La diagnostica - Wounds International

PRINCIPI DI
BEST PRACTICE
Una iniziativa della World Union of Wound Healing Societies
La diagnostica e le ferite
Documento di consenso
DIRETTORE:
Lisa MacGregor
RESPONSABILE WOUND
CARE:
Suzie Caine
RESPONSABILE
PROGETTI EDITORIALI:
Kathy Day
DIRETTORE DI
GESTIONE:
Jane Jones
CONSULENTE
EDITORIALE:
Steve Thomas
PRODUZIONE:
Alison Pugh
PREFAZIONE
Nel mese di giugno del 2007, si è svolto un incontro tra un gruppo di esperti
provenienti da tutto il mondo per discutere sull’uso delle tecnologie diagnostiche
emergenti per la gestione delle ferite. Nel corso dell’incontro, sono state identificate
ed analizzate alcune aree specifiche su cui potrebbe essere utile focalizzare le
ricerche future.
Questo articolo, basato su un’opinione di consenso di esperti, mette in rilievo
l’importanza di un’efficace valutazione e diagnosi nel trattamento delle ferite, e
presenta indicazioni e chiarimenti su singoli markers o indicatori che potrebbero
essere oggetto dei futuri test diagnostici. Si auspica che questo articolo dia origine ad
un importante dibattito nel campo delle cure delle ferite e che possa servire da base di
partenza per lo sviluppo di kit diagnostici specifici che potranno contribuire in futuro
alla gestione delle ferite difficili da curare.
Professore Keith Harding
DESIGNER:
Jane Walker
STAMPATO DA:
Printwells, Kent, RU
TRADUZIONE:
RWS Group, Londra, RU
PUBBLICATO DA:
Medical Education
Partnership (MEP) Ltd
Omnibus House
39-41 North Road
Londra N7 9DP, RU
Tel: + 44 (0)20 7715 0390
Fax: +44 (0)20 7715 0391
Email: [email protected]
Web: www.mepltd.co.uk
GRUPPO DI LAVORO SPECIALIZZATO
© MEP Ltd 2008
Vickie Driver, Boston University of Medicine (USA)
Realizzato con un contributo
educazionale incondizionato
di 3M Health Care.
Le opinioni espresse in
questo documento non
riflettono necessariamente
quelle di 3M Health Care.
Karsten Becker, Ospedale e cliniche dell’Università di Münster (Germania)
Joseph Boykin, HCA Retreat Hospital Wound Healing Center, Richmond
(USA)
Mary Crossland, HCA Retreat Hospital Wound Healing Center, Richmond
(USA)
Paul Davis, Università di Warwick (RU)
Dorothy Doughty, Emory University Wound, Ostomy and Continence
Nursing Education Center (WOCNEC), Atlanta (USA)
Christof von Eiff, Ospedale e cliniche dell’Università di Münster
(Germania)
Keith Harding, Wound Healing Research Unit, Università di Cardiff
(Presidente, RU)
Christina Lindholm, Kristianstad University (Svezia)
Maarten Lubbers, University of Amsterdam (Paesi Bassi)
Michael Millar, Queen Mary University Hospital, Londra (RU)
World Union of Wound
Healing Societies
Presidente in carica:
Professore Luc Téot
Presidente comitato
relazioni industriali:
Professore Keith Harding
Per maggiori dettagli
visitare il sito:
www.wuwhs.org
Per citare il documento:
World Union of Wound
Healing Societies (WUWHS).
Principi di best practice: La
diagnostica e le ferite.
Documento di consenso.
Londra: MEP Ltd, 2008.
Zena Moore, Royal College of Surgeons in Ireland, Dublino (Irlanda)
Stephan Morbach, Marienkrankenhaus Gem.GmbH, Soest (Germania)
Douglas Queen, Toronto Wound Healing Centres (Canada)
Marco Romanelli, Wound Healing Unit, Università di Pisa (Italia)
Nick Santamaria, Curtin University of Technology, Perth (Australia)
Greg Schultz, University of Florida, Gainesville, Florida (USA)
Gary Sibbald, University of Toronto (Canada)
Michael Stacey, University of Western Australia, Fremantle Hospital
(Australia)
Peter Vowden, University of Bradford and Bradford Teaching Hospitals
NHS Foundation Trust (Co-presidente, RU)
Hilary Wallace, University of Western Australia, Fremantle Hospital
(Australia)
PRINCIPI DI BEST PRACTICE
Il processo di diagnosi identifica una malattia o una condizione medica dai segni e dai sintomi
presentati dal paziente e attraverso eventuali esami effettuati. Per potere trattare efficacemente i
pazienti con ferite, il processo diagnostico deve:
■ determinare la causa della ferita
■ identificare eventuali comorbilità/complicazioni che possano contribuire alla formazione della
ferita o al ritardo della guarigione
■ valutare lo status della ferita
■ contribuire allo sviluppo del piano di gestione della ferita.
Una volta attuato il piano di gestione, la ripetizione dei vari punti del processo di diagnosi e
valutazione, ad esempio una rivalutazione e la ripetizione degli esami, può contribuire a monitorare
il progresso della guarigione della ferita ed a rilevare eventuali complicazioni quali un’infezione
(Figura 1). Una nuova valutazione può anche suggerire la necessità di eseguire esami diversi e/o di
rivedere il piano di gestione della ferita.
