Screening di pazienti adulti con febbre di origine indeterminata

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Articolo originale
Vol. 97, N. 2, Febbraio 2006
Pagg. 79-84
Screening di pazienti adulti
con febbre di origine indeterminata.
Studio prospettico sul ruolo dell’infezione primaria
da Cytomegalovirus
Roberto Manfredi, Leonardo Calza, Francesco Chiodo
Riassunto. Pazienti e metodi. Nell’ambito di uno studio prospettico della durata di tre
anni e sei mesi, effettuato su 135 soggetti adulti consecutivi riferiti al nostro Centro per febbre di origine indeterminata, spesso associata ad un ampio spettro di segni e sintomi costituzionali, 21 (15,5%) sono stati rilevati affetti da un’infezione primaria da Cytomegalovirus.
Risultati. Nella maggior parte dei casi, questa sindrome era associata in modo riproducibile con un’alterata conta dei leucociti totali, con anomalie delle sottopopolazioni linfocitarie e con un’epatosplenomegalia. D’altra parte, anomalie della formula leucocitaria e degli
enzimi epatici sierici, nonché segni e sintomi costituzionali, risultavano assenti in un range
compreso tra l’11,1% ed il 27,4% dei casi, ed una reazione crociata con anticorpi anti-virus
di Epstein-Barr appartenenti alla classe IgM si rilevava nel 48,1% degli episodi. Un insieme di segni e sintomi non specifici rappresentava la sole evidenza clinica nel 27,4% dei pazienti, confermando che questa patologia può essere ancora ampiamente sottostimata nella sua reale frequenza. Un ampio e variabile spettro di disturbi soggettivi, talora di durata
fino ad oltre sei mesi, ha coinvolto il 30% circa dei pazienti, per un periodo compreso tra 3 e
15 mesi dalla guarigione della fase acuta della malattia primaria da Cytomegalovirus.
Conclusioni. Nel corso di accertamenti multidiscliplinari (clinici, laboratoristici e strumentali) effettuati per una febbre di origine indeterminata, un rapido riconoscimento di
un’infezione primaria da Cytomegalovirus è utile al fine di far escludere diagnosi alternative, di evitare un’esposizione non necessaria ad agenti antimicrobici empirici e di rassicurare i pazienti sull’eziologia benigna ed auto-limitante della loro affezione.
Parole chiave. Cytomegalovirus, febbre di origine indeterminata, infezione primaria.
Summary. Screening of adult patients with fever of unknown origin. A prospectic study
on the role of primary Cytomegalovirus infection.
Patients and methods. In a three-year prospective survey of 135 consecutive adult patients referred for fever of unknown origin often associated with a broad spectrum of constitutional signs and symptoms, 21 (15.5%) were found to have a primary Cytomegalovirus infection. Results. In the majority of cases, this syndrome was consistently associated with altered white blood cell count, abnormal T-lymphocyte subsets and hepatosplenomegaly. On
the other hand, altered white blood cell differential and serum hepatic enzymes, and constitutional signs and symptoms were absent with a rate ranging from 11.1% to 27.4% of cases,
and an initial laboratory cross-reaction with anti-Epstein-Barr IgM antibodies was detected
in 48.1% of episodes. Non-specific signs and symptoms were the only features in 27.4% of patients, thus confirming that this disorder may be still clinically underestimated in its real frequency, until virologic assays are carried out. An extensive and varied spectrum of subjective
disturbances, sometimes of durationn prolonged beyond six months involved nearly 30% of
subjects, and lasted for 3-15 months after recovery of acute, primary Cytomegalovirus disease. Conclusions. In a multidiscliplinary (clinical, laboratory, and instrumental) workupt
for a fever of unknown origin, a rapid recognition of a primary Cytomegalovirus disease is
useful to exclude alternative diagnoses, avoid unnecessary exposure to antimicrobial agents,
and reassure patients of the benign and self-limiting course of their illness.
Key words. Cytomegalovirus, fever of unknown origin, primary infection.
Dipartimento di Medicina Clinica Specialistica e Sperimentale, Divisione di Malattie Infettive, Università di
Bologna “Alma Mater Studiorum”, Azienda Ospedaliera Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna.
