NOTE Agostino Giorgio, Roberto Marani, Anna Gina Perri Dipartimento di Elettrotecnica ed Elettronica, Laboratorio di Dispositivi Elettronici, Politecnico di Bari Via E. Orabona 4, 70125, Bari, Italy Phone: +39-80-5963314/5963427 Fax: +39-80-5963410 E-mail: [email protected] http:www.dispositivielettronici.com e www.cardesweb.com IL QUANTUM COMPUTING: UN NUOVO SCENARIO DELL’ELETTRONICA (QUANTUM COMPUTING: A NEW ELECTRONIC SCENARIO) ommario: in questo lavoro vengono innanzitutto illustrate in modo semplice ed essenziale le basi teoriche del Quantum Computing per poi addentrarsi nelle implementazioni hardware proposte di recente (Transistore a Singolo Elettrone a semi e superconduttore, qubit a flusso magnetico). Infine vengono individuate le problematiche ancora aperte unitamente alla prospettive future per l’hardware. S bstract: in this paper the theoretical fundamentals of Quantumn Computing are illustrated with reference to hardware implementations recently proposed (Single Electron Transistor realized with semiconductor or superconductor, magnetic flux qubit). At last the unresolved problems and the hardware prospects are highlighted. 1. Introduzione Gli obiettivi principali dell’elettronica sono da sempre quelli di ridurre le dimensioni, i costi ed aumentare le prestazioni dei dispositivi e dei circuiti integrati. Una strada molto promettente, che risponde sia alle esigenze migliorative che alla necessità di una “nuova elettronica”, è quella della Computazione Quantistica (Quantum Computing), che consiste essenzialmente nell’elaborazione dei dati effettuata tramite particelle elementari, che, come è facile intuire, danno la massima miniaturizzazione, ottenendo nel contempo ottime prestazioni. Tuttavia va precisato che il Quantum Computing è ancora in fase di studio e sperimentazione, sia in termini di hardware che di algoritmi computazionali, anche se esso ha delle basi teoriche ricche dell’esperienza di circa quarant’anni di studi iniziati dal premio Nobel R. Feynman, e la realizzazione effettiva di computer quantistici sembra ancora lontana, anche se affatto impossibile. In questo lavoro vengono innanzitutto illustrate in modo semplice ed essenziale le basi teoriche del Quantum Computing. per poi addentrarsi alle implementazioni hardware proposte di recente (Transistore a Singolo Elettrone a semi e superconduttore, qubit a flusso magnetico). Infine vengono sviluppate le problematiche ancora aperte (e sono molteplici) unitamente alla prospettive future per l’hardware. Lo sviluppo della tecnologia, e quindi dell’elettronica, negli ultimi quarant’anni ha subito una rapida ascesa ed ha raggiunto livelli molto avanzati. Infatti, anche se, secondo la legge di Moore, le capacità di integrazione della tecnologia raddoppiano ogni diciotto mesi (cioè un dispositivo che nella tecnologia attuale occupa una certa superficie tra diciotto mesi ne occuperà metà pur mantenendo inalterate le stesse funzioni), negli ultimi anni la crescente domanda del mercato ha determinato un’accelerazione nella miniaturizzazione dell’elettronica, facendo “restringere” i chip fino alle dimensioni di alcune centinaia di nanometri. Pertanto è facile prevedere che si arriverà presto ad un limite, che non sarà possibile superare senza riscontrare grossi problemi: infatti all’avvicinarsi alle dimensioni simili a quelle degli atomi e delle particelle elementari subentrano dei meccanismi e delle interferenze che rispondono ad un ramo della fisica completamente diverso da quello classico, a cui normalmente ci si riferisce per capire e spiegare il funzionamento di dispositivi e circuiti, che è quello della Fisica Quantistica. Essa studia i fenomeni microscopici in un modo completamente diverso da come siamo invece abituati a descrivere i fenomeni macroscopici attraverso la Fisica Classica. La Comunicazione - numero unico 2007 A 57 NOTE Agostino Giorgio, Roberto Marani, Anna Gina Perri 2. Elementi di fisica quantistica 2.1 Il principio di indeterminazione Il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma che non si può conoscere con esattezza simultaneamente la posizione x e la velocità v di una particella subatomica, perché la coordinata x moltiplicata per l’impulso p, che è funzione della velocità (p = mv, in cui m è la massa della particella) è almeno uguale a h/2π, cioè: Δ xΔ p ≥ h 2π dove h è la costante di Planck, pari a 6.6 . 