A.M.P. Le Aquile di mare

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I pesci cartilaginei
Le aquile di mare nell’Area
Marina Protetta delle
"Secche di Tor Paterno”:
un'occasione per valorizzare e
proteggere i pesci cartilaginei
del Tirreno centrale
ICRAM
I pesci cartilaginei o condritti (squali, razze e
chimere) sono tra gli organismi marini più
sensibili alla pressione antropica legata a pesca
eccessiva e degrado ambientale.
Infatti le specie hanno bassa fecondità, ritmi di
crescita lenti e maturità sessuale tardiva, il che
si traduce in ritmi molto lenti di rinnovo delle
popolazioni, e quindi in una particolare
vulnerabilità all’impatto antropico.
A questo si aggiunge il problema che gran parte
delle specie sono state considerate a lungo alla
stregua di animali “nocivi” a causa di una
scorretta interpretazione della loro attività di
predazione: per lungo tempo gli “squali” sono
stati cacciati con il convincimento di dover
eliminare elementi di disturbo allo sviluppo
delle popolazioni di specie commercialmente
importanti che sembravano minacciate dalla
loro presenza.
E’ anche per questi motivi che i pesci
cartilaginei
risultano
attualmente
poco
frequenti o addirittura rari in molte zone dei
mari italiani e di molte aree del Mediterraneo.
Proprio lo stato di impoverimento delle
popolazioni di squali e razze, ha richiamato
recentemente l’attenzione su questi vertebrati
marini sollevando la necessità di misure urgenti
di conservazione e di gestione.
L’Area Marina Protetta e la tutela dei
pesci cartilaginei
Le aree marine protette possono svolgere
funzioni fondamentali nel contesto dello studio
e protezione dei pesci cartilaginei, sia agendo
direttamente come oasi di riparo e protezione
e indirettamente come fulcro per iniziative di
monitoraggio e studio.
In questo senso, la recente costituzione della
area protetta delle Secche di Tor Paterno,
istituita
con
decreto
del
Ministero
dell’Ambiente del 29 novembre del 2000,
fornisce, per la prima volta in Italia,
l’opportunità di condurre una concreta attività
rivolta alla tutela dei pesci cartilaginei.
L'occasione nasce dal fatto che da qualche
tempo sui fondali dell'area area protetta si
assiste alla "ricomparsa" delle aquile di mare
(Myliobatis aquila).
In collaborazione con l'ICRAM, da tempo
impegnato in attività di ricerca finalizzate
all’ampliamento delle conoscenze sui condritti
per approntare idonee misure di protezione e
recupero di questo gruppo di pesci a rischio nei
mari italiani, l’Area Marina Protetta sta
sviluppando azioni rivolte a:
- migliorare le conoscenze biologiche su questa
specie;
- stimare i benefici legati alla presenza stessa
dell'area marina protetta sulla popolazione della
specie;
- pianificare la fruizione "diretta" di questa
componente biologica nell'ambito della riserva;
- sensibilizzare l’opinione pubblica sugli aspetti
di salvaguardia delle specie ittiche marine
minacciate e l’importanza dei parchi marini
come zone di rifugio.
Le coste laziali risultano uno dei siti di studio
privilegiati: sebbene attualmente gran parte
delle specie di “squali” e “razze”, siano
diventate non comuni o molto rare, la
selacofauna di questa zona risulta tra le più
ricche dell’intero mediterraneo. Nelle acque
laziali si trovano specie pelagiche che vivono sia
in mare aperto che in acque costiere; alcuni
squali e razze che vivono alle grandi profondità
del piano batiale e molte specie con habitat
costiero.
1) Specie pelagiche (Verdesca, Squalo Martello,
Diavolo di mare, Squalo Mako; Smeriglio,
Squalo bianco, Squalo grigio, Squalo volpe,
Squalo elefante, Trigone viola)
2) Specie di acque profonde (Squalo manzo,
Capopiatto, Gattuccio boccanera, Sagrì ,
Zigrino, Sagrì nero, pesce porco, razze
monache, chimera)
3) Specie costiere (gattucci, canesca, palombi,
spinaroli, squadri, torpedini, razze, altavela,
aquila di mare, Vaccarella e trigoni)
L’Aquila di Mare
Il tipico aspetto dell’Aquila di mare, pesce
cartilagineo parente degli squali e, ancora più da
vicino, delle grandi mante, è caratterizzato dalla
forma del disco, più largo che lungo, e dalla
coda, che reca una piccola pinna dorsale seguita
da uno o più aculei dentellati e velenosi al pari
di quello dei trigoni. La larghezza del disco può
giungere ad 1 metro e mezzo.
Diffusi specialmente nei mari caldi, ma noti
anche in quelli temperati, Mediterraneo
compreso, questi animali sono chiamati Aquile
di mare, perché pur trattenendosi spesso sul
fondo, nuotano frequentemente verso la
superficie e, grazie alla potenza delle loro ampie
pinne pettorali, riescono talvolta a slanciarsi
fuor d’acqua.
frequente delle reti a strascico e dei fucili dei
pescatori subacquei, dai quali vengono
facilmente catturati anche a causa del loro
atteggiamento confidente con l’uomo.
Le dinamiche ecologiche e la distribuzione di
questa specie non è ben conosciuta ed il suo
status di conservazione è tuttora ignoto. Più
volte avvistato questa estate dai subacquei in
immersione sui fondali dell’Area Marina
Protetta delle Secche di Tor Paterno, la sua
comparsa, timida lo scorso anno quanto
frequente in questa stagione, sembra
testimoniare le condizioni di tranquillità che si
sono ricreate nella zona, grazie alle misure di
tutela quali il divieto di pesca con le reti a
strascico e la caccia subacquea, e che
permetterebbero a questi magnifici animali di
tornare a “volare” nelle nostre acque.
Si riconoscono immediatamente dai trigoni per
avere il muso sporgente tra le due pettorali e
più elevato. La loro coda a frusta è molto lunga,
ma la spina velenosa è situata più vicina alla base
in modo che il suo raggio d’azione è meno
ampio.
Il veleno che può iniettare tramite la spina
della coda è molto tossico anche per l’uomo. Si
nutre principalmente di molluschi che scova
frugando con il muso nel fango e che tritura
con la potente dentatura.
E’ piuttosto comune in tutto il Mediterraneo
ma relativamente più rara nel Tirreno.
Nonostante le sue carni non siano
particolarmente appetibili, la specie è vittima
a cura di Marino Vacchi - ICRAM c/o Museo Nazionale
dell’Antartide, Università di Genova e Luca Marini RomaNatura
Per saperne di più, visitate i siti internet dell’Area Marina Protetta (www.ampsecchetorpaterno.it) e dell’ICRAM (www.icram.org)
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