I persecutori non tedeschi nell`Europa centrale e orientale

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I persecutori non tedeschi nell'Europa centrale e orientale
0002000070 L'annientamento degli ebrei d'Europa durante la Seconda guerra mondiale fu un atto
collettivo e caratterizzato da una precisa divisione dei ruoli, un atto che vide la partecipazione di
numerose istituzioni e di migliaia di autori. La maggioranza delle istituzioni e gran parte degli
autori coinvolti furono tedeschi. Fu il governo tedesco di allora a decidere di perpetrare questo
sterminio di massa, a fissare il momento, la forma e il modo in cui organizzare ed eseguire il
crimine. In ciò ricorse in primo luogo a istituzioni tedesche e a personale tedesco. Questo tema è già
stato affrontato in ricerche relativamente esaustive. All'Olocausto parteciparono, tuttavia, anche
molte istituzioni non tedesche, e perfino governi e migliaia di autori stranieri. Per decenni le
ricerche a livello internazionale hanno trascurato il problema degli autori e dei collaboratori non
tedeschi che parteciparono all'annientamento degli ebrei. Il primo a occuparsene approfonditamente
fu Raul Hilberg, il padre degli studi storici sull'Olocausto, nel suo libro Perpetrators, Victims,
Bystanders, pubblicato in America nel 19921. L'opera di Hilberg ha aperto la strada a una serie
sempre più numerosa di contributi e lavori sull'argomento, incentrati sulla questione degli autori e
dei complici dell'Olocausto provenienti dall'Europa orientale2. La presente trattazione si basa
proprio su queste recenti pubblicazioni, e si occuperà in primo luogo di coloro che furono coinvolti,
come autori diretti, nello sterminio degli ebrei europei3.
Dal punto di vista geografico, il fulcro di questa indagine è l'Europa centrorientale: proprio in
queste regioni, prima del 1939, viveva la maggior parte degli ebrei del vecchio continente, con più
di 3 milioni nella sola Polonia. E fu proprio in Polonia che la maggior parte delle vittime
dell'Olocausto trovò la morte. Nell'ambito di questo discorso è importante tenere in considerazione
che, durante la Seconda guerra mondiale, la popolazione dell'Est europeo (a differenza dell'Europa
occidentale e meridionale) conobbe ben due regimi criminali: quello tedesco (dal 1941 al 1944-45)
e quello sovietico (1939-41, e successivamente al 1944-45)4. È indiscusso ormai che il regime di
terrore sovietico in quelle regioni influenzò l'atteggiamento degli abitanti nei confronti dei
conquistatori tedeschi, che invadevano quei luoghi nell'estate 1941. L'ingresso delle truppe tedesche
fu spesso salutato come una vera e propria liberazione dal giogo sovietico. L'esperienza traumatica
del regime terroristico sovietico non coinvolse le altre regioni europee e, ancora oggi, questo fatto
non viene debitamente considerato da molti degli autori occidentali. All'occupazione sovietica di
queste regioni dell'Europa orientale, nell'autunno del 1939 e nell'estate 1941, seguì la loro brutale
sovietizzazione. I nuovi dominatori applicarono nelle regioni occupate una strategia del terrore
senza precedenti. Allo scopo di consolidare il loro proprio potere, essi strumentalizzarono le
tensioni etniche e sociali preesistenti. Considerando la sua durata temporale relativamente breve,
nelle terre annesse l'occupazione sovietica ebbe conseguenze devastanti: migliaia di persone furono
deportate, imprigionate e assassinate. Le vittime furono polacchi, ucraini, lituani, lettoni, estoni,
bielorussi e rumeni. La logica conseguenza di ciò fu la paura e l'odio nei confronti degli invasori
sovietici e dei loro collaboratori5.
Intanto, tuttavia, le vecchie tensioni si acuirono e affiorarono nuovi focolai di conflitto tra le singole
componenti della popolazione e, in un simile contesto, la popolazione ebraica finì in una situazione
estremamente precaria. Da una parte le loro élite vennero perseguitate, perché considerate antisovietiche. Molti ebrei, inoltre, tentarono, sia in modo attivo sia passivo, di opporre resistenza al
processo di sovietizzazione6. Dall'altra parte il sistema sovietico offriva nuove prospettive a molti
ebrei. Il dominio sovietico forniva, soprattutto ai giovani, opportunità di ascesa sociale. Negli altri
strati della popolazione questo fatto suscitava invidia e desiderio di vendetta. Ai tradizionali
pregiudizi antisemiti si accompagnò l'immagine degli ebrei come presunti sfruttatori della
sovietizzazione e complici degli invasori sovietici7. Da parte tedesca si era a conoscenza del
marcato umore antisovietico e antiebraico diffuso nelle regioni occupate e se ne tenne conto per la
preparazione della guerra. Tra gli ordini che le Einsatzgruppen [unità operative mobili] ricevettero
prima dell'attacco all'Unione Sovietica, vi fu quello di organizzare “senza lasciar traccia” [spurenlos
] con forze locali pogrom antiebraici come “azioni di autopulizia” [Selbstreinigungsaktionen ]. Il 29
giugno 1941 Heydrich ricordò a tutti i comandanti delle Einsatzgruppen gli ordini già impartiti
prima dell'aggressione all'Unione Sovietica:
Facendo riferimento alle istruzioni da me già impartite il 17.IV [1941] a Berlino, ricordo che: 1) le
azioni di autopulizia portate avanti dai gruppi anticomunisti e antiebraici nelle terre da occupare non
vanno ostacolate in alcun modo. Esse, al contrario, andranno, tuttavia in modo tale da non lasciare
traccia, incitate e intensificate, e, se necessario, avviate nei giusti binari senza che i “gruppi di
autodifesa” locali possano successivamente appellarsi a disposizioni o a garanzie politiche
esistenti8.
0002000070 ‣ Gli stati baltici: Lituania, Lettonia ed Estonia . Lituania. Nella regione dell'odierna
Lituania vivevano, subito dopo l'invasione da parte delle truppe tedesche, circa 250.000 ebrei: la
quasi totalità, fatta eccezione per poche migliaia di superstiti, fu sterminata durante l'occupazione9.
La persecuzione e lo sterminio degli ebrei nella Lituania occupata dai nazisti può essere suddivisa
in tre fasi: 1) dalla fine di giugno a novembre 1941: i mesi delle uccisioni di massa, in cui più di
136.000 ebrei lituani persero la vita. Intanto gli ebrei sopravvissuti venivano ghettizzati e privati di
diritti e possedimenti; 2) dal dicembre 1941 al luglio 1943: lo sterminio rallenta sensibilmente. Gli
ebrei ancora in vita, circa 35.000, furono concentrati in tre ghetti (Kaunas, Vilnius e ëiauliai), e
costretti ai lavori forzati per contribuire all'economia di guerra tedesca; 3) dall'agosto 1943 al luglio
1944: eliminazione degli ebrei superstiti, in gran parte deportati e uccisi nei campi di sterminio. I
rimanenti furono fucilati sul posto. Solo pochi riuscirono a fuggire e alcune migliaia furono
deportate in Germania, dove riuscirono a sopravvivere fino alla fine della guerra10. In tutte e tre le
fasi dello sterminio, i lituani svolsero un ruolo importantissimo come autori e complici, anche se il
contributo decisivo fu quello degli occupanti tedeschi.
In Lituania lo sterminio degli ebrei iniziò, dal punto di vista dei conquistatori tedeschi, in modo
“molto promettente”, poiché il piano ideato da Heydrich di provocare “azioni di autopulizia”
sembrò funzionare. Con l'ingresso delle truppe tedesche nello stato baltico, partigiani lituani si
volsero contro gli occupanti sovietici e i loro collaboratori. Il Brigadeführer SS dottor Walter
Stahlecker, comandante della Einsatzgruppe A, e i suoi collaboratori riuscirono a canalizzare presto
i sentimenti di odio e di vendetta, accumulatisi nel tempo, principalmente contro gli ebrei lituani11.
Fu così che, nei primi giorni di occupazione tedesca, vi furono numerosi pogrom e massacri di
ebrei. I partigiani lituani massacrarono e giustiziarono circa 5000 ebrei, prima ancora che le forze di
sicurezza tedesche assumessero il comando delle operazioni di sterminio12. Dopo pochi giorni, su
pressione della Wehrmacht, i gruppi partigiani furono disarmati e sciolti, ponendo così fine alle
“azioni di autopulizia”. La polizia di sicurezza tedesca, tuttavia, costituì un battaglione di polizia
ausiliaria composto da partigiani. Denominato in un primo momento “battaglione TDA”, il 4 luglio
esso contava 724 unità. Presto, però, 117 uomini furono congedati e alcuni disertarono, non essendo
evidentemente disposti a partecipare agli eccidi di massa. In effetti i compiti del battaglione non si
limitavano alla sorveglianza di obiettivi di importanza militare, ma si estendevano anche al supporto
delle unità di sterminio tedesche [Killerkommandos ] nella loro azione di eliminazione degli ebrei
lituani. Nell'ottobre 1941 il battaglione era composto da dieci ufficiali e 334 reclute13.
La maggior parte delle stragi di ebrei compiute nel 1941 al di fuori delle città di Kaunas e Vilnius
(Paneriai) fu eseguita dal “commando d'assalto” [Rollkommando ] Hamann. Questo commando era
composto da 8 a 10 componenti dell'Einsatzkommando 3 e da parecchie decine di appartenenti al
battaglione TDA lituano, anche se la sua composizione variava secondo le necessità. Il battaglione
era guidato dall'Obersturmführer SS Joachim Hamann, capo plotone dell'Einsatzkommando 3 14. Il
commando d'assalto Hamann era un commando mobile di sterminio con l'incarico di eliminare gli
ebrei lituani nelle campagne: nel compiere le esecuzioni esso seguiva un metodo ben preciso. Dopo
aver deciso di quale area dovevano essere gli ebrei da eliminare, Hamann, o un componente
dell'Einsatzkommando 3, si metteva in contatto con la locale polizia, lituana o tedesca, che aveva il
compito di provvedere in loco ai preparativi per le esecuzioni. Essa riceveva l'ordine di registrare e
concentrare le vittime, di scegliere il luogo per l'esecuzione, di far scavare le fosse e infine di
raccogliere ausiliari che sorvegliassero e isolassero il luogo prescelto. Terminati tutti questi
preparativi, entrava in azione il commando d'assalto. Forze locali, per lo più poliziotti lituani,
conducevano le vittime al luogo fissato per l'esecuzione, che veniva isolato. Delle fucilazioni si
incaricavano i componenti del commando d'assalto. Dopo il massacro si ricolmavano di terra le
fosse e sia il commando d'assalto sia le forze locali si ritiravano. In questo modo il commando
d'assalto eseguiva fino a cinque fucilazioni di massa alla settimana15.
All'inizio di ottobre del 1941, quando nelle campagne non vi furono praticamente più ebrei, il
commando d'assalto Hamann fu sciolto. Nell'arco di tre mesi esso aveva eliminato circa 60.000
ebrei, 77.000 secondo lo stesso Hamann16. Inoltre, a partire dal luglio 1941, i componenti del
battaglione TDA parteciparono costantemente a massacri di ebrei compiuti nella città di Kaunas. Il
2 agosto 1941, ad esempio, alcuni membri del battaglione prelevarono dalle carceri 209 persone,
171 uomini ebrei, 34 donne ebree e 4 comunisti lituani, e li condussero nel luogo della fucilazione,
al fortino IV. Ad attenderli vi erano dieci tedeschi. Fu scavata una fossa e le vittime furono fucilate
dai tedeschi e dai membri del battaglione. Il 29 ottobre 1941 il battaglione prese parte all'eccidio di
9200 ebrei del ghetto di Kaunas. Complessivamente, dal 7 luglio all'11 dicembre 1941, utilizzando i
fortini intorno a Kaunas come basi per le esecuzioni, i componenti del battaglione TDA
parteciparono all'uccisione di circa 26.000 ebrei. In seguito il battaglione TDA, ormai ribattezzato
con il nome di 1° (o 13°) battaglione, non venne più impiegato per le uccisioni di ebrei17.
Oltre al battaglione TDA, gli invasori tedeschi impiegarono negli eccidi di massa degli ebrei
almeno altri nove battaglioni di polizia lituana, anche al di fuori della Lituania. Fino all'ottobre
1941, i tedeschi costituirono cinque battaglioni di polizia lituani (oltre al battaglione TDA), in cui
furono arruolati 3470 lituani. Nel 1942 se ne costituirono degli altri. Nel settembre 1942, nelle unità
di polizia, erano impiegati complessivamente 7917 lituani18. Il 2° battaglione fu distaccato dai
superiori tedeschi, nell'ottobre 1941, a Minsk, in Bielorussia, da dove si mosse per diverse
operazioni. Si calcola che, nell'autunno 1941, il 2° battaglione affiancò in Bielorussia i tedeschi
nell'eliminazione di 46.000 persone. Tra queste vi erano circa 9000 prigionieri di guerra sovietici,
ma la maggior parte delle vittime era tuttavia costituita da ebrei bielorussi. Il 4° battaglione lituano
(che diventò il 7° a partire da febbraio) giunse, nell'aprile 1942, nella zona di Vinnica, dove, in
piccoli gruppi, si occupò della sorveglianza dei prigionieri di guerra sovietici. Nel 1942 il primo
plotone della quarta compagnia venne impiegato ripetutamente dai tedeschi negli eccidi di ebrei.
Insieme a poliziotti tedeschi e ucraini, i suoi componenti uccisero circa 300 uomini, donne e
bambini ebrei19. Il 1° battaglione di polizia lituano di Vilnius fu impiegato dai tedeschi, nell'agosto
1941, nella ghettizzazione degli ebrei di Vilnius e dintorni. Nella primavera del 1943 i suoi
componenti presero parte all'eliminazione di ebrei provenienti dal ghetto di Vilnius e dai campi di
lavoro della Lituania orientale. Tra la primavera e l'estate del 1943 il battaglione sorvegliò i campi
di lavoro del ghetto di Vilnius, i cui abitanti ebrei furono successivamente sterminati da tedeschi. In
tale occasione i sorveglianti lituani supportarono gli autori tedeschi dell'eccidio, trasportando le
vittime nei luoghi di esecuzione. Anche il 2° battaglione di polizia lituano di Vilnius partecipò, nel
1941, alle fucilazioni di massa degli ebrei di Vilnius. Nel novembre 1941 i tedeschi trasferirono il
battaglione a Lublino, incaricandolo della sorveglianza esterna del campo di concentramento di
Majdanek. Nel novembre 1942 il battaglione tornò in Lituania e venne impiegato nella “lotta ai
partigiani”. A Lublino i suoi compiti furono assunti dal 252° battaglione di polizia lituano20.
Una particolare formazione lituana che ugualmente ebbe la sua parte nella persecuzione degli ebrei
fu la polizia di pubblica sicurezza [Sicherheitspolizei ] di Vilnius, costituita alla fine di giugno del
1941 dall'Einsatzkommando 3. Nell'autunno 1941, nella polizia di pubblica sicurezza lituana erano
impiegati 130 uomini, subordinati direttamente alla polizia di pubblica sicurezza tedesca e al SD
[Sicherheitsdienst, servizio di sicurezza]. I lituani impiegati nella polizia di pubblica sicurezza
arrestavano gli ebrei sospetti e altri “elementi ostili ai tedeschi”, li interrogavano e procedevano
anche alla loro condanna. Spesso consegnavano gli arrestati a un commando di sterminio per la
fucilazione. Il numero delle vittime ammonta a centinaia, se non a migliaia. Successivamente i
poliziotti di pubblica sicurezza lituani parteciparono alla lotta contro i clandestini polacchi e contro i
partigiani sovietici21. Oltre ai battaglioni di polizia e al SD lituano, parteciparono alla persecuzione
e allo sterminio degli ebrei anche poliziotti lituani locali che prestavano servizio di pattuglia
[Einzeldienst ] in campagna e nelle città, e i membri dell'amministrazione autonoma lituana. Nel
settembre 1942, in Lituania c'erano 8757 poliziotti ausiliari locali e 20.000 dipendenti lituani
nell'amministrazione civile tedesca. Essi attuavano le disposizioni e i regolamenti antiebraici
tedeschi, volti a marchiare gli ebrei (contrassegnandoli con un marchio), concentrarli nei ghetti,
confiscare le loro proprietà e sfruttare la loro forza lavoro. Essi erano spesso direttamente coinvolti
nel massacro degli ebrei, soprattutto nelle campagne. Catturavano e concentravano gli ebrei in
luoghi di raccolta oppure collaboravano a tali operazioni, facevano scavare le fosse. Infine, uffici
locali provvedevano alla confisca delle proprietà delle vittime per conto del Reich tedesco22. Senza
l'appoggio attivo e l'opera dei complici lituani, l'Olocausto, nel piccolo stato baltico, non avrebbe
certamente avuto le stesse dimensioni e la stessa rapidità.
Lettonia | Lo sterminio degli ebrei in Lettonia si svolse in maniera analoga a quello lituano. Nel
1939 gli ebrei residenti in Lettonia erano 86.000, ma si ridussero a 70.000 entro il luglio 1941.
Alcuni ebrei erano, nel frattempo, emigrati, parecchie migliaia erano cadute vittime del terrore
sovietico, mentre altri erano fuggiti insieme ai sovietici dopo il 22 giugno 1941. Degli ebrei rimasti
soltanto pochi sopravvissero oltre la fine del 1941: quasi tutti furono uccisi nel giro di pochi mesi23.
Anche questo sterminio fu organizzato, regolato ed eseguito dagli occupanti tedeschi, soprattutto
dall'Einsatzgruppe A, che proprio nei paesi baltici aveva il suo territorio operativo. L'Einsatzgruppe
A, con i suoi 990 componenti, tuttavia, non avrebbe potuto portare a termine lo sterminio in un lasso
di tempo tanto breve senza la collaborazione di complici locali. Effettivamente, nella persecuzione e
nell'eliminazione degli ebrei in Lettonia, a eccezione del potere decisionale detenuto costantemente
dagli occupanti tedeschi, non vi fu ambito d'azione in cui i lettoni non ebbero a partecipare come
autori attivi dello sterminio.