10-34 J.s. Inoltre il principio, noto come principio di indiscernibilità, in base al quale le particelle microscopiche risultano indiscernibili: ovvero sono tutte identiche, tanto da non poter essere distinguibili le une dalle altre né con tecniche di colorazione, né con altri sistemi. Al principio di indeterminazione corrisponde un'altra singolare circostanza presente nella realtà microscopica, nota come principio di complementarietà. Secondo questo principio, esistono a livello microscopico proprietà complementari tali da escludersi l'una con l'altra, nel senso che la rivelazione dell'una, mediante esperimento, esclude la rivelazione dell'altra (ad esempio, il dualismo ondaparticella). 2.2 Il principio di sovrapposizione Si consideri, ad esempio, la radiazione luminosa proveniente dal Sole che attraversa una finestra. La luce, come è noto, è costituita da fotoni. Questi ultimi attraversano il vetro per mostrare il paesaggio; ma non è detto che ciò accada per tutti i fotoni. Il mondo quantistico delle particelle elementari, come appunto i fotoni, non è un mondo di certezze ma di possibilità. Il fotone che colpisce il vetro può attraversarlo, ma può anche esserne riflesso: il fotone ha, cioè, una certa probabilità di passare o meno attraverso il vetro; ecco perché oltre a poter vedere ciò che esiste oltre la finestra si può notare il riflesso dell'osservatore stesso sui vetri. Il fenomeno è ancora più sottile e sfuggente per la logica aristotelica cui si è abituati: il fotone passa e non passa. È questo il senso di uno dei pilastri concettuali della meccanica quantistica: il principio di 58 sovrapposizione. Se un'entità quantistica può assumere due valori o essere in due stati, essa sarà in una sovrapposizione dei due, con una probabilità non nulla di essere nell'uno e nell'altro. In una sovrapposizione, a differenza di un miscuglio, non si può dire che un'entità si trovi realmente in uno stato o in un altro che però non si conoscono; la sovrapposizione contiene, invece, tutti i possibili casi, ma non equivale ad alcuno di essi.A ogni particella si può poi associare un'onda, e ogni onda è una manifestazione di una particella. Max Born intuì per primo la natura di questa relazione: l'onda associata a una particella è un'onda di "probabilità", nel senso che indica quale sarà l'evoluzione possibile per quella particella. Lo stato di una particella non è più quello classico (posizione nello spazio e nel tempo e velocità). Lo stato di una particella è dato dalla sovrapposizione di tutti i suoi possibili stati futuri, ciascuno "pesato" con una probabilità. 2.3 Il paradosso EPR (Einstein - Podolsky - Rosen) (principio dell' "entanglement") Partendo dalla considerazione che lo spin è una grandezza conservativa, si consideri un sistema quantistico costituito da due protoni, fra loro localmente molto vicini e con spin totale nullo. Questa situazione corrisponde ad avere gli spin dei due protoni, misurati lungo una direzione assegnata, orientati in sensi opposti, ovvero, se un protone ha spin +1/2 lungo una direzione, l'altro avrà necessariamente spin -1/2 lungo la stessa direzione. Se adesso si immagina che i due protoni si allontanino indefinitamente l'uno dall'altro fino a raggiungere enormi distanze reciproche, si deve ammettere, per la menzionata conservazione, che la relazione di antiparallelismo degli spin resta conservata. Pertanto, ove si effettui la misura di una componente di spin di una delle due particelle lungo una direzione assegnata, forzandolo in uno stato determinato, necessariamente anche la particella lontana verrà forzata immediatamente in un determinato stato del suo momento angolare in modo da conservare, lungo la stessa direzione, la relazione di antiparallelismo di partenza. Per indicare questa stretta interdipendenza fra particelle viene usata l'espressione entanglement, molto importante nel campo della computazione quantistica, come vedremo nel seguito. Questa azione istantanea a distanza è stata per La Comunicazione - numero unico 2007 (QUANTUM COMPUTING: A NEW ELECTRONIC SCENARIO) lungo tempo considerata paradossale, finché J. Bell dimostrò che lo strano effetto, anche se apparentemente paradossale, è effettivamente verificato in natura. La natura paradossale del principio dell'entanglement sta nella possibilità di avere un effetto a distanza in un tempo nullo con conseguente violazione del cosiddetto principio di località. In realtà, il paradosso citato non viola il principio di località, in quanto, essendo il risultato della prima misura (quella sul protone vicino) casuale come lo è quello della seconda misura (quella sul protone lontano), non è possibile con l'esperienza descritta, trasmettere informazione fra i due estremi e, quindi, produrre significativi effetti a distanza. 