PREMESSA DELL’AUTORE Nel calendario naturale del popolo i periodi solstiziali, quando il sole sovverte il suo ciclo (il sorêli al dà la volte), sono certamente i momenti più critici e pregnanti di significati astrologici, magici, sacri e folclorici di tutto l’anno. Cardini, porte o pilastri cosmici del perpetuo divenire circolare dei ritmi stagionali, sono stati considerati sacri da tutte le religioni precristiane. Come tali erano attesi con ansia e celebrati con rituali liturgici e magici, soprattutto legati all’acqua, al fuoco e alle piante, che avevano lo scopo di purificare il creato, di propiziare la fertilità, di scacciare il male e di prevedere il futuro. La Chiesa romana, nell’impossibilità di sradicare questi cerimoniali “pagani”, perché insiti e fondamentali nelle culture agrarie che nei loro calendari seguono da sempre a logica degli astri, cercò almeno di renderli meno sinistri attirandoli nel proprio ambito. Così fece coincidere i periodi solstiziali, sulla base simbolica della luce e del sole e su quanto scritto sulle Sacre Scritture, con fa nascita di Gesù Cristo (25 dicembre) e di San Giovanni Battista (24 giugno) suo precursore (Giovanni, “il sole vecchio che deve scemare”; Gesù “il sole nuovo che deve crescere”). Ed è per questo che ancor oggi attorno a queste due festività “impastate” di religione mistica e di religiosità microcosmica popolare, ruota una confusione di cerimonie caratterizzate da riti ecclesiastici, folclorici, magici e tradizionali del calendario agrario.