Giordano Bruno

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filosofia - Bruno
Giordano Bruno
La vita
Bruno (1548-1600) è una delle più grandi personalità filosofiche italiane.
Egli entra giovanissimo nell’ordine domenicano, ma già nel 1567 ne esce perché
sospettato di idee eretiche (e anche di aver accoltellato un confratello…). Fugge e si
sposta in molte città italiane ed europee: il suo carattere indomabile e le sue idee
anticonformiste però lo metteranno spesso nei guai, e lo costringeranno a fughe
continue.
Bruno accettò l’invito del nobile veneziano Mocenigo, desideroso di apprendere le
arti della mnemotecnica di cui il filosofo era esperto: proprio Mocenigo, forse deluso
dagli insegnamenti di Bruno o più probabilmente indispettito dal suo carattere
arrogante, decise di denunciarlo al tribunale dell’Inquisizione.
Bruno rimase in carcere sette anni, rifiutando sempre di ritrattare le proprie idee, e
venne infine condannato a morte per eresia. Sarà arso vivo sul rogo nella piazza
romana di Campo dei Fiori nel 1600.
La visione del cosmo
In Bruno troviamo innanzi tutto una riflessione (molto moderna) sull’infinito: egli
infatti afferma che l’universo è uno spazio infinito, fatto da infiniti mondi.
Perché dice questo? 1) La causa dell’universo è Dio; 2) Dio è infinito; 3) da una
causa infinita deve discendere un effetto infinito; 4) dunque l’universo è infinito.
Per Bruno Dio è da intendersi come principio razionale immanente nel mondo: è
“anima del cosmo”, ciò che plasma la materia dall’interno.
Dio è immanente alla natura, cioè è un principio interno e non separabile dalla natura.
Come era concepito Dio? Non certo come immanente alla natura; piuttosto, al contrario, come
trascendente (=ciò che è al di là di un limite)
Quella di Bruno è dunque una visione panteistica (=”tutto è Dio) della natura.
La FORMA (la “mente” divina che anima le cose e che sta dentro di esse) della
natura e la sua MATERIA sono due aspetti di un’UNICA SOSTANZA. L’universo è
dunque come un grande essere animato in cui tutto è vivo e in cui tutto è collegato al
resto.
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filosofia - Bruno
Può l’uomo conoscere Dio?
Dio è:
- Mente al di sopra di tutto. In questo senso non è alla portata delle capacità
dell’uomo (della sua ragione finita). Dio è dunque inconoscibile (noi, finiti,
non possiamo raggiungere l’infinito, v. Cusano). Dio può essere oggetto solo di
fede e rivelazione.
- Mente presente in tutto. Dio è insomma, come abbiamo detto, immanente al
cosmo; in questo senso Dio risulta invece accessibile all’uomo; e in questo
senso è l’oggetto della filosofia.
L’infinito
Bruno va contro la prospettiva aristotelica, accettata da tutti, per cui l’universo è
geocentrico e limitato dal cielo delle stelle fisse. Egli invece ci parla di uno spazio
infinito, che contiene mondi infiniti. Si tratta dunque di un universo “aperto”, dove
tutto è centro e periferia al tempo stesso (nell’infinità ogni punto può essere preso
come centro). D’altra parte, dice Bruno, al di là dell’universo non potremmo che
ipotizzare il nulla, che è impensabile.
C’è una conseguenza importante: la Terra e l’uomo non occupano più il posto
centrale. E’ dunque una tesi rivoluzionaria, che si scontra con la visione accettata
dalla Chiesa (oltre che con quella aristotelica) e che svilisce (=diminuisce di valore)
l’immagine dell’uomo: per questo Bruno fa una brutta fine!
Ma per Bruno la sua visione valorizza al contrario tutti gli enti contenuti
nell’universo, che sono parte della sostanza divina. Inoltre, la ragione umana, in
grado di riconoscere l’infinito e l’illimitata potenza divina, ne esce, secondo Bruno,
esaltata.
L’esaltazione della tecnica
Bruno esalta i valori della fatica, dell’ingegnosità e del lavoro umano. E’ il lavoro che
assoggetta la materia all’intelligenza, è l’opera della mano che distingue l’uomo
dall’animale; è tramite la mano che l’uomo conquista il suo posto privilegiato nel
mondo e mette in pratica il potere della propria intelligenza.
Contemplare Dio (creatore, forza che plasma il tutto) e l’esaltazione dell’opera della
mano non sono due cose separate. Anzi, la prima stimola la seconda: l’uomo fa come
dio, esercita la propria forza creativa, allontanandosi dalla condizione di bestia.
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