Review SARS-Coronavirus, an emerging pathogen: what are the implications for the safety of blood transfusion? Giancarlo Icardi(1), Filippo Ansaldi(2), Roberto Gasparini(3) (1) (2) (3) Department of Health Sciences, University of Genoa; Standing Group for the control of SARS - Ministry of Health, subgroup on epidemiological scenarios Department of Public Health, University of Trieste; Standing Group for the control of SARS - Ministry of Health, subgroup on diagnosis and subgroup on SARS and blood donation Department of Health Sciences, University of Genoa; Standing Group for the control of SARS - Ministry of Health, subgroup on epidemiological surveillance Emerging pathogens: from appearance to epidemic risk I patogeni emergenti: dalla comparsa al rischio epidemico In the last twenty-five years the epidemiological picture of transmissible diseases has been characterised by the appearance and identification of an ever increasing number of micro-organisms. In particular, new viruses have appeared in the human clade and have been recognised as the cause of new diseases: the long list includes whole families such as the Retroviridae whose members Human T-cell Lymphotropic Virus type-1 (HTLV-I) and Human Immunodeficiency Virus (HIV) were discovered in 1980 and 1983, or viruses affecting the same target organ, such as the major hepatotrophic viruses, including hepatitis C virus, delta viroid and hepatitis E virus, identified at the end of the 1980s and in the early years of the 1990s1. Other viruses, such as the West Nile Virus and the Monkeypox Virus, micro-organisms discovered decades ago, have recently reappeared in epidemic form, raising concern and alarm because of their rapid spread in developed countries2-5. The reasons for the increase in the so-called emerging viruses are numerous and complex: the introduction and spread of molecular techniques capable of identifying and characterising the genome of micro-organisms with a high degree of sensitivity and specificity have undoubtedly played an important role, but it is equally clear that social, ecological and epidemiological changes have led to increased contact between men and animals and to faster circulation of the micro-organisms. The demographic Da cinque lustri il quadro epidemiologico delle malattie trasmissibili è stato caratterizzato dall'introduzione e dall'identificazione di un numero sempre maggiore di microrganismi. In particolare, nuovi virus si sono affacciati nel clade umano e sono stati riconosciuti causa di nuove malattie: il lungo elenco comprende intere famiglie come quella delle Retroviridae a cui appartengono l'Human Tcell Lymphotropic Virus type-1 (HTLV-I) e l'Human Immunodeficiency Virus (HIV), scoperti nel 1980 e 1983, o virus caratterizzati dallo stesso organo bersaglio quali gli epatotropi maggiori, che comprendono il virus dell'epatite C, il viroide delta, il virus dell'epatite E individuati a cavallo degli anni ottanta e novanta1. Negli ultimi mesi, altri virus, quali il West Nile Virus ed il Monkeypox Virus, microrganismi noti da decenni, sono ricomparsi in forma epidemica destando allarme e preoccupazione per la loro rapida diffusione in realtà socio-sanitarie sviluppate2-5. Le ragioni dell'aumento dei cosiddetti virus emergenti sono numerose e complesse: un ruolo di grande importanza è stato sicuramente giocato dall'introduzione e dalla diffusione di tecniche molecolari in grado di identificare e caratterizzare con elevata sensibilità e specificità il genoma dei microrganismi, ma è fuori di dubbio che i mutamenti sociali, ecologici ed epidemiologici hanno determinato, da un lato, un aumento dei contatti tra uomo e animale e, dall'altro, una più rapida circolazione dei microrganismi. L'esplosione demografica ha determinato aree del nostro pianeta caratterizzate da una considerevole biodiversità e da un'elevata densità abitativa, condizione in cui i contatti tra uomo e animale e la trasmissione di microrganismi da un clade all'altro possono essere più frequenti. Una regione in cui questo fenomeno è particolarmente evidente è Correspondence: Prof. Giancarlo Icardi Dipartimento di Scienze della Salute Via Pastore 1 16132 Genova Blood Transf 2003; 3: 215-23 215 G Icardi et al. explosion has created areas of our planet with considerable