POLITECNICO DI MILANO Facoltà di Ingegneria edile A.A. 2008/2009 Corso di Patologia Edilizia e Diagnostica Prof. Enrico De Angelis Relazione tecnica HMWK 02,umido. Descrizione dell’approccio al compito e valutazioni dell’operato. Allievo: Cazzaniga Nicola Matr. 735120 Riferimenti normativi Per l’esecuzione del compito sono state assunte alcune normative con lo scopo di eseguire calcoli e sviluppare ragionamenti il più possibile corretti e uniformi. Tali norme considerate sono inerenti al comportamento dei materiali utilizzati in edilizia termicamente omogenei. Di essi sono descritte ed elencate le prestazione igrotermiche e i valori tabulari di progetto; essi sono accessibili tramite tabelle e grafici. Un’ulteriore aiuto è giunto dalla normativa per quanto riguarda i metodi di calcolo e la valutazione dei risultati con esso ottenuti. NORMATIVE CONSULTATE: UNI EN ISO 13788:2003 Prestazione igrotermica dei componenti e degli elementi per edilizia – Temperatura superficiale interna per evitare l'umidità superficiale critica e condensazione interstiziale - Metodo di calcolo. UNI EN 12524:2001 Materiali e prodotti per edilizia - Proprietà igrometriche - Valori tabulati di progetto. UNI EN ISO 15148:2003 Prestazione igrotermica dei materiali e dei prodotti per edilizia Determinazione del coefficiente di assorbimento d'acqua per immersione parziale UNI EN 12086:1999 Isolanti termici per edilizia - Determinazione delle proprietà di trasmissione del vapore acqueo UNI EN ISO 13789:2001 Prestazione termica degli edifici - Coefficiente di perdita di calore per trasmissione - Metodo di calcolo Obiettivo: lo scopo principale del lavoro proposto è quello di studiare, all’interno di una determinata zona climatica il comportamento di alcune tipologie di chiusure verticali eseguite con soluzioni multistrato formate da una serie di materiali tradizionali e spesso utilizzati nell’edilizia quotidiana. Lo scopo finale principale di tale attività è l’individuare, se presente, la condensa interstiziale nella parete presa in esame. È molto importante sottolineare come, in fase di progetto, sia essenziale prevedere la presenza di condensato e quindi di acqua nell’edificio che andiamo a realizzare. Questa comporta notevoli problemi al sistema edilizio, accentuando gli eventuali difetti presenti nella struttura e soprattutto diminuendo notevolmente la vita utile dell’edificio; le norme sopra citate sono state stilate e pubblicate proprio per tendere una mano ai progettisti nella difficoltosa, ma non impossibile, opera di perfetta progettazione che permette di dotare l’edificio delle migliori soluzioni e soprattutto di consentire a chi vive all’interno di poter vivere agiatamente e senza imprevisto alcuno. Negli ultimi anni è stato ormai assodato come lo studio degli isolamenti termici e del risparmio energetico sia essenziale, non solo per l’edificio e il suo funzionamento, ma soprattutto per l’uomo e la terra su cui viviamo; l’attenzione progettuale una volta individuate le fasce climatiche e di conseguenza la scelta delle soluzioni tecniche è essenziale da tale punto di vista; tuttavia lo è anche nello studio dei fenomeni di degrado degli edifici anche se spesso essi non vengono presi in considerazione. Ecco che allora un approccio come quello da noi eseguito vuole permettere, sin dalla fase di progetto, di garantire ottime condizioni igrotermiche all’edificio che si sta progettando e soprattutto un ottima qualità di vita per chi lo occuperà. Introduzione e fasce climatiche (N° 56) Il lavoro da me svolto ha avuto come oggetto di studio una fascia climatica appartenete al Sud Italia (zona N°56), di conseguenza l’eventuale edificio studiato non è soggetto a variazioni di temperature estremamente elevate è quindi possibile escludere fenomeni di gelo e disgelo che potrebbero causare molti danni alle componenti di edificio in caso di presenza di condensato. La presenza di acqua va evitata comunque, in quanto il suo afflusso potrebbe rovinare irreparabilmente i componenti della struttura. Va sottolineato come l’umidità relativa della zona sia, in media, sempre superiore al 50%. Il rilevamento delle temperature e dell’umidità relativa viene eseguito ogni ora della giornata per tutto il giorno, per tutti i mesi per un anno intero. La quantità di dati da studiare è notevole e esaustiva. Ad una prima riflessione sui dati raccolti e sulla situazione climatica, è comprensibile il fatto che i mesi più a rischio in fatto di condensa superficiale e interstiziale sono quelli invernali; infatti la maggiore quantità presente nell’aria e le temperature più basse non fanno che favorire ogni forma di condensato nelle soluzioni tecniche predisposte. Di conseguenza i mesi meno soggetti a condensa sono quelli estivi, e per essi una verifica sarà inutile una volta trovato positivo lo studio dei mesi invernali. Elaborazione dei