CHE COS’E’ LA BIOARCHITETTURA? Dal sito bioarchitettura.it “Si definisce BIOARCHITETTURA la disciplina progettuale che attua e presuppone un atteggiamento ecologicamente corretto nei confronti dell’ecosistema ambientale. In una visione caratterizzata dalla più ampia interdisciplinarietà e da un utilizzo razionale e ottimale delle risorse. La Bioarchitettura tende alla conciliazione ed integrazione delle attività e dei comportamenti umani con le preesistenze ambientali ed i fenomeni naturali. Ciò al fine di realizzare un generalizzato miglioramento degli standard qualitativi della vita attuale e futura. La novità programmatica della Bioarchitettura non risiede nella specificità delle singole discipline, quanto nel loro collegamento in una prospettiva capace di rivoluzionare la stessa percezione della qualità architettonica. Non si tratta di nuovo modello formale o semplice sommatoria di “tecnologie verdi”; obbliga infatti a guardarsi intorno, a scoprire con rinnovata sensibilità la continuità con la storia, le tradizioni, il paesaggio, da affrontare attraverso le nuove consapevolezze della ecosostenibilità e della bio-compatibilità” Il termine Bioarchitettura è stato a lungo oggetto di discussione. Il primo motivo è la definizione del suo significato: poiché è la traduzione dal tedesco Baubiologie (questa tendenza è nata in Germania-Austria) prima di entrare nell’uso corrente del linguaggio si temeva si confondesse con termini impiegati in Italia quali Bioingegneria, che nulla ha che vedere con l’edilizia (bensì con la manipolazione della vita in senso biologico o medico). Ma la disputa più lunga si è avuta a causa della registrazione del termine da parte dell’Istituto nazionale di Bioarchitettura (INBAR) che riteneva essere così il depositario di questo vocabolo e di poterne fare uso esclusivo in quanto “importatore” di questo approccio alla progettazione in Italia. “Il termine Bioarchitettura è depositato per la didattica e le pubblicazioni; ai soci è proibito ogni uso che comporti riflessi commerciali. In targhe e biglietti da visita ogni socio può evidenziare tale qualità dell’Istituto purché specifichi il numero di iscrizione. È “bioarchitetto” o “esperto in Bioarchitettura” chi è inserito nell’Elenco Nazionale Esperti, a cui si accede mediante curriculum. “ Per questo motivo sono nati altri vocaboli: edilizia bioecologica, bioedilizia (a cui fa riferimento ad esempio l’Associazione nazionale di Bioedilizia , ANAB), ecc. con alcune differenze “filosofiche” questi vocaboli intendono individuare un approccio alla progettazione in cui e’ fondamentale la preoccupazione per la realizzazione di ambienti sani attraverso l’impiego di materiali naturali e risorse rinnovabili Alcuni elementi specifici tipici della Bioarchitettura sono oggetto da tempo di discussione in quanto vengono proposti come di oggettiva validità ma sono di dubbio valore scientifico, o almeno molti sono i tecnici che non danno loro valore. Ne citiamo due ad esempio: Geobiologia: la terra è suddivisa secondo un reticolo magnetico Maglia di Hartmann nei cui nodi non bisogna porre spazi di sosta essendo punti in grado di nuocere alla salute umana a causa della perturbazione del campo magnetico terrestre. Anche la posizione degli arredi (in particolare dei letti) deve seguire le regole del magnetismo terrestre. Si rileva tramite i rabdomanti (!) o il geomagnetometro Feng Shui: è una filosofia orientale, in particolare Cinese, che tratta della disposizione delle cose sul territorio e negli edifici. Particolare rilievo è dato alla forma degli oggetti, in grado di determinare energie positive o negative particolarmente influenti sulla salute dell’uomo. Altri elementi tipici della Bioarchitettura e di approcci affini hanno un riscontro scientifico ma vengono trattati con un livello di attenzione sul quale molti tecnici e studiosi non concordano. Ad esempio la preoccupazione per i campi elettromagnetici creati dagli impianti elettrici a bassa tensione quali quelli che si trovano nelle nostre case e nei nostri uffici. Sono anche i Bioarchitetti ad aver posto l’attenzione