Pervenuto il 5 settembre 2005.
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Recenti Progressi in Medicina, 97, 2, 2006
sia in regime di day-hospital, o in regime ambulatoriale.
Le sierologie per Cytomegalovirus e virus di EpsteinBarr (EBV) sono state effettuate (o ripetute, se già eseLa febbre di origine indeterminata (fever of
guite in altra sede), con metodiche immunoenzimatiche
unknown origin = FUO), generalmente definita
nel corso della nostra valutazione di prima linea, insiedalla persistenza di una temperatura corporea sume a test ematologici e biochimici di base ed a saggi per
periore a 38°C per almeno tre settimane consecututte le possibili collagenopatie, disordini autoimmuni,
tive, in assenza di un’origine immediatamente rimarker tumorali laboratoristici, assetto tiroideo, nonché
conoscibile e nonostante una serie di indagini diascreening per sarcoidosi, febbre mediterranea familiare,
gnostiche preliminari 1,2, resta a tutt’oggi una
e saggi microbiologici estesi a comprendere molteplici
problematica clinica piuttosto frequente ed impeeziologie infettive (ivi compresi mononucleosi infettiva,
Cytomegalovirosi, toxoplasmosi, tubercolosi e micobatgnativa nella pratica quotidiana sia dei medici di
teriosi, infezione da HIV, da
medicina generale sia deEnterovirus, da Adenovirus,
gli specialisti. Algoritmi
da Borrelia e da Leishmania
interpretativi sono stati
spp.), come pure infezioni reN e l l ’ a m b i t o d i u n o s t u d i o p r o s p e t t i c o d i t u tsviluppati al fine di indispiratorie, uro-genitali e gati i pazienti riferiti al nostro Centro specialirizzare indagini diagnostro-intestinali ad origine costic o per una febbre di origine indeterm inastiche nel modo più miramunitaria.
ta associata ad un ampio spettro di segni e
to e meno dispersivo posIn dettaglio, le sierologie
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sibile3,4.
per Cytomegalovirus sono
mezzo (gennaio 2002-giugno 2005), abbia Tuttavia, i recenti prostate effettuate impiegando
mo estrapolato e valutato i pazienti riconosaggi immunoenzimatici
gressi della diagnostica
sciuti affetti da un’infezione primaria da Cystandardizzati disponibili in
tomegalovirus, allo scopo di esaminarne le
di laboratorio portati a
commercio per la ricerca e la
c a r a t t e r i s t i c h e e p i d e m i o l o g i c h e , c l i n i c h e , l adisposizione dell’attività
titolazione degli anticorpi
boratoristiche, strumentali ed evolutive.
clinica, hanno contribuito
specifici delle class IgM e IgG,
in misura significativa a
mentre in casi selezionati è
migliorare le strategie di
stata effettuata la ricerca delidentificazione di numerosi fattori eziologici dell’antigenemia pp65 di Cytomegalovirus e/o la ricerca del
le FUO. La valutazione diagnostica, in genere
DNA virale (effettuata tramite saggi PCR messi a punto
condotta passo dopo passo sulla base degli indizi
in laboratorio, e spesso confrontati con differenti kit del
commercio). Lo studio della tipizzazione linfocitaria (comraccolti da esami precedenti e dalla valutazione
prendente quanto meno la valutazione percentuale ed asanamnestica, clinica ed epidemiologica, comprensoluta delle popolazioni CD3+CD4+, CD3+CD8+, CD3+
de una serie di accertamenti laboratoristici e
totali, CD19+ totale, CD16+CD56+, e CD4+CD8+), si è
strumentali situati su diversi livelli di intervenavvalsa di tecniche citofluorimetriche basate su una dopto via via più specialistici1,2,5, che vengono genepia marcatura con anticorpi monoclonali specifici, diretti
ralmente intrapresi inizialmente dai Medici di
verso i principali antigeni delle cellule linfocitarie in esaMedicina Generale, ed in caso di mancata signifime, con l’ausilio di strumentazione e reagenti messi a dicatività dei primi approcci, vengono approfonditi
sposizione da Becton Dickinson (BD).
