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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Le Relazioni tra Russia e Unione Europea
1. Quadro di sintesi
1. Premessa "storica": i consolidati rapporti tra la Comunità Europea e l’URSS. I
problemi creatisi con la dissoluzione dell’URSS. Il travagliato processo di
transizione del sistema politico ed economico russo. L’allargamento a Est dell’UE
nel 2004 e il conseguente risveglio dell’atavico timore russo dell’accerchiamento e
dell’isolamento.
2. La diffidenza e il carattere “altalenante” dei rapporti tra l’UE e la Russia: le ragioni
dell’una e dell’altra. La comprensibile avversione russa al “lecturing” da parte
dell’UE, alla “conditionality” e al riferimento a tematiche sensibili (diritti umani,
democrazia, rule of law, ecc.). L’innegabile maggiore sforzo di adeguamento agli
standard UE (e internazionali) richiesto alla Russia attesa la situazione di
arretratezza.
3. I rapporti tra l’UE e la Russia fino allo scoppio della crisi globale: l’Accordo di
Partenariato e Cooperazione (APC), i 4 spazi comuni.
4. I riflessi della crisi economica globale: prospettive di crescita dell’UE e della Russia
post-crisi. La debolezza di entrambi sarà da stimolo a una nuova spinta nei rapporti
tra UE e Russia?
5. Il Partenariato per la modernizzazione (PpM) del giugno 2010. L’interesse comune
dell’UE e della Russia a una partnership strategica e al successo del PpM, alla luce
delle policy delineate dai vertici (agenda Europa 2020 con l’accento su una crescita
intelligente, sostenibile, inclusiva e la necessità per i vertici russi di modernizzare il
paese pena la marginalizzazione).
6. Gli step più recenti: l’ingresso della Russia nella World Trade Organization dopo
oltre sedici anni (dicembre 2011) e i suoi effetti.
7. Il ritorno di Putin alla presidenza e il futuro dei rapporti con la Russia. Le debolezze
del modello economico russo post-crisi e la necessità di portare a compimento le
riforme strutturali.
1
Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
2. I rapporti altalenanti tra le due parti in una prospettiva storica
Tra CE e URSS - e poi tra UE e Russia - vi sono sempre stati rapporti ampi, complessi e
diversificati. La fine della “guerra fredda” ha portato a un complessivo miglioramento delle
relazioni dell’Unione Europea con l’Unione Sovietica (prima del 1991) e poi con la Russia
e i paesi ex URSS (dopo il 1991); e questo grazie anche a rapporti diretti tra le parti, ossia
senza la mediazione degli Stati Uniti. Ripercorriamo alcune date di particolare rilievo:
1985: salita al potere di Gorbachev e progressiva apertura dell’URSS
1989: progressiva caduta del blocco socialista;
1991: dissoluzione dell’URSS e formazione della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)
composta da tutte le 15 ex repubbliche socialiste sovietiche tranne i Baltici. L’UE riprende
ora i negoziati sostituendo l’unica controparte con 15 paesi. Fine del mondo bipolare con
URSS e USA quali poli.
2004: ampliamento dell’UE, al cui interno entrano 3 paesi ex URSS (i Baltici: Lettonia,
Estonia e Lituania) e alcuni paesi dell’ex blocco socialista (Polonia, Repubblica Ceca,
Slovacchia, Ungheria, Slovenia). Con altri paesi ex URSS (Armenia, Georgia, Ucraina,
Bielorussia, Moldavia, Azerbaijan) vengono conclusi altri tipi di accordi, secondo la cd.
Politica Europea di Vicinato (PEV), destinata da Bruxelles ai paesi per ora esclusi dalla
prospettiva di un ingresso nell’UE.
3. Gli accordi tra UE e Russia: l’Accordo di Partenariato e Cooperazione (APC), gli spazi
economici speciali, ecc.
Il rapporto che l’Unione Europea ha con la Russia è particolare e privilegiato sotto il
profilo politico ed economico: la Russia è l’erede naturale dell’URSS - una delle due super
potenze dell’epoca della guerra fredda – e riveste una rilevanza oggettiva (economica,
geografica, storica, ecc.) ampiamente superiore agli altri paesi dell’Est Europa.
Sotto il profilo strettamente economico, infatti va ribadito come tra Russia e UE vi è sempre
stata e vi è una forte e crescente interdipendenza. L’UE è un partner commerciale
strategico per la Russia: all’UE fa capo il 50% circa dell’interscambio (import + export)
della Federazione russa. Oltre il 50% delle esportazioni russe hanno come destinatario l’UE,
laddove oltre il 40% della merce che la Russia importa proviene dall’UE. La Russia è tra i
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
maggiori fornitori di materie prime, con petrolio e gas al primo posto. L’Unione Europea è
tra i principali fornitori di prodotti finiti di qualità e ad elevato contenuto tecnologico.