sul fatto che i nostri elettrodomestici creano campi elettromagnetici e che persino il passaggio di corrente a bassa tensione nei fili crea un campo elettromagnetico. La soluzione che viene proposta è l’impiego sezionatori di rete, cioè interruttori manuali che tolgono corrente a tratti dell’impianto quando non utilizzato, e di disgiuntori di rete, cioè interruttori automatici che si chiudono quando sentono l’apparecchio utilizzatore in stato di accensione e si aprono quando questo viene spento. Altra soluzione è la disposizione dell’impianto elettrico evitando accuratamente la creazione di anelli, cioè di spire in grado di generare il campo elettromagnetico o usando cavi schermati. Mentre su quest’ultima indicazione i tecnici in generale sono scettici, per lo meno sulla possibilità che il corpo umano sia sensibile a tale variazione del campo magnetico, ultimamente maggiore attenzione si sta ponendo ai campi generati dagli elettrodomestici che possono essere effettivamente di valore sensibile la cui non nocività non è provata. Sul problema della perturbazione del campo magnetico terrestre e sulla nocività di tali perturbazioni i Bioarchitetti spendono molte parole e (fanno spendere) molti soldi. Altro consiglio, ad esempio, è la rinuncia all’impiego di materiali metallici, e in particolari quelli magnetici (quelli a base di ferro), almeno nei vani in cui avviene il riposo e il sonno, cioè almeno nelle camere da letto. Da abolire assolutamente i materassi a molle e le reti in maglia metallica, in quanto le forme a spirale sono maggiormente attive nella perturbazione dei campi magnetici. Se possibile eliminare anche gli elementi di giunzione metallica, soprattutto nei letti. L’osservazione che mi preme fare è che, qualora anche tali elementi siano reali perturbatori del campo magnetico naturale, quanto possono incidere sulla salute di esseri viventi che portano sul proprio corpo generatori di campi elettromagnetici ben più potenti quali telefoni cellulari, lettori MP3, e vivono davanti al monitor del computer o del televisore? In ogni caso ciò ha fatto nascere una fiorente attività nel campo dell’arredo ecologico. Da un po’ di anni abbiamo scoperto il comfort delle reti a doghe in legno, dei materassi in schiuma di lattice naturale, abbiamo riscoperto i materassi in fibre animali e vegetali (ma con livelli di produzione high tech che li rendono salubri e durevoli) e il cosiddetto “mobile ecologico” completamente in legno. Questi prodotti hanno pregi innegabili aldilà della loro “a-magneticità”. E’ forse anche grazie ai bioarchitetti che alcuni problemi, noti da sempre ma mai considerati specificamente, sono stati evidenziati e portati al centro dell’attenzione. E’ il caso dell’inquinamento da Radon, gas naturale particolarmente radioattivo, presente in alcune zone del nostro paese in maniera particolarmente concentrata, di grande tossicità – cancerogeno - qualora l’esposizione sia prolungata. Esistono oggi dei prodotti specifici per permettere l’impermeabilizzazione e la ventilazione delle zone di contatto a terra e quindi ridurre fortemente l’esposizione a questo gas degli utenti degli edifici potenzialmente contaminabili. Questo però non vuol dire che bisogna sempre predisporre misure anti Radon, bisogna prima verificare la sua concentrazione che è ormai mappata sul nostro territorio (APAT Agenzia per la protezione dell’Ambiente e per i Servizi tecnici). Il tema principale oggetto di attenzione da parte della bioarchitettura e correnti affini è l’attenzione per l’uso dei materiali. Questi dovranno: Essere il più possibile naturali, cioè essere prodotti con tecnologie a basso contenuto energetico e con poche trasformazioni a partire da materie prime naturali Aver un ridotto ricorso alle risorsa petrolifera, sia perché non è rinnovabile sia perché causa di emissioni inquinanti in fase di lavorazione e di impiego e persino in fase di dismissione. I suoi derivati inoltre hanno una biodegradabilità molto bassa su tempi molto lunghi Se fibrosi essere a fibra grande e lunga, poiché le fibre molto piccole sono o cancerogene (asbesto) o