Abstract La morte di una persona cara, la fine di un’amicizia o di un’amore, la rottura del patto coniugale, una malattia improvvisa che segna la perdita della salute, il tramonto della giovinezza, il distacco dalla madre patria, la perdita del lavoro o dello status sociale, il crollo di un grande ideale o di una meta tanto inseguita. Tutte forme e figure della perdita, accompagnate dalla sofferenza, che introducono nella vita il tema del limite, della fine e quindi della morte. Eventi che scuotono alle radici in modo drammatico la nostra esistenza mettendo radicalmente in dubbio il senso della vita. Spesso vissuti come un shock emotivo e cognitivo che polverizza ogni certezza, come eventi traumatici che lasciano il segno della ferita, accadimenti che paralizzano e fissano l’esistenza nel “non senso”. Accompagnati dalla sofferenza, dal dolore solitario della memoria e da un faticoso e interminabile attraversamento del tempo, di strazianti e muti momenti di agonia, ondate di disperazione ormai chiuse in una solitudine ferita e spesso non più capace di relazione, amicizia e speranza. Dalla psicoanalisi classica alla psicologia analitica di Carl Gustav Jung, rifletteremo su quel misterioso ed enigmatico lavoro psicologico che è l’elaborazione del lutto, come di quel penoso attraversamento che permette la dolorosa riconquista del senso della vita e il ritrovamento della speranza portando il soggetto fuori da quel pericoloso isolamento, da quella radicale chiusura che può diventare anche una vera e propria reclusione patologica. Gianluca Minella