Capitolo 2 Proprietà elettromagnetiche dei nuclei Spin e momento magnetico del nucleo: generalità Se una carica e si muove di moto circolare uniforme, per esempio un elettrone attorno ad un nucleo, esiste un rapporto definito tra momento magnetico µ e momento angolare L = mr2ω. Assimilando una carica in moto circolare ad una spira percorsa da corrente: eS eπ r2 eπ r2ω er2ω emr2ω e µ = iS = = = = = = L T T 2π 2 2m 2m Per e > 0 L e µ sono diretti nello stesso verso. Se L è quantizzato in unità : La quantità: e 2m e µ= L (con L = 0, 1, 2, ...) 2m si chiama magnetone. In particolare, per m=me si chiama magnetone di Bohr mentre per m=Mp si chiama magnetone nucleare. Quindi al momento angolare orbitale è associato un momento di dipolo magnetico dato da: ⎧ ⎪ ⎪ ⎪⎪ µL = ⎨ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪⎩ e ( e) → − L = − µBL, 2m e con µB = ( n) → 0 e ( p) → L = µN L, 2m p con µN = e 2m e e 2m N = 0.581 ⋅10−4 eV / T = 3.15 ⋅10−8 eV / T Possiamo scrivere le relazioni precedenti per protone e neutrone in una forma più generale (come sarà chiaro in seguito): µℓ = gℓ ℓ µN dove gℓ è il “fattore giromagnetico” associato al momento angolare orbitale ℓ. Per i protoni gℓ = 1, per i neutroni (che non hanno carica elettrica) gℓ = 0. Protoni e neutroni, come gli elettroni, hanno anche, associato allo spin (che non ha analogo classico) un momento magnetico intrinseco o di spin, che possiamo scrivere nella stessa forma mediante i fattori giromagnetici: µs = gs s µN, dove s = 1/2 per elettroni, protoni e neutroni. La quantità gs si chiama appunto fattore giromagnetico di spin. Per una particella puntiforme come l’elettrone l’equazione di Dirac fornisce il valore gs = 2, valore del tutto consistente con le misure, per le quali risulta gs = 2.0023. D’altra parte per i nucleoni liberi i valori sperimentali sono ben lungi dal valore atteso per particelle puntiformi: protone: neutrone: gs = +5.5856912 ± 0.0000022 gs = -3.8260837 ± 0.0000018 Pertanto il momento magnetico di spin risulta essere: µPS = 2.79µN (invece che µN), con µPanomalo = 1.79µN anomalo = −1.91µN µnS = −1.91µN (invece che 0), con µn Questi valori stanno ad indicare che protone e neutrone non sono particelle elementari ma hanno una struttura interna. Vediamo brevemente come il modello a quark costituenti spiega il momento magnetico dei nucleoni. Nel modello a quark protone e neutrone sono formati da combinazioni dei due quark più comuni in natura: “up” (simbolo: u, spin: 1/2, carica: +2/3e) e “down” (simbolo: d, spin: 1/2, carica: -1/3e). Più precisamente: p = (uud) e n = (udd). Nello stato fondamentale protone e neutrone hanno ℓ=0 e il momento magnetico è dato dalla somma dei momenti magnetici dei quark: µp = µu + µu + µd e µn = µd + µd + µu . * Nel caso del protone, il µ osservabile è: µ p = < µ p > = < ψ p | µ p |ψ p > , dove ψp è la funzione d’onda del protone. Per ricavare µp abbiamo però bisogno solo della parte di spin χp della funzione d’onda: µ p = < µ p > = < χ p* | µ p | χ p > (1) Bisogna sommare tre spin 1/2 (i tre quark) per ottenere uno spin 1/2 (il protone). La parte di spin della funzione d’onda del protone può quindi essere ottenuta in due modi: coppia quark uu con S=1 e Sz=1 e quark d con S=1/2 e Sz = -1/2; coppia quark uu con S=1 e Sz=0 e quark d con S=1/2 e Sz = 1/2; ( χ (s = χ p s = 21 , s z = 1 2 ,sz = 1 2 p 1 2 ) ) ( ) ( (s = 1, s = 0) ⋅ χ (s = = χ uu s = 1, s z = 1 ⋅ χ d s = 21 , s z = − 21 = χ uu z d 1 2 ,sz = 1 2 ) ) ( ) ( ,− ) (1, 0) ⋅ χ ( , ) = χ uu 1,1 ⋅ χ d = χ uu d 1 2 1 2 1 1 2 2 La funzione d’onda completa sarà una combinazione delle due: χp (,) 1 1 2 2 ( ) ( , − ) + B χ (1, 0) ⋅ χ ( , ) = A χ uu 1,1 ⋅ χ d 1 2 1 2 uu d 1 1 2 2 dove A e B sono i coefficienti di Clebsh-Gordon, che valgono: A = χp (,) 1 1 2 2 = 2 3 ( ) ( ,− ) − χ uu 1,1 ⋅ χ d 1 2 1 2 1 3 2 3 e B=− 1 3 ( ) (,) χ uu 1, 0 ⋅ χ d 1 1 2 2 I “pesi” delle due configurazioni (vedi la 1) sono rispettivamente A2 e B2. Si ricava: ( ) µp = 23 ( µu + µu − µd ) + 31 µu − µu + µd = 34 µu − 31 µd q u ,d dove µu,d rappresentano i “magnetoni” dei quark definiti da: µu ,d = 2m u ,d con mu,d e qu,d rispettivamente massa e carica dei quark u e d (qu = 2/3 e qd =-1/3) Conti analoghi per il neutrone (basta scambiare u⇄d)) portano al risultato: µn = 23 ( µd + µd − µu ) + 31 ( µd − µd + µu ) = 34 µd − 31 µu Se si assume che le masse dei quark “up” e “down” siano uguali (mu = md = m) , si ha: µu = 2 e 3 2m ; µd = − 1 e 3 2m ; → µu = −2µd . con questa assunzione, il rapporto tra i momenti magnetici risulta essere: µn µp = 4 3 µd − 31 µu 4 3 µu − 31 µd =− 2 3 µn in ottimo accordo con il valore misurato: µ p =− 1.91 2.79 = −0.684 . I valori assoluti dei momenti magnetici possono essere calcolati solo conoscendo le masse dei quark. Possiamo però considerare il problema da un punto di vista opposto e utilizzare il valore sperimentale di µp per determinare le masse dei quark. Ancora supponendo mu = md = m, abbiamo visto che: µp = 34 µu − 31 µd = 34 µu + 61 µu = 23 µu µ p = 2.79µN = 2.79 e 2m p ; µ p = 23 µu = e 2m u da cui si ricava la massa del quark: mu = mp 2.79 = 336 MeV / c 2 valore molto prossimo a quello dedotto dallo studio dello spettro barionico. Tornando al nostro problema, conviene quindi correggere l’espressione quantistica per tenere conto dei valori sperimentali introducendo i rapporti giromagnetici: p,n e p N n e e µL = g L µN L µL = g L µBL con g L = 1 e g L = 0 ; con g L = 1 e: p,n N µS = g S µN S con g S = 5.58 e g S = −3.82 ; p n e e µS = g S µBS e g con S = 2 Il diverso valore dei fattori giromagnetici gL e gS produce per il nucleone un effetto µ = µ + µ sul momento magnetico totale I che non è allineato con lo spin totale: L S I = L +S protone neutrone Il moto di precessione di µ attorno alla direzione I µI precede attorno alla direzione di I che è la costante del moto. Si assume come osservabile “momento magnetico totale” un vettore diretto come I dato dalla proiezione di µL e µS lungo l’asse di quantizzazione: ( ) ( ) µI = µL cos IL + µS cos IS = g I µN I , dove gI deve essere determinato. Il coseno va inteso in senso quantistico e si ricava dalle espressioni che seguono: L = I −S; S = I −L 2 2 2 L = I + S − 2I ⋅ S = I 2 + S 2 − 2IS cos(IS ) I = L +S ; S = I + L − 2I ⋅ L = I 2 + L2 − 2IL cos(IL) 2 2 cos(IL) = cos(IS ) = 2 I (I + 1) + L(L + 1) − S (S + 1) 2 I (I + 1) ⋅ L(L + 1) I (I + 1) + S (S + 1) − L(L + 1) 2 I (I + 1) ⋅ S (S + 1) La stessa situazione vale per i nuclei: ( ) A A A µI = g I µN I , dove I è lo spin totale del nucleo: I = ∑ i + S i . i =1 La struttura iperfine e la misura di I La struttura fine delle linee spettrali è dovuta all’interazione del momento magnetico di spin µs degli elettroni esterni (di valenza) con il campo magnetico H dell’atomo. Lo schema di interazione è semplice per atomi con un solo elettrone nella shell esterna. In questo caso vi sono solo due (2s+1 = 2) orientazione di µs rispetto ad H, cioè ciascuna linea spettrale si separa (splitting) dando origine ad un doppietto di linee. Per esempio lo “splitting” della linea D del sodio in due linee di lunghezza d’onda rispettivamente di 5890 e 5896 Å è un tipico esempio di semplice struttura fine. Nel caso di più elettroni nella shell esterna la struttura fine è più complicata, ma la sua natura fisica rimane la stessa, cioè l’interazione del momento magnetico degli elettroni di valenza con il campo magnetico generato dal moto orbitale degli elettroni. Nel 1928 Pauli avanzò l’ipotesi che il nucleo abbia uno spin I ed un momento magnetico µI. L’interazione del momento magnetico del nucleo con il campo magnetico H degli elettroni provoca un ulteriore “splitting” delle linee spettrali. Per spiegare il piccolissimo valore di questo splitting (che è un millesimo dello splitting di struttura fine) Pauli propose che il momento magnetico del protone avesse la stessa espressione di quello dell’elettrone, avendo sostituito la massa del protone mp a quella dell’elettrone me: µp = e 2m p = me mp µB , (µp= 1/1836‧.