2.4 Il parallelismo quantistico: dal bit al qubit Nei computer classici l'unità d'informazione di base è il cosiddetto bit, che è un sistema a due stati: no o sì, falso o vero, o semplicemente 0 o 1. Il bit viene realizzato, ad esempio, come assenza o presenza di carica, oppure come 2 differenti stati elettronici di un atomo. Peraltro, in base alle precedenti considerazioni della fisica quantistica, si può affermare che, se un bit può esistere in 2 stati distinti, può anche esistere in una loro sovrapposizione coerente. Si tratta di un terzo stato, che non ha un analogo nella fisica classica, in cui l'atomo rappresenta entrambi i valori 0 e 1 contemporaneamente. Per meglio comprendere quanto esposto, supponiamo di avere un atomo che abbia un solo elettrone nell'ultima orbita occupata. Questo elettrone può essere spostato, ossia "eccitato", in un'orbita più esterna illuminandolo con una luce di una determinata frequenza e durata. L'elettrone fa così un salto quantico in uno stato di energia più elevata. Se tale stato è sufficientemente stabile, lo si potrà utilizzare, insieme allo stato di energia più basso, per rappresentare rispettivamente i numeri 0 e 1. Se un atomo "eccitato" viene colpito da un ulteriore impulso di luce, simile al precedente, l'elettrone ritorna nello stato di energia più bassa rilasciando un fotone. Ma cosa accade se la durata del primo impulso di luce dura la metà del tempo necessario per commutare lo stato dell'elettrone? La risposta è sorprendente per la logica cui si è abituati: l'elettrone si troverà simultaneamente in entrambe le La Comunicazione - numero unico 2007 NOTE IL QUANTUM COMPUTING:UN NUOVO SCENARIO DELL’ELETTRONICA orbite. L'elettrone sarà allora in una "sovrapposizione" dei due stati, fondamentale ed eccitato. Un qubit è una "sovrapposizione" di 0 e 1 e può essere definito dalla notazione matematica a |0> +b |1>, intendendo con ciò che se misurato esso 2 potrà valere 0 con probabilità a e 1 con proba2 bilità b ,essendo a e b numeri complessi. Non si vuole, per semplicità, approfondire la natura matematica degli stati rappresentati dal simbolo |>, ma è bene comunque ricordare che tale simbolo sta a rappresentare un vettore, per sua natura orientato. Lo stato |1 > + |0> è diverso dallo stato |0 > + |1>. Ma come si possono modificare i valori memorizzati in un qubit? In altri termini, che tipo di operatori si possono utilizzare per modificare il contenuto di uno o più qubit? In ambiente quantistico si è visto come sia possibile invertire il contenuto di un qubit. L'impulso di luce di durata opportuna equivale a tutti gli effetti a un operatore NOT. Oltre all'operatore NOT esistono in meccanica quantistica altri tipi di operatori, che possono essere applicati. Ecco che finalmente entra in gioco il principio dell'entanglement. Se due qubit sono entrambi nella sovrapposizione di 0 e 1 vengono definiti entangled se il risultato della misurazione di uno di essi è sempre correlato al risultato della misura dell'altro qubit. L'entanglement, insieme alla sovrapposizione, è la chiave di volta dell'intero funzionamento del computer quantistico. Senza l'entanglement, infatti, come si potrebbero correlare i risultati ottenuti con i valori in ingresso? Per comprendere più facilmente questo fondamentale concetto si può ricorrere a una semplice metafora. Si immagini di avere un insieme di domande, quali per esempio la moltiplicazione di diverse coppie di numeri molto grandi, e di distribuire tali moltiplicazioni tra più persone. Ciascuna di queste trascriverà il proprio risultato su di un foglietto che porrà in una scatola. La scatola in questo esempio rappresenta il registro di qubit in uscita. Estrarre di volta in volta dalla scatola un risultato equivale a far "collassare" il registro dei qubit a un valore preciso dopo una misura. Ma il risultato ottenuto a quale domanda, ossia a quale moltiplicazione, corrisponde se sul foglietto è scritto solo il risultato? Nel computer quantistico è proprio il meccanismo dell'entangle- 59 NOTE Agostino Giorgio, Roberto Marani, Anna Gina Perri ment che consente di associare i singoli risultati alle rispettive domande. Consideriamo, infine, un registro classico a 3 bit. Esso può contenere uno degli 8 diversi numeri possibili: 000, 001, 010,….111, rappresentanti in notazione binaria i numeri da 0 a 7. Un registro quantistico composto da 3-qubit (come vengono chiamate le unità di informazione nel Quantum Computing corrispondenti al bit classico) è in grado di contenere fino a tutti e 8 i numeri contemporaneamente in una sovrapposizione quantistica. In generale M qubit sono in grado di conservare 2M numeri contemporaneamente. Un registro costituito da 250 atomi, ad esempio, può essere capace di memorizzare contemporaneamente più numeri (2250) di quanti siano gli atomi presenti nell'universo conosciuto. L'effetto è che un calcolatore quantistico è in grado di effettuare operazioni matematiche su tutti i numeri contemporaneamente, allo stesso costo in termini computazionali dell'operazione eseguita su uno solo dei numeri. In altre parole è possibile eseguire un massiccio calcolo parallelo ad un costo computazionale irrisorio rispetto a quello richiesto dai computer tradizionali, che avrebbero bisogno per compiere la stessa operazione di ripetere il calcolo 2M volte o di poter contare su 2M processori paralleli. 