biodiversity and a high population density, conditions facilitating contact between man and animals and the transmission of micro-organisms from one clade to another. One region in which this phenomenon is particularly evident is South-East Asia. An outstanding example of the possible interspecies movement of viruses in this area is the influenza virus. It seems certain that influenza viruses circulating among aquatic birds, the natural reservoir of the microorganism, have infected chicken, turkey, swine6, whales7 and have been responsible for epidemics among horses8. Of more interest, as far as concerns possible consequences for humans, is the transmission of avian viruses to pigs, which could represent the mixing vessel between viruses of avian origin and human viruses. In fact, pigs have some particular features that make recombination of viral RNA segments possible during co-infection with both avian and human viruses, thus allowing the creation of new viruses9,10. The influenza virus needs a glycoprotein receptor on the target cell for the replication. This glucidic part of this receptor terminates with a Sia2-3Gal bond for viruses of the avian clade and a Sia2-6Gal bond for those of the human clade. The target cells in pigs have both receptors, making co-infection possible and also bringing the avian and human viruses into very close proximity. In these conditions, the characteristic organisation of the segmented genome of the influenza virus allows a single gene of the avian virus to be incorporated into the genome of the human virus, thus causing recombination of the genetic material of the micro-organism. This rearrangement between viruses infecting different species seems to be responsible for the major variations in the virus, named antigenic shift, and seems to be implicated in the origin of the influenza pandemics of the 20th century. The 1957 pandemic, the socalled "Asian flu", originated from the recombination of a circulating avian H2N2 virus and a human H1N1 virus in pigs; the resulting pandemic virus had 3 genes of avian origin (HA, NA, PB1) and the remaining 5 of human origin. This recombination, having involved the genes coding for haemagglutinin and neuraminidase, the most important antigenic determinants, created a virus to which the whole population was susceptible and thus the conditions necessary for perpetuation of the pandemic. The mechanism underlying the appearance of the influenza virus responsible for the 1968 pandemic, the so-called "Hong Kong flu" was identical. Avian viruses were reported to have infected humans directly in southern China in the second half of the 1990s; in particular, in 1997 and 1999 there were cases of infection with H5N1 and H9N2, respectively; the jump of the H5N1 virus from chickens, 216 rappresentata dal Sud-Est Asiatico. Un esempio eclatante del possibile salto interspecie di un virus in quest'area è espresso dall'influenza. Sembra, infatti, accertato che virus influenzali circolanti negli uccelli acquatici, reservoir naturale del microrganismo, abbiano infettato polli, tacchini, suini6, balene7 e siano stati responsabili di epidemie negli equini8. Di maggiore interesse, per quanto riguarda i possibili effetti sull'uomo, è la trasmissione di virus aviari al maiale che può rappresentare il mixing vessel tra virus di origine aviaria e virus umani. Il maiale presenta, infatti, alcune peculiarità che rendono possibile il riassortimento di segmenti di RNA virale durante la coinfezione di virus aviari e umani, permettendo la creazione di nuovi virus9,10. Il virus influenzale necessita, a livello della cellula bersaglio, di un recettore costituito da una glicoproteina, la cui parte glucidica termina con un legame Sia2-3Gal per i virus del clade aviario e Sia2-6Gal per i virus del clade umano. Le cellule target dei suini presentano entrambi i recettori e rendono così possibile la coinfezione e la stretta "vicinanza" di virus aviari e umani. In queste condizioni, la caratteristica organizzazione del genoma segmentato del virus influenzale permette che un singolo gene del virus aviario possa essere incorporato nel genoma di un virus umano, determinando la ricombinazione del materiale genetico del microrganismo. Questo meccanismo di riassortimento del materiale