Analisi di Buckling Come detto in precedenza esistono due procedure attivabili per il calcolo dei carichi di collasso La prima si basa sulla ricerca del punto di biforcazione mediante l’analisi modale La seconda utilizza il calcolo non lineare e determina il carico di collasso direttamente valutando il valore massimo raggiungibile fino ad un cambio drastico di configurazione deformata Fc Metodo non lineare: si opera in controllo di carico (carico crescente) e il calcolo non converge più a Fc Oppure in controllo di deformazione e si esamina l’intera curva di risposta Calcolo autovalori determinando il punto di biforcazione (come si vede il calcolo non è in sicurezza in quanto si linearizza il comportamento fino al punto di collasso) Impostazione agli autovalori Il problema si risolve mediante un’analisi agli autovalori delle matrici K elast K*geom 0 È quindi necessaria un’analisi preventiva statica non lineare che consente di calcolare la K*geom (opzione di stress stiffening) Viene di seguito presentato come si forma tale matrice in una trave in flessione P P u v Per piccoli spostamenti, si può scrivere l’equazione di equilibrio dei momenti attorno al punto di sinistra 2 dx dM dT dv M M dx q T dx dx P dx 0 dx 2 dx dx Eliminando i termini in dx2 , e derivando rispetto ad x: d 2 M dT d2v P 2 0 2 dx dx dx d2v M E I 2 dx Non considerando le deformazioni a taglio si ha dalla teoria della trave d4v d2v EI 4 P 2 q dx dx dT q dx Che è la classica equazione differenziale dalla quale si può dedurre l’instabilità delle colonne, valida per ogni C.C. v x C1 sin kx C2 cos kx C3 x C4 + Condizioni al Contorno Si può ora applicare la formulazione debole per la determinazione delle matrici di rigidezza a partire dalla formulazione della deformazione troncata al II ordine (termine flessionale) (grandi deformaz.) 2 2 2 u 1 u v w xx x 2 x x x Energia di deformazione: 1 U 2L U d 2 v 1 dv du xx y 2 dx dx 2 dx 1 E 2xx dV 2 Ve 2 Sostituendo e svolgendo prodotti 2 4 2 2 2 2 du 2 d 2 v dv du dv 1 dv du d v 2d v E dA dx A A dx y dx2 4 dx 2 y dx dx2 y dx2 dx dx dx dA 0 Il precedente integrale si può ridurre ad un integrale di linea ricordando le proprietà delle sezioni: A 2 4 du 2 d 2v A dv 1 U E A I 2 A 2 L dx dx 4 dx ; y dA 0 A du dv dx dx ; y dA I 2 A 2 dx 4 Trascurando il termine di potenza più alta E ricordando che PE A 1 A dv E dx 0 2L 4 dx du dx Si perviene alla seguente espressione della energia elastica 2 2 2 d 2v 1 du dv U EA EI 2 Px dx 2 L dx dx dx L’energia elastica è suddivisibile in due componenti, il primo associato a deformazioni assiali e il secondo a deformazioni flessionali 2 U U ax U fl 1 du U ax EA dx 2L dx 2 2 d 2v 1 dv U fl EI 2 Px dx 2L dx dx Nel problema discretizzato si può esprimere lo spostamento mediante le funzioni di forma, per cui l’energia totale diviene: 2 2 d2v 1 L du U E A E I 2 P 2 0 dx dx 1 fax 2 T UW dv N1 , x f fl dx N1 , x N11 1 f fl 2 K ax fax N12,x 1 fall 2 T K fl f fl 2 dx 1 f fl 2 K fall f fl 2 1 T K g P K*g N13 dv dx T K*g K g T fl T fl 0 N1 , x N1 , x L f f f P T all A dx x2 x3 x 2 x3 x2 x3 x 2 x3 N14 , x 1 3 2 2 3 , x 2 2 , 3 2 2 3 , 2 L L L L , x L L L L Derivando le precedenti si ha: N1 , x K g 6 x 4 x 12 , 6 , 2 3 2 L L L L 6 x 2 x 12 , 6 L L2 L3 L2 Per ricavare K *g non resta che risolvere l’integrale x 6 12 L2 L3 4 x 6 2 L x L 6 K *g L 2 12 3 0 L 6 12 x L 2 3 L L 2 x 6 2 L L v1 6 5L 1 K *g 10 6 5L 1 10 1 v2 1 6 10 5L 2 1 L 15 10 1 6 10 5 L L 1 30 10 4 x 6 2 L L 6 x 12 L2 L3 2 1 10 L 30 1 10 2 L 15 v1 1 v2 2 Si noti che sono presenti solo gdl flessionali 2 x 6 2 Adx L L Soluzione non lineare Esistono due modalità di evoluzione non lineare, la prima facendo crescere il carico e la seconda lo spostamento In realtà ne esiste anche una terza, combinazione delle due precedenti, che prende il nome di Arch-length od