Le relazioni politiche tra la Russia e l’UE hanno risentito dell’andamento economico della
Russia: nei momenti di debolezza economica la Russia è stata giocoforza più conciliante nei
confronti delle richieste dell’UE. Viceversa, la favorevole congiuntura economica nel
decennio 1999-2008 ha visto accrescere ovviamente l’assertività della Russia e il rifiuto a
“prendere ordini o lezioni dall’UE” (il cd. lecturing). Negli anni ’90, nel pieno cioè del
doloroso processo di transizione della Russia da un’economia pianificata ad un’economia di
mercato – e di conseguente forte difficoltà economica del paese - sono stati conclusi i
maggior accordi tra le due parti, in primis l’accordo-quadro noto come l’Accordo di
Partenariato e Cooperazione. Con l’inizio del 2000, l’irrobustimento della crescita da un
lato (trainata dall’ascesa dei prezzi del petrolio), che ha coinciso con l’ascesa politica di
Vladimir Putin, hanno determinato un certo irrigidimento delle posizioni della Russia e un
connesso deterioramento delle relazioni con l’UE. Su queste ultime hanno pesato le tensioni
con gli Stati Uniti e la NATO. Non è un caso che nel 2008 sia stato toccato il punto più
basso nei rapporti Russia-UE, Russia-USA (complice anche il conflitto russo-georgiano
dell’agosto di quell’anno).
Di fatto si può affermare che la Russia non ha buone relazioni con l’Unione Europea se ha
tensioni con gli Stati Uniti.
Si elencano, di seguito, i principali accordi sottoscritti tra Russia e UE:
Nel 1994 è stato sottoscritto l’Accordo di Partenariato e Cooperazione (APC), entrato in
vigore nel 1997 con una validità di dieci anni. L’APC può definirsi un accordo quadro per
promuovere la collaborazione economica – attraverso la promozione degli scambi
commerciali e degli investimenti e lo sviluppo di rapporti economici non conflittuali tra le
parti - ma anche politica, sociale. Per oltre un decennio ha costituito la base per le relazioni
tra Russia e UE offrendo la base giuridica per il commercio bilaterale e gli investimenti
dell’UE in Russia.
Sotto il profilo economico l’obiettivo finale dell’APC è la creazione di una zona di libero
scambio. Parallelamente vengono avviati i negoziati internazionali per l’ingresso della
Russia nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC o WTO in inglese); accordi
che, dopo anni di stop and go, sono stati conclusi nel dicembre del 2011, la Russia cioè è
entrata nel WTO dopo oltre sedici anni di negoziati.
3
Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Atteso il livello di arretratezza (economica oltre che giuridica) di un paese che aveva
vissuto per 70 anni con un’economia pianificata, cui erano estranee le regole del mercato, è
comprensibile che la firma dell’APC ha posto l’esigenza per la Russia di onerosi sforzi di
adeguamento; analoghi a quelli intrapresi da quasi tutti i paesi dell’Est per portare a
compimento il processo di transizione a un’economia aperta e di mercato.
Nel 2002 l’UE riconosce alla Russia lo status di economia di mercato, status riconosciuto, a
distanza di pochi anni, anche da parte degli Stati Uniti.
Nel 2003 nel Summit di San Pietroburgo viene stabilita, quale complemento dell’APC, la
creazione di quattro spazi comuni: 1. spazio economico europeo; 2. spazio di libertà,
giustizia, sicurezza; 3. spazio comune di sicurezza esterna; 4. spazio comune nella ricerca e
nell’istruzione.
Nel 2004 vengono conclusi i negoziati tra UE e Russia per l’ingresso di quest’ultima nel
WTO (e conclusi, nel 2006, con gli USA). L’ingresso della Russia è stato finalmente
approvato, come accennato, il 16 dicembre 2011 e dovrebbe dare un forte impulso alle
relazioni economiche tra le due parti. La Russia infatti era l’unico tra i maggiori paesi
emergenti non ancora membro del WTO. E questo per diversi motivi alcuni dei quali
imputabili alla stessa Russia la quale – per reazione a negoziati senza fine - ha creato
un’unione doganale con la Bielorussia, l’Ucraina e il Kazakhstan (in vigore dal gennaio
2010) rallentando ulteriormente il proprio ingresso.
Nel Summit del maggio 2005 vengono concordate quattro roadmaps al fine di facilitare la
realizzazione dei 4 spazi comuni (senza tuttavia che sia fissata un’agenda precisa).
Nel 2007 allo scadere dell’APC (dieci anni) sono stati intrapresi i negoziati per il rinnovo,
nel momento peraltro di forte tensione tra Russia e UE (e Stati Uniti in generale) per
questioni soprattutto politiche (la dichiarazione di indipendenza del Kossovo osteggiata e
non riconosciuta dalla Russia).
Il biennio 2007-2008 è segnato dalla crisi finanziaria e poi economica globale con pesanti
ripercussioni su entrambe le parti. A ciò si viene ad aggiungere il conflitto russo-georgiano
dell’agosto 2008, che aggrava ulteriormente le tensioni tra la Russia e l’UE, gli USA, la
NATO.
Ma, come vedremo in seguito, la crisi sembra avere fatto bene e contribuito a ristabilire uno
spirito di maggiore collaborazione.