Figura 1 | Sintesi delle
procedure diagnostiche
nella gestione delle
ferite
Il paziente si presenta con una ferita
Storia della
ferita
Anamnesi medica, storia
familiare, medicinali assunti,
anamnesi sociale
Esame obiettivo del
paziente e della ferita
Esami (Tabella 1, per esempi vedere pag. 2)
■ Test specifici, es. indice pressione
caviglia-brachiale (ABPI)
■ Test biochimici o biologici
■ Altri test, es. ricerche per immagini
Diagnosi
dell’eziologia
della ferita
Diagnosi delle
comorbilità
associate
Status attuale
della ferita
es. stadio di
guarigione, presenza
di infezione
Piano di gestione
■ Correzione dei fattori generali e locali del paziente capaci di influire sul
processo di guarigione, tra cui le percezioni del paziente
■ Preparazione del letto della ferita
■ Cure efficaci ed appropriate che tengano in considerazione le preferenze
del paziente
Valutazione del progresso
!
Nella diagnosi e nella valutazione di una ferita, è molto importante che i medici si assicurino
che la valutazione complessiva consideri tutti gli aspetti relativi sia al paziente sia alla ferita
ESAMI DI USO CORRENTE
I medici si avvalgono di una varietà di esami per determinare o valutare l’eziologia di una ferita, le
comorbilità associate e le condizioni della ferita stessa (Tabella 1, vedere pag. 2). Tuttavia, il
monitoraggio della guarigione di una ferita, e la gestione di ferite che guariscono molto lentamente
dipendono in larga misura da alcuni esami ed osservazioni soggettive.
LA DIAGNOSTICA E LE FERITE | 1
Tabella 1 | Esempi di esami attualmente utilizzati per contribuire alla valutazione dello status, dell’eziologia e delle comorbilità di una ferita
Tipo di esame
Direttamente legato alla ferita
Altro
Test ed
osservazione
obiettive
■ Dimensioni della ferita (bi- o tri-dimensionale)
■ Presenza di edema, o eritema/calore in
■ Temperatura (piressia, infezione)
■ Pressione del sangue (ipertensione)
■ Esame neurologico – riflessi e sensibilità
corrispondenza della ferita o del tessuto perilesionale
■ Letto della ferita – es. tipo di tessuto, esposizione di
(neuropatia diabetica)
■ Polso arterioso, risposta al sollevamento dell'arto e
osso/tendine, colore, odore
■ Margine della ferita – es. sottominata, con bordo
dolore all’arto inferiore a riposo (malattia arteriosa
introflesso
periferica)
■ Caratteristiche della cute circostante e del bordo
della ferita (ad esempio ulcere con bordi sollevati
possono essere arteriose; l’edema, la
pigmentazione e l’indurimento possono essere
indicativi di un’ulcera venosa)
■ Sede anatomica delle ferite (ad esempio le ferite sacrali
possono essere ulcere da pressione, mentre le ferite agli
arti inferiori possono essere ulcere arteriose o venose)
■ Colore, odore, viscosità e quantità di essudato
■ Presenza/livello e carattere del dolore1
■ Coltura microbiologica – qualitativa e quantitativa
Test biologici
(infezione)
■ Esame istologico e citologico della ferita
(vasculite, neoplasie)
■ Formula leucocitaria (infezione)
■ Velocità di eritrosedimentazione (VES) (infiammazione,
infezione)
■ Glucosio (diabete mellito)
■ Emoglobina (ossigenazione)
■ Albumina plasmatica (malnutrizione)
■ Lipidi (ipercolesterolemia)
■ Urea ed elettroliti (funzione renale)
■ HbA1c (controllo a lungo termine del diabete)
■ Fattore reumatoide, autoanticorpi (artrite reumatoide,
Test (bio)chimici
malattia del connettivo)
■ Proteina C-reattiva (CRP) (infiammazione, infezione)
■ Ossigeno – es. O2 transcutaneo (perfusione)
■ Indice della pressione caviglia-braccio (ABPI), Doppler
Altro-
arterioso, angiografia (perfusione, arteriopatia periferica)
■ Ricerche per imaging – es. radiografie, ultrasuoni ad alta
frequenza, Duplex scanning (malattia venosa),
scansioni TC/MRI (cancrena gassosa, osteomielite)
■ Fotopletismografia (malattia venosa)
■ Screening/valutazione dello stato nutrizionale – es. Indice
di massa corporea (IMC)2, mini-nutritional assessment
short form (MNA-SF)3 (malnutrizione, obesità)
■ Screening psicologico – es. Hospital Anxiety and
Depression Scale (HADS)4 (depressione, ansia)
NB: La presente tabella riporta soltanto alcuni esempi dell’ampia varietà di test e di tipi di test che possono essere appropriati e non ha la pretesa di essere esaustiva
!
Non sono ancora stati sviluppati test biochimici specifici in grado di identificare le cause del
rallentamento nella guarigione di una ferita
LA DIAGNOSTICA IN PRATICA
I medici si avvalgono di un’ampia varietà di test per determinare l’eziologia di una ferita, le
cormorbilità associate e le condizioni della ferita in un dato momento, nonché per
indirizzare la cura
La rivalutazione del paziente e della ferita può comprendere o indicare la necessità di
ripetere alcuni test o di eseguirne di nuovi
I test diagnostici variano nella loro capacità di indicare una diagnosi e di servire da guida
per la terapia
2 | PRINCIPI DI BEST PRACTICE
PROBLEMI ATTUALI NELLA
DIAGNOSI
1. World Union of Wound
Healing Societies. Principi
di best practice: Riduzione
del dolore durante le
procedure associate alla
medicazione delle ferite.
Documento di consenso.
Londra: MEP Ltd, 2004.
2. Obesity: preventing and
managing the global
epidemic. Report of a WHO
Consultation. Geneva:
World Health Organization,
2000 (WHO Technical
Report Series, No. 894).