analisi di Riks Il calcolo non lineare si muove su questo arco Il calcolo a collasso non lineare è a tutti gli effetti un’analisi non lineare tout court e quindi si rimanda l’approfondimento a quello del calcolo non lineare in genere Risoluzione di problemi strutturali non lineari Dal punto di vista strutturale, i problemi sono non lineari se, nota la risposta del sistema ad un determinato livello di carico, incrementando tale livello i risultati non sono proporzionali all’incremento stesso Se chiamiamo step l’intera soluzione, dal momento in cui non è applicato il carico al suo valore finale, è quasi sempre necessario suddividere lo step in un certo numero di substep, ove si imponga la soddisfazione dell’equilibrio (forze residue piccole) Anche all’interno dei substep il calcolo è non lineare, quindi sarà necessario operare un certo numero di iterazioni all’interno (ciascuna costituita da un calcolo lineare) finché non si avrà al corrispondente substep una soluzione con forze residue minori del voluto risposta iterazioni tempo Substeps STEP In ogni caso, il calcolo non lineare si sviluppa come un’analisi incrementale, del tipo: 1) In controllo di carico – i carichi sono applicati con una legge preimpostata 2) In controllo di spostamento – spostamenti imposti indipendentemente dalla risposta sistema 3) Controllo indiretto sulla risposta – controllo basato su combinazioni della risposta, come ad esempio spostamenti relativi tra gdl 3) Controllo di tipo Arc length – si realizza mediante una combinazione di spostamento e carico applicato la cui combinazione deve muoversi entro un raggio funzionale delle due grandezze Il modello costitutivo del materiale fa ricorso alla matrice di rigidezza tangente del materiale σ ε ε σ ε σ ε ε ε=ε D* ε σ ε ε=ε Attraverso la quale si calcola la matrice di rigidezza tangente di ogni elemento della struttura KT T T σ ε T fint B σ d B d B D*B d u u ε u Per semplificare la trattazione, si espone la procedura per un sistema a risposta non lineare che però possiede un solo grado di libertà Il metodo di Newton-Raphson o della rigidezza tangenziale ricerca la soluzione dall’inizio di un substep alla sua fine calcolando ad ogni iterazione la matrice tangente ed estrapolando su di essa 1) l’incremento di carico imposto 1 definisce il valore del residuo iniziale Rn Pn 2) dal substep precedente è nota u1n ulast n 1 3) Si determina la nuova matrice K 1T di rigidezza 4) Si calcola per estrapolazione 1 1 lineare l’incremento spostamento un K TAN 5) Si trova u2n u1n u1n 6) Si determinano le forze interne, si calcola il nuovo residuo associato allo spostamento estrapolato 1 1 n R fint 2 Rn 2 K T u3 u 2 u 2 n1 n n 7) . . . Si prosegue finché il residuo risulta essere più grande di un valore considerato accettabile 8) Fine del substep con soluzione convergente e pronti ad un nuovo incremento del carico u1n1 ulast n Il metodo di Newton-Raphson modificato differisce dal precedente in quanto non si ricalcola la matrice tangente ad ogni iterazione ma si utilizza quella relativa alla fine del substep precedente Il metodo di Newton Raphson può entrare in crisi se la struttura è hardening - la convergenza diviene lentissima P Miglior tendenza con N.R. modificato P x0 x4x3x2x1 Se il sistema ha comportamento non monotono si può mancare totalmente la convergenza anche col metodo non modificato Caso di sistema hardening Convergenza lenta con NewtonRaphson Non convergenza con NewtonRaphson modificato Nel metodo della secante si effettua una prima iterazione secondo il metodo classico di NewtonRaphson e poi si determina la matrice secante mediante 2 du1n K1SEC Rn1 Rn2 1 La determinazione della matrice secante è immediata in un problema scalare, come quello rappresentato in figura, ma molto meno banale per rigidezze matriciali Esiste