genetico fra virus infettanti specie differenti sembra responsabile delle cosiddette variazioni maggiori o antigenic shift e sembra coinvolto nell'origine delle pandemie influenzali che si sono verificate nel XX secolo. La pandemia del 1957, la cosiddetta "asiatica", è stata originata dalla ricombinazione nel suino di un virus aviario circolante H2N2 ed un virus umano H1N1; il virus pandemico risultante possedeva un corredo genetico caratterizzato da 3 geni di origine aviaria (HA, NA, PB1) ed i restanti 5 umani. Il riassortimento, avendo coinvolto i geni codificanti l'emoagglutinina e la neuraminidasi, i determinanti antigenici di maggior rilievo, ha determinato la comparsa di un virus verso cui l'intera popolazione era suscettibile e ha creato, quindi, quelle condizioni necessarie per il perpetrarsi della pandemia. Del tutto analogo il meccanismo che ha determinato la comparsa del virus influenzale responsabile della pandemia del 1968, la cosiddetta "Honk Kong". Il salto interspecie diretto di virus aviari nel clade umano è stato segnalato sempre nell'area meridionale della Cina nella seconda metà degli anni novanta; in particolare nel 1997 e 1999, si sono verificati, rispettivamente, casi di infezione da H5N1 e H9N2; di rilievo è stato il salto del virus H5N1 dal pollo, dove circolava in forma epidemica, all'uomo con 18 malati fra gli addetti al mercato di Honk Kong ed una letalità del 33%11,12. La comparsa di nuovi patogeni, caratterizzati da una Blood Transf 2003; 3: 215-23 SARS and blood transfusion among which it circulated in endemic form, to humans, infecting 18 market workers in Hong Kong, with a mortality rate of 33%, was noteworthy11,12. The appearance of new pathogens with a viraemic phase, which are potentially transmissible parenterally, is a problem for transfusion medicine. The rest of this review is dedicated to the description of a new virus responsible for an epidemic of atypical pneumonia which has involved numerous countries in Asia, America and Europe. The main structural features of the virus are analysed and the current diagnostic instruments indicated. Finally, the possible risk of transfusion-related transmission of the new microorganism is considered. st The first epidemic of the 21 century Although the first official notification of an epidemic of atypical pneumonia was made on February 11th, 2003, the first cases of Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS) can be traced back to mid-November 2002 in the province of Guangdong in South China. In the period between the index case and notification to the World Health Organisation (WHO), 305 people had fallen ill and 5 had died of the syndrome. About 30% of the people infected were health care workers who had come into close contact with the sick patients. On February 21st, a Chinese doctor who worked in an out-patients department in the region of Guangdong moved to Hong Kong and rented a room on the ninth floor of a hotel in the centre of the city. Over the next few days at least 12 of the hotel's guests developed early symptoms of SARS: some of these people were admitted to the Queen Mary Hospital and to the Prince of Wales Hospital in Hong Kong, while others continued their journeys and were admitted to hospitals in Hanoi (Vietnam), Toronto (Canada) and Singapore13,14. The number of cases multiplied rapidly, particularly among health care workers in close contact with patients, and the syndrome spread, carried by international travellers. New cases of infection were reported in Hong Kong, Singapore, Canada and China. On March 12th, the WHO issued a Global Alert and on March 15th, the Emergency Travel Advisory. The cumulative number of cases reported exceeded 5,000 on April 28th, 6,000 on May 2nd and 7,000 on May 8th; 30 countries in 6 continents were involved by the epidemic. The peak of the epidemic was reached in the first week of May (Figure 1), during which 1,400 cases were reported. In the following weeks the number of cases decreased rapidly although there were some alarming new outbreaks in continental China, Taiwan and Canada after the epidemic had apparently been controlled. In the Blood Transf 2003; 3: 215-23 fase viremica e potenzialmente in grado di trasmissione parenterale, rappresenta una potenziale problematica