciesielski et al., Masowe deporatcje Iudnosci w Zwiaôzku Radzieckim, Wydawnictwo Adam Marszalek, Toruń 2004, pp. 311-36.6 - Bogdan Musial, Jewish Resistance in Poland's Eastern Borderlands during the Second World War, 1939-41, “Pattern of Prejudice” vol. 38, nr. 4, Routledge, New York NY, dicembre 2004, pp. 371-82.7 - Cfr. tra gli altri Ben-Cion Pinchuk, Shtetl Jews under Soviet Rule. Eastern Poland on the Eve of the Holocaust, Basil Blackwell, Oxford 1990; Dov Levin, The Lesser of Two Evils. Eastern European Jewery under Soviet Rule, 1939-1941, The Jewish Publication Society, Philadelphia-Jerusalem 1995; Musial, Konterrevolutionäre Elemente cit., pp. 42-81; Alfonsas Eidintas, Das Stereotyp des ``jüdischen Kommunisten'' in Litauen 1940-41, in Holocaust in Litauen. Krieg, Judenmorde und Kollaboration im Jahre 1941, a c. di Vincas Bartuseviccus et al., Böhlau Verlag, Köln 2003, pp. 1325.8 - Messaggio telex di Heydrich del 29 giugno 1941, in Die Ermordung der europäischen Juden. Eine umfassende Dokumentation des Holocaust 1941-1945, a c. di Peter Longerich, MünchenZürich 1989, p. 118 sgg.9 - Gert Robel, Sowjetunion, in Dimension des Völkermords. Die Zahl der jüdischen Opfer des Nationalsozialismus, a c. di Wolfgang Benz, Deutscher Taschenbuch Verlag, München 1996, pp. 499-560, 502-04; Knut Stang, Kollaboration und Massenmord. Die litauische Hilfspolizei, das Rollkommando Hamann und die Ermordung der litauischen Juden, Peter Lang Verlag, Frankfurt am Main 1996, pp. 73-76.10 - Stang, Kollaboration cit., pp. 80-81; Stang parla di 175.000 ebrei lituani uccisi nel periodo dalla fine di giugno al novembre 1941 e di 45.000 che furono concentrati nei tre ghetti. Karl Jäger, il capo di questa operazione di sterminio, indicò invece un totale di 137.346 persone “liquidate”, tra le quali circa 136.000 uomini, donne e bambini ebrei. Il resto era composto da circa 100 comunisti, 600 malati di mente, polacchi e partigiani sovietici. Inoltre, sempre secondo Jäger, nei tre ghetti furono concentrati circa 34.500 ebrei. Rapporto Jäger: Karl Jäger, “Elenco completo delle esecuzioni compiute nel distretto dell'Einsatzkommando 3 fino al 1° dicembre 1941”, 1 dicembre 1941, Kaunas, in Archivio speciale (Sonderarchiv), Mosca, f. 500, op. 1, d. 35, Bl. 110-117; riportato anche come facsimile in Holocaust in Litauen cit., pp. 30311.11 - Stang, Kollaboration cit., pp. 113-21.12 - Hans-Heinrich Wilhelm, Die Einsatzgruppe A der Sicherheitspolizei und des SD 1941/42, Peter Lang Verlag, Frankfurt am Main 1996, pp. 62-63; Karl Jäger parla invece di 4000 ebrei che furono “liquidati esclusivamente dai partigiani”. Cfr. Rapporto Jäger cit.13 - Stang, Kollaboration cit., pp. 121-51; Arunas Bubnys, Die litauischen Hilfspolizeibataillone und der Holocaust, in Holocaust in Litauen cit., pp. 117-31.14 - Stang, Kollaboration cit., pp. 153-80; Bubnys, Hilfspolizeibataillone cit., pp. 119-21; cfr. anche Erich Heine, Allgemeine Ermächtigung und konkrete Eigendynamik. Die Ermordung der Juden in den ländlichen Gebieten Litauens, in Holocaust in Litauen cit., pp. 91-102.15 - Stang, Kollaboration, cit., pp. 161-70.16 - Ivi, pp. 170-71.17 - Bubnys, Hilfspolizeibataillone cit., pp. 119-21.18 - Ivi, pp. 118, 128; Stang, Kollaboration cit., p. 188.19 - Bubnys, Hilfspolizeibataillone cit., pp. 121-28.20 Ibid.21 - Michael