3. Rubenstein LZ, Harker JO,
Salvà A, et al. Screening for
undernutrition in geriatric
practice: developing the
short-form mini-nutritional
assessment (MNA-SF). J
Gerontol A Biol Sci Med Sci
2001; 56(6): M366-72.
4. Zigmond A, Snaith RP. The
hospital anxiety and
depression scale. Acta
Psychiatr Scand 1983;
67(6): 361-70.
La gestione delle ferite è una questione complessa e presenta molti aspetti, soprattutto a
causa della:
■ diversa eziologia delle ferite
■ complessità del processo di guarigione
■ molteplicità dei fattori che possono influire sulla guarigione
■ disponibilità di una sempre più vasta gamma di medicazioni/dispositivi/farmaci/tecniche
chirurgiche e terapie avanzate per la cura delle ferite.
Le nuove conoscenze sui meccanismi di guarigione delle ferite a livello cellulare
stanno gradualmente fornendo delle basi più scientifiche per la scelta della terapia. Esse ci
indicano anche nuovi approcci terapeutici, come per esempio l’inattivazione delle
metalloproteinasi della matrice (vedere pagg. 8–9). Tuttavia, esistono delle ferite che non
guariscono. Talvolta è possibile identificare la causa del ritardo della guarigione, ad
esempio:
■ una diagnosi inesatta dell’eziologia della ferita
■ il mancato riconoscimento delle comorbilità associate o dei fattori contribuenti
■ una gestione inadeguata dell’eziologia di base, delle comorbilità associate o dei fattori
contribuenti
■ un trattamento inadeguato della ferita, ad esempio l’uso di medicazioni non appropriate, il
mancato riconoscimento o un trattamento inadeguato delle complicazioni come le infezioni,
o l’inadeguatezza di nozioni, competenze o risorse
■ difficoltà relative alla collaborazione da parte del paziente.
Tuttavia, anche tenendo presenti questi fattori, rimane un numero significativo di pazienti le cui
ferite, come accennato sopra, non rispondono alle terapie correnti. E’ specialmente a beneficio di
questi pazienti che gli approcci attuali alla cura delle ferite devono essere integrati da una rigorosa
ricerca clinica e da nuovi test diagnostici in grado di individuare le cause dei problemi di base e di
guidare le decisioni sulla scelta delle cure.
Si prevede che questi nuovi test potranno anche garantire un uso più razionale delle nuove terapie
il cui numero è sempre in crescita, identificando quella più (o meno) idonea per una specifica ferita
in un particolare paziente.
!
Per le ferite che rimangono difficili nonostante una loro rivalutazione e l’ottimizzazione
delle cure di base, i test diagnostici del futuro potranno contribuire ad un approccio più
strutturato, costo-efficace e tempestivo per la loro gestione
Quando nuovi test offriranno l’opportunità di migliorare le cure delle ferite, sarà importante che i
medici tengano presente la propria responsabilità nell’interpretazione dei risultati dei test nel
contesto delle condizioni generali di ciascun singolo paziente, e nelle successive decisioni sulla
gestione del paziente. Nella pratica corrente, ad esempio, è necessario interpretare con cautela
l’ABPI di un paziente se questo presenta diabete mellito, calcificazione delle arterie o edema
periferico.
LA DIAGNOSTICA IN PRATICA
I test attualmente disponibili non sono sempre in grado di determinare le ragioni della
mancata guarigione di una ferita curata in maniera ottimale
Lo sviluppo di specifici test diagnostici per ferite può rivoluzionare il loro trattamento
Per un beneficio massimo, questi test dovranno fornire un supporto obiettivo alle
decisioni sul trattamento. Questo aiuterà a migliorare gli standard delle cure delle ferite e
contribuirà ad un uso efficace di risorse limitate
LA DIAGNOSTICA E LE FERITE | 3
TIPI DI TEST UTILIZZATI PER LA
DIAGNOSI
La vasta gamma di test clinici o di laboratorio utilizzati per la diagnosi, la valutazione e la gestione
delle ferite differisce quanto alla loro utilità nel confermare o escludere una diagnosi, oltre che per
l’indicazione di interventi appropriati (Figura 2).
I parametri misurati durante i test possono essere denominati markers o indicatori, e possono
essere:
■ molecole rilevate nei fluidi corporei come il sangue o l’urina, ad esempio la glicemia (aumentata
nel diabete mellito) o l’albumina plasmatica (ridotta in caso di malnutrizione o malattie del fegato)
■ osservazioni obiettive, ad esempio la dimensione e la profondità delle ferite, la temperatura
corporea (aumentata in presenza di infezione) o la pressione arteriosa (aumentata
nell’ipertensione, diminuita in caso di shock).
Alcuni test forniscono informazioni che richiedono scarsa o nessuna interpretazione ed indicano la
diagnosi in maniera chiara (solitamente senza riferimento ad altre fonti). Nel presente articolo, tali
test saranno denominati strumenti diagnostici. Un classico esempio di strumento diagnostico è il
test di gravidanza da fare a domicilio, basato sul rilevamento della gonadotropina corionica umana
(hCG) nelle urine a conferma di una gravidanza in corso.
Alcuni test non necessariamente forniscono o conducono ad una diagnosi, ma danno informazioni
molto specifiche relative alla necessità (o all’inopportunità) di una particolare terapia. Questo tipo di
test è noto come test teranostico. Lo sviluppo dei test teranostici è particolarmente importante per
chi finanzia le cure sanitarie in quanto tali test sono in grado di garantire che le terapie siano
specificamente mirate ai pazienti che ne potranno ricavare il massimo beneficio.
