Musica denuclearizzata di Jacopo Leone Bolis Vi sono eventi che segnano la storia dell’umanità in maniera profonda, indelebile. Questi avvenimenti hanno sempre un sapore agrodolce e, vista la loro complessa natura, possono essere osservati, studiati e giudicati attraverso punti di vista diametralmente opposti. I bombardamenti atomici avvenuti il 6 e il 9 agosto 1945 a danno delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki hanno segnato in profondità la storia dell’umanità. Su di essi sono stati espressi giudizi contrastanti: alcuni hanno visto in tale opinabile scelta bellica una necessità tanto strategica quanto politica per evitare un’invasione terrestre del Giappone (che sarebbe costata a statunitensi e giapponesi un numero estremamente alto di perdite umane) e per spaventare e tenere a bada eventuali pretese egemoniche in estremo oriente da parte dell’allora Unione Sovietica (ancora sotto il gioco della dittatura staliniana), altri, al contrario, videro nell’utilizzo delle armi atomiche su Hiroshima e Nagasaki null’altro che una infelice quanto rapida opzione militare per concludere definitivamente e velocemente il secondo conflitto mondiale e aprire le porte all’imperialismo (tanto politico quanto economico) degli Stati Uniti nel Pacifico (e, seppur indirettamente, nell’Europa occidentale). Personalmente, ma il mio ovviamente è un giudizio tanto individuale quanto opinabile, una buona parte della responsabilità del bombardamento atomico delle città di Hiroshima e Nagasaki è ascrivibile all’allora casa regnante giapponese (guidata dall’imperatore Hiroito, 1901 - 1989) e all’allora entourage militare nipponico, entrambi assolutamente sordi alle sofferenze patite dal popolo giapponese nell’ultima parte del secondo conflitto mondiale (guerra che ormai il Giappone non aveva alcuna possibilità di concludere vittoriosamente). Per quanto dolorosa e straziante, tale scelta militare statunitense permise una veloce conclusione del secondo conflitto mondiale portando alla completa capitolazione del Giappone fascista (avvenuta ufficialmente il 2 settembre 1945) e alla conseguente fine di parte delle sue antiche tradizioni culturali (e religiose) di matrice feudale e reazionaria. Tutto ciò permise la seguente conversione in chiave democratica della società nipponica. Un’invasione via terra delle isole giapponesi1, anche se gestita tanto dalle forza armate statunitensi quanto da quelle sovietiche (quest’ultime avevano dichiarato guerra all’Impero del Sol Levante in data 8 agosto 1945), sarebbe costata un numero enormemente alto di vite umane e avrebbe rappresentato un punto di non ritorno per la società giapponese che ne sarebbe uscita stravolta e impossibilitata a riprendersi (tanto culturalmente quanto a livello economico e politico). Qualunque sia il giudizio che ognuno può possedere nei confronti di questi avvenimenti storici, resta innegabile il fatto che il bombardamento atomico delle città di Hiroshima e Nagasaki ha segnato in profondità la cultura occidentale. Quest’ultima, scossa 1 Le forze armate statunitensi avevano predisposto un piano, denominato Operazione Downfall, per l’invasione terrestre del Giappone. Tale complessa operazione militare si sarebbe dovuta svolgere attraverso due differenti sbarchi statunitensi sulle coste nipponiche. Il primo sbarco sul suolo giapponese (Operazione Olympic) sarebbe dovuto avvenire sull’isola di Kyūshū (estrema appendice meridionale dell’arcipelago giapponese) sfruttando l’isola di Okinawa (conquistata dagli statunitensi sul finire del giugno 1945) quale punto di partenza per tale complessa operazione militare. A seguito dell’Operazione Olympic, che avrebbe dovuto avere inizio nel novembre 1945, gli statunitensi avevano intenzione di realizzare un secondo sbarco (Operazione Coronet) nei pressi di Tokyo (Giappone centrale). Tale secondo sbarco, previsto per il marzo 1946, avrebbe dovuto dare il colpo di grazia alla morente macchina bellica giapponese. Il problema principale dell’Operazione Downfall era l’altissimo costo di vite umane previsto dall’intelligence statunitense. Quest’ultima calcolò che la messa in atto dell’Operazione Downfall sarebbe costata agli Stati Uniti