Tuttavia, gli inizi dello sterminio degli ebrei in Lettonia non furono, dal punto di vista tedesco,
“molto promettenti”, data la relativa scarsità di pogrom “spontanei” antiebraici24. Nel gennaio 1942
il Brigadeführer SS, dottor Walter Stahlecker, riportava ai suoi superiori a Berlino:
Dopo il terrore imposto dal dominio giudaico-bolscevista [...] ci si sarebbe aspettati un pogrom
generale da parte della popolazione. In realtà, tuttavia, le forze locali hanno eliminato
spontaneamente soltanto alcune migliaia di ebrei. In Lettonia fu necessario intraprendere vaste
operazioni di pulizia per mezzo di Sonderkommandos [unità speciali] coadiuvati da forze scelte
della polizia ausiliaria lettone (per lo più parenti di lettoni deportati o uccisi)25.
Dopo l'occupazione militare della Lettonia, gli invasori tedeschi si misero subito al lavoro per
creare strutture di occupazione in cui i lettoni ricoprissero funzioni importanti in tutti i settori
(amministrazione, economia e polizia). Ciononostante la possibilità di una Lettonia indipendente
non venne mai presa in considerazione dai tedeschi, sebbene molti dei collaborazionisti lettoni ne
nutrissero la speranza. Tra le prime misure intraprese dai nuovi dominatori vi fu la formazione di
squadre di polizia e corpi simili, composti da lettoni. Queste squadre ricevettero il compito di
ripulire la Lettonia da elementi “antitedeschi” e di “pacificare” la regione, una pacificazione
naturalmente intesa nell'ottica tedesca. In primo luogo la questione riguardava comunisti e loro
sostenitori, partigiani sovietici, soldati dell'Armata Rossa allo sbando, e gli ebrei nella loro totalità.
Tra queste formazioni la più tristemente famosa fu il cosiddetto commando Ara°js, i cui componenti
assassinarono quasi la metà degli ebrei lettoni. L'1 o il 2 luglio 1941 Walther Stahlecker trasformò
un gruppo di partigiani lettoni di diverse centinaia di uomini, che aveva combattuto contro i
sovietici in ritirata, in un commando di polizia ausiliaria. A capo della squadra egli nominò Viktors
Ara°js26, l'uomo dalla cui iniziativa era nato il commando stesso27. La prima fucilazione di massa a
cui prese parte il commando Ara°js avvenne il 6 o il 7 luglio 1941 nel bosco di Bikernieki
(Kaiserwald), presso Riga. Successivamente vi furono altre fucilazioni, che si protrassero fino a
ottobre del 1941. Gli uomini di Ara°js, complessivamente, fucilarono a Bikernieki circa 4000 ebrei
e 1000 comunisti, sempre coordinati e sorvegliati dai tedeschi, che spesso parteciparono
direttamente alle fucilazioni. Nella primavera del 1942 gli uomini di Ara°js uccisero di nuovo nel
bosco di Bikernieki; a morire, stavolta, non furono ebrei lettoni, ma ebrei tedeschi, circa 20.000 dei
quali erano stati deportati a Riga. Molte migliaia di essi furono assassinati a Bikernieki28. Gli
uomini di Ara°js ebbero, nell'estate 1941, anche l'ordine di sterminare gli ebrei nelle campagne che
erano fino ad allora in gran parte “sfuggiti” all'Einsatzgruppe A. In alcune località scarsamente
popolate da ebrei, i componenti dell'Einsatzgruppe uccidevano prevalentemente di propria
iniziativa. Nella maggioranza dei casi si trattava tuttavia di operazioni omicide basate su una precisa
divisione dei compiti, che procedevano nel seguente modo: la polizia lettone locale registrava e
arrestava gli ebrei, li concentrava in un luogo prestabilito e poi trasportava le vittime nel luogo di
esecuzione, da essi stessi predisposto. Il commando di sterminio, composto dagli uomini di Ara°js,
arrivava sul luogo dell'esecuzione nel momento convenuto telefonicamente, fucilava le vittime e
spesso ripartiva subito per l'azione successiva. Dei circa 21.000 ebrei che vivevano nelle campagne,
gli uomini di Ara°js ne fucilarono circa 15.000. Il 15 settembre 1941 gli uffici tedeschi
comunicarono che nelle campagne la questione ebraica era stata “risolta” grazie alla polizia
ausiliaria lettone29.
Nell'ottobre 1941, in Lettonia, rimanevano ancora ebrei in tre città: Riga, Liepa°ja e Daugavpils.
Essi erano registrati, individuati attraverso un contrassegno e concentrati in ghetti, carceri e
“accasermamenti”, tutti sorvegliati da poliziotti lettoni. Entro la fine del 1941 anche questi ebrei
furono eliminati. Anche in questo caso il commando di Ara°js svolse un ruolo di spicco. Gli uomini
del commando, tra il 7 e il 9 novembre 1942, fucilarono svariate migliaia di ebrei a Daugavpils. I
membri del commando parteciparono anche allo sterminio degli ebrei di Riga, pur non prendendo
parte alla fucilazione: essi radunarono le vittime ebraiche e predisposero gli sbarramenti nel luogo
approntato per l'esecuzione, a Rumbula30. Il commando di Ara°js fu costituito dagli occupanti
tedeschi attraverso il reclutamento di volontari, per poi essere impiegato come commando di
sterminio nella fucilazione degli ebrei, ma anche di comunisti, malati di mente e zingari. Nel 1941
la squadra contava circa 300 unità. A partire dalla metà del 1942, i compiti principali del
commando, che intanto si era ingrandito fino ad annoverare tra le sue fila 1200 uomini, cambiarono.
Ora il commando partecipava prevalentemente alle azioni dei tedeschi, dirette espressamente contro
i partigiani sovietici. In realtà queste azioni, specialmente in Bielorussia, erano rivolte soprattutto
contro la popolazione civile, sospettata di appoggiare i partigiani. Molte centinaia di migliaia di
persone, uomini, donne e bambini, furono assassinate o deportate durante le azioni, che devastarono
intere regioni. A partire dalla metà del 1944, dopo che l'Armata Rossa ebbe cacciato i tedeschi
dall'Europa orientale, per il commando di Ara°js non c'era più ragione d'impiego e pertanto esso fu
sciolto31.
Anche i rimanenti gruppi di polizia ausiliaria lettone, che gli occupanti tedeschi avevano costituito a
partire dall'estate del 1941, furono più volte impiegati nella persecuzione e nello sterminio degli
ebrei. A questo proposito va operata una distinzione tra i poliziotti ausiliari lettoni (circa 5000), che
prestavano servizio di pattuglia [Einzeldienst ] nelle città e nelle campagne, e i battaglioni di
polizia. Nel 1941, in Lettonia, furono costituiti cinque battaglioni di polizia e altri venti entro
l'estate 1943. Il numero degli uomini in essi impiegati crebbe dai 1200 dell'ottobre 1941 ai 9170
dell'estate 1943, fino ai 12.186 dell'anno seguente. Nei primi mesi gli occupanti tedeschi
reclutarono soltanto volontari; all'inizio del 1942 introdussero il reclutamento coatto32.
I battaglioni di polizia lettone combattevano tra l'altro sul fronte di Leningrado e contro i partigiani
sovietici in Bielorussia. Essi furono anche ugualmente impiegati nella persecuzione degli ebrei. Il
20° battaglione di polizia sorvegliò il ghetto di Riga, il 22° battaglione, nell'estate del 1942, si
occupò del ghetto di Varsavia. Soprattutto però i tedeschi impiegarono i battaglioni di polizia
lettone nella “lotta alle bande”. Nell'adempiere tale missione i poliziotti dei battaglioni
parteciparono a numerosi crimini ai danni della popolazione civile33.
Anche l'amministrazione autonoma lettone e la polizia ausiliaria locale erano parimenti coinvolte
nella persecuzione e nello sterminio degli ebrei. Esse avevano tra l'altro il compito di attuare
localmente i provvedimenti antiebraici tedeschi, tra i quali la ghettizzazione, il lavoro coatto e le
espropriazioni. Dei poliziotti lettoni di Riga, circa 500 furono impiegati nei due grandi massacri di
Rumbula, il 30 novembre e l'8 dicembre 1941. Essi isolarono la via che collegava il ghetto con il
luogo dell'esecuzione e sorvegliarono le vittime durante il trasferimento. Anche in altre città e nelle
campagne i poliziotti ausiliari parteciparono ad azioni analoghe. Gli uomini della polizia ausiliaria
locale contribuirono con un importante lavoro preparatorio alle fucilazioni di massa del 1941 nelle
campagne. Essi radunavano le vittime ebree, le sorvegliavano e le conducevano nel luogo stabilito
per la fucilazione. Le esecuzioni stesse venivano eseguite da unità di sterminio ora tedesche, ora
lettoni, ora miste34.
Estonia | Le proporzioni della partecipazione estone all'Olocausto furono relativamente ridotte in
confronto agli altri stati baltici: infatti all'inizio della campagna militare nazista in Europa orientale,
in Estonia vivevano appena 4500 ebrei circa. La maggior parte di essi riuscì a sfuggire alle truppe
tedesche, dal momento che l'Estonia fu occupata soltanto nell'agosto 1941. A cadere in mano ai
tedeschi furono “soltanto” circa 1000 ebrei estoni. Non vi fu qui alcun pogrom antiebraico. Gli
occupanti tedeschi imposero però, subito dopo l'invasione, i regolamenti e divieti antiebraici dal
loro punto di vista “usuali”, quali l'obbligo di riconoscimento tramite contrassegno e la confisca
dell'intero patrimonio ebraico. L'amministrazione e la polizia estoni istituite dagli occupanti diedero
attuazione a queste disposizioni. Successivamente il corpo di “autodifesa” [Selbstschutz ] estone
iniziò, certamente su disposizione tedesca, ad arrestare ogni ebreo maschio sopra i sedici anni e
ogni ebrea atta al lavoro di età compresa tra i sedici e i sessant'anni. Le donne ebree arrestate furono
condotte ai lavori forzati, mentre gli uomini, a eccezione dei medici e dei capi anziani ebrei
[Judenältesten ], furono fucilati dalle squadre dell'“autodifesa” estone sotto la sorveglianza
dell'Einsatzkommando 1a. Nel corso dell'inverno 1941-42 furono eliminati i rimanenti ebrei,
compresi donne e bambini. Il 31 gennaio 1942 l'Einsatzgruppe A annunciava: “Oggi, in Estonia,
non ci sono più ebrei”35.
0002000070 ‣ Ucraina . Le truppe tedesche occuparono la Repubblica Sovietica di Ucraina
nell'estate del 1941 in modo relativamente lento rispetto agli altri territori occupati. Il 29 giugno
1941 esse invasero Leopoli, per arrivare a Kiev soltanto il 19 settembre e occupare l'intera Ucraina
nel mese di ottobre. Dei circa 41 milioni di abitanti, circa 32 milioni restarono in Ucraina fino
all'arrivo dei tedeschi. Dei rimanenti, alcuni furono evacuati, altri arruolati nell'Armata Rossa, altri
ancora fuggirono all'estero. Tra i profughi gli ebrei costituivano un gruppo abbastanza cospicuo;
soprattutto nei distretti più orientali più della metà di essi riuscì a fuggire36. Per gli invasori tedeschi
era da escludere la concessione di un'autonomia politica all'Ucraina, tanto più la sua indipendenza.
Essi architettarono piani a medio e lungo termine volti a germanizzare l'Ucraina, mentre a breve
termine mirarono a sfruttare spietatamente le risorse dell'ex regione sovietica a favore dell'economia
di guerra nazista37. Tali circostanze esclusero la possibilità di qualsiasi forma di collaborazione
politica in Ucraina. Ciononostante migliaia di ucraini erano al servizio degli invasori tedeschi, sia
come poliziotti ausiliari, sia nell'“amministrazione autonoma”, nel settore economico, sia in unità
militari costituite a partire dal 1943. E i tedeschi impiegarono queste forze anche nella persecuzione
e nello sterminio degli ebrei. Del milione e mezzo di ebrei che, in territorio ucraino, finirono in
mano a tedeschi e rumeni (circa 150.000 in Transnistria), ne sopravvisse soltanto un numero
esiguo38. Già dopo il ritiro delle truppe sovietiche nel giugno-luglio del 1941, in molte città e in
molte località dell'odierna Ucraina occidentale si ebbero sanguinosi pogrom e massacri: in essi
persero la vita migliaia di ebrei, ma anche un numero non indifferente di non ebrei. A scatenare i
pogrom fu spesso la scoperta di crimini sovietici. Tra le persecuzioni più sanguinose vi furono
quelle di Leopoli, Zloczew, Borislav e Tarnopol. Il numero delle vittime dei singoli pogrom
oscillava tra alcune decine e le migliaia, come nei casi di Leopoli e Tarnopol39. Dopo qualche
giorno i pogrom cessarono e i tedeschi diedero avvio a un'opera sistematica di persecuzione e di
sterminio degli ebrei ucraini, nella quale si avvalsero del supporto della polizia ausiliaria e
dell'amministrazione autonoma ucraine da loro istituite.
La prima tappa verso l'annientamento totale degli ebrei di Ucraina è costituito dall'eccidio di massa
di 23.600 ebrei a Kamenec-Podolski tra il 26 e il 28 agosto 1941, compiuto dalle forze di sicurezza
e di polizia tedesche. L'intera comunità fu cancellata nell'arco di tre giorni. Fino ad allora gli
Einsatzkommandos tedeschi in Ucraina avevano eliminato soprattutto ebrei maschi, in primo luogo
rappresentanti dell'“intellighenzia” ebraica, accusati spesso di attività filo-sovietiche o “soltanto” di
simpatie. A partire dalla fine di luglio i commando cominciarono a uccidere anche donne e bambini
ebrei, e l'eccidio di massa di Kamenec-Podolski rappresentò il momentaneo culmine di quest'ondata
di violenza, cui presto seguirono i massacri di Berdiccev e Zhytomyr, il 15 e il 19 settembre.
L'apice successivo fu l'eccidio, il 29-30 settembre a Babi-Yar, di oltre 33.000 ebrei di Kiev (uomini,
donne e bambini). In numerose città dell'Ucraina orientale ebbero luogo “azioni su larga scala”
dello stesso genere. Ma anche gli ebrei dell'Ucraina occidentale non furono risparmiati; circa 30.000
di essi furono fucilati tra il settembre e il novembre 194140. A partire dal settembre 1941, le autorità
tedesche cominciarono a istituire ghetti riservati agli ebrei. Dopo l'estate del 1941 sorsero anche
numerosi campi di lavoro: in essi i detenuti ebrei, ma anche i prigionieri di guerra sovietici,
dovevano eseguire lavori forzati, principalmente per la costruzione di strade. A partire dalla
primavera del 1942 i tedeschi passarono allo “sgombero” sistematico dei ghetti, cioè ad uccidere in
massa tutti gli ebrei in essi rinchiusi. Nell'Ucraina orientale ciò fu attuato localmente da plotoni di
esecuzione tedeschi; quanto alle regioni occidentali, a partire dal marzo 1942, i nazisti deportarono
migliaia di ebrei nel campo di sterminio di Bełżec, il resto delle vittime fu massacrato sul posto.
All'inizio del 1943, in territorio ucraino, del milione e mezzo di ebrei finito dopo il 22 giugno 1941
in mano tedesca e anche rumena ne restavano appena 200.000. Entro l'estate 1943 anche questi
furono eliminati, a eccezione di pochi superstiti41.
In tutte le fasi dello sterminio degli ebrei ucraini gli autori tedeschi degli eccidi si avvalsero della
collaborazione ucraina, una collaborazione in parte ottenuta con gli ordini, in parte imposta con la
forza, in parte volontaria. In primo luogo si trattava della polizia ausiliaria ucraina, istituita
immediatamente dopo l'invasione tedesca. I suoi membri avevano il compito di pattugliare
[Einzeldienst ] le campagne e le città, sotto il controllo dei tedeschi. In occasione degli eccidi di
massa del 1941 i compiti della polizia locale consistevano nel rastrellare le vittime, sorvegliarle e
condurle al luogo stabilito per la fucilazione. I plotoni di esecuzione erano composti, il più delle
volte, da tedeschi. In questo modo i poliziotti ausiliari ucraini parteciparono a tutte le fucilazioni di
massa del 1941, come quelle di Kamenec-Podolski, Babi-Yar, Sokal, Zhytomyr, Rovno, Krivoj Rog
e di Dnepropetrovsk. I poliziotti ausiliari partecipavano di tanto in tanto anche come tiratori nelle
fucilazioni degli ebrei presso le fosse. Il 6 settembre 1941, a Radomyscl, il Sonderkommando 4a
dell'Einsatzgruppe C fucilò 1107 ebrei adulti, i poliziotti ausiliari ucraini uccisero 561 bambini
ebrei; la polizia ausiliaria collaborò probabilmente a sparare anche a Mariupol e a Bulin, nei pressi
di Zhytomyr, nel settembre 1941. Occasionalmente la polizia ausiliaria ucraina eseguì
autonomamente azioni di fucilazione, naturalmente sempre su ordine tedesco, come ad esempio nel
distretto di Ccernihov. In quell'area poliziotti ausiliari, il 22 ottobre 1941, fucilarono ebrei a
Kozelec, a novembre a Radul e Sosnica e il 9 febbraio 1942 a Korop42.
Nella seconda fase dello sterminio degli ebrei, nell'ambito delle operazioni di “sgombero dei
ghetti”, nel 1942 e anche nel 1943, i poliziotti locali dovettero nuovamente prestare un'importante
opera di supporto. Le unità tedesche e la polizia ausiliaria locale sbarrarono innanzi tutto i ghetti.
Piccoli gruppi, composti da poliziotti tedeschi e ucraini, perquisivano sistematicamente le case,
portando fuori dalle loro abitazioni le vittime e facendole confluire in un luogo di raccolta. Coloro
che non erano in grado di correre (malati, o spesso bambini molto piccoli) o che tentavano la fuga,
venivano uccisi sul posto. Dal luogo di raccolta i poliziotti ausiliari conducevano le vittime al luogo
di esecuzione, isolavano la zona e sorvegliavano gli ebrei fino al momento della loro fucilazione.