MacQueen, Einheimische Gehilfin der Gestapo. Die litauische Sicherheitspolizei in Vilnius 1941-1944, in Holocaust in Litauen cit., pp. 103-16.22 - Stang, Kollaboration cit., p. 188; Christoph Dieckmann, Deutsche und litauische Interessen. Grundlinien der Besatzungspolitik in Litauen 1941 bis 1944, in Holocaust in Litauen cit., pp. 63-76.23 - Andrew Ezergailis, The Holocaust in Latvia: 1941-1944, The Historical Institute of Latvia, Riga 1996, pp. 58-62 parla di 66.000 ebrei residenti in Lettonia nel luglio 1941; Wilhelm, Die Einsatzgruppe A cit., pp. 118-19, stima il loro numero in 70.000 persone.24 - Wilhelm, Die Einsatzgruppe A cit., pp. 105-13.25 - Il rapporto è riportato in Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem Internationalem Militärgerichtshof Nürnberg 14. November 1945 – 1. Oktober 1946, vol. XXX, Nürnberg 1948, 2273-PS.26 - Viktors Ara°js nacque nel 1910 nella cittadina di Baldone, nei pressi di Riga. Negli anni Trenta studiò giurisprudenza. Nel 1935 interruppe gli studi per lavorare nella polizia. Quattro anni dopo riprese gli studi di legge, che concluse durante l'occupazione sovietica. Poco prima dell'attacco tedesco all'Unione Sovietica si unì, secondo una sua stessa testimonianza, a un gruppo di partigiani. Durante l'occupazione tedesca fu alla guida del commando. Dopo il 1945 fuggì in Germania sotto falso nome. Nel 1975 fu arrestato e nel 1979 venne condannato all'ergastolo ad Amburgo. Morì nel 1988 in carcere. Cfr. Ezergailis, The Holocaust cit., pp. 175-80.27 - Ivi, pp. 171-189; Katarin Reichelt, Kollaboration und Holocaust in Lettland 1945-1945, in Täter im Vernichtungskrieg. Der Ûberfall auf die Sowjetunion und der Völkermord an den Juden, a c. di Wolf Kaiser, Propyläen Verlag, Berlin/München 2002, pp. 110-124.28 - Ezergailis, The Holocaust cit., pp. 189-191.29 - Ivi, pp. 191-92; Reichelt, Kollaboration cit., pp. 116-17.30 - Ezergailis, The Holocaust cit., pp. 191-93; Wilhelm, Die Einsatzgruppe A cit., pp. 113-19.31 - Ezergailis, The Holocaust cit., pp. 183-95.32 - Ivi, pp. 311-35.33 - Ibid.; Reichelt, Kollaboration cit., p. 118 sgg.34 - Ibid.; Reichelt, Kollaboration cit., p. 118 sgg.; Katrin Reichelt, Der Anteil von Letten an der Enteignung der Juden ihres Landes zwischen 1941 und 1943, in Kooperation und Verbrechen. Formen der ``Kollaboration'' im östlichen Europa 1939-1945, a c. di Christoph Dieckmann et al., Wallstein Verlag, Göttingen 2003, pp. 224-42.35 - Wilhelm, Die Einsatzgruppe A cit., pp. 203-08; Meelis Maripuu, Kollaboration und Widerstand in Estland 1940-1944, in Collaboration and Resistance During the Holocaust. Belarus, Estonia, Latvia, Lithuania, a c. di David Gaunt et al., Peter Lang, Bern 2004, pp. 403-19; Gert Robel, Sowjetunion, in Dimension des Völkermords. Die Zahl der jüdischen Opfer des Nationalsozialismus, a c. di Wolfgang Benz, Deutscher Taschenbuch Verlag, München 1996, p. 524.36 - Karel C. Berkhoff, Harvest of Despair. Life and Death in Ukraine under Nazi Rule, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge MA-London 2004, pp. 6-34, 61; Dieter Pohl, Ukrainische Hilfskräfte beim Mord an den Juden, in Die Täter der Shoah. Fanatische Nationalsozialisten oder ganz normale Deutsche?, a c. di Gerhard Paul, Wallstein Verlag, Göttingen 2002, pp. 205-34.37 - Dopo aver conquistato il territorio ucraino, gli