orditure del terzo spazio

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ORDITURE DEL TERZO SPAZIO
DAL CONSUMO DI SUOLO AL RICICLO
DELLE AREE PRODUTTIVE AGRICOLE
A CURA DI
PAOLA MISINO e MICHELE MANIGRASSO
1
Il volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Architettura
dell’Università “G. D’Annunzio” di Chieti–Pescara
Progetto grafico di Sara Marini e Vincenza Santangelo
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN 978-88-548-7256-1
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi
mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il
permesso scritto dell’Editore.
I edizione: giugno 2014
PRIN 2013/2016
PROGETTI DI RICERCA
DI INTERESSE NAZIONALE
Area Scientifico-disciplinare
08: Ingegneria civile
ed Architettura 100%
Unità di Ricerca
Università IUAV di Venezia
Università degli Studi di Trento
Politecnico di Milano
Politecnico di Torino
Università degli Studi di Genova
Università degli Studi di Roma
“La Sapienza”
Università degli Studi di Napoli
“Federico II”
Università degli Studi di Palermo
Università degli Studi
“Mediterranea” di Reggio Calabria
Università degli Studi
“G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
Università degli Studi di Camerino
3
Il Quaderno nasce in occasione della prima tappa di incontri nazionali
della ricerca PRIN Re-cycle Italy - "Viaggio in Italia_1. Riciclare i
territori fragili Pescara 9-10 ottobre 2013" (Coordinatore Unità di Pescara
Francesco Garofalo) e raccoglie i contributi del Laboratorio tematico
"Orditure del terzo spazio. Riuso delle aree produttive agricole", a cura di
Paola Misino e Michele Manigrasso.
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INDICE
TEMI
11
Agricoltura e progetto.
Re_innesti nei territori urbani di margine abruzzesi
Paola Misino (UniCH)
13
Processo al consumo dei suoli attivi in città.
Una riflessione in chiave ecologica a favore dell'agricoltura
Michele Manigrasso (UniCH)
25
CONTRIBUTI LAB/05. ORDITURE DEL TERZO SPAZIO
39
Quelques réflexions sur l’émergence
des agricultures urbaines en Europe du sud
Pierre Donadieu
51
Scarti immobili, tra erosione e abbandono.
Note sul riuso produttivo dei paesaggi rurali
Marco Bovati (PoliMI)
77
Aree agricole e spazi in abbandono.
L’assetto del non-costruito nel comparto Roma-mare
Andrea Bruschi (UniRM)
89
Strategie per la città e l’agricoltura.
Appunti per progetti adattivi e reversibili
Gianni Celestini (UniRC)
5
105
Contributo dal Lab/05
6
Le trasformazioni del paesaggio agricolo della Rotaliana-Königsberg:
potenzialità progettuali nell'ambito del recycling
Vincenzo Cribari e Stefania Staniscia (UniTN)
119
IN PROGRESS. DOTTORATO DI RICERCA
137
[ISOLE ALTRE]. Abbandoni e possibili ritorni
nello spazio rurale della Sardegna del Sud
Sara Impera (Dottoranda PoliMI)
139
Sulle Alpi.
Abbandono e riscoperta dell’architettura dei territori rurali montani
Mauro Marinelli (Dottorando PoliMI)
147
Agricoltura e paesaggio.
Ipotesi di riciclo in chiave multifunzionale
dei terrazzamenti della Costa Viola
Elisabetta Nucera (Ph.D UniRC)
153
7
8
MOMENTI DI CONFRONTO
9
LABORATORIO 05_ ORDITURE DEL TERZO SPAZIO.
RIUSO DELLE AREE PRODUTTIVE AGRICOLE
10
TEMI
11
Greenhouses, Almira Peninsula, Spain 2010.
Foto di Edward Burtynsky
12
AGRICOLTURA E
PROGETTO.