anche un metodo della secante modificato (Iterazione diretta di Picard) secondo il quale la secante è computata sempre considerando la soluzione iniziale Il miglior funzionamento delle varianti presentate dipende … dal problema stesso, e quindi è di difficile determinazione aprioristica L’adaptive descent può fare uso di due matrici di rigidezza incrementali, una è la matrice tangente Kt e l’altra la matrice secante Ks La matrice in uso è definita dalla espressione K K s 1 K t L’iterazione ha inizio con = 0, se la convergenza è difficile da raggiungere si fa crescere in modo da avvicinarsi alla matrice secante, più rigida se il sistema è hardening Se nell’iterazione il residuo cresce (tendenziale divergenza): Si porta ξ = 1 e si continua ad iterare così Se nell’iterazione il residuo decresce (tendenziale convergenza): Si riduce progressivamente ξ da 1 fino a riportarlo a 0 (matrice tangente) Se durante l’iterazione si verifica un pivot negativo (matrice mal condizionata): Si riduce riutilizza la matrice secante (ξ = 1) ed eventualmente si riduce la dimensione del substep di avanzamento Il line search è un metodo che prova a determinare la soluzione della iterazione modificando i salti calcolati da Newton Raphson con l’adozione di un coefficiente sk appropriato uin1 uin sk uin con s0 1.0 Noto il valore di sk si associa ad esso uno scalare che indica l’energia coinvolta nell’iterazione gk uin Rin1,k T Ove naturalmente il residuo è calcolato dall’equilibrio delle forze esterne ed interne Rin1,k f ext f int uin1,k A questo punto si determina la nuova approssimazione di sk+1 estrapolando verso g=0 la retta indicata nella figura sk 1 g0 g0 sk g0 g k Il processo termina dopo un numero prefissato di iterazioni (e.g. 5) oppure quando si verifica una delle due g0 0.5 gk g gk gk 1 err gk gk s sk sk 1 A seconda del metodo adottato, si realizzano perdite di convergenza diverse L’arc length è un metodo molto adatto quando i sistemi sono softening-hardening, per esempio nelle condizioni di post-buckling Il metodo non è invece adatto nei sistemi ove discontinuità di carico si realizzano frequentemente durante gli step di carico (analisi con contatti tra superfici, …) La curva degli equilibri successivi in pratica si determina da una combinazione sia degli spostamenti delle variabili incognite, sia del fattore scalare di carico che agisce su tutti i carichi applicati Dato però che spostamenti e forze applicate sono dimensionalmente differenti, occorre definire una costante di comparazione c: l u u c T 2 Per gli elementi in cui sono presenti sia gdl traslazionali che rotazionali si introducono anche altri fattori di comparazione In un substep, si parte da un1 , n1 un , n e si vuole determinare i nuovi In pratica si ha una nuovo parametro n con la condizione vincolare sulla lunghezza di l Riscriviamo la linearizzazione dell’equilibrio della generica iterazione i : f 0 i 1 i 1 i ni 1f ni f fint, n K n un 0 i 1 i K in1 uin f0 ni 1f fint, n n f INCOGNITE Ora, pensando che una iterazione porta da una soluzione uin1 = u0 ad una u f possiamo linearizzando imporre l’equilibrio nella condizione iniziale (0) e finale (f) Esprimendo la variazione di spostamento come Si separa l’equazione precedente in due uin u0 ni u f Sia u0 che u f sono note e quindi, sostituendo nella u i 1 n u i T n u i 1 n u c i n 2 i 1 n i n l i 1 i 1 i 1 K n u0 f0 n f fint, n i 1 K n u f f l’unica incognita presente è ni 2 Il sistema, di II grado, fornisce due soluzioni: una avanza nel percorso, l’altra retrocede Per quanto riguarda i criteri di convergenza essi possono essere basati sia sulle forze (e momenti) residui sia sullo spostamento della soluzione dall’iterazione precedente I primi sono senz’altro da preferire in quanto hanno un preciso significato fisico, i secondi invece possono