!
La terminologia relativa ai test che contribuiscono alla formulazione di una diagnosi manca
di chiarezza; i termini vengono spesso interscambiati tra loro
TEST CLINICO O DI LABORATORIO
Figura 2 | Tipi di test
clinici o di laboratorio
Sempre di maggiore utilità per la formulazione della diagnosi e per indicare gli interventi
appropriati da intraprendere
TEST NON SPECIFICO
Esempi
Descrizione
■ Produce dati rilevanti per il
4 | PRINCIPI DI BEST PRACTICE
paziente e per il contesto
clinico
■ Richiede un’interpretazione
oltre ad informazioni ricavate
da altre fonti per consentire
al medico di identificare o
escludere un disturbo o una
malattia specifica o di
controllare il suo progresso
■ I risultati sono spesso
espressi mediante numeri
Cancro del seno:
Una macchia su una
mammografia di screening ad
indicazione di un possibile
carcinoma
Ferite:
L’aumento della proteina
C-reattiva nel siero è un marker
non specifico di infiammazione
o infezione
STRUMENTO DIAGNOSTICO
■ Fornisce informazioni
diagnostiche o discriminatorie
chiare su una specifica
condizione fisiologica o
biochimica o una malattia
■ I risultati richiedono scarsa o
nessuna interpretazione, ma
idealmente dovrebbero
influire sulle decisioni circa il
trattamento
■ Il significato e la
significatività dei risultati
dovrebbero essere definiti
chiaramente, generalmente
senza riferimento ad altre
informazioni
TERANOSTICO
■ Indica la necessità di un
intervento clinico
■ Indica il tipo d’intervento
■ Tipicamente, è strettamente
legato ad una terapia
specifica ed indicherà
quando utilizzare o
ri-utilizzare una certa terapia
e se questa ha avuto
successo
Cancro del seno:
Biopsia ed esame istologico
per identificare il tipo di tumore
Ferite:
Un’angiografia rileverà i punti
di restringimento in caso di
arteriopatia periferica
Cancro del seno:
L’iperespressione del recettore
HER2 indica l’opportunità di
una terapia a base di
trastuzumab
Ferite:
L’identificazione di streptococchi
beta-emolitici nel campione di
una ferita indica la necessità di
una terapia antibiotica
appropriata (anche in assenza
di segni clinici d’infezione)
IL RUOLO DEI NUOVI STRUMENTI
DIAGNOSTICI
E’di fondamentale importanza che i nuovi strumenti diagnostici rientrino in un approccio integrato e
strutturato per la gestione del paziente, che ha lo scopo di assicurare una terapia appropriata in
qualsiasi momento. Idealmente, i nuovi strumenti diagnostici dovranno indicare specifiche
modifiche della prassi o della terapia in grado di muovere una ferita verso la guarigione (Figura 3).
Figura 3 | Il ruolo
potenziale dei nuovi
strumenti diagnostici
nella gestione delle
ferite
Controllo del progresso della ferita
La ferita è:
Guarita
Migliorata
Prevenire la
ricomparsa
es. in caso di
ulcerazione venosa
della gamba,
proseguire la
compressione
Continuare il
trattamento
corrente
Non migliorata
nonostante cure di
base ottimali
Deteriorata
nonostante cure di
base ottimali
Rivalutazione
anche mediante nuovi strumenti
diagnostici
Iniziare una terapia mirata
in base ai risultati della rivalutazione della
ferita e del nuovo strumento diagnostico
Possono esistere dei casi nei quali l’uso di questi nuovi strumenti diagnostici è appropriato in
occasione della valutazione e della diagnosi iniziale, ad esempio possono essere appropriati in un
paziente la cui presentazione iniziale risulta complicata da immunosoppressione o da un’eziologia
atipica.
Man mano che gli strumenti diagnostici aumentano in numero ed in complessità, l’esperienza
clinica determinerà i tempi, la pertinenza e la frequenza ottimale per l’uso di ciascuno di essi. La
tecnologia dev’essere utilizzata in maniera appropriata ed i test devono essere eseguiti solamente
se è possibile reagire al risultato, ovvero modificare la cura del paziente.
In realtà, è improbabile che uno strumento diagnostico per uno specifico marker possa essere
identificato come la chiave per determinare la terapia migliore per tutte le ferite che non
guariscono. E’più probabile che verranno individuati alcuni markers (ed i relativi strumenti
diagnostici) e che sarà più pratico ed appropriato l'uso sequenziale di strumenti diagnostici diversi.
Inoltre, saranno necessari dei protocolli che specifichino quali test possano essere eseguiti di
routine, quali siano appropriati per specifici tipi di ferite, e quali debbano essere utilizzati in maniera
selettiva in modo da risultare costo-efficaci.
!
L’uso di tecnologie diagnostiche complete non deve essere considerato un’alternativa ad
un'accurata valutazione clinica ed al monitoraggio del paziente e della ferita da parte di un
medico esperto
LA DIAGNOSTICA IN PRATICA
I test devono essere eseguiti soltanto se i risultati possono influire sulla cura del paziente
La complessità del processo di guarigione di una ferita significa che è improbabile che
esista un solo marker per identificare i problemi alla base della guarigione delle ferite
Infine, è probabile che sarà necessario un insieme di più strumenti diagnostici e che questi
dovranno essere utilizzati in stadi differenti della guarigione. Alcuni strumenti potrebbero
includere test per diversi markers collegati o associabili tra di loro
LA DIAGNOSTICA E LE FERITE | 5
LO STRUMENTO DIAGNOSTICO
IDEALE
Nei pazienti con ferite, i nuovi strumenti diagnostici saranno utilizzati probabilmente per rilevare (e
probabilmente anche per quantificare) sostanze (quali le molecole interessate nel processo di
guarigione) o fattori biologici (quali i microrganismi responsabili delle infezioni).
