23 scheda A TESTA ALTA - Il cineforum "Il posto delle fragole"

23° film“Cineforum il posto delle fragole”22 Ed
A TESTA ALTA
di Emmanuelle Bercot.
Con Catherine Deneuve, Rod Paradot, Benoît Magimel, Sara Forestier, Diane Rouxel. Elizabeth
Mazev, Anne Suarez, Christophe Meynet, Martin Loizillon, Lucie Parchemal, Catherine
Salée, Enzo Trouillet, Ludovic Berthillot, Michel Masiero, Drammatico, durata 120 min. Francia 2015. - Officine Ubu .
CRITICA
"Chissà se 'A testa alta' sarebbe
piaciuto
a
Truffaut.
Si,
probabilmente. La sensibilità
contenuta nel film diretto dalla
regista e attrice Emmanuelle
Bercot
deve
sicuramente
qualcosa allo sguardo di Truffaut.
(...) la forza del film (...) sta nel
delicato equilibrio dell'osservazione. Nulla è semplicistico, univoco, mai una scorciatoia buonista o
cattivista, mai una soluzione narrativa ovvia o affrettata. Malony è un teppista sfrontato ma anche
un ragazzo capace di profondità e autenticità; la madre immatura e inaffidabile intrattiene con lui un
legame probabilmente sbagliato ma tenace; l'assistente sociale Yann, che proviene da un percorso
forse molto simile a quello di Malony e riscattato nel duro lavoro su se stesso, ha tutte le
impazienze e le debolezze umane; e la giudice Deneuve vive il proprio compito con la
responsabilità del dovere anche quando l'esercizio di questo è pesante e sgradevole, ma
contemporaneamente con l'intensità emotiva di una madre che vuole bene al suo 'ragazzo
selvaggio'."
(Paolo
D'Agostini,
'La
Repubblica',
19
novembre
2015)
"(...) un film che celebra al meglio i valori della Francia repubblicana, messi radicalmente in crisi in
questi giorni: giustizia, educazione, responsabilità occuparsi dei propri giovani in senso lato per
evitare di trovarsi all'improvviso dei delinquenti o, appunto, potenziali terroristi (non a caso nei
molti istituti correzionali a cui Malony viene assegnato è spesso l'unico «francese» non nero o arabo
e per questo accusato dagli altri di beneficiare di maggiori indulgenze). Diciamo il sentimento
(reazionario) «giusto» delle unità nazionali: polizia, prigione che a piccole dosi fa anche bene per
imparare i veri valori della vita. E famiglia naturalmente compreso un violento attacco all'aborto
che i figli fanno solo bene pure se non hai lavoro e hai ancora molti problemi aperti. Il film ci crede
«davvero» anche perché nonostante il riferimento esplicito al cinema dei fratelli Dardenne, Bercot
non lavora come i due registi belgi sulle nuance ma illustra la sceneggiatura in modo meccanico e
artificioso, senza aprire nella sua narrazione alcun margine di ambiguità. E non respira neppure
della critica alla Loach a proposito di madri borderline e istituzioni. Siamo più dalle parti di certa
fiction tv, Bach dispiegato a profusione in ogni scena madre i personaggi vengono utilizzati come
dimostrazioni di una tesi: da una parte l'ambiente borderline del ragazzo Malony - attore intenso, il
giovanissimo Rod Paradot - dall'altra le istituzioni comprensive, illuminate, che vanno in crisi
quando sbagliano anche se, ovviamente, il solo a picchiare Malony sarà il suo tutore - Benoit
Magimel - che viene dallo
stesso mondo, redento a sua
volta da giudici e carcere.
Tutto è molto chiaro, netto,
esattamente come ci si
aspetta,
rassicurante
nel
celebrare
(con
molta
convinzione) la fiducia alle
istituzioni di cui c'è molto bisogno (qualcosa si è rotto radicalmente ma non nella visione di Bercot).
Che poi ci sia altro, che poi i figli come dice il personaggio di Magimel non possono essere una
soluzione né un progetto, che tutti sono buonissimi dalla parte delle istituzioni - salvo una preside
che non prende Malony a scuola e il procuratore che spinge per la prigione ma forse aveva ragione
lui visto che al ragazzo giova - non conta. Il film non interroga né si interroga. Svolge la funzione:
rappresentare una parabola «educativa» perfetta." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 19 novembre
2015)
"(...) è soprattutto un film di attori. (...) La morale è edificante, forse troppo; la sceneggiatura
articola il susseguirsi delle azioni in modo (decisamente troppo) dimostrativo. Lo stile realistico di
regia fa pensare subito ai fratelli Dardenne, pedinando i personaggi fino al lungo, virtuosistico
piano-sequenza finale. Detto ciò, Catherine Deneuve è più che mai la madre nobile del cinema
francese; Benoît Magimel si conferma uno degli attori europei più versatili e i due ragazzi, che si
chiamano Rod Paradot e Diane Rouxel, sono una scelta perfetta di Emmanuelle Bercot, narratrice di
storie di giovani e giovanissimi che sa far parlare i loro corpi di amore e rabbia, frustrazione e
speranza."
(Roberto
Nepoti,
'La
Repubblica',
14
maggio
2015)
"(...) una imperiale Catherine Deneuve (...) un film sociale duro e forte, di quelli che si giocano tutto
sulla credibilità, il ritmo interiore (nel corso di 'La tête haute' Malony passa dai 6 ai 18 anni,
trasformandosi senza sosta), e soprattutto la capacità di sospendere il giudizio. (...) Con un materiale
simile era facile cadere nella retorica della denuncia, nel ricatto del melodramma o viceversa
nell'horror sociologico gratuito e compiaciuto. L'attrice e regista Emmanuelle Bercot, già
sceneggiatrice del notevole 'Polisse', altro film che fece discutere per lo sguardo molto partecipe
gettato sul lavoro delle forze dell'ordine, dribbla questi rischi concentrandosi su Malony, le sue
difficoltà, i suoi slanci, le sue paure inconfessate. È al suo punto di vista, per scomodo che sia, che
siamo chiamati a aderire. Mentre gli altri personaggi gli orbitano intorno fin dalla prima scena, e
tocca a noi intuire poco a poco chi sono, cosa li motiva, perché fanno un lavoro così sfibrante (come
il sempre formidabile Benoît Magimel, l'educatore che lo segue giorno per giorno, che scopriremo
avere un passato assai simile al suo). (...) Non un grande film, la regia è solida ma mai geniale,
piuttosto un grande soggetto, che potrebbe ispirare non una ma almeno un paio di serie sfruttando i
personaggi collaterali. Visti i tempi, una scelta giusta per l'apertura." (Fabio Ferzetti, 'Il
Messaggero', 14 Maggio 2015)
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