PAPA BENEDETTO
LASCIA IL PONTIFICATO
11 FEBBRAIO 2013
Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore...
“Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da
questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per
governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è
necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo”.
Queste sono state le parole di Joseph Ratzinger, a sancire uno
straordinario atto di generosità che ha colpito il mondo intero,
in primo luogo per la sua profonda umanità.
Nel libro intervista Luce del mondo, a proposito dell’eventualità di una dimissione Papa
Benedetto XVI, aveva spiegato che non si lascia il pontificato in un momento di pericolo,
ma solo in un momento di serenità o “quando semplicemente non ce la si fa più”.
Il direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian non esita a definirla una “decisione
umanamente e spiritualmente esemplare”.
Una scelta inusuale che non può non emozionare, consci del fatto, prosegue Vian “che il
cardinale Ratzinger non ha in alcun modo cercato l’elezione al pontificato [...] e che l’ha
accettata con la semplicità propria di chi davvero affida la propria vita a Dio”.
Un Papa che rivela senza timore le proprie fragilità di uomo e non esita a compiere la
rinuncia più grande, stupendo il mondo con un gesto rivoluzionario e senza precedenti.
11 febbraio 2013.
Nel corso del Concistoro per la
canonizzazione dei martiri di
Otranto, con un atto inusuale e
inaspettato, specchio di un animo
tanto nobile ed elevato quanto
umile e appassionato, Joseph
Ratzinger
annuncia
le
sue
“dimissioni”: il 28 febbraio lascerà
il Pontificato. Ecco le sue parole:
“Carissimi Fratelli,
vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche
per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo
aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla
certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare
in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero,
per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le
parole, ma non meno soffrendo e pregando.
Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di
grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e
annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo,
vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere
la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato.
Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà,
dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro,
a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28
febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà
vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per
l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.
Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui
avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei
difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro
Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con
la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice.
Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una
vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio
L’UMILTÀ DI BENEDETTO XVI
CHE SCUOTE IL MONDO
Ha usato il latino. La voce ferma. Seduto, con il foglio del discorso saldo nelle
mani. Che, ieri, al termine del Concistoro pubblico per la canonizzazione dei
martiri di Otranto, di Laura di Santa Caterina da Siena Montoya y Upegui e di
Maria Guadalupe García Zavala non è stato quello che ci si aspettava: «Rinuncio
al ministero di vescovo di Roma».
Parole mai udite, in questo modo, dentro le mura vaticane. Ascoltate «con senso
di smarrimento», e che hanno colto tutti di sorpresa, «quasi del tutto increduli»
come dirà alla fine - a nome dei presenti, ma nei fatti interpretando il pensiero
di tutta la Chiesa - il cardinale Angelo Sodano, decano del Sacro Collegio. Il
pontificato di Benedetto XVI terminerà il prossimo 28 febbraio del 2013, alle
ore 20. Dopo di che avrà inizio il regime in sede vacante, con la decadenza di
tutti i capi dicastero, e inizieranno i preparativi per il Conclave chiamato ad
eleggere il successore di papa Ratzinger. Il quale, ovviamente, non vi prenderà
parte, e assisterà a tutto questo dalla residenza di Castel Gandolfo; si tratterrà
fino a quando saranno conclusi i lavori di ristrutturazione del piccolo monastero
Mater Ecclesiae, nel cuore del Vaticano, dove si ritirerà definitivamente.
Una decisione che era nell’aria, e che lo stesso Pontefice aveva in varie occasioni,
già da cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede e poi
ancora come vescovo di Roma, inquadrato in un quadro “possibile”, ma non per
questo attesa. E che nel momento in cui è arrivata, come detto, ha lasciato tutti
senza parole. «Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per
le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande
importanza per la vita della Chiesa». È stato questo l’esordio del discorso di
Benedetto XVI a conclusione del Concistoro per la canonizzazione di beati in
programma ieri mattina, occasione scelta non a caso - considerata la solennità
della cerimonia e la presenza di molti cardinali - per dare l’annuncio della sua
rinuncia al ministero di vescovo di Roma.
«Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio – ha
proseguito, parlando in latino – sono pervenuto alla certezza che le mie forze,
per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il
ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza
spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non
meno soffrendo e pregando.
Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di
grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e
annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo,
vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere
la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo,
ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di
rinunciare al ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro, a me
affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio
2013, alle ore 20.00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e
dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del
nuovo Sommo Pontefice».
Parole ponderate una per una, in rispetto a quanto previsto dal Codice di Diritto
Canonico - come spiegato dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi (vedi
articolo a pagina 2), per sgombrare ogni ombra su possibili congetture circa le
motivazioni di questo gesto inedito. E infine la richiesta di pregare per lui, la
richiesta di «perdono per tutti i miei difetti», e una promessa: «Per quanto mi
riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla
preghiera, la Santa Chiesa di Dio». Cosa di cui, invero, nessuno dubita: «Certo –
ha detto Sodano – le stelle nel cielo continuano sempre a brillare, e così brillerà
sempre in mezzo a noi la stella del suo pontificato». Anche su questo, nessun
dubbio.
LA RINUNCIA DI BENEDETTO XVI: TRE CERTEZZE DAVANTI ALLO
SMARRIMENTO
La gratitudine per questo pontificato, la certezza che la Chiesa è guidata dallo
Spirito Santo e l’importanza della nostra preghiera
È stata davvero una sorpresa per il momento in cui è arrivata. Anche alcuni dei
suoi collaboratori più stretti erano all’oscuro di quanto Benedetto XVI avrebbe
annunciato questa mattina, una notizia che ha sconvolto tutto il mondo cattolico.
Ma non è esattamente un fulmine a ciel sereno perché della possibilità di sue
dimissioni si parla da tempo, e nelle ultime settimane la voce in Vaticano si era
fatta più insistente.
Si tratta di una decisione lungamente meditata, che Benedetto XVI teneva
aperta come possibilità sin dalla sua elezione al soglio di Pietro. Già all’inizio del
2006, infatti, aveva chiesto un consulto a un gruppo ristretto di esperti a
proposito della possibilità di dimissioni. Sebbene la procedura di dimissioni sia
regolata dal Codice di diritto canonico, allora gli fu dato un parere negativo
soprattutto pensando agli effetti sconvolgenti di un tale annuncio. E ancora, in
alcune interviste, a domanda diretta non ha mai escluso la possibilità di dimissioni
al verificarsi di certe condizioni.
Condizioni che evidentemente oggi Benedetto XVI ha ritenuto si siano verificate,
e perciò «per il bene della Chiesa» sulla bilancia delle decisioni tali condizioni
pesano più del disorientamento che tale notizia provoca tra i cattolici. Il Papa ha
detto di non avere più le forze per «guidare con vigoria la barca di Pietro», che
si trova a vivere un periodo che dire travagliato è poco, visti gli episodi anche
eclatanti di disobbedienza al Magistero. E sicuramente ha pesato il fatto di
vedere anche fra i suoi collaboratori atteggiamenti e scelte che le sue forze non
gli permettevano di correggere.
Ma in questo momento di smarrimento, alcune certezze ci devono guidare.
1) GRATITUDINE PER QUESTO PONTIFICATO
Anzitutto la gratitudine per questo pontificato, che ha saputo parlare al cuore
dei fedeli come nessuno aveva immaginato all’inizio. E testimonianza ne è
l’afflusso senza precedenti alle catechesi del mercoledì. Nell’Angelus del 3
febbraio, parlando di Gesù che nella sinagoga di Nazareth con il discorso del
“nessuno è profeta in patria” sfida la rabbia dei suoi concittadini, disse che il
motivo dell’atteggiamento di Gesù sta nel fatto che non è venuto a cercare il
consenso, ma a testimoniare la Verità. È una affermazione che ben definisce
anche il pontificato di Benedetto XVI, e di questa testimonianza della Verità
siamo grati, al punto che le dimissioni del Papa aumentano la nostra responsabilità
personale nel fare lo stesso.
