Solidarietà e salute (Misericordia di Pistoia, 11 novembre 2016) Solidarietà e salute Misericordia Pistoia 11 novembre 2016 + Fausto Tardelli Solidarietà e salute. Mi è stato affidato questo tema stamattina e cercherò di dire qualche cosa che possa contribuire almeno in piccole misura a una riflessione personale, anche in vista di comportamenti conseguenti. Intanto ringrazio la “Moreno Vannucci” per l’invito rivoltomi a prendere la parola in questo “Forum” e per offrirci questa quanto mai opportuna occasione di confronto. Mi pare sia anche questo un bel modo di essere presente sul territorio, non solo come impresa ma anche con iniziative culturali e sociali. 1. Nel mio intervento, molto semplicemente vorrei partire da una breve definizione dei due termini che il titolo mette in relazione: salute e solidarietà. Innanzitutto quello di salute.[i] A proposito di “salute” c’è un modo piuttosto comune, ma davvero poco approfondito di identificarla. Penso che tutti noi più o meno ne parliamo in termini di “assenza di malattie”. Uno, si dice, sta bene perchè non ha malattie. Quando ne ha qualcuna, allora non è in salute. Ma il primo limite di questa definizione è nella definizione stessa, perchè è espressa in negativo in quanto parla di “assenza di malattia” e non in positivo indicando quale sia la condizione di salute. L’obiettivo della salute intesa in questo senso sarebbe il ristabilimento del precedente stato di normale efficienza fisica, mentre la prestazione propria sarebbe esclusivamente quella dell’operatore sanitario e cioè una prestazione di tipo diagnostico-terapeutico, finalizzata alla guarigione della malattia o quantomeno alla eliminazione dei sintomi. Il secondo rilevante limite di tale definizione è quello di essere una definizione meramente meccanicistica perché tiene conto solo della dimensione fisica della persona, senza considerare quella psichica, spirituale e sociale e in definitiva riduce la malattia a un fatto incidentale, passeggero, mentre sappiamo benissimo che la malattia può riguardare talvolta l’intera vita di una persona. Già però nel Dizionario Zingarelli della lingua italiana – per citare una fonte molto ordinaria – troviamo una definizione più articolata e assai diversa dal luogo comune citato. Vi si parla infatti di “salute” come di uno “stato di benessere fisico e psichico dell’organismo umano derivante dal buon funzionamento di tutti gli organi e gli apparati”. Lo Zingarelli riporta in sostanza la nota definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che parla della salute “come di uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non soltanto come assenza di malattia” (1948), inoltre la considera un fattore non solo individuale ma anche collettivo e la rivendica come un diritto a livello mondiale per tutti. Qui entrano in gioco, nel problema della salute cioè, entrano esplicitamente in gioco non soltanto la situazione fisica ma anche componenti psicologiche e sociali. In tal modo l’individuo viene considerato nelle sue tre dimensioni: biologica, mentale e sociale. Siamo dunque in presenta di un diverso concetto di salute, chiaramente in contrapposizione con quanto il senso comune di solito afferma per “stato di salute”. Ciononostante, questa stessa definizione presenta dei limiti, dal mio punto di vista, dal punto di vista di una visione integrale dell’essere umano. Non considera per esempio la dimensione spirituale della persona, che pure ha un ruolo importante nel processo terapeutico di guarigione della malattia o di peggioramento della stessa. Inoltre parlando di salute in termini di “completo benessere fisico, mentale e sociale” per “tutti”, rappresenta di fatto una specie di mistificazione. Sia perché malattia e morte continuano ad esistere e a segnare la vita umana richiamandone il senso della contingenza, facendo risultare praticamente impossibile il raggiungimento di uno “stato di salute”, sia perché, a maggior ragione, risulta assolutamente impensabile un impegno, un programma sociale e politico che voglia estendere a tutti ciò che non è realizzabile praticamente per alcuno. Definire quindi la salute come “completo benessere”, se da un lato significa parlare di qualcosa di irrealistico e irrealizzabile, dall’altro allarga talmente il concetto di malattia, per cui “diventa malattia ogni stato di incompleto benessere fisico, psichico e/o sociale. Ciò da luogo a un insieme ben immaginabili di attese che diventano in alcuni casi delle vere e proprie pretese anche pretese. La conseguenza – che è abbastanza sotto gli occhi di tutti – è che da una medicina dei bisogni si passa facilmente a una medicina dei desideri (esempi del ruolo prevalente in medicina del desiderio rispetto al bisogno