Suoni in-cantati Dott.ssa Maria Teresa Nardi http://relazionesonora.it Il feto: “Un re in ascolto” Nel grande lago di silenzio in cui tu galleggi sfociano fiumi d’aria mossa da vibrazioni intermittenti; tu le intercetti e le decifri, attento assorto. CALVINO, 2001 Ogni volta che leggo lo straordinario racconto di Italo Calvino “Un re in ascolto”- qui sopra ne riporto un frammento - la mia mente richiama subito un’immagine chiara e nitida, quella cioè di un feto: il lago è il liquido amniotico entro il quale il nascituro fluttua, massaggiato ed accarezzato da vibrazioni sonore, che percepisce e riconosce. Il piccolo è immerso nel liquido ma anche in un “bagno sonoro” continuo, ininterrotto, lungo nove mesi. Il nascituro è letteralmente investito da suoni e rumori che si propagano attraverso le stimolazioni e le vibrazioni del liquido amniotico, le quali vengono assorbite in modo viscerale tramite pelle, corpo e poi orecchio. I suoni che lo raggiungono provengono da dentro le pareti addominali, appartengono e vengono prodotti dal corpo materno, e dall’esterno, dall’ambiente familiare e sociale frequentato dalla madre. Le giornate sono per te un succedersi di suoni, ora netti, ora quasi impercettibili; hai imparato a distinguerli, a valutarne la provenienza e la distanza, ne conosci la successione, sai quanto durano le pause, ogni rimbombo o scricchiolio o tintinnio che sta per raggiungere il tuo timpano tu già te lo aspetti, l’anticipi nell’immaginazione, se tarda a prodursi t’impazientisci. La tua ansia non si allenta fino a che il filo dell’udito non si riannoda, l’ordito di rumori ben noti non si rammenda nel punto in cui pareva s’aprisse una lacuna. CALVINO, 2001 Il re/feto in ascolto aspetta, è attento ed assorto, è sempre pronto a captare, a cogliere ogni scheggia sonora che lo raggiunge. Le sue giornate sono scandite da sonorità che governano l’andare del tempo. Il suo timpano intercetta ogni suono … ma l’orecchio del re quando è in grado di distinguere, valutare la provenienza e la distanza dei suoni che arrivano nella stanza del trono? Lo sviluppo della capacità uditiva fetale inizia dall’orecchio interno - unico a raggiungere la crescita completa a metà gravidanza - , seguono quello medio e quindi l’esterno. Gli studiosi sono concordi nell’affermare che tra la 24 e la 28 settimana gestazionale giunge a compimento lo sviluppo del sistema uditivo. La maturazione delle capacità uditive fetali si evince da una serie di risposte quali, accelerazione cardiaca, reazione motoria, incremento dei movimenti corporei e contrazione del tronco … dopo l’ascolto di stimoli sonoro-acustici provenienti dall’esterno. Suoni e rumori che raggiungono “la sala del trono” tu piccolo re hai imparato a distinguerli, a valutarne la provenienza e la distanza, ne conosci la successione, sai quanto durano le pause, ogni rimbombo o scricchiolio o tintinnio che sta per raggiungere il tuo timpano tu già te lo aspetti, l’anticipi nell’immaginazione, se tarda a prodursi t’impazientisci CALVINO, 2001 I suoni e i rumori vengono dunque ascoltati, riconosciuti, decifrati, memorizzati, discriminati gli uni dagli altri. Immaginare frammenti rumorosi, attendere e riconoscere materiali sonori sono processi mentali che, seppur grezzi e in formazione, stanno alla base della capacità d’apprendere e che “costruiscono” un ponte sonoro, una tangibile traccia di continuità tra la vita pre e post natale. Di fatto i bebè, subito dopo la nascita, mostrano di riconoscere materiali sonori uditi in utero, che inducono gli studiosi a confermare l’ipotesi di un apprendimento uditivo antecedente la nascita. RUMORE DI MAMMA Il palazzo è una costruzione sonora che ora si dilata ora si contrae, si stringe come un groviglio di catene. Puoi percorrerlo guidato dagli echi, localizzando scricchiolii, stridori, imprecazioni, inseguendo