Diploma Universitario Teledidattico in Ingegneria Informatica Controlli Automatici Ing. Guido Maione Esercitazione N. 1 Esempi di sistemi di controllo manuale ed automatico Alcuni esempi, tratti dalla vita quotidiana e da comuni applicazioni, introducono ed illustrano il principio del controllo in retroazione, la convenienza del controllo automatico rispetto a quello manuale e dello schema a ciclo chiuso rispetto a quello a ciclo aperto. Inoltre, due esempi spiegano come ricavare un modello matematico del sistema o processo controllato, da utilizzare nello schema di controllo. Il comportamento del sistema controllato è valutato dalla “fedeltà” dell’uscita nel seguire il segnale di riferimento desiderato, in base al valore di certi parametri liberamente scelti. Obiettivo è ridurre l’errore (la differenza tra l’uscita e il riferimento) e proteggere il sistema dall’azione di disturbi, da variazioni di parametri del sistema e da incertezze di modello. Introduzione: problematicità del controllo manuale In questa parte introduttiva, si riportano alcuni semplici esempi che introducono al problema del controllo, al principio della retroazione e chiariscono la difficoltà e la pericolosità del controllo manuale rispetto a quello automatico. Controllo della rotta di un aeroplano. È nota l’esistenza di dispositivi automatici per il controllo della rotta degli aeroplani. La pericolosità del controllo manuale è dovuta ai ritardi dei tempi di reazione umani. Ad esempio, si considerino due aerei che viaggiano l’uno contro l’altro a velocità relativa di 1800 km/h. Se uno dei piloti se ne accorge e cerca di evitare la collisione, il ritardo di intervento è determinato da vari fattori: • il tempo necessario alla vista dell’aereo contrario (circa 0.6 sec); • il tempo di trasmissione dell’impulso visivo al cervello (circa 0.3 sec); • il tempo per decidere l’intervento, cioè di deviare la rotta o variare la quota (circa 0.5 sec); • il tempo di esecuzione, per attuare manualmente l’intervento (circa 0.4 sec). Il tempo di reazione complessivo è di 1.8 secondi, per una distanza relativa di 900 metri percorsa dagli aerei l’uno contro l’altro, che può essere superiore a quella di sicurezza, dato che nei ritardi si è trascurata l’inerzia del velivolo alle deviazioni di rotta e variazioni di quota. Regolazione della temperatura della doccia. Il problema dei ritardi (o “tempi morti”) è palese anche nella regolazione della temperatura di una doccia, classico esempio di difficoltà del controllo manuale. In tal caso l’uomo misura la temperatura dell’acqua sulla sua pelle, la confronta mentalmente con la temperatura desiderata ed agisce di conseguenza sui rubinetti miscelando acqua calda e fredda. I ritardi accumulati sono: • il tempo di trasmissione della sensazione di caldo/freddo dalla pelle al cervello; • il tempo necessario al cervello per il confronto con la temperatura desiderata e per la decisione dell’intervento (quale rubinetto aprire o chiudere); • il tempo di trasmissione della decisione dal cervello alle mani; E1 – 1 • il tempo necessario alle mani per attuare la decisione; • il tempo che l’acqua miscelata impiega a percorrere le tubature e ricadere sull’uomo. Tutto ciò fa si che l’acqua miscelata oscilli tra temperature fredde e calde. Inseguimento di una traiettoria. Altro problema di controllo manuale in retroazione è seguire un percorso tortuoso guidando un’autovettura ad una certa velocità. È un problema di inseguimento di traiettoria (tracking). Il processo è costituito dall’auto, il controllore è l’uomo, le variabili controllate di uscita sono la posizione e la velocità dell’auto, le variabili di riferimento sono il percorso stradale da seguire e la velocità da tenere. L’uomo misura la posizione a vista e la velocità con il contachilometri e le