è – dal mio punto di vista – per es. la richiesta della fecondazione artificiale, della manipolazione genetica, del prolungamento artificiale della vita e così via…) È possibile allora un’altra definizione di salute? Direi senz’altro di si, anche se bisogna rendersi conto che ci sarà sempre cercare nuove definizioni, mai pienamente soddisfacenti e necessariamente, queste saranno anche il prodotto dell’evoluzione dei tempi. La carta di Ottawa del 1986, le discussioni riportate nel British Medical Journal nel 2011, ci dicono che la discussione è ancora aperta. A me piace l’idea di salute che ho trovato in M. L. Di Pietro[ii], La salute vista e intesa secondo il vissuto quotidiano e reale dell’uomo e cioè piuttosto come un equilibrio tra le componenti psico-fisico della persona. “Un equilibrio per lo più silenzioso, che accompagna la vita di tutti i giorni; un equilibrio dinamico la cui alterazione causa la malattia, una malattia che non appare più come un semplice incidente ma come un’occasione. Il recupero della salute consisterà allora non tanto nell’assenza della malattia – che spesso può rimanere fino alla morte della persona -, ma nella ricerca di “un nuovo equilibrio attraverso un processo di crescita di consapevolezza e di responsabilità”) che valorizza capacità ed energie presenti in ogni circostanza della vita. È chiaro che, intesa in questo senso la salute non è un dato acquisito una volte per tutte, ma è piuttosto un compito, una conquista in continuo dinamismo che coinvolge inevitabilmente anche l’etica, quindi i comportamenti dell’uomo, dai quali dipende spesso la salute o la malattia; perché se la malattia spesso ci accade è vero anche che molte malattie sono causate da comportamenti singoli e collettivi. “In tal senso la salute si definisce in rapporto anche a fattori non medici (alimentazione, condizioni di lavoro, abitazione, ecc.) sui quali possono incidere le scelte individuali e collettive (per es. si pensi al vizio del fumo o all’inquinamento atmosferico delle grandi industrie siderurgiche e ai conseguenti tumori polmonari). Secondo questo retto intendere la salute si fanno strada i concetti di promozione e prevenzione accanto a quelli di diagnosi, cura e riabilitazione; infatti il dovere morale della promozione e tutela della salute si concretizza nella prevenzione, attraverso comportamenti che prevengono l’insorgere della malattia e la rottura dell’equilibrio psico-fisico e la cura per il recupero della salute quando questa è ormai compromessa”. 2. Ho cercato qui di definire in qualche modo la salute. Certo non ho affatto la pretesa di definire la salute. Ho piuttosto cercato di esprimere quelle che sono alcune mie convinzioni in merito. Per quanto riguarda la solidarietà, l’altro termine messo in relazione nel titolo di questo mio intervento, ovviamente non posso che rifarmi al grande Papa San Giovanni Paolo II e all’attuale Papa Francesco che in più occasioni ha ripreso e confermato il suo predecessore. Il testo principale di riferimento è certamente l’enciclica “Sollicitudo rei socialis” [iii]. La cosa migliore è che io citi direttamente le parole del Papa. La solidarietà “non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti”. La solidarietà richiede che i componenti di una società si riconoscano tra di loro come persone. “Coloro che contano di più, disponendo di una porzione più grande di beni e di servizi comuni, si debbono sentire responsabili dei più deboli ed essere disposti a condividere quanto possiedono. I più deboli, da parte loro, nella stessa linea di solidarietà, non debbono avere un atteggiamento puramente passivo o distruttivo del tessuto sociale, ma, pur rivendicando i loro legittimi diritti, sono chianti a fare quanto loro spetta per il bene di tutti. I gruppi intermedi, a loro volta, non debbono egoisticamente cercare il loro particolare interesse, ma rispettare gli interessi degli altri”. Quindi, aggiunge Giovanni Paolo II, la solidarietà si può dire che sia “via alla pace e insieme allo sviluppo”. Questa solidarietà “è indubbiamente una virtù cristiana”, ma la sua base è comune a tutti gli uomini. “Alla luce della fede, la solidarietà tende a superare se stessa, a rivestire le dimensioni specificamente cristiane della gratuità totale, del perdono e della riconciliazione”. Fin qui, brevemente, San Giovanni Paolo II. Per quanto riguarda papa Francesco, gli interventi sul tema della solidarietà sono numerosi e continui. Non posso che soltanto un cenno. Sulla base delle affermazioni del suo santo predecessore, Papa Francesco approfondisce il discorso, sottolineando alcune dimensioni della solidarietà.