comunque irritanti e nocive in quanto possono essere inalate. Essere permeabili all’aria e al vapore (tranne nel caso delle membrane anti Radon), in quanto l’edificio per essere salubre deve “respirare” e scambiare aria con l’esterno. No alle tecnologie che sigillano l’edificio, Si alle soluzioni di involucro ventilato. Queste indicazioni di massima hanno come riferimento nella realtà una gamma di materiali che sino a qualche anno fa o non esistevano o facevano parte di tradizioni costruttive vernacolari di culture a basso livello tecnologico (ma non necessariamente basso livello prestazionale). Ciò, ad esempio, ha riportato in auge alcune soluzioni produttive particolari, quali ad esempio l’uso della legna e del carbone di legna per la cottura della calce e dei laterizi; l’impiego degli intonaci a calce e delle tinte a calce (molto gradite anche alle soprintendenze ai beni architettonici in quanto materiali tipi del restauro); l’uso degli olii vegetali e delle cere naturali (animali e vegetali) per il trattamento del legno, delle pietre e dei laterizi. Ma ha fatto nascere e crescere le aziende di lavorazione chimica e fisica dei prodotti vegetali per la realizzazione di vernici e pitture ad acqua e ad olio, di materiali isolanti da risorsa rinnovabile. Ha rilanciato la tecnologia del legno come possibile alternativa ai materiali della modernità, il cemento armato e l’acciaio, per la realizzazione di edifici a struttura intelaiata. Da notare che questa tecnologia in realtà nei paesi nord-europei non è mai tramontata e tale rilancio, in Italia, stenta ad affermarsi. Esempio: isolanti naturali alternativi a quelli petroliferi Sughero espanso autocollato (lignina) Fibra di legno autocollata (lignina) Fibra di cellulosa Lana di pecora Fibre di cocco Fibre di Kenaf AVVERTENZE: sono tutti infiammabili, sono igroscopici in misura variabile, alcuni sono negativamente sensibili all’acqua Fibra di legno mineralizzata Perlite espansa Vermiculite espansa Argilla espansa Vetro cellulare espanso Hanno un maggiore contenuto energetico, derivano da risorse non rinnovabili ma abbondanti, hanno particolari performance quali l’inattaccabilità da microorganismi e parassiti e l’incombustibilità E’ sempre bene ricordare che NATURALE non vuole automaticamente dire SANO E SALUBRE. Esistono molte sostanze naturali decisamente dannose per la salute (il Radon è un gas naturale, l’asbesto è un componente di molte rocce) ed erbe fortemente velenose. Inoltre la progettazione di edifici utilizzando materiali fortemente igroscopici implica una progettazione attenta ai fenomeni di condensa interstiziale. Lungi dall’essere esaustivi citiamo due materiali specifici della bioarchitettura, oggi oggetto di studio e recupero da parte degli studiosi di tecnologia: la terra cruda e il bamboo.La prima è una tecnologia in un certo senso antesignana del calcestruzzo ed è presente nella cultura costruttiva di tutta l’Europa.Il secondo è un’alternativa al legno caratterizzata da tempi di crescita molto più brevi; il bamboo è infatti un’erba e ad esempio la varietà Guadua, ampiamente usata in Sudamerica per impieghi strutturali in 6 anni arriva a maturità con individui alti sino a 15m e sezioni sino a 30cm di diametro Fa ovviamente parte del bagaglio del Bioarchitetto anche la conoscenza di approcci progettuali quali la Progettazione Bioclimatica, l’uso ella vegetazione sia per la climatizzazione degli spazi aperti, sia per la purificazione dell’aria negli spazi confinati che, infine, per la realizzazione di impianti di fitodepurazione. La progettazione di edifici salubri secondo i principi della Bioarchitettura e di approcci affini è sempre più richiesta nei bandi di concorso, soprattutto quando si tratta di edifici scolastici in cui la presenza di bambini, quindi di organismi ancora in via di sviluppo, richiede un approccio prudenziale rispetto alla definizione dei parametri di qualità ambientale. La Regione Liguria ha appena sviluppato delle linee guida per l’uso di materiali sani: “Nuove costruzioni Biocompatibili. Linee guida” e “ Recupero urbano Biocompatibile. Linee guida”.