respiri, fruscii, borbottii, gorgoglii. Atrii, gradinate, logge, corridoi del palazzo hanno soffitti alti, a volta: ogni passo, ogni scatto di serratura, ogni starnuto echeggiano, rimbombano, si propagano orizzontalmente per un seguito di sale comunicanti, vestiboli, colonnati, porte di servizio, e verticalmente per trombe di scale, intercapedini, pozzi di luce, condutture, cappe di camini, vani di montacarichi, e tutti questi percorsi acustici convergono nella sala del trono. […] Il palazzo è tutto volute, tutto lobi, è un grande orecchio in cui anatomia e architettura si scambiano nomi e funzioni. Padiglioni, trombe, timpani, chiocciole, labirinti; tu sei appiattato in fondo, nella zona più interna del palazzo-orecchio, del tuo orecchio, il palazzo è l’orecchio del re. CALVINO, 2001 Il palazzo del re in ascolto è un costruzione sonora, è un edificio che produce suoni, che ora provengono dai piani superiori, dalla stanza a fianco, dalle cantine. I suoni echeggiano e rimbombano perché “le trombe di scale” e i “soffitti alti, a volta” funzionano da perfette casse di risonanza. Non c’è un solo suono prodotto che sfugga a questo straordinario meccanismo, perché il palazzo del re è un corpo, è il corpo materno. La produzione sonoro-corporea è continua, ripetitiva, ipnotica, rassicurante, diversificata: si possono chiaramente distinguere sfregamenti, tonfi, sibili, chiacchiere e parlottii … è un fabbrica sonora, è un rincorrersi di rumorosità, un miscuglio ed un impasto di vibrazioni. Tutte le sonorità convergono e raggiungono la sala del trono. Il re le ascolta, le percepisce, le riconosce, vi si affeziona, le attende e grazie ad esse controlla la sua dimora. I suoni prodotti dal corpo materno si propagano, si diffondono e raggiungono con continuità l’utero, che è letteralmente investito da questa variegata sinfonia. I rumori sono generati da starnuti, colpi di tosse, inspirazioni ed espirazioni, borborigmi intestinali, rumori articolari, flusso ematico, battito cardiaco, voce parlata e canto materni. Il palazzo è un orologio: le sue cifre sonore seguono il corso del sole, frecce invisibili indicano il cambio della guardia sugli spalti con uno scalpiccio di suole chiodate, uno sbattere di calci di fucili, cui risponde lo stridere di ghiaia sotto i cingoli dei carri armati tenuti in esercizio sul piazzale. Se i rumori si ripetono nell’ordine abituale, coi dovuti intervalli, puoi rassicurarti, il tuo regno non corre pericolo: per ora, per quest’ora, per questo giorno ancora. CALVINO,2001 La produzione sonora del palazzo è continua, ripetitiva, quotidiana, ciclica, perché nel ritorno continuo e costante degli stessi suoni il re può stare tranquillo, poiché la vita del suo regno non “corre pericolo”. E’ in questo ritorno perpetuo delle sonorità materne, che non conosce momenti di sosta e che non ammette silenzi, che il feto si bea, si nutre e si culla. Il piccolo ne è costantemente immerso, il corpo e la mente ne sono impregnati, tanto che le sonorità costituiscono un “rumore di fondo”. Queste rumorosità permanenti non impediscono la percezione dei rumori esterni e non inducono nel piccolo risposte motorie o modificazioni del battito cardiaco, salvo che “i rumori si ripetano nell’ordine abituale”. Il palazzo è un ordito di suoni regolari, sempre uguali, come il battito del cuore, da cui si staccano altri suoni discordanti, imprevisti. CALVINO, 2001 Il suono dominante nell’ambiente uterino è il ritmico pulsare del cuore materno. Il feto lo avverte anche come percezione dell’onda pressoria attraverso l’aorta addominale, che passando proprio dietro l’utero, scuote incessantemente il sacco gestazionale. La voce materna Quella voce viene certamente da una persona, unica, irripetibile come ogni persona [ ... ] la voce potrebbe essere l’equivalente di quanto la persona ha di più nascosto e di più vero. CALVINO, 