di medicina trasfusionale. Di seguito verrà descritta la comparsa di un nuovo virus responsabile di un'epidemia di polmonite atipica che ha coinvolto numerosi Paesi dell'Asia, dell'America e dell'Europa. Verranno, poi, analizzate le principali caratteristiche strutturali e saranno indicati gli attuali strumenti diagnostici e, infine, sarà valutato il possibile rischio trasfusionale legato alla trasmissione del nuovo microrganismo. La prima epidemia del XXI secolo Sebbene la prima segnalazione ufficiale di un'epidemia di polmonite atipica risalga all'11 febbraio 2003, i primi casi di Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS) si possono far risalire alla metà del novembre 2002 nella provincia di Guangdong nella Cina Meridionale. Nel periodo intercorso tra la comparsa del caso indice e la segnalazione all'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), 305 soggetti si erano ammalati e 5 erano morti per la sindrome. Circa il 30% degli infetti erano operatori sanitari, venuti a stretto contatto con i malati. Un medico cinese che operava in un ambulatorio nella regione di Guangdong si trasferisce, il 21 Febbraio, ad Honk Kong e si stabilisce al nono piano di un albergo del centro cittadino. Nei giorni successivi almeno 12 ospiti dell'albergo manifestano i primi sintomi: alcuni di essi vengono ricoverati al Queen Mary Hospital e Prince of Wales Hospital di Honk Kong, altri, raggiungono le successive tappe del loro viaggio e vengono ospedalizzati ad Hanoi (Vietnam), Toronto (Canada) e Singapore13,14. Rapidamente, i casi si moltiplicano soprattutto negli operatori sanitari venuti a stretto contatto con i malati e la sindrome si diffonde, veicolata dai viaggiatori internazionali. Nuovi infetti vengono segnalati ad Honk Kong, Singapore, Canada, Cina. Il 12 marzo, l'OMS lancia la Global Alert ed il 15 marzo l'Emegency Travel Advisory. Il numero cumulativo di casi registrati supera le 5.000 unità il 28 aprile, le 6.000 il 2 maggio, le 7.000 l'8 maggio, con 30 nazioni in 6 continenti coinvolti dall'epidemia. Il picco epidemico viene raggiunto la prima settimana di maggio (Figura 1), con 1.400 casi riportati. Nelle settimane successive, si è osservata una rapida diminuzione dei casi, con alcune preoccupanti eccezioni rappresentate dalla Cina continentale, da Taiwan e dal Canada, dove, dopo una fase di controllo dell'infezione, si è assistito ad una recrudescenza dell'epidemia. Nell'ultima settimana di giugno, Pechino ed Hong Kong, due delle città più colpite dall'epidemia, sono state dichiarate libere da trasmissione 217 G Icardi et al. Figure 1 - Course of SARS epidemic (source: www.who.int) last week of June, Peking and Hong Kong, two of the cities most severely affected by the epidemic, were declared free of local transmission and new cases were recorded only in Toronto and Taiwan. At the time of writing (September 2003), 8,098 cases have been reported and the mortality rate, calculated by the WHO, is 10%, although it reaches almost 50% in over 65-year olds. Identification of the causal agent: the SARS-CoV Since April 2000, the WHO has co-ordinated the Global Outbreak Alert and Response Network (GOARN), an international network fed by 112 other national or continental networks, which collects virological, bacteriological and epidemiological surveillance data and unites the expertise of the international scientific community in order to guarantee a rapid response in the case of the risk of an epidemic. Since its creation in 1998, up to 2002, over 500 epidemic events had been investigated in 132 countries, but rarely has GOARN and its partner networks been required so urgently. The initial plan of intervention was decided between March 12th and 15th and was based on the creation of a network of 11 laboratories given the task of identifying the agent causing SARS. On April 17th, just one month after the constitution of the network of laboratories, it was announced that the aetiological agent had been identified: a new virus belonging to the Coronavirus family15,16. A few days later, the complete sequence of the genome of the new micro-organism was published online in the World Wide Web. The SARS-CoV, as the new virus was called, although 218 locale e solamente a Toronto e Taiwan vengono registrati nuovi