un numero di caduti compreso tra le 500.000 e oltre 1.000.000 di unità. Sempre secondo le forze armate statunitensi, tale operazione militare sarebbe costata ai giapponesi fino a 10.000.000 di morti tra militari e civili. I bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki e il fallimento del golpe militare dell’ala oltranzista dell’esercito giapponese desiderosa di prorogare il più possibile il conflitto (golpe svoltosi nella notte tra il 14 e il 15 agosto 1945) permisero la capitolazione del Giappone prima dell’attuazione della cruenta e distruttiva Operazione Downfall. da questi nefasti avvenimenti, fin da allora non ha smesso di interrogarsi sulla proliferazione delle armi nucleari e sulla lungimiranza o la follia dello sviluppo di centrali termonucleari per la produzione civile di energia elettrica. Musicisti e compositori non furono da meno e si interrogarono costantemente su questi tragici avvenimenti scrivendo una serie di composizioni musicali e di canzoni di protesta nate in aperta opposizione nei confronti della proliferazione delle armi nucleari e, più in generale, avverse a qualsiasi scelta politica atta a incrementare le spese militari di qualsivoglia nazione. Agli inizi del 1945, quando ancora pochissimi sapevano cosa fosse l’energia nucleare, cosa significasse ottenere energia attraverso la fissione dell’isotopo Uranio-235 e, soprattutto, quando soltanto gli artefici del famigerato Progetto Manhattan 2 sapevano che l’esercito statunitense stava per produrre le primissime armi atomiche, un giornalista di nome Vern Partlow (1910 - 1987), all’epoca cronista per il Los Angeles Daily News, iniziò a farsi qualche domanda su cosa stesse accadendo attorno all’energia atomica, su come quest’ultima funzionasse e, soprattutto, su quali potevano essere le problematiche connesse a un suo eventuale utilizzo per finalità belliche. Dopo aver incontrato diversi scienziati, studiosi e, soprattutto, dopo essere venuto a conoscenza dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki e dei successivi test nucleari 3 svolti dalle forze armate statunitensi nell’Atollo di Bikini (atollo facente parte delle Isole Marshall, arcipelago statunitense situato nell’Oceano Pacifico centro-occidentale), Partlow decise di scrivere una canzone di protesta avversa all’uso delle armi nucleari, alla loro proliferazione e dal carattere schiettamente antimilitarista. Inizialmente Partlow voleva intitolare questa sua canzone pacifista con diversi titoli quali One of our hemisphere is missing o Praise the Lord and pass the geiger counters ma alla fine optò per il fortunato titolo Old Man Atom. Nel testo Apocalypse Jukebox: The End of the World in American Popular Music (Counterpoint Press, 2009) si trova un’ottima descrizione di questa interessante canzone: Vern Partlow wrote is comedic yet stern atomic protest ‘Old Man Atom’ in 1945 but didn’t see it recorded and released until 1950. The ‘talking blues’ was then released in quick succession by both Sam Hinton on Columbia Records and The Sons of the Pioneers on RCA Victor, only to be pulled from circulation by both record companies in response to allegations from conservative groups that the song was pro-Communist […] The chorus is an eerie, keening recital of the four sites of American atomic bomb detonations, ‘Hiroshima, Nagasaki, Alamogordo, Bikini’, that clashes with Partlow’s stream-of-consciousness verbiage and Hinton’s 4 home-spun delivery of the rest of the song. Eseguita e incisa da diversi musicisti, divenne ben presto molto nota al pubblico statunitense, sebbene il governo e i conservatori ne osteggiassero apertamente i contenuti e la diffusione. Il brano, costruito su un tipico incedere ritmico di matrice blues e su una semplice architettura 2 Il Progetto Manhattan (Manhattan Project) fu il programma di ricerca portato avanti dai servizi d’intelligence statunitensi volto allo sviluppo di armi nucleari da usarsi per contrastare l’avanzata nazifascista in Europa e l’imperialismo giapponese nel Pacifico. A tale progetto parteciparono fisici e studiosi di grande fama tra i quali Albert Einstein, Enrico Fermi e Robert Oppenheimer. Gran parte degli uffici e dei laboratori connessi al Progetto Manhattan vennero situati presso la cittadina di Los Alamos nel Nuovo Messico (Stati Uniti centromeridionali). Presso il Los Alamos National Laboratory vennero sviluppate le due testate atomiche (denominate Little Boy e Fat Man) che successivamente furono impiegate nel bombardamento delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. 