4
Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Il successo parziale dell’APC ha diverse cause. E’ giusto però riconoscere che le
circostanze in cui è stato concluso sono radicalmente mutate, come pure i rapporti di forza:
da una parte, l’UE ha acquisito, anche in forza dell’allargamento del 2004, un ruolo
regionale di primo piano e ha spostato sempre più a est i propri interessi venendo a
“invadere” la sfera di influenza ex sovietica; dall’altra la Russia, grazie anche ad una
crescita economica sostenuta e all’uso strategico delle risorse energetiche, è tornata a essere
una grande potenza. Sono mutate, pertanto, le reciproche percezioni, aspettative e strategie
d’azione. L’UE deve necessariamente mantenere buone relazioni con la Russia per la sua
forte dipendenza energetica. Quest’ultima teme invece, oltre alla perdita di influenza sulle
ex repubbliche sovietiche, una sorta di accerchiamento e isolamento dovuto al progressivo e
parallelo, seppur non sincrono, avanzare sia dell’UE che della NATO.
La Russia, inoltre, come è tipico di una grande potenza, nutre una naturale avversione per
quella che viene vista come un’invasione nei propri affari interni – sia economici sia politici
– o nella propria sfera di influenza geo-politica (l’area coincidente con l’ex URSS).
Attraverso l’APC, l’UE ha inteso infatti toccare argomenti “sensibili” quali democrazia e
diritti umani in Russia. Successivamente, con l’ampliamento nel 2004, ha spostato i propri
confini fino alla Russia inglobando territori ex sovietici (i Baltici). I nuovi paesi membri
(soprattutto Lettonia, Estonia, Lituania e Polonia) nutrono non di rado sentimenti di
ostilità/rivalsa nei confronti della Russia. La Russia teme inoltre che la Politica Europea di
Vicinato possa facilitare una progressiva ‘europeizzazione’ dello spazio post-sovietico
aprendo così paesi come la Georgia, l’Ucraina, la Moldova all’influenza di un attore
esterno. L’orientamento “inclusivo” dell’UE, anche tramite la PEV, comporta infatti
un’ulteriore “invasione” dello spazio ex sovietico, che va ad alimentare l’atavico timore
russo dell’accerchiamento.
Più in generale la Russia è poi critica rispetto all’approccio europeo plasmato sullo schema
degli accordi di cooperazione (con strumenti giuridici vincolanti) che consente all’UE di
esercitare forme di condizionalità. In politica estera e anche nei rapporti con l’UE la
Russia predilige invece il bilateralismo, ossia un modello cooperativo più paritetico.
Nonostante l’inclinazione di molti degli stati membri verso un approccio più flessibile, la
Commissione europea sembra restia a seguire questo orientamento mettendo in difficoltà gli
stessi negoziati per il rinnovo dell’APC (che nel frattempo si rinnova tacitamente di anno in
anno).
5
Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
4. Il Partenariato per la Modernizzazione (PpM): questa volta sarà diverso?
Più di recente la Russia e l’UE sembrano avere impresso un salto di qualità ai loro rapporti.
Nel Summit tenutosi a Rostov sul Don (31 maggio-1 giugno 2010) è stata infatti varata una
nuova politica per rafforzare la cooperazione tra Mosca e Bruxelles: il Partenariato per la
modernizzazione, PpM o PfM in inglese (Partnership for Modernization). Il PfM potrebbe
avere maggiore successo in quanto – dopo la crisi globale – entrambe le parti sono più
deboli nel panorama mondiale e quindi maggiormente disponibili a collaborare.
Il PpM è un’agenda condivisa per la modernizzazione, uno strumento complementare, ma
più operativo rispetto agli accordi già presenti, che dovrebbe beneficiare della minore
formalizzazione e del minor grado di politicizzazione.
Il principale strumento sono i dialoghi settoriali in ambiti quali: trasporti, efficienza
energetica, Piccole e Medie Imprese (PMI), diritti di proprietà intellettuale, sviluppo
territoriale bilanciato tra centro e periferia, sistema giudiziario e lotta alla corruzione (un
cavallo di battaglia purtroppo non vincente del Presidente Medvedev), cooperazione in
settori come ricerca e sviluppo (R&S), innovazione e spazio.
La Russia ha tuttavia posto come pre-condizione che l’UE non pretenda di “lecturing”,
ossia rinunci alla propria naturale tendenza a dare lezioni. La Russia cioè è parsa incline a
una “europeizzazione” nella misura in cui contribuisca a modernizzare il paese ma non a
una “EU-izzazione”.
La PpM avrà maggiore successo dell’APC? Ci sono motivi per pensare di sì. In una
prospettiva storica uno dei principali problemi della Russia è stata l’arretratezza
(tecnologica, culturale, politica, ecc.). I rapporti con l’Occidente sono stati spesso motivati
da questa leva. La Russia ha cioè guardato all’Occidente, in primis l’Europa (con un
ruolo cruciale di Francia, Germania e Italia), come a un modello e soprattutto come un
partner per colmare il gap di arretratezza. D’altra parte all’interno del paese vi è spesso
stata l’opposizione delle componenti più conservatrici. E’ una costante della storia, il
contrasto tra forze che spingono la Russia ad aprirsi e quelle che la spingono invece a
chiudersi. Anche adesso è così, ma le spinte a una maggiore apertura dovrebbero essere più
forti in quanto la crisi ha evidenziato come un’economia troppo incentrata sullo
sfruttamento delle materie prime - e quindi “ostaggio” di fattori esterni quale l’andamento
della domanda di petrolio e il connesso prezzo del greggio sui mercati internazionale –
6
Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
renda il paese vulnerabile perché lo espone a fattori di rischio non prevedibili e
controllabili.
