Lo studio ROSE - Giornale Italiano di Cardiologia

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PROCESSO AI GRANDI TRIAL
Lo studio ROSE
Carlo Campana1, Fabrizio Oliva2
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1
U.O.C. Cardiologia, A.O. Sant’Anna, Como
Cardiologia 2 - Insufficienza Cardiaca e Trapianto, Dipartimento Cardiotoracovascolare “A. De Gasperis”,
A.O. Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano
Importanza. Studi di piccole dimensioni indicano che, nei pazienti con insufficienza cardiaca acuta e disfunzione renale, bassi dosaggi di dopamina o nesiritide possono ridurre lo stato di congestione e preservare la funzione renale, anche se nessuna di queste due strategie è stata mai sottoposta a rigorosa verifica.
Scopo. Validare le due ipotesi indipendenti secondo cui, rispetto al placebo, l’aggiunta di dopamina a basse
dosi (2 µg/kg/min) o di nesiritide a basse dosi (0.005 µg/kg/min senza bolo) alla terapia diuretica determina
una riduzione della congestione e contribuisce a preservare la funzione renale in pazienti con insufficienza cardiaca acuta e disfunzione renale.
Disegno, contesto e partecipanti. Trial clinico multicentrico controllato in doppio cieco (Renal Optimization
Strategies Evaluation [ROSE]) condotto su 360 pazienti ospedalizzati con insufficienza cardiaca acuta e disfunzione renale (velocità di filtrazione glomerulare stimata 15-60 ml/min/1.73 m2), randomizzati entro 24h dal
ricovero. L’arruolamento dei pazienti è avvenuto tra settembre 2010 e marzo 2013 in 26 centri del Nord America.
Interventi. I partecipanti allo studio sono stati randomizzati in aperto con rapporto 1:1 a ricevere dopamina
o nesiritide a basse dosi. Nell’ambito di ciascuna strategia di intervento, i partecipanti sono stati randomizzati in doppio cieco con rapporto 2:1 a ricevere il trattamento attivo o placebo. I pazienti del gruppo dopamina (n=122) e quelli del gruppo nesiritide (n=119) sono stati confrontati in modo indipendente con il totale dei pazienti trattati con placebo (n=119).
Outcome e misure principali. Gli endpoint primari erano rappresentati dal volume cumulativo urinario a 72h
(endpoint per la congestione) e dalla variazione dei livelli di cistatina C sierica a 72h dall’arruolamento (endpoint per la funzione renale).
Risultati. Rispetto al placebo, la somministrazione di dopamina a basse dosi non ha determinato alcun effetto significativo sul volume cumulativo urinario a 72h (dopamina 8524 ml; IC 95% 7917-9131 vs placebo
8296 ml; IC 95% 7762-8830; differenza 229 ml; IC 95% da -714 a 1171 ml; p=0.59), né sulla variazione dei
livelli di cistatina C (dopamina 0.12 mg/l; IC 95% 0.06-0.18 vs placebo 0.11 mg/dl; IC 95% 0.06-0.16; differenza 0.01; IC 95% da -0.08 a 0.10; p=0.72). In maniera analoga, la somministrazione di nesiritide a basse dosi non ha determinato alcun effetto significativo sul volume cumulativo urinario a 72h (nesiritide 8574
ml; IC 95% 8014-9134 vs placebo 8296 ml; IC 95% 7762-8830; differenza 279 ml; IC 95% da -618 a 1176
ml; p=0.49), né sulla variazione dei livelli di cistatina C (nesiritide 0.07 mg/l; IC 95% 0.01-0.13 vs placebo 0.11
mg/dl; IC 95% 0.06-0.16; differenza -0.04; IC 95% da -0.13 a 0.05; p=0.36). Rispetto al placebo, sia la dopamina che la nesiritide a basse dosi non hanno avuto alcun impatto sugli endpoint secondari relativi allo stato di congestione, alla funzione renale e agli outcome clinici.