mascherare enormi errori nell’equilibrio per strutture particolarmente rigide Infine, in genere i codici controllano se da una iterazione alla successiva si ha una nuova condizione di contatto ed in tale caso effettuano sempre una iterazione aggiuntiva, fermandosi quando non si altera più il quadro complessivo dei contatti La ricerca della soluzione può anche diventare estremamente difficile quando sono presenti condizioni non continue, come contatto o bruschi cambi di pendenza curva plastica del materiale, passaggi di stato, ... In particolare i problemi di contatto, peggio se associati a plasticità che invece produce softening sono spesso difficoltosi perché instaurano delle condizioni di hardening all’insorgere della penetrazione sul target Comportamento plastico dei materiali (metallici) La plasticità è caratterizzata da una correlazione non biunivoca tra il valore della deformazione accumulata e quello della tensione, in pratica si può vedere se in un ciclo di carico e scarico si ripercorre o no il medesimo percorso carico scarico Nei materiali elasto-plastici perfetti esiste un valore di tensione di yield oltre il quale le deformazioni sono indeterminate y I materiali che incrudiscono sono invece caratterizzati da un valore di yielding che dipende da qualche parametro di controllo L’equazione della superficie di Yield è Nei materiali che presentano incrudimento la superficie tende ad espandersi mano a mano che si accumula plasticità Il più accreditato è la deformazione plastica Fσ, 0 2 1 Analisi del flusso plastico Nel caso di presenza di flusso plastico il materiale è caratterizzato da un legame tensione – deformazione che si modifica durante l’evento plastico. In una semplificazione comunemente adottata, il materiale all’interno di una superficie di snervamento si comporta elasticamente, al di fuori plasticizza Se incrudente, si ha una estensione della superficie di snervamento stessa determinata dall’entità della deformazione plastica stessa. Chiamando con F la superficie di snervamento, essa sarà funzione dello stato di tensione e di un parametro che tiene in conto dell’incrudimento subito F σ, 0 (1) Il tensore delle tensioni è naturalmente il seguente: xx xy xz σ xy yy yz xz yz xx Considerando la tensione media, si può scrivere un tensore deviatorico che si costruisce eliminando la componente idrostatica: xx m xy xz s xy yy m yz xz yz xx m m 1 3 x y z Si rammentano anche i tre invarianti delle tensioni che sono così definiti, una volta che è stato individuato il sistema di riferimento principale I1 σ 1 2 3 I3 σ 1 2 3 I 2 σ 1 2 2 3 3 1 Nel caso si faccia uso del tensore deviatorico, i tre invarianti assumono i valori 1 2 2 2 J 2 σ 1 2 2 3 3 1 6 J1 σ 0 J 3 σ s1s2 s3 Il criterio di snervamento di Von Mises è imediatamente legato a J2 eq 1 2 1 2 2 3 3 1 2 2 2 eq 3 J 2 σ Qualora ci si trovasse in un sistema di riferimento non principale, il J2 diverrebbe J2 σ 2 2 1 2 2 2 2 6 x y y z z x xy yz zx 6 La deformazione plastica equivalente viene anche essa in genere conteggiata mediante un criterio alla Von Mises eqpl 3 J 2 ε pl 3 pl pl ij ij 2 Un metodo per determinare le direzioni principali deviatoriche, alternativo alla soluzione del ; problema agli autovalori, è dato dalle seguenti ; espressioni (Kachanov): ; 2 1 s1 J 2 cos 3 3 Avendo posto 2 ; 1 s2 J 2 cos 3 3 cos 3 s3 2 J 2 cos 3 3 3 J3 2 J2 A questo punto le tensioni principali altro non sono che 3 2 1 s1 m 2 s2 m 3 s3 m Tornando alla superficie di yielding F, se si adotta la tensione equivalente di Von Mises, l’eq (1) è F σ, eq y 0 1 2 2 2 2 1 2 2 3 3 1 y 0 Incrudimento isotropico In questa ultima equazione l’effetto dell’incrudimento viene conteggiato mediante la variazione della tensione di snervamento, che sarà funzione di un parametro da definire ma che tiene in