invasori tedeschi lo divisero in quattro regioni: la Galizia orientale fu annessa al Governatorato generale, la Transnistria e Odessa vennero poste sotto occupazione rumena: in Volinia-Podolia, nei distretti di Zhytomyr, Kiev, Kirovohrad, Dnepropetrovsk, i nuovi occupanti costituirono il Reichskommisariat dell'Ucraina; i territori orientali restarono sotto amministrazione militare.38 - Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., p. 217; Radu Ioanid, The Holocaust in Romania. The Destruction of Jews and Gypsies Under the Antonescu Regime 1940-1944, Ivan R. Ree, Chicago 2000, p. 176 sgg.39 - Musial, Konterrevolutionäre Elemente cit., pp. 98-191.40 - Klaus-Michael Mallmann, Der qualitative Sprung im Vernichtungsprozeß. Das Massaker von Kamenez-Podolsk Ende August 1941, in “Annuario della ricerca sull'antisemitismo” 10 (2001), pp. 239-64; Berkhoff, Harvest of Despair cit., pp. 62-69; Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., pp. 212-15.41 - Berkhoff, Harvest of Despair cit., pp. 69-71; Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., pp. 125-218.42 - Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., pp. 212-15; Berkhoff, Harvest of Despair cit., pp. 62-71; Martin Dean, Collaboration in the Holocaust. Crimes of the Local Police in Belorussia and Ukraine, 1941-44, St. Martin's Press, New York 2000, pp. 42-43.43 - Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., pp. 215-17.44 Dieter Pohl, Nationalsozialistische Judenverfolgung in Ostgalizien 1941-1944. Organisation und Durchführung eines staatlichen Massenverbrechens, Oldenbourg Verlag, München 1996, pp. 185262; Thomas Sandkühler, ``Endlösung'' in Galizien. Der Judenmord in Ostpolen und die Rettungsinitiative von Berthold Beitz 1941-1944, Dietz Verlag, Bonn 1996, pp. 208-67.45 - Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., p. 217; Pohl, Nationalsozialistische Judenverfolgung cit., pp. 36273.46 - Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., pp. 216-17; Richard Breitman, Himmler's Police Auxiliaries in the Occupied Soviet Territories, in “Simon Wiesenthal Center Annual” 7, Los Angeles CA 1990, pp. 23-39.47 - Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., p. 219.48 - Peter Black, Die Trawniki-Männer und die ``Aktion Reinhard'', in ``Aktion Reinhard''. Der Völkermord an den Juden im Generalgouvernement 1941-1944, a c. di Bogdan Musial, Fibre Verlag, Osnabrück 2004, pp. 309-52.49 - Christian Gerlach, Kalkulierte Morde. Die deutsche Wirtschafts- und Vernichtungspolitik in Weißrussland 1941 bis 1944, Hamburger Edition, Hamburg 1999, pp. 91 sgg., 1159.50 - Gerlach, Kalkulierte Morde cit., pp. 536-627, 683-84.51 - Ivi, pp. 733-43; Antonio Munoz, Oleg V. Romanko, Hitler's White Russians: Collaboration, Extermination and AntiPartisan Warfare in Belorussia, 1941-1944, Europa Books Inc., New York 2003, pp. 304-10.52 Ivi, pp. 536-55; Dean, Collaboration in the Holocaust cit., pp. 17-40; Martin Cüppers, Vorreiter der Shoah. Waffen-SS, Kommandostab Reichsführer SS und die Judenvernichtung 1939-1945, Manuskript, Diss. Phil., Universität Stuttgart 2004, pp. 174-207 [pubblicato come Wegbereiter der Shoah, Waffen ecc.; Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 2005].53 - Cüppers, Vorreiter der Shoah cit., p. 179.54 - Gerlach, Kalkulierte Morde cit., pp. 514-36, in