confronta con quelle desiderate. Decide per gli aggiustamenti, attuati manualmente con il volante, pigiando sui pedali dei freni e dell’acceleratore. I disturbi possibili sono ostacoli, asperità, buche e imprevisti lungo la strada, oggetti che improvvisamente e casualmente finiscono sul parabrezza, sul volante, tra i pedali, improvvisi colpi di sonno o malori ed elementi di distrazione. Regolazione della temperatura in una stanza. Un uomo si trova in una stanza riscaldata da una stufa alimentata a gas (figura 1). Egli misura la temperatura θ nella stanza con la sua sensibilità e può aumentarla o diminuirla, agendo manualmente su una manopola che apre o chiude gradualmente una valvola di immissione del gas nella stufa. La stanza perde calore attraverso le pareti verso l’ambiente esterno che si trova a temperatura θa. Ulteriore fonte di perdita di calore sono disturbi quali l’apertura di porte o finestre. porta € finestra stufa uomo finestra Figura 1 – Stanza riscaldata Il problema è mantenere costante la temperatura e pari ad un valore desiderato di riferimento θr (per esempio, in una fascia di tolleranza tra 18 °C e 22 °C). Si ipotizzi che la perdita di calore attraverso le pareti possa essere esattamente bilanciata dal calore della stufa, trascurando i fenomeni di propagazione del calore, quindi il periodo di tempo che occorre per portare la temperatura al valore desiderato, e supponendo assenti eventuali disturbi. Allora l’uomo non deve far altro che lasciare la manopola della stufa su una posizione per cui la valvola è aperta quel tanto che basta perché ci sia equilibrio tra calore prodotto dalla stufa e calore disperso. Il problema di regolazione manuale è risolto con un sistema ad anello aperto (figura 2). € θ valvola stufa stanza Figura 2 – Controllo ad anello aperto E1 – 2 Tale schema di controllo non prevede l’intervento di disturbi o la variazione di parametri del sistema. Potrebbe variare θa o la resistenza termica delle pareti che invecchiano (l’isolamento varia nel tempo), potrebbero aprirsi porte o finestre. In tal caso, la temperatura si discosta da quella voluta in maniera non avvertita e non compensabile, in assenza di ulteriori dispositivi di controllo. Occorre allora regolare l’apertura della valvola della stufa in modo che la temperatura sia sempre almeno vicina a quella voluta, entro una certa tolleranza. A tal fine potrebbe intervenire direttamente e manualmente l’uomo che in tal caso dovrà essere sensibile alle variazioni della temperatura, confrontarla con quella desiderata ed aprire o chiudere la valvola agendo sulla manopola. Si avrebbe quindi un controllo manuale ad anello chiuso (figura 3). θr θ € valvola confronto e decisione stufa stanza € misura Figura 3 – Controllo ad anello chiuso L’uomo dovrebbe continuamente misurare la temperatura, non ne potrebbe seguire fedelmente le variazioni, specie se improvvise o veloci, sarebbe insensibile alle piccole variazioni, commetterebbe errori, faticherebbe o si annoierebbe. Inoltre, potrebbe essere esposto a rischi se il processo è pericoloso (altoforni, processi chimici ecc.). Di qui l’esigenza del controllo automatico. Una soluzione possibile utilizza una termocoppia, un dispositivo che misura e confronta la temperatura con un valore di riferimento, grazie al legame tra variazioni di temperatura e deformazioni di una lamina metallica. Tale lamina chiude un circuito elettrico a relè che apre o chiude la valvola del gas (figura 4). Lamina Relè gas valvola stufa Figura 4 – Circuito a relè con termocoppia A questo punto, si riportano due esempi nei quali si ricavano esplicitamente i modelli matematici dei processi controllati. Tali modelli sono poi utilizzabili per il controllo in retroazione dei processi. Esempio 1: sistema idraulico (cfr. G. Marro, Controlli