Introduzione
in seguito da un ampio numero di specialisti, nei
casi in cui si rendano necessari ulteriori accertamenti al fine di diagnosticare l’eventuale patologia alla base della FUO.
Secondo le casistiche più aggiornate, un sottostante processo infettivo risulta responsabile di oltre il 40% dei casi di FUO (con recente incremento
dell’incidenza di tubercolosi e malattia da HIV),
mentre collagenopatie e disordini disreattivi ed infiammatori presentano una prevalenza del 20%,
processi neoplastici si collocano intorno all’8% dei
casi, e cause varie (non altrimenti classificabili) coprono il 5-15% degli episodi, a seconda delle diverse serie1-5. Da notare che, nonostante accertamenti approfonditi e a volte ripetuti e protratti, la causa di una FUO può non essere stabilita in una
percentuale dei pazienti che può giungere a superare il 20%.
Pazienti e metodi
Nel periodo compreso tra il gennaio 2002 e il 30 giugno 2005, 135 pazienti consecutivi di età compresa tra
18 e 44 anni (media 23,2±9,3 anni), rappresentati da 82
donne e 53 uomini, sono stati esaminati presso il nostro
centro per una FUO, comprendente un quadro clinico
variamente associato ad un ampio spettro di segni e sintomi costituzionali, sia in regime di ricovero ordinario,
Risultati
All’epoca della presa in carico presso il nostro Centro, tutti i pazienti con FUO erano affetti da una febbre
di origine indeterminata superiore a 38° e da segni e/o
sintomi variamente associati, da un periodo compreso
fra tre ed 11 settimane (4,3±2,3 settimane in media), e
la grande maggioranza di essi (oltre il 90%) era già stata sottoposta in precedenza ad accertamenti laboratoristici e/o strumentali, a trattamenti sintomatici e/o a terapie antimicrobiche di tipo empirico.
Dopo lo screening laboratoristico iniziale (che teneva
ovviamente conto anche degli eventuali esami già effettuati in precedenza da ciascun paziente), 21 soggetti sui
135 finora arruolati (pari al 15,5%) presentavano almeno una positività di classe IgM a titolo elevato per Cytomegalovirus, ulteriormente confermata in 14 casi da una
ricerca risultata positiva di Cytomegalovirus-DNA (tramite tecniche PCR), mentre un’antigenemia pp65 positiva veniva rilevata in 9 dei 19 soggetti esaminati (47,3%).
È comprensibile come un confronto diretto tra test virologici quantitativi relativi al Cytomegalovirus (es. antigenemia pp65 e viremia) non sia stato possibile nella nostra esperienza, in quanto i pazienti sono giunti alla nostra attenzione in differenti fasi di malattia. Un’iniziale
cross-reazione positiva con i test sierologici effettuati per
il virus di Epstein-Barr (anch’essi effettuati con saggi
immunoenzimatici del commercio) veniva rilevata in ben
11 pazienti su tutti e 21 quelli valutati (52,4%).
R. Manfredi, L. Calza, F. Chiodo: Febbre ed infezione primaria da Cytomegalovirus in età adulta
Tuttavia, i titoli anticorpali appartenenti alla classe
IgM verso il virus della mononucleosi infettiva risultavano più bassi e tendevano a declinare rapidamente nel
corso dei successivi 3-12 mesi di follow-up, mentre si assisteva nel contempo ad un progressivo incremento dei
livelli di anticorpi della classe IgG per Cytomegalovirus,
in assenza di elevati livelli di anticorpi anti-Cytomegalovirus ad elevata avidità.
Da un punto di vista epidemiologico, si trattava di
nove uomini e 12 donne di età compresa tra 21 e 44 anni, nessuno dei quali aveva dichiarato contatti con pazienti con febbre persistente, neonati, donne gravide,
puerpere, o permanenza in nursery nel corso dei tre mesi che avevano preceduto l’esordio della sintomatologia,
e nessun soggetto aveva effettuato trasfusioni di sangue
o emoderivati nell’ultimo semestre.