Conclusioni e rilevanza. Nei pazienti con insufficienza cardiaca acuta e disfunzione renale, tanto la dopamina a basse dosi quanto la nesiritide a basse dosi in aggiunta alla terapia diuretica non hanno determinato
alcun miglioramento dello stato di congestione né della funzione renale [JAMA 2013;310:2533-43]
G Ital Cardiol 2014;15(1):9-12
© 2014 Il Pensiero Scientifico Editore
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr. Carlo Campana U.O.C. Cardiologia, A.O. Sant’Anna, Via Ravona 4,
22020 San Fermo della Battaglia (CO)
e-mail: [email protected]
Dr. Fabrizio Oliva Cardiologia 2 - Insufficienza Cardiaca e Trapianto,
Dipartimento Cardiotoracovascolare “A. De Gasperis”, A.O. Ospedale
Niguarda Ca’ Granda, Piazza Ospedale Maggiore 3, 20162 Milano
e-mail: [email protected]
IL PUNTO DI VISTA DI CARLO CAMPANA
Numerosi studi osservazionali da tempo hanno sottolineato il
ruolo prognostico della disfunzione renale nelle instabilizzazioni dello scompenso cardiaco; in particolare è stata rilevata
un’aumentata mortalità a breve termine in pazienti ospedalizzati per scompenso cardiaco acuto che presentano un associato deterioramento della funzione renale. Pertanto, il binomio
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C CAMPANA, F OLIVA
cuore-rene, è ormai considerato uno degli aspetti fondamentali
nella valutazione prognostica e nella scelta delle strategie terapeutiche dei pazienti affetti da scompenso cardiaco; la disfunzione renale è uno dei principali fattori prognostici indipendenti
di prognosi sfavorevole e di mortalità globale nei pazienti con
scompenso cardiaco ed in particolare la velocità di filtrazione
glomerulare (VFG) è risultata in alcuni studi un predittore prognostico negativo (in termini di mortalità) più potente della classe funzionale NYHA e della frazione di eiezione ventricolare sinistra1. È interessante sottolineare che sia valori elevati di creatinina al momento del ricovero che un ulteriore peggioramento durante il ricovero sono in grado di predire prolungate ospedalizzazioni, eventi di riospedalizzazione e di morte2,3; anche
variazioni limitate, dell’ordine di 0.3 mg/dl di creatinina, possono essere associate ad un aumentato rischio di riospedalizzazione e di prognosi infausta.
In tale contesto, il lavoro di Chen et al.4 rappresenta senza
dubbio un importante contributo nello scenario complesso, oggetto di ampio dibattito, delle diverse opzioni terapeutiche proponibili nelle instabilizzazioni di scompenso cardiaco, in presenza di insufficienza renale.
È indubbio che l’introduzione nel 2007 delle linee guida
dello scompenso cardiaco acuto della Società Europea di Cardiologia5 ha rappresentato un primo segno del crescente interesse verso gli episodi di instabilizzazione che caratterizzano il decorso clinico, sia in condizioni de novo che nel contesto di soggetti con scompenso cardiaco cronico, permettendo
di evidenziare la grande variabilità della presentazione clinica
e dei diversi fattori eziopatogenetici che condizionano la comparsa degli episodi di scompenso cardiaco acuto; tale variabilità eziopatogenetica, di espressione clinica e di caratteristiche dei pazienti (età, copatologie, ecc.) può giustificare i risultati spesso insoddisfacenti o contraddittori di recenti studi
clinici che hanno valutato nuovi farmaci o riconsiderato, nel
contesto appunto di studi clinici controllati, vecchi farmaci il
cui impiego era supportato sostanzialmente dalla pratica clinica.