Il PpM potrebbe, di conseguenza, rappresentare un punto di svolta nei rapporti spesso
bloccati tra le due parti perché poggia su interessi e obiettivi condivisi: l’Agenda “Europa
2020” per l’UE, la volontà dell’ex Presidente Medvedev – e, abbiamo motivo di
credere, anche del neo-eletto Presidente Putin - di modernizzare la Russia. Entrambe
le parti hanno interesse al successo della PpM. Entrambe sono impegnate in progetti di
riforma dei propri sistemi economici miranti a rafforzare il rispettivo peso e a garantire una
nuova fase di crescita dopo la crisi e la stagnazione degli ultimi due anni. La crescita
nell’UE è infatti bassa e diseguale; la Russia ha ripreso a crescere, ma a tassi dimezzati
rispetto al passato; tassi inferiori soprattutto rispetto alle maggiori economie emergenti,
come Cina e India, Sud Africa e ASEAN. Il modello di sviluppo russo finora seguito sta
tramutandosi in modello di arretratezza. Per far crescere l’economia a tassi più elevati è
necessario riattivare le riforme strutturali, modernizzare il paese, diversificare l’economia
affrancandola dall’eccessiva dipendenza dalle materie prime, ridurre il peso dello Stato. Per
la Russia la modernizzazione è cruciale per evitare che la Russia venga, in una
prospettiva non lontana, marginalizzata. Attualmente un’economia incentrata pressoché
unicamente sullo sfruttamento delle materie prime non garantisce un tasso di crescita in
grado di far competere la Federazione con i paese a maggiore sviluppo. Sono necessari
investimenti – russi, ma soprattutto stranieri - un modello di sviluppo più bilanciato,
capitali, ma soprattutto tecnologia. In molti settori la Russia è un paese arretrato. Ma per
attirare capitali e risorse dall’estero è necessario creare un humus adatto, ossia un business
environment favorevole. E in Russia, non è un caso, tutto questo non c’è come confermano
le classifiche internazionali (ad esempio le survey annuali della Banca Mondiale Doing
business-DB o la classifica stilata dall’organizzazione indipendente Transparency
International-TI). 1
5. Il difficile rapporto tra Russia e UE, tra assistenza e diffidenza: le ragioni degli uni e
degli altri
La Russia è l’erede dell’URSS, una delle due grandi potenze dell’epoca della Guerra
Fredda e partner strategico per l’UE e viceversa. In questi anni tuttavia le relazioni hanno
1
Secondo le classifiche di DB, la Russia figura al 120^ posto su 183 paesi. Secondo la survey di TI che
misura il livello di corruzione, la Russia è al 154^ su 178 paesi..
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
registrato alti e bassi, accompagnate spesso da una diffidenza reciproca, quando non una
conflittualità, accentuatasi con l’allargamento a Est dell’UE. Noi crediamo che vi siano
responsabilità da parte dell’UE, la quale tende non di rado a guardare alla Russia come a un
aspirante candidato; e quindi la sottoponga a continue valutazioni per verificare il grado di
avvicinamento agli standard europei. L’Occidente in generale si è creato l’immagine di una
Russia avviata verso una volontaria, inevitabile transizione verso modelli economici e
politici di matrice occidentale; modelli implicitamente ritenuti superiori e, quindi, a tendere;
rifiutando di fatto di vedere il paese per come è realmente ed intenda essere. Molte
incomprensioni e contrasti discendono dalla difficoltà ad accettare che il paese possa optare
per modelli di sviluppo differenti da quelli dell’UE tradendo la sua naturale proiezione
europea.
Venendo alla Russia, obiettivo fondamentale e leitmotiv della politica estera in questi anni –
accentuatosi con l’ascesa al potere di Vladimir Putin - è stato la volontà di affermare o
piuttosto ri-affermare lo status di grande potenza nel panorama mondiale e il diritto a
proporre idee e modelli (economici, politici, culturali) non recepiti passivamente
dall’esterno: in sintesi, il diritto a non doversi “allineare” all’Occidente. Questa volontà è
espressa dal concetto di mondo multipolare; fondamentale nella visione russa è
l’aspirazione a costituire uno tra i poli indipendenti di potere. Una multipolarità strumentale
alla difesa e alla legittimazione di un proprio percorso e sviluppo autonomo-autoctono. La
multipolarità è stata la reazione all’unipolarismo di matrice americana.
