Economia rurale: il futuro è rosa

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Gli esperti: coniugare agricoltura e turismo, ma coltivando la cultura
Economia rurale: il futuro è rosa
GIULIANO BELIltAMI
BONDO - L'economia rurale
ha un passato importante ed
un presente incerto, ma ha un
futuro? Ad interrogarsi, nella
seicentesca chiesa di San
Barnaba di Bondo, il Comune
e lo Studio d'arte Zanetti
hanno chiamato la
commercialista di cultura
Patrizia Pizzini, il contadino
presidente di cantina Luca
Bigotti e l'economista"—~~
immaginoso Marco Vitale. Ad
ascoltare, in un estivo
pomeriggio di sabato, fra i
quadri di due artisti (Antonio
Stagnoli e Roberto Cipollone) di
una mostra su lavoro e
ambiente, sono accorsi in
tanti.
La conclusione raggiunta dai
relatori è univoca: l'economia
rurale, ed in particolare
quella montana, che ha
vissuto dei momenti di
sofferenza quando pareva che
l'industria fosse la panacea
per risolvere i mali della
civiltà contadina (sinonimo di
miseria), sta recuperando
spazio anche fra i giovani e
avrà certamente un futuro.
Purché...
«Purché si sappia coniugare
agricoltura con turismo, si
valorizzi il capitale umano
prima che finanziario e si
lavori per un matrimonio fra
sviluppo economico e
cultura, guardando verso i
modelli del nord», secondo
Pizzini, che vede ancora poca
attenzione per la
manutenzione della montagna
e afferma che «i soldi per la
cultura non sono una spesa,
ma un investimento».
Comunque l'agricoltura (in
Giudicarie 390 imprese per
1.500 addetti) sta vivendo in
Trentino un periodo di
grande vitalità, nonostante le
difficoltà dell'ambiente
montano, assicura Rigotti,
voce dell'ottimismo sia verso
l'agricoltura che verso la
cooperazione, inscindibili in
Trentino dove il 90%
dell'agricoltura è cooperativa.
Altra coppia: agricoltura e
ambiente. Domanda:
l'agricoltura è assistita?
Rigotti si risponde: «Per
lavorare un ettaro di vigneto
in Sicilia ci vogliono 200 ore,
in Trentino 600». Chi ha
orecchie per intendere...
A Vitale (relazione letta da
Stefano Zane causa un malore
improvviso) spettano le
immagini, i paragoni con
l'estero, il racconto dei
modelli virtuosi. Intervento
denso il suo. Tranchant
quando sostiene che «la
Francia sul tema dei
collegamenti territorioeconomia-cultura-nuove
attività-rispetto dell'identità
culturale è avanti a noi di
almeno 500 anni». E cita
l'esempio di Beaufort, vicino
ad Albertville (alta Savoia):
«Anni '50, costruzione di
dighe ed illusione del
benessere; spariti gli alpeggi.
Amministratori avveduti
puntano sul mantenimento
dell'economia rurale, dando
continuità alla produzione del
formaggio, prima solo estiva.
Poi puntano sul territorio». E
qui arrivano gli insegnamenti
per le Giudicarie, come per
altre vallate: «Il turismo non
deve essere padrone di noi
stessi, non deve distruggere
l'identità». A Beaufort «hanno
fatto un piano territoriale
forte, che dice ciò che si può
e ciò che non si può fare».
Quindi «è stata inserita la
cultura come modo d'essere,
come cultura
dell'accoglienza. Non
possiamo fare turismo, se non
sappiamo cos'è la cultura
dell'accoglienza, se non la
curiamo, se non insegniamo
ai giovani, se non apriamo
delle scuole e dei momenti di
incontro, di formazione non
solo tecnica, ma morale, di
disciplina».
Guarda lontano Vitale: parla
della «viticoltura eroica di
montagna» della Valtellina,
delle nuove tendenze come il
«neo-ruralismo urbano», della
filiera agro-alimentare e della
filiera corta, delle nuove
forme di commercializzazione
dei prodotti agricoli. La
conclusione è fiduciosa: «Le
nuove tendenze sia
tecnologiche che commerciali
ci permettono di dire che si
sta schiudendo per
l'economia rurale di qualità
un periodo positivo di grosse
potenzialità».
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