considerazione il livello di plasticità raggiunto Superficie di snervamento La superficie di snervamento definisce l’innesco della condizione di plasticità L’estensione di tale superficie si attualizza con la deformazione plastica accumulata F σ, ε pl 0 Materiale Elasto-Plastico perfetto In questo caso la condizione di plasticizzazione è totalmente indipendente dalla deformazione plastica F σ 0 La condizione di plasticizzazione rimane la stessa nel corso della deformazione plastica, sia nella estensione che nella posizione originaria Incrudimento isotropico La superficie di snervamento può crescere ma non cambia posizione Incrudimento cinematico La superficie di snervamento può solo traslare ma non cambiare di forma Condizione di consistenza F σ, ε pl 0 La superficie di snervamento segue l’evoluzione dello stato tensionale in modo che la disequazione sia sempre rispettata Un cambiamento dello stato tensionale si sviluppa elasticamente (scarico elastico) se Si ha invece ulteriore plasticizzazione se si realizza una fase di carico ulteriore con incremento della deformazione plastica Materiali incrudenti La superficie cresce in estensione dal primo snervamento fino alla superficie di rottura (il cammino è irreversibile) dF σ, ε pl 0 dF σ, ε pl 0 Principio di normalità Esso asserisce che in condizioni di incipiente uscita dalla curva limite di snervamento, la deformazione plastica fluisce secondo una direzione che risulta normale alla curva limite stessa In termini di equazioni, si può scrivere che, per ciascuna delle 6 componenti indipendenti dell’incremento di deformazione plastica, si ha la condizione di parallelismo tra l’incremento plastico di deformazione e la normale alla superficie di snervamento d ijpl pl F ij (2) La costante è per ora niente di più che un fattore di proporzionalità che andrà determinato. Nella plasticità associativa, di cui qui si discute, si ha che F risulta essere proprio la superficie di snervamento prima definita Se si considera plasticità non associativa (valida per esempio per materiali porosi che risentono della tensione media) , allora occorre sostituire a F una funzione che definisca più appropriatamente il potenziale plastico Per ottenere un legame costitutivo coerente, nel caso elasto-plastico, si suddivide la deformazione in una somma di contributo elastico e plastico Ricordando il principio di normalità ed il legame tensionideformazioni in campo elastico e plastico d ijtot d ijel d ijpl dε D1dσ F σ Dove D - legame elastico - vale, nel caso tridimensionale dε d xx 1 - d yy d zz 1 - d xy E 0 0 d yz d xz 0 - 1 - 0 0 0 - 0 - 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 d xx d yy d zz D dσ d xy d yz d xz (3) Come detto, quando si realizzano le condizioni di flusso plastico, la superficie limite si incrementa (incrudimento) e fa si che essa continui ad inglobare lo stato tensionale raggiunto. Questo vuol dire che il suo differenziale totale (incremento assoluto), composto da 7 termini, rimane sempre nullo dF F F F F F F F d xx d yy d z d xy d yz d zx d 0 xx yy zz xy yz zx Definendo ora con A 1 F d (4) (5) Utilizzando il vettore a 6 componenti di , l’equazione scalare (4) assume una forma semplificata F dσ A 0 σ T (6) Se ora si raggruppano le eqq. (3) e (6) si perviene ad un sistema composto di 7 eq. in 7 incognite: F 1 D d σ σ dε T 0 F dσ A σ (7) Vediamo ora di discutere il significato del termine A. Chiaramente, se non si ha incrudimento, esso si annulla in quanto F rimane lo stesso al crescere di Il punto di partenza è la determinazione del parametro che misura il lavoro incrementale di hardening, per cui la sua crescita vale d σT dε pl d xx d xxpl yy d yypl ... zx d zxpl Ricordando la legge di flusso d ijpl F ij (2) e sostituendola in quest’ultima d σT F σ Che ci consente di eliminare il fattore