2) LA CHIESA È GUIDATA DALLO SPIRITO SANTO
Il secondo aspetto è la certezza che a guidare la Chiesa è lo Spirito Santo. Non
è una astratta consolazione in momenti in cui dal punto di vista umano le cose
sembrano andare male. È, e deve essere, la certezza concreta che nasce
dall’esperienza: lo Spirito Santo guida davvero la Chiesa, e allora le dimissioni di
Benedetto XVI e l’elezione di un nuovo Papa sono provvidenziali anche se a noi può
sfuggire il Disegno che ci sta dietro. Solo questa certezza ci può dare una
serenità di fondo anche in un momento di forte smarrimento come questo.
3) LA NOSTRA PREGHIERA PER IL PAPA
Infine, è più che mai necessaria la nostra preghiera: per il Papa, perché continui
fedelmente il suo servizio alla Chiesa, seppur in forme diverse; per la Chiesa, che
possa essere sempre guidata in accordo con la volontà di Dio; per noi stessi, per
chiedere al Signore il dono della fede, che Benedetto XVI ha posto al cuore del
dramma del mondo contemporaneo. La vera crisi – ci ha detto in questi anni – è
una crisi di fede, ed è per questo che ha indetto un Anno della Fede, che stiamo
vivendo proprio ora. E allora, il modo migliore per rendere grazie a Dio del dono
di questo Papa, è desiderare con tutto noi stessi e chiedere a Dio la grazia di
aumentarci la fede, la grazia della conversione.
Il primo giorno da Papa dimissionario
Inizia con la messa celebrata coi segretari alle sette nella cappellina privata alla
terza loggia del Palazzo Apostolico. Poi la colazione e il lavoro di rifinitura dei
testi da leggere oggi a San Pietro per l’udienza e le Ceneri. «Tutto come al
solito, il martedì è la sua giornata senza attività pubblica», spiegano in Curia.
Nella Sacre Stanze un silenzio irreale, fuori il gran circo del conclave ha già
piazzato le tende. Il «day after» dell’evento più inatteso è una piazza San Pietro
trasformata in un set cinematografico dai mass media di tutto il mondo. Scorrono
tra opposte tonalità le prime ore di Benedetto XVI dopo l’annuncio che dal 28
febbraio non sarà più Papa. Confermati tutti gli impegni pubblici fino al 28
febbraio, a partire da oggi con l’udienza generale e nel pomeriggio le Ceneri.
Unica variante è che il rito dell’inizio della Quaresima si celebrerà non a Santa
Sabina, ma in San Pietro, perché è scontata un’eccezionale affluenza di popolo.
Il Papa che ha rinunciato, primo dopo secoli, non è fuggito, né davanti a strane
manovre né davanti alle responsabilità, spiega l’Osservatore romano, ricordando
che da teologo, vescovo, cardinale e Papa Joseph Ratzinger ha sempre agito
«controcorrente» e per annunciare Gesù alle persone. Le persone a lui vicine lo
descrivono come sereno dopo aver preso la decisione e fino alla fine del mese
l’agenda sarà rispettata. C’è quindi attenzione per gli ultimi discorsi pubblici,
dalle udienze agli Angelus. Vengono confermate anche le udienze a due
presidenti, della Romania e del Guatemala, i «suoi» parroci, il clero di Roma,
attende con una certa trepidazione l’udienza di giovedì prossimo. Dal 17 al 23
regolare ritiro di quaresima con la Curia.
Non sembra invece ragionevole che veda la luce la annunciata quarta enciclica,
che si ipotizzava dedicata alla fede. Niente impedirà a Joseph Ratzinger di
completarla una volta lasciato il soglio di Pietro, ma ovviamente non sarà una
enciclica. «Ha preso questa decisione - sottolinea dal canto suo il portavoce
vaticano Federico Lombardi - con umiltà, coraggio e saggezza nel valutare la
propria situazione davanti a Dio, questo è uno dei messaggi del suo gesto che è
parlante non solo per la Chiesa, ma per ogni persona». Risposta soft a domanda
diretta di chi nei sempre più affollati briefing con la stampa chiede se dietro alla
rinuncia di Benedetto XVI ci siano manovre ecclesiali.