3 Nel 1946 gli Stati Uniti diedero vita a una serie di test nucleari presso l’Atollo di Bikini nelle Isole Marshall (il nome in codice dei test fu Operazione Crossroads). Per realizzare questi test gli abitanti dell’Atollo di Bikini furono costretti a trasferirsi presso altre isole (principalmente presso l’Atollo di Rongerik sito a circa 200 Km di distanza dall’Atollo di Bikini). Ancora oggi, a causa dei test nucleari svoltisi, l’Atollo di Bikini è disabitato e inaccessibile. 4 David A. Janssen, Edward J. Whitelock, Apocalypse Jukebox: The End of the World in American Popular Music, USA: Counterpoint Press, 2009, p. 47. armonico-formale, divenne una tra le più celebri canzoni antimilitariste statunitensi. Da un punto di vista prettamente vocale, tale composizione mostra un raffinato e elegante uso della tecnica del talking blues (utilizzo del registro parlato su un accompagnamento musicale dal sapore tipicamente blues) alternato a brevi frammenti vocali intonati, aventi funzione di ritornello, incentrati sulla ripetizione delle parole Hiroshima, Nagasaki, Alamogordo, Bikini (le quattro località del globo colpite dalle bombe nucleari statunitensi tra il 1945 e il 1946). In questa canzone assistiamo a una particolare quanto riuscita commistione di differenti stili vocali (talking blues / canto) all’interno di una precisa struttura espressiva e formale (forma canzone, strofa / ritornello). Tuttavia la più celebre canzone antimilitarista incentrata su espliciti richiami ai bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki fu senza ombra di dubbio Enola Gay (facente parte dell’album Organisation del 1980) della band britannica OMD (Orchestral Manoeuvres in the Dark). Questa canzone (il cui testo fu scritto da Andy McCluskey, bassista, cantante e frontman degli OMD, mentre la musica, dominata da una elementare melodia eseguita alle tastiere, venne composta semrpe da McCluskey ma in stretta collaborazione con il suo amico e collega Paul Humphreys) ebbe un largo successo commerciale che permise agli OMD, fino a allora una band praticamente sconosciuta ai più (soprattutto al di fuori dei confini britannici), di affermarsi per diversi anni nel panorama musicale britannico e europeo (il successo commerciale dell’album Organisation venne subissato dagli OMD l’anno seguente con la pubblicazione dell’album successivo, intitolato Architecture & Morality, che raggiunse le vette delle classifiche discografiche europee grazie al singolo Souvenir). Il titolo Enola Gay è un chiaro riferimento all’omonimo bombardiere statunitense (bombardiere modello B-29 Superfortress5) che sganciò la bomba atomica che distrusse la città di Hiroshima il 6 agosto 1945 (evento che segnò ufficialmente l’inizio dell’era atomica e del seguente sviluppo indiscriminato di armi di distruzione di massa da parte degli Stati Uniti e, successivamente, dell’URSS). Alla guida di tale fortezza volante vi era il pilota statunitense Paul Tibbets (1915 - 2007) il quale decise di battezzare il proprio B-29 con il nome di sua madre: la signora Enola Gay. Il testo di questa celebre canzone degli OMD descrive non solo alcuni momenti del bombardamento atomico su Hiroshima (richiamando più volte l’ora esatta in cui esso avvenne, alle 8:15 di mattina ora locale) ma, soprattutto, mette in risalto la follia di questo gesto. Sebbene chiunque oggi ritenga quantomeno discutibile la scelta dell’esercito statunitense di radere al suolo con le armi atomiche due città giapponesi abitate soprattutto da civili e assolutamente secondarie da un punto di vista strategico nello scenario bellico del Pacifico, Paul Tibbets, il quale ricevette diversi riconoscimenti da parte delle autorità militari statunitensi per l’esito della sua missione su Hiroshima, in una intervista del 1975 dichiarò di essere assolutamente sereno con se stesso e la