Testi di Gianni Ruffin Daniele Gatti si è diplomato al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano in composizione e direzione d’orchestra. È Direttore Musicale dell’Orchestre National de France dal settembre 2008 e dal settembre 2009 Direttore Laureato della londinese Royal Philharmonic Orchestra (di cui era stato Direttore Musicale nei tredici anni precedenti). Tra gli incarichi ricoperti in passato, quello di Direttore Principale della Opernhaus Zürich (2009-2012), di Direttore Musicale del Teatro Comunale di Bologna (1997-2007) e dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma (1992-1997), nonché di Direttore Ospite Principale della Royal Opera House di Londra (1994-1997). Daniele Gatti ha diretto numerose nuove produzioni all’Opera di Stato di Vienna, a Monaco di Baviera, alla Scala di Milano, al Covent Garden di Londra, fino al recente trionfale ritorno alla Metropolitan Opera di New York con Parsifal. È fra i pochissimi direttori italiani di sempre invitati ai Bayreuther Festspiele, dove ha inaugurato l’edizione 2008 con una nuova produzione di Parsifal (spettacolo ripreso per tre anni consecutivi). Dopo Elektra del 2010, è tornato ai Salzburger Festspiele nel 2012 per dirigere alla testa dei Wiener Philharmoniker La Bohème, Die Meistersinger von Nürnberg nel 2013, Il Trovatore e due concerti sinfonici con i Wiener Philharmoniker nel 2014. Con l’Orchestre National de France, fra i vari progetti ha concluso il ciclo dedicato all’integrale mahleriana al Théâtre du Châtelet, ha dedicato un ciclo all’integrale delle sinfonie di Beethoven accompagnate a creazioni mondiali di compositori francesi contemporanei, ha diretto l’integrale sinfonica di aikovskij e celebrato l’ottantesimo anniversario dell’Orchestra. Lo scorso anno, a coronamento delle celebrazioni per l'anno verdiano, ha inaugurato la stagione del Teatro alla Scala con La traviata, per la regia di Dmitri Tcherniakov. I prossimi appuntamenti lo porteranno a dirigere le più prestigiose orchestre del mondo: Berliner Philharmoniker, Royal Concertgebouw Orchestra, Staatskapelle Dresden, Philharmonia Orchestra, Wiener Philharmoniker, Bayerischer Rundfunk, Gewandhaus Leipzig, Orchestra Filarmonica della Scala. Fra i progetti d’opera futuri più importanti ricordiamo Macbeth al Théatre des Champs-Elysées, Pelléas et Mélisande all'Opera di Firenze, Falstaff al Teatro alla Scala, a chiusura dell'Expo 2015, Die Meistersinger von Nürnberg al Teatro alla Scala e Parsifal alla Metropolitan Opera di New York. È stato insignito del titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana e di quello di Cavaliere delle Arti e delle Lettere della Repubblica Francese. Daniele Gatti è artista esclusivo Sony Classical: le prime incisioni con l'Orchestre National de France sono state dedicate a Debussy e Stravinskij. Il DVD della produzione di Parsifal andata in scena alla Metropolitan Opera di New York, con Jonas Kaufmann nel ruolo di Parsifal e la regia di François Girard, è uscito nella primavera 2014. L'Orchestre National de France, formazione di Radio France, è stata, nel 1934, la prima orchestra sinfonica stabile di Francia. Il suo primo direttore, Désiré-Emile Inghelbrecht, ne ha fondato la tradizione musicale, proseguita poi da Manuel Rosenthal, André Cluytens, Roger Désormière, Charles Munch, Maurice Le Roux, Jean Martinon, Sergiu Celibidache, Lorin Maazel, Jeffrey Tate Charles Dutoit e Kurt Masur. Dal 2008 è guidata da Daniele Gatti. Oltre alla propria stagione a Parigi, in particolare al Théâtre des Champs-Elysées dove è in residenza, l'Orchestre National de France si esibisce ogni anno nelle grandi capitali mondiali e celebra quest’anno l’ottantesimo anniversario dalla sua fondazione. Accanto al repertorio della tradizione musicale eurocentrica l’Orchestre National de France ha dedicato il proprio impegno a numerose prime esecuzioni di importanti compositori del nostro tempo come Pierre Boulez, Olivier Messiaen, Henri Dutilleux e, in tempi più recenti, ai giovani compositori francesi Guillaume Connesson, Bechara El Khoury, Brunon Mantovani, Fabien Waksman, Pascal Zavaro. Numerose incisioni discografiche