casi. A tutt'oggi (settembre 2003), sono stati riportati 8.098 casi e la letalità, calcolata dall'OMS, è pari al 10%, con punte fino al 50% nella popolazione ultrasessantacinquenne. L'identificazione dell'agente causale: il SARS-CoV Dall'aprile 2000, l'OMS coordina il Global Outbreak Alert and Response Network (GOARN), una rete internazionale, cui afferiscono altri 112 network nazionali o continentali, in grado di raccogliere dati di sorveglianza epidemiologica, batteriologica e virologica, e di riunire l'epertise della comunità scientifica internazionale per garantire una risposta rapida in caso di rischio epidemico. Dalla fondazione nel 1998 al 2002, oltre 500 eventi epidemici sono stati investigati in 132 Paesi, ma in poche altre situazioni la richiesta al GOARN e ai network partner è stata così urgente. Il piano iniziale d'intervento è stato progettato tra il 12 ed il 15 marzo e ha visto tra i suoi punti caratterizzanti la creazione di una rete di 11 laboratori volta all'identificazione dell'agente causale della SARS. Il 17 aprile, a un mese dalla costituzione del network di laboratori, viene dato l'annuncio dell'identificazione dell'agente etiologico: un nuovo virus appartenente alla famiglia dei Coronavirus15,16. Alcuni giorni dopo, viene pubblicata in rete la sequenza completa del genoma del nuovo microrganismo. Il SARS-CoV, come viene battezzato il nuovo virus, pur mantenendone la struttura, è filogeneticamente lontano dai Coronavirus isolati nell'uomo e negli altri animali e va a costituire un cluster ben separato dagli altri tre in cui erano Blood Transf 2003; 3: 215-23 SARS and blood transfusion maintaining the structure of a Coronavirus, is phylogenetically distant from the Coronaviruses isolated in man and other animals and forms a cluster clearly distinct from the other three in which the micro-organisms of this family had so far been grouped17,18. Many hypotheses on the origin of the SARS-CoV have been offered, but most are subject of ongoing studies and only preliminary results are available. Sequencing analysis has shown that the open reading frames, coding for the structural and non-structural proteins of the virus, do not resemble those of the other Coronaviruses, which indicates that recombination phenomena with already known viruses are improbable, despite the fact that genetic exchange between microorganisms of this family are common and have been well documented in the literature17-19. The new micro-organism seems to have evolved independently, but the host in which it accumulated its numerous mutations remains to be discovered. This information is of fundamental importance, not only for the phylogenetic analysis and identification of the evolutionary mechanisms of the new micro-organism, but above all to discover the natural reservoir, to predict antigenic variation and therefore to be able to fine-tune the preventive and diagnostic instruments. Preliminary studies, presented at the recent Expert Meetings held in Kuala Lumpur in the third week of June and in Okinawa, Japan, in October, revealed that viruses similar to SARS-CoV have been isolated from the Himalayan palm civet and Raccoondog, two small mammals whose natural habitat is southern China20. Neither chicken nor pigs, key animals in the antigenic shift of influenza viruses, seem to play and important role in the evolution of SARS-CoV and do not seem to provide a viral reservoir21. The diagnostic approach and transfusion risk The possibility of an early diagnosis and identification of the most appropriate diagnostic instrument are inseparably linked to physiological knowledge and understanding of the natural history of the infection. The lack of information about the anatomical sites and duration of replication of SARS-CoV, the viral load in biological fluids during the various stages of the infection and the resistance of the micro-organism outside the host, are all obstacles to producing diagnostic strategies. Indeed, some aspects of the kinetics of the virus have surprised the scientific community: unlike other viruses that replicate in mucosa (such as the influenza orthomyxovirus) or have air-borne transmission and double replication (such as the measles paramyxovirus), SARS-CoV is not Blood Transf 2003; 3: 215-23 fino ad oggi