Per massimizzare la loro utilità ed il loro potenziale nel miglioramento del trattamento delle ferite, i
nuovi strumenti diagnostici dovranno essere:
■ di rilevanza clinica
■ atti ad un uso da parte di persone con competenze diverse, dal medico specialista all’infermiere
territoriale oppure, in alcuni casi, anche da parte dello stesso paziente o dal famigliare
■ accurati, affidabili, sensibili ai cambiamenti e con risultati riproducibili nell’uso normale, e non
alterabili da parte di altre sostanze presenti nel campione, nonché facilmente confrontabili con
altri test di riferimento
■ d’uso rapido e facile
■ di facile interpretazione – ovvero in grado di fornire informazioni chiare sul significato del risultato
e sulla necessità di iniziare o di proseguire un trattamento
■ costo-efficace – ad esempio devono ridurre il tempo necessario per la guarigione, la presenza di
personale, i costi ospedalieri e/o la necessità di interventi
■ prodotti e smaltiti dopo l’uso in modo da ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente.
Idealmente, questi strumenti diagnostici dovranno:
■ misurare un singolo marker o una singola molecola (oppure una serie di marker) e presentare un
risultato unico
■ rendere possibile una previsione sulla guarigione
■ indicare chiaramente la necessità (o l’inopportunità) di una specifica terapia
■ essere non invasivi ed utilizzare un campione omogeneo (non variabile) facile da raccogliere, che
consenta la ripetizione dell’esame se necessario e che non richieda alcuna preparazione del
campione (o ne richieda in minima misura)
■ fornire una lettura elettronica (preferibile ai sistemi a rilevazione visiva o basati sul colore)
■ essere utilizzati al point-of-care (cioè al domicilio del paziente piuttosto che presso un
laboratorio – Tabella 2, vedere pag. 10)
■ essere sufficientemente costo-efficaci da incoraggiare un loro ampio uso nella pratica quotidiana
■ essere autonomi e non richiedere l’uso di costoso hardware specifico.
!
Qualora emergessero problemi insormontabili nello sviluppo di un test point-of-care, anche
un nuovo strumento diagnostico da laboratorio potrebbe contribuire in misura significativa
alla gestione delle ferite
COSTO-EFFICACIA
Gli strumenti diagnostici che indicano il trattamento appropriato possono attivare un cambiamento
verso un tipo di terapia più efficace, riducendo in tal modo il tempo del trattamento stesso e
promuovendo la guarigione. In tal modo questi strumenti possono ridurre i costi per il personale e
per le infrastrutture. Gli strumenti diagnostici possono anche essere utili nel dimostrare l’inutilità di
terapie costose per pazienti che presentano ferite che non hanno alcuna prospettiva di guarire.
!
Le ferite lente a guarire rappresentano un costo sanitario considerevole e probabilmente su
di esse si focalizzerà lo sviluppo di nuovi strumenti diagnostici
LA DIAGNOSTICA IN PRATICA
Fornendo informazioni specifiche in grado di indicare se un particolare intervento è idoneo
o efficace, lo strumento diagnostico ideale può favorire delle cure più mirate e di durata più
accuratamente definita
6 | PRINCIPI DI BEST PRACTICE
POTENZIALI MARKERS
5. Sibbald RG, Orsted H,
Schultz G, et al. Preparing
the wound bed 2003:
focus on infection and
inflammation. Ostomy
Wound Manage 2003;
49(11): 24-51.
Attualmente sono oggetto di studio diversi markers che potrebbero costituire la base di nuovi
strumenti diagnostici per la cura delle ferite (Riquadro 1); gli studi in corso probabilmente ne
individueranno altri. I futuri strumenti diagnostici potrebbero implicare lo studio di markers sistemici,
ad esempio quelli presenti nel sangue, nell’urina o nel sudore, oltre a quelli presenti nell’essudato o
nei tessuti delle ferite (Riquadro 2).
RIQUADRO 1 | Markers oggetto di studio per l’uso nella gestione delle ferite
RIQUADRO 2 |
Possibili tipi di
campioni per analisi
■ Fluidi della ferita*
■ Tessuto ricavato
dal letto o dal
margine della ferita
o cute normale
perilesionale
■ Sangue
■ Campioni ricavati
da medicazioni
usate
■ Urina
■ Sudore
■ Saliva
■ Capelli/unghie
*Esistono delle difficoltà
relative alla raccolta di
quantità adeguate di fluidi
dalla ferita o alla
standardizzazione della
raccolta
!
■ Carica batterica/specie microbiche
specifiche/biofilms
■ Rilascio di citochine in risposta a specifici
antigeni microbici
■ DNA – es. polimorfismi genici ad indicazione di
suscettibilità ad una malattia, a guarigione
insoddisfacente o a infezione
■ Enzimi e loro substrati – es. metalloproteinasi
della matrice e matrice extracellulare
■ Osso esposto
■ Fattori di crescita ed ormoni – es. fattore di
crescita derivato dalle piastrine (PDGF),
steroidi sessuali (androgeni/estrogeni), ormoni
tiroidei
■ Markers immunoistochimici – es. le integrine, i
recettori delle chemochine e le trasformazioni dei
recettori dei fattori di crescita BETA II per
monitorare lo status della guarigione
■ Mediatori infiammatori – es. citochine ed interleuchina per monitorare lo status della guarigione
e guidare l’uso di terapie anti-infiammatorie
■ Ossido d’azoto
■ Fattori nutrizionali es. zinco, glutammina, vitamine
■ pH dell’essudato della ferita
■ Specie reattive dell’ossigeno
■ Temperatura
■ Perdita di acqua transepidermica dalla cute
perilesionale
Prima che qualsiasi potenziale marker possa trasformarsi in uno strumento diagnostico, sarà
necessario stabilire e validare la relazione tra il marker stesso e gli esiti della ferita e del paziente
(Figura 6, vedere pag. 10). A sua volta, questo richiederà dei metodi migliori per valutare l’impatto
degli interventi sui pazienti e sulle ferite, tra cui lo sviluppo di endpoints alternativi validati, da
utilizzare in luogo dell’endpoint convenzionale di chiusura/guarigione della ferita.