costellano il percorso dell'Orchestra: tra le più recenti vi sono Pelléas et Mélisande con Bernard Haitink, Le Temps l'Horloge con Renée Fleming e Seiji Ozawa, un album consacrato a Debussy con La Mer, il Prélude à l'après-midi d'un faune e Images sotto la bacchetta di Daniele Gatti. In occasione del centenario della creazione de Le Sacre du printemps, ha registrato per Sony un album dedicato a Stravinskij comprendente anche Petruška. Ph - Pablo Faccinetto non è detto a priori che, sul piano strettamente estetico, tale operazione sia da rigettare: una delle caratteristiche più significative della musica di Strauss è la seduttiva bellezza delle invenzioni armoniche, delle mobilissime alchimie e successioni timbriche, dei variegati ed imprevedibili decorsi melodici; proprio in virtù di tali aspetti poter apprezzare l’invenzione musicale di queste pagine quale valore in sé - anziché quale elemento funzionale alla rappresentazione scenica di una vicenda riesce in effetti piuttosto facile non solo negli estroversi valzer ma anche in brani sublimi come il terzetto del terzo atto (inserito, nella suite, in quinta posizione). E si potrebbe anche aggiungere che, quando la musica possiede una così intensa forza suggestiva, una modalità d’ascolto come quella comportata dalla presente manomissione dell’opera originale potrebbe addirittura risultare non addirittura sostitutiva o migliore ma ad ogni modo egualmente preziosa. © studio patrizia novajra proprio in virtù dell’aura mitica della quale (in parte tuttora) l’immagine della capitale asburgica è circonfusa. La Vienna di quest’opera è la capitale di un grandioso impero, centro e fulcro di quella felix Austria, guidata da Maria Teresa, che ancor oggi è ricordata sotto l’egida d’una mescolanza contraddittoria - e del pari affascinante - che unifica l’immagine di un gioioso paradiso culturale e sensuale con l’incoscienza dell’incombente fine. In questo senso, ben più che esattezza storica o scrupoli filologici, è opportuno considerare il Rosenkavalier un simbolo di Vienna, probabilmente una proiezione a ritroso dell’epoca in cui l’opera fu composta (quella etichettata con un’altra celebre espressione latina, finis Austriae), sicché si può serenamente sorvolare sull’anacronistica incongruenza del ricorso, perdipiù massiccio, ad una danza, il valzer, che è sì strettamente associata all’immaginario viennese, ma ottocentesco, dato che ai tempi di Maria Teresa forse non esisteva nemmeno come danza popolare. Fu primariamente grazie ai suoi valzer che Der Rosenkavalier ottenne un grandioso successo e proprio questa medesima ragione sta alle origini delle varie suites che ne sono state derivate, le quali sfruttano ampiamente i passi dell’opera che impiegano la celebre danza. Per quanto concerne la suite in programma questa sera - portata all’esordio il 28 Settembre 1946, a Vienna -, essa non reca un numero d’opus ma è ammessa nel catalogo ufficiale di Richard Strauss nonostante si sappia che egli non la ricavò lavorando da solo, bensì assistito dal direttore d’orchestra Artur Rodzi ski, che forse è addirittura l’autore delle 26 battute conclusive. A maggior ragione se, come nel nostro caso, rinunci alle parti vocali, l’antologizzazione di brani d’opera è sempre atto un po’ discutibile. Proprio per questo non bisogna dimenticare le condizioni in cui Strauss si ritrovò nell’immediato dopoguerra, quando vide azzerarsi gl’introiti per i diritti d’autore e addirittura subì, per un certo tempo, la confisca della propria abitazione. Fu dunque primariamente per necessità economiche che egli approntò la suite, ma venerdì 10 ottobre 2014 ore 20.45 CONCERTO plus Stravinskij, Petruška IGOR StRavINSkIj (1882-1971) Petruška, “Burlesque” in quattro quadri La fiera della settimana grassa - Incantesimo del ciarlatano - Danza russa Nella cella di Petruška Nella cella del Moro - Danza della Ballerina Valzer: la Ballerina e il Moro - Petruška La fiera della settimana grassa - Danza delle nutrici Il contadino e l’orso - Il mercante cordiale con due zingare Danza dei cocchieri e degli staffieri - Le maschere La rissa: il Moro e Petruška - Morte di Petruška *** RIchaRD StRauSS (1864-1949) Don Juan Poema sinfonico op. 20 Der Rosenkavalier Suite Con moto agitato Allegro molto Tempo di Valse, assai comodo da primo Moderato molto sostenuto Schneller Walzer. Molto con moto L’immagine che oggi conserviamo di Petruška ci è stata tramandata fin dal suo esordio (Parigi, Théâtre du Chatelet, 13 giugno 1911); è l’immagine del capolavoro perfetto in ogni sua componente: dalla partitura di Stravinskij alla coreografia di Michel Fokine, dalle scene ed i costumi di Aleksandr Benois all’interpretazione coreografica (affidata al corpo di ballo dei Ballets Russes di Djagilev e, nel ruolo eponimo, all’impareggiabile Vaclav Nižinskij). Può pertanto sorprendere sapere che la partitura fu concepita - nell’estate 1910, con il brano che sarebbe divenuto il secondo quadro -, come “Burlesque” per pianoforte ed orchestra: vale a dire come un pezzo totalmente estraneo a qualsivoglia destinazione coreografica. In questa prima versione Stravinskij avrebbe dichiarato, in un’intervista del 1928, di pensare ad «un uomo in abito da sera con i capelli lunghi: il musicista dei poeti romantici» seduto al pianoforte, sopra il quale «faceva rotolare oggetti bizzarri» accompagnato dalle «violente proteste» dell’orchestra, in «una sorta di pugilato sonoro». Successivamente, ripensando ai penetranti squilli di tromba del brano, Stravinskij si ricordò del fischio acutissimo emesso, durante le fiere, dai burattinai per attrarre il pubblico e decise di titolare il pezzo Il grido di Petruška, richiamando così il popolare burattino diffuso nelle fiere popolari russe. Successivamente egli aggiunse un secondo movimento, sulle prime concepito per il futuro celeberrimo (e fragorosamente scandaloso) balletto destinato a titolarsi Le sacre du Printemps: la Danza russa, che ora figura come episodio conclusivo del primo quadro. A dirottare il progetto in fieri verso la definitiva forma del balletto fu l’intervento di Djagilev e Nižinskij, i quali convinsero a tale opzione Stravinskij - e coinvolsero immediatamente nel progetto Aleksandr Benois, che, nell’ideare la sceneggiatura, si rifece alla Commedia dell’Arte traendone il motivo dell’amore non corrisposto di Pulcinella per Colombina - che ama Arlecchino -, trasposto al triangolo Petruška-Ballerina-Moro, col conseguente conflitto fra Petruška ed il Moro, inopinatamente volto alla sconfitta tragica del protagonista. Per la partitura Stravinskij mobilitò la propria inventiva e le proprie fonti d’ispirazione a svariatissimi livelli (tanto da far parlare il disgustato Prokof’ev di «ammuffito caos»), chiamando in causa, oltre al proprio straordinario magistero orchestrale, i materiali melodici più svariati, spaziando dal ricordo di antichi canti festivi campagnoli ai richiami dei venditori ambulanti, dai canti pasquali a note melodie da ballo e perfino alle oscene ballate goliardiche che non molti anni prima di Petruška era Stravinskij stesso ad intonare insieme ai figli del suo maestro Rimskij-Korsakov. A fianco di questi elementi “recuperati”, lo stile di Petruška si qualifica nei termini di un’alternanza fra sezioni musicali relativamente uniformi e sezioni dal profilo assai mutevole: sezioni entro le quali la musica ubbidisce ad una logica pantomimica condotta con stringente ed analitica corrispondenza alla catena dei fatti scenici. Nel complesso, comunque, ad emergere è la cruda essenzialità di una musica che ripudia radicalmente la concezione romantica e tardoromantica, puntando sull’iterazione “percussiva” delle altezze, sull’assenza o sommarietà delle transizioni fra diverse idee musicali (il carattere fulmineo di taluni accostamenti ha sollecitato un parallelo col cinema, facendo parlare di “scrittura a montaggio”), sull’impiego di un cromatismo totalmente estraneo agli estenuati sfinimenti tristaneggianti della décadence tardoromantica. Significativo in tal senso è soprattutto il cosiddetto accordo di Petruška (dal sapore bitonale, che sovrappone gli arpeggi di Do e Fa diesis maggiore), il quale, benché non inventato da Stravinskij, nella memoria storicomusicale è divenuto un emblema di questo capolavoro e del suo