Il laboratorio mostrava in tutti i casi un’alterazione
della conta leucocitaria, caratterizzata da un incremento (11 casi) o da una riduzione (10 episodi) dei leucociti
totali, in associazione con una proporzionale linfocitosi
e/o monocitosi, e/o al rilievo di “linfociti attivati” , rilevati in ben 19 casi su 21 (90,5%). Lo studio delle sottopopolazioni linfocitarie mostrava una transitoria modificazione del rapporto tra linfociti CD4+ e linfociti CD8+,
una riduzione della percentuale (compresa tra il 12% ed
il 38%) e della conta assoluta (compresa tra 211 e 520
cellule/µL) della sottopopolazione CD4+, compensata da
una proporzionale, contemporanea espansione della sottopopolazione dei T-linfociti CD8+ (con un range compreso tra il 39% ed ed il 68%).
I segni e sintomi clinici concomitanti comprendevano
febbre prolungata ed irregolare nella totalità dei 21 soggetti diagnosticati come affetti da Cytomegalovirosi primaria, in associazione con una sindrome simil-mononucleosica evidenziata in 16 episodi su 21 (76,2%). La malattia da Cytomegalovirus era caratterizzata in genere da una
moderata linfoadenomegalia cervicale ed angolo-mandibolare o sottomandibolare, e da una faringodinia di grado variabile. Un rialzo moderato (da due a quattro volte i valori
normali) delle transaminasi sieriche era presente in 16 casi su 21 (76,2%), mentre un’epatosplenomegalia veniva confermata tramite esame ultrasonografico in tutti i pazienti
affetti da Cytomegalovirosi. In 7 soggetti su 21 (33,3%), i segni e sintomi prevalenti erano rappresentati da febbre persistente, continuo-remittente o irregolare, da linfoadenomegalia (nell’80,9%), e da disturbi di più vago inquadramento, tra cui faticabilità, nausea, cefalea, anoressia, e da
una modesta (sempre inferiore al 10%) riduzione del peso
corporeo. Da notare che con incidenza superiore al 40% la
sindrome simil-mononucleosica era priva di qualche elemento clinico-chiave quali linfoadenomegalia, iperemia faringea ed odinofagia, rash, epatosplenomegalia con alterazioni degli enzimi epatici, etc.
Una normalizzazione della conta leucocitaria totale e
della formula, e degli enzimi epatici sierici, precedeva la risoluzione della linfoadenomegalia e dell’epatosplenomegalia di un intervallo temporale compresto tra 6 e 16 settimane (media 8,7±5,1 settimane), mentre la positività alla ricerca di anticorpi della classe IgM per
Cytomegalovirus si estendeva in una paziente fino a 36
mesi, con un tempo medio di scomparsa pari a 18,3±8,7
mesi (range 12-36 mesi). D’altra parte, le alterazioni immunologiche a carico delle sottopopolazioni linfocitarie
rientravano nei limiti della norma in un tempo medio pari a 8,9±4,3 mesi (range 4-18 mesi). Sei pazienti sui 21 esaminati (28,6%) lamentavano una sensazione soggettiva di
faticabilità, astenia, malessere, anoressia e difficoltà di
concentrazione, sensazione che tendeva a risolversi come
entità e varietà a distanza di 3-15 mesi dopo la diagnosi di
infezione primaria da Cytomegalovirus, in assenza di
qualsivoglia successiva sequela.
81
Discussione
L’infezione primaria da Cytomegalovirus è stata ampiamente studiata in corso di gravidanza, nel
neonato6-12 e – negli anni più recenti – nell’ospite
a vario titolo immunocompromesso (pazienti con
infezione da HIV ed AIDS, trapiantati di midollo
osseo e di organi solidi, soggetti sottoposti ad immunodepressione iatrogenica)6,10,11,13-16, ma l’effettiva frequenza e l’intero spettro delle caratteristiche cliniche e laboratoristiche dell’infezione e della malattia primaria da Cytomegalovirus nel
paziente altrimenti sano hanno finora ricevuto
modesta attenzione. L’apparente incremento di
frequenza di questa infezione erpetica autolimitante è probabilmente da attribuire ad una accresciuta consapevolezza conseguita dai medici, supportata da un più semplice ed ampliato accesso a
tecniche di laboratorio sierologiche e virologiche,
sensibili e specifiche7,10,17,18.