raggruppati i microrganismi di questa famiglia17,18. Sull'origine del SARS-CoV sono state proposte molte ipotesi, ma gran parte degli studi sono in progress e solo i primi risultati sono disponibili. L'analisi di sequenza ha rivelato che gli open reading frame, codificanti le proteine strutturali e non strutturali del virus, sono distanti da quelli degli altri Coronavirus, il che sta a indicare che fenomeni di ricombinazione con virus ad oggi noti sono improbabili, nonostante lo scambio genetico fra microrganismi di questa famiglia sia frequente e ben documentato in letteratura17-19. Il nuovo microrganismo sembra si sia evoluto in modo indipendente, ma rimane da scoprire in quale ospite abbia accumulato le numerose mutazioni. Questi dati hanno un ruolo fondamentale, non solo per l'analisi filogenetica e l'individuazione dei meccanismi evolutivi del nuovo microrganismo, ma sono di grande importanza per individuarne il reservoir naturale, predirne la variazione antigenica e calibrare, quindi, gli strumenti preventivi e diagnostici. Studi preliminari, presentati ai recenti Expert Meetings, svoltosi a Kuala Lumpur nella terza settimana di giugno e a Okinawa in ottobre, hanno rivelato come virus simili al SARS-CoV siano stati isolati nell'Himalayan palm civet e nel Raccon-dog, due piccoli mammiferi che hanno il loro habitat nella Cina meridionale20. Sia polli che suini, animali-chiave nello shift dei virus influenzali, non sembrano giocare un ruolo importante nell'evoluzione del SARS-CoV e non sembrano rappresentare il reservoir virale21. L'approccio diagnostico e il rischio trasfusionale La possibilità di una diagnosi precoce e l'identificazione dello strumento diagnostico più idoneo non possono prescindere dalle conoscenze sulla fisiopatologia e sulla storia naturale dell'infezione. Le lacune che ancora esistono sui siti anatomici e sulla durata della replicazione del SARSCoV, sulla concentrazione virale nei liquidi biologici durante le diverse fasi dell'infezione e la resistenza del microrganismo al di fuori dell'ospite, rappresentano ostacoli per la messa a punto di strategie diagnostiche. In particolare, alcuni aspetti riguardo la cinetica virale hanno sorpreso la comunità scientifica: contrariamente ad altri virus a replicazione mucosale (quale l'orthomixovirus dell'influenza) o caratterizzati da trasmissione aerea e duplice replicazione (quali il paramyxovirus del morbillo), il SARS-CoV non è eliminato in modo massivo nell'ultima fase dell'incubazione e nei primi giorni dalla comparsa dei sintomi. I primi studi di cinetica virale hanno permesso di rilevare il massimo shedding intorno al 10°-12° giorno dalla comparsa dei 219 G Icardi et al. massively eliminated in the final phase of the incubation and during the first few days of symptoms. The early studies of the viral kinetics revealed that maximum shedding occurs between the 10th - 12th day after the onset of symptoms. This fact obviously affects the detection rate of the virus in the faeces and nasopharyngeal aspirates, which are the substrates in which non-SARS human Coronaviruses are eliminated. Preliminary data on Hong Kong patients, presented by JSM Peiris at the Kuala Lumpur conference, 22 showed that 25-45% of nasopharyngeal swabs were positive in the first week and 65-80% in the second week after the onset of the symptoms22,23. The SARS-CoV was detected later in faecal samples: in fact, it was completely absent up to the 5th-6th day, but was found in 85% of samples between the 11th and 16th day. The low viral shedding in the first week following the onset of symptoms leads to the need to produce highly sensitive diagnostic techniques to guarantee the early diagnosis, essential for prevention. The approaches so far used for the diagnosis of SARS-CoV are the classical virology methods based on direct detection of the virus by isolation from cell cultures or molecular techniques or detection of specific immunofluorescent antibodies. The most promising, in terms of fast performance and high sensitivity, are the tests based on gene amplification. The sequencing information on the first isolates allowed the design of primers, already available on April 17th, and the development of nested-PCR and real-time PCR. The need to have a sensitive and specific test