giovedì 24 maggio ore 17.00 Fiumi e boschi come luoghi santi Aspetti religiosi, culturali ed ecologici della geografia sacra indiana Giovanna Iacono Museo Nazionale d’Arte Orientale ‘G. Tucci’ In India la manifestazione del sacro nella natura è tuttora una componente importante, e distintiva, dell’esperienza religiosa non solo degli hindu. L’intero territorio indiano è costellato di tirtha ovvero di fiumi, monti, laghi, boschi considerati sacri, spesso riuniti in complessi più ampi (come le 7 città sante): questi sono i luoghi che permettono di oltrepassare la dimensione umana, che consentono il viaggio spirituale dall’atman (anima individuale) al brahman (spirito universale), il conseguimento della liberazione dal ciclo delle rinascite. Il pellegrino partecipa della Totalità attraversando e vivendo un paesaggio che rimanda all’ordine cosmico e alle concezioni cosmologiche attraverso alcuni archetipi della sacralità: la presenza di un axis mundi che può essere un albero, una collina, intorno a cui praticare la circumdeambulazione rituale, di un qualche orientamento verso i fenomeni solari e soprattutto dell’acqua, fonte di vita materiale e spirituale. I complessi sacri, ricchi di templi e santuari, sono collegati alle storie mitologiche di divinità del pantheon hindu - Shiva, Visnhu, Rama, Krishna- e quindi ad essi riferiti, ma i singoli tirtha rinviano a devozioni di tempi più remoti, in quanto sede di antichi eremitaggi, perchè dimora di spiriti della natura, già venerati dalle popolazioni che vivevano in India prima dell’arrivo degli Arii. Proprio l’analisi del rapporto tra Induismo e mondo aborigeno, insieme all’allarmata preoccupazione per il progressivo degrado ambientale che ovviamente investe anche i luoghi sacri, ha spinto alcuni studiosi a sottolineare i valori ecologici dell’Induismo, a rileggere in questa chiave miti popolarissimi, a cercarne le radici nella visione del mondo delle popolazioni tribali. In questo quadro dagli anni 70 del secolo scorso sono divenuti oggetto di studio i boschetti sacri, caratteristica peculiare della geografia sacra indiana. Scomparsi in quasi tutto il mondo, sono invece presenti in India, dove è tuttora viva l’antica cultura della foresta e gli alberi sono oggetto di venerazione. Consacrati per lo più a spiriti della natura, a divinità femminili o locali, riflettono il sentire tribale, la devozione rurale. Storici e antropologi ma anche biologi ed ecologisti hanno messo in luce i molteplici aspetti del boschetto sacro, dall’intreccio tra sacro e profano alla relazione tra religione brahmanica e quella aborigena, da riserva di biodiversità a collante per il mantenimento dell’identità di intere comunità. Il riconoscimento di questa polivalenza unito alla consapevolezza di quanti fattori, economici, sociali, religiosi minaccino l’esistenza del boschetto sacro ha spinto ONG nazionali e locali, ma anche istituzioni di singoli stati (come in Tamil Nadu) a promuovere iniziative e campagne per la protezione e il risanamento di quello che appare essere un’eredità del passato da salvaguardare.