Trieste, 9 febbraio 2007 Gentile signor Presidente della Repubblica, on. Giorgio Napolitano. La ringrazio a nome del Circolo di cultura istro-veneta Istria per l’invito rivoltoci a partecipare al Quirinale alle Celebrazioni in occasione della “Giornata del Ricordo”, il giorno 10 febbraio. Come Lei potrà vedere dalla locandina che accompagna la presente lettera, il nostro Circolo ha già da tempo organizzato i suoi impegni per far conoscere gli avvenimenti che precedettero e seguirono la firma del Trattato di Parigi. Lo fa quest’anno come lo ha fatto per venticinque anni, ossia dall’atto della sua costituzione, operando incessantemente per la costruzione della Pace e della Concordia soprattutto tra la gente al confine nord-orientale della nostra Patria, predisponendo conferenze, convegni destinati ai giovani della futura Euroregione dell’Alto Adriatico ed agli studenti degli Istituti scolastici superiori triestini, presentando libri e pubblicazioni. Perché se la memoria anche tragica del singolo è patrimonio dell’individuo, delle sue radici e del suo vissuto, è la memoria storica frutto di un lavoro costante, scientifico e documentato quella a cui dover far riferimento nel nostro agire per guardare al futuro. Con grande rispetto guardiamo alla prima, con grande fermezza puntiamo alla seconda. Il Circolo di cultura istro-veneta Istria è costituito in buona parte da esuli istriani che soffrirono in prima persona il dramma dell’abbandono delle proprie case a seguito delle scellerate politiche nazionalistiche; essi hanno intensamente operato e operano ancora oggi per la ricostituzione dell’identità del loro territorio nel rispetto di tutte le sue componenti culturali ed etniche, memori del passato che ha travagliato le loro terre, le loro famiglie e causato troppe vittime innocenti. Mai ci siamo rassegnati e sempre abbiamo combattuto l’idea che i confini tracciati da una scellerata politica di altri tempi, a seguito di un’altrettanto sciagurata politica di conquista foriera di inutili lutti e martirî, potessero durare nel tempo nel dividere un territorio che rappresenta un unicum sotto il profilo culturale, naturalistico, finanche geologico e perciò legato ad un comune destino con il suo popolo. Mai ci siamo rassegnati a vedere costruire momenti di memoria che accentuino anziché attenuare i confini e le divisioni del nostro popolo e delle nostra terre. Il Circolo Istria ha in questo senso anche un’altra data che vuole ricordare e commemorare. Una data che auspichiamo entri nella memoria di tutti gli Istriani e che potrebbe unire anziché dividere. Una data che, come tale, possa trovare l’attenzione ed il coinvolgimento delle Alte cariche dello Stato: il 18 Agosto 1946. Quel giorno vide il più grave lutto che abbia mai colpito la città di Pola e la nostra Istria. Fu un lampo: oltre 100 vittime, uomini, donne, bambini. Erano state fatte esplodere tra il pubblico astante 16 mine marine nel corso di una manifestazione natatoria presso la società nautica Pietas Julia. “Un barbaro attentato”, lo definì il Sindaco di Pola. Questo tragico lutto collettivo lacerò più di ogni altra cosa il tessuto cittadino di Pola e più di qualsiasi altro evento influì sulle coscienze e le future scelte della sua gente, dando così de facto avvio all’esodo organizzato dalla sua popolazione e poi dell’Istria intera. Poi, poco utile alle logiche politiche del dopo, venne progressivamente rimosso dalla memoria dei più e per anni rimase ignoto e ignorato. Solo da poco il Circolo è riuscito a riportarlo all’attenzione della stampa e delle Autorità, erigendo un cippo nel sagrato del Duomo di Pola in fraterna collaborazione con la Municipalità di Pola ed organizzandovi una cerimonia di ricordo. E da quando questo avviene, di anno in anno l’emozione al rito commemorativo si fa più intensa, partecipata e viva. Un sentimento di pietà, di pietas profonda, riempie il vuoto che la strage avvenuta a Pola ha provocato in ogni palesano ed in ogni istriano e va assumendo, nel ricordo delle vittime, il significato simbolico della disgregazione e della successiva fraterna ricomposizione della sua gente, e per essa quella di tutta l’Istria. È un senso di pietas che deve coinvolgerci tutti e far assurgere e sublimare il martirio, libero da strumentalizzazioni di parte, a simbolo universale di concordia, obbligando ciascuno di noi ad assumersi le proprie responsabilità e le proprie colpe e rimettere quelle altrui. È un senso di pietas che ci permette di onorare in tutta onestà e piena consapevolezza tutte le vittime innocenti – italiane, slovene, croate - della tragedia che ha coinvolto le nostre terre ed il mondo intero nel secolo passato, così come i caduti istriani di diverse nazionalità nella lotta al nazifascismo, partendo da quelli forse ritenuti meno degni di altri: la medaglia d’oro al Valor Militare prof. Giuseppe Callegarini attende ancora che il Comune di Trieste deponga in suo onore un cippo presso il Colle di S.Giusto, colle sacro alla Patria, come è stato per centinaia di altrettanto eroici caduti. È un senso di pietas che ci obbliga a ricordare anche quegli istriani che non ritornarono dai Lager nazisti e coloro che mai ritornarono dalle terre invase d’Africa, Russia, Grecia, Jugoslavia e Francia. È un senso di pietas che possa indicare a noi tutti, senza discriminazione, un unico cammino: quello della Pace e della Concordia.