Saranno necessarie anche delle ricerche per caratterizzare le relazioni tra alcuni dei markers
potenziali. Ad esempio, variazioni del pH della ferita possono influenzare l’attività degli enzimi (ad
esempio delle proteasi), e pertanto la determinazione dell’attività enzimatica potrebbe non essere
utile se non corretta per il pH.
E’necessaria una notevole quantità di ricerca prima che degli strumenti diagnostici validati
per la cura delle ferite possano essere sviluppati completamente
Un’infezione può ritardare la guarigione di una ferita. Di seguito sono riportati alcuni possibili approcci
per lo sviluppo di strumenti diagnostici atti a rilevare un’infezione. Vengono discussi anche il razionale
e le implicazioni degli strumenti diagnostici che analizzano l’attività enzimatica o l’ossido di azoto.
POTENZIALI MARKERS PER L’INFEZIONE
Oltre al potenziale patogeno di un dato microrganismo, anche la carica batterica di una ferita può
avere un’importanza notevole sul tempo necessario per la sua guarigione. Tuttavia, molte ferite
guariscono in maniera soddisfacente nonostante la presenza di una rilevante quantità di batteri. La
capacità del sistema immunitario del paziente di contrastare i batteri presenti nella ferita (risposta
dell’organismo ospite) e la quantità ed il tipo di batteri implicati rappresentano gli elementi principali
per lo sviluppo di problemi clinici.
Prassi corrente
La diagnosi di infezione è generalmente formulata sulla base di segni/sintomi clinici ed è spesso
sostenuta dai risultati di test di laboratorio (per ottenere i quali possono occorrere ore o giorni)5. Tali
test aiutano i medici ad identificare gli organismi presenti (Riquadro 3, vedere p. 8) e le loro
particolari suscettibilità verso gli antibiotici.
L’uso di test di laboratorio comporta dei ritardi. Per i pazienti che richiedono un trattamento
antibiotico urgente per ferite infette che mettono a repentaglio la loro vita o un arto, ciò significa la
LA DIAGNOSTICA E LE FERITE | 7
6. Percival SL, Bowler PG.
Biofilms and their potential
role in wound healing.
Wounds 2004; 16(7):
234-40.
7. James GA, Swogger E,
Wolcott R, et al. Biofilms in
chronic wounds. Wound
Repair Regen 2008; 16(1):
37-44.
8. Ladwig GP, Robson MC,
Liu R, et al. Ratios of
activated matrix
metalloproteinase-9 to
tissue inhibitor of matrix
metalloproteinase-1 in
wound fluids are inversely
correlated with healing of
pressure ulcers. Wound
Repair Regen 2002; 10(1):
26-37.
RIQUADRO 3 |
Attuali tecniche di
laboratorio per
l’identificazione e la
quantificazione dei
batteri
■ Colorazione gram
– una tecnica di
colorazione
utilizzata per la
preparazione di
campioni per
l’esame
microscopico, che
può fornire le prime
indicazioni per
l’identificazione e la
rilevanza clinica dei
microrganismi; può
fornire un’idea
molto
approssimata sulla
loro quantità
■ Analisi semiquantitativa –
coltiva ed identifica
i batteri ma
fornisce dati limitati
sulla loro quantità,
ad esempio la
crescita può
essere segnalata
come lieve,
moderata o forte
■ Analisi
quantitativa –
coltiva ed identifica
i batteri e
quantifica il
numero delle unità
formanti le colonie
(CFU) (batteri) per
grammo di tessuto
o mm3 di pus
necessità di ricorrere ad antibiotici empirici, probabilmente ad ampio spettro, fino a quando i
risultati dei test non siano disponibili. Questo può avere delle conseguenze ai fini dello sviluppo di
una resistenza antibiotica ed alla comparsa di infezioni associate. Per altri pazienti con problemi
meno gravi, il ritardo nell’ottenere risultati dei test di laboratorio può significare un ritardo
nell’applicazione della terapia – e quindi, della guarigione.
Uno strumento diagnostico per l’infezione
I maggiori problemi relativi ai test diagnostici ad uso dei medici per la gestione delle ferite infette
sono rappresentanti attualmente dall’inevitabile ritardo legato ai risultati dei test di laboratorio e da
difficoltà legate ai prelievi. Pertanto, uno strumento diagnostico che può essere utile per la gestione
delle ferite infette deve:
■ essere semplice, rapido e utilizzabile nel point-of-care
■ non richiedere un prelievo invasivo
■ fornire informazioni quantitative (cioè sulla quantità) e/o qualitative (ovvero l’eventuale tossina
prodotta ed il suo tipo) su una varietà di microrganismi, compresi i batteri.