propria coscienza: I'm proud that I was able to start with nothing, plan it and have it work as perfectly as it did... I 6 sleep clearly every night. Probabilmente Paul Tibbets e gli altri membri del 509th Operations Group, l’unità aerea della United States of America Air Force a cui furono assegnati i bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, non furono mai appassionati seguaci della musica di Vern Partlow e degli OMD. 5 Il Boeing B-29 Superfortress fu un bombardiere strategico sviluppato dall’aeronautica statunitense nel corso della seconda guerra mondiale. La sua imponente mole poteva contare su quattro potenti motori a elica, su una lunghezza di poco superiore ai 30 metri e sua una apertura alare di circa 43 metri. Si tratta probabilmente di uno dei migliori bombardieri mai progettati e costruiti nel corso del secondo conflitto mondiale (sebbene la sua progettazione e la sua costruzione furono estremamente onerose per le casse statunitensi). Il primo volo di questa vera e propria fortezza volante venne eseguito il 12 settembre del 1942 (tuttavia divenne operativo solamente nel giugno 1944). 6 http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/7073441.stm (articolo giornalistico dal titolo Hiroshima bomb pilot dies aged 92 del 1 novembre 2007 realizzato dalla BBC News). L’introduzione (battute 1 - 8) e la melodia (battute 9 - 16) della canzone Enola Gay a firma della Orchestral Manoeuvres in the Dark Anche in Italia vi furono gruppi rock che trattarono il delicato tema delle armi nucleari con l’evidente finalità di denunciarne la proliferazione contestando al contempo la follia intrinseca a una società capace di produrre armi tanto potenti da distruggere se stessa (e con essa l’intero globo terracqueo). I Giganti furono un gruppo rock italiano attivo intorno alla seconda metà degli anni sessanta del secolo scorso. Questa band dal sound beat (venato da forti tinte psichedeliche) registrò nel 1966 una canzone dal titolo assai esplicito: La bomba atomica (pubblicata in accoppiata con un’altra canzone dal titolo Tema). Il testo di questa composizione, tanto profondamente antimilitarista quanto superficialmente spavaldo (unito a un sound solare e ben ritmato), presenta una gioventù che non teme la bomba atomica non tanto perché convinta che essa non verrà mai utilizzata per scopi bellici ma, al contrario, poiché tale giovane generazione pre-sessantottina, priva di beni materiali, di diritti e schiacciata da quotidiane ingiustizie, non aveva nulla da perdere dalla ipotetica fine del mondo dovuta a un possibile conflitto nucleare tra USA e URSS (fine del mondo che, al contrario, agli occhi de I Giganti poteva divenire un nuovo inizio, una tabula rasa su cui edificare una nuova e migliore società). È probabile che I Giganti si siano ispirati al capitolo conclusivo del romanzo La Coscienza di Zeno (19123) di Italo Svevo (1861 - 1928) proponendo, seppur velatamente, l’ipotesi che una guerra nucleare potesse essere il perfetto sigillo conclusivo da apporsi nei confronti di una società malata e ingiusta. Infatti, il nevrastenico protagonista del romanzo di Svevo conclude la sua disamina sulla società umana ritenendola segnata da una così ampia serie di ingiustizie ch’essa non può che esserne guarita attraverso una imponente esplosione. Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno piú un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ piú ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei 7 cieli priva di parassiti e di malattie. Visto il successo di pubblico e critica ottenuto con La bomba atomica, I Giganti ripresero le medesime tematiche (pacifismo e antimilitarismo) nella successiva e fortunata canzone Proposta (pubblicata nel 1967 insieme alla canzone La tomba dell’amore) il cui ritornello è null’altro che la riproposizione in musica del celebre motto (di origine anglosassone) mettete dei fiori nei vostri cannoni (put some flowers in your guns). Non solo la musica pop(ular) trattò il complesso tema delle armi nucleari e del loro utilizzo sulle città di Hiroshima e Nagasaki. Anche alcuni compositori di musica accademica vollero dire la loro, attraverso la propria arte, su queste scottanti