Automatici, Zanichelli) Si consideri un serbatoio nel quale entra un liquido con portata volumetrica q1 da una condotta superiore e dal quale lo stesso liquido esce con portata q2 da una condotta inferiore (figura 5). E1 – 3 Si supponga che la portata entrante q1 dipenda dall’apertura graduale di un’opportuna valvola, secondo una funzione lineare della posizione x assunta dallo stelo della valvola (q1 = k x), e che la portata uscente q2 sia indipendente dall’altezza z del livello del liquido nel serbatoio. Inoltre, si suppone che il serbatoio abbia una superficie ad area costante pari ad A ed un’altezza H. Stelo Valvola x q1 Serbatoio H z q2 Figura 5 – Serbatoio Le grandezze significative di questo sistema o processo sono il livello e la portata. Il modello matematico del processo si ricava dalla legge fisica del bilancio di massa attraverso il serbatoio: portata entrante – portata uscente = variazione del volume di liquido accumulato nel serbatoio d dz ( t ) q 1 ( t ) − q 2 ( t ) = (A z ( t ) ) = A (1.1) dt dt Pertanto si ha: dz ( t ) k x ( t ) − q2 ( t ) = A (1.2) dt in cui z(t) è la variabile che si vuole controllare, cioè l’uscita del sistema, x(t) è la variabile che si può manipolare come segnale di controllo, ossia l’ingresso del sistema, e q2 (t) è una variabile di ingresso non governabile, cioè un disturbo. La grandezza z(t) può variare nel tempo t tra un minimo z1 ed un massimo z2 , che corrispondono rispettivamente al serbatoio vuoto (z1 = 0) ed al serbatoio pieno (z2 = H). La grandezza x(t) può variare tra un minimo x1 ed un massimo x2 , che corrispondono rispettivamente alla chiusura e all’apertura completa della valvola. Le equazioni precedenti si possono integrare: t 1 ∫ A (q1(τ ) − q 2 (τ)) dτ = 0 z (t ) ∫ dz (τ) z0 ottenendo l’evoluzione nel tempo della variabile z(t) k t 1 t z ( t ) = z 0 + ∫ x ( τ) dτ − ∫ q 2 ( τ) dτ A0 A0 nella quale z0 è la condizione iniziale dell’altezza del liquido. Dalle equazioni si può osservare che il modello matematico ottenuto è E1 – 4 (1.3) (1.4) • lineare (l’equazione differenziale (1.1) è lineare) • stazionario o tempo-invariante (i coefficienti della (1.1) sono costanti nel tempo) • del primo ordine (la (1.1) è del primo ordine) ed è valido • se sono verificate le ipotesi fatte • nei limiti fisici di variazione delle variabili: x1 ≤ x(t) ≤ x2 , 0 = z1 ≤ z(t) ≤ z2 = H. Volendo descrivere il modello con uno schema funzionale a blocchi, si traduce il modello in un diagramma che identifica i legami tra gli ingressi e le uscite con blocchi funzionali (figura 6). Utilizzando le variabili trasformate secondo Laplace e le funzioni di trasferimento, il blocco integratore può essere rappresentato dalla funzione 1/s. x k q2 q1 + 1 A dz dt z Figura 6 – Diagramma a blocchi del serbatoio In tale schema, q2 (t) è un disturbo, un segnale non voluto che influenza in maniera imprevedibile la variabile di uscita z(t) che si vuole controllare, anche se a volte tale segnale è noto statisticamente (per esempio, si possono avere informazioni statistiche sulle necessità idriche dell’utenza). Ovviamente è importante raggiungere gli obiettivi del controllo indipendentemente dai disturbi eventualmente o comunque presenti (protezione dai disturbi) e dalle variazioni che possono subire i parametri del sistema (insensibilità alle variazioni parametriche). Il problema può essere regolare il livello, cioè controllare il livello in modo che rimanga costante o almeno prossimo ad un valore di riferimento zr, entro una certa tolleranza (z = zr ± ∆z). Tale problema si può risolvere in modo manuale o automatico. Nel primo caso l’uomo dovrebbe continuamente misurare visivamente l’altezza del liquido, confrontarla con quella voluta, elaborare la differenza decidendo l’azione correttiva di apertura o chiusura della valvola, attuare