2001 La voce materna, << più strana, più episodica, più difficile da cogliere, ricca di suoni e di modulazioni, compare>> ed emerge dal rumore di fondo uterino, risuona tra borborigmi intestinali e battito cardiaco, echeggia tra starnuti e flusso ematico, circonda ed accarezza il feto, con il quale avvia un “dialogo sonoro” infinito. Avvolge il piccolo prima di tutto dall’interno del corpo materno, poichè il suono viene naturalmente amplificato dall’apparato scheletrico e dagli organi interni della madre. Le vibrazioni del suono, che si formano nel tratto vocale della gestante, si propagano attraverso le strutture ossee e liquide di tutto il corpo, specie lungo la spina dorsale, una sorta di canale d’acqua (liquido spinale) ricoperto di osso, entrambi ottimi conduttori di suono. Il punto di maggiore ricezione della voce materna è il bacino, che funziona come cassa di risonanza, capace di vibrare ad una frequenza corrispondente proprio alla voce femminile. La voce materna arriva al feto anche dall’esterno del corpo della gestante, penetrando pareti addominali e liquido amniotico. RUMORE DI MONDO Da ogni scheggia sonora tu continui a raccogliere segnali, informazioni, indizi, come se in questa città tutti quelli che suonano o cantano o mettono dischi non volessero altro che trasmetterti messaggi precisi e univoci. CALVINO, 2001 Il “re in ascolto” è costretto sul suo trono; il feto è “imprigionato” nel suo utero. Il “re in ascolto” è immobile e tende l’orecchio; il feto è continuamente in ascolto. Il “re in ascolto” intercetta e decifra i suoni che lo circondano; il feto registra ogni rumore che proviene dall’esterno. Il “re in ascolto” controlla il suo regno attraverso il variare delle sonorità; il feto è in comunicazione con il mondo esterno attraverso il suono. Per re e feto ogni scheggia sonora è carica di significato, da ogni frammento sonante ricavano informazioni su ciò che entrambi non vedono; chi invia loro queste briciole sonore lo fa con la precisa volontà di mandare loro dei chiari messaggi e il suono diventa così portatore di notizie. Re e feto sono dunque in relazione con il regno ed il mondo esterno, attraverso il SUONO! Le sonorità che raggiungono “la sala del trono” garantiscono l’esplorazione e la conoscenza del mondo esterno circostante e sono il seme per una primitiva relazione tra il re/feto e chi abita fuori dal palazzo. La musica La musica … combinazioni di suoni, linee melodiche, composizioni polifoniche, brani ritmici, canti corali, musiche sinfoniche, capriole di note … tutto converge nella sala del trono, tutto ciò che è musicale il feto lo percepisce, in epoca gestazionale veramente precoce. Alcuni dati: il nascituro risponde a stimolazioni sonoro musicali a partire dalla 16 settimana gestazionale, periodo in cui si registra un incremento dell’attività motoria; nel terzo trimestre gravidico, invece, si riscontrano mutamenti del battito cardiaco <<con risposte variabili a seconda dei brani musicali proposti>>; a partire dalla 34 settimana si aggiungono anche modificazione nei movimenti respiratori in risposta all’ascolto musicale. La “fruizione musicale” del feto risente ovviamente di disponibilità e sensibilità materne verso i diversi “generi e prodotti sonori”; è prima di tutto attraverso il corpo e la mente della madre che il nascituro “sente” e da essi può trarre beneficio psicofisico; è la predisposizione della gravida all’ascolto musicale a portare benessere, sono i suoi stati d’animo, le sue emozioni, il suo rapporto positivo con il mondo sonoro, con i vari generi che possono mediare e/o condizionare nel piccolo una maggiore sensibilità verso il mondo dei suoni. La musica dei genitori in attesa Provate a registrare una breve sequenza di brani musicali che ritenete significativi per il vostro bambino, uniti, se lo desiderate, anche a suoni della natura. Dedicate