µB). Il momento magnetico del nucleo sarebbe un multiplo intero di µp: µI = γ µp . L’ipotesi di Pauli di interazione del momento magnetico nucleare con il campo magnetico atomico si dimostrò corretta, eccezion fatta per il valore di γ che non deve necessariamente essere un intero. Il momento angolare totale (elettroni + nucleo) F di un atomo è dato da: F =J +I (2.1) dove J è il momento angolare totale degli elettroni e I quello del nucleo. I possibili valori di F sono: F = J + I , J + I − 1, ...., J − I se J ≥ I (2I + 1) valori (2.2) F = I + J , I + J − 1, ...., I − J se J ≤ I (2J + 1) valori (2.2) A causa dell’accoppiamento del nucleo e degli elettroni dovuto all’interazione magnetica, le energie degli stati (2.1) sono differenti. Poichè il momento magnetico nucleare è molto più piccolo di quello elettronico l’accoppiamento è molto piccolo, così come le differenze in energia tra i vari livelli. Un livello atomico J si splitta in un numero 2I+1 o 2J+1 di sottolivelli (a seconda che sia rispettivamente J ≥ I o J ≤ I). Questo fenomeno è noto come struttura iperfine. In figura è rappresentato schematicamente lo splitting dei livelli dell’atomo di idrogeno dovuto alla struttura fine e a quella iperfine. Ricordiamo che lo spin nucleare, essendo il nucleo costituito da un solo un protone, vale I = 1/2. (Le differenze energetiche tra i livelli non sono in scala). Nel caso dell’atomo deuterio lo splitting di struttura fine è identico a quello dell’idrogeno, ma lo splitting di struttura iperfine che dipende dallo spin nucleare, è diverso: lo spin nucleare del deuterio è infatti I = 1. (Le differenze energetiche tra i livelli non sono in scala). In figura è rappresentato schematicamente lo splitting dei livelli dell’atomo di Sodio-23 dovuto alla struttura fine e a quella iperfine. Lo spin nucleare del Sodio-23 vale I = 3/2 L’energia di interazione W tra un momento di dipolo magnetico µ ed un campo magnetico H è data dall’usuale espressione: W = − µ ⋅ H . Dal momento che µ è diretto come I (del nucleo) ed H come J (degli elettroni atomici), possiamo scrivere: W = A I ⋅ J = AIJ cos θ , dove θ è l’angolo tra i vettori I e J. Il coefficiente A viene determinato sperimentalmente. Il suo valore teorico è: 2 g I µB µN N ⋅ J 1 A= con N = I − 2 g sS + 3 S ⋅ r̂ r̂ 3 r J ⋅J ( ) Ma dal momento che F = J + I , si ha: 2 2 2 F = J + I + 2I ⋅ J 2I ⋅ J = F (F + 1) − I (I + 1) − J (J + 1) I ⋅J = 1 2 (F (F + 1) − I (I + 1) − J (J + 1) ) e quindi: ( A ⋅ F (F + 1) − I (I + 1) − J (J + 1) W = AI ⋅ J = 2 ) Sostituendo il valore di F dato dalle (2.2) (2.3) F = J + I , J + I − 1, ...., J − I se J ≥ I (2I + 1) valori (2.2) F = I + J , I + J − 1, ...., I − J se J ≤ I (2J + 1) valori (2.2) nella (2.3), risulta che i valori di W si presentano nella successione: A·(IJ), A·(IJ - (I + J)), A·(IJ + 1 -2(I + J)), A·(IJ + 3 - 3(I + J)), ... e pertanto le differenze in energia tra stati successivi risulta essere: A·(I + J), A·(I + J - 1), A·(I + J - 2), ... A·|I - J| (2.4) Le differenze in energia sono quindi proporzionali ai valori di F dati dalle (2.2). La frequenza relativa alle differenze in energia tra i livelli di struttura fine (≈ meV) è dell’ordine del GHz e nel caso della struttura iperfine (≈ µeV) è dell’ordine del MHz. In figura è rappresentato un tipico spettro di frequenza ottenuto da una misura di struttura iperfine sul Mercurio Si presentano due casi: - Se I ≤ J è immediatamente