manualmente la decisione intervenendo sulla valvola. È preferibile affidare queste operazioni a dispositivi automatici, specie quando la funzione del controllo è delicata, per esempio nei bacini idrici. Una prima idea risolutiva sarebbe quella di legare l’azione della variabile x(t) di controllo ad un segnale x’(t) della stessa natura di x(t), proveniente da una misura istantanea di q2 (t) la quale andrebbe trasdotta in x’(t), in modo che in ogni istante sia q1 (t) = k x’(t) ≡ q2 (t). Questo farebbe si che il volume del liquido non vari e che il livello si mantenga costante. Tale idea di controllo ad azione diretta non è realizzabile perché basterebbe un piccolo errore, dovuto alla differenza tra q1 (t) e q2 (t), per avere un effetto di “deriva” del livello che aumenterebbe o diminuirebbe fino al totale riempimento (e tracimazione oltre il massimo livello H) o svuotamento del serbatoio. La seconda idea è utilizzare un meccanismo di controllo in retroazione (figura 7): un galleggiante G misura il livello in modo che un motore alimentato in corrente continua, controllato in armatura dalla tensione elettrica va, provochi la graduale apertura o chiusura della valvola attraverso il vincolo meccanico (non specificato in figura) tra l’albero motore e lo stelo della valvola. Quando il galleggiante raggiunge il livello zr, che fissa la tensione vr di riferimento tramite un potenziometro, è attivato il contatto superiore del circuito e si chiude la valvola. Quando il galleggiante raggiunge un livello minimo, attiva il contatto inferiore per l’apertura della valvola. E1 – 5 vr Motore Stelo Valvola zr Vincolo meccanico va x q1 H G z q2 Figura 7 – Regolazione del livello in un serbatoio Esempio 2: sistema termico (cfr. G. Marro, Controlli Automatici, Zanichelli) Si consideri uno scambiatore di calore, che può essere una caldaia o uno scaldabagno, costituito da un serbatoio contenente dell’acqua riscaldata da una serpentina (figura 8). g θ θ R θa q g θi k M, c Figura 8 – Scambiatore di calore Si vuole costruire un modello del processo analizzando l’evoluzione nel tempo t della temperatura θ dell’acqua, e in un secondo tempo illustrare come si può controllare il processo. L’acqua entra a temperatura fredda θi ed esce a temperatura calda θ>θi. Si ipotizza che entri ed esca con la stessa portata volumetrica costante g. La massa dell’acqua contenuta nel serbatoio è pari a M, il calore specifico c. La serpentina riscaldatrice fornisce un calore q nell’unità di tempo. Parte del calore viene disperso attraverso le pareti dello scambiatore proporzionalmente, secondo un coefficiente k di resistenza termica globale delle pareti, alla differenza tra θ e la temperatura θa dell’ambiente esterno. Per semplicità, le temperature θi e θa sono ipotizzate costanti. E1 – 6 Ulteriore ipotesi è che la temperatura θ del liquido nello scambiatore sia uniforme in tutti i punti, a prescindere dai fenomeni di propagazione del calore, come se ci fosse un miscelatore istantaneo e perfetto. Questo implica un modello matematico a parametri concentrati. Le grandezze significative nel processo sono calore e temperatura. Pertanto, il modello matematico risulta dal bilancio termico dei flussi energetici di calore che interessano il sistema: calore sviluppato dalla serpentina + calore del fluido entrante – calore del fluido uscente – calore disperso attraverso le pareti = calore accumulato dθ( t ) q ( t ) + g c θ i − g c θ( t ) − k (θ ( t ) − θ a ) = M c (1.5) dt ed isolando i termini dipendenti dalla variabile θ si ottiene dθ( t ) Mc + (k + g c ) θ( t ) = q( t ) + g c θ i + k θ a . (1.6) dt L’equazione differenziale del primo ordine, lineare a coefficienti costanti, ha costante di tempo Mc τ= k + gc ed evidenzia la variabile controllata (uscita) θ(t), il ruolo di q(t) come ingresso di