Lo studio clinico multicentrico, in doppio cieco e verso placebo ROSE4 ha arruolato, in un intervallo di tempo di circa 18
mesi in 26 centri nordamericani, 360 pazienti con scompenso
cardiaco acuto ed associata disfunzione renale. Un’adeguata
analisi della popolazione arruolata evidenzia caratteristiche che
la accomunano a quelle delle più recenti indagini epidemiologiche (studi osservazionali) per le caratteristiche clinico-eziopatogenetiche, oltre che per età e severità della disfunzione renale. L’età media è intorno a 70 anni, è presente nei diversi sottogruppi una compromissione della funzione ventricolare sinistra di grado moderato-severo (25-30%), è presente una prevalenza di eziologia ischemica e rilevante è la compresenza, tra
i fattori di rischio cardiovascolare, di ipertensione arteriosa (oltre 80%). La funzione renale è compatibile con quadro di insufficienza renale cronica di grado almeno moderato, con valori di VFG mediamente intorno a 40 ml/min/m2; tale dato può
ragionevolmente giustificare la limitata prescrizione di inibitori
dell’enzima di conversione dell’angiotensina (40-55%) presente nella terapia cronica pre-evento di ospedalizzazione. Una rigorosa analisi dei risultati evidenzia che in questi pazienti né la
dopamina a basso dosaggio, né la nesiritide sempre a basso
dosaggio, associate alla terapia diuretica utilizzata secondo i
criteri dettati dalla pratica clinica sono state in grado di migliorare il quadro di congestione presente all’ingresso e di migliorare la funzionalità renale.
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Questi dati si inseriscono in un contesto ampiamente dibattuto negli ultimi anni e rappresentano un ulteriore contributo che offre elementi di discussione su aspetti strettamente
fisiopatologici e sulle discusse potenzialità di utilizzo di farmaci relativamente nuovo quali la nesiritide.
D’altra parte il ruolo della dopamina a basso dosaggio, l’utilizzo delle cosiddette “dosi renali”, è da tempo controverso e
prospettive favorevoli a tale utilizzo in ossequio a studi clinici
controllati sono state avanzate nel 2010 con i risultati preliminari dello studio DAD-HF6, tuttavia ridimensionate dai risultati
definitivi dello studio stesso, che sottolineava una sostanziale
equivalenza tra il trattamento associativo di basse dosi di dopamina e diuretico (furosemide) vs furosemide ad elevato dosaggio, nell’ambito di una valutazione clinica del paziente focalizzata sulla dispnea (dyspnea Borg index) e sul peggioramento della funzione renale (valutata sulle variazioni di creatinina). Senza dubbio il trial nel suo disegno intrinseco presentava numerosi punti discutibili e, fra questi, in particolare l’assenza di un braccio di trattamento con impiego di diuretico a
basso dosaggio, senza associazione di dopamina; inoltre aspetti quali la fisiopatologia della resistenza al diuretico dell’ansa
ed il grado di ulteriore deterioramento della funzione renale in
relazione con le alte dosi di furosemide non erano adeguatamente affrontati.
La nesiritide ha rappresentato, d’altra parte, un caso emblematico: analogo ricombinante del peptide natriuretico di tipo B, approvato dalla Food and Drug Administration nel trattamento dello scompenso cardiaco acuto, dove ha dimostrato
efficacia concretizzata in un miglioramento della dispnea e nella riduzione delle pressioni di riempimento ventricolare sinistro; precocemente, tuttavia, sono emersi elementi di attenzione nel suo impiego, relativi ad un consistente rischio di peggioramento della funzione renale correlabile con un aumentato rischio di outcome sfavorevole; in tale contesto si è generato
un lodevole sforzo di rivalutazione critica che ha ripreso in esame i diversi studi clinici controllati registrativi. Una metanalisi
di Sackner-Bernstein et al.7, che ha rianalizzato una serie di
studi clinici controllati di confronto tra nesiritide e terapie non
inotrope (diuretico-vasodilatatore), ha attribuito alla nesiritide
un maggior rischio di prognosi sfavorevole a breve termine;
negli anni successivi sono state pubblicate altre metanalisi che
hanno affrontato in modo più specifico la relazione tra trattamento con nesiritide, peggioramento della funzione renale ed
aumentata mortalità. Elkayam et al.8, analizzando cinque studi randomizzati e controllati di confronto tra nesiritide e terapia standard nello scompenso cardiaco acuto in funzione dell’impatto del deterioramento della funzione renale sulla mortalità a breve termine, hanno peraltro evidenziato che nel sottogruppo trattato con nesiritide, pur confermandosi un’associazione tra trattamento e peggioramento della funzione renale a breve termine, l’impatto sfavorevole sulla mortalità a
breve termine (30 giorni) risultava minore rispetto al gruppo
di controllo sottoposto a terapia standard. D’altra parte la possibile relazione tra impiego di nesiritide nel trattamento dello
scompenso cardiaco acuto ed aumentata mortalità a mediobreve termine è stata ulteriormente oggetto di rivalutazione
nel contesto di un’altra metanalisi9 che, sottolineando come
nessuno degli studi analizzati avesse un disegno specificamente indirizzato ad una valutazione di mortalità, ha evidenziato, utilizzando una serie di modelli statistici multipli, che il
trattamento con nesiritide non aumenterebbe il rischio di morte a 30 e a 180 giorni.