possibile trovare I contando semplicemente il numero dei livelli nei quali si divide un dato livello a J assegnato; In pratica, dal numero dei livelli N Si trova l’ipotetico momento angolare X: N = 2X + 1 X = ⇒ N −1 2 Se risulta X ⩽ J, allora deve essere I = X; - Se I > J si ricava F da una misura della separazione relativa tra i livelli (2.4). Infatti si misura, p.es. il rapporto δ tra le spaziature tra primo e secondo livello ΔW12 e tra secondo e terzo livello ΔW23 del multipletto: δ= ΔW 12 ΔW 23 = ( A⋅ I +J ( ) A⋅ I +J −1 Da cui si ricava F: ) = F = I +J I +J −1 δ δ −1 = F F −1 Noti F e J, si può ricavare I. Quindi, da una misura spettroscopica si può determinare il valore dello spin nucleare I. La figure che segue mostra l’esempio semplice di struttura iperfine per il caso di spin nucleare I = 1/2. In figura è invece mostrato lo splitting del livello atomico 2p in 2p3/2 e 2p1/2 ad opera della struttura fine e l’ulteriore splitting di questi dovuto alla struttura iperfine ad opera dello spin nucleare del Litio 8 (I = 2) Verifica valori ΔW (con Mathematica) Legge di conservazione della parità Storicamente il concetto di parità di una funzione d’onda apparve alla nascita della meccanica quantistica (Wigner, 1927). I primi successi della meccanica quantistica sono associati alle interazioni elettromagnetica e forte (struttura dell’atomo, teoria del dacadimento α) che sono descritti dall’equazione di Schroedinger. L’Hamiltoniana di questa equazione ha la forma: 2 ⎛ ∂2 ∂2 ∂2 ⎞ H = −∑ + + ⎜ ⎟ + ∑U ( x jk , y jk , z jk ) 2 2 2⎟ ⎜ ∂y i ∂z i ⎠ j , k i =1 2m ⎝ ∂x i i n dove il primo termine è l’operatore energia cinetica del sistema di particelle e il secondo termine rappresenta l’energia potenziale. Si può verificare facilmente che entrambi i termini dell’Hamiltoniana sono simmetrici rispetto all’operazione di riflessione, cioè rispetto all’inversione delle coordinate: x i → −x i ri → ri y i → −y i θi → π − θi z i → −z i ϕi → π + ϕi Infatti il primo termine ha simmetria per riflessione in quanto ∂x i , ∂z i e ∂z i compaiono al quadrato. Il secondo termine risulta simmetrico dal momento che il potenziale è una funzione solo delle posizioni relative delle particelle e non può cambiare per inversione delle coordinate. Naturalmente anche la funzione d’onda ψ soluzione dell’equazione di Schroedinger deve essere simmetrica per riflessione. Questo significa che la probabilità P(V,t) di trovare una particella in un volume V in un istante t non deve dipendere dal fatto che la misura sia effettuata in un sistema di coordinate destrorso (x, y, z) o sinistrorso (-x, -y, -z): P (V , t ) = ∫ ψ (x , y, z ) 2 V Procedendo al limite V→0: dV = ∫ ψ (− x , −y, −z ) V 2 ψ ( x , y , z ) = ψ (− x , −y , −z ) 2 o, in coordinate sferiche: ψ (r, θ, ϕ ) = ψ (r, π − θ, π + ϕ ) 2 2 2 dV Pertanto, nel caso di simmetria speculare, in una reazione nucleare o subnucleare una particella deve avere la stessa probabilità di essere emessa ad un angolo θ o π-θ rispetto ad una certa direzione nello spazio. 2 In altre parole, l’espansione della parte angolare della funzione ψ (r , θ , ϕ ) = f (θ ) in una serie in cosθ non deve contenere potenze dispari di cosθ: f (θ ) = a + b cos θ + c cos2 θ + .... , con b = 0. Nello scegliere una direzione privilegiata per lo studio di una reazione che coinvolge atomi, nuclei o particelle dobbiamo utilizzare un parametro fisico che abbia la proprietà di un vettore assiale, che cioè non cambi la sua direzione per inversione delle coordinate. È noto che lo spin I (come tutti i vettori assiali) possiede questa proprietà. Quindi, quando si studia la distribuzione angolare dei prodotti di reazione di un processo (per esempio elettroni nel caso di un decadimento beta) essa va riferita alla direzione dello spin nucleare: esiste simmetria speculare