Il “polo” che vede al centro la Russia è costituito dai paesi dello spazio post-sovietico. Il
progressivo ampliamento a Est dell’UE, pertanto, non è stato visto con favore dalla Russia e
ha alimentato il timore “storico” dell’accerchiamento e dell’isolamento; che si era
riacceso con la dissoluzione dell’URSS (che per i russi è equivalso alla dissoluzione
dell’impero) e poi con il venir meno dell’influenza geo-politica ed economica sui paesi
dell’ex Unione Sovietica e del blocco comunista. Questo timore è stato ulteriormente
alimentato dall’UE attraverso la Politica Europea di Vicinato, dalla strategia espansiva della
NATO e altresì dalla crescente pressione (economica e demografica) che la Cina esercita
sui ricchissimi e scarsamente popolati territori siberiani e dell’Estremo Oriente russo. Dalla
prospettiva russa, USA, UE e NATO si arrogano il diritto di espandere la propria zona di
influenza, direttamente o indirettamente (per scopi diversi da quelli commerciali e di difesa
dal terrorismo). Alla stessa Cina è riconosciuto il diritto di espandere la propria zona di
influenza all’Asia, ma tale diritto non viene riconosciuto alla Russia, cui si chiede
8
Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
implicitamente di ritirarsi dalle sue zone di influenza economica e politica, nel Baltico, in
Asia Centrale, nel Caucaso, nel Mar Nero (zone storicamente sotto l’influenza russa ancor
prima che sovietica).
Non vi è dubbio che l’allargamento dell’UE abbiano accresciuto la conflittualità, a motivo
del senso di rivalsa dei nuovi paesi membri nei confronti della Russia. Di fronte agli
atteggiamenti apertamente critici dell’UE la Russia reagisce facendo ricorso quando
possibile al bilateralismo e alla strategia del divide et impera ossia rompendo l’unità
all’interno dell’UE avviando negoziati con singoli paesi membri. E ciò allo scopo di poter
recuperare maggiori margini di manovra e negoziazione. Il divide et impera viene spesso
utilizzato nei confronti dell’UE, sfruttando le divisioni interne e l’incapacità europea di
esprimere una linea comune (come nel caso della politica di sicurezza energetica). La
Russia in qualche misura fa emergere le contraddizioni latenti nell’UE, dovute al naturale e
insanabile conflitto tra interessi comunitari e nazionali.
Questa tendenza della Russia a rompere l’accerchiamento per recuperare margini di
manovra vale anche per quanto concerne gli accordi con l’UE. In linea di principio, come
abbiamo detto, la Russia non ama gli accordi quadro multidisciplinari come l’APC e negli
anni ha spesso cercato di concludere accordi bilaterali con singoli Stati dell’UE.
6. 1999-2008: il decennio dell’oro (nero) per l’economia russa, ma anche il decennio
perduto
Dopo il default dell’agosto 1998, tra il 1999 e il I semestre 2008 - la Russia ha attraversato
un decennio d’oro: il paese è cresciuto a un tasso medio annuo del 7%, grazie in massima
parte all’ascesa del prezzo del petrolio.
Sotto alcuni aspetti si tratta anche di un decennio perduto: i vertici del paese non hanno
saputo-voluto approfittare della favorevole congiuntura per affrontare i nodi strutturali
dell’economia: a) eccessiva dipendenza dalle materie prime e mancato affrancamento dal
circuito
“esportazione
materie
prime-importazione
prodotti
finiti”;
b)
scarsa
diversificazione del tessuto produttivo; c) modesta incidenza delle piccole-medie imprese
rispetto ai grossi complessi industriali ex sovietici o ai gruppi finanziario-industriali-GFI
sorti a seguito dei processi di privatizzazione dei primi anni ’90 (ai cui vertici vi sono i cd.
“oligarchi”); d) arretratezza tecnologica. In estrema sintesi, non è stato portato a termine
il processo di transizione attraverso le riforme strutturali.
9
Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
E’ giusto riconoscere anche i fattori positivi. Memori del default del 1998, Ministero delle
Finanze e Banca di Russia hanno sfruttato la fase espansiva dell’economia e gli elevati
prezzi del petrolio per rafforzare la posizione patrimoniale e finanziaria del paese, ridurre il
debito estero, accumulare riserve valutarie (le terze al mondo per ammontare), accantonare
risorse finanziarie in due fondi: di riserva e per il benessere nazionale.
Con la crisi la Russia si è scoperta nuovamente vulnerabile. La crisi ha colpito
pesantemente il paese e ha dimostrato l’insostenibilità del modello di sviluppo. Dalla
seconda metà del 2008 e per quasi tutto il 2009, l’economia si è praticamente fermata. Nel
2009 il PIL è sceso del 7,8% quale conseguenza dell’ondata recessiva che ha investito le
maggiori economie avanzate e ha ridotto la domanda di materie prime facendo crollare il
prezzo del petrolio (37 dollari a dicembre 2008 rispetto ai 147 a fine luglio dello stesso
anno). Una flessione molto più accentuata rispetto agli altri paesi emergenti inclusi
nell’acronimo BRIC (Brasile, Cina e India), alcuni dei quali sono praticamente passati
indenni attraverso la crisi. L’economia russa, tuttavia, nel complesso ha tenuto: la crescita
economica del decennio precedente unita alle politiche fiscali e di bilancio prudenti sopra
citate hanno consentito di affrontare la crisi partendo da una solida situazione finanziaria.