compositore. Strauss, Don Juan Vista a posteriori, sembra un’inevitabile necessità: l’inclinazione al superomismo che caratterizza la maggioranza delle composizioni sinfonico-programmatiche di Richard Strauss non poteva, prima o poi, non incrociare la figura di Don Giovanni, il gaudente libertino dalle remote origini letterarie che però doveva sembrare modernissimo in un periodo storico-culturale dominato da Friedrich Nietzsche e prossimo a partorire la teoria dell’élan vital di Henri Bergson. L’incontro fra Strauss e Don Giovanni ebbe anzi luogo più “prima” che “poi”; e non sembra un caso: di tutti i superuomini straussiani (dall’artista morente di Tod und Verklärung all’eroe di Ein Heldeleben, dal “superuomo buffo” Till Eulenspiegel all’annunciatore del superuomo, Zarathustra, fino all’anticristo dell’Alpensymphonie), Don Giovanni fu il primo: composto tra il 1887 e il 1888 da uno Strauss appena ventiquattrenne, il poema sinfonico ad esso intitolato esordì sotto la sua stessa direzione al Teatro di corte di Weimar l’11 novembre 1889. Per quanto concerne la fonte, Strauss si rivolse al poema Don Juan (1850) di Nikolaus Lenau, dal quale attinse tre spunti: l’inesauribile sete di piacere dell’eroe eponimo, il continuo rinnovarsi in lui del desiderio e la calma mortale che subentra alla frenesia vitalistica. Il poema sinfonico esordisce con slancio delineando l’energico e spavaldo ritratto di Don Giovanni; nonostante la prossimità della struttura alla forma-sonata ed al rondò, come lascia ben intuire l’esordio quel che più conta in questo lavoro è la natura gestuale delle varie immagini susseguentisi: in armonia con l’esigenza di agire «in senso plastico sull’ascoltatore», l’estrema mobilità tematico-armonica e la brillantezza timbrica definiscono una sorta di teatro immaginario, volto cioè a suggestionare l’uditore in maniera tale da far sì che, durante l’ascolto, egli si rappresenti la visione dei personaggi e delle situazioni evocate. Al ritratto dell’affascinante seduttore seguono, intercalate dal motto incipitario a mo’ di ritornello variato, due scene d’amore: la prima è contraddistinta da una gestione tematica appassionata e languida, introdotta dal violino solo, in cui il cromatismo è impreziosito da frequenti screziature timbriche garantite dall’ordito contrappuntistico, e si espande in un ampio tema lirico. Nella seconda, dopo i “sospiri” del flauto (un femmineo «vorrei e non vorrei»?) contrapposti ad un tema lirico e suadente, domina un malinconico canto dell’oboe proiettato, come in un notturno, sugli scuri e morbidi impasti dell’orchestra. Naturalmente Don Giovanni, nella sua sete di conquista, non si ferma; sopraggiunge dunque l’occasione per il canto del suo entusiasmo vitale, intonato dal tema dei corni, che probabilmente costituisce l’idea musicale più famosa del Don Juan. Le immagini brillanti e vitali si susseguono, rutilanti, per non breve intervallo, ma l’insaziabile tensione conduce all’annientamento: non senza che un oscuro presagio si faccia largo prima dell’ultima vivacissima esplosione vitale, il commiato del poema sinfonico vira ad un clima di desolazione e morte fra i brividi degli archi ed il sommesso brontolio del timpano. È Don Giovanni che, in modo affine al Tristan wagneriano, si lascia deliberatamente colpire da una pugnalata del proprio avversario e cade tremante a terra. Per l’impertinente libertino è la fine. Per il giovane Richard Strauss l’inizio d’una lunga, fortunata, grandissima carriera artistica. Per la storia della musica una pietra miliare: come sostiene Carl Dahlhaus, insieme alla Prima sinfonia di Mahler, Don Juan segna «l’avvio dell’era musicale moderna». Strauss, Der Rosenkavalier Suite Seconda opera (dopo Elektra) frutto della collaborazione fra due delle personalità artistiche di maggior rilievo dell’intera cultura europea primonovecentesca, il Cavaliere della rosa di Richard Strauss e Hugo von Hoffmannsthal portata all’esordio da Ernst von Schuch alla Semperoper di Dresda il 26 gennaio 1911 - è una commedia d’amore fitta d’intrighi ed affetti ambientata nella Vienna settecentesca, ma che prende il largo da tale dimensione circostanziata