3. Il Quantum Compunting Per lungo tempo non si è data molta importanza alle modalità fisiche secondo le quali un dispositivo di calcolo veniva realizzato. Invece recentemente, a seguito dell’incessante progresso della tecnologia di realizzazione dei moderni computer classici, si è cominciato ad avere la percezione che anche la forma fisica di realizzazione di una macchina è fondamentale ed ha un impatto non trascurabile nelle prestazioni. Una delle principali limitazioni all’aumento della capacità di calcolo dovuta proprio alla struttura fisica dei dispositivi è stata riscontrata nella difficoltà di interconnessione tra essi, soprattutto se siamo in presenza di una schiera ad elevata densità. Quindi la difficoltà di connessione è direttamente proporzionale alla densità dei dispositivi e di conseguenza la classe attualmente più innovativa e utilizzata dei CMOS rischia di andare incontro al suo limite massimo di miniaturizzazione. 60 Per questo motivo si è reso necessario trovare delle nuove metodologie (ad esempio Quantum Cellular Automata, QCA), che magari evitino totalmente le connessioni fisiche tra dispositivi. 3.1 Automi Quantici a Celle (QCA) L’interesse verso questa nuova architettura, nota con l’acronimo QCA (Quantum Cellular Automata) nasce dal fatto che il trend di scaling dei circuiti elettronici raggiungerà presto dimensioni atomiche; di conseguenza deve essere pensata una nuova soluzione in relazione al mutato contesto fisico. Tuttavia, il motivo più importante è quello che riguarda la riduzione degli effetti parassiti in un circuito integrato. In particolare, la causa di un mal funzionamento nella maggior parte dei C.I. è da addebitarsi a fenomeni di accoppiamento elettromagnetico ed interferenza tra le interconnessioni dei vari dispositivi. Di qui nasce l’esigenza di ridurre fortemente la lunghezza di tali collegamenti senza per questo deteriorare le prestazioni dell’intero circuito. La soluzione QCA si propone in questo senso, di limitare il numero delle piste elettriche soltanto lungo il perimetro del chip, anche se forse è improprio parlare di circuito. In buona sostanza, il calcolo viene realizzato senza la necessità di connettere i vari dispositivi, eccetto quelli marginali. I vantaggi di questa architettura, che verrà ora descritta, sono molteplici. Innanzitutto, la compatibilità con le nanostrutture (nanotransistori,…), quindi l’alta velocità di calcolo unitamente all’alta densità di dispositivi per area del chip, e soprattutto un limitato consumo di potenza. Il dispositivo base dell’architettura QCA è il quantum dot, o punto quantico, praticamente una buca di potenziale abbastanza stretta (su scala nanometrica) da consentire una quantizzazione dei livelli energetici al suo interno, e favorire lo scambio di elettroni verso quelli superiori o inferiori per mezzo di sollecitazioni esterne (ad esempio un campo elettrico applicato). Ricordiamo che un quantum dot è una eterogiunzione che ha un sottile strato semiconduttore con bandgap inferiore ai semiconduttori che lo circondano. Nella Fig.1 è mostrata l’immagine al microscopio di un quantum dot. La cella base, a cui verrà associata l’informazio- La Comunicazione - numero unico 2007 (QUANTUM COMPUTING: A NEW ELECTRONIC SCENARIO) NOTE IL QUANTUM COMPUTING:UN NUOVO SCENARIO DELL’ELETTRONICA alcuna, sono quindi due, con energia elettrostatica uguale e di conseguenza hanno la stessa probabilità di essere riscontrati.Avendo a disposizione due stati, è possibile associare ad essi i valori logici “0” e “1”, come mostrato nella Fig.2, dove i punti in nero sono occupati dagli elettroni. Fig.1. Immagine di un quantum dot al microscopio. ne binaria, è costituita da un blocco contenente quattro quantum dot, organizzati in una schiera bidimensionale, cioè disposti ai vertici di una cella quadrata. Il principio fondamentale di funzionamento della schiera bidimensionale sta nel fatto che l’informazione è contenuta nella posizione della carica e viene trasferita non attraverso il flusso delle cariche stesse, cioè una corrente, ma con l’interazione Colombiana diretta tra celle vicine tra loro. In tal modo viene completamente eliminata la necessità di avere interconnessioni tra le celle e si ha una grande riduzione