RE_INNESTI NEI
TERRITORI URBANI DI
MARGINE ABRUZZESI
Paola Misino
>UniCH
Premessa
Nel corso degli ultimi 30 anni l'ampio dibattito sulla trasformazione dei
territori detti delle "frange urbane" ha ormai consolidato le diverse teorie e statistiche sulle configurazioni del paesaggio intersezione tra città e
campagna; la vasta documentazione prodotta sul tema ci restituisce un
glossario di riferimento che abbraccia le possibili coniugazioni dei termini
vicini ad agricoltura e urbanità, a rurale e cittadino, sullo sfondo di discipline che alternano e sovrappongono ecologia, agraria, economia, sociologia, architettura ...
In questo panorama noto e in buona parte esaustivo, il contributo che si
intende dare nell'ambito della Ricerca Re-cycle Italy sposta le questioni sulle peculiarità locali insite nel quadro nazionale. Il senso stesso di
raccogliere all'interno di questo Quaderno le esperienze di regioni rappresentative delle diversità culturali italiane tra nord e sud, si pone come
obiettivo quello di "scendere sul campo", mostrando le possibili specificità
dei tanti significati che può assumere la definizione di agricoltura urbana.
L'uso comune che si fa di questo termine tende a concettualizzare l'immagine di un paesaggio che, come un paradosso, appare astratto, senza
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luogo, dunque ci sembra necessario in questa ricerca spostare invece la
centralità delle questioni affrontate sul lavoro delle differenze locali: si
può parlare di agricoltura se sullo sfondo non rimangono come costanti le
diversità della terra, del clima, delle risorse, della cultura del territorio...?
Partendo da questo presupposto, prendono anche sfaccettature diverse le
motivazioni e le modalità in cui la disciplina architettonica invade i confini
della coltivazione della terra, assumendo come requisito ormai consolidato quello del "progetto agricolo" come strumento di riqualificazione di
aree periferiche dismesse.
Un osservatorio per l'Abruzzo
"Se è vero che la grande trasformazione dell'Italia contemporanea - come
ha scritto una volta Ruggiero Romano - è stata determinata soprattutto dai
mutamenti intervenuti nel mondo agricolo, l'Abruzzo di tale fenomeno diventa
quasi un caso paradigmatico"1.
Regione sorretta in primo luogo dall’attività agricola, e dunque politicamente e culturalmente debole nel suo passato, l’Abruzzo, ha risentito
della vicinanza delle regioni confinanti storicamente più organizzate; le
migrazioni stagionali dei lavoratori terrieri nell’Agro Romano, nelle Puglie,
in Basilicata e in Maremma insieme alla tradizione della pastorizia transumante, hanno destinato la regione ad avere al suo interno delle subregioni che ancora oggi distinguono il territorio abruzzese. Infatti le zone
del Teramano mezzadrile, della Marsica fino al Fucino prosciugato, della
città lineare costiera, della montagna aquilana e chietina e l’entroterra
molisano si compongono di realtà economico-agricole differenti; ognuna
di queste parti, culturalmente ancora sente gli effetti della vicinanza con
i grandi centri come, Roma, Napoli, Ascoli Piceno e con i centri maggiori pugliesi come Foggia. D'altronde la separazione dal Molise nel 1963, i
conflitti interni tra l’Aquila e Pescara per il capoluogo, l'aspirazione della
popolazione Marsicana a costituirsi regione a sé, hanno contribuito fino ad
un periodo recente ad incrementare una debolezza politica ed imprenditoriale a scala nazionale, lasciando però all’agricoltura il primato produttivo. Nel 1911 l’Abruzzo vantava circa il doppio dei piccoli proprietari terrieri
rispetto alle medie del centro-sud, anche se la povertà generale della
regione ha fatto degli abruzzesi un popolo noto soprattutto per il fenomeno di emigrazione all’estero. La costruzione dell’asse infrastrutturale
adriatico e la trasversale verso Roma, hanno innescato un processo di
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ulteriore di esodo regionale verso i luoghi economicamente più attrattivi.
È indubbio che qui, più che altrove, il panorama agricolo racconta questa
trasformazione; è emblematico il fatto che fino a tutto l'ottocento il territorio coltivato fosse situato per lo più in zone alte sopra i 500m2 e che
oggi esso risulti in parte abbandonato a vantaggio di postazioni a valle
che possano garantire più mobilità. Ma ciò che in questa sede interessa
sottolineare è il tipo di paesaggio che l’esodo dalle campagne ha prodotto
nello spostamento verso la costa3.