dati Le prime operazioni eseguite una volta raccolti i dati sono state quelle di calcolo più generali. Come precedentemente detto si è calcolata come prima cosa la temperatura minima di ogni giorno, essendo questa la più critica per il nostro tipo di lavoro. Una volta individuate per ogni giorno le temperature minime è stata calcolata la temperatura media minima di ogni mese. L’assunzione del mese come riferimento è stata fatta per rendere il calcolo più semplice e soprattutto per avere a che fare con una mole di dati sicuramente ridotta e più facile da utilizzare. Utilizzando la temperatura media minima mensile e l’umidità relativa media mensile si è passati al calcolo della pressione di vapore (Pv) e di quella di saturazione (Psat) dell’ambiente esterno che stiamo considerando e che influenzerà il nostro lavoro. I calcoli sono stati svolti tramite i metodi di calcolo proposti in parte dalla norma UNI EN ISO 13788:2003, e in parte dal docente. Il calcolo delle Pv e Psat sono essenziali nella valutazione della presenza di condensa perché permettono un confronto, nei calcoli successivi, tra l’interno e l’esterno dell’edificio. Tutti i dati fin ora considerati si intendono come dati medi per ogni mese dell’anno. Volutamente il mese di Gennaio è stato riportato anche dopo il mese di Dicembre per effettuare una sorta di paragone e verifica con i dati iniziali, soprattutto per un riscontro di calcolo. In un foglio del programma di calcolo sono state riportate le pressioni di vapore (Pv) in un range di temperatura che va dai -20°C ai +50°C e con diverse situazioni di umidità relativa. I calcoli sono stati eseguiti assumendo limiti di UR del 10%, 20%, 30%, 40%, 50%, 60%, 70%, 80%, 90%. Eseguito questo ultimo passaggio tali risultati sono stati inseriti in un grafico avente in ascissa le temperature (T) e in ordinata i valori di Pv. All’interno del grafico sono stati anche inseriti i valori ottenuti dai calcoli eseguiti sui dati della nostra zona climatica considerata. Ad un primo impatto è facile notare l’andamento a “ciclo” dei nostri dati annuali. L’ultima curva verso l’alto del grafico è la curva della pressione di saturazione alla quale corrispondono le temperature di rugiada cioè di condensazione del vapore acqueo. A questo punto del lavoro finisce la parte più generale e di valutazione delle zone climatiche prese in esame e si comincia a valutare una situazione più specifica. Produzione di umidità Oltre ai dati riferiti alla zona climatica sono stati consegnati dei dati relativi ad attività e presenza umana all’interno del nostro edificio; come è facile intuire la presenza umana e determinate attività svolte all’interno dell’edifico possono rendere difficile e articolata la progettazione di un edificio dal punto di vista igrotermico, in quanto la presenza umana e le attività da essa svolte aumentano la produzione di vapore acque e con esso la sua concentrazione nell’ambiente. Al fine di affrontare un progetto è dunque essenziale conoscere la sua destinazione d’uso e di stimare in modo adeguato la produzione di vapore d’acqua al suo interno. Nel mio caso ho dovuto affrontare il problema di valutare la situazione inerente, probabilmente, ad una cucina di tipo “industriale”; infatti il locale da me studiato è di 125m³, presenta al suo interno 2 persone impegnate in attività sedentaria che producono circa 90 g/h di vapore e vi è un svolta un’attività di cottura cibi intensa che produce un quantitativo pari a 1500 g/h di vapor d’acqua. Una volta individuato tali dati ho proseguito nel calcolo. Lo scopo di questa parte è la valutazione della pressione di vapore (Pv) interna al mio locale. Sarà infatti grazie ad essa e al suo confronto con la pressione di saturazione che sarà possibile valutare la presenza di condensato. Il calcolo è stato effettuato assumendo come riferimento la normativa UNI EN ISO 13788:2003. i dati prima trovati di umidità e temperatura sono stati essenziali. Attraverso la pressione di vapore esterna e la temperatura si è potuto individuare la quantità di vapore d’acqua presente esternamente, in seguito, considerando la nostra produzione di vapore interna, il volume del nostro locale e il fattore (n) di ventilazione si è potuto stimare una differenza di quantità di vapore tra esterno e interno; da questa si è poi passati alla differenza di pressione parziale (โP) di vapore tra esterno interno. Questa è stata calcolata tramite due metodi: ๏ท Il primo, detto di interpolazione, segue un grafico presente sulla normativa UNI EN ISO 13788:2003 che suddivide gli edifici in classi di umidità e mediante la formula di ๐๐−20 interpolazione 20 ∗ 1080 permette di calcolare il โP. ๏ท ๐บ (๐๐+๐๐) Il secondo ricavato tramite una formula ๐๐ ๐ ๐ฃ 2 . Questa è sicuramente più precisa e i suoi risultati saranno utilizzati per i calcoli Una volta individuato il โp è stata ricavata la