as quickly as possible spurred the effort to standardise the proposed tests, but the process of optimisation has only just begun. At present, the laboratory tests are only an important complement to a diagnosis still based on clinical and epidemiological data. In fact, following the latest WHO indications, negative results in current diagnostic tests do not have particular relevance for the management of a possible SARS-CoV infection or for undertaking control measures. The reasons for the poor predictive value of a negative test lies in the very low viral shedding in the first stage of the infection, in the insufficiently low sensitivity of the PCR-based tests and in the delayed appearance of the antibodies. The diagnostic tests must still overcome many of these problems. The variability and evolutionary capacity of the virus are still largely unknown and the first studies highlight mutations in regions that, until now, had been considered highly conserved24. If this finding is also confirmed for the region amplified in molecular tests, it would make current techniques less sensitive and increase the number of false 220 sintomi. Questo dato ha naturalmente influenzato la percentuale di rilevamento del virus nelle feci e nell'aspirato naso-faringeo, che rappresentano i substrati in cui vengono eliminati i Coronavirus umani non-SARS. Dati preliminari presentati alla Conferenza di Kuala Lumpur da JSM Peiris22 sui pazienti di Hong Kong hanno mostrato positività del 25-45% dei tamponi naso-faringei nella prima settimana e 65-80% nella seconda settimana dalla comparsa dei sintomi22,23. Il SARS-CoV è stato rilevato più tardivamente nei campioni di feci: è risultato, infatti, completamente assente fino al 5°-6° giorno per raggiungere la percentuale di positivi dell'85% tra l'11° e il 16° giorno. Il basso shedding virale nella prima settimana dalla comparsa dei sintomi spinge alla necessità di tecniche ad elevata sensibilità al fine di garantire una diagnosi precoce, indispensabile a fini preventivi. Gli approcci fino ad ora impiegati per la diagnostica del SARS-CoV sono quelli classici della virologia e si basano sul rilevamento diretto del virus, mediante isolamento su coltura cellulare o tecniche molecolari o la rivelazione degli anticorpi specifici in immunofluorescenza. Sicuramente più promettenti, per velocità di esecuzione ed elevata sensibilità, sono i test basati sull'amplificazione di materiale genetico. Le informazioni sulla sequenza dei primi isolati hanno permesso il disegno dei primers, la cui sequenza era disponibile già il 17 aprile, e la messa a punto di nested-PCR e real-time PCR. La necessità della disponibilità al più presto di un test sensibile e specifico ha moltiplicato gli sforzi per la standardizzazione dei test proposti, ma il processo di ottimizzazione è, con ogni probabilità, appena incominciato. Attualmente, i test di laboratorio rappresentano soltanto un importante complemento alla diagnosi, che rimane legata a criteri clinici ed epidemiologici. Il risultato negativo agli attuali test diagnostici non assume, infatti, seguendo le indicazione dell'OMS e da quanto emerso dalle più recenti revisioni, particolare significato nella gestione della possibile infezione da SARS-CoV e nell'intraprendere le misure di controllo. Le ragioni dello scarso valore predittivo del test negativo vanno ricercate nello shedding virale molto basso nella prima fase di infezione, in una sensibilità troppo bassa dei PCR-based test e nella comparsa tardiva degli anticorpi. Molti sono i quesiti ancora aperti e le problematiche da affrontare in ambito diagnostico. La variabilità e la capacità evolutiva del virus sono ancora largamente sconosciute e i primi studi mettono un luce mutazioni in regioni fino ad oggi ritenute molto conservate24. Queste informazioni, se confermate per la regione amplificata dai test molecolari, potrebbero rendere meno sensibili le attuali tecniche ed aumentare il numero dei falsi negativi. Inoltre, non è di facile interpretazione, sia Blood Transf 2003; 3: 215-23 SARS and blood transfusion negatives. Furthermore, it is not easy give a diagnostic or epidemiological interpretation to the finding of a modest amount of viral RNA in asymptomatic individuals or in patients with very few symptoms25. The