solo se i coefficienti dei termini dispari di potenze della funzione f(θ) sono nulli. il vettore ℓ non cambia per inversione delle coordinate: x → −x r →r y → −y θ → π −θ z → −z ϕ → π +ϕ Abbiamo visto che se il processo ha la proprietà di simmetria speculare risulta: ψ (− x , −y , −z ) = ψ ( x , y , z ) Due funzioni complesse ψ1 e ψ2 con lo stesso modulo possono differire solo per un fattore di fase exp(iα): ψ2 = exp(iα) ψ1. Quindi: ψ (−x , −y , −z ) = exp(iα ) ⋅ψ (x , y , z ) . ψ2 è ottenuta da ψ1 per riflessione speculare tramite l’operatore exp(iα). Quindi una seconda applicazione di questo operatore deve riportare la funzione d’onda alla sua forma originaria: ( ) exp(iα ) ⋅ ψ (−r ) = exp(iα ) ⋅ exp(iα ) ⋅ ψ (r ) = exp(2iα ) ⋅ ψ (r ) = ψ (r ) . Pertanto exp(2iα ) = 1 , e quindi exp(iα ) = 1 = ±1 e scriviamo: exp(iα ) ⋅ ψ (r ) = ±ψ (r ) . Nel caso di simmetria speculare le funzioni d’onda che descrivono il moto di una particella sono divise in due classi: pari e dispari. Le funzioni d’onda pari sono quelle che rimangono immutate per inversione delle coordinate, mentre quelle dispari cambiano segno per inversione delle coordinate. Indicando con P la parità possiamo scrivere P = +1 per i sistemi pari e P = -1 per quelli dispari. Una importante proprietà di molti sistemi quantistici isolati è la conservazione della parità. Per provarlo supponiamo che una funzione d’onda ψ(x,y,z,t) sia pari all’istante t, e dimostriamo che essa è anche pari all’istante t+τ. Scriviamo: ψ (t + τ ) = ψ (t ) + τ dψ dt 1 + 2τ 2 d 2ψ dt 2 + ... Arrestiamoci al primo termine, generalizzeremo successivamente. ψ(t) è pari per definizione, mentre Schroedinger: Hψ (t ) = i dψ dt dψ dt è pari perché ψ(t) soddisfa l’equazione di , che ha una hamiltoniana simmetrica per inversione degli assi. La parità a primo membro vale quindi P=+1, e così pure a secondo membro. d 2ψ d ⎛ dψ ⎞ Si può generalizzare per la derivata seconda, essendo dt 2 = dt ⎜ dt ⎟ e per tutte le ⎝ ⎠ derivate successive. Pertanto, se l’Hamiltoniana del sistema è invariante per inversione delle coordinate, la parità è un integrale del moto per un sistema isolato. E’ stato provato sperimentalmente che le interazioni forti e quelle elettromagnetiche conservano la parità. Quando nel 1934 Fermi costruì la sua teoria sul decadimento beta assunse implicitamente che la parità si conservasse anche nelle interazioni deboli (decadimento beta). Invece, a distanza di più di vent’anni, nel 1956 Lee e Yang mostrarono (a seguito di un risultato inaspettato in un esperimento sulle particelle K) che era possibile costruire una teoria del decadimento beta che non tenesse conto della conservazione della parità. L’anno successivo Wu verificò sperimentalmente la non conservazione della parità nel decadimento beta del 60Co (interazione debole). Per un sistema di due particelle non interagenti, la funzione d’onda si scrive nel seguente modo: ψ A+B = ψ A ⋅ ψ B ⋅ ψ ⋅ ψ A B dove ψA e ψB descrivono lo stato intrinseco delle particelle A e B, mentre ψ A e ψ B descrivono il moto relativo di A e B rispetto al centro di massa comune. Pertanto la parità del sistema sarà data da: PA + B = PA ⋅ PB ⋅ P ⋅ P A B Dalla meccanica quantistica sappiamo che il moto relativo è descritto da una funzione d’onda del tipo: R (r ) ⋅Y m (θ , ϕ ) = R (r ) ⋅ Pm (cos θ ) ⋅ e imϕ m −m m ⋅ Pm (cos θ ) La struttura di P (cos θ ) è tale che risulta: P (− cos θ ) = (−1) Pertanto, come risultato di una inversione degli assi si ha che: ψ 1 = R (r ) ⋅ Pm (cos θ ) ⋅ e imϕ si trasforma in: ψ 2 = R (r ) ⋅ Pm (− cos θ ) ⋅ e im ( π + ϕ ) (r → r θ → π −θ ϕ → π +ϕ ) ossia: ψ 2 = R (r ) ⋅ Pm (cos θ ) ⋅ (−1) − m ⋅ e imϕ ⋅ (−1) m = ψ 1 ⋅ (−1) Da questo si ricava che la parità dalla funzione d’onda del moto relativo è data da: P = (−1) La parità del sistema sarà allora: PA + B = PA ⋅ PB ⋅ (−1) A ⋅ (−1) B La generalizzazione al caso di più di due particelle è ovvia. (2.4) Come esempio prendiamo un nucleo atomico, composto da A nucleoni. Vedremo più avanti che nel modello a particelle indipendenti i nucleoni all’interno del nucleo sono considerati non interagenti: quindi la parità del sistema è data da una relazione simile alla (2.4), generalizzata per A particelle. PA + B + C +...