Negli anni '80 in Italia tale fenomeno ha costituito il centro di un ampio
dibattito sulle trasformazioni del territorio in cui le cause sono state in
buona parte attribuite alla propagazione di episodi urbani verso la "campagna", lasciando in secondo piano le alterazioni dell’ambiente rurale/
agricolo che, invece, contemporaneamente segnavano delle tappe fondamentali di un’evoluzione quantomeno irreversibile.
Probabilmente anche a causa di economie profondamente diverse, la
questione vista nella direzione opposta, cioè dalla "campagna" verso i
nuclei urbani, è rimasta in secondo piano, fatta esclusione per gli studi
demografici e geografici che nel tempo hanno restituito i dati allarmanti
riguardanti il drastico svuotamento di popolazione delle aree rurali interne, a vantaggio della vita urbana
La caratteristica che distingue l’Abruzzo dal continuum edilizio del paesaggio costiero adriatico, risiede tutt’oggi nella componente agricola dei
singoli insediamenti. La forza dell’espansione lineare dei centri urbani
lungo le principali infrastrutture costiere si scontra con una tradizione
agraria manifesta ancora adesso nella forma dei “casali urbani”, malgrado essi abbiano sostituito in molti casi l'attività produttiva prioritaria con
funzioni più consone alla città, sia nelle costruzioni nuove che nelle preesistenze. La configurazione infrastrutturale a pettine mette in risalto, lungo le trasversali, l’effettiva modificazione delle case agricole nel cammino
verso la città; i nodi di incontro con l’espansione lineare urbana danno vita
ad interessanti coesioni tra carattere rurale e contaminazioni urbane.
Tuttavia, a livello regionale, se questa supremazia del carattere agricolo
è stata in passato indice di arretratezza, ora sembra essere un elemento
trainante rispetto alla crescente "presa di coscienza" della politica nazionale (almeno all'apparenza) del disastro ecologico irreversibile che la
perdita della cultura della terra sta causando. Dal 1970 al 1995, tra "esodo
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rurale" ed espansione urbana il territorio detto delle frange urbane, subisce in modo crescente, la perdita di suolo destinato all’agricoltura. La
terra sottratta viene abbandonata ad un "incolto sociale" oppure rimane
in attesa di una conversione generalmente ad usi urbani.
La gestione di questi territori "fragili" è rimasta silenziosa e nascosta fino
a quando negli anni duemila è entrata in gioco l'emergenza di tutela del
territorio, derivante dal pericolo incombente di un uso incontrollato di occupazione del suolo naturale.
Dall'ultimo resoconto ISTAT 2012, risulta che negli ultimi dieci anni, in
Italia l'espansione urbana ha prodotto una perdita di territorio pari a quarantacinque ettari giornalieri.
Questa urgenza di "salvare" quel che resta del paesaggio naturale diviene
l'immagine culturale del nostro tempo, spesso deviata da un'idea forzata
di ecologismo "a tutti i costi": tutto parla di una necessità impellente di
ritorno alla terra, di ritrovare pezzi di campagna negli spazi interstiziali ai
margini delle città, di scoprire condizioni di vita bio-sostenibili.
Questo moto legato al turismo naturalistico, "pulito", che si sta diffondendo, se da un lato alimenta economicamente la rinascita di un buon numero
di medio/piccole aziende agricole, dall'altro radica i presupposti su criteri
fortemente artificiali, individuati spesso con il termine "agri-urbanismo".
Tra i requisiti di questi territori "di conquista" ci devono essere la facile
accessibilità stradale, la presenza di un punto agroalimentare biologico,
spesso inserito nelle guide enogastronomiche, la presenza di servizi per
passare il tempo (posti letto, centri benessere per il corpo, maneggi, laghetti artificiali per la pesca, vicinanza con sentieri escursionistici ...).
La rete che si sta consolidando in Italia che unisce le città con questi "punti campagna", nasce anche grazie alle possibilità di ottenere co-finanziamenti pubblici offerti dal Piano Strategico Nazionale dello Sviluppo Rurale
per quegli ambiti amministrativi classificati come "aree rurali", in base al
numero di abitanti inferiore a 150 per Kmq.