dello spazio occupato. Lo schema più semplice per implementare i QCA si ottiene, come già detto, ponendo i quantum dot ai vertici di una cella quadrata. Ogni cella contiene due elettroni mobili addizionali che possono passare, per effetto tunnel, da un dot ad un altro all’interno della cella. La velocità di tunneling dipende dalla separazione spaziale tra i dot: infatti all’aumentare della distanza tra i dot la probabilità diminuisce esponenzialmente. Inoltre è essenziale non solo che i dot della stessa cella siano abbastanza vicini tra loro per permettere il tunneling, ma anche che le celle siano distanti sufficientemente tra loro per impedire lo scambio dei propri elettroni mobili addizionali attraverso il tunneling stesso. Con questo meccanismo gli elettroni si sistemano nei dot della cella in maniera dipendente dall’energia potenziale del sistema. La configurazione a minima energia della cella si ha con l’occupazione da parte degli elettroni dei due dot in posizione opposta (Fig.2).. Infatti se gli elettroni occupano due dot adiacenti (Fig.3), la repulsione colombiana provvede a riportare uno dei due elettroni nel dot opposto all’altro. Gli stati stabili, senza avere influenza esterna La Comunicazione - numero unico 2007 Fig.2. Diversi stati possibili per una cella a 4 dot: a) stato logico 1, b) stato logico 0. Fig.3. a) stati instabili e b) stati stabili in una cella a 4 dot. Per quanto riguarda il comportamento che le celle hanno tra loro, si ha che le celle adiacenti tendono ad allinearsi, mentre quelle poste in diagonale ad antiallinearsi. Se poi viene applicato un campo elettrico che fa variare lo stato della prima cella, si ha che le altre celle adiacenti modificano il loro stato in base al cambiamento subito dalla prima cella, grazie alla repulsione coulombiana che fa “adeguare le celle successive alla prima, chiamata driver, che resta fissa poiché imposta dall’esterno. L’informazione in questo modo si propaga per tutto il sistema senza alcun flusso di carica. L’idea che governa il QCA è che uno stato base iniziale viene alterato cambiando le condizioni al contorno per ottenere un nuovo stato base dipendente dalle condizioni al contorno. La Fig.4 mostra un esempio in cui la prima cella passa dallo stato logico 1 allo stato logico 0 e la seconda cella si allinea. 61 NOTE Agostino Giorgio, Roberto Marani, Anna Gina Perri necessarie mentre l’interno della schiera vede solo le celle affiancate nel modo scelto per il calcolo. 4. Realizzazione dei QUBIT Un sistema quantistico ha bisogno di essere disaccoppiato dall’ambiente esterno per non subire interferenze e funzionare quindi in modo classico, rimanendo localizzato in uno stato. Se un sistema di questo tipo è debolmente accoppiato con l’ambiente, l’oscillazione coerente, che si verifica tra gli stati, si smorza. La velocità di smorzamento è nulla se il sistema è totalmente isolato. L’inverso della velocità di smorzamento viene Fig.4. Configurazione di un atomo a due celle: 1) stato base iniziale, 2) variazione dello stato base con stimolo esterno, 3) stato base finale ottenuto. Nel caso in cui le celle non sono adiacenti, ma diagonali tra loro, le cariche si antiallineano per disporsi nella configurazione energetica più bassa (Fig.5). Fig. 5. Configurazioni energetiche minime di due celle disposte diagonalmente tra loro. In tal modo è anche possibile implementare porte logiche AND e OR come molte altre operazioni logiche, in cui una schiera di QCA, organizzata e disposta in modo opportuno, deve essere connessa fisicamente solo all’esterno, sia all’ingresso che all’uscita. Queste sono le uniche connessioni 62 chiamato tempo di decoerenza dec e rappresenta il tempo per cui il sistema conserva la memoria dello stato iniziale, cioè è coerente con esso. Oltre questo tempo il sistema dimentica lo stato iniziale. Ovviamente la situazione ideale corrisponde ad avere un tempo di decoerenza infinito. Per la realizzazione hardware dei qubit occorre che siano verificate le seguenti condizioni: 1. Qubit identificabili e capacità di aumentarli in numero: occorre, cioè, essere in grado di costruire molti qubit, a seconda delle esigenze di calcolo, che siano controllabili e affidabili. 2. Capacità di preparare lo stato iniziale del sistema, vale a dire che tutti i bit devono essere preparati in un certo stato prima di effettuare il calcolo. 3 Bassa decoerenza, cioè un tempo di decoerenza lungo, circa tre o quattro ordini di grandezza superiore al tempo necessario per effettuare un’operazione quantistica elementare. 