tematiche. Il compositore polacco Krzysztof Penderecki (1933) scrisse tra il 1960 e il 1961 la composizione Threnody To the Victims of Hiroshima. Si tratta di una particolare composizione musicale costruita utilizzando un organico orchestrale composto da 52 strumenti ad arco (di cui 24 violini divisi in 6 gruppi formati ognuno da 4 violini, 10 viole divise in 2 gruppi formati da 5 viole ciascuno, 10 violoncelli divisi in 2 gruppi di 5 violoncelli ciascuno e 8 contrabbassi divisi in 2 gruppi composti da 4 contrabbassi ciascuno). Anche al più superficiale ascolto questa fatica compositiva di Penderecki mostra il suo sapore sonoro assai spigoloso e a tratti etereo e indefinibile. Il suono cacofonico e a tratti stridente è il mezzo artistico tramite il quale il compositore comunica agli uditori della composizione il proprio malessere e la proprio sofferenza davanti al ricordo del bombardamento atomico di Hiroshima. Questa interessante composizione è completamente costruita su una continua ricerca tanto timbrica quanto espressiva. Ogni singolo strumento ad arco crea suoni estremamente particolari capaci di unirsi ai suoni degli altri strumenti all’interno di precise logiche architettoniche e formali. Parole estremamente interessanti nel merito di questa composizione di Penderecki (e del clima culturale in cui tale composizione venne pensata e realizzata) sono state scritte dallo studioso James Giordano: In later 1950s, there was a trend in classical composition toward shaping music through organization of timbre and texture over the combination of such things as melody, harmony, and rhythm. Polish composer Krzysztof Penderecki was a leader in this style, his works being clear in intent and emotional impact and, consequently, well received […] Threnody is a tone cluster composition in wich segments of music are built around simultaneously sounding blocks of pitches that are very closely spaced, incorporating both chromatic and microtonal pitches that 8 are not part of the traditional Western scales. 7 8 Italo Svevo, Romanzi, Una vita - Senilità - La coscienza di Zeno, Milano: dall’Oglio editore, 1969, p. 955. James Giordano, Maldynia: Multidisciplinary Perspectives on the Illness of Chronic Pain, USA (Boca Raton, Florida): CRC Press, 2011, p. 139. In questo interessante lavoro di Penderecki, il suono, talvolta acutissimo (al limite del fastidioso), diviene tanto la concretizzazione acustica della sofferenza provata dalle vittime del bombardamento atomico di Hiroshima quanto l’esplicitazione della paura del compositore che tali sofferenze possano riproporsi in futuro. I primi quindici secondi di Threnody To the Victims of Hiroshima di Krzysztof Penderecki. La musica, sia essa di matrice pop(ular) o di matrice accademica, si è interrogata con intelligenza e lucidità su una delle più grandi tragedie dell’umanità: la creazione, l’utilizzo e la proliferazione di armi di distruzione di massa. L’arte dei suoni ci ha consegnato un messaggio tanto semplice quanto importante: impegnarci quotidianamente affinché tragedie quali quelle di Hiroshima e Nagasaki non debbano più ripetersi e, soprattutto, comprendere come la pace e il rifiuto della violenza siano sempre le soluzioni migliori attraverso le quali dirimere le controversie internazionali (proprio come cita testualmente l’articolo 11 della nostra carta costituzionale: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali). Non limitiamoci a ascoltare la musica come se essa fosse un gioco, un semplice passatempo ludico. Essa, molto spesso, cerca di comunicarci idee e pensieri di estrema importanza a cui è bene dare ascolto. Bibliografia essenziale . Alessandra Manetti, Flavio Fiorani, Gianluca De Lucchi, Seconda Guerra Mondiale. Le battaglie, i personaggi, le armi - Atlanti universali Giunti, Firenze: Giunti Editore, 2001. . David A. Janssen, Edward J. Whitelock, Apocalypse Jukebox: The End of the World in American Popular Music, USA: Counterpoint Press, 2009. . Michael Burgan, Hiroshima: Birth of the Nuclear Age, New York: Marshall Cavendish, 2009. . James Giordano, Maldynia: Multidisciplinary Perspectives on the Illness of Chronic Pain, USA (Boca Raton, Florida): CRC Press, 2011.