+ N = PA ⋅ PB ⋅ PC ⋅ ⋅ ⋅ ⋅PN ⋅ (−1) A ⋅ (−1) B ⋅ (−1) C ⋅ ⋅ ⋅ ⋅(−1) N Poiché il numero di nucleoni nelle reazioni nucleari si conserva, possiamo definire arbitrariamente la loro parità intrinseca: diciamo che sia positiva. La parità di un sistema di nucleoni è allora data da: Ptot = ( −1) ∑ i dove i è il momento angolare orbitale dello i-esimo nucleone. Vediamo ora quali grandezze in fisica sono intrinsecamente grandezze pari e grandezze dispari. Vettori polari. Le componenti di un generico vettore di posizione r cambiano segno per inversione delle coordiante, quindi esso è una grandezza dispari. Un vettore dispari è chiamato anche vettore polare o semplicemente vettore. Sono vettori polari (e quindi grandezze dispari) le altre grandezze vettoriali ottenute dal vettore posizione per derivazione rispetto al tempo e per moltiplicazione per una costante: velocità. accelerazione, campo elettrostatico, .. Vettori assiali. Consideriamo il momento angolare orbitale L = rxp. Sia r che p sono vettori polari, e quindi dispari: il loro prodotto è una grandezza pari, come tutti i vettori assiali. Per analogia, anche lo spin è un vettore assiale e quindi pari. I vettori assiali vengono denominati anche pseudovettori. Scalari. Il lavoro L = F⋅s è espresso dal prodotto di due vettori polari, quindi è una grandezza pari. Tutte le grandezza scalari sono pari. Pseudoscalari Il prodotto scalare tra un vettore assiale ed uno polare invece cambia segno per inversione delle coordiante ed è quindi una grandezza dispari. Tra le grandezze pseudoscalari ricordiamo per esempio l’elicità h (la proiezione dello spin σ di p⋅σ una particella nella direzione del suo momento p), definita come segue: h = pσ = ±1 La figura illustra come un vettore assiale (p. es. un campo magnetico B prodotto da una spira di corrente o un momento angolare L dovuto ad un moto orbitale) non cambi per inversione delle coordinate. Momento di dipolo elettrico dei nuclei Una delle caratteristiche più importanti del nucleo è la sua carica elettrica Ze che fornisce il numero di protoni in esso contenuto ed il suo potenziale coulombiano. Comunque la carica Z non è sufficiente a dare una idea completa delle proprietà elettriche del nucleo che in gran parte dipendono dalla distribuzione spaziale dei nucleoni all’interno del nucleo. Il momento di dipolo è una caratteristica più complessa. Ricordiamo che un dipolo elettrico D in un sistema di due cariche uguali ed opposte e separate da una distanza δ è dato da: D = eδ. Momento di dipolo Dal momento che il nucleo contiene protoni e neutroni, cioè particelle con carica +e e 0, una non coincidenza dei centri di inerzia del fluido protonico e neutronico risulterebbe in un momento di dipolo D = Zeδ, prodotto della carica totale per la distanza tra i centri di inerzia dei due fluidi (Un dipolo può essere formato non solo da una carica positiva ed una negativa, ma anche da una carica positiva ed una neutra. Quando un sistema del genere viene posto in un campo elettrico assume la proprietà del dipolo di allinearsi lungo il campo: la carica positiva ruota rispetto al centro del dipolo). In una trattazione più precisa, lo proiezione Dz del momento di dipolo lungo l’asse z è un integrale della forma: D z = ∫ z ⋅ ρz ( r) d r dove ρz(r) è la distribuzione di carica rispetto al centro di inerzia del nucleo e dr è un elemento infinitesimo