Le particolari difficoltà legate ad uno strumento diagnostico di questo tipo comprendono:
■ la garanzia che l’esame del campione rifletta accuratamente ciò che si sta verificando all’interno
della ferita o dell’eventuale biofilm (Riquadro 4), e non soltanto le condizioni sulla superficie
■ la determinazione di valori limite da assegnare a ciascun marker ad indicazione della necessità di
un intervento.
Altri approcci per lo sviluppo di strumenti diagnostici per le ferite infette potrebbero consistere nel
rilevamento dei biofilm e nella valutazione della risposta dell’organismo ospite.
Anche quando i nuovi strumenti diagnostici per le ferite infette saranno disponibili,
probabilmente sarà ancora necessaria la coltura microbica per determinare la suscettibilità degli
organismi verso gli antibiotici o per la genotipizzazione dei microrganismi per il controllo
dell’infezione.
RIQUADRO 4 | Biofilms
Una volta che i batteri mobili (planctonici) si sono attaccati ad una superficie, ad esempio in una ferita,
essi possono circondarsi di un rivestimento protettivo detto glicocalice e formare un biofilm. Questo
protegge i batteri dagli agenti antibatterici e dal sistema immunitario6.
Le scansioni o l’esame al microscopio elettronico delle biopsie su ferite hanno rivelato la presenza di
biofilm nel 60% dei campioni esaminati7. E’stato ipotizzato che la rimozione dei biofilm possa facilitare la
guarigione di una ferita e spiegare perché un debridement può far partire il processo di guarigione nelle
ferite croniche.
Al momento non esiste un modo di routine per individuare i biofilm: essi non sono visibili ad occhio nudo
e le tecniche di coltura non sono in grado di confermare se i batteri eventualmente cresciuti abbiano
formato un biofilm. Sono necessari ulteriori studi per stabilire e caratterizzare il legame tra batteri, biofilm
ed esiti di una ferita.
STRUMENTI DIAGNOSTICI POTENZIALI BASATI SULL’ATTIVITA’ENZIMATICA
Alcuni dei molti enzimi coinvolti nel processo di guarigione di una ferita rimodellano la matrice
extracellulare – l’impalcatura che sostiene le cellule. Questi comprendono le metalloproteinasi della
matrice (MMP).
Alcuni studi hanno indicato che il tempo di guarigione di una ferita possa essere collegato ad
un’interazione delle MMP con gli inibitori di tali enzimi presenti nei fluidi della ferita.
La ricerca suggerisce che le ferite che guariscono bene presentano una minore attività
complessiva delle MMP rispetto alle ferite che guariscono in maniera non soddisfacente8.
Di conseguenza, un test che fornisce prontamente tali informazioni può essere
clinicamente utile per prevedere la probabilità con la quale una ferita guarirà, e se può essere
utile intervenire per modificare l’attività delle MMP (per un esempio ipotetico, vedere
Figura 4).
8 | PRINCIPI DI BEST PRACTICE
Figura 4 | Strumento
diagnostico ipotetico
che analizza l’attività
netta delle MMP nei
fluidi della ferita
NB: Questo è
SOLTANTO un esempio
ipotetico. Gli interventi
citati richiedono ulteriore
sostanziale ricerca per
studiare e chiarire il loro
ruolo in questo contesto.
*Questi valori devono
ancora essere determinati
completamente.
9. Schultz G, Stechmiller J.
Wound healing and nitric
oxide production: too little
or too much may impair
healing and cause chronic
wounds. Int J Low Extrem
Wounds 2006; 5(1): 6-8.
Figura 5 | Strumento
diagnostico ipotetico
che analizza i livelli di
ossido d’azoto nei fluidi
della ferita
NB: Questo è
SOLTANTO un esempio
ipotetico Gli interventi
citati richiedono ulteriore
sostanziale ricerca per
studiare e chiarire il loro
ruolo in questo contesto.
*Questi valori devono
ancora essere determinati
completamente.
Ferita cronica
Guarigione ritardata o senza progressione
nonostante una rivalutazione completa ed un
appropriato aggiustamento della terapia. Sospetto di
squilibrio delle MMP e dei loro inibitori
Range
accettabile*
Sviluppo di uno strumento diagnostico
che analizzi l’essudato della ferita per
l’attività netta delle MMP
Ulteriore rivalutazione della diagnosi e trattamento
locale
Troppo elevato*
Sviluppo di possibili interventi correttivi.
I possibili esempi comprendono:
■ medicazioni in grado di catturare o ridurre le proteasi
■ ulteriore preparazione del letto della ferita
■ inibitori delle MMP
POTENZIALI STRUMENTI DIAGNOSTICI BASATI SUI LIVELLI DI OSSIDO DI AZOTO
L’ossido di azoto si forma nell’organismo dall’amminoacido arginina. Esso partecipa a numerosi
processi fisiologici, tra cui la guarigione delle ferite9. Anomalie nei livelli di ossido di azoto sono
associate ad alcuni fattori che a loro volta sono associati ad una difficile guarigione delle ferite, ad
esempio malnutrizione, diabete mellito, terapia con corticosteroidi, ischemia e fumo di sigaretta.
Se i futuri studi confermeranno che l’ossido di azoto o i suoi metaboliti (nitrati) sono importanti per
la guarigione delle ferite, uno strumento diagnostico in grado di misurare i livelli dell’ossido di azoto
o dei nitrati nei fluidi delle ferite potrebbe risultare di utilità clinica per predire gli esiti delle ferite e
interventi per modificare i livelli dell’ossido di azoto nelle ferite potrebbero rivelarsi utili (vedere
Figura 5 per un esempio).
