1. Approccio all'Antropologia Cristiana Ogni progetto educativo o formativo presuppone una "concezione" dell’uomo. L’educazione alla fede si basa sull’antropologia cristiana, la concezione dell’uomo come persona in Cristo. Quando leggiamo il giornale o guardiamo la TV il racconto della vita sociale e politica di un popolo, valutiamo i fatti dal "nostro" punto di vista, dal "nostro" costume sociale e diciamo: poverini quelli del terzo (perché terzo e chi ha fatto questa classificazione??) mondo che soffrono la fame; gli americani... sono il "massimo della vita" perché hanno tutto; i cinesi sono schiavi di una dittatura... Ma quante volte ci chiediamo: quale visione di uomo soggiace a questa forma di vita sociale? Quale interscambio potremmo avere con una civiltà costruita su "quella" visione di uomo? Ma soprattutto ci chiediamo: su quale "idea di uomo" si fonda l’insegnamento della Chiesa cattolica? "Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo (GS 22). La Chiesa ravvisa, dunque, il suo compito fondamentale nel far sì che una tale unione possa continuamente attuarsi e rinnovarsi. Gesù Cristo è la via principale della Chiesa. Egli stesso è la nostra via <alla casa del Padre> (Gv.14,6), ed è anche la via a ciascun uomo. Su questa via che conduce da Cristo all’uomo, su questa via sulla quale Cristo si unisce ad ogni uomo, la Chiesa non può essere fermata da nessuno. Questa è l’esigenza del bene temporale e del bene eterno dell’uomo", così scrive Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica (RH 13). Noi dobbiamo proporre un progetto nuovo (rispetto ad altri progetti) di uomo: l’uomo redento da Gesù Cristo che vive un nuovo impegno morale e cammina verso la santità, che è la massima realizzazione di se stesso (cfr. RdC 91-94). Quali le considerazioni su "questo" uomo? 1. L’uomo è creato ad immagine di Dio Cioè porta in sé, con la nascita, il seme della libertà, della responsabilità e dell’amore: la vita terrena è il tempo che Dio concede per esprimere visibilmente questa immagine. "Credenti e non credenti sono generalmente d’accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all’uomo, come a suo centro e suo vertice. Ma che cos’è l’uomo? Molte opinioni egli ha espresso ed esprime sul proprio conto, opinioni varie ed anche contrarie, secondo le quali spesso o si esalta così da fare di sé una regola assoluta, o si abbassa fino alla disperazione, finendo in tal modo nel dubbio e nell’angoscia" (GS 12). L’uomo è persona perché creato ad immagine di Dio, per costituzione aperto alla relazione, libera e consapevole, con se stesso, con gli altri uomini e con Dio suo creatore. Ogni uomo, consacrato con il battesimo, può esprimere, nel percorso della sua vita, quei germi di inestimabile grandezza che Dio ha posto nella sua coscienza. "La vita animale è un sentiero diritto; la vita interiore dell’uomo, invece, è un groviglio e nessuno riesce a venirne fuori o ad orientarvisi senza una guida", scriveva A. Heschel. La comunità cristiana ha come compito educativo quello di far da guida ad ogni cristiano perché porti a compimento la sua vocazione rivelando il volto di Dio che ha in sé. 2. L’uomo è persona, perché? Con tre parole possiamo dire le caratteristiche essenziali della persona umana: unicità, originalità, irripetibilità. Unicità. "La mia esistenza è un evento originale, non una copia. Non vi sono due esseri umani uguali. L’elemento fondamentale dell’essere uomini è la unicità. Ogni essere umano ha da dire, da pensare o da fare qualcosa che non ha precedenti. Solo l’incrostazione, il trucco, il conformismo riducono l’esistenza a una generalità" (A. Heschel). L’uomo ha non soltanto un corpo, ma anche un volto. E un volto non può essere trapiantato o scambiato. Il volto della persona rappresenta il suo "io" inconfondibile; è un messaggio unico. Tutti vediamo il volto della persona, nessuno riesce a descriverlo nel suo significato profondo. E’ sorprendente il fatto che esistono tanti volti simili, ma non se ne trovano due uguali. Ogni persona è un esemplare unico ed esclusivo, da scoprire in continuità. Originalità. Ogni uomo è una sorpresa, e purtroppo viene frequentemente scambiata per una conclusione scontata; è sorgente inesauribile di