particolare pp. 530-33.55 - Martin Dean, Microcosm: Collaboration and Resistance during the Holocaust in the Mir Rayon of Belarus, 1941-1944, in Collaboration and Resistance cit., pp. 223-59 (223-33); inoltre Dean, Collaboration in the Holocaust cit., pp. 46-50.56 - Ibid.57 - Dean, Microcosm cit., pp. 224, 22728.58 - Ivi, pp. 233-39.59 - Ivi, pp. 225, 243-56.60 - Gerlach, Kalkulierte Morde cit., pp. 202-09; Bernhard Chiari, Alltag hinter der Front: Besatzung, Kollaboration und Widerstand in Weissrussland 1941-1944, Droste Verlag, Düsseldorf 1998, pp. 163-86; Dean, Collaboration in the Holocaust cit., p. 65.61 - A titolo di esempio va citato il cosiddetto “dibattito su Jedwabne”, inaugurato dalla pubblicazione di Jan Tomasz Gross, Neighbors. The Destruction of the Jewish Community in Jedwabne, Poland, Princeton University Press, Princeton-Oxford 2001 [trad. it I carnefici della porta accanto: 1941, il massacro della comunità ebraica di Jedwabne in Polonia, Mondadori, Milano 2003]. L'edizione originale polacca venne pubblicata l'anno precedente. Sullo svolgimento del dibattito cfr. The Neighbors Respond. The Controversy over the Jedwabne Massacre in Poland, a c. di Antony Polonsky e Johanna B. Michlic, Princeton University Press, Princeton-Oxford 2004; quanto allo spessore scientifico della pubblicazione di Gross cfr. Bogdan Musial, The Pogrom in Jedwabne: Critical Remarks about Jan T. Gross's Neighbors, ivi, pp. 30443.62 - Nelle regioni annesse, tanto i polacchi che gli ebrei furono espropriati, deportati nel Governatorato generale e costretti a lavori forzati, da svolgere per gli ebrei sul posto, per i polacchi sul posto o anche nel Reich. Gli ebrei furono rinchiusi nei ghetti, mentre le fucilazioni e l'imprigionamento nei campi di concentramento presero di mira soprattutto l'intellighenzia polacca, analogamente a quanto avvenne nel Governatorato generale. Tuttavia i polacchi del Governatorato generale, in confronto agli ebrei, avevano una posizione meno grave, soprattutto per via della situazione economica: non tutti i polacchi, infatti, furono espropriati o esclusi dalle attività economiche come accadde per gli ebrei. Cfr. Bogdan Musial, Das Schlachtfeld zweiter totalitärer Systeme. Polen unter deutscher und sowjetischer Herrschaft 1939-1941, in Genesis des Genozids. Polen 1939-1941, a c. di Klaus-Michael Mallmann e Bogdan Musial, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 2004, pp. 13-35.63 - Musial, Konterrevolutionäre Elemente cit., pp. 175-99.64 - Cfr. Bogdan Musial, Indigener Judenhaß und die deutsche Kriegsmaschine. Der Nordosten Polens im Sommer 1941, in “Osteuropa” 12/2003, pp. 1830-41; Pawel Machcewicz, Rund um Jedwabne – Neue Forschungsergebnisse polnischer Historiker, in Beginn der Vernichtung. Zum Mord an den Juden in Jedwabne und Umgebung im Sommer 1941. Neue Forschungsergebnisse polnischer Historiker, a c. di Edmund Dmitrów et al., Fibre Verlag, Osnabrück 2004, pp. 19-94; Edmund Dmitrów, Die Einsatzgruppen der deutschen Sicherheitspolizei und des Sicherheitsdienstes zu Beginn der Judenvernichtung im Gebiet von Lomża und Byalystok im Sommer 1941, in Beginn der Vernichtung cit., pp. 95-208.65 - Ibid.66 Bogdan Musial, The Origins of ``Operation Reinhard'': The Decision-Making Process for the Mass Murder of the Jews in the Generalgouvernement, in “Yad Vashem Studies”, vol. 28, Jerusalem 2000, pp. 113-53.67 - A tal proposito cfr. Bogdan Musial, Deutsche Zivilverwaltung und Judenverfolgung im Generalgouvernement. Eine Fallstudie zum Distrikt Lublin, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 1999, pp. 229-306; Klaus-Michael Mallmann, “Mensch, ich feiere heut' den tausendsten Genickschuß”. Die Sicherheitspolizei und die Shoah in Westgalizien, in Aktion Reinhard cit., pp. 353-82; Michael Alberti, Die Anfänge und die Durchführung der ``Endlösung''. Die Verfolgung und Vernichtung der Juden im Reichsgau Wartheland 1939-1945, Diss. Phil., Freiburg in Breisgau 2001.68 - Cfr. Musial, Deutsche Zivilverwaltung cit., pp. 308-12.69 - Si stima che i polacchi di Varsavia che fornirono un supporto attivo agli ebrei nascosti furono attorno alle 60.000 persone. Cfr. Gunnar S. Paulsson, Das Verhältnis zwischen Polen und Juden im besetzten Warschau, 1940-1945, in Aktion Reinhard cit., pp. 384-404 (394-96); Gunnar S. Paulsson, The Secret City: The Hidden Jews of Warsaw 1940-1945, Yale University Press, New Haven-London 2002, pp. 113-16, 149-54, 233-40.70 - Marek Jan Chodakiewicz, Between Nazis and Soviets. Occupation Politics in Poland, 1939-1947, Lexington Books, Lanham MD 2004, pp. 150-80 (per le cifre p. 150); Musial, Deutsche Zivilverwaltung cit., pp. 308-12.71 - Radu Ioanid, The Holocaust in Romania. The Destruction of Jews and Gypsies Under the Antonescu Regime, 1940-1944, Ivan R. Dee, Chicago 2000, pp. XX sgg., 289 sgg.; Krista Zach, Rumänien, in Dimension des Völkermords cit., pp. 381-409. La partecipazione rumena allo sterminio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale è definita “Olocausto dimenticato” nelle memorie del rabbino capo rumeno Alexandru Sôafran; ivi, p. 284.72 - Ioanid, The Holocaust in Romania cit., pp. 38-43; Zach, Rumänien cit., pp. 381-99.73 - La Guardia di ferro fu costituita nel 1930 come corpo armato della “Legione dell'Arcangelo Michele”, creata a sua volta nel 1927 da Corneliu Zelea Codreanu. Codreanu proclamava tra l'altro l'antisemitismo e un misticismo religioso legato al culto del sacrificio e della morte, esaltava l'ascesi e proclamava slogan contro il marxismo e contro il capitalismo. Cfr. Jerzy Borejsza, Schulen des Hasses, Faschistische Systeme in Europa, Fischer Verlag, Frankfurt am Main 1999, pp. 194-96.74 - Ivi, pp. 43-51.75 - Ivi, pp. 52-61; Radu Ioanid, The Pogrom in Bukarest 2123 January 1941, in “Holocaust and Genocide Studies”, vol. 6, nr. 4, Oxford University Press, Oxford 1991, pp. 272-382; Krista Zach, Rumänien in Brennpunkt: Sprache und Politik, Identität und Ideologie im Wandel, Südostdeutsches Kulturwerk, München 1998, pp. 394-99.76 - Ioanid, The Holocaust in Romania cit., pp. 63-90; Angrick, Besatzungspolitik und Massenmord : die Einsatzgruppe D in der südlichen Sowjetunion 1941-1943, Hamburger Edition, Hamburg 2003, pp. 141-43.77 - Ioanid, The Holocaust in Romania cit., pp. 90-109; Angrick, Besatzungspolitik und Massenmord cit., pp. 147-72, 191-93; Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, Holmes & Meier, New York-London 1985, vol. 2, p. 771 [trad. it. La distruzione degli Ebrei d'Europa, Einaudi, Torino 1995].78 - Ioanid, The Holocaust in Romania cit., pp. 110-23; Angrick, Besatzungspolitik und Massenmord cit., pp. 193-206.79 - Ioanid, Holocaust in Romania cit., pp. 110-75.80 - Hilberg, Destruction cit., vol. 2, p. 776; Radu Ioanid stima il numero degli ebrei arrivati vivi in Transnistria ad almeno 125.000 e forse a 145.000. Ioanid, The Holocaust in Romania cit., p. 174; per una trattazione approfondita dell'argomento, ivi, pp. 110-75.81 - Ioanid, The Holocaust in Romania cit., p. 177.82 - Ivi, pp. 177-82; Angrick, Besatzungszeit und Massenmord cit., pp. 297302.83 - Ioanid, The Holocaust in Romania cit., pp. 182-94.84 - Ivi, pp. 187-269 (cifre a p. 193).85 - Hilberg, Destruction cit., vol. 2, p. 812.86 - Ivi, pp. 338-48.87 - Il 2 novembre 1938 l'Ungheria ricevette, con il cosiddetto “Primo arbitrato di Vienna”, parte della Slovacchia meridionale, dove, tra l'altro, vivevano 68.000 ebrei; nel marzo 1939 truppe ungheresi occuparono l'Ucraina subcarpatica, appartenente alla Cecoslovacchia: nella regione vivevano tra l'altro 78.000 ebrei; il 30 agosto l'Ungheria ottenne con il cosiddetto “Secondo arbitrato di Vienna” la Transilvania settentrionale, fino ad allora territorio rumeno: nella Transilvania del nord vivevano tra l'altro 164.000 ebrei. Cfr. Làszló Varga, Ungarn, in Dimension des Völkermords cit., pp. 331-51 (pp. 33840); Christian Gerlach, Götz Aly, Das letzte Kapitel. Der Mord an den ungarischen Juden 1944-45, S. Fischer, Frankfurt am Main 2004, pp. 48-50.88 - A Novi Sad, nella Jugoslavia sotto occupazione ungherese, nella “sola” estate del 1941 i soldati ungheresi massacrarono, nell'ambito di una “operazione anti-partigiana”, circa 4000 persone: 1250 ebrei e il resto serbi. Dimensioni molto maggiori ebbe invece, nell'estate 1941, il trasferimento, da parte delle autorità ungheresi, di circa 17.000 ebrei dall'Ucraina subcarpatica alle regioni ucraine occupate dai tedeschi: essi furono massacrati dai tedeschi a Kamenec-Podolski alla fine di agosto del 1941. Cfr. Varga, Ungarn cit., pp. 336-40; Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 19-90.89 - Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 91-132.90 - Ivi, p. 127 sgg.91 - Varga, Ungarn cit., pp. 340-46; Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 132-48.92 - Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 249-343; Varga, Ungarn cit., pp. 340-51.93 - Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 274-76.94 - Ivi, pp. 258, 274-98.95 - Ivi, pp. 375-414.96 - Ivi, pp. 141, 277-80; Judit Monlár, Gendarmes before the people's court, manoscritto di una conferenza tenuta durante il convegno “The Holocaust in Hungary 60 years later: A European perspective”, Budapest, 16-18 aprile 2004.97 - Citazione tratta da Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., p. 257.98 - Krisztián Ungváry, Die Schlacht um Budapest. Stalingrad an der Donau 1944/45, Herbig Verlag, München 1999, pp. 345-69; Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 367-74.99 - Varga, Ungarn cit., p. 351; Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 409-14.100 Hilberg, Destruction cit., vol. 2, p. 766.101 - Ivi, vol. 2, pp. 766-94; Eva Schmidt-Hartmann, Tschechoslowakei, in Dimension des Völkermords cit., pp. 353-79 (pp. 368-74); Yehoshua Büchler, The Deportation of Slovakian Jews to the Lublin Distrikt of Poland in 1942, in “Holocaust and Genocide Studies”, vol. 6, Oxford University Press, Oxford 1991, n. 2, pp. 151-66.102 - SchmidtHartmann, Tschechoslovakei cit., p. 374.103 - Hilberg, Destruction cit., vol. 2, pp. 776-79.104 Jozo Tomasevich, War and Revolution in Yugoslavia, 1941-1945. Occupation and Collaboration, Stanford University Press, Stanford 2001, pp. 580-608.105 - Ivi, pp. 30-38, 233-379.106 - Ivi, pp. 592-608; Holm Sundhausen, Jugoslawien, in Dimension des Völkermords cit., pp. 311-30.107 Tomasevich, War and Revolution cit., pp. 594-597; Sundhausen, Jugoslawien cit., pp. 321-326.108 - Tomasevich, War and Revolution cit., pp. 218, 380-409, 738. In Bosnia-Erzegovina morirono 209.000 serbi, mentre in Croazia 125.000 tra montenegrini e serbi, con questi ultimi in netta maggioranza. Ivi, p. 738; cfr. anche Ladislaus Hory, Martin Broszat, Der kroatische UstaschaStaat, Schriftenreihe Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte nr. 8, Deutsche Verlags-Anstalt, Stuttgart 1964, pp. 93-106.109 - Tomasevich, War and Revolution cit., pp. 718-50.110 - Serge Klarsfeld, Vichy-Auschwitz. Die Zusammenarbeit der deutschen und französischen Behörden bei der ``Endlösung der Judenfrage'' in Frankreich, Delphie Politik, Nördlingen 1989, p. 320 [tit. orig. Vichy-Auschwitz: le rôle de Vichy dans la solution finale de la question juive en France, Fayard, Paris 1983-1985]111 - Prima del 17 luglio 1942, più precisamente tra il 27 marzo e la fine di giugno 1942, dalla Francia furono allestiti cinque convogli con 5149 deportati destinati ad Auschwitz; essi furono opera dei tedeschi e non rientravano nell'accordo successivo. Cfr. Juline Wetzel, Frankreich und Belgien, in Dimension des Völkermords cit., pp. 105-33 (pp. 119, 132).112 - Michael R. Marrus, Robert O. Paxton, Vichy France and the Jews, Stanford University Press, Stanford 1995, pp. 250-60, 343.113 - Klarsfeld, Vichy-Auschwitz cit., p. 320.114 - Ivi, pp. 135-60, 297-316; Marrus, Paxton, Vichy France and the Jews cit., pp. 258-60.115 - In Danimarca, terra in cui i tedeschi condussero una politica di occupazione relativamente moderata, vivevano circa 10.500 ebrei (di cui 4500 profughi): la maggioranza riuscì a salvarsi dalle deportazioni programmate scappando in Svezia o dandosi alla clandestinità; gli ebrei caduti in mano ai tedeschi furono poco meno di 500, e di questi 100 persero la vita. Cfr. Hermann Weiß, Dänemark, in Dimension des Völkermords cit., pp. 167-85; Hilberg, Destruction cit., pp. 586-96. La Finlandia, alleata nella guerra contro l'Unione Sovietica, si rifiutò di consegnare i cittadini finlandesi di origine ebrea.116 Hans-Joachim Hoppe, Bulgarien, in Dimension des Völkermords cit., pp. 275-310; Tomasevich, War and Revolution cit., p. 589 sgg.; Hilberg, Destruction cit., pp. 794-811; Hagen Fleischer, Griechenland, in Dimension des Völkermords cit., p. 255 sgg.117 - Gerhard Hirschfeld, Niederlande, in Dimension des Völkermords cit., pp. 137-65; Hilberg, Destruction cit., pp. 598629.118 - Hilberg, Destruction cit., pp. 631-41; Wetzel, Frankreich und Belgien cit., pp. 12931.119 - Oskar Mendelshon, Norwegen, in Dimension des Völkermords cit., pp. 187-97.120 Gerhard Grimm, Albanien, ivi, pp. 229-39.121 - Liliana Picciotto Fargion, Italien, in Dimension des Völkermords cit., pp. 199-217; Hilberg, Destruction cit., pp. 702-722.122 - Schmidt-Hartmann, Tschechoslowakei cit., pp. 358-68.123 - Fleischer, Griechenland cit., pp. 241-74.124 