Autori di tali fucilazioni erano i tedeschi; non di rado, tuttavia, anche i poliziotti ausiliari ucraini
collaboravano a sparare. Alcune azioni furono da essi eseguite anche senza la partecipazione diretta
dei tedeschi43.
Le deportazioni nel campo di sterminio di Bełżec, seguivano uno schema analogo, tranne che per le
fucilazioni. Gli autori tedeschi e ucraini di tali deportazioni, infatti, non conducevano le vittime dal
luogo di raccolta al luogo di fucilazione, ma alla stazione ferroviaria più vicina; là le caricavano in
vagoni bestiame e sorvegliavano il treno fino al suo ingresso nel campo di sterminio, dove le
vittime venivano eliminate nelle camere a gas44. Le operazioni di “sgombero dei ghetti”
degeneravano sempre in sanguinose carneficine, nelle quali venivano compiuti omicidi, saccheggi e
non di rado stupri. I pochi ebrei sopravvissuti raccontano che sarebbero stati proprio i poliziotti
ucraini a dimostrare particolare crudeltà. Dopo aver liquidato i ghetti, le autorità tedesche
ordinavano la caccia agli ebrei fuggitivi e nascosti. Anche in questo caso i poliziotti ausiliari locali
svolsero un ruolo importante. Essi riuscivano a scovare gli ebrei nascosti uccidendoli quindi sul
posto oppure consegnandoli alla polizia tedesca per la fucilazione. Di grande importanza erano le
informazioni ricevute dalla popolazione, che rivelava i nascondigli delle vittime45. Poco studiata è
invece la partecipazione allo sterminio ebraico dei battaglioni di polizia ucraina costituiti a partire
dal 1942. Si può tuttavia presumere che gli organi di occupazione tedeschi si servissero di tali corpi
nelle azioni omicide, soprattutto in Volinia-Podolia. I battaglioni di polizia ucraini erano comunque
dislocati prevalentemente in Bielorussia, dove erano impegnati nella lotta contro i partigiani
sovietici. In quella regione essi erano impiegati abbastanza spesso dalle forze di sicurezza tedesche,
anche nello sgombero dei ghetti e nelle fucilazioni di ebrei46. I membri delle amministrazioni
comunali ucraine ebbero un ruolo altrettanto importante nella persecuzione contro gli ebrei, pur
partecipando alla loro eliminazione “solo” indirettamente. Essi, infatti, dovevano tra l'altro
provvedere a che gli “usuali” regolamenti e provvedimenti antiebraici imposti dagli occupanti
tedeschi, quali le ghettizzazioni e le espropriazioni, venissero eseguiti a livello locale. È difficile
valutare quanti ucraini furono coinvolti direttamente nello sterminio tedesco degli ebrei; di sicuro
bisogna presumere parecchie decine di migliaia: tra le 30 e le 40mila persone47.
I cosiddetti uomini di Trawniki [Trawniki-Männer ] rappresentano un caso a sé. Si tratta di un'unità
che Odilo Globocnik, capo della polizia e delle SS nel distretto di Lublino, provvide a istituire nel
1941, scegliendo proprio la città di Trawniki, presso Lublino, come centro di addestramento. La
stragrande maggioranza dei suoi componenti veniva reclutata tra le file dei prigionieri di guerra
sovietici, e successivamente anche tra la popolazione civile, di diversa origine etnica. Tra gli uomini
di Trawniki vi erano persone di etnia tedesca, baltici, russi e ucraini, sebbene questi ultimi
costituissero il gruppo più numeroso. Il numero degli uomini di Trawniki ammontava nel 1943 a
circa 4000 unità. I loro superiori tedeschi ne fecero corpi di guardia per i campi di sterminio di
Bełżec, Sobibór e Treblinka. Gli uomini di Trawniki furono impiegati regolarmente anche negli
“sgomberi dei ghetti” nella Polonia centrale, il cosiddetto Governatorato generale. Nel 1943 essi
presero parte anche alla repressione della rivolta scoppiata nel ghetto di Varsavia. Non senza
motivo, essi vengono definiti come la “fanteria” della “Soluzione finale” nel Governatorato
generale48.
0002000070 ‣ Bielorussia . Entro gli odierni confini della Bielorussia vivevano, nel giugno 1941,
dai 650.000 ai 680.000 ebrei circa, il 6,5% della popolazione complessiva. Si può stimare che dai
150.000 ai 180.000 di essi dopo il 22 giugno 1941 furono evacuati o fuggirono a est per sfuggire
alle truppe tedesche. Gli ebrei rimanenti, circa mezzo milione, furono sterminati durante
l'occupazione tedesca49. L'eliminazione degli ebrei bielorussi iniziò subito con l'invasione delle
truppe tedesche che occuparono la Bielorussia in modo relativamente rapido. Nelle prime settimane
di guerra i commando di sterminio tedeschi dell'Einsatzgruppe B, i battaglioni di polizia e la
cavalleria delle SS uccisero prevalentemente ebrei maschi, rappresentanti della cosiddetta
“intellighenzia ebraica”. Ad agosto e settembre lo sterminio incluse anche le donne e i bambini
ebrei, e furono eliminate le prime comunità ebraiche più piccole, per un totale di 1000 vittime.
All'inizio di ottobre del 1941 ebbe inizio lo sterminio totale degli ebrei nei territori orientali della
Bielorussia. Neanche le regioni occidentali furono risparmiate: gli Einsatzkommandos decimarono
qui comunità ebraiche, senza tuttavia annientarle del tutto. La pianura bielorussa (la maggioranza
degli ebrei viveva nelle città) fu resa “libera da ebrei” [judenfrei ] entro la fine del 1941. Le vittime
vennero in parte uccise, in parte trasferite nei ghetti ricavati all'interno delle città. Nelle regioni
orientali della Bielorussia, che si trovavano sotto amministrazione militare, rimasero in vita fino
all'inizio del 1942 ancora circa 30.000 ebrei50.
A partire dall'estate 1941 gli ebrei ancora in vita furono privati dei loro diritti, espropriati,
concentrati nei ghetti e condotti ai lavori forzati. Ma anche il loro destino era segnato. Prima
dell'estate del 1942 gli squadroni di sterminio uccisero la maggior parte degli ebrei sopravvissuti
provenienti dai territori della Bielorussia orientale, posta sotto l'amministrazione militare tedesca.
Nella parte occidentale, sotto amministrazione civile, a partire dall'inizio del 1942, si ebbero stragi
analoghe. La grande ondata dello sterminio iniziò qui però “solo” nel maggio 1942. All'inizio del
1943 vivevano in Bielorussia ancora 30.000 ebrei ammassati in ghetti nelle città più grandi quali, ad
esempio, Minsk, Lida o Novogrodek. Entro la fine del 1943 anche questi ghetti vennero
“sgomberati”, cioè i loro occupanti furono uccisi direttamente sul posto nelle fosse di fucilazione
oppure deportati e uccisi nei campi di sterminio (principalmente a Treblinka, ma anche ad
Auschwitz). Si calcola che gli ebrei bielorussi caduti vittime dell'Olocausto siano stati almeno
500.000. A sopravvivere furono coloro che scapparono prima dell'invasione tedesca e le poche
migliaia di ebrei che riuscirono a nascondersi, più che altro nei boschi, come partigiani o presso
reparti di partigiani51. Gli artefici di questo sterminio furono gli invasori tedeschi che presero la
decisione del massacro, lo organizzarono e lo portarono a compimento. Ma anche in Bielorussia vi
furono migliaia di complici autoctoni che diedero il loro appoggio agli occupanti tedeschi nella
persecuzione e nello sterminio degli ebrei. A differenza di altre regioni dell'Est europeo, in
Bielorussia, subito dopo l'invasione tedesca, non vi furono quasi pogrom con la partecipazione della
popolazione locale. Un'eccezione rappresentò la regione polacca a ovest di Bialystok, che dal 1939
al 1941 aveva fatto parte della Repubblica Sovietica di Bielorussia (si veda oltre).
Anche gli eccidi avvenuti nei primi mesi dell'occupazione tedesca e rivolti contro la cosiddetta
“intellighenzia ebraica”, contro funzionari sovietici e membri del partito e altri “elementi filosovietici”, vennero commessi in larga parte autonomamente da tedeschi. In primo luogo da membri
dell'Einsatzgruppe B, battaglioni di polizia e anche da soldati della Wehrmacht. In queste azioni si
distinsero particolarmente i reggimenti di cavalleria delle SS che, nell'agosto 1941, in Polesia,
sterminarono intere comunità di ebrei. Nel contesto di tali azioni, gli abitanti locali (bielorussi,
polacchi e ucraini) svolsero un ruolo subordinato, ma non secondario. Essi aiutarono gli autori
tedeschi degli eccidi a individuare le vittime e persino a scavare le fosse. Tuttavia compirono ciò, di
regola, dietro espresso ordine dei tedeschi. Abbiamo anche notizia di casi di partecipazione diretta
al rastrellamento delle vittime ebree52. Ad esempio componenti del primo reggimento di cavalleria
delle SS che condussero l'operazione di sterminio nella cittadina di Motol, circa 200 km a sud-est di
Minsk, promisero dolciumi a bambini non ebrei a patto che questi denunciassero gli ebrei nascosti.
Alla caccia agli ebrei presero parte anche gli adulti53. A partire dal settembre 1941 gli occupanti
tedeschi passarono ad eliminare sistematicamente, in tutto il paese, comunità ebraiche e a
concentrare nei ghetti gli abitanti ebrei superstiti. Nel far questo si affidarono in misura molto
maggiore alla collaborazione delle forze locali. In questo caso si trattava in primo luogo di una
complicità istituzionalizzata e disposta su ordine degli uffici tedeschi che riguardava le
amministrazioni comunali e la polizia ausiliaria, istituite dagli occupanti tedeschi. Le
amministrazioni comunali locali avevano il compito di registrare gli ebrei che vivevano nei loro
comprensori e le proprietà di questi, di provvedere alla ghettizzazione e di amministrare le proprietà
sottratte agli ebrei. A tali operazioni dovevano collaborare però anche i Consigli ebraici [Judenräte
], istituiti dai tedeschi54.
Esemplare per la collaborazione delle forze locali all'Olocausto in Bielorussia è il massacro, del 9
novembre 1941, di circa 1500 abitanti ebrei di Mir, una cittadina 100 km a ovest di Minsk con una
popolazione compresa tra i cinque e i seimila abitanti. Nelle prime ore del mattino del 9 novembre,
poliziotti ausiliari bielorussi e soldati tedeschi cominciarono a prelevare dalle loro abitazioni i
cittadini ebrei, conducendoli sulla piazza del mercato. Si sparava su chi tentava di fuggire.
All'ospedale tre poliziotti ausiliari e due tedeschi uccisero più di 15 pazienti ebrei. Gli autori
dell'eccidio spararono ugualmente agli ebrei rastrellati nella piazza. Le strade e il mercato erano
disseminati di cadaveri. Alcuni cittadini non ebrei parteciparono alla caccia all'uomo; si misero
sulle tracce degli ebrei nascosti, denunciandoli ai poliziotti o ai soldati e gendarmi tedeschi55. Dopo
aver selezionato i lavoratori qualificati, che vennero in un primo momento risparmiati, i tedeschi e i
poliziotti ausiliari condussero le vittime nel luogo di esecuzione, esterno alla cittadina. Giunti nel
luogo prestabilito, i tedeschi insieme ai poliziotti ausiliari bielorussi fucilarono uomini, donne e
bambini ebrei nelle fosse precedentemente scavate. Più tardi la popolazione non ebrea dovette
rimuovere i cadaveri dalle strade. Al massacro parteciparono tutti i poliziotti ausiliari di Mir e di
almeno due altre località vicine, oltre ai soldati e gendarmi tedeschi. Gli autori bielorussi
dell'eccidio erano più numerosi dei tedeschi, che però detennero il comando per tutta la durata
dell'operazione56.
Già cinque giorni prima del massacro di Mir, il 4 novembre, in due piccoli centri limitrofi, Turets e
Yeremicci, ebbero luogo fucilazioni degli ebrei locali. Poliziotti ausiliari bielorussi, sotto la
supervisione tedesca, li rastrellarono e li fucilarono in fosse scavate in precedenza. Le vittime
furono 100 a Yeremicci e circa 500 a Turets57. Allo sterminio di Mir, il 9 novembre, sopravvissero
circa 800 ebrei, per i quali fu istituito un ghetto sorvegliato dalla polizia ausiliaria locale. Gli altri
ebrei, sparsi per le campagne, furono eliminati nell'inverno 1941-42 nel corso di singole azioni
omicide. Queste azioni furono eseguite da gendarmi tedeschi assistiti da poliziotti ausiliari locali.
Comunque anche il destino degli ebrei rimasti a Mir era segnato. La gendarmeria tedesca fissò
l'operazione di sterminio finale per il 13 agosto. In precedenza il capo bielorusso della polizia
ausiliaria aveva fatto scavare una fossa comune nel bosco vicino. Il giorno precedente l'azione, la
sorveglianza del ghetto fu intensificata e il 13 agosto, alle prime luci del giorno, a Mir giunse a
rinforzo un gruppo di poliziotti ausiliari di Baranaviccy. Essendo stati avvisati dell'imminente
azione, circa 250 ebrei del ghetto riuscirono a scappare. Gli altri, circa 560 persone,
prevalentemente anziani, donne e bambini, furono caricati su furgoni, trasportati al luogo di
esecuzione e uccisi. L'intera azione si svolse sotto sorveglianza e direzione di gendarmi tedeschi. I
poliziotti ausiliari parteciparono sia al rastrellamento sia all'isolamento del luogo di esecuzione,
come pure alla fucilazione58. Analogamente a quanto avvenne a Mir e dintorni, dall'autunno 1941
alla fine del 1942 si svolsero azioni di sterminio di ebrei in centinaia di altre città e località della
Bielorussia. Tutte queste operazioni furono organizzate, dirette ed eseguite da forze tedesche: la
gendarmeria, la polizia di pubblica sicurezza [Sicherheitspolizei ], l'amministrazione civile tedesca
(nelle regioni occidentali) e l'amministrazione militare (nella Bielorussia orientale). Nella maggior
parte delle azioni, tuttavia, prevalsero numericamente i poliziotti ausiliari locali, che comunque vi
parteciparono dietro ordine impartito dai superiori tedeschi.
La polizia ausiliaria di Mir, nel periodo compreso tra l'estate del 1941, quando essa venne istituita
dalle forze di occupazione tedesche, fino al settembre 1942, era costituita da circa 30 fino a 40
uomini, tutti tra i 25 e i 35 anni di età. Essi erano prevalentemente bielorussi, ma alcuni erano anche
di origine polacca o tartara. Provenivano dalla zona di Mir e si erano arruolati volontariamente.
Soltanto a partire dall'estate 1942, quando il pericolo partigiano si fece sempre più acuto, gli
occupanti tedeschi cominciarono a imporre il reclutamento obbligatorio della polizia ausiliaria.
Nell'autunno 1942, nella polizia ausiliaria di Mir furono così reclutati più di 150 bielorussi, con
l'ordine di combattere i partigiani sovietici sotto la supervisione dei tedeschi. In tale ambito i
gendarmi tedeschi e i poliziotti ausiliari bielorussi commisero molti crimini contro la popolazione
civile bielorussa e polacca59. In tutto il Commissariato generale della Russia Bianca (che oggi
corrisponde alla Bielorussia occidentale), alla fine del 1941, nella polizia ausiliaria prestavano
servizio complessivamente 3680 bielorussi, nell'estate del 1942 essi erano circa 4500, per superare,
un anno dopo, quota 13.000. Nel complesso si calcola che, nel 1943, nell'intero territorio bielorusso
vi fossero approssimativamente 50.000 poliziotti ausiliari locali (suddivisi tra servizio d'ordine
[Ordnungsdienst ] e squadre di difesa [Schutzmannschaften ]). Tra le nazionalità prevalevano i
bielorussi, ma nelle regioni orientali prestavano servizio anche non pochi russi e in quelle
occidentali poliziotti ausiliari ucraini e polacchi; questi ultimi, però, furono a poco a poco dimessi60.
Certamente la maggior parte dei poliziotti ausiliari che prestarono servizio a partire dall'estate 1941
fu costretta a partecipare alla persecuzione e all'eliminazione degli ebrei. Questa partecipazione
andava dal compito di rastrellare le vittime in occasione delle innumerevoli azioni di sterminio, allo
sbarramento dei luoghi di esecuzione, fino a giungere alle fucilazioni. Al termine delle azioni di
sterminio i poliziotti ausiliari locali partecipavano alla caccia alle vittime scampate; consegnavano
le vittime catturate ai superiori tedeschi, oppure le fucilavano essi stessi. I poliziotti ausiliari
sorvegliavano i ghetti, fino a che i loro occupanti non venivano eliminati, ed erano impiegati anche
in questo ultimo tipo di azione. Tuttavia, i poliziotti ausiliari reclutati a partire dalla metà del 1942,
fatta eccezione per la caccia agli ebrei fuggitivi, che durò fino al termine dell'occupazione nazista,
ebbero rari contatti con le vittime ebree, dal momento che la maggior parte di esse era già stata
eliminata. Senza il personale locale, più numeroso rispetto al personale tedesco, lo sterminio degli
ebrei in Bielorussia sarebbe stato molto difficile da realizzare.
0002000070 ‣ Polonia . Nel dibattito internazionale riguardante gli autori non tedeschi
dell'Olocausto, la Polonia occupa un posto particolare, determinato, tra l'altro, dai seguenti fattori61.