Dunque, sono spesso escluse da possibili incentivi economici le riqualificazione di tutte le ex aree agricole a ridosso dei centri urbani; luoghi
più densi di popolazione in cui, nella maggioranza dei casi, si conserva
invece una forte matrice rurale insita nella marcata presenza di "famiglieaziende" che culturalmente provengono dalla campagna.
Come fa notare Costantino Felice4, in Abruzzo l'impresa familiare rimane
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uno tra i fattori positivi di crescita economica della regione, rispetto alla
concezione, molto diffusa di recente, di un'agricoltura imprenditoriale a
"bassa intensità di lavoro e a elevato tasso di meccanizzazione e chimizzazione"5.
Da questa fusione tra tradizioni legate al lavoro della terra e nuove funzionalità urbane, sembra essersi fatta strada da sé una tra le espressioni più emblematiche di reinterpretazione sociale di un territorio nato con
altri usi. L'ambiguità, la fragilità di questi luoghi si connota in una sua
riconoscibilità, in un "terzo spazio" , in cui la tensione tra origine contadina e trasformazione urbana è insita nella forma dell’abitazione. I terreni
su cui sorgono queste costruzioni sono caratterizzati in genere da un recupero parziale della funzione agricola originaria e, perciò, costituiscono
delle isole nel mare incolto di territorio in attesa di una destinazione. La
funzione agricola rappresenta per la gran parte dei casi un'occupazione
marginale che integra economicamente l’attività principale della famiglia
e spesso diviene anche un modo per usufruire dei terreni catalogati dalla
legge “ad uso agricolo” anche quando, di fatto è consolidata un’altra attività dalle caratteristiche più urbane.
Tuttavia non si può negare che l’agricoltura, soprattutto in Abruzzo, continua a caratterizzare queste aree. I volumi, infatti, occupano generalmente
la fascia che costeggia la strada di accesso principale, lasciando sul retro
ampi spazi coltivati. Le abitazioni sono ben distinte dai capannoni produttivi e, nel loro insieme, dichiarano una riconoscibilità rispetto alle "villette"
familiari provenienti dall’espansione urbana.
Criteri di individuazione delle linee di ricerca
Come spesso accade nel gap tra ricerca teorica sul paesaggio urbano e
realtà delle trasformazioni del territorio, il fenomeno di abbandono del
suolo agricolo ha innescato un processo di riappropriazione "spontaneo"
dell'uso della terra con attività economiche più redditizie, caratterizzate
da progetti il più delle volte estranei alla cultura architettonica.
La ricerca Re-cycle viene intesa come opportunità per riportare al centro
della questione il ruolo del progetto come strumento di reinterpretazione della funzione agricola che seppur declassata ad un ruolo secondario
rispetto alle dinamiche economiche urbane, possa continuare ad essere
strumento di salvaguardia del territorio sia come sostentamento economico che ecologico.
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Come nota Emilio Sereni nella sua "Storia del paesaggio agrario italiano",
le trasformazioni sociali della cultura rurale hanno caratterizzato la forma
stessa del paesaggio agrario e il disegno della sua architettura; ugualmente la struttura del territorio ai margini dei centri urbani in Abruzzo è
testimonianza di uno stato ormai permanente di "situazione di passaggio"
in cui sembrano convivere diversi modi di intendere il paesaggio agricolo.
In questa precarietà, la costante rimane la presenza dell'impresa familiare nella gestione del cambiamento.
Ripercorrendo infatti i passaggi più significativi della relazione tra fattore
economico e trasformazione del paesaggio agricolo negli ultimi trent'anni, emerge che alla fine degli anni '80 la gestione dell'agricoltura abruzzese era per il 30% caratterizzata da aziende alla scala nazionale, mentre
all'inizio degli anni 2000 il valore si dimezza al 16%6; viceversa una maggiore crescita produttiva si ha proprio nelle strutture poderali di dimensioni ridotte, associate generalmente alla conduzione familiare7.