L'antisemitismo razzista ricopriva, nell'ideologia nazionalsocialista, un ruolo centrale e mirò, sin dall'inizio, alla totale “rimozione” [Entfernung ], e quindi allo sterminio [Eliminierung ], degli ebrei. Da qui il concetto di antisemitismo eliminazionista [eliminatorischer Antisemitismus ], termine che ritengo coniato da Daniel Goldhagen e divenuto di largo utilizzo; Daniel Jonah Goldhagen, Hitler's Willing Executioners. Ordinary Germans and the Holocaust, Alfred A. Knopf, New York 1996 [trad. it. I volonterosi carnefici di Hitler: i tedeschi comuni e l'Olocausto, Mondadori, Milano 2000].125 - In Occidente Oradur e Lidice sono simboli, fortemente radicati nella memoria collettiva, dei crimini nazisti contro la popolazione civile non ebrea. Essi, tuttavia, rappresentarono un'eccezione e non la norma della politica di occupazione tedesca in Francia e nei territori cechi. In Bielorussia e in Polonia, al contrario, vi sono migliaia di luoghi simili e le “azioni” che vennero condotte in questi territori rappresentavano eventi quotidiani nella Bielorussia o nella Polonia occupate. Perfino la capitale della Polonia fu distrutta in questo modo, mentre i suoi abitanti vennero uccisi, deportati o espulsi. Già a prima vista si nota che il numero delle vittime (tra la popolazione civile autoctona), circa 700.000 persone, oltrepassa di gran lunga il numero di tutte le vittime francesi (civili) della Seconda guerra mondiale.126 - Christoph Dieckmann, Deutsche und litauische Interessen. Grundlinien der Besatzungspolitik in Litauen 1941 bis 1944, in Holocaust in Litauen, pp. 63-76, citazione p. 64.127 - Ad esempio, un'autrice tedesca scrive che gli ebrei deportati dai territori cechi erano morti “nei campi di lavoro della Polonia occidentale” (SchmidtHartmann, Tschechoslowakei, in Dimension des Völkermords cit., p. 362). Nella stampa tedesca (“Spiegel”, “Stern”, “Bild” e anche nella Deutsche Presse Agentur, cioè l'agenzia stampa tedesca) si leggono spesso le espressioni polnische Lager (campi polacchi) o addirittura polnische Todeslager (campi di sterminio polacchi), a voler indicare i campi di concentramento e di sterminio tedeschi situati nella Polonia occupata. Cfr. Klamstwo, quotidiano polacco “Rzeczpospolita”, 22 ottobre 2004; Trzeba scigać autorów tekstów o “polskich obazach śmierci”, “Rzeczpospolita”, 25 gennaio 2005. Tuttavia non sono solo i media tedeschi a non essere immuni da tali confusioni. Il 13 gennaio 2005 il quotidiano italiano “Il Corriere della Sera”, ad esempio, definiva il campo di sterminio di Auschwitz come un “campo polacco” o un “lager polacco”. In seguito a quelle espressioni l'ambasciata polacca pretese una rettifica. Cfr. Falzowanie historii, in “Rzeczpospolita”, 21 gennaio 2005.128 - A titolo di esempio, Klaus-Peter Friedrich definisce Odilo Globocnik, il responsabile del massacro di circa 2.000.000 di ebrei polacchi, e Dieter Wisliceny, il più stretto collaboratore di Adolf Eichmann, come “nazisti di origini slave” [Nationalsozialisten slavischer Abstammung ], “slavizzando”, per così dire, due dei più grandi criminali austro-tedeschi. Klaus-Peter Friedrich, Juden in Polen während der Schoah. Zu polnischen und deutschen Neuerscheinungen, in “Zeitschrift für Ostmitteleuropa-Forschung” 47, Verlag Herder-Institut, Marburg 1998 H. 2, pp. 231-74 (p. 235).