4. Porte quantistiche, cioè disporre di un set universale di trasformazioni insieme alle operazioni su singolo bit. 5. Realizzare una misura quantistica sui qubit per ottenere il risultato desiderato e trasferire al mondo esterno l’informazione utile. Nel corso degli ultimi anni sono state studiate diverse soluzioni per la realizzazione fisica dei qubit. Ne proponiamo di seguito alcune tra le più importanti e significative. 4.1 Confinamento ionico lineare (“trapped ions”) I primi tentativi consistettero nell’isolare un La Comunicazione - numero unico 2007 (QUANTUM COMPUTING: A NEW ELECTRONIC SCENARIO) singolo ione e di muoverlo all’interno di un dispositivo in cui ci fosse uno stato di vuoto quasi assoluto. Attraverso il bombardamento dello ione con un laser è stato possibile sospenderlo in un punto. Due ricercatori dell’università di Innsbruck, Cirac e Zoller, pensarono a tale ione come ad un quantum gate. Infatti per uno ione con un solo elettrone nell’orbita più esterna, si può associare allo stato energetico più basso il livello logico 0 e a quello più alto il livello logico 1. La commutazione da uno stato all’altro si effettua con un opportuno impulso laser. Con tanti ioni di questo tipo si costruisce una catena mantenuta stabile da campi elettromagnetici che bilanceranno la tendenza degli ioni a respingersi tra loro. Questa catena può essere vista come una serie di minipendoli affiancati che, però, hanno movimento quantizzato in orizzontale e vibrano quindi solo su certe frequenze precise e discrete (Fig.6). Si possono così assumere due tipi di informazioni: il livello energetico dell’elettrone e la vibrazione orizzontale dello ione. Si ha quindi un metodo per ottenere operazioni quantistiche per mezzo dell’interazione dei qubit. La distanza tra gli ioni è sufficiente da permettere di agire con un impulso laser su ogni singolo ione senza interferire con quelli adiacenti Il problema che presenta questa soluzione è il limite di scalabilità: infatti si prevede di poter far funzionare assieme al massimo 50 qubit. Inoltre non si sa ancora se un intero programma quantistico possa essere interamente eseguito senza incorrere in alti valori di decoerenza, provocando così errori di calcolo. 4.2 Tecniche basate sul quantum dot Una tecnica molto promettente è quella che si serve del quantum dot. Esso può essere costituito da poche centinaia di atomi e si può fare in modo da controllare il numero di elettroni nel dot con opportuni campi elettrici. Tali elettroni occupano solo stati quantizzati di energia e ogni elettrone può essere usato come qubit. Questi qubit, poi, possono interagire tra loro per mezzo di fenomeni di tunneling quantistico ed è possibile in tal modo effettuare operazioni logiche. Questa tecnologia sembra essere la più promettente e per essa è prevista una scalabilità fino a 1000 qubit e oltre. 4.3 Dispositivi a singolo elettrone a semiconduttore Fig.6. Registro a confinamento ionico lineare. I dispositivi a singolo elettrone sono costituiti da un quantum dot che può essere sfruttato come piccola isola conduttiva separata da due elettrodi mediante sottili zone isolanti attraverso le quali un elettrone può passare per effetto tunnel. Per comprendere il funzionamento di questi dispositivi è conveniente riferirci al più semplice di essi, che è rappresentato dal box a singolo elettrone, la cui struttura è mostrata in Fig.7. Un elettrodo è collegato al quantum dot attraverso una giunzione tunnel. L'altro elettrodo, chiamato elettrodo di gate, è accoppiato con il quantum dot per mezzo di un isolante attraverso il quale un elettrone non può passare per effetto tunnel. Consideriamo, ad esempio, uno ione in uno stato eccitato (stato 1) e vibrante a frequenza base (stato 0). L’informazione nel registro è allora 10, ma con un impulso laser si possono cambiare entrambi gli stati e passare così da 10 a 01. Con altri impulsi il bit 1 può essere trasferito attraverso la sequenza di ioni e il modo con cui esso viene trasferito dipende dalla vibrazione delle catene di ioni. Fig. 7. Struttura di un box a singolo elettrone. La Comunicazione - numero unico 2007 NOTE IL QUANTUM COMPUTING:UN NUOVO SCENARIO DELL’ELETTRONICA 63 NOTE ≈ Agostino Giorgio, Roberto Marani, Anna Gina Perri Gli elettroni sono iniettati/eiettati in/dal quantum dot attraverso la giunzione tunnel Più precisamente, consideriamo un dispositivo costituito da un quantum dot (o isola) di piccole dimensioni collegato a due elettrodi tramite sottili strati di isolante. Ai due elettrodi, denominati source e drain, viene applicata una differenza di potenziale. Per andare dal source al drain, l'elettrone deve passare per l'isola e lo può fare solo per effetto tunnel. Quando la dimensione del quantum dot è piccola, l'energia di carica Ec ( EC = e2 ), in cui e è 2C la carica dell’elettrone e C è la capacità