7. L’economia russa nel dopo-crisi e le debolezze del modello di sviluppo finora seguito.
La Russia è uscita dalla crisi e ha ripreso un percorso di crescita. Da ultimo, la crisi in Nord
Africa e soprattutto gli eventi in Libia sono stati come la manna dal cielo per l’economia e il
bilancio russi: dal gennaio 2011 il prezzo del petrolio è salito sensibilmente superando i 100
dollari al barile; facendo affluire nelle casse dello Stato miliardi di dollari. L’economia ne
ha subito beneficiato. Ma, questo è il punto, i tassi di crescita attuali e prospettici sono
dimezzati rispetto al passato. Il problema è ancora più serio in quanto non solo il PIL reale
bensì anche il PIL potenziale – quello cioè che potrebbe essere inespresso – è fermo
intorno al 4%. Troppo poco per competere con molte delle maggiori economie emergenti i
cui tassi di crescita sono ben più elevati come mostra la tabella seguente.
10
Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Annual percent change
R eal G D P
W O RLD O UT PUT
Advanced econom ies
U nited States
Euro Area
- G erm any
- France
- Italy
Japan
U nited Kingdom
Korea
T urkey
B RIC
- Russia
- China
- India
- Brasil
ASEAN - ED A
- Indonesia
- T hailand
- M alaysia
Projections
2012
2013
3,3
3,9
1,2
1,9
2,0
2,2
-0,5
0,8
0,3
1,5
0,2
1,0
-2,2
-0,6
1,7
1,6
0,6
2,0
3,4
4,0
0,4
1,7
2006
5,2
3,0
2,7
3,0
3,4
2,4
2,0
2,0
2,8
5,2
6,9
2007
5,3
2,7
1,9
2,9
2,7
2,3
1,5
2,4
2,7
5,1
4,7
2008
2,8
0,2
0,0
0,5
1,0
0,1
-1,3
-1,2
-0,1
2,3
0,7
2009
-0,6
-3,2
-2,6
-4,1
-4,7
-2,5
-5,0
-5,2
-4,9
0,2
-4,8
2010
5,2
3,2
3,0
1,9
3,6
1,4
1,5
4,4
2,1
6,1
9,0
2011
3,9
1,6
1,7
1,6
3,0
1,6
0,4
-0,9
0,9
3,6
8,3
8,2
12,7
9,7
4,0
8,5
14,2
9,9
6,1
5,2
9,6
6,4
5,1
-7,8
9,2
5,7
-0,2
4,3
10,4
9,9
7,5
4,3
9,2
7,2
2,9
3,6
8,2
6,9
3,0
3,8
8,8
7,3
4,0
5,5
5,1
5,8
6,3
5,0
6,5
6,0
2,6
4,8
4,6
-2,4
-1,6
6,2
7,8
7,2
6,5
2,0
4,7
6,1
4,7
4,0
6,6
4,8
4,5
Vietnam
8,2
8,5
6,3
5,3
6,8
5,9
5,6
6,3
M exico
4,9
3,3
1,5
-6,5
5,4
4,1
3,5
3,5
South Africa
5,6
5,5
3,7
-1,8
Fonte: W EO update (W orld Econom ic O utlook) - G ennaio 2012
2,9
3,1
2,5
3,4
Si ritorna ancora una volta a parlare di riforme strutturali e di un processo di transizione
non completato; quello stesso processo che i paesi entrati a far parte dell’UE (e quelli che
entreranno a far parte) hanno dovuto invece completare. Ognuno fa i conti con il proprio
passato e con il proprio presente, ossia con le cose non fatte. E i vertici russi hanno le loro
colpe. Il paese ha bisogno di capitali, di investimenti esteri, di accordi con partner stranieri
per avere know how e tecnologia. La parola d’ordine è modernizzazione per evitare i rischi
di una marginalizzazione.
La Russia può accrescere il suo PIL potenziale solo modificando il modello di sviluppo
finora seguito. Rappresentano una priorità improcrastinabile:
- gli investimenti in infrastrutture.
- il miglioramento del business climate al fine di incentivare gli investimenti dall’estero e
importare know how, tecnologia;
- la diversificazione dell’economia (per settori produttivi, per territorio) anche e
soprattutto in termini di assetti proprietari (larga parte dell’economia è infatti in mano
allo Stato o ai grandi gruppi finanziario-industriali);
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
- la riduzione del peso dello Stato nell’economia attraverso un programma di
privatizzazioni.
8. Il ritorno di Putin
E qui vorrei soffermarmi sul contesto politico. Il decennio appena trascorso è stato anche il
decennio che ha visto l’ascesa politica di Vladimir Putin, dapprima come primo ministro,
poi come Presidente e poi di nuovo come primo ministro. Negli scorsi giorni Putin ha
riassunto la carica di Presidente.