di volume attorno al punto r. Dimostriamo che il momento di dipolo dei nuclei nello stato fondamentale è nullo. Infatti la distribuzione di carica ρz(r), anche nel caso di nuclei non sferici ma di forma elissoidale oblata o prolata rispetto all’asse z, è una funzione pari (non cambia sostituendo r → -r). Pertanto l’integrando z·ρ(r) è una funzione dispari e il valore dell’integrale (Dz) è nullo. Possiamo generalizzare quanto detto nelle due seguenti affermazioni: 1) Il momento di dipolo elettrico dei nuclei è nullo non solo per lo stato fondamentale (che è sempre non degenere), ma anche per tutti gli stati eccitati non degeneri; 2) le conclusioni tratte per il momento di dipolo sono completamente valide per tutti i momenti elettrici statici di ordine dispari: ottupolo, ... 2.5 Momento di quadrupolo elettrico dei nuclei Il più basso multipolo elettrico statico non nullo per un nucleo è il momento di quadrupolo elettrico, che è una misura della deviazione della distribuzione di carica dalla simmetria sferica. Il modello più semplice di quadrupolo è una coppia di dipoli eδ uguali ed opposti separati da una distanza d il momento di quadrupolo elettrico Un sistema del genere ha un momento di quadrupolo Q = 2Dd = 2edδ. Quando ci si riferisce al momento di quadrupolo di un nucleo, bisogna distinguere tra momento di quadrupolo intrinseco Q0 e momento di quadrupolo osservato Q. Il momento di quadrupolo intrinseco Q0 è definito come un integrale del tipo: Q 0 = ∫ ( 3ζ2 − r2 ) ρz dV , dove r(ξ, η, ζ) è la distanza di dV dal centro di massa del nucleo, ζ è la proiezione di r sull’asse-ζ che coincide con l’asse di simmetria del nucleo, e ρz(ξ, η, ζ) è la distribuzione densità di carica del nucleo. L’integrazione è estesa al volume nucleare. Dal momento che: r2 = ξ2 + η2 + ζ2, risulta: 3 ζ2 = r2 per distribuzioni sfericamente simmetriche (fig. 2.3 b); 3 ζ2 > r2 per distribuzioni elongate lungo l’asse ζ (fig. 2.3 c); 3 ζ2 < r2 per distribuzioni schiacciate (fig. 2.3 d). quindi Q0 = 0 per distribuzione di carica sferica, Q0 > 0 per distribuzione di carica di forma allungata e Q0 < 0 per distribuzione schiacciata. Il momento di quadrupolo osservato Q è determinato rispetto all’asse z (che coincide con una direzione scelta) dall’espressione: Q = ∫ ( 3z2 − r2 ) ρz dV Il suo valore dipende da Q0 e dall’orientazione del nucleo rispetto all’asse z. A sua volta, l’orientazione del nucleo rispetto all’asse z dipende dall’orientazione del suo spin I rispetto all’asse z e dalla sua proiezione K sull’asse di simmetria del nucleo. In genere, lo spin I di un nucleo non sferico è dato da: I = K + Ω dove K è la proiezione del vettore momento angolare totale dei nucleoni sull’asse di simmetria del nucleo e Ω è il momento rotazionale del nucleo. I nuclei nello stato fondamentale hanno Ω = 0 e quindi I = K. relazione tra i vettori I, K e Ω Da calcoli quantistici si ricava che la massima proiezione del vettore I sull’asse z porta alla relazione che segue tra Q, Q0, I e K: Q= 3K2 − I( I + 1) ( I + 1)( 2I + 3) Q0 (2.1) dove il coefficiente di Q0 è chiamato fattore di proiezione e Q è trattato come la proiezione di Q0 sull’asse z. Dalla formula (2.1) si traggono le seguenti conclusioni: 1) Per Q0 ≠ 0, il valore Q osservato è sempre minore di Q0; 2) per I(I+1) > 3K2, cioè per valori abbastanza grandi di I, il segno di Q diventa opposto al segno di Q0; 3) per nuclei nello stato fondamentale (Ω = 0, I = K): Q= I( 2I − 1) ( I + 1)( 2I + 3) Q0 . Quindi da una misura di Q e dalla conoscenza di I si ricava Q0. Se I = 0 (nuclei pari-pari) o I = 1/2, allora Q = 0 anche per Q0 ≠ 0. Per I ≥ 1 il momento di quadrupolo osservato, supposto Q0 ≠ 0, è diverso da zero. Il rapporto Q/Q0 = 0.1 per I = 1, = 0.2 per I = 3/2, e si avvicina all’unità per I >> 1. 