Migrazione e salute. Alcune note, seminario Milano, 10/3/2017
Linda Lombi
Il gradiente sociale deriva dalla connessione tra posizione sociale e livello di salute-malattia. Il diritto alla
salute per i migranti è alla base del riconoscimento di altri diritti, per cui bisogna rimuovere gli ostacoli
all’integrazione.
Le difficoltà non sono solo linguistiche, informative, burocratiche, organizzative, professionali ed
economiche, ma soprattutto CULTURALI.
Differenze interpretative delle malattie, diverse concezione e credenze sulle cure, diverse modalità di
relazione e comunicazione tra medico e paziente, diverso modo di concepire la malattia intesa come diversa
illness, diverse trame di significato (“ammalarsi non è dappertutto la stessa cosa e le persone non si
ammalano tutte nello stesso modo, Pearce).
La malattia non è solo un accadimento, un evento, ma una rottura biografica
Divergenze relative al modo di concepire al corporeità, i grandi eventi della vita e del fine vita (la nascita,
l’invecchiamento, la morte…)
Problemi legati all’health literacy e alle false credenze. Per alcuni gruppi etnici la salute mentale si cura
attraverso rituali magici (vedi studi etnopsichiatria).
La persona, di fatto, deve far fronte alle molteplici richieste e questo provoca uno stress da
transculturazione, definito come una particolare condizione di pressione psicologica che il migrante si trova
a dover gestire o subire nello sforzo di adattamento nel paese che lo ospita. Questa fase di esclusione
sociale può determinare la riacutizzazione della sintomatologia post traumatica o possono emergere nuovi
sintomi psicologici gravemente invalidanti e inquadrabili nei disturbi di adattamento. Foucault descrive in
maniera precisa questa condizione: “in realtà quando l’uomo rimane estraneo a ciò che passa nel suo
linguaggio, quando non può riconoscere significati umani e vitali nelle produzioni delle sue attività, quando
si trova costretto entro le determinazioni economiche e sociali senza poter sentire questo mondo come una
patria, allora egli sta vivendo in una cultura che consente il prodursi di patologie”.
Focus sulla SALUTE MENTALE
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Salute mentale: non solo trauma, ma condizioni di ripetuta esposizione a stressor (nella scuola:
bullismo nel lavoro, discriminazioni, bassi salari…). Fallimento del progetto migratorio.
Difficile definirla, non legata al guasto biologico individuabile tramite esami diagnostici
Disturbi in aumento (o almeno aumentano le diagnosi). Sono disturbi psicotici, disturbi dell’umore,
d’ansia e post-traumatici.
Effetto cumulativo del disagio: povertà, perdita di stato sociale, discriminazioni, separazione….
Barriere sociali + linguistiche
L’Inmp (Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto
delle malattie della povertà.) ha realizzato un primo studio sul tema, limitandosi però agli stranieri
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residenti: in base ai dati Istat provenienti dall’indagine multiscopo sulla salute (anno 2013) ha
rilevato una prevalenza di cattiva salute mentale percepita nella popolazione immigrata residente
pari al 32 per cento del totale (uno su tre). Restano fuori da questa stima gli irregolari, i transitanti e
le persone appena salvate in mare.
nei pazienti degli ambulatori di medicina di base specifici per migranti è stata riscontrata la
prevalenza di alcune sindromi psicopatologiche: disturbo da stress post-traumatico (10,2 per
cento); ansia (39,6 per cento), depressione (46,1 per cento) e sindromi da somatizzazione (25,6 per
cento). Nei cosiddetti “migranti economici” ( persone che non hanno fatto richiesta di protezione
internazionale), le diagnosi più frequenti sono di “disturbi dell’adattamento e reazioni a stress
gravi” (40,8 per cento), seguite da disturbi dell’umore (12 per cento).
Prevalenza maggiore nelle donne di cattiva salute mentale .
Le donne chiedono più visite in assenza di sintomi (popolazione straniera 18-64 anni: stranieri
10,5%, di cui 7% maschi e 14% donne, contro 15% italiani)
Problema di elevati drop-out
Focus sulla MATERNITA’
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Problema maternità: in alcune culture (soprattutto arabe) il parto cesareo non è tollerato. Segno di
fallimento, inadeguatezza. Il parto ha una valenza simbolica, eccesso di medicalizzazione.
Importanza della diagnosi precoce
USO SOSTANZE
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Fenomeno sommerso
Diverse traiettorie d’uso, dove la salute mentale è implicata
Abuso di alcol e farmaci Out of pocket/antiinfiammatori
La risposta ai farmaci è diversa tra gruppi etnici
Rispetto all’eziologia del consumo, è possibile individuare alcuni percorsi che portano e rinforzano
la fruizione di sostanze [cfr. Perocco 1999; 2001; 2003; Carbone, Lombi 2009].