novità e di doni; ha la capacità di creare degli eventi. Ha un immenso mondo interiore da sviluppare e offrire alla storia come ricchezza per tutti. Nella sua originalità la persona umana vive per pensare, amare e volere. Ha la capacità, come diceva lo scienziato E. Medi, di affidare alle macchine da lui inventate una vastità di lavoro, per riservare a se stesso ciò che nessuna macchina potrà mai fare: amare, gioire, soffrire, lodare, condividere, contemplare... Irripetibilità. Il tempo è la misura della continuità. L’uomo non ripete mai il passato, vive solo il presente e progettare il futuro può. L’esistenza della persona umana è un cammino progressivo verso l’eternità. La irripetibilità dice che l’uomo non può distruggere nulla della sua esperienza, ma solo modificare, convertire, rinnovare. Non si inserisce forse in questo contesto la "legge del perdono" che Cristo ha dato? Il perdono infatti non distrugge il passato ma, per la potenza dell’amore di Dio, lo trasforma in sorgente di atteggiamenti di fiducia, fedeltà, simpatia... E la vita continua con "colori" sempre più vivaci. Di vita ne abbiamo una sola: non possiamo correre il rischio di fallirne il senso. 3. L’uomo è chiamato a costruire la propria personalità L’uomo, a differenza degli animali che seguono l’istinto, è la creatura che può determinare la sua crescita. Ha la possibilità di plasmare il proprio carattere e la propria personalità. Con la capacità di pensare e di riflettere, sceglie e motiva gli ideali della vita; con la volontà e lo spirito di sacrificio li persegue. Un tipico esempio di "quanto grande sia la nobiltà della nostra natura e di quanta forza sia capace questo essere pensante, che è l’uomo" (S. Giovanni Crisostomo) è rappresentato da S. Paolo che da persecutore divenne apostolo e martire. L’uomo è l’unica creatura che può comandare e dominare se stesso. Ma soprattutto la persona ha "un luogo sacro" dentro di sé che è punto di unità, di identità e di giudizio: la coscienza (cfr. RdC 52-53). 4. L’uomo è persona in Cristo Nel disegno di Dio l’uomo è chiamato ad essere persona in Cristo. Infatti "tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui" (Col 1,16). Anzi in Cristo il Padre «ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo" (Ef. 1,4-5). La persona umana è perciò intimamente riferita a Cristo, sia perché è stata creata in Lui e per mezzo di Lui, sia perché è destinata a trovare in Lui la sua realizzazione, dal momento che il Cristo è il ricapitolatore di tutte le cose (cfr. Ef 1,20), cioè Colui che prende in sé l’uomo e la sua storia e li porta al loro vero compimento. Gesù Cristo è perciò la figura dell’uomo pienamente riuscito e, proprio per questo, diventa anche il criterio di giudizio di ogni persona umana. Il conseguimento della vita eterna, cioè del pieno compimento di sé, è possibile per ogni uomo solo grazie a Gesù Cristo, per l’intervento di Lui che, morendo e risorgendo, ha dato all’uomo la possibilità di recuperare l’immagine originale deformata dal peccato (cfr, GS 22). Seguendo Cristo, l’uomo diventa figlio di Dio, stabilisce rapporti di fratellanza con gli altri, partecipa alla comunione con Dio, cioè diventa autenticamente se stesso. Per questo il Concilio Vaticano II può dire: "Chiunque segue Cristo, l’uomo perfretto, si fa lui pure più uomo" (GS 41). 5. Quale uomo, oggi, vogliamo educare? Nell’era della globalizzazione con sovraccarico di comunicazione di massa, la persona umana rischia di essere defraudata della propria identità; ogni persona si trova facilmente sull’occasione di fare esperienze con valori e significati contraddittori e la questione etica è marginale o si crede di risolverla individualisticamente: tutto è possibile e lecito! E’ importante in questo contesto chiedersi: quale uomo noi vogliamo educare? Questa domanda costringe chi è responsabile della formazione a fare scelte precise quali: - porre l’esperienza di Dio al primo posto - chiarire una scala di valori secondo il Vangelo - offrire dei criteri di discernimento - riferirsi sempre alla coscienza, che è profondamente unitaria e genera l’integrazione tra fede e vita - riaffermare le regole della vita: i comandamenti di Dio e soprattutto il comandamento nuovo di Cristo.