4) Per i nuclei pari-pari in uno stato eccitato K = 0, ma I = Ω ≠ 0, e si ha: Q=− I 2I + 3 Q0 ≠ 0 Un momento di quadrupolo non nullo può essere osservato ponendo un nucleo in un campo elettrico esterno E non uniforme, quando si manifesta un addizionale termine di energia di interazione proporzionale a (∂E/∂z)Q. Così l’interazione del momento di quadrupolo nucleare con il campo elettrico degli elettroni produce ulteriori linee di struttua iperfina che non obbediscono alla regola degli intervalli valida per lo splitting magnetico. In questo modo si è scoperto il momento di quadrupolo del deutone: esso è positivo e vale 0.00282 10-24 cm2. L’esistenza di un momento di quadrupolo nel nucleo più semplice, contenente solo un protone ed un neutrone, indica che la funzione d’onda che descrive il deutone non è sfericamente simmetrica. Calcoli quantistici mostrano che il valore: Qd = 0.00282·10-24 cm2 corrisponde ad un 4% di stato-d: il deutone pertanto si trova per il 96% del tempo in stato di onda-s (ℓ=0) e per un 4% in uno stato di onda-d (ℓ=2). Questa piccola impurezza di onda-d spiega inoltre la differenza tra il momento magnetico del deutone (0.857 µN) e la somma dei momenti magnetici del protone e del neutrone (2.79 µN - 1.91 µN = 0.88 µN ). Il momento di quadrupolo è una importante proprietà del nucleo, che ci permette di ricavare informazioni aggiuntive sulla struttura nucleare e sulle proprietà delle forze nucleari. In particolare, se noi assumiamo che un nucleo con Q0 ≠ 0 sia un elissoide di rotazione con una distribuzione uniforme di carica, possiamo esprimere Q0 in termini degli assi dell’elissoide a (lungo l’asse ζ) e b (perpendicolare all’asse ζ): Q 0 = 54 ε R2 eZ dove ε= (2.2) a 2 − b2 a +b 2 2 , e R 2 = a 2 + b2 2 Sostituendo il quadrato del raggio nucleare R2 nella (2.2), dal valore di Q0 troviamo l’eccentricità ε del nucleo. ε= 5Q 0 4 R2 eZ Il valore di ε è in genere molto piccolo (dell’ordine di 0.01, 0.02), ma nei nuclei pesanti (A ≈ 150-190 e A > 220) che hanno un valore di Q0 decisamente positivo, si osservano valori di eccentricità fino a 0.1, 0.2. Nel grafico che segue la curva continua rappresenta una media sui valori sperimentali 2 R dell’andamento di Q0 (normalizzato a nucl ) in funzione del numero di protoni Z o neutroni N=A-Z. La figura mostra chiaramente, oltre alla tendenza di Q0 a crescere con Z (o N), anche il ruolo dei numeri magici [2, 8, 20, 28, 50, 82, 126] in corrispondenza dei quali Q0 = 0. Questo comportamento di Q0 indica che la maggior parte dei nuclei pesanti ha una struttura fortemente elongata, mentre i nuclei “magici “ sono sfericamente simmetrici. I grandi valori assunti da Q0 (fino a 20 volte il quadrato del raggio) sono estremamente degni di nota: questo significa che i momenti di quadrupolo nucleari sono prodotti da moti collettivi di molti nucleoni all’interno del nucleo. Solo così infatti si può spiegare una non sfericità così pronunciata. il momento di quadrupolo intrinseco Q0 in funzione di Z (N) Il momento di quadrupolo fornisce anche informazioni addizionali sulle forze nucleari. Il momento di quadrupolo del deutone indica che la sua distribuzione di carica (e quindi della materia nucleare) è stirata lungo l’asse che coincide con la direzione dello spin del deutone. Questo dato mette in connessione l’asse del deutone (la linea che passa attraverso il protone ed il neutrone) con il suo spin. In altre parole le forze nucleari sono massime e riescono a formare un sistema protone-neutrone legato solo quando gli spin di entrambi i nucleoni sono diretti lungo l’asse del sistema. Così le forze nucleari in genere non sono forze centrali, dal momento che non dipendono solo dalla distanza dei nucleoni interagenti, ma anche dalla orientazione dei loro spin. Questo tipo di interazione è detta interazione tensoriale.