LO STUDIO ROSE
Si ritiene che queste premesse siano elementi imprescindibili da valutare appropriatamente e offrono la misura di quanto lo studio in oggetto sia da considerarsi un vero e proprio
“challenge”; a Chen et al. va riconosciuto il merito di aver disegnato uno studio clinico specificamente rivolto a pazienti non
selezionati ma rispondenti alle sempre più frequente compartecipazione di una moderata o severa insufficienza renale nel
paziente che si presenta con un quadro di scompenso cardiaco acuto. Devono essere inoltre sottolineati alcuni elementi:
a) l’utilizzo della cistatina C, marcatore peraltro altamente sensibile e specifico della funzione renale dipendente da variazioni della VFG, non risponde a criteri di ampio utilizzo nella pratica clinica; pertanto è certamente più difficile esprimere considerazioni di confronto con l’applicazione delle
variazioni di creatinina o di clearance della creatinina. Interessante, a nostro avviso, poteva essere in tale studio clinico una valutazione del dosaggio di NGAL (neutrophil gelatinase-associated lipocalin) plasmatica o urinaria, quale possibile marcatore di un danno renale precoce, che si presta
efficacemente anche ad un monitoraggio stretto delle variazioni stesse del parametro;
b) una valutazione più tardiva nel corso di un follow-up della
funzione renale sembrerebbe tuttavia appropriata ed auspicabile, considerando appunto la preesistenza di una insufficienza renale di grado moderato-severo;
c) la distribuzione dei bracci di trattamento appare, a nostro
avviso, appropriata ed in particolare il dosaggio di dopamina è effettivamente corrispondente alla dose in grado di
conferire nefroprotezione, intorno a 2 µg/kg/min e scevra
da implicazioni derivanti da un associato effetto inotropo
positivo;
d) non deve essere trascurato che vi sono ampie premesse di
ordine fisiopatologico che possono comunque giustificare
un deterioramento della funzione renale correlato all’impiego della nesiritide, alla luce dell’importante effetto di inibizione neurormonale, sull’asse angiotensina-aldosterone; come noto questo può facilitare una vasodilatazione renale a
carico dell’arteriola efferente, riducendo la VFG. Questo effetto può essere oltremodo accentuato nei pazienti con
preesistente disfunzione renale, laddove la funzione renale
stessa è strettamente dipendente da un’aumentata pressione intraglomerulare. D’altra parte tale potenziale effetto negativo a breve termine non deve necessariamente essere
correlato con uno sfavorevole outcome clinico a distanza.