[iv] Essa, intanto, non riduce alla passività perchè significa anche lottare contro le cause strutturali della povertà e delle diseguaglianze, della mancanza di lavoro e della negazione dei diritti sociali e lavorativi.[v] Perché solidarietà è pensare e agire in termini di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. In questo senso, la solidarietà è un modo di fare la storia con i poveri.[vi] La solidarietà è dunque anche impegno per costruire città accoglienti. Le città nelle quali viviamo – dice il Papa – avranno un volto attraente se saranno ricche di umanità, ospitali, accoglienti; se tutti noi saremo attenti e generosi verso chi è in difficoltà; se sapremo collaborare con spirito costruttivo e solidale, per il bene di tutti.[vii] Alla fine, solidarietà è farsi carico del problema dell’altro. È l’atteggiamento che rende le persone capaci di andare incontro all’altro e di fondare i propri rapporti reciproci su quel sentimento di fratellanza che va al di là delle differenze e dei limiti, e spinge a cercare insieme il bene comune.[viii] Il mandato dell’amore va esercitato partendo non da idee o concetti ma dal genuino incontro con l’altro, dal riconoscersi giorno dopo giorno nel volto dell’altro con le sue miserie e con i suoi eroismi. La solidarietà è prossimità e gratuità, è tenerezza ed empatia. Una società senza prossimità, dove la gratuità e l’affetto senza contropartita – anche fra estranei – vanno scomparendo, è una società perversa – afferma Papa Francesco. La solidarietà non consiste solo nel dare ai bisognosi, ma nell’essere responsabili l’uno dell’altro. Se vediamo nell’altro o nell’altra un fratello o una sorella, nessuno può rimanere escluso e separato.[ix] E la solidarietà va testimoniata concretamente nei confronti di chi ha bisogno non solo di giustizia e di speranza, ma anche di tenerezza.[x] L’empatia è frutto dell’esperienza personale, che ci porta a vedere gli altri come fratelli e sorelle, ad “ascoltare”, attraverso e al di là delle loro parole e azioni, ciò che i loro cuori desiderano comunicare.[xi] 3. A questo punto ritengo abbastanza semplice tirare le somme e cogliere così le interdipendenze tra solidarietà e salute. Mi limito a poche ed essenziali considerazioni. Se la salute la si definisce, come abbiamo detto, come un equilibrio tra le componenti psico–fisiche della persona e se il recupero della salute consiste non tanto nell’assenza della malattia – in fondo impossibile a realizzarsi in modo assoluto e permanente – ma nella ricerca continua di un sempre nuovo equilibrio personale attraverso un processo di crescita di consapevolezza e di responsabilità, si può ben comprendere quanto un ambiente solidale e fraterno possa contribuire al mantenimento della salute delle persone. Questo vale sia nel processo di causalità dello squilibrio personale, sia nel processo, continuo, di riequilibrio personale. Nella causa dello squilibrio personale che la malattia produce è nel quale si definisce la malattia o la mancanza di salute, è evidente che sia spesso proprio un ambiente non solidale, cioè un ambiente reso amaro dalla mancanza di rispetto da parte degli altri, un ambiente reso poco salubre dalla smodata voglia di profitto di qualcuno a discapito degli ali altri, oppure anche da scelte personali irresponsabili che producono un danno sociale, l’elemento determinante e scatenante. Al contrario, laddove un ambiente è connotato da pratiche solidali, dove gli attori che a vario livello entrano in gioco compiono le proprie azioni nel rispetto dei diritti altrui e nella ricerca del bene comune, si genera una situazione in cui lo squilibrio personale si produce con maggiore difficoltà e laddove esso si manifesti a motivo di cause indipendenti dall’ambiente, immediatamente si pongono in essere processi di sostegno e di prossimità che aiutano la persona, se non a guarire in senso fisico, a ritrovare comunque quell’equilibrio psicofisico nel quale abbiamo identificato lo stato vero di salute. Del resto credo che tutti ci siamo resi conto anche personalmente di quanto sia importante nelle stesse nostre strutture sanitarie, per esempio. lo stabilirsi di relazioni umane di prossimità; quanto questa “umanità” sia necessaria direi, alla terapia medica o chirurgica. È una constatazione persino banale: l’avere accanto persone che ci vogliono bene sinceramente, permette a tutti noi di superare in modo decisamente migliore la crisi della malattia, anche acuta; e se pure non ci risolve il problema acuto, ci sostiene dal punto di vista morale e, complessivamente, della totalità della persona. Mi piace qui riportare un passo della Carta di Ottawa per la promozione della salute, redatta nel 1986, perché mi pare illuminante proprio per farci capire la connessione tra solidarietà e salute. Dice la Carta, tra