Nel corso del secondo mandato presidenziale di Putin il progressivo accentramento delle
leve energetiche in grosse corporazioni statali (i cd. “national champions”) è stato
accompagnato dalla crescita delle ambizioni economiche e politiche di quelli che io
definisco gli “oligarchi di Stato”, ex KGB-FSB che rappresentano la componente
maggiormente conservatrice e che lo stesso Putin ha messo a capo delle aziende statali.
Durante la fase espansiva si sono opposti alle riforme capaci di promuovere la
modernizzazione dell’economia e la diversificazione del tessuto produttivo. In una parola,
alle riforme strutturali. La crisi economica, peraltro ha evidenziato la loro incapacità di
traghettare la Russia fuori dalla crisi (in quanto interessati unicamente al mantenimento del
potere): solo gli sforzi compiuti dalla componente più liberale del Governo hanno
consentito alla Russia di affrontare una crisi di particolare gravità. Gli oligarchi di Stato,
pertanto, rappresentano un pericolo politico.
Il modello di sviluppo seguito fino a oggi e voluto da Putin necessita di una profonda
revisione in quanto nel medio-lungo termine non consente di garantire un tasso di crescita
dell’economia adeguato ad assicurare: a) un diffuso ed effettivo miglioramento dello
standard di vita della popolazione; b) lo status di grande potenza che la Russia (e tutti i suoi
cittadini pretendono) intende avere nel panorama mondiale (si può essere grande potenza
politica e piccola potenza economica?); c) di stare al passo con gli altri membri dei BRIC;
d) il consenso politico di parte dell’elettorato.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
ALLEGATO
Il processo di transizione nell’Est Europa
Il processo di transizione nei paesi dell’Est europeo ha significato l’abbandono di
un’economia pianificata e centralizzata e l’introduzione di un modello di economia aperta e
di mercato. A tale scopo cruciali sono state le riforme strutturali e la progressiva uscita dello
stato dall’economia, attraverso un programma di privatizzazioni. Con l’ingresso dei privati
sono così entrati i capitali, soprattutto esteri attraverso gli investimenti diretti in
insediamenti produttivi (IDE o FDI in inglese); e con questi un trasferimento di tecnologia e
di know how, che ha contribuito a restringere il profondo divario di sviluppo (cd. gap) e
l’arretratezza accumulata in decenni rispetto all’Occidente (e al modello capitalista).
I paesi coinvolti sono attualmente 28, che si possono suddividere in 4 categorie sulla base
dei rapporti più o meno stretti con l’Unione Europea:
a) paesi entrati nell’UE con i processi di allargamento del 2004 e del 2007. Si tratta di 10
paesi, di cui 3 ex URSS (i Baltici) e di cui 2 entrati a far parte dell’area dell’euro;
b) paesi con status di potenziali candidati (nell’area dei Balcani);
c) paesi legati all’UE dalla PEV, la Politica Europea di Vicinato: 16 paesi di cui 6 dell’Est
Europa, e più precisamente ex URSS;
d) altri, tutti ex URSS (in Asia Centrale). Tra questi un rapporto particolare e privilegiato
con l’UE lo ha la Russia, erede naturale di una grande potenza, l’URSS, ed essa stessa
grande potenza, con un ruolo strategico negli equilibri geo-politici mondiali.
Il modello di riferimento è stato l’Occidente con l’Unione europea quale attore di
primissimo piano. La transizione in questo caso ha significato, per i paesi entrati nell’ottica
UE, convergenza, ossia avvicinamento agli standard europei, al framework politicoeconomico e giuridico dell’UE a 15. Con riferimento allo sviluppo economico si è parlato di
“catching up” inteso come raggiungere il livello di sviluppo dell’Occidente colmando il
profondo divario tra il tenore di vita dei paesi in transizione e quello della media dell’UE a
15, misurato come PIL pro capite.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Per alcuni paesi transizione ha significato altresì integrazione (economica, finanziaria)
nell’UE e nell’economia globale e, in alcuni casi, integrazione monetaria, con due paesi che
hanno adottato l’euro come valuta (Slovenia e Slovacchia).
Accordi di partenariato e di cooperazione (APC): Russia, Europa orientale, Caucaso
meridionale e Asia centrale
L’UE ha concluso dieci accordi di partenariato e di cooperazione con la Russia, i paesi
dell’Europa orientale, del Caucaso meridionale e dell’Asia centrale. Tali accordi hanno
l’obiettivo di consolidare la democrazia e sviluppare l’economia attraverso la cooperazione
in una vasta gamma di settori e il dialogo politico. Essi istituiscono un consiglio di
cooperazione incaricato di sorvegliare l'attuazione degli accordi. Tali partenariati hanno i
seguenti obiettivi:
- fornire un contesto appropriato al dialogo politico;
- sostenere le iniziative avviate per consolidare la democrazia e sviluppare l’economia in
tali paesi;
- portare a termine il passaggio all’economia di mercato;
- promuovere il commercio e gli investimenti.
I partenariati intendono inoltre gettare le basi per una cooperazione legislativa, economica,
sociale, finanziaria, scientifico civile, tecnologica e culturale. Per la Russia, l'accordo è
anche volto a creare le condizioni necessarie all'instaurazione di una zona di libero scambio.