Nonostante che la maggior parte degli episodi
di Cytomegalovirosi primaria passi inosservata o
non riconosciuta poiché asintomatica o paucisintomatica anche quando interviene in età post-adolescenziale6,11,17-20, episodi di malattia sintomatica
sono stati però descritti anche nell’anziano non apparentemente compromesso, ed in questi ultimi
casi la diagnosi differenziale diviene ancora più
complessa22.
Da un punto di vista patogenetico, l’infezione
latente da Cytomegalovirus che segue l’infezione
primaria dà origine ad un sistema di molteplici interazioni con il sistema immunitario7,10,15,23, e probabilmente anche con l’endotelio e con le cellule
muscolari lisce23.
L’accresciuta disponibilità di saggi sierologici e
biomolecolari in grado di dimostrare efficacemente e tempestivamente e di monitorare casi di infezione da Cytomegalovirus acuti o recidivanti (in
grado di complicare il decorso di patologie gravate
da stati di immunodeficienza)6,7,13,14,16 ha consentito al clinico di introdurre alcune di queste ricerche laboratoristiche anche nei protocolli di screening dei casi di FUO che intervengono in giovani
ed adulti altrimenti sani ed immunocompetenti.
Come conseguenza, si è assistito ad un apparente
incremento della frequenza di queste diagnosi in
corso di malattie virali rimaste inspiegate o di
FUO11,18,20,21, ed anche esperienze condotte in pazienti che facevano riferimento a Centri per malattie a trasmissione sessuale hanno confermato
quest’ultima tendenza24.
In una recente esperienza ambulatoriale monocentrica condotta in Germania25, in un periodo di
sei anni sono stati identificati adulti affetti da malattia sintomatica primaria da Cytomegalovirus22.
Un’affezione febbrile ed un coinvolgimento degli
enzimi epatici erano le caratteristiche cliniche
preminenti, riscontrate nell’intera casistica. Diversamente da quanto da noi osservato, la metà
dei pazienti avevano riferito di recenti viaggi compiuti al di fuori dell’Europa Occidentale nelle tre
settimane antecedenti l’esordio clinico della Cytomegalovirosi25.
82
Recenti Progressi in Medicina, 97, 2, 2006
In uno studio retrospettivo italiano, sono stati
seguiti 81 casi di infezione Cytomegalica primaria
occorsi nell’arco di un decennio in soggetti immunocompetenti20, ma la valutazioni laboratoristiche
(virologiche e sierologiche) sono evolute nel corso
del prolungato periodo di studio, non consentendo
quindi un confronto armonico tra i pazienti seguiti20. In ogni caso, l’incidenza complessiva di una
sindrome simil-mononucleosica o di coinvolgimento d’organo da parte di un’infezione primaria da
Cytomegalovirus si è dimostrata inferiore rispetto
a quanto riscontrato in altre esperienze16,26, e nell’ambito della nostra casistica. Autori spagnoli
hanno descritto quattro casi di adulti immunocompetenti affetti da Cytomegalovirosi primaria:
le caratteristiche cliniche risultavano essere febbre di durata superiore a sei settimane, una sindrome simil-mononucleosica, calo ponderale e
linfocitosi21.
Casi di insolito coinvolgimento focale d’organo
sono stati riportati in forma aneddotica in pazienti altrimenti sani con malattia primaria da Cytomegalovirus: ulcerazioni gastriche in un caso27 e
mielite traversa in un altro paziente28.
Nella nostra esperienza condotta per tre anni e
sei mesi su 135 pazienti adulti consecutivi riferiti
al nostro Centro in epoche di malattia differenti
per una FUO altrimenti inspiegata, abbiamo rilevato una frequenza apprezzabile (pari al 15,5%) di
casi di infezione primaria acuta da Cytomegalovirus. Sul fronte epidemiologico, abbiamo escluso in
tutti i casi contatti pregressi con neonati e donne
gravide19, viaggi all’estero26, e somministrazione
di sangue ed emoderivati. Nonostante che la nostra popolazione di pazienti adulti con FUO potesse presentare un bias di selezione per una sospetta patologia ad eziologia infettiva, derivante dal
fatto che la stragrande maggioranza dei pazienti è
stata riferita al nostro Centro di Malattie Infettive da medici di medicina generale o da altri specialisti che spesso avevano già iniziato l’iter diagnostico, la frequenza complessiva da infezione
primaria da Cytomegalovirus sembra essere più
elevata, se confrontata con esperienze in una certa misura comparabili17,20,26, con l’eccezione degli
studi che comprendevano pazienti critici, studi che
risultano significativamente influenzati dall’inclusione di soggetti immunocompromessi – o a rischio
di divenire immunodepressi – per la concomitanza
di patologie severe e del loro trattamento25.