pressione di vapore interna al locale Condensa Superficiale e interstiziale (caso1) Il lavoro sicuramente più importante è stato quello della valutazione di condensa interstiziale. Prima di esso però si è fatto cenno e si è tradotto in calcoli la presenza di condensa superficiale. Conoscendo infatti la Pv, la Psat, esterne e interne, il โP, e la temperatura esterna abbiamo trovato le temperature di rugiada all’interno del nostro edificio, il suo calcolo è stato ottenuto mediante l’inversione della formula della Psat. Trattandosi di una situazione con produzione di vapore molto alta è anche scontato avere una presenza costante di condensa superficiale. Anche la temperatura di rugiada è ottenuta prendendo la pressione di saturazione in 3 diverse situazioni, ovvero nelle tre diverse condizioni di Ur, al 60%, 80% e 100%. Per lo studio della condensa interstiziale sono state fornite due diverse tipologie di involucro dell’edificio. Essi differivano l’uno dall’altro per il posizionamento dell’isolante, infatti in un caso esso era posto internamente mentre nell’altro esternamente. Il comportamento delle due pareti è notevolmente diverso. Le variabili che condizionano il dimensionamento della mia parete sono X=20, Y=10, Z=12, gli spessori dei diversi strati componenti il muro sono in funzione di esse. Per ogni strato, in base alle caratteristiche dei materiali sono stati definiti alcuni valori tipici. Tra di essi vanno elencati: lo spessore degli strati (s), la conduttività termica (λ), il fattore di resistenza igroscopica (μ), la permeabilità al vapore (δ), lo spessore equivalente di aria per la diffusione del vapore (Sd), la resistenza termica (Ri) e quella equivalente (Rd). Tutti questi fattori sono stati calcolati tramite la normativa di riferimento. Tramite questi dati e quelli ricavati in precedenza ho ottenuto, per ogni mese dell’anno, i valori di โP, Pv, Psat, t per ogni singolo strato della parete., con questi è stato poi tracciato un grafico avente in ascissa lo spessore equivalente e in ordinata la Pv e la Psat. Si sono così ottenute due linee. Grazie a queste linee, rappresentanti Pv e Psat è possibile determinare la presenza di condensa interstiziale e in quale posizione essa si trova, infatti per non avere condensa la linea della Psat deve stare al di sopra della linea del Pv, dove questo non succede si ha condensa. Il passo successivo è il calcolo di quanto condensato si forma e del flusso di vapore passante per la parete. Entrambi questi dati si sono ottenuti tramite il modello di calcole delle normative di riferimento. A questo punto ho deciso di dividere il mio lavoro in tre parti. Infatti con i dati forniti e le condizioni di produzione di vapore i grafici delle pressioni davano risultati pressoché impossibili da raggiungere, infatti in tutti i mesi dell’anno la pressione di vapore massima era più alta della pressione di saturazione; mostrando una scenario impossibile. A causa di questi risultati ho deciso di elaborare altri due casi. Caso 2 In questo caso ho deciso di non considerare una produzione costante per 24 ore ma di valutare il lavoro di una cucina situata in un albergo. Con tale ragionamento le ore di massima produzione di vapore sono solo 9 mentre nelle restati parti della giornata la produzione è del 50% e in alcuni casi (notte) dello 0%. Dopo aver fatto ciò ho assunto come produzione una media giornaliera, abbassando molto nei calcoli la produzione di vapore. Il risultato di tale operazione è una quasi assenza della condensa, che però rimane nel mese di Gennaio. Per tale mese ho elaborato un normale calcolo del flusso di vapore e della quantità di condensa ottenuta. Caso 3 Il caso due riparte dagli stessi presupposti del caso 1. Al fine di evitare la situazione paradossale del caso 1 ho deciso di aumentare la ventilazione e quindi il fattore (n) legato ad essa. Mantenendo una produzione di vapore alta (1500 g/h) per tutto il giorno, ma effettuando un cospicuo ricambio d’aria, è possibile evitare fenomeni di condensa. Non avendo nozioni molto ferrante per quanto concerne la ventilazione, ho semplicemente cambiando il fattore “n” addizionando ad esso nel suo calcolo una valore di 0,7; la formula usata per il suo calcolo è quella riportata sulle normative di riferimento. Conclusioni Attraverso questo elaborato è stato possibile approfondire un aspetto non certo facile del vasto mondo della progettazione edilizia. Poter decidere in modo assoluto della presenza o meno di condensa non è affatto facile. È infatti possibile imbattersi in situazioni difficili (vedi caso 1) e risolvibili solo con ragionamenti più articolati. Ciò che indubbiamente è risultato chiaro è che fenomeni di condensazione devono essere evitati, al fine di permettere una vita più lunga al sistema complesso edificio e per garantire una vita più sana e igienica a coloro che in esso vivono.