Per quanto riguarda gli scambi di merci, l'UE e i dieci paesi interessati si concedono
reciprocamente il trattamento della nazione più favorita. Inoltre, stabiliscono la libertà di
transito delle merci, via o attraverso il loro territorio. Nel caso di merci in ammissione
temporanea, ciascuna Parte concede all’altra l’esenzione dagli oneri all’importazione e dai
dazi. Non possono esserci restrizioni quantitative all’importazione tra le parti, e le merci
vengono commercializzate ai prezzi di mercato. In caso di pregiudizio o di rischio a causa
delle importazioni, il consiglio di cooperazione deve trovare una soluzione accettabile per le
due Parti.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Tra le disposizioni riguardanti le attività commerciali e gli investimenti, ci sono le
condizioni relative al lavoro, allo stabilimento e all’attività delle società, ai servizi
transfrontalieri, ai pagamenti correnti e ai capitali. Per quanto riguarda il lavoro, le parti si
adoperano per evitare la discriminazione in questo settore di tutti i residenti provenienti da
una delle Parti, legalmente impiegati in un’altra. Per la Russia, sono menzionate iniziative
per coordinare la sicurezza sociale.
Per quanto riguarda le imprese, gli accordi prevedono che:
- lo stabilimento delle società nel territorio dell’UE avvenga in condizioni non meno
favorevoli di quelle degli altri paesi terzi;
- l’attività delle società avvenga con un trattamento non meno favorevole di quello
concesso alle società dell’UE;
- l’attività delle filiali avvenga nelle stesse condizioni delle filiali dei paesi terzi;
- le società europee che si stabiliscono in un NSI (nuovi Stati indipendenti dell’ex Unione
sovietica), le condizioni di stabilimento e di attività non dovranno essere meno
favorevoli di quelle delle società meglio trattate, sia nazionali che di un paese terzo.
Tali condizioni non si applicano al trasporto aereo, fluviale e marittimo. Per la Russia, esse
si applicano anche a certi servizi bancari e di assicurazione di cui all’allegato 6 del suo
APC.
Per i servizi transfrontalieri, le Parti si impegnano a prendere le misure necessarie per
autorizzarne progressivamente la fornitura. Per la Russia, alcuni settori elencati negli
allegati possono essere regolamentati a livello nazionale. Per quanto riguarda il trasporto
marittimo internazionale, le parti dovranno applicare in maniera effettiva il principio del
libero accesso al mercato e al traffico su base commerciale.
Per ciò che concerne i pagamenti correnti e i capitali, le parti si impegnano con degli
accordi ad autorizzare tutti i pagamenti correnti legati alla circolazione dei beni, dei servizi
o delle persone. Dovrà inoltre essere garantita la libera circolazione dei capitali quando si
tratta di investimenti diretti nonché della liquidazione o del rimpatrio del prodotto di detti
investimenti e di tutti gli utili che ne derivano.
Tutti gli accordi, tranne quello della Repubblica di Moldavia, contengono un capitolo
dedicato alla tutela della proprietà intellettuale, industriale e commerciale nonché sulla
cooperazione legislativa.
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Le relazioni economiche tra la Russia e l’Unione Europea
Per quanto riguarda la cooperazione economica, i settori sono simili nella gran parte degli
APC. Essa si concentra su: sviluppo economico e sociale, sviluppo delle risorse umane,
sostegno alle imprese (privatizzazione, investimenti e sviluppo dei servizi finanziari, in
particolare), agricoltura e settore alimentare, energia, trasporti, turismo, tutela ambientale,
cooperazione regionale e politica monetaria. In sostanza, lo scopo di detta cooperazione
economica è di contribuire al processo di riforma, di rilancio dell'economia e allo sviluppo
sostenibile dei NSI. Sono promosse le riforme economiche e sociali nonché la
ristrutturazione dei sistemi economici e commerciali.
Disposizioni istituzionali
Gli accordi istituiscono un consiglio di cooperazione incaricato di sorvegliare l’attuazione
degli accordi. Esso si riunisce una volta l'anno a livello ministeriale. Il consiglio è assistito
da una commissione parlamentare di cooperazione.
Gli accordi sono conclusi per un periodo iniziale di dieci anni, dopo di che potranno
essere automaticamente rinnovati di anno in anno a condizione che nessuna delle Parti si
opponga.
Politica di vicinato
A partire dal 2003, l'UE ha lanciato la politica europea di vicinato (PEV) per evitare la
nascita di nuove linee di divisione tra l'UE e i suoi vicini in seguito all'allargamento del
2004. La PEV ha l'obiettivo di favorire l'instaurarsi di relazioni strette tra l'UE e i suoi
partner nella prospettiva di creare un clima di stabilità, prosperità e sicurezza. Insieme ai
paesi partner mediterranei, i paesi dell'Europa orientale e del Caucaso meridionale, ovvero
l'Armenia, l'Azerbaigian, la Georgia, la Moldavia e l'Ucraina, la Bielorussia, costituiscono
la base dei paesi partner della PEV. In questo ambito, gli APC formano il quadro
dell'attuazione della PEV con ciascun paese partner dell'Europa orientale e del Caucaso
meridionale.
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