finding of viral RNA, albeit in limited amounts, in the plasma of patients in the acute phase of the disease, raises the spectre of the risk of transmission of SARSCoV via blood or blood products26. So far, no case of probable SARS has been attributed to this route of transmission but, given the theoretical risk, the Department of Blood Safety and Clinical Technology of the WHO has issued a series of recommendations. The recommendations for those areas, such as Italy, in which local transmission has not occurred, electively concern travellers arriving from infected areas. Asymptomatic travellers should delay donation until 3 weeks after their return; symptomatic travellers who are defined as suspected or probable cases should delay donation for, respectively, one or three months after the completion of treatment and the disappearance of symptoms. These recommendations are also valid in areas of recent local transmission: a person in close contact with a case should delay donation for 3 weeks, while suspected and probable cases are subject to the same recommendations described above (www.who.int/csr/sars). While awaiting a highly sensitive diagnostic test for the detection of Coronavirus in the blood and an evaluation of the appropriateness of introducing this into blood testing, donor selection plays an essential role. The numerous uncertainties concerning the natural history of the infection are reflected by the questions on the possible role of transfusion as a method of transmission of SARSCoV. The risk assessment associated with transfusion of blood components and plasma derivatives, which can be defined by look back and trace back studies, presymptomatic viraemia, ex vivo stability of the virus, protocols for the production of blood components, as well as the use of convalescents are the current priorities in Transfusion Medicine research26,27. Blood Transf 2003; 3: 215-23 dal punto di vista diagnostico che epidemiologico, il rilevamento di modeste quantità di RNA virale in soggetti asintomatici o paucisintomatici25. Il rilievo di RNA virale nel plasma di pazienti in fase acuta, seppure in quantità modeste, ha proposto all'attenzione della comunità scientifica il rischio della trasmissione del SARS-CoV mediante sangue o emoderivati26. A oggi, nessun caso probabile di SARS è ascrivibile a questa modalità di trasmissione, ma in funzione di questo rischio teorico il Department of Blood Safety and Clinical Technology dell'OMS ha proposto una serie di raccomandazioni. Le raccomandazioni per quelle aree, come l'Italia, in cui non si è verificata trasmissione locale, riguardano elettivamente i viaggiatori provenienti da aree infette. I viaggiatori asintomatici dovranno posticipare la donazione di 3 settimane dalla data del ritorno, i viaggiatori sintomatici che rientrano nella definizione di caso sospetto o probabile dovranno posticipare la donazione, rispettivamente, di 1 mese o 3 mesi dalla cessazione della terapia e dal termine della sintomatologia. Queste raccomandazioni vengono riprese anche in quadri epidemiologici caratterizzati da recente trasmissione locale: il contatto stretto di caso dovrà posticipare la donazione di 3 settimane, mentre per i casi sospetti o probabili valgono le indicazioni soprariportate (www.who.int/csr/sars). In attesa di un test diagnostico ad elevata sensibilità per il rilevamento del Coronavirus nel sangue e della valutazione sull'opportunità dell'introduzione di un test di questo tipo nel blood testing, la selezione del donatore gioca il ruolo principale. Le numerose incertezze sulla storia naturale dell'infezione si riflettono sugli interrogativi sul possibile ruolo della trasfusione quale modalità di trasmissione del SARS-CoV. Il risk assessment, legato alla trasfusione di sangue di emocomponenti e di plasmaderivati, definibile con studi look back and trace back, la viremia presintomatica, la stabilità del virus ex vivo, la valutazione del rischio nei plasmaderivati e i protocolli per la loro produzione, nonché l'uso dei convalescenti sono attualmente quesiti prioritari per la ricerca in ambito trasfusionale26,27. 221 G Icardi et al. References 1) Woolhouse MEJ. Population biology of emerging and re-emerging pathogens. 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