Prima del 1939 in Polonia viveva la maggioranza degli ebrei d'Europa, più di 3.000.000 di persone,
una comunità che equivaleva a oltre il 10% della popolazione nazionale complessiva. Gli occupanti
tedeschi costruirono in territorio polacco tutti i campi di sterminio in cui gli ebrei, polacchi ed
europei, furono eliminati. Più della metà di tutte le vittime dell'Olocausto perse la vita in territorio
polacco e circa la metà delle vittime dell'Olocausto era costituita da ebrei polacchi. Inoltre la
Polonia pagò il prezzo di vittime tra la popolazione non ebraica proporzionalmente più alto in
confronto alle altre popolazioni coinvolte nella Seconda guerra mondiale. A perdere la vita durante
l'Olocausto non furono solo i circa 3 milioni di ebrei polacchi, ma anche fino a un milione e mezzo
di persone di etnia polacca, per lo più civili e non solo a causa del terrore tedesco, ma anche di
quello sovietico. All'inizio, tuttavia, dopo la sconfitta e l'occupazione della Polonia, il terrore
tedesco non prese ancora di mira in primo luogo gli ebrei polacchi, bensì l'intellighenzia polacca,
considerata la promotrice della resistenza anti-tedesca similmente a quanto accadeva nelle regioni
polacche occupate dai sovietici62. Il momento che segnò il cambio di trattamento nei confronti degli
ebrei polacchi fu rappresentato dall'attacco tedesco all'URSS. Nelle regioni della Polonia orientale,
fino ad allora occupate dai sovietici, si verificarono pogrom e fucilazioni di massa, soprattutto a
danno di ebrei. I pogrom furono particolarmente intensi nel territorio dell'odierna Ucraina
occidentale; vi parteciparono soprattutto ucraini, ma anche polacchi. Tuttavia questi eccessi si
rivolsero in parte anche contro i polacchi63.
Le regioni della Polonia nordorientale, precedentemente occupate dai sovietici, più precisamente
intorno alle città di Bialystok e di Lomża, furono anch'esse colpite da un'ondata di violenza
antiebraica che fece migliaia di vittime. Qui si giunse in decine di località a eccessi di violenza. A
questo proposito vanno distinte due diverse fasi della violenza. La prima iniziò subito dopo il ritiro
dei sovietici e fu rivolta verso individui ben precisi: ebrei o polacchi accusati di collaborazionismo
con gli occupanti sovietici o di complicità nelle stragi perpetrate dai sovietici. Centinaia di persone
furono seviziate, percosse a morte o consegnate ai tedeschi e fucilate. Gli autori delle violenze
erano molto spesso polacchi, vittime del terrore sovietico: prigionieri sfuggiti ai russi o detenuti
scarcerati dai tedeschi, parenti di deportati o di giustiziati, oppure membri del movimento
clandestino antisovietico, molto attivo in questa regione64. A questa ondata di violenza ne seguì
un'altra più sanguinosa. Essa prendeva ora di mira tutti gli ebrei, compresi donne, bambini e
anziani. In molte località della regione, ad esempio a Jedwabne, venivano compiute in modo
pianificato azioni di sterminio indirizzate contro intere comunità ebraiche. Tali azioni erano ispirate
e organizzate da commando mobili delle SS e in alcune località furono condotte da mano polacca.
Altrove la partecipazione polacca si “limitava” al rastrellamento e alla sorveglianza delle vittime
ebraiche, mentre l'uccisione materiale tramite fucilazione veniva effettuata dai responsabili
tedeschi. Centinaia di polacchi presero parte a queste azioni omicide; nella sola Jedwabne furono
circa quaranta65.
Dopo alcune settimane l'ondata di violenza si placò e gli invasori tedeschi passarono alla
persecuzione e all'eliminazione sistematica degli ebrei, in modo simile alle restanti regioni orientali.
Seguirono la ghettizzazione, gli espropri, i lavori forzati e, infine, l'eliminazione nelle camere a gas
del campo di sterminio di Treblinka. L'aggressione militare tedesca all'URSS ebbe come
conseguenza una radicalizzazione della persecuzione contro gli ebrei, che condusse allo sterminio
totale anche nei restanti territori polacchi occupati dai tedeschi. Fu del settembre 1941 la decisione
di eliminare gli ebrei del Warthegau (la regione attorno a Poznań e Lodź), mentre a ottobre si
pianificò lo sterminio degli ebrei del Governatorato generale (la cosiddetta “azione Reinhard”). Il
piano di annientamento prevedeva il massacro degli ebrei non tramite le fucilazioni di massa, come
nelle regioni orientali occupate, ma tramite gassazione in fabbriche di morte appositamente
costruite. I tedeschi realizzarono tali strutture nella Polonia occupata. Il campo di sterminio di
Kulmhof entrò in funzione nel dicembre 1941, quello di Bełżec nel marzo del 1942, il campo di
Sobibór nel maggio 1942, mentre quelli di Treblinka e Auschwitz nel luglio 194266.
A partire dal dicembre 1941 gli invasori tedeschi cominciarono a eliminare gli ebrei polacchi nei
campi di sterminio. Le operazioni si svolgevano prevalentemente in questo modo: massicce forze
delle SS e di polizia circondavano un ghetto o un quartiere ebreo. Esse conducevano fuori dalle
abitazioni gli ebrei, radunandoli nel luogo di raccolta. Durante tali operazioni gli eccessi erano la
norma: le vittime venivano bastonate e uccise, soprattutto quelle che tentavano la fuga, opponevano
resistenza o le persone “non idonee al trasporto”, come i malati costretti a letto o i vecchi. Si
verificarono anche stupri di donne ebree. Nel luogo di raccolta avveniva la selezione degli “abili al
lavoro” e degli “inabili al lavoro”. Gli “abili al lavoro”, in primo luogo lavoratori giovani e
qualificati, potevano restare nel ghetto o venivano inviati in un campo di lavoro, dove svolgere
appunto lavoro forzato. Tutti gli “inabili al lavoro”, bambini, donne e anziani, venivano caricati nei
convogli predisposti e trasportati in uno dei campi di sterminio, dove si procedeva alla loro
eliminazione67.
In tutte queste operazioni gli autori tedeschi delle deportazioni si affidavano normalmente a forze
proprie, cioè personale delle SS e di polizia, e a formazioni da loro istituite, composte da stranieri,
come soprattutto gli “uomini di Trawniki” (v. sopra). Non di rado fornivano cooperazione attiva
anche i membri dell'amministrazione civile e i soldati della Wehrmacht. Anche la polizia ebraica dei
ghetti, soprattutto nei ghetti più grandi come quello di Varsavia, doveva prestare la propria
collaborazione. Nelle località con comunità ebraiche più piccole, invece, per rastrellare le vittime
ebree venivano impiegati anche poliziotti polacchi della cosiddetta “polizia blu”, i membri del
“servizio edile” [Baudienst ], delle amministrazioni comunali e del corpo volontario dei vigili del
fuoco. Nel Governatorato generale i giovani polacchi erano reclutati in forma coatta per il servizio
edile: dal 1943 il rifiuto di prestare lavoro forzato per gli occupanti tedeschi fu punito con la pena di
morte.
Le forze locali, nella Polonia sotto occupazione tedesca, svolsero quindi un ruolo subordinato
nell'ambito delle deportazioni nei campi di sterminio, per il fatto stesso che nella maggioranza dei
casi il coinvolgimento era forzato (per i membri del servizio edile) oppure disposto da ordini
superiori (nel caso della polizia blu o dei polacchi appartenenti alle amministrazioni comunali).
Questo, tuttavia, vale solo parzialmente nel caso della caccia alle vittime fuggitive. A partire
dall'estate 1942 si ebbero fughe in massa dai ghetti. Migliaia di ebrei tentarono di salvarsi
dall'imminente deportazione nei campi di sterminio cercando l'aiuto degli “ariani”. Gli occupanti
tedeschi, di contro, procedevano con grande rigore: essi infliggevano pene draconiane a tutti coloro
che tentassero in qualsiasi modo di aiutare gli ebrei; per costoro e per le loro famiglie era prevista la
pena di morte, generalmente eseguita subito sul posto, in modo da scoraggiare tutti i potenziali
soccorritori. Dall'altra parte i tedeschi resero obbligatoria la collaborazione dei cittadini nella cattura
degli ebrei e dei fuggitivi, e se da un lato l'inosservanza dell'obbligo veniva punita, dall'altro ai
collaboratori erano promesse ricompense68. In questo modo gli invasori tedeschi crearono
condizioni a dir poco “paradisiache” per qualsiasi individuo predisposto al crimine: ormai vessare e
consegnare gli ebrei non solo era permesso, ma diveniva addirittura un obbligo di legge. Non pochi
dunque nella Polonia occupata erano disposti a fare ciò, già solo per la prospettiva di vantaggi
materiali. È molto difficile calcolare quanto fosse grande il numero di costoro e la loro percentuale
rispetto alla popolazione complessiva. Nel caso di Varsavia si presumono tra i 4000 e i 5000 gli
abitanti polacchi che assunsero un atteggiamento attivo nella caccia agli ebrei nascosti: una
percentuale compresa tra il quattro e il cinque per mille della popolazione polacca di Varsavia69.
Pochi studi si sono finora occupati delle modalità in cui si svolgeva la caccia ai fuggitivi nelle
campagne. È comunque certo che vi presero parte polacchi, alcuni costretti con la forza, altri
volontariamente. Contadini polacchi, ad esempio, dovettero partecipare a vere e proprie battute di
caccia agli ebrei nascosti nei boschi. Singole persone denunciarono alle autorità tedesche gli ebrei
clandestini. Non accadeva di rado che gli ebrei nascosti fossero derubati e uccisi. Marek Jan
Chodakiewicz calcola che, nel periodo compreso tra la primavera del 1942 e l'estate 1944, nel
distretto di Janów Lubelski, a ovest di Lublino, circa 1000 ebrei avevano tentato la fuga.
Approssimativamente 400 di questi furono scoperti durante cacce all'ebreo o durante azioni
antipartigiane, e sottoposti a “trattamento speciale” [sonderbehandelt ]; più di 300 ebrei furono
uccisi da banditi comuni, da partigiani comunisti e non e da collaborazionisti polacchi. D'altra parte
vi furono anche molti cittadini che, a rischio della propria vita, aiutarono i perseguitati. Per questo
motivo, molti di essi vennero uccisi dai tedeschi con tutta la loro famiglia70.
0002000070 ‣ Romania. L'“Olocausto dimenticato” . Prima della guerra la Romania ospitava la
terza più grande comunità ebraica d'Europa. Nel 1941 vivevano in Romania 756.930 ebrei, che
costituivano il 2,2% della popolazione totale. Nelle regioni orientali di Moldavia e Bessarabia, la
percentuale degli ebrei era maggiore e costituiva il 7-10% della popolazione. Si calcola che, durante
la guerra, circa 400.000 ebrei rumeni caddero vittime dell'Olocausto e gran parte di essi, circa
250.000, trovarono la morte per mano rumena. Per decenni, nel dibattito internazionale, tali crimini
ricevettero scarsa considerazione e furono quasi trascurati dalla ricerca storica, tanto che oggi
vengono definiti “l'Olocausto dimenticato”71.
La Romania era un'alleata di guerra della Germania. Pur ricalcando la politica estera del Terzo
Reich, gestiva autonomamente la propria politica interna e, con essa, anche l'approccio alla
questione ebraica. Tuttavia proprio la politica estera influenzò l'atteggiamento rumeno verso il
problema degli ebrei. Nell'estate del 1940 il governo rumeno, in seguito all'ultimatum dettato
dall'Unione Sovietica il 26 giugno, dovette cedere all'URSS la Bessarabia e la Bucovina
settentrionale. Durante il ritiro delle truppe e delle autorità rumene dalle due regioni si verificarono
eccessi antiebraici, culminati nella morte di 450 ebrei. Gli autori delle violenze furono soldati e
poliziotti rumeni. Il pretesto fu dato dal fatto che parte della popolazione ebrea e ucraina aveva
salutato con favore l'ingresso delle truppe sovietiche, un saluto che, da parte rumena, fu interpretato
come un tradimento72. Nei mesi a seguire lo stato rumeno adottò una radicale politica antisemita.
Nell'agosto 1940 il governo vietò i matrimoni misti (8 agosto) e definì per legge lo status di “ebreo”
e lo stato di cittadinanza degli “ebrei” (9 agosto). Nel settembre 1940 il maresciallo Ion Antonescu
prese il potere e, autonominandosi Conducator (un equivalente del tedesco Führer), instaurò con
l'appoggio tedesco un regime militare e poliziesco dallo stampo autoritario e nazionalista, con il
supporto della cosiddetta “Guardia di ferro” (Garda de Freir) 73. Il regime di Antonescu introdusse
un'ulteriore serie di leggi antiebraiche, allo scopo di “allontanare” gli ebrei rumeni dall'economia e
dall'apparato statale per “rumenizzare” entrambi i settori. A queste misure si accompagnò una
campagna pubblica di istigazione antiebraica; negozi e abitazioni appartenenti a ebrei furono
saccheggiati, ebrei furono umiliati e bastonati, e ci furono anche decine di morti. Gli autori di tali
violenze venivano in primo luogo reclutati dalle file della Guardia di ferro74.
Questa campagna d'istigazione antiebraica raggiunse uno suo temporaneo apice nel gennaio 1940.
Alla fine del 1941 i legionari della Guardia di ferro si ribellarono ad Antonescu che, tuttavia, riuscì
a stroncare la rivolta. Durante la sollevazione, a Bucarest, vi furono violenze contro gli ebrei,
additati dai legionari come i responsabili della rottura con Antonescu. A Bucarest i ribelli uccisero
almeno 120 ebrei, ne bastonarono altre centinaia, saccheggiando case di ebrei e sinagoghe. Una
volta soffocata la ribellione, in tutta la Romania l'ondata di violenza antisemita cessò
temporaneamente. Il peggio, però, sarebbe dovuto arrivare solo dopo il 22 giugno 194175. I rumeni
parteciparono all'aggressione tedesca all'URSS in quanto alleati della Germania. Le truppe rumene
varcarono, assieme alla Wehrmacht, il confine rumeno-sovietico e, nell'arco di poche settimane,
riconquistarono i territori perduti un anno prima. Le unità rumene continuarono, tuttavia, ad
avanzare verso est insieme alle truppe tedesche, fino a Stalingrado, per poi passare sul fronte
opposto soltanto il 23 agosto 1944 – quando fu chiaro che per la Germania la guerra era perduta.
Subito dopo l'inizio del conflitto, nelle regioni riconquistate, vi furono pogrom e massacri, rivolti
soprattutto contro gli ebrei, ma anche contro tutti coloro che avevano collaborato, in maniera
presunta o reale, con gli invasori sovietici. Il massacro più sanguinoso avvenne dal 28 al 30 giugno
a Jasôi, una città sulla riva occidentale del Prut, allora situata al confine tra Romania e URSS. Il
pretesto che scatenò le violenze furono i bombardamenti sovietici sulla città e i cecchini che, a
quanto pare, avevano sparato a soldati rumeni e tedeschi. Per ritorsione, le autorità rumene fecero
arrestare migliaia di uomini ebrei. L'operazione, tuttavia, degenerò presto in un pogrom; i cittadini
ebrei furono saccheggiati, umiliati, percossi e assassinati. Soldati e gendarmi rumeni, ma anche
civili e soldati tedeschi, uccisero circa 900 ebrei. Il resto degli internati, circa 5500 uomini, fu
caricato dalle autorità rumene su due convogli e trasportato verso est. Nel primo treno sopravvissero
alla peregrinazione durata più giorni solo 1076 persone su 2500, nel secondo 800 su 1900. Gli altri
perirono durante il viaggio, tra atroci sofferenze: alcuni morirono di sete o soffocati nei vagoni, altri
furono colpiti a morte o uccisi a colpi di arma da fuoco da soldati rumeni e anche tedeschi76. Il
massacro di Jasôi non fu un evento eccezionale. Soldati, gendarmi e civili rumeni, soldati tedeschi e
membri dell'Einsatzkommando 10a, facente parte dell'Einsatzgruppe D, insieme ad alcuni contadini
ucraini, colpirono a morte o uccisero a colpi di arma da fuoco, nelle prime settimane di guerra,
migliaia di ebrei in Bessarabia e nella Bucovina settentrionale. Il 3 luglio, nel villaggio di Ciudei, in
Bucovina, i soldati del 6° reggimento di fanteria uccisero tra i 450 e i 572 ebrei, uomini, donne e
bambini. Nella città di Storojinet, il 4 luglio, i soldati rumeni trucidarono 200 ebrei. A Cernovtsy,
tra il 9 e il 12 luglio, soldati rumeni e tedeschi, gendarmi rumeni e la locale popolazione rumena e
ucraina uccisero circa 2000 ebrei. In decine di altre località della Bucovina e della Bessarabia, nelle
prime settimane di guerra, vi furono massacri e pogrom contro ebrei. Raul Hilberg calcola che in
Bessarabia e Bucovina, nel solo luglio 1941, furono uccisi più di 10.000 ebrei. Ma la strage non era
ancora terminata77.
Se, da un lato, il governo di Antonescu condannava i sanguinosi pogrom come atti indegni dei
soldati rumeni, dall'altro l'espulsione degli ebrei dalle regioni riconquistate era parte integrante del
suo programma. Le autorità e i militari rumeni allestirono, all'inizio in modo palesemente caotico,
convogli di ebrei che venivano condotti dai soldati rumeni a est, nell'Ucraina occupata dai tedeschi.
I rumeni speravano che i tedeschi “risolvessero” il problema a modo loro. Il più grande convoglio,
carico di 25.000 ebrei, arrivò a Coslar, nell'Ucraina occupata dai tedeschi, nel luglio 1941. Là i
profughi dovettero resistere per settimane all'aperto: i tedeschi, infatti, si rifiutarono di occuparsene.
Il 17 agosto i profughi furono rispediti in Bessarabia, ma solo 16.500 sopravvissero, dato che gli
altri, nel frattempo, erano stati fucilati dai tedeschi o erano rimasti vittima delle malattie, della
debilitazione o della fame. La sorte degli altri profughi non fu dissimile78.