un momento della giornata da trascorrere con il vostro bambino per fargli ascoltare questa sequenza musicale, che altro non è che una piccola porzione di “mondo” che voi volete far conoscere a vostro figlio. Questa sequenza musicale potrebbe diventare “la colonna sonora” che accompagna voi genitori e vostro figlio sino al termine della gravidanza e durante il parto. Se, dopo la nascita del bambino, la ascolterete nuovamente, potrete scoprire apertamente gli effetti su vostro figlio, molto probabilmente trovando delle corrispondenze con le vostre intuizioni relative alle sue sensazioni durante la sua vita prenatale. La voce paterna Tra le voci del mondo, più significative sotto il profilo relazionale, vi è certamente la voce paterna. E’ profonda, intensa, calda, dai toni bassi e penetranti, dal colore e dalla grana diversi da quelli materni. L’ascolto della voce paterna nutre una relazione sonora nuova e diversa rispetto a quella vissuta costantemente con la madre. La voce paterna è “ponte e porta” comunicativa verso l’esterno e attraverso di essa il nascituro sperimenta precocemente un dentro ed un fuori, un interno ed un esterno, una presenza e un’assenza, sperimenta precocemente un papà che non ha ancora visto ma con il quale ha già avviato la formazione di un forte legame di attaccamento. La voce paterna garantisce la possibilità concreta di relazionarsi con l’altro attraverso il suono. La nascita “sonora” Tra la vita intrauterina e la prima infanzia vi è molta più continuità di quel che non lasci credere l’impressionante cesura dell’atto di nascita. Freud, 1925 Con la nascita si abbandona una tana calda e accogliente; il feto/neonato passa con velocità da un ambiente acquatico, caratterizzato da una temperatura costante, privo di gravità, con limitazioni spaziali ben definite, ove non è continuamente sollecitato da bisogni impellenti e soprattutto dove è cullato da una costante e ripetitiva presenza di svariati stimoli sonori. Con il parto le condizioni di vita cambiano radicalmente ed anche la percezione di suoni e rumori viene sostanzialmente e lentamente modificata. Infatti, alla nascita, il neonato è perfettamente in grado di percepire gli stimoli sonori, ma le sue capacità per qualche settimana sono limitate per lo stato del condotto uditivo esterno, ingombro di resti epiteliali e per la presenza all’interno dell’orecchio medio di liquido amniotico. Questa condizione procura un tipo di fruizione uditiva simile a quella uterina, tale da far sì che, nei primi dieci giorni dopo la nascita, il neonato rimanga sensibile alle frequenze percepibili attraverso un mezzo liquido. Ciò permette una parziale continuità “tra la vita intrauterina e la prima infanzia”. La voce materna ascoltare la voce della madre è la prima manifestazione d’attaccamento, durante il primo mese di vita J. Bowlby Alla nascita il piccolo ritrova la voce materna, che ha saputo dare un senso alla vita di relazione uterina; ne riconosce il ritmo, la cadenza, il timbro, la dolce cantilena di cui nuovamente si nutre: la mamma è seno, e dunque nutrizione fisica, ed anche voce e quindi nutrizione psicologica ed affettiva. Il piccolo di qualche ora dimostra di reagire alla voce materna e di riconoscerla. La voce della madre è richiamo per il cucciolo, sia con parole sensate che con gorgheggi senza senso; subito dopo la nascita, gli scambi vocalici non rimandano ancora ad un logos, ad una lingua intesa come sistema, ma si assiste solamente ad uno scambio, a un dialogo fatto di suoni, domande e risposte, invocazioni reciproche nelle quali le voci di mamma/bambino si convocano a turno. Con la crescita del piccolo la relazione sonora si fa sempre più spontanea, istintiva, si fa gioco; quel gioco “sonoro” che la tradizione popolare ha da sempre arricchito con canti e tiritere che favoriscono l’incontro tra adulti e bambini.