Anche tenendo conto del fatto che i pazienti della nostra serie si sono presentati alla nostra attenzione in fasi evolutive di malattia potenzialmente diverse, confrontando l’epoca del primo accesso presso il nostro Centro ed il momento di
esordio dei primi segni e sintomi (tempo variabile
tra 3 ed 11 settimane), una cross-reazione sierologica con il virus di Epstein-Barr (che lasciava il
dubbio transitorio di un’eventuale mononucleosi
infettiva) è stata rilevata in oltre la metà dei pazienti valutabili (52,4%), ma questo fenomeno di
interferenza sierologia è ben noto, e tende a risolversi in tempi relativamente brevi2,7,9, mentre la ricerca dell’antigenemia pp65 di Cytomegalovirus su
leucociti polimorfonucleati risultava positiva nel
47,3% dei pazienti sottoposti a questo saggio. L’antigenemia pp65 di Cytomegalovirus non rappresenta però un test universalmente raccomandato
(e valutato approfonditamente) nei soggetti immunocompetenti, rispetto a quanto avviene invece
nell’ospite immunodepresso16,28; ciò nonostante,
Lesprit et al. nella loro casistica di 10 pazienti altrimenti sani ospedalizzati per una FUO, e ritrovati affetti da Cytomegalovirosi primaria, hanno
osservato un indice di positività pari al 90%17. Nella nostra casistica, le differenze intercorse tra l’inizio della sintomatologia e l’epoca di presentazione al nostro Centro per l’effettuazione dei dovuti
accertamenti, potrebbero aver influenzato il grado
di positività dell’antigenemia pp65, così come gli
esiti dei test sierologici praticati presso il nostro laboratorio di riferimento potrebbero non essere
comparabili con quelli praticati in tempi diversi e
presso altre strutture. Dal punto di vista clinico e
laboratoristico, quantunque la maggioranza dei
pazienti da noi riportati abbia sviluppato un quadro abbastanza tipico di una sindrome simil-mononucleosica (a volte incompleta di qualche segno
o sintomo) ed una frequente, iniziale cross-reazione sierologica per il virus di Epstein-Barr (sebbene osservata in differenti stadi ed epoche di evoluzione della malattia), tuttavia non siamo riusciti a
documentare alterazioni della formula leucocitaria nel 9,5% dei casi, non abbiamo osservato segni
e sintomi costituzionali (ivi compresa la linfoadenomegalia) nel 19,1% dei soggetti ed un rialzo degli indici di epatocitolisi nel 23,8% dei casi, mentre
tutto l’insieme dei pazienti presentava alterazioni
della conta leucocitaria totale, un’epato-splenomegalia confermata ecograficamente ed anomalie delle sottopopolazioni linfocitarie (come recentemente verificato anche in bambini affetti da infezione
primaria da Cytomegalovirus12). D’altra parte, segni e sintomi costituzionali aspecifici rappresentavano la sola espressione clinica della Cytomegalovirosi primaria in circa il 30% dei pazienti da noi
seguiti, confermando in tal modo che questa virosi
può essere sottostimata o rimanere indiagnosticata nell’adulto, se non si eseguono test microbiologici mirati. Uno spettro variabile e talora prolungato di disturbi soggettivi (simili a quelli incontrati nel follow-up della mononucleosi infettiva), i
quali hanno portato spesso a limitazioni dell’attività lavorativa, sportiva o di studio, coinvolgeva il
28,6% dei pazienti nella nostra esperienza. La persistenza di lunga durata di una risposta anticorpale anti-Cytomegalovirus della classe IgM confermata tra i nostri pazienti trova un’interpretazione in un lavoro pubblicato nel 2004 da Steininger et
al.15, che hanno dimostrato che la maturazione di
anticorpi specifici si protrae nei soggetti immunocompetenti per un periodo significativamente più
lungo rispetto a quanto precedentemente ritenuto
(usualmente per oltre un anno), mentre tale fenomeno appare decisamente più ritardato e di entità
e durata inferiori nei pazienti che hanno subito un
trapianto d’organo e nell’ospite immunocompromesso.