In conclusione, il trial ROSE ha il merito di proporre all’attenzione il problema clinico emergente del trattamento dello
scompenso cardiaco acuto nel contesto di una franca sindrome
cardiorenale con un disegno di studio (in termini di opzioni di terapia) che risulta appropriato ed interessante per le implicazioni
di utilizzo sia della dopamina (effettivamente a basso dosaggio)
che della nesiritide; la lettura dei risultati può da una parte sottolineare i limiti di tali opzioni terapeutiche ma non va dimenticato che per la nesiritide in particolare erano numerose e consistenti le segnalazioni relative ad un cauto utilizzo nel paziente
con preesistente disfunzione renale. Infine, la popolazione studiata è da considerare adeguata espressione della popolazione
sempre più spesso intercettata anche nella nostra realtà clinica;
tuttavia la complessità del profilo fisiopatologico di tali pazienti
e l’impossibilità di valutare il ruolo di una concomitante diuretico-resistenza sono da ritenere fattori presenti e limitativi di una
completa ed univoca interpretazione dei risultati.
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IL PUNTO DI VISTA DI FABRIZIO OLIVA
Uno degli obiettivi primari del trattamento dello scompenso
cardiaco acuto è ottenere un’adeguata e rapida riduzione dei
segni e sintomi di congestione, evitando il peggioramento della funzionalità renale. I pazienti con scompenso acuto e disfunzione renale presentano un rischio maggiore di non risposta al trattamento diuretico e di ulteriore peggioramento della
funzione renale con ripercussioni negative in termini prognostici.
Lo studio ROSE1 si è proposto di valutare in pazienti con
scompenso cardiaco acuto e disfunzione renale la possibilità di
migliorare la decongestione e preservare la funzione del rene
associando alla terapia diuretica un basso dosaggio di dopamina o nesiritide. Da molti decenni viene proposto l’utilizzo di un
basso dosaggio di dopamina (<5 µg/kg/min) in pazienti con
scompenso acuto e concomitante disfunzione renale, sulla base degli effetti dose-dipendenti di questo agente catecolaminico che a basso dosaggio è in grado di aumentare il flusso renale tramite la sua azione sui recettori dopaminergici. I risultati di
vari studi avevano supportato un effetto protettivo sul rene della dopamina ma in casistiche limitate, con ampia variabilità nei
metodi e nel dosaggio di farmaco utilizzato2-4. Altri studi più ampi e metanalisi non hanno confermato questi dati5,6. I dati del registro italiano IN-HF Outcome sembrano evidenziare un utilizzo
di dopamina superiore rispetto a quello giustificato dal profilo
clinico dei pazienti ricoverati per scompenso acuto, ovvero con
indicazione all’inotropo, verosimilmente ancora relato alla convinzione di un possibile impatto sulla funzione renale7.
La nesiritide è un peptide natriuretico di sintesi di tipo B,
approvato negli Stati Uniti per il trattamento dello scompenso
acuto, che si è dimostrato in grado di migliorare il sintomo diG ITAL CARDIOL | VOL 15 | GENNAIO 2014
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C CAMPANA, F OLIVA
spnea, senza effetti sugli outcome clinici8. Piccoli studi nei quali è stato testato un basso dosaggio del farmaco (0.005
µg/kg/min) hanno evidenziato un effetto favorevole sulla diuresi
e sulla funzione renale9.
Lo studio ROSE1, trial multicentrico, controllato, in doppio
cieco, ha arruolato 360 pazienti ospedalizzati per scompenso
cardiaco acuto e concomitante disfunzione renale (filtrato glomerulare 15-60 ml/min/1.73 m2). I pazienti sono stati randomizzati entro 24h dall’ingresso in ospedale al braccio di trattamento con dopamina o con nesiritide e quindi nell’ambito di
ciascun braccio con un rapporto di 2:1 a trattamento attivo o
placebo.
La terapia con dopamina a basso dosaggio non ha avuto
alcun impatto sui due endpoint primari misurati a 72h: quantità della diuresi e livelli di cistatina C. Ugualmente la somministrazione di nesiritide non ha modificato in modo significativo
né l’endpoint di decongestione né quello di funzione renale. I
due farmaci inoltre non hanno dimostrato alcun effetto rispetto al placebo su una serie di altri obiettivi secondari riguardanti non solo la decongestione e la funzionalità renale ma anche
sintomi e outcome clinici, quali ospedalizzazioni a 60 giorni e
mortalità a 60 e 180 giorni. Vengono inoltre segnalate più frequenti interruzioni o riduzioni del dosaggio del trattamento con
dopamina per tachicardia.