Si potrebbe dunque dire che a fronte di un diffuso tentativo di rilancio del
settore agricolo italiano sul mercato a scala internazionale, l'Abruzzo
sembra sostenersi di fatto su quella piccola produzione, spesso non professionale, che originariamente è stata vista come indicatore di povertà
ma che in realtà risulta essere una importante fonte potenziale di ripresa
economica.
Per certi versi, dunque, il perpetuarsi di un modo di intendere l’abitazione
familiare connessa alle attività produttive pone la pratica del riuso di queste ex aree agricole ancora in armonia con un’entità, quella rurale, oggi
ancora ben presente. Entità che si tramanda, appunto, nel mettere mano
al disegno del territorio attraverso attività produttive familiari, anche se
prive di legame con la funzione agricola.
Scendendo in merito alla tipologia di questi fabbricati, si nota come la tensione tra origine contadina e trasformazione urbana sia insita nella forma
complessiva stessa, che pur mantenendo i requisiti costruttivi consoni ad
un'immagine "cittadina", mantiene il volume annesso all'abitazione destinato all'attività produttiva, in memoria della tradizione culturale del
lavoro svolto in famiglia: gli usi si modificano e da rimessaggio agricolo
diviene negozio, laboratorio artigianale, officina ...o comunque contenitore
di attività che hanno perso ogni legame con l’agricoltura per rivolgersi ad
un’attività di servizio legata alla città.
Nelle nuove realizzazioni, la riproposizione di uno schema insediativo ru-
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rale reinterpretato da necessità contemporanee, sembra aver prodotto un
anomalo caso di “riciclo astratto”, dove, cioè, l’involucro produttivo elude
ogni rapporto vincolante tra forma e funzione.
È questo, probabilmente, l’aspetto più esasperato del fenomeno di riuso
che allo stesso modo coinvolge i fabbricati rurali preesistenti e poi recuperati, svuotando completamente la forma dal significato originale a vantaggio di nuovi usi: mentre l'abitazione, in quanto casa isolata familiare,
viene costruita a misura dell'utente, il volume destinato all’attività lavorativa costituisce la componente “malleabile” soggetta agli impulsi variabili
provenienti dalle diverse strategie urbane.
Tornando alle ricadute sulla trasformazione del territorio, la conduzione
produttiva familiare, se da un lato offre ampie opportunità di una salvaguardia del paesaggio attraverso la gestione, anche non professionale,
della terra, dall'altro è stata ed è tuttora la causa principale dell'abbandono di gran parte dei territori agricoli; come è noto, la crisi economica
unita alla difficoltà di garantire continuità del mestiere alle generazioni
successive, ha prodotto lo svuotamento dei campi provocando, nelle aree
di margine dei centri urbani, situazioni "in attesa" di nuovi significati.
La lettura della situazione di fatto ha portato all'individuazione di cinque
macro-ambiti oggi riconoscibili nel disegno del territorio intorno il nucleo
urbano di Pescara, come temi potenziali del progetto su cui si sviluppa la
ricerca.
1. spazi in attesa.
Sono ex aree agricole in apparente abbandono raggiunte dall'espansione
urbana, frutto della crisi dell'agricoltura dopo gli anni 50. Generalmente sono aree private che vengono declassate nel tempo e incluse dalle
amministrazioni come processo di espansione della città. Tuttavia sono
anche presenti molti casi in cui le strategie di guadagno dei proprietari
fanno riferimento a leggi sulla salvaguardia dell'ambiente per istallazioni
di impianti di fotovoltaico, di impatto deterrente .
2. punti campagna.
Sono aree in cui, negli ultimi 15 anni, si sono sviluppate attività di agriturismo grazie anche alle agevolazioni finanziarie permesse dalla legge. La
risposta positiva della gente a passare vacanze e tempo libero in questi
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posti rappresenta la manifestazione sociale del "desiderio di campagna"
dei cittadini, trasformandosi spesso anche in icona di tendenza. Come è
accaduto per la Toscana, diverse "operazioni campagna" restituiscono
l'immagine poetica della natura incontaminata pur essendo paesaggio
costruito e mantenuto, come in un set cinematografico per alimentare il
turismo estero in cerca dell' "immagine Italia".