I canonisti e gli esperti si applicano a esplorare una situazione inedita. Molte le
questioni che si dovranno affrontare, dall’appellativo con cui rivolgersi all’attuale
Papa, ai segni del suo pontificato, compresi l’anello e il sigillo, che andranno
invalidati. Dal 28 Benedetto XVI abiterà prima a Castel Gandolfo, e poi nell’ex
monastero all’interno del Vaticano che sarà la sua residenza. «Non è previsto che
partecipi al conclave», ha detto Lombardi, né avrà ruoli operativi in dicasteri
pontifici. Certo non interferirà in nessun modo nel ministero del suo successore.
«È una persona molto discreta - ha ricordato il portavoce - sicuramente non
interferirà, di questo possiamo essere sicuri». Insomma non sarà una inedita
coabitazione tra due pontefici. «Credo sia sbagliato», sottolinea padre Lombardi,
leggere la rinuncia e interpretarla come la risposta a problemi limitati, di governo
o problemi operativi. Il Papa ha spiegato la sua decisione «in termini più profondi
e spirituali», e mettere l’accento su problemi di governance o di Vatileaks come
significativi in questa decisione è «fuorviante». Intanto i media di tutto il mondo
si stanno mobilitando al massimo per la copertura del prossimo conclave in
Vaticano, e di tutti gli eventi che porteranno all’ultimo giorno da papa di Joseph
Ratzinger.
La rivoluzione di Benedetto XVI, l’attesa del nuovo Papa
Il fratello: teoria del complotto è assurdità
Osservatore Romano: la rinuncia porterà cambiamenti
L’Osservatore smentisce ancora che la rinuncia arrivi a causa di difficolta’ nella Chiesa. “I
momenti difficili - conclude - non sono mancati nei suoi otto anni di pontificato”, ma il
Papa “li ha affrontati e superati con pieno affidamento a Dio e avviando a soluzione
questioni annose ricevute in eredita’”
Benedetto XVI al termine della visita a Loreto (ottobre 2012)
Roma, 12-02-2013
Il Papa, prendendo la decisione di dimettersi, “ha avuto a cuore il futuro della fede
cristiana sulla terra e per questo ha creduto necessario fare un passo che cambierà molte
cose”. Lo scrive l’Osservatore Romano in un editoriale a firma del vicedirettore Carlo Di
Cicco che ricorda come “la rinuncia di Benedetto XVI avviene nell’Anno della fede e nel
cinquantesimo anniversario dell’inizio del concilio Vaticano II”. Per il giornale vaticano “non
e’ una casuale coincidenza, ma un segno dei tempi, che il Pontefice ha letto per il bene
della Chiesa”.
“Joseph Ratzinger, da giovane teologo ha dato molto alla riuscita del concilio contribuendo
a elaborare importanti testi della storica assise”, continua l’articolo. E “in seguito si e’
adoperato in ogni modo per ricomporre i conflitti accesi intorno all’interpretazione
dell’evento conciliare, prospettando da Papa la via della riforma della Chiesa”, rileva
ancora il giornale vaticano sottolineando infine che “il Concilio non ha inteso cambiare la
fede cristiana ma ripensarla in un linguaggio aggiornato e comprensibile nel mondo di
oggi”.
“Papa Benedetto - si legge ancora nell’editoriale - lo ha fatto con tolleranza, semplicita’ e
coerenza ricorrendo perfino alle tecniche di comunicazione piu’ innovative pur di
annunciare Gesu’ Cristo a tutti si pensi al Cortile dei gentilie in particolare alle nuove
generazioni”. Infine, l’Osservatore smentisce ancora che la rinuncia arrivi a causa di
difficolta’ nella Chiesa. “I momenti difficili - conclude - non sono mancati nei suoi otto anni
di pontificato”, ma il Papa “li ha affrontati e superati con pieno affidamento a Dio e
avviando a soluzione questioni annose ricevute in eredita’”.
Il fratello: teoria del complotto è assurdità. “La teoria del complotto è un’assurdità, un
nonsense”. Lo ha detto Georg Ratzinger, in un’intervista all’Ansa, commentando la
decisione di Benedetto XVI di dimettersi. “Ritengo possibile che arrivi un Papa italiano. Ci
sono molte personalita’ capaci nelle fila dei cardinali italiani” ha detto Georg Ratzinger.
Padre Georg ha aggiunto di ritenere che un pontefice nero potrebbe arrivare “piuùin la’:
non ritengo che questo avverrà adesso, in questo momento”.