totale del quantum dot o isola) di una singola carica in eccesso nel dot aumenta. Se la dimensione del quantum dot è sufficientemente piccola e Ec è molto più grande dell'energia termica kT (soprattutto a basse temperature, < 1K), non ci sono elettroni che si muovono per effetto tunnel e si provoca il cosiddetto bloccaggio coulombiano. Se si applica una tensione +V (maggiore di una determinata soglia) al drain un elettrone del source può guadagnare sufficiente energia per passare nell'isola per effetto tunnel e la carica negativamente. Il numero degli elettroni ora è pari a 1. L'aggiunta di questo elettrone provoca un ⎛ e campo elettrico molto intenso ⎜⎜ E = 4πε 0ε r r 2 ⎝ ⎞ ⎟⎟ ; ⎠ se r è piccolo, E è molto grande (E ≈ 140 kV/cm) e, quindi, una forza coulombiana repulsiva che impedisce il passaggio di un secondo elettrone. Un ulteriore incremento della tensione di drain può portare il numero di elettroni a due. Quindi, in una box a singolo elettrone, il numero di elettroni nel quantum dot è controllato, uno alla volta, per mezzo della tensione di drain. Tale tensione può creare o meno la condizione favorevole al passaggio di elettroni. Sebbene la struttura box a singolo elettrone possa controllare il numero di elettroni in un quantum dot, esso non ha proprietà di commutazione. Peraltro i dispositivi di commutazione sono elementi essenziali nei circuiti logici: per soddisfare quindi questa esigenza, nei circuiti ULSI si considerano i transistori a singolo elettrone o SET, la cui struttura è mostrata in Fig.8. Essi sono dispositivi a tre terminali che posso- 64 no trasferire elettroni dal source al drain uno alla volta. Quello che cambia rispetto al box è che il quan- Fig.8. Struttura di un transistore a singolo elettrone. tum dot è separato da due elettrodi (source e drain) mediante due giunzioni tunnel ed è accoppiato capacitivamente ad un elettrodo di gate. Come già detto, è necessario che l’energia di una singola carica Ec sia più grande dell’energia termica, altrimenti si verifica il bloccaggio coulombiano . Inoltre più il dot è grande, minore deve essere la temperatura (prossima a 0 K) per ottenere il funzionamento voluto. Una volta applicata la tensione all’elettrodo di gate, l’elettrone passa nell’isola e la carica negativamente. Per iniettare un altro elettrone nell’isola bisogna aumentare la tensione e quindi il passaggio degli elettroni è controllato uno per volta dalla tensione di gate. I principali vantaggi del SET sono il basso consumo di potenza e la buona scalabilità, motivi per i quali il transistore a singolo elettrone è un elemento promettente per i circuiti integrati su larga scala. Inoltre è interessante notare che le grandezze che controllano il dispositivo e che ne permettono la misura sono macroscopiche: la tensione di gate, ad esempio, è tipicamente dell'ordine dei milliVolt; la corrente che scorre nel dispositivo è piccola ma misurabile (dai picoAmpere ai nanoAmpere), e questo nonostante il fatto che il trasporto sia rigorosamente affidato al passaggio sequenziale di un elettrone alla volta. 4.4 Dispositivi a singolo elettrone a superconduttore Fenomeni di tunnel di singola carica hanno La Comunicazione - numero unico 2007 (QUANTUM COMPUTING: A NEW ELECTRONIC SCENARIO) luogo non solo nei metalli e nei semiconduttori in cui i portatori di carica sono elettroni o lacune, ma anche nelle giunzioni tunnel superconduttrici, dove nello stato fondamentale, i portatori sono coppie di Cooper. In queste giunzioni (minori di 100 nm), la coerenza quantistica del condensato superconduttore è collegata ad un forte accoppiamento tra i due elettrodi superconduttori separati da una giunzione Josephson. Ci sono due modi di costruire un qubit superconduttore: 1. Qubit a carica, basati su giunzioni Josephson piccolissime funzionanti con il mantenimento della coerenza tra gli stati individuali di coppie elettroniche di Cooper. Gli stati di carica sono usati come qubit. 2. Qubit a flusso, che sfruttano la coerenza quantistica macroscopica tra gli stati di flusso magnetici in circuiti che hanno giunzioni Josephson grandi. Si usano dispositivi ad interferenza quantistica con superconduttori (SQUID). I qubit a carica sfruttano il principio di funzionamento dei box a singolo elettrone, ma sono realizzati con due elettrodi superconduttivi e con un’isola superconduttiva unita ad un elettrodo di gate. Il trasferimento per effetto tunnel attraverso l’isola riguarda non una singola carica, ma una coppia di Cooper. Il numero di cariche delle coppie di Cooper presenti nell’isola determinano i qubit. L’isola deve essere piccola in modo che l’energia di carica della coppia di Cooper, che si muove per effetto