Ferita cronica
Guarigione ritardata o senza progressione
nonostante una rivalutazione completa
ed un appropriato aggiustamento della
terapia. Sospetto di livelli anomali di NO
Range accettabile*
Ulteriore rivalutazione della diagnosi e
trattamento locale
Sviluppo di uno strumento
diagnostico che analizzi i
livelli di NO o di nitrati
nell’essudato della ferita
Livelli anomali*
Sviluppo di possibili interventi correttivi.
I possibili esempi comprendono:
■ integrazione di arginina
■ terapia antiossidante
■ valutazione dello stato nutrizionale
■ valutazione dello stato vascolare/intervento
■ terapia locale della ferita con ossido di azoto
(gas/gel)
■ riduzione dei livelli di omocisteina
LA DIAGNOSTICA IN PRATICA
Un fattore vitale nello sviluppo di strumenti diagnostici nuovi ed utili è rappresentato dalla
dimostrazione che le variazioni dei markers provocate da un intervento sono legate a
benefici clinici significativi
LA DIAGNOSTICA E LE FERITE | 9
PRINCIPI DI
BEST PRACTICE
Tabella 2 | Un confronto tra i luoghi di effettuazione dei test
La localizzazione di un test, ovvero il luogo in cui questo viene effettuato, viene determinato soprattutto dalla sua complessità, dalla
necessità di attrezzature specializzate e dal tempo necessario per ottenere il risultato. Uno strumento diagnostico di facile utilizzo da
parte di una persona non specialista ed in un ambiente comune offre molti vantaggi pratici sia al paziente sia al personale medico. Per
esempio, ciò potrebbe eliminare la necessità di trasportare i campioni clinici (o il paziente) da un luogo all'altro e superare alcuni
eventuali problemi quali la natura relativamente instabile di alcuni dei markers da misurare.
Caratteristica
Localizzazione del test
Laboratorio centrale
Clinica o point-of-care
Presso il paziente
Operatore
Elevata competenza e
preparazione
Preparazione minima
Nessuna preparazione
Hardware
Complesso, sofisticato
Limitato
Di base (se del caso) Integrato nel
dispositivo stesso
Test menu
Potenzialmente molto ampio
Limitato
Nessuno – un solo analita; risultato
integrato per una singola indicazione
Reporting dei dati
Soltanto risultati, nessuna
proposta di diagnosi o terapia
Risultati strettamente legati ad una
serie limitata di diagnosi
Nessun output di dati grezzi, soltanto
il risultato semplice o la diagnosi
Tempo di consegna
Variabile – ore o giorni
Rapido – nessuna attesa per i risultati
Rapido – istantaneo o entro 15 minuti
Tipo di campione
Possibilità di analizzare diversi tipi
di campione
Limitato
Campione singolo, prelievo non
invasivo, es. urina, saliva
Preparazione del
campione
Possibilità di manipolazione,
soprattutto automazione
Limitata
Non possibile se non integrata nel
dispositivo stesso
SVILUPPO DI UNO STRUMENTO DIAGNOSTICO
Lo sviluppo di uno strumento diagnostico (Figura 6) rappresenta un enorme impegno per tutte le
persone che vi partecipano e può essere molto dispendioso. Le industrie dovranno garantire che i
sistemi disponibili in commercio offriranno sicurezza e credibilità attraverso risultati chiari e
significativi. Il costo del dispositivo sarà importante e influenzerà pesantemente la sua assunzione
nella prassi clinica.
Figura 6 | Sviluppo di
uno strumento
diagnostico
Ricerca scientifica e
clinica per
identificare i markers
potenzialmente utili
Sviluppo di un
sistema di saggio
prototipo (laboratorio)
per misurare il (i)
marker(s) prescelto(i)
nell’ambito di un
ambiente di ricerca
(può non
assomigliare o
funzionare come il
prodotto finale
previsto)
!
Uso di un prototipo
di laboratorio nelle
ricerche cliniche allo
scopo di:
■ validare la capacità
del test di produrre
informazioni
prognostiche sugli
esiti delle ferite
■ fornire sufficienti
dati clinici per
stabilire il valore del
marker prescelto in
associazione
all’esistenza/
sviluppo di una
specifica
condizione clinica
o stato di malattia
Sviluppo di un
prototipo di sviluppo
ottimizzato dello
strumento diagnostico
previsto (dovrebbe
almeno funzionare
come il futuro
prodotto finale)
Validazione pre-clinica
del prototipo di
sviluppo ottimizzato
per verificare che il
nuovo formato
fornisca il medesimo
risultato del prototipo
originale e che sia
accettabile ed
operabile da parte del
gruppo a cui è
destinato (es.
personale
infermieristico)
Sviluppo del
processo di
produzione su larga
scala per la versione
finale dello strumento
diagnostico
Sviluppo e
validazione di un
prototipo di
produzione della
versione portatile
dello strumento
diagnostico
(dovrebbe essere
simile e funzionare
come il prodotto
finale)
Validazione clinica
dello strumento
diagnostico finale
presso laboratori
ospedalieri e
validazione mediante
appropriati saggi
standard, di controllo
e di riferimento. Per un
prodotto point-of-care
saranno necessari
esami paralleli in
ambientazione
point-of-care
Approvazione da
parte delle Autorità
regolatorie per la
commercializzazione
dello strumento
diagnostico
Immissione sul
mercato dello
strumento
diagnostico e
adozione nella prassi
clinica di routine
Più sarà semplice il sistema diagnostico, maggiore sarà la probabilità della sua adozione su
larga scala. Per quanto possibile, gli strumenti diagnostici devono essere portati presso le
cliniche o il domicilio del paziente per assicurare delle cure ottimali ai pazienti con ferite
10 | PRINCIPI DI BEST PRACTICE