Il consumo può essere letto come strategia di integrazione sociale, ovvero come strumento di
socializzazione attraverso il quale il soggetto mette in atto una condotta mimetica ed imitativa
volta ad acquisire lo stile di vita della popolazione del paese di approdo e delle subculture giovanili
in particolare. Questo modello coinvolge soprattutto sostanze come l’alcol
In secondo luogo, il consumo, soprattutto di alcol, può essere letto come forma di adattamento
sociale, ossia quale esito di un processo di assimilazione culturale, adattamento passivo e
conformistico ai costumi locali.
In terzo luogo, per taluni gruppi etnici in particolare, la fruizione di sostanze può rappresentare il
riflesso della cultura di appartenenza che esalta la funzione religiosa o ricreativa delle droghe e
dell’alcol in particolare.
Last but not least, non si può dimenticare come l’abuso di alcol e droghe possa rappresentare
l’esito di percorsi di emarginazione e esclusione sociale. Condizioni di emarginazione e esclusione
sociale possono condurre al consumo e all’abuso di sostanze psicotrope attraverso diversi percorsi
funzionali al raggiungimento di obiettivi specifici: da un lato, lo stato di deprivazione legata alla
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mancanza di un lavoro può avvicinare l’immigrato ad attività illecite di finanziamento, come per
esempio lo spaccio di sostanze illegali: il passo dalla vendita al consumo personale può essere
talvolta assai breve.
L’esito di tale percorso comporta una situazione di doppia esclusione nella quale il soggetto non
soltanto sviluppa difficoltà estreme ad integrarsi nella comunità di destinazione per il proprio status
di emigrato, ma anche per quello di drogato o alcolista.
SERVIZI
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Assumere un ottica progettuale e non emergenziale
Gli operatori non solo debbono essere formati per conoscere le patologie specifiche dei migranti,
ma debbono acquisire competenze specifiche legate alle reti ed alla comunicazione.
Gli operatori debbono riflettere sulle cosiddette abitudini inconsce (Schein 1990), bisogna agire sul
mondo dato per scontato, bisogna in altri termini de-costruire l’ovvio.
Sen: l’equità della salute non equivale a uguali modalità di erogazione delle cure, ma riguarda il
grado di salute conseguito tenendo conto della diversità dei bisogni sanitari e della diversa
suscettibilità di ciascuno alle malattie.
Importanza della personalizzazione (compliance, engagement).
Il medico può contribuire alla scarsa compliance prescrivendo trattamenti troppo complessi, non
spiegandone l’utilità. Omettendo di illustrare effetti collaterali, non considerando gli stili di vita e le
resistenze culturali.
Accessibilità e fruibilità servizi
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Problemi: iper-accesso in taluni settori (vedi pronto soccorso), mancanza di accesso in altri. Non è
un problema solo di accessibilità, ma anche di fruibilità (ovvero di capacità culturale dei servizi di
adeguare le risposte alle necessità dei nuovi utenti).
Servono modelli organizzativi a geometria variabile.
Mediazione linguistica e culturale come primo tentativo di attivare strategie comunicative capaci di
attivare una relazione terapeutica efficace tra paziente e operatore/sistema sanitario.
Bisogna governare l’intero percorso (IMPORTANZA ACCOMPAGNAMENTO), e non solo l’accesso e
la diagnosi.
Personale sanitario migrante
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Presentato a Roma, il 18 dicembre scorso, il primo Rapporto Emn (European migration network)
Italia, che prova a fare il punto sulla situazione dei lavoratori immigrati che operano in ambito
sanitario.
Sono oltre 15 mila, in prevalenza europei, i medici stranieri iscritti all'Ordine dei medici, chirurghi e
odontoiatri nel nostro Paese. Di questi, il 52,2% opera nel centro-nord, il 26% nelle Regioni centrali
e il 18,3% nel Mezzogiorno e nelle isole.
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Mentre sono quasi 35 mila gli infermieri non italiani che lavorano sul nostro territorio nazionale, il
che equivale a circa il 10% del totale. Per l'86,5% si tratta di donne. La provenienza prevalente è
europea; seguono America, Asia, Africa e Oceania.
Quanto ai Paesi di origine prevale, con un quinto delle presenze, la Romania (8.497 infermieri),
seguita da Polonia (3.557), Svizzera (2.386) e, con più di 1.000 infermieri, Germania, Perù, Albania,
Francia, India e Spagna.
Milano: gli infermieri stranieri sono un terzo del totale negli ospedali privati di Milano, il 18%
nell'Ospedale San Raffaele e il 12% nell'Istituto Don Gnocchi.
Le richieste più pressanti di nuovi infermieri, soprattutto al Nord, provengono dalle cliniche private,
dalle case di riposto e dagli istituti per anziani e disabili non autosufficienti.
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