d presente nella equazione (5) A F T F σ σ (8) Von Mises presenta il notevole vantaggio di poter esprimere il gradiente di F in modo agevole F σ 1 2 xx yy yy zz zz xx 3 xy2 3 yz2 3 zx2 y 0 2 2 2 Con semplici passaggi si scrivono le 6 derivate 3s F x ; xx 2 eq 3s y F ; yy 2 eq 3s F z ; zz 2 eq F xy 3 xy eq ; F yz 3 yz eq ; F zx 3 zx eq ; Se si dispone di una semplice prova di trazione (monodimensionale), si ha a disposizione una curva del tipo m - m , spostandosi dalla condizione di incipiente snervamento, il lavoro incrementale di deformazione plastica è: d y d m Si esprime - in questo caso monodimensionale - il valore della prima derivata scalare presente nella eq. (8) avendo bene in mente che il differenziale totale (4) risulta nullo F F d s d 0 s F d y d =1 d y Avendo definito H d m 1 d y y d m H y H non è altro che la pendenza istantanea della curva di incrudimento monotona. F T F Se ora si sostituisce nella (8) ricordando anche che nel caso monodimensionale la A σ seconda derivata ivi presente vale semplicemente 1, si perviene ad una definizione di σ A H Si può ora tornare al sistema (7) cercando di darne una soluzione il più possibile generale. In particolare occorre approntare una opportuna strategia risolutiva che rimanga valida anche quando A = 0, ossia il materiale presenti un comportamento elasto-plastico perfetto Lo scopo sarà quello di fare scomparire nel sistema (7) il termine λ. F D σ T Si comincia col premoltiplicare il primo set di equazioni (7) per il termine F dε D1dσ σ F F F F 1 D d ε D D d σ D σ σ σ σ T T T Semplificando, e mettendo in evidenza il primo termine a destra dell'uguale, si ottiene il seguente F F F F d σ D d ε D σ σ σ σ T T T F dσ A 0 (6) σ T termine che può essere poi sostituito nel II set di equazioni (7) - che è poi una semplice eq. Scalare - si elimina così il dσ T F T F F A 0 D dε D σ σ σ Quest’ultima permette di eliminare il fattore moltiplicativo F D dε σ F T F D A σ σ T (9) F dε D1dσ σ Che viene infine eliminato nella prima delle (7) F D dε F σ dε D1dσ σ F T F D A σ σ T (10) Ora si scrive la precedente equazione in termini espliciti, indicando cioè la variazione dello stato tensionale per effetto di un incremento di deformazione totale (si premoltiplica per D) F F D D σ σ T dσ Ddε F F D A σ σ T dε (11) In pratica si è trovato un legame incrementale tra il tensore di deformazione e quello della tensione che si scrive noto che siano la matrice D del materiale elastico, l’ipotesi di rottura attraverso la definizione di F e quindi delle sue derivate, la pendenza incrementale di incrudimento plastico (A). F F D D σ σ T dσ D*dε D* D F T F A D σ σ Questo modo di procedere fin qui descritto ha lo svantaggio di considerare una D* indipendente dallo stato di tensione che di fatto fuoriesce istantaneamente dalla curva di snervamento Se gli incrementi di deformazione sono sufficientemente piccoli l’errore che si commette non è grande, tuttavia se così non è l’errore accumulato può diventare intollerabile. In questo caso si può far ricorso all’algoritmo del return mapping, proposto nel 1964 da Maenchen e Sacks. La tecnica prevede uno scaling della tensione in modo da permanere sempre sulla superficie di incrudimento Per il momento il sistema non viene descritto, si ritiene utile solo accennare al fatto che la risoluzione comporta la ricerca di zeri della funzione attraverso l’algoritmo di Newton-Raphson. Qualora la plasticità non fosse asssociativa, ugualmente la ricerca del punto finale sulla superficie di snervamento va risolta in forma numerica Esempio su deformazione 3D 275.04 59.01 -202.86 σ 59.01 260.36 -27.52 -202.86 -27.52 -65.40 Si ipotizza la presenza di un determinato stato di tensione e di deformazione, giacenti sulla superficie limite di snervamento: 1 400 MPa 2 230 MPa 3 160 MPa La quale