tunnel, domini su tutte le altre energie del sistema. A basse temperature fluiscono attraverso la giunzione esclusivamente coppie di Cooper semiconduttive. Attraverso i valori della tensione di gate applicata si definisce una soglia che delimita gli stati di 0 e 1. Nel caso dello 0 si ha una tensione di gate bassa e sull’isola non c’è carica, mentre se la tensione di gate supera la soglia si ha che la coppia di Cooper passa nell’isola per effetto tunnel. Lo stato base o ground dell’isola definisce lo stato di carica 0 . Se la tensione di gate è portata al valore di soglia, si ha sovrapposizione degli stati 0 e 1 . La lettura dei risultati su di un qubit a carica può essere effettuata collegando l’isola di un transistore a singolo elettrone attraverso una capacità al box del qubit, secondo lo schema di misura mostrato in Fig.9. La Comunicazione - numero unico 2007 NOTE IL QUANTUM COMPUTING:UN NUOVO SCENARIO DELL’ELETTRONICA Fig.9. Circuito per misurare lo stato del qubit a carica. La corrente del SET varierà a seconda dello stato di carica del qubit e sarà quindi possibile conoscere lo stato stesso. I qubit a flusso sono, invece, costituiti da dis- Fig.10. Schema di uno SQUID. positivi superconduttivi ad interferenza quantistica (SQUID), come mostrato in Fig.10. Il dispositivo è un anello superconduttore interrotto da uno strato isolante In questo caso viene sfruttata la quantizzazione del flusso magnetico. Le coppie di Cooper si muovono lungo l’anello e quando incontrano la zona isolante passano per effetto tunnel, lasciando solo pochi stati di flusso stabili. Senza soffermarci molto sul procedimento, peraltro abbastanza complicato, applicando una corrente al dispositivo si ottengono due soli stati di flusso stabili. L’energia oscillerà allora tra questi due stati e il flusso potrà essere controllato da campi magnetici esterni. 65 NOTE Agostino Giorgio, Roberto Marani, Anna Gina Perri 5. Conclusioni e sviluppi futuri Appare evidente che il quantum computing oltre che uno strumento dalle enormi potenzialità (il computer quantistico permetterebbe non solo il vero parallelismo con conseguenti potenze di calcolo impensabili ma anche di capire meglio la realtà del mondo subatomico) è anche un ambito di ricerca estremamente affascinante sia per quanto riguarda i dispositivi fisici da utilizzare per realizzare i qubit che per quanto riguarda gli algoritmi di calcolo che sarebbero nettamente differenti da quelli implementati nel calcolatore classico di Von Neumann. Tuttavia, nonostante i notevoli sforzi della ricerca, non è possibile al momento attuale formulare previsioni sull'effettiva capacità tecnica di costruire un computer quantistico in grado, per esempio, di scomporre in fattori primi un numero di almeno 10 cifre. Ci sono, infatti, almeno tre tipi di problemi che occorre risolvere. Innanzitutto, il mantenimento dello stato di sovrapposizione quantistica dei vari elementi, e quindi un effettivo isolamento dei circuiti quantistici dal mondo macroscopico che li circonda. In secondo luogo, la gestione degli errori che comunque si manifestano in un complesso circuitale così delicato. Infine, non è ancora matura la tecnologia per realizzare le funzioni di calcolo che attraverso sovrapposizione, entanglement e interferenza consentono di creare risposte alle domande e di correlare le prime alle seconde. Per tali motivazioni calcoli quantistici con pochi bit sono attualmente possibili solo a temperature criogeniche in laboratori di ricerca molto specifici. Il limite delle temperature di funzionamento è forse il più delicato e, per alcuni, potrebbe costituire il limite invalicabile dinanzi al quale il sogno del quantum computing andrà inesorabilmente ad infrangersi. Proprio per queste motivazioni molti ricercatori guardano ad un altro tipo di computing, quello molecolare, come una reale, valida alternativa al quantum computing. E’ questa la ragione per cui un’altra branca dell’elettronica nanometrica, l’elettronica molecolare, appunto, sembra essere sempre più promettente suscitando notevole interesse negli ambienti di ricerca BIBLIOGRAFIA 1. A. G. Perri, A. Giorgio: Dispense del corso di “Dispositivi Elettronici II”, a.a. 2005/2006, disponibili sul sito www.dispositivielettronici.com. 2. P. Benioff:The Computer as a Physical System:A Microscopic Quantum Mechanical Hamiltonian Mode; J. Stat. Phys.,Vol. 22,1980. 3. R. Feynman: Lectures on Computation. Addison Wesley, 1996. 4. R. Feynman: Simulating Physics with Computers reprint. Feynman Lectures on Computation. Addison Wesley, 1996. 5. M. Nielsen, I. Chuang: Quantum Computation and Quantum Information. Cambridge University Press, 2000. 66 La Comunicazione - numero unico 2007