Le autorità rumene sospesero temporaneamente queste espulsioni caotiche non concordate con gli
alleati tedeschi, nel settembre 1941. Il 30 agosto 1941 tedeschi e rumeni si accordarono affinché la
Transnistria, la regione compresa tra i fiumi Bug e Dnjestr, fosse posta interamente sotto
l'amministrazione rumena. Il governo di Bucarest decise quindi di trasformare la Transnistria in una
regione di deportazione per gli ebrei rumeni. Nell'ottobre 1941 iniziò una massiccia espulsione di
ebrei dalla Bessarabia e dalla Bucovina proprio nella Transnistria79. L'espulsione si svolse nel
seguente modo: le autorità rumene istituirono ghetti di transito, i primi dei quali erano già sorti nel
luglio 1941, e vi concentrarono gli ebrei. Successivamente i responsabili allestivano con le vittime
colonne di marcia oppure le caricavano in convogli. Mentre i profughi provenienti dalla Bessarabia
dovevano affrontare il tragitto marciando, quelli della Bucovina venivano trasportati in treno. I
gendarmi e i soldati rumeni incaricati dei trasferimenti derubavano, violentavano e assassinavano
gli ebrei espulsi. Anche parti della popolazione non ebrea partecipavano volenterose ai saccheggi e
alle violenze. Il numero delle vittime ammonta a decine di migliaia. Dei circa 190.000 ebrei che
caddero in mani rumene in Bessarabia e Bucovina, nell'arco di un anno circa 160.000 furono
espulsi; tra questi, tuttavia, soltanto 135.000 giunsero in Transnistria. Gli altri morirono o nei ghetti
di transito o durante il tragitto verso la Transnistria. Nell'ottobre 1942 il governo rumeno sospese
definitivamente le espulsioni80.
Dopo l'arrivo in Transnistria i profughi venivano divisi in più di cento piccoli centri. In Transnistria,
prima della guerra, vivevano circa 300.000 ebrei locali, la maggior parte a Odessa. Più o meno la
metà di questi lasciò la regione insieme alle truppe sovietiche, e sul posto restarono circa 150.000
ebrei.81 Anche questi ultimi furono investiti dalla violenta ondata di terrore scatenata dai tedeschi e
dai rumeni. Alcuni giorni dopo la presa della città, il 22 ottobre 1941, nel centro di Odessa
esplosero mine a innesco ritardato, piazzate precedentemente da artificieri sovietici. Nelle
esplosioni persero la vita un generale rumeno, numerosi ufficiali, anche tedeschi, e alcuni soldati.
La ritorsione si scagliò contro gli ebrei. Lo stesso giorno soldati rumeni fucilarono alcune migliaia
di ebrei nella zona portuale della città. Il giorno seguente il comandante della città
[Stadtkommandant ] rumeno fece impiccare più di 5000 persone, in maggioranza ebrei. Nello stesso
giorno la polizia e la gendarmeria rumene arrestarono più di 20.000 persone: anche tra queste
prevalevano gli ebrei. Gli arrestati furono fucilati fuori città il 24 ottobre. Si calcola che le vittime
furono circa 25.00082. Al massacro di Odessa ne seguirono altri. A novembre e a dicembre del
1941, nel distretto di Golota e nelle località di Bogdanovka, Dumanovka e Atmicetka, le forze di
occupazione rumene fucilarono circa 75.000 ebrei. Tuttavia, in Transnistria, a uccidere non furono
solo gli occupanti rumeni, ma anche l'Einsatzgruppe D, che nell'operazione si avvalse anche della
collaborazione di locali del gruppo etnico tedesco e della polizia ausiliaria ucraina83.
In Transnistria gli ebrei non venivano sterminati soltanto dalle fucilazioni di massa e dai massacri:
decine di migliaia di ebrei, infatti, soccombevano per le condizioni di vita proibitive: la fame, il
freddo, le malattie e i micidiali lavori forzati imposero il loro pesante tributo in termini di vite
umane. Dei circa 135.000 ebrei rumeni espulsi in Transnistria fino all'ottobre 1942, i morti furono
87.000 circa. Alla fine del 1943, anno in cui le condizioni di vita divennero più sopportabili, i
sopravvissuti erano appena 50.741. Al contrario, tra i circa 150.000 ebrei locali, le vittime furono
130.000. A questi si aggiunsero 19.000 zingari rumeni dei 25.000 fattivi deportare nel 1942 dalle
autorità rumene. I tedeschi risultano responsabili di oltre 50.000 omicidi: la maggioranza delle
vittime fu consegnata dagli occupanti rumeni. Il resto delle vittime è da attribuirsi unicamente a
responsabili rumeni84. A ragione Raul Hilberg faceva notare: “Nessun altro paese, all'infuori della
Germania, fu coinvolto in un massacro degli ebrei così massiccio come la Romania”85. Mentre la
maggioranza degli ebrei delle regioni riconquistate morì tra il 1941 e il 1943, gli ebrei nella Vecchia
Romania (la Romania senza le province perdute nel 1940) sopravvissero fino alla fine della guerra,
relativamente indenni. Sebbene nel 1942 fossero programmate deportazioni ad Auschwitz, il
governo rumeno tuttavia le interruppe proprio all'inizio della fase di sterminio. Al di là di ciò gli
ebrei della Vecchia Romania sottostarono a disposizioni speciali e discriminatorie in tutti i settori
della vita pubblica. Gli ebrei delle campagne furono anche trasferiti nelle città. Tuttavia la maggior
parte di essi sopravvisse alla guerra86.
0002000070 ‣ Ungheria . Come la Romania, anche l'Ungheria era un'alleata di guerra dei tedeschi
e, come stato, prese parte all'Olocausto. In Ungheria, entro i confini del 1938, vivevano 401.000
ebrei (il 4,3% della popolazione totale) ed entro i confini del 1941 complessivamente 725.000 (il
4,9%). Ad essi si aggiunsero circa 100.000 persone classificate come ebree in seguito alla
definizione della legge del 2 agosto 1941 sul concetto di “ebreo”87. Paradossalmente, gli ebrei
ungheresi vissero pressoché al sicuro fino alla primavera del 1944, sebbene lo stato magiaro non
avesse in alcun modo condotto fino ad allora una politica filoebraica. Anzi, a partire dal 1938,
furono emanate e applicate leggi antisemite con l'obiettivo di allontanare gli ebrei dall'economia,
dall'apparato statale e da altri settori della vita pubblica. L'eliminazione fisica degli ebrei, però, non
rientrava nell'ordine del giorno, malgrado i tedeschi a partire dal 1942 incitassero il governo
ungherese a procedervi88. La situazione cambiò nella primavera del 1944, quando nel comando
tedesco si insinuò il sospetto che gli ungheresi potessero uscire dall'alleanza o addirittura passare al
nemico. Per prevenire tale evenienza, il 19 marzo 1944, Hitler fece invadere l'Ungheria dalle truppe
tedesche. Il vecchio governo fu sciolto e ne fu insediato un altro che godeva la fiducia dei tedeschi
ed era disposto ad accontentarne richieste e desideri. Gli organi tedeschi in Ungheria, però, non
intervennero direttamente nell'economia o nell'amministrazione ungherese, ma preferirono
esercitare pressioni più o meno intense, o affidarsi a negoziati. Questa situazione sarebbe cambiata
nell'autunno del 194489.
Riguardo alla questione ebraica, gli organi tedeschi in Ungheria e il nuovo governo ungherese si
accordarono piuttosto rapidamente: essa, alla fine, sarebbe dovuta essere “risolta” in senso tedesco,
cioè con la deportazione nei campi di sterminio della Polonia occupata. L'iniziativa in tal senso
sarebbe partita da parte ungherese. Adolf Eichmann ricevette da Heinrich Himmler l'incarico di
organizzare e coordinare lo sterminio. Eichmann portò con sé in Ungheria un commando formato
da 60-80 “esperti di Olocausto” tedeschi90. Il lavoro logistico sul luogo (il concentramento e
l'allestimento dei convogli con le vittime) sarebbe stato compito delle autorità e delle forze di
polizia ungheresi. Per prima cosa il nuovo governo emanò una serie di leggi antiebraiche,
introducendo tra l'altro per tutti gli ebrei l'obbligo di portare un contrassegno (a partire dal 5 aprile)
e ordinandone il concentramento. Il territorio fu diviso in sei zone, nelle quali gli ebrei furono
concentrati in ghetti appositamente predisposti, per poi essere deportati su vagoni ferroviari ad
Auschwitz91. Il 16 aprile 1944 le autorità ungheresi iniziarono con il concentramento degli ebrei
nella prima zona (l'Ucraina subcarpatica e quattro distretti limitrofi), le successive zone seguirono
via via. Il concentramento avveniva in questo modo: dapprima gli ebrei venivano condotti dai
villaggi nella prossima città più grande e trasferiti qui negli appositi campi di concentramento. La
gendarmeria ungherese aveva l'ordine di sequestrare tutte le proprietà degli ebrei a eccezione dei
bagagli a mano. Dai campi di concentramento la polizia ungherese conduceva le vittime nelle
stazioni e le caricava in vagoni predisposti da ferrovieri ungheresi. Attraverso la Slovacchia i treni
raggiungevano Auschwitz. L'intera operazione era condotta da forze di polizia locali, normalmente
da uomini dalla gendarmeria reale ungherese. I primi convogli partirono il 14 maggio 1944, sempre
dalla prima zona. Il 6 luglio 1944, tuttavia, il governo ungherese bloccò le deportazioni, impedendo
che tutti gli ebrei ungheresi fossero inviati ad Auschwitz; il 9 luglio l'ultimo treno di deportati
raggiunse Auschwitz. Il motivo del blocco era l'enorme pressione a livello di politica estera sul
governo ungherese, una pressione alla quale quest'ultimo difficilmente riuscì a opporsi,
delineandosi sempre più chiaramente la sconfitta della Germania92.
Dal 14 maggio al 9 luglio 1944, secondo i dati forniti dai tedeschi, furono deportati 437.402 ebrei,
mentre fonti ungheresi parlano di 434.351 ebrei deportati dall'Ungheria in 147 treni. Nel campo di
sterminio di Auschwitz-Birkenau, dal 16 maggio all'11 luglio 1941, arrivarono 141 treni con ebrei
ungheresi. Quattro treni raggiunsero Straßhof, nei pressi di Vienna, in cui gli ebrei classificati abili
al lavoro furono impiegati nei lavori forzati. Ad Auschwitz, fino all'11 luglio, furono deportati circa
425.000 ebrei ungheresi, ai quali si aggiunsero ancora 5000 persone provenienti da campi di
internamento e da prigioni93. Dopo l'arrivo a Birkenau aveva luogo la selezione: il personale tedesco
e prigionieri incaricati [Funktionshäftlinge ] selezionavano per i lavori forzati ebrei giudicati abili al
lavoro: in tutto questi furono circa 110.000. Gli altri deportati (tutti i bambini e gli anziani, così
come le donne e gli uomini classificati inabili al lavoro), in totale 320.000 persone, furono
sterminati in camere a gas subito dopo la selezione94. Inoltre, nel 1944, le autorità ungheresi
consegnarono ancora ai tedeschi oltre 90.000 ebrei magiari, che furono impiegati nei lavori forzati
nel territorio del Reich. Dei circa 200.000 ebrei ungheresi complessivi deportati per i lavori forzati
(110.000 furono selezionati ad Auschwitz per le camere a gas), circa 74.000 sopravvissero alla
guerra, gli altri (circa 126.000) furono sterminati o morirono in seguito alle disumane condizioni di
vita e di lavoro95. Un ruolo decisivo nel concentramento e nella deportazione fu svolto dai gendarmi
ungheresi, sotto la guida del tenente colonnello Ferenczy. Essi adottavano procedure estremamente
brutali. Inoltre gendarmi facevano parte delle squadre che accompagnavano i convogli di deportati
fino al confine slovacco. Alla frontiera, la polizia di pubblica sicurezza [Ordnungspolizei ] tedesca
assumeva il controllo dei treni e li scortava fino ad Auschwitz. Nelle deportazioni furono impiegati
complessivamente circa 20.000 gendarmi, e tutti dimostrarono uno zelo notevole96. Eichmann, dopo
la guerra, dichiarò ripetutamente: “Il ritmo [della gendarmeria ungherese] era talmente elevato che
Auschwitz faceva una gran fatica [...] a far fronte a tutti quei convogli”97.
La fine della deportazione non rappresentò assolutamente la fine dello sterminio degli ebrei in
Ungheria. Il 16 ottobre 1944, su pressione dei tedeschi, il reggente [Reichsverweser ] Miklós
Horthy rassegnò le sue dimissioni e il capo del movimento fascista delle Croci Frecciate, Szalasi,
riunì in un'unica persona le cariche di reggente e capo del Governo. Con l'ascesa al potere delle
Croci Frecciate si scatenò un'ondata di violenze antisemite, che prese di mira soprattutto i circa
120.000 ebrei di Budapest, risparmiati dalle deportazioni. Circa 4000 Croci Frecciate di Budapest
costituirono delle squadre di sterminio [Killerkommandos ] che irruppero nelle abitazioni e nelle
case degli ebrei e saccheggiarono gli occupanti, percuotendoli e uccidendoli. Gli autori delle
violenze si abbandonarono completamente al delirio omicida. La polizia ungherese, la gendarmeria
e l'esercito non intervennero e lasciarono agire gli assassini. Questa ondata di violenza
estremamente brutale, che fece fino a 20.000 vittime (giuridicamente ne sono accertate 6200), si
protrasse fino alla presa di Budapest da parte delle truppe sovietiche, alla fine di gennaio del 194598.
Le vittime dell'Olocausto, in Ungheria, furono circa 550.000 ebrei ungheresi, e i sopravvissuti
293.00099. La maggior parte delle vittime non morì in territorio ungherese: lo stato e le autorità
magiare tuttavia consegnarono tali vittime volontariamente ai tedeschi, e furono questi a compiere
lo sterminio. Il blocco delle deportazioni nel luglio 1944 dimostra che il governo ungherese
disponeva di una libertà d'azione abbastanza ampia da potersi opporre allo sterminio degli ebrei
magiari o, al contrario, da parteciparvi volontariamente.
0002000070 ‣ Slovacchia . Le vicende nella Slovacchia assomigliano, per molti versi, a quelle
ungheresi, anche se lo stato slovacco godeva di un'indipendenza dai tedeschi molto maggiore di
quella dell'Ungheria. Il 14 marzo 1939 la Slovacchia, dopo la dissoluzione della Cecoslovacchia, fu
proclamata Repubblica Slovacca. Il nuovo stato dipendeva dalla Germania quanto a politica estera,
ma fino all'estate 1944 godette di ampia autonomia nella gestione della politica interna, nella misura
in cui corrispondeva alle aspettative tedesche. Fu così che, ancor prima della proclamazione della
nuova repubblica, il futuro ministro degli Esteri assicurò ai tedeschi che in Slovacchia la questione
ebraica sarebbe stata affrontata in modo simile alla Germania100. Il numero degli ebrei in Slovacchia
ammontava, nel 1940, a quasi 90.000 persone. Come promesso, il nuovo stato slovacco impostò sin
dall'inizio una politica antiebraica. Essa si svolse secondo il modello tedesco e raggiunse il suo
culmine nelle deportazioni verso i campi di sterminio tedeschi. All'inizio del 1942 slovacchi e
tedeschi si accordarono per deportare gli ebrei di Slovacchia nella Polonia tedesca. Il primo
convoglio giunse il 26 marzo 1942 nel distretto di Lublino, seguito da altri. Le deportazioni del
1942 ebbero luogo nel periodo tra marzo e luglio, nel mese di settembre e il 20 ottobre. La
pressione a livello di politica estera e di politica interna indusse tuttavia il governo slovacco a
bloccare le deportazioni di massa101.
Complessivamente, nel 1942, le autorità slovacche predisposero 57 convogli con 57.000 ebrei
slovacchi. Di questi convogli, 19 raggiunsero Auschwitz e 38 il distretto di Lublino. Quasi tutti i
deportati morirono, o nelle camere a gas (la stragrande maggioranza) o per le condizioni di vita
disumane. Dopo la guerra si dichiararono superstiti appena 300 persone. Nell'estate 1944, quando le
truppe tedesche avevano invaso la Slovacchia, le forze di sicurezza tedesche cominciarono a
deportare nei campi di concentramento gli ebrei slovacchi sopravvissuti. Dal settembre 1944 al
marzo 1945 essi deportarono dalla Slovacchia altri 12.300 ebrei, la maggior parte dei quali tuttavia
sopravvisse alla guerra. In totale, in Slovacchia, le vittime documentate dell'Olocausto furono circa
60.000 ebrei slovacchi. A questi si aggiunge un numero cospicuo di ebrei, fino a 10.000, che perse
la vita nelle esecuzioni e durante l'insurrezione slovacca. Gli ebrei di Slovacchia scampati
all'Olocausto furono 20.000102. La maggioranza degli ebrei slovacchi morì nei campi di sterminio
nazisti della Polonia occupata dai tedeschi. Il governo slovacco non solo li consegnò
volontariamente, ma pagò ai tedeschi 450 Reichsmark per ogni deportato. Inoltre le autorità
slovacche avevano il compito di arrestare le vittime, di preparare i vagoni per il trasporto, di
organizzare i convogli e di curare i preparativi per la deportazione. Questo lavoro fu portato a
termine in modo molto coscienzioso. Le razzie venivano compiute per lo più dagli uomini della
truppa Hlinka (milizia fedele al regime), dai gendarmi slovacchi e da volontari tedeschi. Gli eccessi
erano frequenti, soprattutto a opera degli uomini della truppa Hlinka103. Comunque, a quanto risulta,
non si giunse ad eccessi come quelli che si verificarono in Romania o in Ungheria.
0002000070 ‣ Jugoslavia e Croazia . Risulta che nella primavera del 1941 in Jugoslavia vivessero
82.242 ebrei: alla fine della guerra, l'81,7% di essi (oltre 67.000) era stato eliminato. La
maggioranza perse la vita per mano degli occupanti tedeschi, ma anche di quelli ungheresi e
bulgari: essi furono o fucilati dalla Wehrmacht (in Serbia) oppure deportati ed eliminati nei campi
di sterminio tedeschi (nelle regioni jugoslave occupate da ungheresi e bulgari). Un'eccezione fu
costituita dallo stato croato degli Ustascia, in cui gli autori croati delle violenze giocarono un ruolo
fondamentale nello sterminio degli ebrei104.