controllo, quello di θi e θa come ingressi di disturbo, e i parametri M, c, k, g. Il modello matematico ottenuto può essere rappresentato con un diagramma a blocchi funzionale, come indicato nella figura 9. θa θi k gc + q dθ dt + + + 1 k+gc 1 τ + - θ Figura 9 – Diagramma a blocchi dello scambiatore di calore Vediamo adesso come si può controllare il riscaldamento dell’acqua (figura 10). TC D TT g θ θ EP R G θa q g θi k M, c Figura 10 – Termoregolazione nello scambiatore di calore E1 – 7 Si utilizza una termocoppia come sensore di temperatura (TT). Viene quindi fornito un segnale ad un regolatore di temperatura (TC), che origina un segnale di comando per l’elettrodo di porta (EP) di un diodo controllato (D). Il diodo è in un circuito alimentato da un generatore in alternata (G) che fa passare corrente nella serpentina riscaldatrice a resistenza elettrica R. Variando la corrente i nel circuito, viene controllata la quantità di calore q(t) sviluppata: I2 2 q ( t ) = R I eff = R 0 (1 + k a u ) (1.7) 8 dove il valore efficace Ieff della corrente nella serpentina dipende dal valore massimo I0 della corrente, dal segnale di comando u del diodo controllato e da una costante di amplificazione ka. Si noti che al posto della serpentina si può utilizzare l’immissione di vapore per riscaldare l’acqua. In tal caso, il vapore viene fornito attraverso una valvola la cui apertura e chiusura è comandata da un circuito elettrico a relè che comprende la lamina metallica della termocoppia. θi θr ORGANO DI CONFRONTO REGOLATORE SCAMBIATORE DI CALORE ALIMENTATORE e u θa q θ θm SENSORE Figura 11 – Schema concettuale della regolazione della temperatura In figura 11 è schematizzato il sistema di controllo. Il funzionamento è il seguente. Se la temperatura misurata θm supera quella θr di riferimento desiderata, l’errore e risulta negativo, il regolatore riduce il segnale u di comando, facendo in modo che circoli meno corrente nel circuito alimentatore della serpentina (o che la valvola faccia entrare meno vapore). Pertanto, la serpentina produce meno calore, la temperatura θ diminuisce fino a θr. Viceversa, se θm è inferiore a θr, l’errore è positivo, il regolatore aumenta il comando, circola più corrente, si sviluppa più calore e θ aumenta fino a θr. Per ricavare il diagramma a blocchi che descrive il modello più dettagliatamente della schematizzazione già fatta, si utilizzano le equazioni ricavate. Dalla (1.6) si ha: dθ ( t ) 1 gc k τ + θ( t ) = q (t) + θi + θa (1.8) dt k + gc k + gc k + gc e utilizzando la (1.7) e la relazione u = kc e (1.9) che tiene conto di un’azione di tipo proporzionale fornita dal regolatore, si ottiene il diagramma della figura 12. θi θr + - e u kc ka 1 + + 2 RI 0 8 k q ++ θa gc + + 1 k+gc + - 1 τ dθ dt θ Figura 12 – Diagramma a blocchi del sistema di controllo dello scambiatore di calore E1 – 8 Una prima analisi quantitativa del comportamento del sistema è quella che considera le condizioni di equilibrio, nelle quali le grandezze non variano. Annullando la derivata di θ, si ha: 1 gc k ϑ = q+ ϑi + ϑa k + gc k + gc k + gc I2 I2 I2 q = R 0 (1 + k a u ) = R 0 (1 + k a k c e ) = R 0 (1 + k a k c (ϑ r − ϑ)) 8 8 8 dalle quali si ricava gc k RI 20 RI 20 k a kc k + gc k + gc 8 8 . ϑ = ϑ + ϑ + ϑa + r i 2 2 2 RI 0 RI 0 RI 0 RI 02 1+ k k 1+ k k 1+ k k 1+ k k 8 a c 8 a c 8 a c 8 a c (1.10) Dall’ultima equazione si osserva che, scegliendo valori molto grandi dei parametri liberi ka di amplificazione e kc del regolatore, i fattori moltiplicativi di θi, di θa e dell’ultimo termine sono molto piccoli e quello di θr approssima 1. Pertanto si può ottenere θ ≈ θr, quindi un errore prossimo a zero, qualunque siano i disturbi e qualunque siano le eventuali variazioni parametriche, il che è quello che si propone di realizzare un sistema di controllo. E1 – 9