presenta, come si può risolvere, tre tensioni principali pari a: Secondo i criterio di Von Mises, essendo la tensione equivalente sulla curva di snervamento, si ha una tensione di snervamento y 4002 2302 1602 400 230 230 160 160 400 497.29 Si calcola il tensore di deformazione elastico, ipotizzando di essere in regime elastico e quindi di non aver ancora compiuto lavoro plastico (=0): xx 1 - yy zz 1 - E xy 0 yz 0 xz 0 - - 0 0 1 - 0 0 - 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 xx yy zz xy yz xz Ponendo per il materiale le seguenti caratteristiche: xx 1 - yy zz 1 - xy E 0 yz 0 xz 0 E= 2.06e11 Pa, H= 1/1000*E - - 0 0 1 - 0 0 - 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 =0.3, sn=500 Mpa 275.04 1.0512 260.36 0.9586 -65.40 -1.0972 3 10 59.01 0.3724 -27.52 -0.1737 -202.86 -1 .2802 Da un calcolo complessivo, a partire da questo stato, si ha un incremento di deformazione totale (di primo tentativo) ad esempio di semplice dilatazione unidirezionale in x , pari a 0.001: ε new ε old 1.0512 1.0000 2.0512 0.9586 0.9586 0.0000 -1.0972 0.0000 3 -1.0972 3 dε 10 10 0.3724 0.0000 0.3724 -0.1737 0.0000 -0.1737 -1.2802 0.0000 -1.2802 La prima verifica da fare è che l’incremento di deformazione totale faccia sforare la sollecitazione equivalente oltre il limite di snervamento attuale: xx yy zz E 1 1 2 xy yz xz 1- 0 0 0 1- 1- 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 2 eq 573.31 MPa 497.29 MPa 2 1 2 0 2 0 1 2 2.0512 552.39 379.21 0.9586 -1.0972 3 53, 44 10 0.3724 59.01 -0.1737 27.52 2 -1.2802 202.86 La sollecitazione esce dalla zona elastica Con il che si evince che si è entrati in campo plastico e bisogna utilizzare la equazione (11) per il calcolo del tensore delle tensioni. Per poter applicare la (11) occorre calcolare le derivate del gradiente di F rispetto alle tensioni – nell’ultimo punto noto in elasticità: m x y + z 3=156.67 MPa sx x m =118.37 MPa sxy xy = 59.01 MPa s y y m =103.70 MPa s yz yz = 27.52 MPa sz z m = -222.07 MPa sxz xz = -202.86 MPa F xx F xy 3 118.37 0.3571; 2 497.29 3 59.01 0.3560; 497.29 F yy F yz F 0.3571 σ 3 103.70 0.3128; 2 497.29 F zz 3 27.52 0.1660; 497.29 F zx T 0.3128 -0.6698 3 222.07 0.6698; 2 497.29 0.3560 3 202.86 1.2238; 497.29 0.1660 1.2238 Calcolando ora la (12) si ottiene T D* D F F D D σ σ F T F D A σ σ 2.6863 1.1358 1.4816 1105 -0.1559 -0.2739 0.0727 1.1124 1.3513 -0.0865 0.0404 2.7065 1.3311 -0.0758 0.0354 1.3063 2.4676 0.1624 -0.0757 -0.0627 0.3485 1.4983 0.0402 -0.1101 0.6124 -0.3256 1.5659 0.0292 -0.1625 0.0864 0.1518 Per cui, osservando che dσT D*dε 268.63 111.24 135.13 T 0.2975 0.2606 -0.5582 0.2966 -0.1383 0.5649 dσ D*dε 8.66 4.04 29.75 MPa Si determina anche il nuovo stato di tensione σ σ dσ 543.67 371.61 69.73 173.11 23.11 50.36 Con una nuova tensione di snervamento T MPa y 521.38 MPa Evidentemente più bassa di quella estrapolata al primo tentativo elastico (573.31 MPa) F D dε σ 4 51.53 10 F T F A D σ σ T Il parametro λ può essere ora calcolato dalla (9): E il lavoro incrementale di hardening (per unità di volume) assume il valore d σT F = σ 51.53 104 543.67 0.3571 0.3128 371.61 -0.6698 69.73 0.3560 50.36 23.11 0.1660 1.2238 173.11 ' 0.0763 Nmm Il punto debole del calcolo precedente è la determinazione del gradiente di tensione, preso nello stato precedente alla deformazione aggiuntiva Qualora tale gradiente dovesse modificarsi in modo significativo per effetto della deformazione imposta dallo step, occorrerà ridurre gli intervalli di crescita di deformazione, in modo da inseguire l’evoluzione dell’incrudimento restando sempre sulla superficie (aggiornata) di snervamento stessa Questo modo di procedere risponde al nome di Return Mapping ed esistono svariati modi di procedere in funzione anche del metodo utilizzato per calcolare la tensione equivalente Nel calcolo agli