Sulle rovine dello stato jugoslavo, distrutto dalla Wehrmacht, Hitler fece nascere, il 16 aprile 1941,
lo “Stato Indipendente di Croazia” comprendente all'incirca le odierne regioni della Croazia e della
Bosnia-Erzegovina. I conquistatori tedeschi consegnarono il potere al movimento Ustascia e al suo
capo Ante PavelÕc. PavelÕc aveva fondato il movimento Ustascia nel 1930: esso era
un'organizzazione ultranazionalista croata, di ispirazione fascista e terrorista, che era stata bandita
dalla Jugoslavia indipendente. Lo Stato Indipendente di Croazia, in realtà, era uno stato-marionetta
del Reich tedesco, e il suo intero territorio era occupato dai tedeschi e in parte dalle truppe italiane
(nelle regioni meridionali). L'obbiettivo principale del regime Ustascia era la creazione di uno stato
croato totalitario ed etnicamente omogeneo105. Nel territorio dello stato Ustascia vivevano circa
39.000 ebrei. Il regime, su consiglio degli organi tedeschi, procedette subito contro gli ebrei
adottando misure draconiane. Esso emanò molto rapidamente una radicale legislazione antiebraica,
basata sul modello tedesco, dandole immediata applicazione. Nel giro di pochi mesi, a partire dal
maggio 1941, le autorità croate internarono gli ebrei in ghetti e campi di concentramento allestiti e
attivati in territorio croato. Il rastrellamento e la sorveglianza erano compito delle milizie Ustascia,
il braccio armato del movimento Ustascia. Con razzie e rapimenti esse uccisero migliaia di ebrei. La
maggioranza delle vittime, tuttavia, perì nei campi di concentramento e nei ghetti, per il tifo e la
fame, oppure fucilata, torturata, affogata, accoltellata o con il cranio sfondato a martellate. Dopo la
guerra si calcolò che nei campi di concentramento croati, durante il conflitto, avessero trovato la
morte tra i 25.000 e i 26.000 ebrei. Questa stima è tuttavia considerata eccessiva. È comunque certo
che gli Ustascia croati abbiano eliminato o “sfiancato a morte” la maggior parte dei circa 30.000
ebrei croati e bosniaci vittime dell'Olocausto106.
Per l'eliminazione degli ebrei gli Ustascia si avvalsero non solo di propri commando di sterminio,
ma ricorsero anche all'“aiuto” tedesco. Nell'ottobre 1941 il governo croato chiese alle autorità
tedesche se non fosse possibile deportare in Europa orientale gli ebrei croati ancora in vita. In un
primo momento i tedeschi risposero negativamente. Nel maggio 1942 gli Ustascia riproposero la
richiesta, e stavolta i tedeschi acconsentirono. Così, nell'agosto 1942, più di 5000 ebrei croati
furono deportati ad Auschwitz, dove vennero sterminati. Ad aprile e maggio del 1943 altri 2000
ebrei croati furono deportati nei campi di sterminio della Polonia occupata, stavolta su pressione dei
tedeschi. Il governo Ustascia si impegnò, da parte sua, a pagare, per ogni ebreo deportato, 30
Reichsmark107. L'impeto maggiore della follia omicida degli Ustascia, tuttavia, non si scagliò contro
gli ebrei croati e bosniaci, ma prese di mira soprattutto la popolazione serba che viveva nel territorio
del nuovo stato. L'obiettivo era quello di rendere il nuovo stato non solo “libero da ebrei” [judenfrei
] ma anche “libero da serbi” [serbenfrei ]. I metodi con cui gli Ustascia tentarono di perseguire tali
obiettivi furono le espulsioni e le stragi, che ebbero inizio subito dopo l'ascesa al potere del
movimento. Nel luglio 1942, secondo dati tedeschi, in territorio serbo, nel quale i nazisti avevano
creato un altro stato-marionetta, vi erano 420.000 tra profughi ed espulsi serbi. Si calcola che in
territorio croato persero la vita 300.000 serbi. La maggior parte di essi morì nei campi di
concentramento croati o nei massacri condotti di norma dalle milizie Ustascia. Il tutto avvenne sotto
gli occhi e con il beneplacito degli occupanti tedeschi108. In Jugoslavia, durante la guerra, le vittime
furono complessivamente poco più di 1.000.000. Parte di esse fu uccisa dagli occupanti tedeschi,
ma anche da quelli ungheresi, bulgari e italiani. La maggior parte delle vittime, tuttavia, si deve agli
stessi autori locali delle violenze, in primo luogo agli Ustascia croati, in seguito ai Cetnici
(partigiani nazionalisti serbi) che combatterono contro i croati, oltre che ai musulmani bosniaci e ai
partigiani comunisti capeggiati da Tito109.
0002000070 ‣ Francia . Dopo la capitolazione, il 22 giugno 1940, Hitler divise la Francia in due
zone, una occupata, l'altra libera. La zona sotto occupazione si estendeva a nord della Loira e lungo
la costa atlantica. La zona non occupata comprendeva la Francia meridionale, amministrata dal
governo collaborazionista del maresciallo Henri Philippe Pétain, con sede a Vichy. L'AlsaziaLorena fu annessa al Reich tedesco. Nel 1940 vivevano in territorio francese circa 330.000 ebrei, di
cui dai 190.000 ai 200.000 di nazionalità francese e dai 130.000 ai 140.000 stranieri. Circa 80.000
di essi caddero vittime dell'Olocausto, eliminati principalmente nei campi di sterminio tedeschi110.
Le autorità francesi collaborarono attivamente allo sterminio di questi ebrei, occupandosi di quasi
tutte le operazioni preparatorie. Il governo di Vichy avviò la sua politica antiebraica subito dopo
essersi insediato, nell'estate del 1940. Ciò avvenne addirittura prima che tale politica venisse
introdotta dalle autorità tedesche di occupazione nella Francia occupata. Oltre alle normali
limitazioni imposte alla totalità degli ebrei, una parte degli ebrei stranieri venne internata in campi.
Il peggio, però, doveva ancora arrivare. Il 4 luglio 1942 il regime di Vichy, su pressione tedesca, si
dichiarò disposto a consegnare agli invasori, e quindi a deportare nei campi di sterminio nazisti,
tutti gli ebrei stranieri; nel contempo esso assicurava la collaborazione della polizia e delle autorità
francesi. Il primo convoglio partì il 17 luglio dal campo di Pithiviers, carico di 928 persone e diretto
ad Auschwitz111. Lo seguirono altri convogli. Peraltro non furono consegnati soltanto ebrei
stranieri, ma anche francesi; gli stranieri erano comunque in maggioranza. Alla fine del 1942, dalla
Francia, erano stati deportati complessivamente 42.500 ebrei. Le deportazioni continuarono fino
all'estate del 1944: l'ultimo convoglio partì il 15 agosto 1944112.
Il numero totale degli ebrei deportati dal territorio francese ammonta a poco meno di 76.000 unità.
Gli ebrei morti durante la deportazione nei campi di concentramento in Francia (soprattutto in quelli
della zona non occupata) furono circa 3000. Gli ebrei giustiziati sommariamente o assassinati per il
solo fatto di essere tali furono circa 1000. Il numero complessivo delle vittime della ``Soluzione
finale'' in Francia ammonta quindi a 80.000: si può dunque affermare che, in pratica, il 25% degli
ebrei di Francia perse la vita nell'ambito della “Soluzione finale”. Delle 80.000 vittime, 24.500
furono ebrei francesi e 56.500 stranieri113. Nelle deportazioni le autorità e le forze di polizia in loco
svolsero il ruolo decisivo. Le autorità francesi registravano le vittime destinate alla deportazione, la
polizia e la gendarmeria le arrestavano e le conducevano nei campi. A numerose razzie
parteciparono non solo le forze di polizia, ma anche soldati, vigili del fuoco e volontari francesi.
Nella zona occupata, talvolta, vi partecipò anche la polizia militare [Feldgendarmerie ] tedesca. I
campi erano sorvegliati da gendarmi francesi e amministrati, fino all'estate 1943, dalle autorità di
polizia francesi. I convogli di deportati venivano allestiti e preparati per la partenza all'interno dei
campi; la maggior parte di essi partì dal campo di Dancy. La polizia francese accompagnava i
convogli fino al confine con la Germania, per poi consegnarli ai colleghi tedeschi, che li scortavano
fino ad Auschwitz. Senza la collaborazione attiva delle autorità e delle forze di polizia francesi, le
deportazioni su così larga scala non sarebbero state possibili114.
0002000070 ‣ Gli altri paesi . Anche da altri paesi europei posti sotto la sfera di potere del Reich
tedesco furono consegnati ebrei ai tedeschi. Le sole eccezioni sono rappresentate da Danimarca e
Finlandia115. Il governo bulgaro si oppose alla deportazione di circa 50.000 ebrei bulgari, tuttavia
consegnò ai tedeschi tutti gli ebrei delle regioni che la Bulgaria aveva occupato durante la guerra
grazie all'aiuto tedesco. Complessivamente, le autorità e le forze di polizia bulgare deportarono più
di 11.000 ebrei dalla Macedonia (precedentemente jugoslava) e dalla Tracia (Grecia) nei campi di
sterminio tedeschi116.
Negli altri paesi la follia annientatrice nei confronti degli ebrei da parte degli autori tedeschi
dell'Olocausto ebbe “maggiore successo”. Dall'Olanda occupata, i tedeschi deportarono nei campi
di sterminio, dal luglio 1942 all'agosto 1944, circa 107.000 dei complessivi 140.245 ebrei olandesi.
Di questi deportati i sopravvissuti furono soltanto 5200 circa. Nelle razzie e nelle operazioni di
allestimento dei convogli di deportati, i tedeschi utilizzarono sia la propria polizia di pubblica
sicurezza sia forze di polizia olandesi117. Dei circa 52.000 ebrei che vivevano in Belgio alla fine del
1940, gli occupanti tedeschi ne deportarono nei campi di sterminio circa 25.000; la polizia e le
autorità belghe svolsero in questo frangente un ruolo subordinato118. Il regime Quisling, insediato
da Hitler in Norvegia, consegnò ai tedeschi 759 dei circa 1800 ebrei norvegesi. Solo 25 di questi
759 deportati sopravvissero alla guerra. Gli altri ebrei si salvarono, quasi tutti scappando in
Svezia119. In Albania alcune centinaia di ebrei albanesi caddero vittima dell'Olocausto, eliminati
dagli occupanti tedeschi120.
Dopo l'invasione dell'Italia, nell'estate 1943, gli occupanti tedeschi deportarono ad Auschwitz
“soltanto” 6416 ebrei italiani e stranieri (circa il 19% di tutti gli ebrei presenti in Italia). Autorità e
forze di polizia italiane non ebbero quasi mai alcun ruolo in questa azione121. In Boemia e in
Moravia, le regioni della Cecoslovacchia occupate dai tedeschi, di quasi 120.000 ebrei
sopravvissero alla guerra circa 40.000. Gli altri morirono nel ghetto di Tereźin (Theresienstadt), o
nei campi di sterminio e di concentramento tedeschi. La polizia e le autorità ceche svolsero in
questo ambito un ruolo subordinato: dovettero collaborare su ordine dei tedeschi al rastrellamento e
al concentramento delle vittime122. Gli invasori tedeschi si occuparono in larga parte
autonomamente anche dell'eliminazione degli ebrei greci, mentre nelle regioni greche occupate dai
bulgari collaborarono efficacemente, come già accennato, le autorità e le forze di polizia bulgare.
Dei circa 71.000 ebrei greci sopravvissero all'Olocausto soltanto 12.000123.
0002000070 ‣ Considerazioni finali . Dopo aver preso il potere nel 1933, i nazisti tedeschi
innalzarono l'antisemitismo razzista ed eliminazionista124 a principio guida della politica statale in
Germania e a dottrina di stato. Nell'arco di pochi anni, a partire dal 1938, la Germania
nazionalsocialista riuscì a sottomettere quasi tutta l'Europa. Fu così che la grande maggioranza degli
ebrei europei si ritrovò nell'ambito di potere di uno stato che includeva tra i suoi obiettivi la loro
eliminazione. Nel 1941 i vertici di governo tedeschi decisero di uccidere tutti gli ebrei nel frattempo
caduti o suscettibili di cadere sotto il potere dalla Germania; tale proposito venne messo in pratica
in maniera conseguente. I responsabili tedeschi delle decisioni ricorsero, a questo scopo,
principalmente a personale e a istituzioni tedesche, che organizzarono e attuarono lo sterminio.
Fuori dai confini tedeschi essi dipesero però, di norma, dall'aiuto e dalla collaborazione di forze,
istituzioni e addirittura di governi locali.
Gli organi tedeschi addetti alla realizzazione dell'Olocausto si assicurarono i complici in questo
crimine in modi diversi: talvolta con la forza, talvolta impartendo ordini, ma molto spesso si
affidarono invece alla libera volontà dei complici, a trattative, come anche a pressioni diplomatiche
e militari. In questo ambito sono riscontrabili differenze: la più importante riguardò i paesi
dell'Europa centrorientale e quelli dell'Europa meridionale. La maggior parte delle vittime
dell'Olocausto perse la vita in Europa centrorientale. In quelle regioni i tedeschi instaurarono un
regime di terrore incomparabilmente più brutale di quello imposto a Occidente. A ciò si aggiunge il
terrore sovietico, un'esperienza assente nelle altre regioni europee. Ciò significa che questo terrore
ebbe un effetto più profondo sulle società dell'Europa centro-orientale che non, ad esempio, in
Francia, in Olanda o magari in Danimarca, dove i tedeschi condussero una politica di occupazione
molto meno brutale125. E queste differenze si evidenziano anche nel corso della persecuzione e dello
sterminio degli ebrei. Nell'Europa centrale e orientale gli occupanti tedeschi definirono e guidarono
dall'inizio alla fine lo svolgimento della persecuzione e dello sterminio degli ebrei sin nei minimi
dettagli: essi vararono legislazioni antiebraiche e le fecero applicare. Istituirono una polizia
ausiliaria composta da agenti locali e costituirono un'amministrazione autonoma locale, reclutando
personalmente e in base ai propri criteri, successivamente anche attraverso un obbligo coatto, i
componenti di queste istituzioni. Gli occupanti tedeschi avevano il controllo e il comando di tali
organismi e di queste forze, che impiegarono per perseguire scopi e obiettivi propri, uno tra tutti lo
sterminio degli ebrei. Si giunse al punto che gli autori tedeschi dell'Olocausto obbligarono i
Consigli ebraici [Judenräte ] e la polizia ebraica operante nei ghetti a collaborare alle persecuzioni
contro gli ebrei. Per questi paesi, perciò, non è possibile parlare di una politica di persecuzione e di
sterminio autonoma nei confronti degli ebrei.
Ciononostante, nella storiografia occidentale, principalmente in quella tedesca, è osservabile la
tendenza a imputare, senza distinguo, alle singole nazioni dell'Est europeo la complicità attiva
nell'Olocausto. Ad esempio, nel caso della Lituania, si arriva ad affermare: “La politica tedesca e
quella lituana ambedue insieme condussero alla Shoah in Lituania”126. Tuttavia, a quel tempo, una
politica “lituana” autonoma verso gli ebrei non poteva esistere, perché non esisteva all'epoca alcuno
stato lituano, neanche uno stato-marionetta che potesse perseguire una tale politica. È però un dato
di fatto che gli occupanti tedeschi liberarono in Lituania il potenziale antisemita, criminale e
violento, incentivandolo in modo mirato, per canalizzarlo contro gli ebrei allo scopo di annientarli.
Ed ebbero anche successo in questa operazione: migliaia di lituani, alcuni molto prontamente
collaborativi, parteciparono all'Olocausto. Il trauma del regime del terrore sovietico, che andò a
incrementare ulteriormente il potenziale antisemita presente in Lituania e nelle restanti regioni
dell'Est europeo, facilitò i tedeschi nel reclutamento di autori volonterosi per l'Olocausto.
Analogamente procedettero gli occupanti in Lettonia, in Bielorussia e anche in Ucraina. Le autorità
di occupazione tedesche elevarono la persecuzione e l'uccisione degli ebrei al rango di legge,
trasformando in crimine l'aiuto verso gli ebrei, che in Polonia, ad esempio, fu “sanzionato” con la
pena di morte per l'intera famiglia del complice. In altri paesi, invece, le autorità tedesche si
affidarono a trattative e a complicità volontaria, come ad esempio nella Francia di Vichy o in
Ungheria. Lo stato rumeno di allora compì, addirittura, il suo proprio Olocausto. Questi paesi e
regimi erano effettivamente in grado di condurre una politica ebraica in un certo qual modo
autonoma. Essi potevano rifiutarsi di consegnare gli ebrei locali ai tedeschi, oppure potevano
dimostrarsi d'accordo e collaborare a tali azioni, o intraprendere anche autonome iniziative di
sterminio, come nel caso del governo della Romania o del regime croato degli Ustascia.
Nel contempo, i massacri di cui risultarono responsabili gli Ustascia croati o le Croci Frecciate
ungheresi dimostrano che il trauma del regime del terrore sovietico non fu un presupposto
indispensabile per il reclutamento di autori volenterosi dello sterminio degli ebrei. In tutti i paesi
d'Europa esisteva un potenziale antisemita, criminale e violento, che i tedeschi poterono
strumentalizzare miratamente per uccidere gli ebrei europei. Sembra tuttavia che tale potenziale
fosse particolarmente intenso nei paesi precedentemente sottoposti al regime del terrore sovietico.
Il tentativo di attribuire senza distinguo i crimini di autori non tedeschi alle rispettive nazioni
rispecchia la tendenza a denazionalizzare, per così dire, gli autori tedeschi dell'Olocausto. Nel
dibattito pubblico gli autori tedeschi dei massacri vengono spesso presentati come “criminali
nazisti”, “criminali delle SS”, “criminali nazionalsocialisti” oppure “fascisti”, “criminali della
Gestapo”, o con espressioni simili. Vengono così messe in risalto le loro appartenenze politiche o
istituzionali, mentre quelle etniche passano in secondo piano. Con ciò si tributa al superamento
tedesco del proprio passato un riconoscimento che effettivamente non ha eguali. Allo stesso tempo
però, ad esempio in Polonia, si constata con preoccupazione e persino con indignazione come i
campi di sterminio “nazionalsocialisti” della Polonia occupata dai tedeschi vengano non di rado
descritti, perfino in testi scientifici, come “campi di sterminio polacchi” o “campi di
concentramento polacchi”. In tal modo – certo inconsapevolmente – si ammette, almeno dal punto
di vista linguistico, la colpevolezza polacca127. Di quando in quando, tuttavia, si ha anche
l'impressione che alcuni autori cerchino miratamente complici non tedeschi, soprattutto in Europa
centrorientale128.