le altre cose: “Occorre creare ambienti capaci di offrire sostegno. Le società contemporanee sono complesse e interdipendenti. La salute non può essere un obiettivo isolato. Il legame inestricabile tra l’uomo e l’ambiente costituisce la base di un approccio socio-ecologico al problema della salute. Si tratti del mondo intero, di una nazione, di una regione o di una comunità, il principio informatore generale deve tendere sempre al sostegno reciproco – dobbiamo aver cura gli uni degli altri, della nostra comunità e dell’ambiente naturale. La tutela delle risorse naturali in tutto il mondo va ribadita come responsabilità globale. Il mutare dei modelli di vita, del lavoro e del tempo libero influisce in modo decisivo sulla salute. Lavoro e tempo libero devono divenire fonti di benessere per tutti. Il modo stesso in cui la società organizza il lavoro deve contribuire a renderla più sana. Dalla promozione della salute derivano condizioni di vita e di lavoro più sicure, stimolanti, gratificanti e piacevoli.” Da qui mi pare scaturiscano quattro conseguenze del tutto logiche, che rapidamente elenco solamente: la prima è l’assoluta necessità della umanizzazione della medicina. Umanizzazione che significa appunto far entrare la logica e la pratica della solidarietà fraterna nell’ambito dell’approccio al malato e della terapia. La cura delle relazioni umane non è un fattore secondario rispetto alle classiche cure mediche, bensì il contesto necessario per una terapia autenticamente efficace sul piano sostanziale della salute della persona, in vista della riacquisizione di quell’equilibrio indispensabile per “stare bene”. La seconda conseguenza è la altrettanto urgente necessità di promuovere in ogni modo, con convinzione e tenacia, un ambiente fisico, aria, terra, acqua, sano, ben custodito, ben ordinato e quindi in tutto e per tutto favorevole all’uomo. Dove si vive, dove si lavora e dove ci si incontra. In questo senso, è significativo come Papa Francesco abbia aggiunto alle opere di misericordia classiche anche la “custodia del creato”. L’ambiente, o come la chiama lui nella Laudato si, la “casa comune” dell’uomo è di fondamentale importanza per l’equilibrio psicofisico delle persone. Di enorme rilievo, in questa salvaguardia dell’ambiente è la cura per un processo di produzione alimentare assolutamente sano. Terza conseguenza, proprio a partire dal concetto di “casa comune” così come la intende Papa Francesco e cioè non solo come ambiente fisico, ma anche ambiente “morale e spirituale”, dobbiamo parlare della necessità di creare un ambiente umano fraterno e solidale, dove sia tensione quotidiana, impegno di ciascuno, ideale da perseguire con tutte le forze, la dimensione non solo del rispetto dell’altro ma del perseguimento della giustizia e della pace, dello sviluppo umano per tutti, col superamento di quella che lo stesso Papa Francesco chiama spesso la “globalizzazione dell’indifferenza”, per sostituirvi la globalizzazione dell’attenzione e della solidarietà; e dove si dia grandissima attenzione all’educazione delle nuove generazioni. Ultima ma non ultima per importanza conseguenza è che la solidarietà deve essere così forte, così tenace e perseguita a livello individuale, sociale e internazionale, da prendersi carico del gran numero di persone che, nella nostra società e nel mondo non hanno condizioni di vita tali da permettere loro l’accesso alle cure, all’educazione sanitaria e a un’educazione sanitaria rispettosa della loro dignità, e che, cosa ancor più decisiva per loro la “salute personale”, come la siamo andata definendo in questa relazione, non hanno addirittura la primaria possibilità di vivere un’esistenza umana. [i] Per le considerazioni che seguono mi sono rifatto sostanzialmente a uno studio di don Filippo Urso, responsabile regionale della pastorale della salute in Puglia. [ii] M. L. di Pietro, “L’educazione alla salute”, in “Bioetica: manuale per i diplomi universitari della sanità” a cura del Card. Elio Sgreccia, ed. Vita e pensiero, 292. [iii] “Sollicitudo rei socialis” del 30.12.87 ai nn. 38, 39 e 40. [iv] Le riflessioni che seguono sono tratte da Andrea Lebra su Settimana news. [v] Discorso ai partecipanti all’incontro mondiale dei movimenti popolari 28-10-2014 [vi] Discorso alla Federazioni organizzazioni cristiane servizio internazionale volontario 4-12-2014. [vii] Omelia durante la celebrazione dei primi vespri 31-12-2013 [viii] Discorso in occasione della II Conferenza internazionale sulla nutrizione 20-11-2014 [ix] Discorso in occasione dell’incontro con la società civile, Quito (Ecuador) 7-7-2015 [x] Omelia durante l’eucaristia celebrata a Cassano Jonio 21-6-2014 [xi] Discorso ai vescovi dell’Asia 17-8-2014