3. case familiari produttive.
La "casa produttiva" è una tipologia abitativa che in modo "dilagante" ha
occupato buona parte del territorio italiano ai margini delle città (in modi
non sempre leciti), e che in generale è caratterizzata dalla permanenza
dell’impianto tradizionale della casa familiare agricola, contrapposto alla
flessibilità dei locali su strada, destinati alla produzione e rivitalizzati da
funzioni urbane (negozi, officine, ecc...). Sul retro, in genere, sopravvive
l'orto agricolo non più come attività primaria ma come una forma di retaggio della tradizione.
4. orti urbani.
Per orto urbano, com'è noto, si intende un' area pubblica verde generalmente assegnata agli interventi di Case economiche sociali con la funzione di orto per il sostentamento alle famiglie disagiate. Nella ricerca progettuale contemporanea, l'orto viene anche considerato come elemento
artificiale di completamento del volume architettonico; l'edificio composto
da alloggi individuali aggregati conserva l'orto ad uso degli abitanti, su
tutti i livelli dell'edificio, divenendo anche ricerca estetica del progetto.
5. agricoltura industriale.
In diverse regioni italiane all'interno dell'estensione urbana la coltivazione alimentare in serra ha assunto il valore della fabbrica sia come immagine che come organizzazione del lavoro: i volumi, le modalità del ciclo
produttivo, la distribuzione finale del prodotto includono l'attività agricola
in un settore commerciale industriale, molte volte falsandone il processo
naturale. Con la crisi economica e il fallimento delle aziende, intere aree
coperte da serre, anche microclimatiche, sono state abbandonate innescando un processo di dismissione e di bonifica dei suoli pari a quello
industriale.
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I macro-ambiti di progetto incidono sullo sfondo dei due temi che governano il cambiamento delle aree agricole e non possono prescindere dal
sistema legislativo/economico che governa il territorio della regione, tantomeno dalle competenze agronome che definiscono le possibilità di nuovi
impianti agricoli sulla vecchia terra. (vedi contributo di Pierre Donadieu di
seguito)
Fattore politico/economico: crisi dell'agricoltura
agricoltura "fai da te": gestione familiare; sfondo di
supporto ad un'attività urbana primaria.
VS
agricoltura come macchina
per la grande distribuzione:
esportazione immagine Italia; cicli produttivi "esatti" e
continui nell'anno.
Fattore ecologico/ambientale: agricoltura come progetto
Strategie di trasformazione
diffusa degli spazi pubblici:
la campagna in città; riappropriazione dell'attività
agricola nelle aree rurali
abbandonate all'interno del
territorio urbanizzato; salvaguardia del suolo.
VS
centralità architettoniche:
abitare le serre; riciclo delle
strutture agricolo/industriali dismesse come potenzialità di sviluppo urbano
La discrezionalità delle scelte di pianificazione consentite dalla legge
urbanistica, adottata in modo differente da ogni regione, impone come
programma quello di censire le variabili che incidono sulle possibilità di
tutela o trasformazione delle aree ex-agricole, ponendosi tra gli obiettivi
quello di rigenerare questi luoghi riconsiderando l'attività agricola stessa,
intesa in parallelo ad attività multifunzionali con un ruolo economico e
sociale interattivo con la città.
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Note
1. Costantino Felice "Verde a mezzogiorno. L'agricoltura abruzzese dall'Unità a oggi" Donzelli
Editore, Roma 2007- cit. pag. 7
2. Come segnalava il catasto del 1909
3. Sull’ampiezza del fenomeno italiano dell’esodo verso la costa, si veda Eugenio Turri, Lo
slittamento verso le coste in «Semiologia del paesaggio italiano», Longanesi & C., Milano 1990
4. Costantino Felice insegna Storia Economica all'Università D'Annunzio Chieti-Pescara.
Vedi a proposito "Verde a mezzogiorno. L'agricoltura abruzzese dall'Unità a oggi" Donzelli Editore, Roma 2007
5. Ibidem
6. Dati di riferimento del Piano sviluppo rurale 2007-2013 - Regione Abruzzo
7. Dati di riferimento INEA-Rica
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