Presbyteri

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Le dimissioni del Papa
E SE FOSSE ANNUNCIO DI PRIMAVERA!
Una rivista come “Presbyteri” non può ignorare lo scossone per la Chiesa ma anche per il
mondo che hanno rappresentato le dimissioni di Benedetto XVI dall’esercizio del “munus
petrinum” di cui lo Spirito Santo l’aveva insignito. Un trauma che ha colpito anche i preti non
foss’altro perché vogliono bene comunque e sempre al Papa. Ma non li ha scandalizzati come
si trattasse di un rantolo che preannuncia l’agonia della Chiesa.
Altri, soprattutto tra i non credenti, vi hanno ravvisato la fine dall’istituzione fondata da Gesù
Cristo sulla pietra di Simon Pietro, ma i preti sanno che le possibili dimissioni sono già
previste nel Diritto canonico che detta le regole di gestione di questo evento. E così, com’è
avvenuto per i preti di Roma dei quali il Papa è pure vescovo, pur solidarizzando con Joseph
Ratzinger e compartecipando alla sua sofferenza, hanno appreso con riconoscenza dalle sue
stesse labbra le indicazioni della strada da prendere da una Chiesa che egli continua ad amare
e seguire anche se nel silenzio e nella preghiera.
E le indicazioni sono riprese tutte dal Concilio Vaticano II, che Benedetto XVI aveva già
additato, introducendo l’”Anno della fede”, come bussola con cui orientarsi nelle difficoltà e
nei problemi che incontrano la Chiesa e il mondo d’oggi. E c’è da scommettere che i cardinali
chiamati a eleggere il nuovo Papa lo fanno con in mano le relazioni sullo stato della Chiesa
fornite dalla Curia vaticana ma anche i testi del Concilio.
Non azzardiamo previsioni né ci interessa il giuoco delle parti o delle cordate. Un punto
luminoso sì lo vogliamo fissare ed è la presenza dello Spirito Santo che vediamo con l’occhio
della fede e con cui interloquiamo con la preghiera.
Papa Giovanni salutò il Concilio come “primavera della Chiesa”. Poi sopravvennero i temporali
estivi e le brume autunnali. Tant’è vero che il grande teologo Karl Rahner intitolò il suo
intervento in occasione del ventesimo anniversario del Concilio “L’inverno della Chiesa”.
L’auspicio che affidiamo alla preghiera è che con il nuovo Papa si possa parlare di nuova
primavera della Chiesa. Una Chiesa conciliare, che vive “a popolo di Dio”, ama il mondo e ci sa
parlare con la competenza dei suoi laici. E un’autorità che vive se stessa come servizio
sinodale e comunionale.
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