Il dibattito internazionale sui colpevoli non tedeschi dell'Olocausto è appena agli inizi. Sono da
prevedersi, e anche da auspicarsi, altre pubblicazioni, al fine di poter far luce, anche da questo punto
di vista, su uno dei più grandi crimini, se non il più grande crimine, della storia dell'umanità. È da
aspettarsi che il nucleo delle ricerche continui a rivolgersi all'Europa centrale e orientale, dato che
proprio in quelle regioni venne sterminato il maggior numero degli ebrei, e che lì vi sono anche le
lacune maggiori dal punto di vista della ricerca. Bisogna comunque sempre preoccuparsi di
contestualizzare storicamente questi tragici avvenimenti. Note al saggio
1 - Raul Hilberg, Perpetrators, Victims, Bystanders. The Jewish Catastrophe 1933-1945,
HarperCollins, New York 1992 [trad. it. Carnefici, vittime, spettatori. La persecuzione degli ebrei
(1933-1945), Mondadori, Milano 1994].2 - Sullo stato delle ricerche riguardanti gli autori
dell'Olocausto cfr. Gerhard Gaul, Von Psychopaten, Technokraten des Terrors und ``ganz
gewöhnlichen'' Deutschen. Die Täter der Shoah im Spiegel der Forschung, in Die Täter der Shoah.
Fanatische Nazionalozialisten oder ganz normale Deutsche?, a c. di Gerhard Paul, Wallstein
Verlag, Göttingen 2002, pp. 13-90 (riguardo agli autori stranieri dell'Olocausto cfr. pp. 56-61).3 Per ragioni di spazio mi occuperò solo marginalmente di complici non tedeschi, che, ad esempio,
misero in pratica misure antiebraiche degli occupanti tedeschi, come la privazione dei diritti, gli
espropri, la “degiudeizzazione” dell'economia e della vita pubblica, la ghettizzazione o il lavoro
forzato, operazioni che precedettero lo sterminio o si svolsero parallelamente a esso.4 - Il 24 agosto
1939, a Mosca, i ministri degli Esteri tedesco e sovietico firmarono il cosiddetto Patto Hitler-Stalin,
con il quale i due dittatori si spartivano l'Europa centrorientale. La Polonia fu divisa tra la Germania
e l'Unione Sovietica, gli stati baltici e il nordest della Romania (Bessarabia) toccarono ai sovietici.
Il 1° settembre 1939 la Wehrmacht invase la Polonia e il 17 settembre, con la Polonia praticamente
sconfitta, se non ancora interamente occupata, le truppe sovietiche varcarono il confine e
occuparono la Polonia orientale. Nove mesi dopo, tra giugno e luglio del 1940, le truppe di Stalin
occuparono gli stati baltici e la Bessarabia.5 - Dalle regioni un tempo appartenute alla Polonia
orientale i sovietici deportarono nelle regioni interne dell'Unione Sovietica fino a 400.000 persone,
ne imprigionarono circa 120.000, torturandone e uccidendone a migliaia. Dagli stati baltici i
sovietici deportarono più di 50.000 persone, dalla Bessarabia circa 20.000: anche in questi due casi
le vittime uccise ammontano a migliaia. Cfr. Bogdan Musial, “Konterrevolutionäre Elemente sind
zu erschießen”. Die Brutalisierung des deutsch-sowjetischen Krieges im Sommer 1941, Propyläen
Verlag, Berlin 2000, pp. 31-36; Stanislaw Ciesielski et al., Masowe deporatcje Iudnosci w
Zwiaôzku Radzieckim, Wydawnictwo Adam Marszalek, Toruń 2004, pp. 311-36.6 - Bogdan Musial,
Jewish Resistance in Poland's Eastern Borderlands during the Second World War, 1939-41,
“Pattern of Prejudice” vol. 38, nr. 4, Routledge, New York NY, dicembre 2004, pp. 371-82.7 - Cfr.
tra gli altri Ben-Cion Pinchuk, Shtetl Jews under Soviet Rule. Eastern Poland on the Eve of the
Holocaust, Basil Blackwell, Oxford 1990; Dov Levin, The Lesser of Two Evils. Eastern European
Jewery under Soviet Rule, 1939-1941, The Jewish Publication Society, Philadelphia-Jerusalem
1995; Musial, Konterrevolutionäre Elemente cit., pp. 42-81; Alfonsas Eidintas, Das Stereotyp des
``jüdischen Kommunisten'' in Litauen 1940-41, in Holocaust in Litauen. Krieg, Judenmorde und
Kollaboration im Jahre 1941, a c. di Vincas Bartuseviccus et al., Böhlau Verlag, Köln 2003, pp. 1325.8 - Messaggio telex di Heydrich del 29 giugno 1941, in Die Ermordung der europäischen Juden.
Eine umfassende Dokumentation des Holocaust 1941-1945, a c. di Peter Longerich, MünchenZürich 1989, p. 118 sgg.9 - Gert Robel, Sowjetunion, in Dimension des Völkermords. Die Zahl der
jüdischen Opfer des Nationalsozialismus, a c. di Wolfgang Benz, Deutscher Taschenbuch Verlag,
München 1996, pp. 499-560, 502-04; Knut Stang, Kollaboration und Massenmord. Die litauische
Hilfspolizei, das Rollkommando Hamann und die Ermordung der litauischen Juden, Peter Lang
Verlag, Frankfurt am Main 1996, pp. 73-76.10 - Stang, Kollaboration cit., pp. 80-81; Stang parla di
175.000 ebrei lituani uccisi nel periodo dalla fine di giugno al novembre 1941 e di 45.000 che
furono concentrati nei tre ghetti. Karl Jäger, il capo di questa operazione di sterminio, indicò invece
un totale di 137.346 persone “liquidate”, tra le quali circa 136.000 uomini, donne e bambini ebrei. Il
resto era composto da circa 100 comunisti, 600 malati di mente, polacchi e partigiani sovietici.
Inoltre, sempre secondo Jäger, nei tre ghetti furono concentrati circa 34.500 ebrei. Rapporto Jäger:
Karl Jäger, “Elenco completo delle esecuzioni compiute nel distretto dell'Einsatzkommando 3 fino
al 1° dicembre 1941”, 1 dicembre 1941, Kaunas, in Archivio speciale (Sonderarchiv), Mosca, f.
500, op. 1, d. 35, Bl. 110-117; riportato anche come facsimile in Holocaust in Litauen cit., pp. 30311.11 - Stang, Kollaboration cit., pp. 113-21.12 - Hans-Heinrich Wilhelm, Die Einsatzgruppe A der
Sicherheitspolizei und des SD 1941/42, Peter Lang Verlag, Frankfurt am Main 1996, pp. 62-63;
Karl Jäger parla invece di 4000 ebrei che furono “liquidati esclusivamente dai partigiani”. Cfr.
Rapporto Jäger cit.13 - Stang, Kollaboration cit., pp. 121-51; Arunas Bubnys, Die litauischen
Hilfspolizeibataillone und der Holocaust, in Holocaust in Litauen cit., pp. 117-31.14 - Stang,
Kollaboration cit., pp. 153-80; Bubnys, Hilfspolizeibataillone cit., pp. 119-21; cfr. anche Erich
Heine, Allgemeine Ermächtigung und konkrete Eigendynamik. Die Ermordung der Juden in den
ländlichen Gebieten Litauens, in Holocaust in Litauen cit., pp. 91-102.15 - Stang, Kollaboration,
cit., pp. 161-70.16 - Ivi, pp. 170-71.17 - Bubnys, Hilfspolizeibataillone cit., pp. 119-21.18 - Ivi, pp.
118, 128; Stang, Kollaboration cit., p. 188.19 - Bubnys, Hilfspolizeibataillone cit., pp. 121-28.20 Ibid.21 - Michael MacQueen, Einheimische Gehilfin der Gestapo. Die litauische Sicherheitspolizei
in Vilnius 1941-1944, in Holocaust in Litauen cit., pp. 103-16.22 - Stang, Kollaboration cit., p. 188;
Christoph Dieckmann, Deutsche und litauische Interessen. Grundlinien der Besatzungspolitik in
Litauen 1941 bis 1944, in Holocaust in Litauen cit., pp. 63-76.23 - Andrew Ezergailis, The
Holocaust in Latvia: 1941-1944, The Historical Institute of Latvia, Riga 1996, pp. 58-62 parla di
66.000 ebrei residenti in Lettonia nel luglio 1941; Wilhelm, Die Einsatzgruppe A cit., pp. 118-19,
stima il loro numero in 70.000 persone.24 - Wilhelm, Die Einsatzgruppe A cit., pp. 105-13.25 - Il
rapporto è riportato in Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem Internationalem
Militärgerichtshof Nürnberg 14. November 1945 – 1. Oktober 1946, vol. XXX, Nürnberg 1948,
2273-PS.26 - Viktors Ara°js nacque nel 1910 nella cittadina di Baldone, nei pressi di Riga. Negli
anni Trenta studiò giurisprudenza. Nel 1935 interruppe gli studi per lavorare nella polizia. Quattro
anni dopo riprese gli studi di legge, che concluse durante l'occupazione sovietica. Poco prima
dell'attacco tedesco all'Unione Sovietica si unì, secondo una sua stessa testimonianza, a un gruppo
di partigiani. Durante l'occupazione tedesca fu alla guida del commando. Dopo il 1945 fuggì in
Germania sotto falso nome. Nel 1975 fu arrestato e nel 1979 venne condannato all'ergastolo ad
Amburgo. Morì nel 1988 in carcere. Cfr. Ezergailis, The Holocaust cit., pp. 175-80.27 - Ivi, pp.
171-189; Katarin Reichelt, Kollaboration und Holocaust in Lettland 1945-1945, in Täter im
Vernichtungskrieg. Der Ûberfall auf die Sowjetunion und der Völkermord an den Juden, a c. di
Wolf Kaiser, Propyläen Verlag, Berlin/München 2002, pp. 110-124.28 - Ezergailis, The Holocaust
cit., pp. 189-191.29 - Ivi, pp. 191-92; Reichelt, Kollaboration cit., pp. 116-17.30 - Ezergailis, The
Holocaust cit., pp. 191-93; Wilhelm, Die Einsatzgruppe A cit., pp. 113-19.31 - Ezergailis, The
Holocaust cit., pp. 183-95.32 - Ivi, pp. 311-35.33 - Ibid.; Reichelt, Kollaboration cit., p. 118 sgg.34
- Ibid.; Reichelt, Kollaboration cit., p. 118 sgg.; Katrin Reichelt, Der Anteil von Letten an der
Enteignung der Juden ihres Landes zwischen 1941 und 1943, in Kooperation und Verbrechen.
Formen der ``Kollaboration'' im östlichen Europa 1939-1945, a c. di Christoph Dieckmann et al.,
Wallstein Verlag, Göttingen 2003, pp. 224-42.35 - Wilhelm, Die Einsatzgruppe A cit., pp. 203-08;
Meelis Maripuu, Kollaboration und Widerstand in Estland 1940-1944, in Collaboration and
Resistance During the Holocaust. Belarus, Estonia, Latvia, Lithuania, a c. di David Gaunt et al.,
Peter Lang, Bern 2004, pp. 403-19; Gert Robel, Sowjetunion, in Dimension des Völkermords. Die
Zahl der jüdischen Opfer des Nationalsozialismus, a c. di Wolfgang Benz, Deutscher Taschenbuch
Verlag, München 1996, p. 524.36 - Karel C. Berkhoff, Harvest of Despair. Life and Death in
Ukraine under Nazi Rule, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge MA-London
2004, pp. 6-34, 61; Dieter Pohl, Ukrainische Hilfskräfte beim Mord an den Juden, in Die Täter der
Shoah. Fanatische Nationalsozialisten oder ganz normale Deutsche?, a c. di Gerhard Paul,
Wallstein Verlag, Göttingen 2002, pp. 205-34.37 - Dopo aver conquistato il territorio ucraino, gli
invasori tedeschi lo divisero in quattro regioni: la Galizia orientale fu annessa al Governatorato
generale, la Transnistria e Odessa vennero poste sotto occupazione rumena: in Volinia-Podolia, nei
distretti di Zhytomyr, Kiev, Kirovohrad, Dnepropetrovsk, i nuovi occupanti costituirono il
Reichskommisariat dell'Ucraina; i territori orientali restarono sotto amministrazione militare.38 -
Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., p. 217; Radu Ioanid, The Holocaust in Romania. The Destruction
of Jews and Gypsies Under the Antonescu Regime 1940-1944, Ivan R. Ree, Chicago 2000, p. 176
sgg.39 - Musial, Konterrevolutionäre Elemente cit., pp. 98-191.40 - Klaus-Michael Mallmann, Der
qualitative Sprung im Vernichtungsprozeß. Das Massaker von Kamenez-Podolsk Ende August
1941, in “Annuario della ricerca sull'antisemitismo” 10 (2001), pp. 239-64; Berkhoff, Harvest of
Despair cit., pp. 62-69; Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., pp. 212-15.41 - Berkhoff, Harvest of
Despair cit., pp. 69-71; Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., pp. 125-218.42 - Pohl, Ukrainische
Hilfskräfte cit., pp. 212-15; Berkhoff, Harvest of Despair cit., pp. 62-71; Martin Dean,
Collaboration in the Holocaust. Crimes of the Local Police in Belorussia and Ukraine, 1941-44, St.
Martin's Press, New York 2000, pp. 42-43.43 - Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., pp. 215-17.44 Dieter Pohl, Nationalsozialistische Judenverfolgung in Ostgalizien 1941-1944. Organisation und
Durchführung eines staatlichen Massenverbrechens, Oldenbourg Verlag, München 1996, pp. 185262; Thomas Sandkühler, ``Endlösung'' in Galizien. Der Judenmord in Ostpolen und die
Rettungsinitiative von Berthold Beitz 1941-1944, Dietz Verlag, Bonn 1996, pp. 208-67.45 - Pohl,
Ukrainische Hilfskräfte cit., p. 217; Pohl, Nationalsozialistische Judenverfolgung cit., pp. 36273.46 - Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., pp. 216-17; Richard Breitman, Himmler's Police
Auxiliaries in the Occupied Soviet Territories, in “Simon Wiesenthal Center Annual” 7, Los
Angeles CA 1990, pp. 23-39.47 - Pohl, Ukrainische Hilfskräfte cit., p. 219.48 - Peter Black, Die
Trawniki-Männer und die ``Aktion Reinhard'', in ``Aktion Reinhard''. Der Völkermord an den Juden
im Generalgouvernement 1941-1944, a c. di Bogdan Musial, Fibre Verlag, Osnabrück 2004, pp.
309-52.49 - Christian Gerlach, Kalkulierte Morde. Die deutsche Wirtschafts- und
Vernichtungspolitik in Weißrussland 1941 bis 1944, Hamburger Edition, Hamburg 1999, pp. 91
sgg., 1159.50 - Gerlach, Kalkulierte Morde cit., pp. 536-627, 683-84.51 - Ivi, pp. 733-43; Antonio
Munoz, Oleg V. Romanko, Hitler's White Russians: Collaboration, Extermination and AntiPartisan Warfare in Belorussia, 1941-1944, Europa Books Inc., New York 2003, pp. 304-10.52 Ivi, pp. 536-55; Dean, Collaboration in the Holocaust cit., pp. 17-40; Martin Cüppers, Vorreiter der
Shoah. Waffen-SS, Kommandostab Reichsführer SS und die Judenvernichtung 1939-1945,
Manuskript, Diss. Phil., Universität Stuttgart 2004, pp. 174-207 [pubblicato come Wegbereiter der
Shoah, Waffen ecc.; Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 2005].53 - Cüppers, Vorreiter
der Shoah cit., p. 179.54 - Gerlach, Kalkulierte Morde cit., pp. 514-36, in particolare pp. 530-33.55
- Martin Dean, Microcosm: Collaboration and Resistance during the Holocaust in the Mir Rayon of
Belarus, 1941-1944, in Collaboration and Resistance cit., pp. 223-59 (223-33); inoltre Dean,
Collaboration in the Holocaust cit., pp. 46-50.56 - Ibid.57 - Dean, Microcosm cit., pp. 224, 22728.58 - Ivi, pp. 233-39.59 - Ivi, pp. 225, 243-56.60 - Gerlach, Kalkulierte Morde cit., pp. 202-09;
Bernhard Chiari, Alltag hinter der Front: Besatzung, Kollaboration und Widerstand in
Weissrussland 1941-1944, Droste Verlag, Düsseldorf 1998, pp. 163-86; Dean, Collaboration in the
Holocaust cit., p. 65.61 - A titolo di esempio va citato il cosiddetto “dibattito su Jedwabne”,
inaugurato dalla pubblicazione di Jan Tomasz Gross, Neighbors. The Destruction of the Jewish
Community in Jedwabne, Poland, Princeton University Press, Princeton-Oxford 2001 [trad. it I
carnefici della porta accanto: 1941, il massacro della comunità ebraica di Jedwabne in Polonia,
Mondadori, Milano 2003]. L'edizione originale polacca venne pubblicata l'anno precedente. Sullo
svolgimento del dibattito cfr. The Neighbors Respond. The Controversy over the Jedwabne
Massacre in Poland, a c. di Antony Polonsky e Johanna B. Michlic, Princeton University Press,
Princeton-Oxford 2004; quanto allo spessore scientifico della pubblicazione di Gross cfr. Bogdan
Musial, The Pogrom in Jedwabne: Critical Remarks about Jan T. Gross's Neighbors, ivi, pp. 30443.62 - Nelle regioni annesse, tanto i polacchi che gli ebrei furono espropriati, deportati nel
Governatorato generale e costretti a lavori forzati, da svolgere per gli ebrei sul posto, per i polacchi
sul posto o anche nel Reich. Gli ebrei furono rinchiusi nei ghetti, mentre le fucilazioni e
l'imprigionamento nei campi di concentramento presero di mira soprattutto l'intellighenzia polacca,
analogamente a quanto avvenne nel Governatorato generale. Tuttavia i polacchi del Governatorato
generale, in confronto agli ebrei, avevano una posizione meno grave, soprattutto per via della
situazione economica: non tutti i polacchi, infatti, furono espropriati o esclusi dalle attività
economiche come accadde per gli ebrei. Cfr. Bogdan Musial, Das Schlachtfeld zweiter totalitärer
Systeme. Polen unter deutscher und sowjetischer Herrschaft 1939-1941, in Genesis des Genozids.