Lo studio ha arruolato un numero adeguato di pazienti per
testare gli obiettivi primari ma non per poter evidenziare differenze in termini di eventi clinici. La popolazione inclusa nello
studio ha un’età vicina a quella dei registri del mondo reale, ma
con una prevalenza del sesso maschile e dei soggetti con ridotta funzione ventricolare. Un limite dello studio è un libero
utilizzo di diuretico prima della randomizzazione e la possibilità di adeguamenti del dosaggio dopo le prime 24h, con potenziale impatto sugli endpoint primari. Inoltre la stima del filtrato glomerulare con la formula MDRD (Modification of Diet
in Renal Disease) si basa sull’assunto di una funzione renale stabile che spesso non è la condizione dei pazienti che vanno incontro a ospedalizzazione per scompenso, che possono avere
peggioramenti in acuto dell’insufficienza renale.
Il limite maggiore di questo studio, comune a molti altri trial
sullo scompenso acuto, è quello di aver arruolato pazienti con
caratteristiche basali e profilo clinico differenti, che quindi possono avere risposte diverse agli stessi trattamenti farmacologici. Nel ROSE sono stati arruolati sia pazienti con funzione sistolica depressa che conservata e circa il 50% di pazienti aveva valori di pressione arteriosa sistemica superiore alla mediana dello studio (114 mmHg). Nello studio emergono differenze nella risposta ai trattamenti nei due sottogruppi con frazione di eiezione conservata e ridotta. Nei primi il trattamento con
dopamina aveva minor effetto diuretico rispetto al placebo, nei
secondi la somministrazione di nesiritide aveva maggiore efficacia diuretica.
Nei pazienti con funzione sistolica conservata una risposta
tachicardica alla somministrazione di dopamina potrebbe giustificare un impatto negativo sulla diuresi. È quindi lecito domandarsi quali sarebbero stati i risultati se in questo trial fossero
stati arruolati in modo uniforme pazienti con una riduzione di
grado moderato-severo della frazione di eiezione, pressione arteriosa sistolica ≤105-110 mmHg, con associata disfunzione renale, ovvero quel sottogruppo di pazienti in cui il potenziale dei
trattamenti testati avrebbe potuto essere massimo.
Ritengo quindi che il messaggio contenuto nelle conclusioni del ROSE, ovvero che “in pazienti ospedalizzati per un epi-
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G ITAL CARDIOL | VOL 15 | GENNAIO 2014
sodio di scompenso cardiaco acuto con associata disfunzione
renale l’aggiunta al trattamento standard di dopamina o nesiritide a basso dosaggio non è giustificata”, vada ridimensionato. Lo studio lascia ancora sospeso un giudizio definitivo sull’efficacia di questi farmaci in aggiunta al diuretico nel sottogruppo di pazienti sopradescritto e non credo sia in grado di
confutare in modo definitivo le recenti linee guida ACC/AHA
2013 sullo scompenso cardiaco, che hanno preceduto solo di
pochi mesi lo studio e in cui proprio l’utilizzo di dopamina a
basso dosaggio nelle fasi di acuzie viene suggerito come possibile opzione terapeutica in grado di migliorare la diuresi e preservare la funzione renale10.
Ancora una volta l’accento deve essere posto sulla necessità, nell’ambito dello scompenso cardiaco acuto, di disegnare
studi che testino trattamenti specifici in gruppi omogenei di pazienti, con maggior attenzione e uniformità delle cure associate già nelle prime ore dall’accesso in ospedale. Solo in questo
modo potremo supportare le nostre strategie terapeutiche in
un contesto dove i progressi scientifici nel corso degli ultimi 40
anni sono stati pressoché nulli ed anche le indicazioni provenienti dalle linee guida molto spesso sono frutto unicamente
dell’opinione e/o consenso tra esperti.
BIBLIOGRAFIA
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