R. Manfredi, L. Calza, F. Chiodo: Febbre ed infezione primaria da Cytomegalovirus in età adulta
Questi ultimi soggetti vanno anche incontro ad
una viremia più prolungata, con persistenza di
DNA del Cytomegalovirus per periodi estremamente protratti15,25.
Poiché una profilassi farmacologica primaria,
un trattamento, una terapia c.d. “pre-emptive”, ed
un trattamento soppressivo condotti con gli antivirali specificamente attivi su Cytomegalovirus
(quali ganciclovir, foscarnet, penciclovir o cidofovir) sono raccomandati nell’ospite immunocompromesso, in cui si teme o ci si attende un decorso
di malattia severo e/o ricorrente6,7,10,12,14,25, sulla
base di linee-guida aggiornate relative alla diagnostica, al monitoraggio ed alle strategie terapeutiche e profilattiche del paziente immunode-
83
presso o ad alto rischio7,11,14, una terapia antivirale non è indicata nel paziente altrimenti immunocompetente, in cui il decorso clinico atteso è invariabilmente benigno ed autolimitante6,7,14,17-19,21,29.
Ciò nonostante, sulla scorta di alcuni studi preliminari effettuati in corso di infezione congenita o
perinatale da Cytomegalovirus6,8,9,10, alcuni tentativi non controllati di trattamento antivirale sono
stati riportati in pazienti immunocompetenti affetti da Cytomegalovirosi primaria con sintomatologia di durata intensa e/o di durata protratta20,29,
ma fino ad oggi siamo lontani dal poter trarre indicazioni in questo ambito terapeutico, dove si
renderanno necessarie eventuali esperienze controllate.
Conclusioni
1. Da un punto di vista diagnostico e di inquadramento generale, i clinici (ed in particolar modo i medici di medicina generale, che si presume abbiano i primi contatti con pazienti affetti da
FUO)1,2,6,11,18,21,22, sono chiamati a mantenere un elevato sospetto anche per una infezione primaria
da Cytomegalovirus, nel corso di un percorso diagnostico indirizzato a valutare una sospetta FUO.
2. Sulla base della nostra esperienza, la diagnosi di certezza viene raggiunta non prima di 3-11 settimane dopo l’esordio della cytomegalovirosi, sulla base della combinazione degli esiti dei testi sierologici e virologici disponibili.
3. Come nel caso della mononucleosi infettiva, questa affezione virale ed alcuni segni e sintomi ad essa associati possono protrarsi per periodi di tempo significativi, mentre pazienti con diagnosi ritardata o non effettuata sono a rischio di perpetuare un circolo vizioso alimentato dalla persistenza di
una malattia di origine inspiegata, con necessità di sottoporsi ad accertamenti, laboratoristici e strumentali non di rado ripetuti e, talora, a manovre diagnostiche di tipo invasivo.
4. Viceversa, un riconoscimento tempestivo dell’infezione da Cytomegalovirus risulta proficuo al fine
di escludere rapidamente diagnosi alternative, di evitare la somministrazione inutile (e talora controproducente) di antibiotici, e di rassicurare il paziente sulla natura sempre autolimitante e benigna della affezione, preparandolo eventualmente ad affrontare segni e sintomi non gravi ma fastidiosi, che in corso di Cytomegalovirosi primaria dell’adulto possono perdurare per periodi di tempo
anche abbastanza lunghi, e non prevedibili.
Fondi, sponsorizzazioni, riconoscimenti, conflitti di interesse: nessuno
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Indirizzo per la corrispondenza:
Prog. Roberto Manfredi
Policlinico S. Orsola-Malpighi
Dipartimento di Medicina Clinica
Specialistica e Sperimentale
Divisione di Malattie Infettive,
Via Massarenti, 11
40138 Bologna
E-mail: [email protected]
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