27 FEBBRAIO
Benedetto XVI: «Il mio animo si allarga
per abbracciare tutta la Chiesa»
Queste le parole con le quali il Papa, nel penultimo giorno del suo pontificato e
nella sua ultima udienza generale del mercoledì, si è rivolto alle centinaia di
migliaia di fedeli riuniti per salutarlo in piazza San Pietro.
27.02.2013
«Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un
contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la
ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle
braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno anche
nella fatica». Queste le parole con le quali oggi Benedetto XVI, nel penultimo giorno del suo
pontificato e nella sua ultima udienza generale del mercoledì, si è rivolto alle centinaia di
migliaia di fedeli riuniti per salutarlo in piazza San Pietro.
Aprendo il suo messaggio, il Papa ha detto: «In questo momento il mio animo si allarga per
abbracciare tutta la Chiesa sparsa nel mondo», assicurando di voler raccogliere «tutto e tutti
nella preghiera per affidarli al Signore».
Un discorso, quello odierno di Benedetto XVI, segnato dalle parole “speranza”, “fiducia”,
“gioia”, tipiche di tutti i suoi interventi di natura magisteriale e pastorale. Parlando della Chiesa
come “barca di Pietro”, il Papa ha subito ricordato i «tanti giorni di sole e di brezza leggera»,
ma anche i «momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia
della Chiesa e il Signore sembrava dormire».
«Un Papa non è solo»
«Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro - ha
aggiunto Benedetto XVI durante l’ultima udienza generale di oggi
-, anche se è sua la prima responsabilità; e io non mi sono mai
sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il
Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità
e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state
vicine». «Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali: la vostra saggezza,
i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per me preziosi; i
miei Collaboratori - ha proseguito -, ad iniziare dal mio Segretario
di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la
Segreteria di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari settori,
prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che non emergono - ha precisato -,
rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e
umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile».
Il Papa ha avuto anche un pensiero per i giornalisti, ringraziando «tutti coloro che lavorano per
una buona comunicazione».
«La Chiesa è una comunione di fratelli e sorelle»
Nella parte centrale del suo messaggio, Benedetto XVI ha fatto riferimento ai «segni
commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera» ricevuti da «tantissime persone» che gli
hanno espresso «affetto che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa». Un
discorso, quest’ultimo del Papa all’udienza generale, nel quale ha ribadito a più riprese il suo
amore per la Chiesa che «non è un’organizzazione, non un’associazione» ma «un corpo vivo,
una comunione di fratelli e sorelle».
«Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua
verità e del suo amore»: questo il sentimento prevalente che Benedetto XVI ha evidenziato
con forza e commozione. Sentimenti che sono emersi quando il Papa ha fatto cenno alla sua
decisione di rinunciare, «nella piena consapevolezza della sua gravità» ma «avendo sempre
davanti il bene della Chiesa e non se stessi».
Una scelta difficile, guidata dalla certezza «che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e
figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della loro comunione». Sicurezza
che ha poi espresso anche riguardo alla scelta del suo successore, affidata ai cardinali per i
quali ha chiesto ai fedeli «di pregare» in quanto «chiamati ad un compito così rilevante».
«Non abbandono la Croce»
Riguardo ai motivi personali alla base della sua rinuncia, il Papa ha ricordato durante l’ultima
udienza che «in questi ultimi mesi ho sentito come le mie forze erano diminuite e ho chiesto a
Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi» per «farmi prendere la decisione più giusta
non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa».
Così, dopo aver assunto la decisione, Benedetto XVI ha ricordato un elemento fondamentale
che attiene alla persona del Papa: «Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un
ritornare nel privato». «Non ritorno alla vita privata - ha detto - non abbandono la croce, ma
resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso». «Non porto più la potestà dell’officio per il
governo della Chiesa - ha aggiunto -, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel
recinto di san Pietro».
In conclusione ha voluto ancora una volta rincuorare tutti i credenti: «Cari amici! Dio guida la
sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai
questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo». Le
sue ultime parole sono state: «Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la
gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il
suo amore. Grazie!».
Un “grazie” salutato da scroscianti applausi delle oltre 150mila persone presenti.