Polen 1939-1941, a c. di Klaus-Michael Mallmann e Bogdan Musial, Wissenschaftliche
Buchgesellschaft, Darmstadt 2004, pp. 13-35.63 - Musial, Konterrevolutionäre Elemente cit., pp.
175-99.64 - Cfr. Bogdan Musial, Indigener Judenhaß und die deutsche Kriegsmaschine. Der
Nordosten Polens im Sommer 1941, in “Osteuropa” 12/2003, pp. 1830-41; Pawel Machcewicz,
Rund um Jedwabne – Neue Forschungsergebnisse polnischer Historiker, in Beginn der
Vernichtung. Zum Mord an den Juden in Jedwabne und Umgebung im Sommer 1941. Neue
Forschungsergebnisse polnischer Historiker, a c. di Edmund Dmitrów et al., Fibre Verlag,
Osnabrück 2004, pp. 19-94; Edmund Dmitrów, Die Einsatzgruppen der deutschen
Sicherheitspolizei und des Sicherheitsdienstes zu Beginn der Judenvernichtung im Gebiet von
Lomża und Byalystok im Sommer 1941, in Beginn der Vernichtung cit., pp. 95-208.65 - Ibid.66 Bogdan Musial, The Origins of ``Operation Reinhard'': The Decision-Making Process for the Mass
Murder of the Jews in the Generalgouvernement, in “Yad Vashem Studies”, vol. 28, Jerusalem
2000, pp. 113-53.67 - A tal proposito cfr. Bogdan Musial, Deutsche Zivilverwaltung und
Judenverfolgung im Generalgouvernement. Eine Fallstudie zum Distrikt Lublin, Harrassowitz
Verlag, Wiesbaden 1999, pp. 229-306; Klaus-Michael Mallmann, “Mensch, ich feiere heut' den
tausendsten Genickschuß”. Die Sicherheitspolizei und die Shoah in Westgalizien, in Aktion
Reinhard cit., pp. 353-82; Michael Alberti, Die Anfänge und die Durchführung der ``Endlösung''.
Die Verfolgung und Vernichtung der Juden im Reichsgau Wartheland 1939-1945, Diss. Phil.,
Freiburg in Breisgau 2001.68 - Cfr. Musial, Deutsche Zivilverwaltung cit., pp. 308-12.69 - Si stima
che i polacchi di Varsavia che fornirono un supporto attivo agli ebrei nascosti furono attorno alle
60.000 persone. Cfr. Gunnar S. Paulsson, Das Verhältnis zwischen Polen und Juden im besetzten
Warschau, 1940-1945, in Aktion Reinhard cit., pp. 384-404 (394-96); Gunnar S. Paulsson, The
Secret City: The Hidden Jews of Warsaw 1940-1945, Yale University Press, New Haven-London
2002, pp. 113-16, 149-54, 233-40.70 - Marek Jan Chodakiewicz, Between Nazis and Soviets.
Occupation Politics in Poland, 1939-1947, Lexington Books, Lanham MD 2004, pp. 150-80 (per le
cifre p. 150); Musial, Deutsche Zivilverwaltung cit., pp. 308-12.71 - Radu Ioanid, The Holocaust in
Romania. The Destruction of Jews and Gypsies Under the Antonescu Regime, 1940-1944, Ivan R.
Dee, Chicago 2000, pp. XX sgg., 289 sgg.; Krista Zach, Rumänien, in Dimension des Völkermords
cit., pp. 381-409. La partecipazione rumena allo sterminio degli ebrei durante la Seconda guerra
mondiale è definita “Olocausto dimenticato” nelle memorie del rabbino capo rumeno Alexandru
Sôafran; ivi, p. 284.72 - Ioanid, The Holocaust in Romania cit., pp. 38-43; Zach, Rumänien cit., pp.
381-99.73 - La Guardia di ferro fu costituita nel 1930 come corpo armato della “Legione
dell'Arcangelo Michele”, creata a sua volta nel 1927 da Corneliu Zelea Codreanu. Codreanu
proclamava tra l'altro l'antisemitismo e un misticismo religioso legato al culto del sacrificio e della
morte, esaltava l'ascesi e proclamava slogan contro il marxismo e contro il capitalismo. Cfr. Jerzy
Borejsza, Schulen des Hasses, Faschistische Systeme in Europa, Fischer Verlag, Frankfurt am Main
1999, pp. 194-96.74 - Ivi, pp. 43-51.75 - Ivi, pp. 52-61; Radu Ioanid, The Pogrom in Bukarest 2123 January 1941, in “Holocaust and Genocide Studies”, vol. 6, nr. 4, Oxford University Press,
Oxford 1991, pp. 272-382; Krista Zach, Rumänien in Brennpunkt: Sprache und Politik, Identität
und Ideologie im Wandel, Südostdeutsches Kulturwerk, München 1998, pp. 394-99.76 - Ioanid, The
Holocaust in Romania cit., pp. 63-90; Angrick, Besatzungspolitik und Massenmord : die
Einsatzgruppe D in der südlichen Sowjetunion 1941-1943, Hamburger Edition, Hamburg 2003, pp.
141-43.77 - Ioanid, The Holocaust in Romania cit., pp. 90-109; Angrick, Besatzungspolitik und
Massenmord cit., pp. 147-72, 191-93; Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, Holmes
& Meier, New York-London 1985, vol. 2, p. 771 [trad. it. La distruzione degli Ebrei d'Europa,
Einaudi, Torino 1995].78 - Ioanid, The Holocaust in Romania cit., pp. 110-23; Angrick,
Besatzungspolitik und Massenmord cit., pp. 193-206.79 - Ioanid, Holocaust in Romania cit., pp.
110-75.80 - Hilberg, Destruction cit., vol. 2, p. 776; Radu Ioanid stima il numero degli ebrei arrivati
vivi in Transnistria ad almeno 125.000 e forse a 145.000. Ioanid, The Holocaust in Romania cit., p.
174; per una trattazione approfondita dell'argomento, ivi, pp. 110-75.81 - Ioanid, The Holocaust in
Romania cit., p. 177.82 - Ivi, pp. 177-82; Angrick, Besatzungszeit und Massenmord cit., pp. 297302.83 - Ioanid, The Holocaust in Romania cit., pp. 182-94.84 - Ivi, pp. 187-269 (cifre a p. 193).85
- Hilberg, Destruction cit., vol. 2, p. 812.86 - Ivi, pp. 338-48.87 - Il 2 novembre 1938 l'Ungheria
ricevette, con il cosiddetto “Primo arbitrato di Vienna”, parte della Slovacchia meridionale, dove,
tra l'altro, vivevano 68.000 ebrei; nel marzo 1939 truppe ungheresi occuparono l'Ucraina
subcarpatica, appartenente alla Cecoslovacchia: nella regione vivevano tra l'altro 78.000 ebrei; il 30
agosto l'Ungheria ottenne con il cosiddetto “Secondo arbitrato di Vienna” la Transilvania
settentrionale, fino ad allora territorio rumeno: nella Transilvania del nord vivevano tra l'altro
164.000 ebrei. Cfr. Làszló Varga, Ungarn, in Dimension des Völkermords cit., pp. 331-51 (pp. 33840); Christian Gerlach, Götz Aly, Das letzte Kapitel. Der Mord an den ungarischen Juden 1944-45,
S. Fischer, Frankfurt am Main 2004, pp. 48-50.88 - A Novi Sad, nella Jugoslavia sotto occupazione
ungherese, nella “sola” estate del 1941 i soldati ungheresi massacrarono, nell'ambito di una
“operazione anti-partigiana”, circa 4000 persone: 1250 ebrei e il resto serbi. Dimensioni molto
maggiori ebbe invece, nell'estate 1941, il trasferimento, da parte delle autorità ungheresi, di circa
17.000 ebrei dall'Ucraina subcarpatica alle regioni ucraine occupate dai tedeschi: essi furono
massacrati dai tedeschi a Kamenec-Podolski alla fine di agosto del 1941. Cfr. Varga, Ungarn cit.,
pp. 336-40; Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 19-90.89 - Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel
cit., pp. 91-132.90 - Ivi, p. 127 sgg.91 - Varga, Ungarn cit., pp. 340-46; Gerlach, Aly, Das letzte
Kapitel cit., pp. 132-48.92 - Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 249-343; Varga, Ungarn cit.,
pp. 340-51.93 - Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 274-76.94 - Ivi, pp. 258, 274-98.95 - Ivi,
pp. 375-414.96 - Ivi, pp. 141, 277-80; Judit Monlár, Gendarmes before the people's court,
manoscritto di una conferenza tenuta durante il convegno “The Holocaust in Hungary 60 years
later: A European perspective”, Budapest, 16-18 aprile 2004.97 - Citazione tratta da Gerlach, Aly,
Das letzte Kapitel cit., p. 257.98 - Krisztián Ungváry, Die Schlacht um Budapest. Stalingrad an der
Donau 1944/45, Herbig Verlag, München 1999, pp. 345-69; Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit.,
pp. 367-74.99 - Varga, Ungarn cit., p. 351; Gerlach, Aly, Das letzte Kapitel cit., pp. 409-14.100 Hilberg, Destruction cit., vol. 2, p. 766.101 - Ivi, vol. 2, pp. 766-94; Eva Schmidt-Hartmann,
Tschechoslowakei, in Dimension des Völkermords cit., pp. 353-79 (pp. 368-74); Yehoshua Büchler,
The Deportation of Slovakian Jews to the Lublin Distrikt of Poland in 1942, in “Holocaust and
Genocide Studies”, vol. 6, Oxford University Press, Oxford 1991, n. 2, pp. 151-66.102 - SchmidtHartmann, Tschechoslovakei cit., p. 374.103 - Hilberg, Destruction cit., vol. 2, pp. 776-79.104 Jozo Tomasevich, War and Revolution in Yugoslavia, 1941-1945. Occupation and Collaboration,
Stanford University Press, Stanford 2001, pp. 580-608.105 - Ivi, pp. 30-38, 233-379.106 - Ivi, pp.
592-608; Holm Sundhausen, Jugoslawien, in Dimension des Völkermords cit., pp. 311-30.107 Tomasevich, War and Revolution cit., pp. 594-597; Sundhausen, Jugoslawien cit., pp. 321-326.108
- Tomasevich, War and Revolution cit., pp. 218, 380-409, 738. In Bosnia-Erzegovina morirono
209.000 serbi, mentre in Croazia 125.000 tra montenegrini e serbi, con questi ultimi in netta
maggioranza. Ivi, p. 738; cfr. anche Ladislaus Hory, Martin Broszat, Der kroatische UstaschaStaat, Schriftenreihe Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte nr. 8, Deutsche Verlags-Anstalt, Stuttgart
1964, pp. 93-106.109 - Tomasevich, War and Revolution cit., pp. 718-50.110 - Serge Klarsfeld,
Vichy-Auschwitz. Die Zusammenarbeit der deutschen und französischen Behörden bei der
``Endlösung der Judenfrage'' in Frankreich, Delphie Politik, Nördlingen 1989, p. 320 [tit. orig.
Vichy-Auschwitz: le rôle de Vichy dans la solution finale de la question juive en France, Fayard,
Paris 1983-1985]111 - Prima del 17 luglio 1942, più precisamente tra il 27 marzo e la fine di giugno
1942, dalla Francia furono allestiti cinque convogli con 5149 deportati destinati ad Auschwitz; essi
furono opera dei tedeschi e non rientravano nell'accordo successivo. Cfr. Juline Wetzel, Frankreich
und Belgien, in Dimension des Völkermords cit., pp. 105-33 (pp. 119, 132).112 - Michael R.
Marrus, Robert O. Paxton, Vichy France and the Jews, Stanford University Press, Stanford 1995,
pp. 250-60, 343.113 - Klarsfeld, Vichy-Auschwitz cit., p. 320.114 - Ivi, pp. 135-60, 297-316;
Marrus, Paxton, Vichy France and the Jews cit., pp. 258-60.115 - In Danimarca, terra in cui i
tedeschi condussero una politica di occupazione relativamente moderata, vivevano circa 10.500
ebrei (di cui 4500 profughi): la maggioranza riuscì a salvarsi dalle deportazioni programmate
scappando in Svezia o dandosi alla clandestinità; gli ebrei caduti in mano ai tedeschi furono poco
meno di 500, e di questi 100 persero la vita. Cfr. Hermann Weiß, Dänemark, in Dimension des
Völkermords cit., pp. 167-85; Hilberg, Destruction cit., pp. 586-96. La Finlandia, alleata nella
guerra contro l'Unione Sovietica, si rifiutò di consegnare i cittadini finlandesi di origine ebrea.116 Hans-Joachim Hoppe, Bulgarien, in Dimension des Völkermords cit., pp. 275-310; Tomasevich,
War and Revolution cit., p. 589 sgg.; Hilberg, Destruction cit., pp. 794-811; Hagen Fleischer,
Griechenland, in Dimension des Völkermords cit., p. 255 sgg.117 - Gerhard Hirschfeld,
Niederlande, in Dimension des Völkermords cit., pp. 137-65; Hilberg, Destruction cit., pp. 598629.118 - Hilberg, Destruction cit., pp. 631-41; Wetzel, Frankreich und Belgien cit., pp. 12931.119 - Oskar Mendelshon, Norwegen, in Dimension des Völkermords cit., pp. 187-97.120 Gerhard Grimm, Albanien, ivi, pp. 229-39.121 - Liliana Picciotto Fargion, Italien, in Dimension des
Völkermords cit., pp. 199-217; Hilberg, Destruction cit., pp. 702-722.122 - Schmidt-Hartmann,
Tschechoslowakei cit., pp. 358-68.123 - Fleischer, Griechenland cit., pp. 241-74.124 L'antisemitismo razzista ricopriva, nell'ideologia nazionalsocialista, un ruolo centrale e mirò, sin
dall'inizio, alla totale “rimozione” [Entfernung ], e quindi allo sterminio [Eliminierung ], degli
ebrei. Da qui il concetto di antisemitismo eliminazionista [eliminatorischer Antisemitismus ],
termine che ritengo coniato da Daniel Goldhagen e divenuto di largo utilizzo; Daniel Jonah
Goldhagen, Hitler's Willing Executioners. Ordinary Germans and the Holocaust, Alfred A. Knopf,
New York 1996 [trad. it. I volonterosi carnefici di Hitler: i tedeschi comuni e l'Olocausto,
Mondadori, Milano 2000].125 - In Occidente Oradur e Lidice sono simboli, fortemente radicati
nella memoria collettiva, dei crimini nazisti contro la popolazione civile non ebrea. Essi, tuttavia,
rappresentarono un'eccezione e non la norma della politica di occupazione tedesca in Francia e nei
territori cechi. In Bielorussia e in Polonia, al contrario, vi sono migliaia di luoghi simili e le “azioni”
che vennero condotte in questi territori rappresentavano eventi quotidiani nella Bielorussia o nella
Polonia occupate. Perfino la capitale della Polonia fu distrutta in questo modo, mentre i suoi abitanti
vennero uccisi, deportati o espulsi. Già a prima vista si nota che il numero delle vittime (tra la
popolazione civile autoctona), circa 700.000 persone, oltrepassa di gran lunga il numero di tutte le
vittime francesi (civili) della Seconda guerra mondiale.126 - Christoph Dieckmann, Deutsche und
litauische Interessen. Grundlinien der Besatzungspolitik in Litauen 1941 bis 1944, in Holocaust in
Litauen, pp. 63-76, citazione p. 64.127 - Ad esempio, un'autrice tedesca scrive che gli ebrei
deportati dai territori cechi erano morti “nei campi di lavoro della Polonia occidentale” (SchmidtHartmann, Tschechoslowakei, in Dimension des Völkermords cit., p. 362). Nella stampa tedesca
(“Spiegel”, “Stern”, “Bild” e anche nella Deutsche Presse Agentur, cioè l'agenzia stampa tedesca) si
leggono spesso le espressioni polnische Lager (campi polacchi) o addirittura polnische Todeslager
(campi di sterminio polacchi), a voler indicare i campi di concentramento e di sterminio tedeschi
situati nella Polonia occupata. Cfr. Klamstwo, quotidiano polacco “Rzeczpospolita”, 22 ottobre
2004; Trzeba scigać autorów tekstów o “polskich obazach śmierci”, “Rzeczpospolita”, 25 gennaio
2005. Tuttavia non sono solo i media tedeschi a non essere immuni da tali confusioni. Il 13 gennaio
2005 il quotidiano italiano “Il Corriere della Sera”, ad esempio, definiva il campo di sterminio di
Auschwitz come un “campo polacco” o un “lager polacco”. In seguito a quelle espressioni
l'ambasciata polacca pretese una rettifica. Cfr. Falzowanie historii, in “Rzeczpospolita”, 21 gennaio
2005.128 - A titolo di esempio, Klaus-Peter Friedrich definisce Odilo Globocnik, il responsabile del
massacro di circa 2.000.000 di ebrei polacchi, e Dieter Wisliceny, il più stretto collaboratore di
Adolf Eichmann, come “nazisti di origini slave” [Nationalsozialisten slavischer Abstammung ],
“slavizzando”, per così dire, due dei più grandi criminali austro-tedeschi. Klaus-Peter Friedrich,
Juden in Polen während der Schoah. Zu polnischen und deutschen Neuerscheinungen, in
“Zeitschrift für Ostmitteleuropa-Forschung” 47, Verlag Herder-Institut, Marburg 1998 H. 2, pp.
231-74 (p. 235).
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