elementi finiti, il modo di precedere si inserisce negli step di calcolo non lineare, come ad esempio nello svolgimento del metodo di Newton Raphson. Tale metodo prevede lo svolgimento di iterazioni, e quindi l’assunzione di un campo di spostamenti di tentativo, che viene via via affinato finché non si raggiunge un equilibrio soddisfacente tra le forze esterne applicate e le forze interne che si sviluppano Il problema del calcolo elasto-plastico del materiale nasce proprio per la valutazione delle forze interne, la cui definizione richiede la soluzione del legame non lineare tra deformazioni e tensioni Pertanto, ad ogni iterazione si considera un sottoincremento dello spostamento In modo da ottenere u i ui ε i εi e quindi ricercare le conseguenti variazione di tensione Questa operazione è ripetuta per ogni elemento, in corrispondenza ad ognuno dei suoi punti di Gauss, utilizzati per l’integrazione numerica In pratica, la tensione, dipendente dal valore assunto al passo precedente, si risolverà da una sommatoria che contiene integrali del tipo σ n 1 σ n σ n εi * σ n i Di dε 0 Il modo esplicito più semplice di affrontare questo problema è di approssimare l’integrale considerando un valore costante nell’arco di integrazione. Questo metodo è molto rapido, ma decisamente poco preciso a meno che non si suddivida in intervalli molto piccoli e di dimensione difficilmente prevedibile In alternativa, si può determinare ciascun integrale con un approccio alla Runge-Kutta del II * ordine, che conduce ad una doppia stima della matrice tangente Di Si impone una deformazione pari alla metà di quella effettiva e si calcola la tensione relativa Con questo incremento di tensione si ridetermina la matrice tangente che viene utilizzata per il calcolo dell’intero stato tensionale Questo metodo risolutivo consente anche di avere una stima dell’errore mediante l’espressione σ 1 2 1 * D0 ε 2 σ 1 D*01 2 ε err σ 1 2σ 1 2 Il metodo può comportare il continuo scostamento del tensore della tensione dalla curva di Yielding In alternativa è stato sviluppato il metodo del Return-Mapping (1964), del quale si può dare una semplice interpretazione geometrica dalla figura sottostante In pratica si impone di riportare lo stato di tensione sulla curva di snervamento, mediante tratti di ritorno tutti ortogonali e di livelli di incrudimento decrescente. L’algoritmo impone che lo stato di tensionale finale corrisponda ad una tensione equivalente pari a quella di snervamento attualizzata I dettagli operativi dipendono dal modello costitutivo utilizzato per la valutazione della plasticità Dal punto di vista del codice di calcolo agli elementi finiti, si possono comunque prevedere i seguenti passaggi 1) Assunzione della deformazione totale: procedimento non lineare di calcolo εn allo step n secondo un’iterazione del 2) Calcolo della deformazione di trial eliminando la parte già plastica al passo precedente plast εtrn ε n ε n 1 3) Determinazione della tensione di trial che si avrebbe se il materiale reagisse linearmente plast σtrn D ε n ε n 1 4) Calcolo della tensione equivalente per valutare se si rimane in regime elastico o se si rientra in un tratto di plasticità 5) Risoluzione, mediante la formulazione esplicita (oppure il return mapping) del moltiplicatore plastico λn e quindi della parte plastica dell’incremento di deformazione ε nplast n F σ 6) Determinazione della componente elastica e plastica della deformazione totale εelast εtrn ε nplast n 7) plast ε nplast ε nplast 1 ε n Calcolo dello stato tensionale presente (dovuto solo alle deformazioni elastiche) σ n Dεelast n 8) Aggiornamento dell’incremento del lavoro plastico di incrudimento e dell’incremento plastico equivalente della deformazione (per utilizzare la curva monotona) d n n σTn F σ n n1 d n eqpl 2 plT pl ε ε 3