Hai mai fatto un controllo degli ormoni? Da loro dipende molto!

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Hai mai fatto un controllo
degli ormoni? Da loro
dipende molto!
L’Endocrinologia
è
la scienza
medica che studia
le ghiandole
endocrine, cioè
quelle che
producono gli
ormoni. Di
conseguenza studia
gli effetti degli
ormoni, le loro patologie e la loro utilizzazione
terapeutica
Rivolgersi all’endocrinologo per un controllo ormonale è
consigliato specie tra i 30 e i 40 anni, se non si è
fatto prima, e può cambiare in meglio la qualità della
vita. I disordini tiroidei, il malfunzionamento
dell’ipofisi (la ghiandola del cranio che controlla,
attraverso la secrezione di numerosi ormoni, l’attività
endocrina e metabolica di tutto l’organismo), le
alterazioni della sessualità e della sfera riproduttiva
maschile e femminile, ma anche le problematiche
nutrizionali e la salute endocrinologica di genere, sono
al centro dell’attività dell’endocrinologo.
“L’endocrinologo costituisce il perfetto connubio tra il
medico generalista e il medico internista”, afferma
Andrea Lenzi, Presidente della Società italiana di
endocrinologia. “Ci si dovrebbe rivolgere a questo
specialista tutte le volte che si avverte qualcosa di
diverso dallo standard delle funzioni del proprio
organismo”.
“Recentemente la disciplina endocrinologica ha posto
grande attenzione alla prevenzione primaria e
secondaria, mirate a interventi sullo stile di vita
dannoso e sui fattori di rischio ambientali, in
particolare sui nuovi fattori di rischio che vengono
definiti interferenti endocrini, sempre più chiamati in
causa, che riguardano un gruppo di sostanze che agendo
attraverso vari meccanismi appaiono correlati ad un
incremento dello sviluppo di tumori, malformazioni
genitali, alterazioni del liquido seminale, sterilità,
alterazioni della pubertà nella donna, del ciclo
mestruale, dell’ovaio e della fertilità. Gli ormoni –
precisa Lenzi – danno segno di sé solo quando sono
realmente in eccesso o in difetto, ma siamo in grado di
accorgerci per tempo delle alterazioni in arrivo con un
semplice prelievo di sangue e una visita adeguata».
Disturbi del comportamento
alimentare. La prevenzione
è possibile?
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f
o
rmazioni che circolano sul web sulla possibile
prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare.
Ma qual è la posizione da assumere riguardo questo
grave problema?
Gli interventi di prevenzione vengono solitamente
suddivisi in primari, secondari o terziari in base al
momento in cui si agisce, ovvero prima dell’insorgenza
della malattia (prevenzione primaria), alle prime
avvisaglie di sintomi (prevenzione secondaria) o quando
il disturbo è conclamato (prevenzione terziaria). La
prevenzione terziaria coincide, a dire il vero, con il
trattamento vero e proprio del disturbo.
E’ possibile una prevenzione primaria dei Disturbi
Alimentari?
Molti studiosi di disturbi dell’alimentazione si sono
chiesti se prevenire i Disturbi del Comportamento
Alimentare sia possibile. Sono molti i quesiti sulla
possibilità di prevenzione e non sono univoche le
risposte. Nonostante i numerosi ed approfonditi studi
nel campo dei Disturbi del Comportamento Alimentare e
delle possibili cause ciò che è noto è che non esiste
una singola causa e che più fattori concorrono a
predisporre, precipitare/scatenare e poi perpetuare il
disturbo (vedi Modello Multifattoriale). La conoscenza
eziologica (delle cause) si sta perfezionando ma ancora
non è esaustiva. Dal punto di vista della prevenzione
primaria quindi, si pone un limite: si può intervenire
sui fattori noti ma non si può intervenire sui fattori
non ancora conosciuti. Inoltre, rispetto ai fattori
noti, vanno divisi quelli sui quali è possibile
intervenire da quelli sui quali, al momento attuale, non
è ancora possibile intervenire. Per esempio, si può
provare ad intervenire sulle pressioni socioculturali
alla magrezza che possono indurre spingono ai
comportamenti di dieta (uno dei più potenti fattori di
rischio) ma non è possibile intervenire su fattori
genetici, fattori di personalità o fattori familiari.
La prevenzione è efficace?
Alcuni autori credono che dare informazioni sui Disturbi
dell’Alimentazione possa essere addirittura
controproducente e dannoso. Il rischio può essere quello
di indicare a quei ragazzi che vivono un momento di
difficoltà o di disagio la “via di sfogo”, una via che
viene seguita attraverso processi di imitazione e di
identificazione (ricordiamo che per alcune persone
l’anoressia e, in misura minore la bulimia, sono
condizioni idealizzate). Per questo motivo è bene
diffidare di programmi preventivi basati solo
sull’informazione nei riguardi di questi disturbi. Al
contrario, molti studi hanno invece appurato che
interventi che stimolino la discussione e lo sviluppo di
un maggior senso critico nei confronti dei messaggi dei
mass-media possono essere utili. Questo tipo di
interventi non si occupano esclusivamente di Anoressia e
Bulimia Nervose, ma comprendono anche le diverse
problematiche adolescenziali (soprattutto problemi col
corpo, l’autostima e le difficoltà interpersonali) e si
occupano di identificare ed eventualmente modificare
nozioni e convinzioni errate, spesso radicate nei
giovani. Risulta importante valutare l’efficacia dei
programmi preventivi. Solo recentemente sono stati messi
a punto alcuni programmi di prevenzione la cui efficacia
non è però ancora accertata. Tali programmi vengono in
genere svolti a livello scolastico e prevedono in genere
la discussione di problemi legati all’alimentazione e
delle loro conseguenze o, più in generale, di problemi
legati alla crescita e alla adolescenza.
La prevenzione secondaria
Esiste poi un altro tipo di prevenzione, detta
“secondaria”, che ha lo scopo di identificare i casi il
prima possibile rispetto all’insorgenza del disturbo,
poiché è stato appurato, a livello clinico, che un
trattamento intrapreso nelle prime fasi della malattia è
molto più efficace. Non sempre tuttavia, soprattutto
nelle prime fasi di malattia, l’adolescente con un
problema di alimentazione ammette di avere bisogno di
aiuto. Anche a questo livello è quindi importante una
sensibilizzazione dell’ambiente: a partire dai giovani
stessi, dalle famiglie e dagli operatori scolastici.
Per prevenire a livello secondario è necessario
Aumentare la consapevolezza e la capacità di
riconoscimento dei Disturbi dell’Alimentazione nei
medici di medicina generale e nei medici specialisti
Aumentare le capacità di riconoscimento dei Disturbi
dell’Alimentazione nella scuola e nella famiglia
Migliorare la comunicazione tra le diverse istituzioni
(famiglia-scuola-sanità)
Creare le condizioni per facilitare la richiesta di
aiuto
Fonte: Società Italiana di psicopatologia
dell’alimentazione
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