Orfeo ed Euridice di Gluck, un inno all`amore il cui riflesso

Tursitani - Notizie Tursi
Orfeo ed Euridice di Gluck, un inno all'amore il cui riflesso si rispecchia per l'eternità
domenica 21 ottobre 2012
Orfeo
ed Euridice di Gluck, un inno all'amore il cui riflesso si
rispecchia nell'eternitÃ
Orfeo
ed Euridice è un'opera composta da Christoph Willibald
Gluck intorno al mito di Orfeo, su libretto di Ranieri de'
Calzabigi. Tre atti raccontano l'amore eterno che Orfeo prova per la sua sposa,
un amore senza tempo che va oltre il tempo e lo spazio, oltre la morte, un amore
che rappresenta, assieme alla sua musica, le uniche salvezze per l'animo umano.
Essa fu rappresentata per la prima volta a Vienna il 5 ottobre 1762.
In
quest'opera si narra la morte della sposa, la discesa del cantore negli inferi
e il suo canto che convince il re e la regina dell'Ade a restituire Euridice,
alla condizione che egli non la guardi finché non saranno fuori dal mondo
sotterraneo. Orfeo non riesce a resistere e si volta a guardare l'amata, così
la perse definitivamente, "che farò senza Euridice, dove andrò senza il mio
ben!" è la celeberrima aria dell'opera, una delle più  famose di
tutti i tempi. L'aria viene eseguita da Orfeo in una oscura spelonca che forma
un tortuoso labirinto, allorché Orfeo riperde per la seconda volta Euridice. Si
tratta di un'opera ricca di significati profondi, che affondano le loro radici
nel mito e sono all'origine della nostra civiltà , sottolineando il tema
fondamentale della debolezza umana di fronte alla prova cruciale.Â
L'opera è
passata alla storia come la più famosa tra quelle composte da Gluck (Erasbach,
2 luglio 1714 - Vienna, 15 novembre 1787), un compositore tedesco, attivo
soprattutto come operista, uno dei maggiori rappresentanti del movimento
musicale che va sotto il nome di Classicismo. La ninfa Euridice muore per il
morso di un serpente, lo sposo Orfeo sfida il regno dei morti e, grazie
al'armonia del suo canto, ottiene dagli dèi dell'oltretomba il privilegio di
riportare l'amata nel mondo dei vivi, ma a patto che durante il cammino non si
volti a guardarla. Nell'atto II Orfeo domate le Furie (divinità del mondo
sotterraneo, personificazione della maledizione e della vendetta), con il suono
della sua lira, raggiunge Euridice nei campi Elisi, dove danza insieme agli
altri spiriti beati, la prende per mano e senza guardarla la conduce verso la
via del ritorno. Euridice convinta che il giovane non l'ami più si dispera, il
giovane mosso da pietà si volta, nello stesso tempo lei si spegne ai suoi
piedi. Orfeo sembra impazzire, a quel punto interviene Amore che riporta Euridice alla vita
conducendo l'opera ad un imprevedibile lieto fine.
Inizialmente il ruolo
di Orfeo fu interpretato da un tenore (numerosi soprani come la divina Callas
si sono cimentati nell'interpretare con grande successo l'aria "che farò senza
Euridice"), con risultati non felici, tanto da essere ancora oggi affidato ad
un contralto il cui registro è molto più vicino alla figura del mitico cantore
capace di affascinare uomini e animali. L'amore è l'unica fonte in grado di dissetarci,
di ridarci la vita. Si coglie nell'aria l'atmosfera d'amore, una presenza
sempre viva. L'amore come mille venti che soffiano. L'amore, luce del sole sul grano
maturo, pioggerellina d'autunno. Amore aria fresca nella quiete del mattino. Quando
si ama, e quell'amore viene ricambiato, si diventa l'uno come lo specchio
dell'altro, il cui riflesso si rispecchia nell'eternità .
Antonella Gallicchio
http://www.tursitani.com
Realizzata con Joomla!
Generata: 11 June, 2017, 02:41
Tursitani - Notizie Tursi
http://www.tursitani.com
Realizzata con Joomla!
Generata: 11 June, 2017, 02:41